Fra Jacopone, come intero e schietto da le tue carte al trono del Signore sale il tuo puro e semplice intelletto! Certo, una luce d' immortal fulgore t'arrise, o frate, ne l'accesa mente e ti levò sopra l' uman dolore, quando, — da Morte calpestate e spente le tue spemi terrene, — il pio desire drizzasti al ciel così liberamente. Sì che dolce ti fu le braccia aprire a la tua povertade poverella per potere al Signor nudo transire, e, la saggia stoltizia per sorella e per fratelli i poveri di Cristo, gir mendicando per città e castella. Non forse a te, prodigio ancor non visto, scese il Diletto ne l' ignuda stanza per farti certo de l'eterno acquisto? Non Ei ti diede l' intima esultanza che dal tuo carme ancor par che s'effonda ed ogni gaudio de la terra avanza? Poi che quando ti fulse la gioconda bellezza delle cose, ed abbracciasti, ne la rinunzia tua lata e profonda, d'un solo amplesso i mari, i monti, i vasti regni de l' uomo, oh come a l' infiammata favella tua l' intero orbe chiamasti, e col santo desire ogni creata cosa invitando a la danza d'amore, eterna la volesti in Dio beata; mentre l' inno amoroso « amore, amore » lampeggiava ne l'alta voluttade, superardendo per divino amore! S' udìan per tutte l' itale contrade risonar ne la fiera e disperata pugna le guelfe e ghibelline spade e, da le partigiane ire turbata, spesso la plebe contro sè rivolta la terra fea del sangue suo bagnata. Ma su le lotte e la tenèbra folta numerose sorgean le cattedrali, fiori eterni de l'arte e de la molta fede dei padri. Al sol, fulgidi strali, si slanciano le cuspidi dorate e dei cherùbi si dischiudon l'ali; ne la profonda ombrìa de le navate de la Vergine Madre il dolce riso risplende su le turbe prosternate, e il Crocefisso nel morente viso accoglie tutta la tristezza umana e dischiude le braccia a chi l'ha ucciso: assurge Dante a l'ampia sovrumana visïone dei cieli, e il poverello d' Asisi lascia in pria la vita vana, e per l' umbro paese, dietro a quello, scalzansi li fratelli ad uno ad uno per ricever dal santo il pio suggello. Frate, quando vestivi il sajo bruno e ti cingevi il fianco di cilizio a Dio serbando castità e digiuno, perchè tanto severo a quell' inizio d' itala vita indomito e gagliardo minacciando avventavi il tuo giudizio? Quanto men belle de la tua nel tardo avvenire altre età sarebber sórte non fu svelato al tuo veggente sguardo? Era pur grande, o frate, era pur forte questo popol diviso e combattente, questo popol che a scherno ebbe la morte, che fra le lotte innumeri fremente innalzava sonori inni a la vita e la corda cingea di penitente, che credeva al suo Dio, che all' infinita s'affidava grandezza del perdono e sapea ritrovar la via smarrita, che su le glebe rosseggianti prono ai suoi templi scavò le fondamenta per innalzarli a Dio, superbo dono! Ahimè, di quella plebe vïolenta nel riscatto de l'alma e de la terra su l'ossa un'altra plebe sonnolenta senz'amor, senza fede, senza guerra, immemore dei fati, oggi s'asside nel bel paese ch'Alpe e il mar rinserra! Ancora, o frate, il sol d' Italia ride dei dômi sovra l'arco maëstoso che dei secoli, immoto, il corso vide; ma se tu ricantassi l'amoroso tuo carme ai nostri dì, sopra un giornale ti studierebbe il professor Lombroso, e saresti mandato all'ospedale.

Angelina Lanza.