LA GRAZIA

DRAMMA PASTORALE IN TRE ATTI
DI
G˙ DELEDDA - C˙ GUASTALLA - V˙ MICHETTI
PER LA MUSICA DI
VINCENZO MICHETTI

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SIMONA Soprano.

ELIAS Tenore.

TANU Baritono.

TOTTOI Basso.

PIETRO Tenore.

COSEMA Soprano.

La Piccola Gabina, Banna, Teresa, Anna, Olì,
Zia Vissenta, La venditrice ambulante.

Gente del parentado — Contadini - Pastori, ecc.

IN SARDEGNA



La cucina di Simona: soffitto di legno e pareti annerite dal fumo. In un angolo il forno con sopra recipienti di rame e una lampada di ferro a tre becchi. Dalle pareti, attaccati a piuoli di legno, pendono cappotti, bisacce, bardature di cavallo, due fucili. Il focolare è nel centro della cucina, composto di una larga lastra di pietra infissa al suolo, sulla quale arde il fuoco. Intorno sedie, sgabelli e una scranna grossolana che rimane costantemente ed ostentatamente vuota. A destra l'uscio di comunicazione con l'interno della casa. In fondo una vecchia porta corrosa dal tempo con una fenditura dall'alto al basso, in modo che di fuori si può vedere dentro la cucina. Fuori della porta, l'arco di una scaletta esterna ingombro di arnesi rurali, e, come sfondo, un paesaggio di montagna. È prossima l'ora del tramonto.

VOCI LONTANE Sas aes da sa foresta pius allegras cantade; anzones ischerfiade cun mecus faghide festa. De chi at corona in testa ne imbidio s' istadu; troppo so affortunadu m'amat sa columba mia.(*) Uccelli della foresta — più allegri cantate; — agnelli saltellate — con me fate festa. — Di chi ha corona in testa — non invidio lo stato: — troppo son fortunato — m'ama la colomba mia.
Si leva la tela. Simona e le sue amiche Anna ed Olì sono ancora inginocchiate davanti ad una bassa tavola bianca collocata poco discosto dal forno, intente a fare il pane. Banna e Teresa, le giovani cugine di Simona, ritirano il pane già cotto dal forno e lo depongono in due canestre. Presso il focolare stanno zia Vissenta, la vecchia vicina di casa, seduta a filare, e una venditrice ambulante di orbace e di tela. Pietro cuoce delle castagne fra la cenere e le offre alle donne ed alla piccola Gabina, la figlia di Simona, che infantilmente corre or qua or là, trastullandosi un po' con tutti; il vecchio Tottoi tiene in mano un rosario e sta in piedi presso la grande scranna, in atteggiamento di preghiera.



LA VENDITRICE (traendo da una bisaccia la sua merce ed offrendola a Simona):
Questa benda di seta cruda che ancora ha il colore del bozzolo.
(Simona, che ha tralasciato di fare il pane, si rialza lentamente, mondandosi le mani; appare nella rude bellezza tipica della razza sarda: ancor giovine e forte, con una chiara espressione di fierezza e d'orgoglio).

SIMONA (guardando distrattamente):
Non penso più a queste cose; non ho bisogno di nulla.

BANNA Parli come una vecchia di cent'anni.
(Ad Anna ed Oil):
Avete finito? Presto, datemi, su…
(Mentre Anna ed Olì si rialzano per consegnare il pane crudo a Banna e Teresa che l'infornano, Simona siede silenziosa e triste presso il focolare).

TERESA (avvicinandosi a Simona):
Or via, Simona, svegliati dal tuo torpore di talpa; lascia il tuo lutto di vedova, giovine e bella sei.

LA VENDITRICE E non son vedova anch'io? Eppure vivo e cammino e giro per monti e per valli… Su, comprate questo bisso!..
(Dalla porta di fondo entra una fanciulla con una brocca d'acqua che depone in un canto).

LA FANCIULLA Eccovi l'acqua del fonte.



LA VENDITRICE
(che ha posto sul capo della piccola Gabina una cuffietta di panno rosso):
Ah! Questa la comprerete! Per l'anima mia, par dipinta!

OLÌ Simona, guarda tua figlia, sembra sant'Anna bambina!
(La bimba, con le braccia aperte, corre verso la madre che, sorridendo, la raccoglie amorosamente sulle ginocchia e la copre di baci).

TOTTOI Quanto?

LA VENDITRICE Datemi uno scudo.
(Tottoi trae dalla borsetta appesa alla cintura il denaro; la venditrice lo prende, raduna la sua roba, si getta la bisaccia sull'omero e s'avvia, salutando).

LA VENDITRICE Restatevi con Gesù…
(Si riode, più vicino, il coro dei contadini. Pietro va verso la porta e si ferma sulla soglia guardando fuori. Tutti restano un poco in ascolto).

