Cristina Torrigiani-Malaspina

Affetti intimi

MCMXI

Ai miei figli.

Sono a Voi dedicate queste rime Ove al sorriso alternasi il dolore; Non troverete in esse arte sublime Nè peregrin, poetico valore. Sol cedendo al filial vostro desio, Dei poveri miei versi una corona Qui raccolgo, traendo dall'oblio I miei primi vagiti in Elicona. Della fanciulla troverete espressi Timidi sensi di pietà gentile; Della vergine, i casti e non repressi Sogni dorati del suo nuovo Aprile. Di sposa poi, di madre, di sorella, Lieti affetti, ricordi di dolori; Sopra ogni cosa trista, buona, bella Sparsi lacrime, lodi, auguri, fiori. Or che la Musa mia si fa canuta E grave e tarda, a Voi, figliuoli amati, Pria che del tutto essa divenga muta Sian questi fiori offerti e consacrati. Sol da Voi bramo plauso, e la corona Più rara che se fosse in Campidoglio; Se Voi di me direte: «Essa fu buona», Altro non chiede il mio materno orgoglio.

Firenze, 5 febbraio 1911.

Tema di studio assegnato dal prof. Lodovico Fiaschi nel R. Istituto della SS. Annunziata. Quando vedi da lungi un pellegrino Col suo bordone e la sua croce allato, Stanco, digiuno, incerto del cammino, Alla pioggia ed al vento abbandonato. Non aspettar che al servo tuo sia chine Muovigli incontro: qual fratello amate Stringilo al cuore, e il Poverel divine Avrai nella tua soglia, oh, te beato! Et ti dirà in quel giorno di terrore: —Aveva freddo e tu mi riscaldasti, Era mesto, e piangesti al mio dolore, Era smarrito e solo, e m'alloggiasti; Ora vieni e riposa sul mio cuore; Felice te che l'infelice amasti!—

(Giovanile).

Alla Madre

Povera madre, deh! tergi quel pianto Che di forte pietà mi stringe il cuore; Povera Madre, il Tuo dolore è tanto, Che lo può solo intendere il Signore; E solo quell'Agnel tre volte santo, Quei che chiamato fu l'Uom del dolore, Può consolarti, Ei che scalmò:—Venite, Anime tutte che quaggiù soffrite.— Ma nel mortale affanno ancor T'avanza Di questa valle misera, un conforto; D'un futuro goder ferma speranza, Unica luce in questo viver corto. E del perduto amor la rimembranza Dolce Ti fia, chè nell'eterno porto Giunse bramata, e per Te, madre, prega: —Se morte vi disgiunse, amor vi lega.— Tanto amavi la bella creatura, Ma più di Te, lo sai, l'amava Iddio; Era sua, tutta sua quell'alma pura, E l'accolse ove tace ogni desio. Tu soffri, ma la tua non è sventura; Pel cristiano non v'è l'estremo addio; Chi s'amò sulla terra nel Signore Nel Cielo si amerà d'eterno amore. Da' posa, o benedetta, a' tuoi lamenti Per amore di chi Ti resta in terra; Di pia fanciulla i mansueti accenti E l'amore infinito, in questa guerra Ti daranno ristoro, e fra i concenti Eternali quell'Angiol vi disserra Il Cielo e dice: io fui nel mortal velo Per voi contenta, or vi preparo il Cielo.

(Giovanile).

Già dinanzi alla Vergine Maria, Mistico come luce vespertina, Tremula un raggio, Lodo, e par che sia Sorriso dell'Immagine divina. Allor che a Lei devotamente china Nel Suo cor deporrò la prece mia, Mi fia dolce pensar sera e mattina A quanto amor le madri nostre unia. Vicino al mio guanciale a tutte l'ore, Lodo, arderà la benedetta face Come lampa votiva sull'altare; E quando a sè mi chiamerà il Signore Lo sguardo chiuderò per sempre in pace Della lampada al mesto tremolare.

(Giovanile).

