Maria Buonaccorsi Alessandri:

MISCELLANEOUS POEMS





Assembled by
Cynthia Hillman

The Italian Women Writers Project
The University of Chicago Library

Chicago
2008

QUi ne venne a beare il Ciel Toscano BEATRICE Real, cinta di fregi Si chiari, e tanti, che d'eccelsi Regi Ben si scorge esser germe alto, e sovrano. Quindi in sì chiaro Sol non può l'Umano Sguardi affissarsi, a numerarne i pregi; Che son troppo lucenti i doni egregi, Che il Ciel le diede con sì larga mano. Serva il saper, che del Germano Impero Fu formata per gloria, e all'Arno amante Data sol per bear suo Soglio altero: E basti dir che Dio nel chiaro istante, Che creo` sua bell'Alma, ebbe in pensiero, Farla esemplar d'ogni Fedel Regnante.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 122.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 4, p. 183.

POichè Morte crudel con mano ardita Troncò lo stame del Monarca Ibero, Vedovo, e mesto quel Sovrano Impero Al Ciel voltossi ad implorarne aita: E supplicò l'alta Bontà infinita, A darli un Rege, che col braccio altero, E giusta Lance, or placido, or severo, Sì vasta Monarchia reggesse unita. Preci sì degne non andar già vuote; Perchè a trarla da duol così profondo Prefisso fu su nell'Eterne Ruote, Che regger debba un coì nobil Pondo Il Germe eccelso, quel Sovran Nipote D'un Rè si saggio, e si potente al Mondo.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 123.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 4, p. 184.

ARBIA gentil sulle tue sponde altere Seggio ebbe sempre alta Virtù preclara, Tal che di glorie, più che d' onde chiara N' andaste, e 'l suon volo fin sulle sfere. S' io pari avessi al gran desio il potere, Le dotte risse, e l' erudita gara Direi delle tue Donne, ove s' impara Co' rai d' ingegno ad illustrar le sere. Ma quelle tue gran Donne al Mondo sole S' alzan' così sovra il Femmineo sesso, Ch' io non ho Penna, che sì alto vole. Ne gioiscon le Muse, e Febo istesso Dubbioso stassi ancor' ne sa se vuole Cambiar colle tue rive il suo Permesso.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 124.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 4, p. 185.

GIà per l' instabil via del falso Regno Si vide in Colco gir prode Guerriero, Per rapir l' aureo Vello, e poscia altero D' Argo arricchirne il trionfante Legno. Sull' ARNO oggi Campion di quel più degno, Per mezzo d' Imeneo, rapisce il vero Tesor di FLORA, e dal Toscan sentiero Ratto s' invola con sì nobil pegno. Vanne dunque, o COSTANZA, al tuo gran merto I Trionfi, e le Glorie alta Fortuna Ne prepara festosa; il vedo aperto. Già la Sitonia Dea pallida, e bruna Paventa Occaso al giugner tuo; ch' è certo, Che all' apparir del Sol, cede la Luna.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 125.

FLORA gentil, la tua vezzosa Figlia, Colei, cui diede il Ciel Alma sì rara, Cinta di tal Virtù, che illustre, e chiara La rende sì, che fanne arcar le ciglia; OTTAVIA, anzi l' ottava maraviglia Di quest' Orbe Toscano, e a noi sì cara, Tu partir lasci? or qual mai sorte avara A noi l' invola, e lei partir consiglia? Arrestale il bel piede; e ad onta, e a scorno Dell' invido Destin, che a noi la vuole Rapir, fa che non mai spunti quel giorno. Ma no, lasciala gir: così pur suole Sulla Quadriga d' or rotando intorno, Sparger per tutto i suoi bei raggi il Sole.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 126.

PArte la bella, ed al nativo Cielo Con frettoloso piè sen fa ritorno, Qual dopo lunga notte un chiaro giorno Ne porta il Sol, squarciando all' ombre il velo. Esulta il SERCHIO, e 'l suo fiorito stelo Fa pompa vaga al nobil piè d' intorno: Cantan gli Augei, con nuovo stile adorno Inni a questo novel Nume di Delo. Se parte come Sol, ben tosto a noi, Come Sol rieda, a compensar quall' onte, Che lontananza sè co' ratti suoi; E imiti il Sol, che in fugar gli Astri ha pronte Sue faci, allor che appar da' lidi Eoi. Ma Ella nol può, perchè gli ha fissi in fronte.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 127.

