Teresa Grillo Panfili:

COLLECTED POEMS





Assembled by
Cynthia Hillman

The Italian Women Writers Project


The University of Chicago Library

Chicago
2008

La nobil Donna, che con forte mano Altera siede a governar l'impero De' sensi, che vorrian da lei lontano Sottrarsi, e correr' ogni lor sentiero; Per man mi prende, e per deserto, e strano Calle mi guida, e a lei va inanzi il vero: Io veggio allor misero stuolo insano In parte, ove si turba il mio pensiero. Quei, dice, che tua mente empion d'orrore, Miei furo un tempo, indi da me fuggiro Tratti da i vezzi d'un fallace Amore. Ora tra speme, e timor, sempre in martiro Piangon le lor ferite, e il grave errore; Ed apprendon ragion dal lor deliro.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 1, p. 212.

This poem also appears in: Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 211; and Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felice Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), p. 10.

GRavan l' alma così cure, ed affanni, Che braccio chiedo di pietà non parco, Che me pur salvi dal penoso incarco, Per cui pavento omai gli ultimi danni. Ma, con finto soccorso, ah non m' inganni Speme, ed Amor di crudeltate scarco, Ch' essi fur, che a mia morte apriro il varco, Con finti vezzi, e con fallaci inganni. Ragion tu sola il puoi: deh tu m' aita; Toglimi all' aspro duolo, ed ogni affetto Tranquillamente a posar teco in vita. Ma scaltra ogni pensier rendi soggetto; Poiche tu ancor potresti esser tradita, L' un di lor vola al lusinghiero oggetto.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 1, p. 212.

This poem also appears in: Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 212; Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 777; and Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 270.

RAgion se Amor dal tuo poter m'ha tolta E lunge guida il franco correr mio, Lascia, deh lascia omai l' aspro desio, Di porre il freno all' alma mia già sciolta. Ah tu mi siegui, e ogni tua forza accolta, Tenti assalirmi, e fare il piè restìo; O svegliarmi un pensier torbido, e rio, Che tormenti il piacer d' andar disciolta. Ma il lieto calle a proseguir m' invita Amor, che sempre a mia ruina è desto, E di mia pena, e del timor s' irrita. Pur stanca di seguirlo al fin m' arresto, E chieggio per riposo essere unita, A te, ch' hai reso il dolce errar molesto.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 1, p. 213.

This poem also appears in: Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 215; and Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 271.

Del bel piacer, con cui lusinga Amore, Stannomi innanzi a discoprir gl'inganni Cura, doglia, timor, perigli, e danni, Ed erga, e stanca la virtù del core. Pur tollerar non sa l'empio Signore, Che 'l suo rigor nel mio penar condanni; Né vuol, che s'altri me pone in affanni, Io poi faccia sua colpa il mio dolore, Colpa esser dice d'ostinata voglia, Se fiamma io chieggio dal più duro ghaccio, E se de' suoi disprezzi il cor s'invoglia; Che porì dello sdegno il forte braccio Rompere il nodo, ond'io pur vivo in doglia; E ch'è sol mia viltà, s'io soffro il laccio.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 1, p. 213.

This poem also appears in: Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 216; Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 778; and Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felice Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), p. 9.

In orrida, profonda, oscura parte Parmi, che giaccia sbigottita, e mesta L'Alma, a cui sempre nuove doglie appresta Quel pensier, che da ma non si diparte. E le speranze intorno afflitte, e sparte Stansi, nè più con man pietosa, e presta Tentan l'aspra sanar piaga molesta, Che spento è in loro ogni vigore, ed arte; Poiche di quel dolor, che mi divora Solo il desio si pasce, e solo accoglie Oggetti, onde il suo mal nudre, e avvalora. E tal di ciò vaghezza in se raccoglie, Ch'ei teme, che del ben l'immago ancora Mi ponga in pace, e dal dolor mi spoglie.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 1, p. 214.

This poem also appears in: Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 213; Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 777.

Non è virtù, che il mio cor muove, e punge, Nè Amore è già, che tragge il mio pensiero A ricercar quell'immortal sentiero, Onde al tuo bene, alto Signor, si giunge. Ma perche sempre duolo, a duolo aggiunge Contra me l'aspro Mondo, e in volto fiero Ogni mia speme atterra, ond'io dispero Posar giamai da nuovo affanno lunge; Per le sante tue vie, tentare io voglio Dall'empia guerra me sottrar, che molto A lui col mio soffrire accrebbi orgoglio. Deh, fa Signor, che da tua man raccolto Mio cor si cangi; e quel, ch'or' è cordoglio, Passi in amore, ed in virtù rivolto.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 1, p. 214.

This poem also appears in: Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 214.

O Di virtude amica luce, e bella, Che siedi al fren della mia mente, o rendi Ogni mia voglia alla ragione ancella, O parti, e lascia il cor, se nol difendi; Che se ben tu, quasi benigna stella, Sul desir cieco i vivi raggi stendi, Pur crescendo l' interna aspra procella, Col tuo don non mi giovi, anzi m' offendi. Men grave fora all' alma mia smarrita Tra fosco avvolta, e periglioso orrore; In contrar morte, e non conoscer vita. Che valmi il tuo splendor senz' altra aita, Se tratta pur dal mal usato ardore, Seguo il mio error dell' error mio pentita?

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 1, p. 215.

This poem also appears in: Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 209; Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 776; Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 271; and Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felice Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), p. 10.

Chi mi sarà mai strada a veder quella Parte, ov'an sede di Filen gli affetti. Per veder, se ad un nodo ambedue stretti Ne siamo; o s'ei disciolto, io solo ancella? Mal m'assicura il guardo, e la favella Del cuore i sensi a riportare eletti: Che dipinger li può veraci, e schietti Il desir mio, che in lor guarda, e favella. E quando più di non errar m'avviso, Allor più temo l'error mio: cotanto Al ver somiglia la menzogna in viso. Talor par duolo, e pur' è gioia il pianto. Aspra doglia talora occulta un riso; E un Traditor veste d'Amico il manto.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 1, p. 215.

This poem also appears in: Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 210.

STanchi, ed oppressi i miei pensier non sanno Più ragionar di mia dolente sorte, Confusi allor, che vedon trarmi a morte Da un caro acerbo, e sempre nuovo affanno. Il sospetto, e l' Amor tal guerra fanno, Che non v' è chi fra loro audace, e forte S' opponga, mi soccorra, e riconforte La mente, che già cede al lungo danno. Un giusto sdegno al mio crudel tormento Tregua in vano promette, e in vano a lato Stammi per fare il mio dolor più lento. Incostanza potria sul cor turbato Provar sua forza, e far mio foco spento; Ma pure ho in odio il variar mio stato.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 1, p. 216.

This poem also appears in: Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 778; and Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 272.

O Possente di speme, o dolce aspetto, Che il gelido timor dilegui, e scacci, Per te l' alma vigore acquista in petto, E sai d' Amor far cari i fieri lacci. Qual tel pinge il desio, porgi l' oggetto, E benche nulla in ver stringi, ed abbracci, Più puro nel pensier fassi il diletto, Che col ben non avvien, che il male allacci. Tu del periglio, e della morte a scorno Armi l' ardire, e il tutto reggi, e movi, E rendi il Mondo di virtute adorno. E tanto ancor col valor tuo ne giovi, Che spandendo il tuo ardore al core intorno. Il sommo ben fai, che qua giù si provi.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716), v. 1, p. 216.

This poem also appears in: Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 217; and Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 270.