Un tenero saluto ed un addio, Elisa, al tuo partir m'escon dal cuore, E sul tuo libro di ricordi anch'io In questo di vo' porre un umil fiore. Se il tuo nome gentil porrò in oblio Tel dica, o cara, il mesto suo colore; Se a Te verrò sull'ali del desio Tel dica il nome che gli ha posto amore. Sii felice nel nuovo tuo soggiorno E ad ora ad or per me saluta il mare; Porta un mesto saluto anche a Livorno Pieno, per me, di rimembranze care; E nel lungo aspettar di quel bel giorno Che ti vedrò, di me non ti scordare.

(Giovanile).

Alme gentili, in cui viepiù s'avviva La virtude e l'amor santo dell'arte, Vi dirò che il mio cor con voi si parte, Poichè bramate che un pensier qui scriva. Quando non più del mio bell'Arno in riva Di voi farete lieta un'altra parte, Deh! rileggendo queste amate carte Di me non sia la vostra mente schiva, Nè di Pisa, che un dì sì crudelmente Dal Poeta oltraggiata, or più non vuole Esser chiamata obbrobrio della gente, Dal dì che la mitezza del suo sole Per Voi rifulse così dolcemente Come suol per i gigli e le viole.

(Giovanile).

Non fosti detta invano, no, Maria, Chè le genti Te pur diran beata; Colta, genial, leggiadre forme, pia, Tu per amare e farti amar creata. Ma guarda in ciel, chè già mi par che sia —La parte orïental tutta rosata;— Sorgi, ei t' aspetta all'ara, amica mia; Vanne, colomba dal desio chiamata. Se il santo amor ti renderà feconda, Altri affetti, Maria, tu dei provare, E nel tuo cor sarò men che seconda. Ma deh! dell'amor mio non ti scordare, Ti fui compagna nell'età gioconda E t'amai come più non si può amare.

(Giovanile).

Stornelli popolari.

Fior d'amaranto, E' mi parea, se ben me ne rammento, Che il ventiquattro fosse il Vostro Santo. Fiorin di mele, L'ho visto sul lunario, unForma vernacolare per non. po' sbagliare, Che domani è l'Arcangel Raffaele! Fior di trifoglio, lo, lesta, penna, inchiostro e carta piglio Per dirvi tutto il bene che vi voglio. Fior di ginestra, Il Vostro Santo l'ho pregato apposta, Me la farà la grazia che gli ho chiesta. Fior d'amorino, Gli ho detto che vi tenga sempre sano E che nascer vi faccia un bel bambino.

Il Nero, 23 ottobre 1881

Forma vernacolare per non.

Messo in musica dal signor Raymond Sézac. Se fossi un augellin vorrei lasciare Del mio bosco natio le verdi fronde, E sul balcone tuo vorrei trillare, Gorgheggiando d'amor, note gioconde. Se fossi un fiorellin vorrei sbocciare Quando ogni altro, pel gel, trema e s'asconde; Sul tuo candido sen vorrei posare Oppur morir sulle tue treccie bionde. Se del mar fossi nato pescatore Offrir coralli e perle ti vorrei; E se del mondo fossi imperatore Trono e vita per Te, tutto darei! Ma…. fossi un mago e ti leggessi in cuore Che non m'ami, o fanciulla, oh, allor…. morrei!

Firenze, febbraio 1886.

Dal dì che inconscia bambinella, accolta Fosti esultando da' tuoi cari, al mondo, Ecco, Vittoria mia, la prima volta Che Tu, men dell' usato, fai giocondo De' Genitori tuoi l'amato viso. Ma se, innocente, a questi affliggi il cuore, Ad altri adduci intero un paradiso Con le delizie del tuo casto amore. Ed ora ascolta la preghiera mia In questo giorno, e il voto del mio affetto: Deh! voglia il Ciel che Tu felice sia, Nell'infinito amor del tuo diletto, Quanto sapesti Tu, soave e buona, Di Te far lieti i Genitori, e quelli Che al par di me, la tua gentil persona Ebber compagna ai di passati e belli.

Firenze, giugno 1889.

Quest'oggi, il sai, Fonfetto, è Pasqua d'ova, Dopo Natale la più bella festa! Mammà mi ha detto di tentar la prova D'un poetico invito, ed io son lesta A pormi all'opra, ormai che non mi è nuova Di togliermi un sonetto dalla testa, Perchè di Fosdinovo alfin si muova Il dinasta gentil, verso l'onesta Lieta mensa, alle sette di stasera, Dolce ritrovo dei cogiunti al pranzo. La tua risposta sia però sincera: Se vuoi restare a manducare il manzo Con la Memina,Nostra carissima governante allora ottantenne. nel tuo cor primiera, Disturbar non vogliamo il tuo romanzo.