BANNA Son loro, son loro. Su, leste chè i nostri uomini tornano.

PIETRO Ma non si vedono ancora…

SIMONA (sempre seduta, commossa da quel canto, comincia a raccontare alla bambina):
Anche il tuo babbo, il tuo povero babbo, cantava così! Anch' egli era giovine giovine, bello, coi capelli che parevano indorati dal sole. Un giorno, triste giorno, partì per un paese lontano…



TOTTOI (interrompendo):
Lasciala in pace, Simona.

SIMONA Padre, essa deve sapere e ricordare. E il ricordo la deve nutrire come il sole nutrisce la pianta.
(Proseguendo il racconto alla bambina):
Partì sul suo cavallo, solo partì! Se n'andava a comperare un dono alla tua mamma in un paese oltre i monti lontano, lontano… Era sul finire d'autunno, ed era l'ora che il sole dice addio alla terra. Ed anche lui disse addio a me, a te, ch'eri tanto piccina. Ed io l'accompagnai sino in fondo al sentiero e non mi mossi fin che il suo passo non morì lontano… Ma io sempre sento quel passo risonar dentro me perdutamente! Anche il sole scomparve, per sempre scomparve per me! Fu il tramonto della mia vita!…
(Il vecchio Tottoi le si appressa commosso; Simona si rialza e prosegue, eccitandosi):
Ma nella notte si levò un gran vento, mai si sentì l'eguale! E d'improvviso venne la tempesta e con essa la neve… Elias, dove sei, cuore mio?
(E cade fra le braccia del padre piangendo, mentre la bimba la segue trattenendola con la piccola mano per la gonna e fissandola smarrita).



UNA VOCE (da fuori):
Son qui le nostre donne?

PIETRO Sono qui ancora, venite. Simona, prepara da bere.
(Simona si ricompone, si asciuga col grembiule gli occhi, e si mette in moto per offrire il vino alla comitiva del contadini che è già apparsa sulla soglia).

UN CONTADINO Salute a tutti.

TUTTI Salute!

UN ALTRO CONTADINO Che tu possa per altri cent'anni offrirci da bere, Simona.

IL PRIMO Sempre bella, Simona! ma quando vedrò ridere i tuoi occhi?

SIMONA Tu sempre scherzi, compare.

IL CONTADINO Io non scherzo, e tu lo sai. (Seduto sull'orlo della tavola, egli protende la tazza verso Simona, e intona il suo madrigale. Tutti gli altri l'accompagnano con le voci).
Mai ti potto orvidare die e notte, idolu amadu; cun tecus so ischidadu, cun tecus in ogni sognare! E « t'amo, t'amo » mi naras, « T'amo, so tua, ses meu! » Oh, itte bellu recreu, unidos sos coros, sas laras! Nemmancu sa Morte, nè Deu nos poden pius separare.(*) Mai ti posso dimenticare — dì e notte, idolo amato; — con te sono quando son desto, — con te in tutti i sogni! — E « t'amo, t'amo » mi dici — « t'amo, son tua, sei mio! » — Oh, che bella gioia — uniti i cuori e le labbra! — Nemmeno la Morte nè Dio — ci possono più separare.



(Si beve, si ride, si gettano grida di gloia. D'un tratto qualcuno accenna a sedersi sulla grande scranna; ma lo trattiene il vecchio):

TOTTOI Non lì, non lì, Quella scranna aspetta qualcuno. Così conceda Nostra Signora ch'egli un giorno possa tornare salvo e senza peccato.

SIMONA (angosciosamente):
Non tornerà, non tornerà mai più!
(Breve pausa; tutti restano muti e commossi. Poi ognuno si dispone ad andare. Banna e Teresa raccolgono ciascuna il canestro del pane e se lo pongono sul capo. Anche zia Vissenta ripiega il suo fuso e si alza; tocca l'omero di Tottoi e di Pietro in segno di saluto, bacia la piccola Gabina, e mette la mano sulla testa di Simona).

ZIA VISSENTA È ora d'andare. A domani. Simona, sta allegra; chè i morti non devono rodersi i vivi.
(La comitiva esce dietro zia Vissenta, lentamente).

QUALCUNO DELLA COMITIVA Non rattristarti, donna, chè tornerà, se Dio vuole.

ALTRI Zio Tottoi, compare Pietro buona sera.

TOTTOI A rivederci.

ALCUNE DONNE E tu, Gabina, consola la tua povera mamma.



ALTRE Un angelo ti accarezza e questo sia la tua gioia.

GLI ULTIMI Grazie.

TOTTOI Addio.

TUTTI (da fuori):
Buona sera.
(Dalla porta aperta si vede il tramonto rosso, luminosissimo, sulla montagna).
(Simona balza in piedi; fa inginocchiare la piccola Gabina davanti al focolare, e stende le mani sopra di lei come per giuramento).