BElla, del SERCHIO onor, pompa di FLORA Che per sorte benigna in sen t' accoglie, Ascolta un Cuor, che in rozze note scioglie Sensi veraci, e 'l tuo gran merto adora. Non l' oro mi rapì, ch' il crin t' indora, Ne le tue sì vezzose, e vaghe spoglie; Ma quel bel, che da Lete ogni huom ne toglie, E l' Alme eccelse d' alta Fama onora. Cinta di tante doti, e tante, rare Belle Virtudi, quante dar potea L' alto Fattor ad Alme scelte, e chiare, Ti pose in Terra, perchè in te volea Al Mondo tutto con stupor mostrare, Di tutto il bello una perfetta Idea.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 128.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 4, p. 184.

SElva di Lauri scelti, e Mar di rare Virtudi eccelse, e di saper subblime Più che nel nome ha ben Colei, che imprime In sen d' ALFEA l' orme leggiadre, e chiare. Del Fato ad onta, e delle stelle avare, Ella fa rifiorir le glorie prime Del sesso nostro; e le sue dotte rime Porta la Fama oltre i confin' del Mare: E poscia il volo all' Etra alza festrante, Per cantare i suoi pregi in faccia al Sole, Poichè il Globo terren non è bastante; Ma su tra gli Astri al fin si lagna, e duole, Che per narrar Doti si rare, e tante, Sia troppo angusta ancor l' Eterea Mole.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 129.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 4, p. 182.

GEntil Signor, se con durevol Fama Cerchi eternar l' industre tuo Pennello, Oggetto eleggi più subblime, e bello, Che appaghi del tuo Cuor l' eccelsa brama. Non manca a FLORA no, vezzosa Dama, Se brami far di Citerea modello; Se vuoi Valor, Virtù; di questa, e quello Abbonda l' ARNO, e i tuoi COlor' ne chiama. Ma se me tu dipingi, io ben le ignote Cagion' comprendo; il Fato vuol, ch' io miri Con doppia sguardo tue Virtù sì note; E perchè brevi son degli Anni i giri, Mi fa immortal tua Man, che sola il puote, Perchè in eterno il tuo Valor n' ammiri.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 130.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 4, p. 182.

GIva Febo di sè fastoso un giorno Per l' arti sue sì rinomate, e rare, Per cui, coll' una fa l' Alme sì chiare, Coll' altra scaccia i rei malor d' intorno; Quand' ei mirando dal gran carro adorno, Là vè corre il bell' Arno al Tosco Mare, Vide l' istesse sue virtù preclare Splender nel Redi, e n'ebbe invidia, e scorno. Di sdegno allora, e di livor dipinto Il volto ei disse: e che dirà mai Delo, Se un mortal mi pareggia, e forse ha vinto? E preso a un tempo il più terribil telo A lui vibrollo, e il pose a terra estinto. Ma poi pietoso lo ripose in Cielo.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 131.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 4, p. 185; Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 245; Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felice Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), p. 212; and Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), pp. 396-397.

QUesta, che qua sen viene in ricco Ammanto Tutta lucida, e vaga, in gran decoro, Coronato di stelle il bel crin d' oro, Che al Sol ne toglie, ed alla Luna il vanto: Questa è la Stella, che Giacobbe il Santo Predisse, che venia per dar ristoro Al mondo esangue, con quel gran lavoro, Che il Divino all' Uman strinse cotanto. Quest' è MARIA, la più fulgente Stella, Che mai spuntasse dall' Occaso, all' Orto; Delle mani di Dio l' opra più bella. Questa d' ogni mortal sia il gran conforto; Freni delle passion' l' onda rubella; E Cinosura, n' introduca in Porto.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 132.

STringe lieto Imeneo col cinto d' oro La vergine Luisa all' Arno in riva, Acciocche nobil Prole al Mondo viva, Che sia, com' ella, onor, pregio, e ristoro. D' alta virtute l' immortal tesoro Giacea sepolto, onde ogni cor languiva, E sospirava il tempo, in cui fioriva Del sesso nostro ogni più bel decoro. Quand' ecco in Alma così chiara, e bella, Sorta piu vaga ogni passata gloria, Ad onta di maligna, e fiera stella. Di Saffo il dolce verso alta memoria Potè d' essa lasciar; ma più di quella Questa è ben degna di Poema, e Storia.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 133.

This poem also appears in: Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 246.

L'Alma, che scese dall' eterne sfere, A vestir questa mia mortal terrena, Spoglia in sen si trovò Castalia vena, Che la trasse a seguir l' Aonie schiere. Quindi avanzossi a investigar le vere Delle cose cagioni, e l' ampia scena Scorse del Mondo, e pien di doglia, e pena Esser vide, col saggio anco il piacere. Onde come colomba alzando il volo, Per non trovar dove fermar le piume, Sen riede all' arca del natio suo Polo. E gli occhi arditi, oltre l' uman costume, Aquila di grand' ale affisa solo, Nè gli alti rai del sempiterno Lume.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 134.