Firenze, 5 aprile 1890.

Ti dicevo «Eccellenza» un dì, Paolino, Or ti dico «Eccellente!» e avverso e rio Chiamar non posso questo tuo destino Che Ti rende al governo onesto e pio De' dolci lari ove non sorge spino. Te compianger non osa il verso mio, Verso franco e talora rogantino, Ma sempre tal come dal cuore uscio. Perdona a cosi misera armonia Indegna di partir di riva all'Arno! Ben altri voli la mia Musa ardia Ch'or si fa tarda e tenta prove indarno, Chè, per un portafoglio che va via, È di troppo la rima e 'l volto scarno.

Firenze, febbraio 1891.

La tua chioma si fa di puro argento, Comincia ad imbiancare anche la mia, Da tre lustri son tua, ma un sol momento Non persi di quel dì la poesia. A Te nol chiedo, e spesso uno sgomento Mi viene in cor per tema che non sia; Non me lo dire, il ver mi fa spavento, Lascia pur ch'io carezzi una follia. È già trascorsa la più bella etade, L'inverno della vita, ahimè! s'affretta, Ma dei vent'anni ti serbai l'amore; E se l'eterno Sol, l'alma Bontade Tornar mi concedesse giovanetta, Di nuovo a Te darei per sempre il cuore.

Firenze, 22 maggio 1891.

Chi ti vide all'altare del Signore Devotamente in bianco vel prostrata Per giurar fede all'uomo del tuo cuore, Tra le fanciulle ti chiamò beata. E chi ti vide poi, lustro ed amore Della nuova famiglia a Te legata, Ebbe a chiamarti delle spose il fiore, Tu che per farti amar fosti creata. E a me che ti conobbi madre e sposa E che ti fui di cor quasi sorella, A me, di tue virtù non una è ascosa. E a Lui che di Te fece la sua stella Oggi dico commossa ed orgogliosa: Pietro, trovasti un'anima gemella.

Gagliano, 19 settembre 1892.

Amor mi muove a dir di Te parole In questo giorno di letizie sante, Ma non per far, come dai più si suole, Lode del tuo sembiante. Ben potrei dir che ti risplende in viso La bellezza del giglio e della rosa, E potrei dir che il dolce tuo sorriso M'allegra e mi riposa…. Ahimè! siccome i fior del Maggio lieto, Delle guancie appassiscono i colori, Nè la gentil sembianza è il tuo segreto Per guadagnarti i cuori. Io lo so, che t'amai fin da bambina, Qual'è il segreto con che rubi amore, E Quei lo sa, che del pensier regina T'ha fatto, e del suo cuore. Alla nuova magion muovi, e vedrai Qual tesoro d'amor per Te si serba: Oggi sposa, e domani un nome avrai Che ti farà superba. Ecco il voto e la dolce profezia Che unisco ai fiori della tua corona: Ti faccia il Ciel felice, Elisa mia, Quanto ti fece buona!

Firenze, febbraio 1894.

Dopo un lungo silenzio e doloroso, In che la lira mia giacque negletta, Alfine manda un suon dolce e festoso Per Te, Maria Concetta. Il verso è disadorno, ma tel porge Chi T'ebbe cara dall'età primiera; Concetta mia, sereno è il dì che sorge; Deh, mai non volga a sera! E Tu muovi fidente al tuo diletto Che trepido Ti attende a pie' dell'ara; Muovi secura, ei d'infinito affetto Tesori ti prepara. Vedi? Esultando nella sua famiglia Egli Ti adduce dove sei bramata; Sposa diletta e per due volte figlia, Ivi sarai beata. E beata sarai, perchè sei buona, E ognor dei cari tuoi fosti il sorriso, Deh! che Ti dia la nuzial corona In terra il Paradiso.

Riccione, giugno 1903.