SIMONA Signore Iddio, pietà per questa povera creatura, fiore del mio peccato; pietà di me! Voglio, debbo sapere. Dov'è il mio Elias?… Dov'e? L'ha seppellito la neve sui monti? Ch'io possa conoscere il luogo per piantarvi la croce santa. O forse l'hanno ucciso?… Per il mio immenso amore, per il mio immenso dolore, per l'infinito martirio dell'anima mia crocifissa, su questa testa innocente, sulla mia figlia giuro, di vendicarlo s'è morto!… Di vendicarmi s' è vivo!
(Distende ancora le mani sul capo della bimba inginocchiata, e sembra veramente il simbolo dell'odio e della vendetta).



(Sopraggiunge Tanu; è giovanissimo, quasi ancora adolescente, ma già forte e fiero. Si ferma sulla soglia e contempla tristamente il quadro desolato della sua famiglia).

PIETRO Tanu che ti è accaduto?

TOTTOI (guardandolo dubitoso e movendogli incontro):
Hai fatto buon viaggio?

TANU (senza avanzare dalla porta):
Ottimo, e… buona caccia. Simona, allontana la bimba: debbo parlare a voi soli.
(Simona, richiamata bruscamente alla realtà, si volge verso il fratello e interroga, dolorosamente, ansiosamente:)

SIMONA Tanu!…
(Ma Tanu con un gesto energico le impedisce di proseguire, indicandole ancora la bambina. Allora Simona prende amorevolmente Gabina per mano e la conduce nell' interno della casa.
Tanu, chiusa la porta, avanza di qualche passo e siede sopra uno sgabello, in disparte. Tottoi e Pietro gli si stringono da presso).

TOTTOI Tanu, l'hai trovato?

PIETRO (incalzando):
Parla dunque, racconta.
(Ma Tanu rimane silenzioso. Appena Simona riappare, sconvolta in viso, Tanu si alza di scatto e le va incontro: le prende ambedue le mani e la guarda negli occhi quasi per racontarle con lo sguardo, prima che con le parole. E lo sguardo della sorella risponde: Puoi dire, sono pronta a tutto).

TANU (a bassa voce):
Elias Desole è vivo. E ti ha tradito. E ci ha tradito tutti.
(S'interrompe per guardare ancor più intensamente la sorella e scrutarne i sentimenti: ma Simona rimane fredda, nella prima posa, immobile, come pietrificata; solo un lieve ansare del petto tradise? il turbamento interiore. Allora Tanu abbandona le mani di lei, e comincia a raccontare).



TANU Male l'avete cercato voi! Ma io, che sono cresciuto abbeverato d'odio e di dolore, io sì, l'ho saputo trovare! Il cuore mi diceva: È vivo, cercalo! E ho cercato, fiutando le sue traccie come il cane le peste del cinghiale… Anche le pietre, anche le roccie parlano a chi ha l'odio nel cuore. E l'ho trovato.

TOTTOI Dove?…

TANU A Orlai. Con una donna bella, ricca. L'ha stregato!… Tutti lo credono il servo. È il ganzo.
(alla sorella):
Il ganzo, m'intendi?
(Simona non muove palpebra, ma il suo viso ha assunto un pallore mortale).

PIETRO Sei certo? Sei certo? L'hai visto?

TANU Non lo credevo: l'ho visto, l'ho visto con questi miei occhi, e Cristo Gesù me li accechi se non l'ammazzerò come un cane! Come un cane, a colpi di pietra!

SIMONA (balzando, imperiosamente):
Non puoi e non devi. lo sola ho il diritto di giudicarlo.



TOTTOI (solennemente):
È il suo diritto!

PIETRO E lo giudicherai, Simona; ma dovrai serbar le mani pure per la tua piccola Gabina. E tu, Tanu, eri ancora un fanciulletto quand'io condussi il traditore in casa, ed apersi le porte al disonore. Io, che sono il maggiore dei fratelli, so qual' è il mio dovere sacrosanto.

SIMONA Nessuno di voi. Nè tu Pietro, nè tu Tanu, nè tu padre mio. Io, disonorata e tradita, io, che sono all' inferno prima d'essere morta! Egli deve morire; ma prima sentire l'urlo del mio dolore, dell'odio mio. Morire legato su quella scranna che da tant'anni l'aspetta con le sue braccia aperte e che gitteremo sul fuoco rossa del sangue dannato!…

TANU (stendendo le mani in segno di giuramento):
E così sia!



TOTTOI e PIETRO (ripetendo il medesimo gesto):
Così sia!
(Il vecchio prende di sopra al forno la lampada, l'accende con un tizzo del focolare. Poi benedice Simona ponendole una mano sulla testa; indi trae di sotto il giubbone un vecchio scapolare e solleva religiosamente gli occhi al cielo).

