Maria Elisabetta Strozzi Odaldi:

COLLECTED POEMS





Assembled by
Cynthia Hillman

The Italian Women Writers Project
The University of Chicago Library

Chicago
2008

Quando il tempo, ed il loco, ov'io perdei Dolcemente me stessa, viemmi avante, Ed il nodo, col quale in an'istante M'avvinse Amore, a cui servir dovei, Divengon tutti ardor quest'occhi miei, Tramandanda faville, e l'alme amante Dentro n'avvampa, e sempre più costante Nell'incendio d'Amor par che si bei. E tu, Sole, che sol chiaro riluci A guardo mio, co i vaghi raggi tuoi M'ardi sì, che m'accendi, e non m'abbruci. Ed ancor di lontan m'allumi, e vuoi, Che ognor pensi a quel tempo, e a quelle luci, E al loco, ove Amor tese i lacci suoi.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1717), v. 6, p. 246.

This poem also appears in: Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 253.

Ascolta, o vago Tirsi: appena avea Fugate in Ciel le mattutine stelle La sposa di Titon, che queste, e quelle Mandre al vicino bosco io conducea; Quando incontrommi al fonte, in cui solea Anch'egli abbreverar le pecorelle, Il vecchio Uranio: e tu del Ciel le belle Meraviglie non miri? ei mie dicea: Odi del senso i rapitori accenti D'un' Augellin, che con soave canto Loda anch'egli il suo Nume in bei concenti: Indi ristetti: oh qual piacere, oh quanto, Fra l'armonia delle beate menti Dovrà un'alma provar, se questo è tanto!

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 146.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1717), v. 6, p. 246.

Qual breve rosa, o qual caduco fiore, Che nato in bel giardino, o in prato ameno, Va fasto di fronde e appena il seno Rispiegga a'rai del Sol, che cade, e muore; Tal di beltrade il pregio, ed il valore Cede al corso degli anni, e ne vien meno: Ahi di quante sciagure il Mondo è pieno, Per oscurarle il bel natio splendore! Non già cosè Virtù, che ha tal baldanza Di sovrastare al tempo, e la rea forte Non ha di superarla unqua possanza Che se tenta d'opprimerla, più forte D'Anteo risorge; e vince sua costanza I rigori del Fato, e della Morte.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1717), v. 6, p. 247.

This poem also appears in: Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 253; Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1031; and Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p. 431.

Dolcissimo Usignuol, che a tutte l'ore Voli cantando in questa selva, e in quelle, Deh vanne all'Idol mio, e in tu favella Dì, che senza di lui non ho più core. Dilli, che è così acerbo il mio dolore Ch'io non provo riposo, e in questa bella Verde stagion, che l'anno rinnovella, Ciò, che altrui dà piacer, mi reca orrore. Se nel mattin vago spuntare il Sole Sull'Orizzonte miro, il cor si lagna, Che non lo vede bel, qual'esser suole: Onde d'amare stille il suolo bagna, Spesso di lui pensando, e tal si duole, Qual Tortorella, senza la Compagna.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 149.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1717), v. 6, p. 247.

I' vidi un giorno agile al corso, e presta, Bella Ninfa, che armata avea la mano Di dardi micidiali; e'l sovrumano Corpo suo ricopria candida vesta. Vidila assisa sconsolata, e mesta Su molle erbetta: si dolea, che invano Scorso avesse quel giorno il monte, e'l piano In traccia delle belve alla foresta Ninfa, le dissi allor, frena il dolore; Che se preda su brami, in cui ne scocchi! Gli strali feritori, eccoti il core. Ed ella: abi stolto, in quai follie trabocchi! Soggiunse: io del tuo cuor non cerco onore: Mille prede simil fanno questi occhi.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 147.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1717), v. 6, p. 248.

Quì, dove sfoga con canori accenti Garruletto Augellin d'Amor le doglie, Lunge dalla Città, che mille accoglie Cure noiose, traggo i dì contenti. Talor godo in mirare i puri argenti D'un ruscelleto, che tra foglie, e foglie Scorre soave, ed al mio sen ritoglie, Col dolce mormorio gli aspri tormenti. Or miro il Pastorel semplice, e schietto Guidar l'Armento in rozze lane involto, Più tranquillo posar, se più negletto; E a me stessa allor dico: oh quante è stolto Nostro umano desir, s'ogni diletto Stima sol ne' tesori essere accolto!

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 148.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1717), v. 6, p. 248.

Gentil Filarco, allor ch'io m'era accinta Per dar risposta al tuo gradito foglio, Fiero malor m'assale, e più ch'io voglio Scrivere, ahime, da quel più resto avvinta. D'atro pallor la faccia mia dipinta Carche le luci, e'l cor pien di cordoglio, Quella non sembro più, qual'esser soglio, E par quasi dal duol, ch'io resti estinta. Frena, deh frena, oh Dio, l'aspro rigore Per breve spazio almeno, o cruda forte, Sicch'un momento ancor respiri il core. Tanto, ch'io possa all'Idol mio la forte Costanza palesar, ch'ebbi in amore, E poscia ancor, se vuoi, dammi la morte.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1717), v. 6, p. 249.