Vedi, Alessandro, la tua mamma è in festa; Oggi non sdegna più monili e fiori; La sua materna gioia si ridesta Ai vostri casti amori. Io che sognavo nell'età più bella Di stringermi sul cuore una bambina, Oggi la trovo giubilando in Quella Che sarà mia figliuola e tua regina. A Lei che t'ama tanto, io lieta cedo Del tuo cuor le primizie, o figlio mio, E, potenza d'amor! più suo ti vedo, Più benedico Iddio. Per Te abbandona la gentil dimora, Ove tra i cari suoi vivea felice; Se Tu l'ami, Alessandro, Ella t'adora Più che il suo labbro verginal non dice. Beato Te, che nella donna amata Trovi congiunta ogni più bella cosa! Io gioisco con Te; l'ora è sonata Di chiamarla tua sposa. Venite, figli miei, venite insieme All'amplesso di lei che v'ama tanto; La fe', l'amor, la vostra dolce speme Sian benedetti dal tre volte Santo.

Firenze, 3 giugno 1904.

Composta per un Concorso a premio indetto dal giornaletto Vita Rosea al bambino che avrebbe data la miglior risposta ad una fata. M'apparve questa notte una gentile Bellissima creatura; Era della sua età nel verde Aprile, Di fata aveva i modi e l'andatura. —Vanni,—mi disse in sua gentil favella,— Io son fata Mirella; Dimmi tosto che brami, e il tuo desio Pago sarà da me, se onesto e pio.— —Buona fata,—risposi,—oro non bramo, Perchè l'oro è vil cosa; Giocattoli, gingilli, io più non amo, Più alto ormai lo spirto mio si posa. Io vagheggio scoprire a mille a mille Segreti di scintille; Fata, se mi fai degno dei tuoi doni Dammi il genio e la gloria di Marconi.—

Marina di Massa, giugno 1907.

Vanni, dei giorni miei soave cura, Dono gentil della Bontà infinita, Fiore sbocciato sulla mia sventura Per rendermi alla vita, Al sorriso, all'amore, alla poesia…. Oggi mi prostro a Te! sublime e santo Ti circonda un mistero che t'india, E muove me, per la dolcezza, al pianto. Ti ricordi, allorchè mattina e sera Io ti mettevo le manine in croce, Ed insieme prostrati, la preghiera Si alzava ad una voce? Io ti dicevo che Gesù è buono E che tutto il Suo amor sono i bambini, Ch'Egli è il Dio della pace e del perdono E che la Sua pietà non ha confini. Tu allor, fidente, quel Gesù adoravi Che oggi scende nel tuo verginal cuore; È lo stesso Gesù che allor pregavi Meco con tanto amore. Deh! quell'amor Gli serba intemerato Come candido giglio sull'altare; Io nel tuo cor l'ho posto e coltivato…. Tua madre e questo di mai non scordare. E allor che volerai con le tue ali, Mosso da nuovo, giovenil desio, Vanni, serba lo spirto agl'ideali, La tua mano al lavoro, e il cuore a Dio.

Firenze, 23 novembre 1907.

O animal benigno e grazioso Che al collo mi sai far dolce monile, Tu dell'amato sposo Mi ricordi l'amor forte e gentile. Tra i miei pensieri assorta, nel tepore Di chiusa stanza, ai fidi amici allato, I cari libri miei, nell'ultime ore Stavo di un dì più lungo dell'usato. Forse, presago il cor del suo ritorno, Aspettavo con tenero desio, Che le ore di quel giorno Svanissero del tempo nell'oblio. Tutto passa quaggiù, ecco la sera…. Odo già della squilla il dolce suono Che richiama i fedeli alla preghiera E a tutto ciò che è tristo e grande e buono. Assorta nella dolce poesia Del giorno che si muore, Non mi feri dell'uscio che s'apria Il lieve, impercettibile rumore. Egli è già nella stanza e, non veduto, Mi pone accanto un delicato involto, Mentre che aspetta, sorridente e muto, Il giubilo del cor leggermi in volto. E il cor ne fu beato, o animaletto, Non per te, che pur sei gentile tanto, Ma per quel grande affetto Ch'è mio conforto, mia delizia e vanto. Salve, bestia gentile e peregrina, Degna catena al collo di regina, Ma non è questa che da Lui mi viene La più soave delle mie catene.

Firenze, gennaio 1908.