TOTTOI Secondo la giustizia di Dio!
(Lentamente s'avvia, e scompare dietro l'uscio che conduce nelle camereinterne. Pietro e Tanu escono invece per la porta esterna, pensierosi e gravi. Simona, rimasta sola, cade seduta sopra un basso sgabello, e vi rimane impietrita, coi lineamenti immobili e tesi come quelli di un cadavere. Gli occhi però hanno una luce di odio e di angoscia, e brillano al riflesso del fuoco, che illumina la scena con tinte sanguigne).



Una china rocciosa, che digrada dolcemente. Fra i rami di alti lecci secolari s'intravvedono valli e pianure verdeggianti nella limpida serenità; in fondo, montagne dai profili già bianchi e rosei di neve. A destra del sentiero, tracciato attraverso la china, una fonte d'acqua limpida zampilla perennemente; poco più su, in un largo spiazzo, compreso fra le roccie, si erge il Santuario: una statua, rappresentante la Vergine della Neve, rozzamente scolpita e innalzata sopra una roccia più grande, al fianco della quale è stata tagliata con lo scalpello una scalinata, ed ai piedi scavato un altare. Fiori, ceri e doni votivi, cuori d'oro e d'argento ricoprono l'altare.

È la festa della Madonna della neve: le campane del vicino villaggio suonano a distesa. Gruppi di uomini si accalcano intorno a un venditore di vino; altri intorno a venditori ambulanti di frutta, di torroni, di piccole suppellettili; qualche donna cucina su focolari improvvisati fra pietre; dovunque una folla vestita coi costumi più caratteristici della gente sarda. Una continua teoria di pellegrini sale verso il Santuario recando ceri e doni votivi, mentre grave e solenne si espande il canto dei gosos, le laudi sacre in onore della Madonna:

Sas roccas distillan perlas Sas mattas grassias e donos; Cun milli boghes e tonos T'acclaman sas aes bellas; Sas relughentes istellas Falan prò t'incoronare.(*) Le rocce stillano perle — le macchie grazie e doni; — con mille voci, in mille toni — t'acclamano gli uccelli belli; — le rilucenti stelle — scendono a farti corona.



UN GRUPPO DI PAESANI (dall' alto, facendo segni di saluto):
Salute Nuoro!

VOCI INTERNE (da lontano):
Salute Orune, salute Bitti!
(I primi muovono incontro alla nuova comitiva scomparendo a sinistra, e poco dopo riappaiono insieme ad un gruppo di fanciulle che vestono il costume nuorese; ciascuna porta seco un piccolo involto con la colazione, e tiene, gettata sul braccio o sull'omero, la tunica; alcune camminano scalze, altre hanno i capelli disciolti sulle spalle e portano in mano un cero dipinto, per voto.
A sinistra:

UN GIOVINE (ad una ragazza):
Son più lunghi di quelli di Mariedda i tuoi capelli sciolti.
UNA VECCHIA Lascia ch' io te li tocchi, figlia mia, chè non ci possa il malocchio.

IL GIOVINE Più bella di una fata sarai con quella tunica.
A destra:
(presso il venditore di vino)

UN VECCHIO Su, Barore, coraggio hai tu paura d'un bicchier di vino?

BARORE (un po' alticcio):
Io paura, figurati che un giorno presi un toro inferocito per le corna così…
(fa l'atto)



IL VECCHIO Scappa, scappa, aiuto; Barore racconta per la centomillesima volta la storia del toro infuriato!
(Tutti scappano ridendo, lasciando solo il povero briaco).
Nel centro:

UNA RAGAZZA (incontrandosi con un giovine):
O Franziscu, al ritorno mi prenderai in groppa al tuo cavallo?

FRANZISCU Magari subito! Vieni…

LA RAGAZZA Ora no; al ritorno…

UN AMICO (indicando a Franziscu la ragazza che fugge via):
Custa pizzinna pare una puledra allora che le mosche la molestano.

FRANZISCU Predu Maria, prova a montare in sella…

PREDU Ma il freno lei non se lo lascia mettere!
(Alcune ragazze guardano Franziscu e Predu, e bisbigliano):

UNA È brutto è brutto! Solo gli occhi ha belli, ma guarda sempre in terra.

UN' ALTRA Eh! chi disprezza compera!…

UNA TERZA È ricco, è un principale: ha quattro tancas!
(Franziscu, Predu e altri giovani si avvicinano al gruppo):



UN GIOVINE Di dov' è quella ragazza?

FRANZISCU È di Nuoro.

PREDU No, è d'Orane.

FRANZISCU (interrogando la ragazza): Dillo tu, di dove sei?