This poem also appears in: Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 246.

DI FLORA ad onta, che fastosa giva Tra' suoi Giardin' , per tanti vaghi fiori Nacque un giorno a bear tutti gli Amori Nobil VIOLA in su gelata riva: Nacque Nobil VIOLA, e il sen le apriva La BAVIERA Real, carca d' Allori: A spettacl sì vago, a tai fulgori Restò smarrita l' odorosa Diva. Mille affetti in un guardo allor nel seno Provò; poi disse: del destin mi doglio, Ma 'l destin vincerò; sull' Arno ameno, Quest' altera piantar VIOLA io voglio. Ciò detto appena, dal natio terreno La suelse, e pose nel suo Regio Soglio.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 135.

CEda il bel lido Eoo, ceda omai vinto Dell' Indico Ponente a i bei tesori; Più delle Gemme tutte, e più degli ori Val quella Terra, ond' egli ha il sen dipinto Per far lavacro al bello Adone estinto Fama è, che Citerea stemprasse odori, Tra Balsamo, e 'l suo pianto: ivi gli Amori Versar' poi l' Urne, e allor quel suol fu tinto. Quindi cosa non v' ha da Battro a Tile, Ch' agguagliar possa co i suoi doni egregi Un Mineral si nobile, e gentile. Non fia dunque stupor, se tanto il pregi Alta Donna sul Tebro, e s' abbia a vile L' oro a confronto, e se n' adorni, e fregi.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 136.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 4, p. 183.

CHe fa l' alta Fenice all' Arno in riva, Di questa Mle onor, pompa, e decoro, Pregio del Sesso nostro, ampio Tesoro Di questa Vita mia, ch' in lei s' avviva? Sai, che fa? ne risponde a me la Diva Che vola intorno, e stringe Tromba d' Oro; Tesse d' Opere eccelse alto lavoro, In cui la GLoria il suo bel nome scriva. Io gli alti pregi suoi lieta, e festante Portai sovente all' un, e all' altro Polo, E dal Gange imperlato, al sen d' Atlante; E spiego ognor per lei sull' Etra il volo: Ma per cantar glorie sì chiare, e tante, E confin troppo angusto un Mondo solo.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 137.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 4, p. 186.

AStri fieri, Che severi Sempre a me vibrate i rai; Finirà, finirà mai Quel rigore Quel sì perfido, sì crudo Aspro duol di pietà nudo? Ission sempre il mio core Fu degli empi vostri giri, Su la ruota de' martiri. Chiedo pace Alla face, Del furor, che m' arde in seno: Pace chiedo, o tregua almeno Tutta lassa, Di soffrir, senza aver calma Gia vacilla, oime, quest' alma; Gia languisce, e gia sen passa: Ogni cosa è quì mutabile; Il mio duolo è sempre stabile. Presso il Gange L' Alba piange Sul mattin gravida, e stanca; E nel prato sviene, e manca; Ma dappoi Mira intorno e perle, e fiori, E ristora i suoi dolori: Sorge il Sol dai lidi Eoi, E con lei scherza, e gioisce, E il martir tosto finisce. Anche Flora S' addolora, E si schianta il biondo crine, Perche il giel crude rapine Fe de' fiori; Ma sen riede April festivo, E con stuol nuovo odoroso, Vegetabili tesori A lei dona, ond' ella acqueta L' aspra doglia, e torna lieta Corre, e batte Via di latte Con piè d' or di Delfo il Nume; Al fin poi, come ha costume, Fatto stanco, Per posarsi, il manto vago Spoglia, e il getta in grembo al Tago; Stringe il crine, adagia il fianco, Chiude i lumi, e dolci, e lieti Sonni dorme in seno a Teti. Il mar solo Sempre in duolo, Sempre in duol, sempre agitato Mai non posa sventurato; I naufragi, Che di Borea son delitti, Son a lui, misero, ascritti: Quant' ei da di pregio, ed agi Nons' apprezza, e copron l' onde Quei tesor, che in seno asconde. Sorte uguale, Per mio male Il destin mi porse in cuna; Come ha il mar, sia sua fortuna Disse, e diede Anco il nome a me del Mare, Perche note così chiare De' mei guai facesser fede. Sarà dunque, in fiere tempre, Il mio cor misero sempre Or se pure Con sì dure Leggi' l Cielo ha sol prescritto, Che il mio seno ognor trafitto, Sino a morte Sia da duol acerbo, e rio, Senza udire il pianto mio; Soffrirò costante, e forte, E del Fato il fiero orgoglio Vincerò con cor di scoglio.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), pp. 138-141.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 4, pp. 186-189; Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 247-249; Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felice Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), pp. 213-215; Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), pp. 1029-1030; and Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p. 397-399.