Gigi, rimembri ancor, di', quella sera, Mentre fuori impazziva il carnevale, Che Tu, cedendo ad una mia preghiera, Volesti del tuo spirto geniale Il modesto allietar nostro convito? Fu uno sprazzo di motti e cortesie, Un evocar, con affetto infinito, Lieti ricordi e rimembranze pie. Però dicesti, ed io ne fui turbata, Che T'inspirava l'Imeneo timore; Che la donna gentil non era nata Per regnar nel tuo nido e nel tuo cuore. Ma in quel momento istesso, non lontana, E forse come Te, schiva e ritrosa D'ogni altro amor, la vergine australiana Aspettava da Te l'anel di sposa. Ed or l'ho vista: è un fiorellin d'Aprile Che schiuderà sue foglie a te vicina; Se tanto ha buono il cor, quanto è gentile O Gigi, avrai una rosa senza spina. Io l'amo già in memoria di quel pioIl prof. Lodovico Fiaschi, avo paterno della Sposa, uomo di singolare pietà e dottrina, e mio maestro di letteratura italiana all'Istituto della SS. Annunziata. Che mi fu duce al bello, al buono, al vero: La cara imago è fitta nel cuor mio, I precetti di lui, nel mio pensiero. E Tu, che al nome hai simile il sorriso, O Clara, che T'irradia la persona, Vieni, e adduci allo Sposo un paradiso, Letizia a quei che Ti faran corona.

Firenze, 12 maggio 1908.

Dono del dott. Enea Fabbri durante il mio soggiorno al Sanatorio Casanuova dove ebbi cure amorevoli e sapienti. Tu che risorgi insieme all'esultanza Della natura quando è tutta in fiore, Tu che per dolce usanza Festeggi l'Ascensione del Signore, Salve, piccolo grillo, onor del prato, Bruno cantor dell'ora vespertina, Quando tutto il creato Sembra rapito in estasi divina. Tu mi venisti, grazioso dono D'impareggiabil cuore, Io t'ho caro in memoria di quel Buono Ch'ebbe tanta pietà del mio dolore. E tu, fedele a tua gentil missione, Intonasti per me, pietoso, un canto; —L'ora del tempo e la dolce stagione— Ne fecero un incanto. Da quel giorno mi fu caro il tuo trillo Quasi d'arpa o di cetra melodia; Chi te non ama, o grillo, Non sente del creato la poesia.

Bagni di Casciana, giugno 1908.

Sta l'alta rocca dei miei padri, austera, Come montagna alpina; È bella allo scrosciar della bufera Ma baciata dal sol, quasi è divina. Salve, magione del mio canto, gloria Della mia gente onrata, Ove spesso, segnacol di vittoria, La marchional bandiera fu innalzata. Salve, affacciata al tuo balcon sublime Di pensili bastioni; A Te sorridon le Apuane cime, La Magra e il mare ai piedi tuoi son proni. Forse qui DanteDante nel 1306 fu ospite dei Malaspina. pianse il caro ovile E 'l suo bel San Giovanni? Forse qui nel suo nuovo dolce stile Cercò conforto agli infiniti affanni? Sì, nella cella che di Dante ha nome Sento il divin Poeta, Ond'io mi prostro reverente, come D'amor compresa e di profonda pièta. Forse quel Grande, al giunger della sera, Ficcando gli occhi verso l'orizzonte, A Dio rivolto in tacita preghiera, Chinò l'altera fronte. Accolta anch'io sotto l'eccelso tetto Dell'avito castello, Per cortese preghiera e grande affetto Del Castellano, a me caro fratello, Compresa, assorta in tanta poesia Di memorie, d'affetti e di dolore, Sento l'anima mia Quasi incielarsi e divenir migliore.

Fosdinovo, agosto 1908.