LA RAGAZZA Di casa del diavolo!…

TUTTI (ridendo):
Viva Nuoro! Viva Nuoro!…
(Tra la folla sono apparsi Tottoi, Pietro e Tanu, anch'essi vestiti a festa, con lo schioppo a tracolla; guardano intorno, cercano qualcuno. Intanto Elias Desole, discende, solo e pensoso, il sentiero del santuario: giovine poco più che trentenne, con i capelli biondo rame divisi sulla fronte, il volto bronzino allungato dalla barbetta a punta, egli appare un campione magnifico della sua razza. Appena Tanu lo scorge, s'avvicina a Pietro e Tottoi e li trae in disparte).

TANU Eccolo, è lui.
(Pietro ha un sussulto e istintivamente impugna lo schioppo).
Andatevene, e non vi fate vedere. Aspettatemi dietro la svolta. E tendete bene l'orecchio, chè se ho bisogno vi chiamo.
(Pietro e Tottoi se ne vanno; Tanu rimane ad osservare Elias che, attraversata la folla, si dirige verso il venditore di vino).

UNO DELLA COMITIVA Finalmente, Elias Desole!

ELIAS Salude, sos festaresos!



UN ALTRO E tu non sei della festa?

ELIAS Date un bicchiere anche a me.

IL PRIMO Io dico, fratelli miei cari, che Elias Desole è più nero dei suoi calzoni d'orbace. Deve avere un diavolo in corpo, e battezzarlo bisogna.

IL SECONDO (alzando il bicchiere colmo sul capo di Elias):
Battezziamolo!

TUTTI (ridendo):
Battezziamolo!
(Mentre il paesano tenta di versare il vino sul capo di Elias, appare presso il Santuario, in un gruppo di amiche, Cosema: giovine, bella, riccamente vestita).

UNO DELLA COMITIVA DEGLI UOMINI Oè, ragazze, scendete, chè siamo qui ad aspettare.

UN ALTRO Si balla, su presto, si balla.

UN TERZO Elias, la tua padrona è la più bella di tutte.
(Elias va incontro alla donna che gli sorride; la trae in disparte):

ELIAS Cosema, io son qui per voi, ma questa festa è festa è un supplizio per l'anima mia contristata! Andiamo via! Andiamo via!



COSEMA Perchè? Perchè? Vuoi tu dunque che mormori tutto il paese?

ELIAS Cosema, ho molto pregato, e mentre pregavo ho veduto la mano di Nostra Signora tesa a indicarmi la via…

COSEMA Nostra Signora comanda che stiamo con animo lieto oggi che è la sua festa.

ELIAS Tu credi, Cosema?… Non so…
(Elias si scosta, perchè qualcuno è venuto per invitare la ragazza al ballo. Intanto, nel centro della scena, i giovani e le donne si dispongono per la danza).

UNA VOCE Ma il suonatore dov'è?
(Tanu, che è rimasto sempre fermo, immobile, seguendo con l'occhio ognio passo, ogni movimento di Elias, si scuote subitamente, come colui che ha preso una decisione improvvisa; si fa largo tra la folla):

TANU Canterò io, se volete.

VOCI Sì, sì. Intona! Intona!
(Nel centro i cantori, battendo con il piede e con le mani la cadenza, intonano la danza: uomini e donne, in circolo, tenendosi per mano, seguono il ritmo nel caratteristico ondeggiamento del ballo sardo. Elias torna presso il tavolo del venditore di vino e siede, indifferente e quasi assente. Tutti gli altri invece si avvicinano al circolo dei ballerini, e seguono con attenzione la danza; alcuni montano sui macigni per vedere meglio. Pochi devoti sono ancora sullo spiazzo, inginocchiati davanti all'altare, che risplende di luci, nel tramonto).



TANU (improvvisando):
A sa festa so bennido pro mi cherres ispassare, commo bos cherzo contare unu contu succedidu.(*) Alla festa son venuto — perchè mi voglio divertire — ora vi voglio raccontare — una storia vera.
C'era in mezzo alla foresta, la capanna d'un pastore; e il pastore aveva due figli ma la figlia era come un fiore. E pareva una passeretta e aveva la gola d'oro; il suo padre e i suoi fratelli non avevano altro tesoro. Ma vivevano contenti erano felici anche troppo; avevano un pane ed un fiore e per compagni il cane e lo schioppo. Cane e schioppo per i lupi, cane e schioppo per i ladri; ma un giorno il ladro entrò ed il cane non abbaiò.
(Tanu prosegue la conzone senza più ricantare il ritornello. L'un dopo l'altro i danzatori, attratti e commossi dall' accento appassionato del giovine cantore, inconsapevolmente perdono il ritmo, rallentano, si fermano. Anche Elias si alza e si avvicina, accigliato, ansioso).



TANU (proseguendo):
Entrò con veste d'amico, protava un' offerta d'amore; si bevette i baci più puri e dette il bacio del traditore… Disse: Vado a comperare la collana per le feste, e l'anello della fede e la benda per sposare. Povero cuore, aspetta, aspetta! il traditore non torna più! Piange la povera passeretta, piange, piange e non canta più!… Ma quel traditore tristo visse molt'anni felice, finchè la giustizia di Cristo…

ELIAS (pallido, facendosi largo fra gli ascoltatori, interrompe):
Ragazzo, no, tu non la sai la storia, la storia vera la canterò io. Non visse felice; portava la maledizione con sè. Quando partì, partì per ritornare, e camminava con l'amore a fianco; ma il mago gli fece la sorte, lo trasse a volo lontano, e lo legò a una catena tutta intrecciata di rose!… Ma una spina gli entrava nel cuore! Era il rimpianto del perduto bene, il desiderio di tornar guarito al primo amore, e presso il focolare viver sereno e chiuder gli occhi in pace!…



TANU (interrompendo a sua volta):
Lascia il mago e lascia le favole, lascia le catene di rose. La storia che canto è una storia scritta a parole di sangue! Quel vile fuggì come un ladro e si nascose lontano… Ma qualcuno cercò mesi ed anni, e, in nome di Dio, l'ha trovato; e non l'ha ucciso, perchè ha fatto giuramento a quella crocifissa che aspetta di portarglielo vivo dinanzi…

ELIAS (cupo):
Ragazzo, chi sei? che vuoi dire?

TANU Voglio dire che io sono Tanu e tu sei Elias… Nient' altro.
(Elias ha un atto di meraviglia; fissa intensamente il giovine ricercande sul suo viso i lineamenti di Tanu fanciullo).

ELIAS Tu Tanu?… È giusto… Ebbene?

TANU L'ho già detto. Ho giurato di portarti vivo da lei.

ELIAS Verrò. Non temo. Io non sono, Tanu, quel vile che hai detto.
(Si avvicinano al gruppo Tottoi e Pietro. Cosema, che ha seguito la disputa con crescente agitazione, non può più contenersi):



COSEMA Elias! Che dici? Sei folle! Dove parli d'andare? Io non voglio. E nessuno ti porterà via.

TOTTOI (ironicamente):
Donna, non ti disperare: troverai un altro servo…

ELIAS (rivolgendosi e riconoscendo Tottoi e Pietro):
Tottoi, anche tu?… Anche Pietro? Tutti quanti ci siete venuti!…

COSEMA Non è il mio servo, è il mio amore, e deve restare con me.

ELIAS (con dolore):
Cosema, passione selvaggia che m' hai per tant'anni tenuto nella tua dolce balìa, non giova far forza al destino. Invano, passione mia folle, mi hai trattenuto fin oggi… Or debbo seguir la mia via!

COSEMA Io t'amo, io t'amo e non voglio… T'ucciderebbero, Elias!

ELIAS Io non so. Tu non sai. Ciò che Dio ha scritto si deve compire!…



Una creatura è laggiù ch' è sangue del sangue mio; una bimba cui diedi la vita. Ed io la mia vita ripongo nelle sue piccole main…
(È calata la sera; la campana piange il giorno che muore. Elias guarda, deciso, in faccia prima Tanu, poi Pietro, che gli sono da presso in attesa, come per dir loro: Andiamo. Quindi s'incammina, e i due fratelli lo seguono taciturni e cupi; ultimo esce Tottoi.
La scena rimane quasi deserta: qualche donna è intorno a Cosema che, caduta accovacciata, è tutta scossa dal pianto silenzioso e convulso. Sullo spiazzo pochi devoti sono ancora inginocchiati davanti all'altare. E ancora si ode, lontano, il canto delle laudi:)
Sas roccas distillan perlas Sas mattas grassias e donos; Cun milli boghes e tonos T'acclaman sas aes bellas
(Il canto, lentamente, si perde nella lontananza. Qualche stella tremola nel cielo sereno; le ultime fiammelle dei ceri risplendono più vive sull' altare).



La camera da letto di Simona. Un uscio a destra, chiuso; nel fondo una porta-finestra, chiusa. Pochi e rustici arredi: il gran letto di legno, una cassa, qualche sedia. Quando si aprirà la porta-finestra, si vedrà il pianerottolo, senza riparo, della scaletta di pietra che discende al pian terreno.