Composta e messa in vendita a benefizio delle vittime del disastro. Qual voce è questa d'infinito duolo, Che ti lacera il cuore, o Patria mia? Dove muove, piangendo, un santo stuolo Che sè, la casa, i dolci amici oblia? Corre pietoso il Re, primo soldato Della misera Italia, e Tu, Regina Buona, Tu voli al tuo Signore allato, Dove, ahimè! non son più Reggio e Messina. E ieri ancor, quasi in connubio santo, Si baciavano il mare e il sol giocondo: Oggi, morte, ruina ed alto pianto Travolte l'han d'ogni miseria al fondo. Povera madre, che stringendo vai, Quasi delira, al sen la tua creatura…. È morta, e tu no 'l credi, e tu no 'l sai…. Materno amor più che la vita dura. E te, misero vecchio, ahi dura sorte! Da tre generazioni abbandonato, Più che a loro, crudele a te la morte, D'ogni tua tenerezza t'ha privato. E tu, fanciullo dalle bionde chiome A cui nulla restò fuorchè il sorriso, Forse non sai neppur qual'è il tuo nome, Povero fiore dallo stel reciso! Per voi tutti, fratelli sventurati, Che lasciaste laggiù la vita o il cuore, S'è levato dagli animi bennati Un grido solo di pietà e d'amore. E Voi salvete, o forti, o grandi, o buoni, Che a sì fiero dolor recaste aita! Il vostro nome benedetto suoni E sia scritto nel libro della vita.

Firenze, gennaio 1909.

Di te più sfarzoso, Piumato cappello, Più ricco, più bello Al mondo non è! Omaggio grazioso Di sposo galante, T'accolgo festante, M'adorno di Te. E poi mi vagheggio Dinanzi alla luce Che il ver riproduce, Responso fedel; E timida chieggio Se amor di consorte, Per mia lieta sorte, Un candido vel Ch'etade nasconde, Pietoso non stese Sugli occhi, al cortese Marito e signor. Ciò ch'egli risponde Ridir non è bello…. Grazioso cappello, Teniamolo in cor! Adombrami intanto, Con l'ali piumate, Le chiome cangiate Dal tempo che fu, E sol per tuo vanto Lo sposo gentile Ritrovi l'Aprile Di mia gioventù.

Firenze, febbraio 1909.

O Carlo, un dì tra le festose danze T'apparve verginal bella creatura: Di soavi illusioni e di speranze, Di un verecondo amor che eterno dura, Ragionarti parea quella gentile, Con arcana favella al vulgo ascosa. A Te fu noto l'amoroso stile, E in Lei cogliesti il più bel fior di sposa. E ormai da cinque lustri t'appartiene Colei che di tua vita fu il sorriso; Furon di rose a Te le sue catene, Fu per Lei la tua casa un paradiso. E in questo dì che rimembrar vi giova Quella prima d'amor alba solenne Che sempre al cor dolcezza Vi rinnova, Di poeta vorrei l'agili penne, Per ridir, con poesia geniale e bella, Le vostre lodi e tutto l'amor mio; Ma poeta non sono, e qual sorella Sol vi dirò: Vi benedica Iddio.

Firenze, 24 febbraio 1909.

Fido compagno dell'età primiera Dolcissimo fratello, Alberto mio, Compiendo tua giornata innanzi sera Senza speme ne lasci in gran desìo. Ahimè! non valse il pianto e la preghiera Di chi tanto t'amò, d'ogni cor pio; Dignitosa coscienza, anima altera Tacito offristi il sacrifizio a Dio. Ho sempre a mente quella triste aurora Che si levò nella funerea stanza, E il martirio ineffabil di quell' ora Che morte avvinse tua gentil sembianza; E piansi amaramente e piango ancora —Per la puntura della rimembranza.—

Firenze, agosto 1909.

Non son bella nè brutta di persona, Sol dagli anni e 'l dolor vinta, appassita; L'espressione del volto ho franca e buona, Ma tra la folla passo inavvertita. Solenne il nome mio «Cristina» suona, Nella fede e nel nome a Cristo unita; Il cuore amante altrui tutto si dona, Dello sposo e dei figli è la mia vita. Grave d' anni, ma giovane di cuore, Vivo d'arte, d'amor, di poesia: Talor mi vince sdegno, ma il livore Che rode e ammorba il cor non so che sia; Amo e prego fidente il mio Signore Che un giorno accolga in Ciel l'anima mia.

Firenze, 20 febbraio 1910.