Perchè la mamma ha lasciata sola, la piccola Gabina in quella notte profonda e tempestosa? Non l'ha mai lasciata sola così, nel gran letto freddo, nell'oscurità della notte… Dov' è dunque la mamma? La piccola Gabina si sveglia al fragore della tempesta e subito, turbata e tremante, stende le sue manine e ricerca

Mamma!… Mamma!…

Non risponde nessuno. La pioggia e il vento furioso, che sbattono contro la finestra, accrescono il suo terrore; Gabina si rannicchia sotto le coperte, poi si scopre, si mette a sedere, cerca ancora nella vastità del letto

Mamma!… Mamma!…

Fa gesti di spavento, guardando verso la finestra illuminata di tanto in tanto dal bagliore dei lampi; fuori passano fantasmi e mostri di nuvole. Bisogna scendere, vestirsi, cercare la mamma. Gabina trema tutta dal freddo, dalla paura; vuol scendere dal letto, esita, piange… Finalmente si decide, scivola giù, e raggiunge tentoni l'uscio della camera. L'uscio è chiuso a chiave di fuori; la bimba tenla di aprirlo, lo scuote, lo spinge: l'uscio non cede. Allora si volge intorno disperatamente: che fare?… Di corsa va verso la portafinestra e l'apre. La furia della tempesta pare che se la voglia portar via; la pioggia la bagna tutta, i fantasmi la circondano: Gabina trema, grida… ma discende la scaletta



La medesima scena del primo atto: La cucina nera, solamente illuminata dal gran fuoco acceso nel focolare, e dagli ultimi guizzi del lucignolo che va lentamente spegnendosi. Attraverso la larga fessura della porta sibila il vento.

A destra del focolare sono Pietro e Tottoi: il vecchio appoggiato al parapetto del forno, con una espressione di profonda tristezza; Pietro seduto poco discosto, tenendo sulle ginocchia il fucile. A sinistra, seduto sulla grande scranna, è Elias: curvo, come oppresso da un peso immane, di tanto in tanto asciuga le grosse goccie di sudore che brillano sulla sua fronte al riflesso del fuoco. Alle sue spalle, Tanu, in piedi, immobile. Simona, seduta per terra davanti ad Elias, con le mani intrecciate intorno alle ginocchia, lo guarda fissamente, con l'espressione dell' odio e dell' angoscia nel viso livido e negli occhi.

SIMONA Ma difenditi, scusati almeno!

ELIAS A che giova, se nel tuo cuore tu m'hai giudicato e dannato?…

SIMONA Ti odio!… Eppure ero buona… credevo in te come in Dio!… E tu cos' hai fatto di me? Mi sei passato sul corpo, sei passato sull'anima mia!…

ELIAS Anch' io ho molto sofferto…



SIMONA Che sofferto? Cos' è la tua pena di adesso, in confronto alla mia? T'aspettavo, e t'amavo!… Ogni passo mi faceva balzare alla porta con la speranza dei vivi, e dentro mi respingeva con la disperazione dei morti. Ho sofferto mille agonie, e il disonore, e l'onta di me che non sapevo scordarti e non sapevo morire!… Grida in me, contro di te, l'odio eterno, l'eterno dolore di tutte le donne tradite, di tutti i figli abbandonati! E ti condanno a morire perchè voglio, quando Gabina domanderà di suo padre, risponderle senza mentire, senza arrossire: È morto.

PIETRO (alzandosi):
Hai detto, Simona. Ora basta.
(a Elias):
E tu raccomandati a Dio.

SIMONA (imperiosa, protendendo le mani):
Non ancora… Voglio che parli… Parla… Voglio sapere.
(Elias trasalisce e la guarda. Si guardano. Uno sguardo d'odio e d'amore che il fa trascolorare).



ELIAS Tutto era dolce e chiaro. Ti ricordi?… In quel soave tramonto d'autunno, il nostro amore ci cantava in cuore. Troppo felici, forse!… E fu il demonio, certo, a voler la nostra perdizione!!.. Sulla montagna cadeva la neve, e la tormenta gelida mi colse. Non vidi più, non sentii più; sedetti al riparo d'un masso e attesi il giorno: il torpore mi vinse, e chiusi gli occhi pensando a voi, pensando a te, Simona!… Alto era il sole quando mi destai nel tepore di un letto, in una casa bella: credetti di sognare ancora! Forse ero morto ed ero in paradiso… Una giovane donna mi guardava con occhi che lucean più che le stelle, giovine e bella come la Madonna.

SIMONA (tormentata, insofferente): Prosegui, via…

ELIAS Simona, se ti parlo così, non è per crescerti il tormento… Giorni e giorni passarono: ero debole, malato. Ella mi disse che i suoi servi m'avevano trovato come morto tra la neve, e portato alla sua casa… Non chiedermi di più: non rinnovare la tortura e il rimorso di tanti anni! Ero legato al mio peccato, e l'anima volava qui, volava a te, Simona!
(Simona ora appare come presa da un sentimento di pietà, d'incertezza, quasi di stanchezza; abbassa la testa e medita. Tanu la richiama severamente):



TANU Simona!…

ELIAS (alzandosi):
E quando ti fissai per riconoscerti, Tanu, io non vidi in te il vendicatore, ma la mano di Dio che mi si offriva per liberarmi dall' incantamento.
(a Simona):
E lietamente venni a rivederti, a rivedere la creatura mia, a dirti che t'ho amato sempre e t'amo, a gridarti che t'amo… ed a morire!