In sul calar del giorno a me salìa Dall'aperto veron, dolce concento; Una povera vecchia, per la via, Cantava al suon di un misero strumento. Un dì, raggiante, al pubblico apparla Diva acclamata, musical portento; Or per campare intuona la Lucia Sulle piazze, alla pioggia, al gelo, al vento. Povera vecchia, mi fa male al cuore Veder la tua canizie profanata, Simular gioventù, beltade, amore! E nella mano tua scarna e gelata Ascondo una moneta con rossore, Per Te, per Te, dal pianto mio bagnata.

Firenze, 17 novembre 1910.

Reminiscenze.

Ti conobbi a vent' anni Allor che l'avvenir si pinge in rosa; Dal chiostro avea testè spiegati i vanni, Tu mi chiedesti sposa. Io ti guardai tremante E fui presa d'amore; a Te splendea Sull'alta fronte e il signoril sembiante Il lampo dell'idea. Si, fui presa d'amore —Che, come vedi, ancor non m'abbandona— E al tuo fianco, all'altare del Signore, Cinsi nuzial corona. E ti seguii beata Nella tua casa, del tuo nome altera; Esser la donna sopra tutte amata Il Paradiso m'era. E da lunga stagione Ti son compagna nella vita ormai; Sette lustri passar come in visione, Dal giorno che t'amai. Ma degli anni l'oltraggio Ahimè! bellezza e gioventù m'ha preso; Da quel mattino del fiorito Maggio Solo il mio cuore è illeso. Cagion d'amaro pianto Il sovvenir del mio perduto Aprile Non sarebbe per me, che pregio tanto La dignità senile. Solo il timor m'assale Che il guardo tuo genial, conquistatore, Si posi, come suol farfalla l'ale, Su qualche gentil fiore. Per Te pure è passato Il tempo dell'amor facile e vano, Ma nel cor della donna tua è restato L'amor per Te, sovrano; Sereno amor di sposa Ch'è forte e grande al pari della fe'; Amor d'amante, perchè son gelosa, Son gelosa di Te.

Firenze, gennaio 1911.

PREFAZIONE Pag. 5

Alloggiare i Pellegrini 9

In morte di Giuseppina Negrone mia carissima compagna nell' Istituto della SS. Annunziata 13

A mio cugino Lodovico Rosselmini in ringraziamento di una graziosa lampadina d'argento 17

Per l'albo della signorina Elisa Mayer, che partiva da Pisa, offrendole una viola del pensiero 21

Per l'albo delle signorine Benigni Olivieri che partivano pure da Pisa 25

Per le nozze della signorina Maria Ponti col Conte Pietro Desiderio Pasolini 29

Per l'onomastico di mio cognato Raffaele Torrigiani di Scilla bene augurando per la prossima nascita di suo figlio Fulco 33

Se fossi 37

A Vittoria Torrigiani nel giorno del suo matrimonio col Conte Giuseppe Tozzoni 41

Sonetto a rime obbligate e composto in pochi minuti, per invitare a pranzo mio fratello Alfonso che si era scusato 45

Sonetto a rime obbligate date dal Comm. Paolo Boselli, ex-ministro e a lui diretto in occasione della caduta del ministero Crispi il 31 gennaio 1891 49

A mio marito nel quindicesimo anniversario del nostro matrimonio 53

A Pietro e Giulia Torrigiani in occasione delle loro nozze d'argento 57

A Elisa Torrigiani nel giorno del suo matrimonio col nobil giovane Amerigo Amerighi 61

A Maria Concetta Torrigiani di Scilla nel giorno del suo matrimonio col Conte Pietro Revedin Pag. 65

Ad Alessandro e Maria Teresa Torrigiani nel giorno del loro matrimonio 69

Risposta ad una fata a nome di Vanni Torrigiani 73

A Vanni Torrigiani nel giorno della sua prima comunione 77

Ad una piccola martora, dono di mio marito 81

A Luigi Torrigiani e Clarissa Fiaschi nel giorno del loro matrimonio 85

Ad un grillo 89

Al castello di Fosdinovo 93

Non son più Reggio e Messina 97

Ad un cappello, dono di mio marito 101

A Carlo e Anna Torrigiani in occasione delle loro nozze d'argento 105

In morte del mio carissimo fratello Alberto 109

Il mio ritratto 113

Ad una vecchia artista ridotta a cantare elemosinando 117

Dopo aver sentito cantare la romanza «Son gelosa» 121