SIMONA (profondamente turbata, ormai vinta):
Ah, se ti potessi credere!…
(ma i due fratelli balzano frementi)

TANU Non gli credere, Simona, egli mente come il giorno che ti diede il primo bacio!

PIETRO (furioso, scuotendo il fucile):
Non esci vivo di qui.

TOTTOI (solennemente):
Non s' è mai perdonato a un traditore.

ELIAS (con un gesto di disprezzo):
Belve affamate voi siete! E ammazzatemi dunque. Ma prima voglio vedere mia figlia. Non è una grazia: è un diritto.



TANU Dopo tant'anni ci pensi?

SIMONA (divenuta ad un tratto terribile):
Non hai dritto di nominarla!

PIETRO È figlia nostra, non tua.

ELIAS (profetico):
Bada, Simona! Badate! Io parlo di là della vita, e vedo lontano nel tempo… Bada: se tu me la neghi, io me la porto con me!
(Simona sussulta colpita da un brivido superstizioso. Esita: un silenzio tragico. Poi risoluta si muove come per andare a prendere la bimba).

TANU (sbarrandole il passo):
Ah per Dio!…

PIETRO Basta, Simona!…

TOTTOI Non c' è più altro da dire. Vattene, e non ritornare.

SIMONA (impietrita, tragica):
No, resto sino alla fine!
(È la decisione. I fratelli compredono; Tanu si slancia su Elias, gli getta intorno alla vita una corda, lo trascina sino alla vecchia scranna, lo spinge a sedere e rapidamente lo lega. Elias senza resistenza si abbatte come uomo stremato di forze. Allora Pietro, che è dal lato opposto, fa un passo indietro, e punta il fucile. Di fuori si ode un gemito:
Maaaaaamma!…



(Simona getta un grido di terrore e si slancia verso la porta a salti, come una tigre ferita, mentre Tottoi fa appena in tempo a sollevare la canna del fucile di Pietro, per evitare che il colpo parta e ferisca la donna. Simona apre la porta; sulla soglia è la piccina, stesa per terra, livida fredda bagnata, con gli occhi chiusi e il volto ancora scomposto dallo spavento).

SIMONA Gabina!… Gabinedda mia!… Ah figlia mia!… Cuore mio!…
(Chiama fra i singhiozzi di un pianto spasmodico, mentre dolcemente la raccoglie sulle braccia e la porta presso il focolare e l'adagia sulle sue ginocchia e le riscalda i piedini nudi, baciandola furiosamente).
Figlia mia, figlia mia, Gabinedda! È morta! È morta! È morta!…
(Tanu e Pietro si guardano confusi e interdetti, Elias, di scatto, fa un movimento come per tentare di sciogliersi, ma violentemente Tanu gli è sopra obbligandolo a rimanere seduto. Allora il suo cuore di padre si ribella, ed egli disperatamente implora piangendo):

ELIAS No, Tanu, per l'anima tua, io te ne prego in ginocchio: ammazzami, e Dio ti perdona, Dio tutto perdona, non questo. Simona, di' tu che mi lasci sentir che respira, ch' è viva, che vuoi ch' io le baci la fronte, che vuoi ch' io le chidea perdono! E tu, padre, guardami: io piango, supplico, urlo, scongiuro… padre, nel nome di Cristo fammi baciare mia figlia!…
(Ma non l'ascolta Simona, che tutta compresa dal suo immenso dolore, piange dirottamente sul corpo inerte della piccola Gabina; non l'ascoltano i fratelli. Solo il vecchio Tottoi finalmente solleva il capo venerando ed il suo viso pare inondato da una nuova luce. Attraverso la porta rimasta aperta si vede il primo chiarore d'un'alba serena).



TOTTOI (a Tanu):
Lascia… È la mano di Dio!…

TANU (sbarrando gli occhi):
Padre!?…

TOTTOI (imperiosamente):
Lascialo, dico!
(Tanu china la testa. Breve pausa. Discioglie Elias. - Pietro siede tristamente sopra uno sgabello, ed il fucile gli cade sulle ginocchia. - Elias, trepidante, avanza verso Simona, s'inginocchia e pone la sua testa sul corpo di Gabina… Ed allora si vedranno le tenere braccia della bimba muoversi, lentamente sollevarsi ed intrecciarsi come in un abbraccio sulla testa del padre.

TOTTOI (alzando le mani, come per benedire):
Figli, è la mano di Dio!…