Per la riabilitazione
della donna

(Al Sommo Pontefice Benedetto XV)

VICENZA
Tip. Editrice Ditta Fratelli Pastorio
1917

In data 19 Marzo 1916, terminai di stendere e firmai la lettera qui pubblicata, indi la feci debitamente rilegare, e pregai Mons. Ferdinando Rodolfi, Vescovo di Vicenza di farla pervenire al Sommo Pontefice.

Sua Eccellenza mi scrisse dicendo, che aveva letto la mia petizione a Sua Santità, encomiava il mio zelo e la mia buona intenzione, credeva suo dovere di esortarmi a levare tutta la parte critica sulle opere di S. Tommaso e degli Scolastici, e a tale scopo leneva il volume a mia disposizione. lo Gli risposi ch' erano proprio le Somme che mi premeva denunciare e Gli ospressi nuovamente il vivo desiderio di far giungere il mio manoscritto al Sommo Pontefice.

Non ne seppi più nulla: forse il Papa neppure l'ha visto. Perduta la speranza, dopo tanto tempo, devo accontentarmi di molto meno di quello che avrei bramato ottenere dal Capo della Cristianità, esponendo, con la pubblicazione del documento, le cause dottrinali, per le quali la donna è così screditata e danneggiata, e la risposta che ad esse può darsi appoggiati alla divina rivelazione, alla scienza e all' esperienza.

In questi mesi, ho fatto altre indagini, nelle opere ecclesiastiche, ed ho trovato altre cose tristi ed obbrobriose, ma mi limito egualmente a pubblicare questa lettera, perchè essa presenta già qualche cosa di completo, in ciascuna delle tre parti, nelle quali è divisa.

Per rendere più chiaro, ai Lettori, il senso della dicitura, ho aggiunto qualche parola chiusa tra parentesi. Qualche parola, che i Lettori sapranno distinguere daile poche proposizioni incidenti, pure chiuse tra parentesi e che erano nel testo originale. I segni di richiamo, per le note in calce, sono di due sorta: Col segno: (1), sono indicate le note che v' erano nel testo della lettera mandata al Papa; col segno (*), le note che ho creduto bene d'aggiungere, pubblicandola.

Affido questo mio modesto lavoro agli Uomini dal cuore bennato, ai Genitori che hanno viscere d' amore per le loro figliuole, alle Donne che sentono veramente la loro dignità. Iddio ricolmi di onori e di benedizioni quanti generosi si sono interessati e s' interesseranno al trionfo della grande e santa causa della donna.

Vicenza, Gennaio 1917.

L'AUTRICE

Ho letto ed esaminato le tre parti della Somma teologica, il Supplemento della III. parte, la Somma filosofica: Contra gentiles di S. Tommaso e sento il bisogno di umiliare al Vicario di Gesù Cristo una mia petizione - esposizione, supplicandolo di volgere la sua pietosa attenzione sopra un problema dei più vasti, e la cui soluzione è stata sempre lasciata in arbitrio della fallacità e delle passioni umane.

In tre parti parmi dover dividere la mia esposizione: I. le accuse che ci si fanno, gli errori; II. l' origine e le conseguenze di quegli errori: III. le difese.

Non sarà una divisione netta, perché farò qualche nota per anticipazione, onde render meno intralciata la difesa.

ACCUSE ED ERRORI

Nella Questione 92 della prima parte della Somma teologica, (*) La Somma teologica è divisa in tre parti e consta di cinque libri: Uno per la prima parte, due per la seconda, uno per la terza, e un libro detto: Supplemento della terza parte. Ogni parte è divisa in questioni, e ogni questione in articoli. I due libri della seconda parte, nelle citazioni, sono indicati cosi: Prima della Sec. - Sec. Sec.
La somma filosofica è divisa in quattro libri, ogni libro è diviso in capitoli. La Somma teologica e la Somma filosofica, insieme con altre opere dello stesso Autore, come, per nominarne alcune, gli Opuscoli teologici e filosofici, il libro delle questioni quodlibetali, i quattro libri delle Sentenze, i Commentari sulle opere di Aristotele, ece. costituiscono la dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica che la designa col titolo di: Scolastica.
L'Autore, S. Tommaso d'Aquino, che visse dal 1227 al 1274, assommò in dette opere le dottrine dei Dottori e Padri della Chiesa che lo precedettero e copiò da Aristotele.
I Dottori e Padri della Chiesa ebbero teorie accesamente antifemministe. Aristotele, filosofo pagano, visse circa tre secoli e mezzo (384 - 322) avanti Cristo, ebbe, sulla donna, idee errate e detestabili. Prima di darsi alla filosofia, si diede alla carriera delle armi ed al libertinaggio.
si legge che la femmina è un maschio occasionato,…. naturalmente di minore virtù e dignità dell' uomo, di cui è aiuto soltanto nell' opera della generazione, mentre, in qualunque altra, l'uomo può essere aiutato da altro uomo, assai più convenientemente, che dalla donna. E se ne dà la spiegazione: Il seme del maschio tende a produrre un simile a sè perfetto, secondo il sesso mascolino; ma che venga generata una femmina avviene a cagione della debolezza della virtù attiva, o per qualche indisposizione della materia, ovvero anche per qualche estrinseca trasmutazione, per es. dei venti australi, o, (come è detto nella questione 99) dalla concezione dell' anima, dalla quale può subir cangiamento il corpo.

Là, poi, ove è detto che la femmina, relativamente, alla natura universale, non è qualche cosa di occasionato, viene se mai ribadita ed aggravata l'ingiuria.

A proposito della doppia soggezione, poco più avanti è detto che, naturalmente la femmina è soggetta all'uomo, perchè in lui abbonda di più il discernimento della ragione.

Fu formata la donna con la costa di Adamo, è detto nell'articolo II. per mantenere nell'uomo una certa dignità…. Convenientemente quindi dall' uomo è stata formata la femmina, siccome da suo principio.

Questi concetti sono ripetuti, sviluppati, applicati in molte parti delle Somme: Infatti, nella questione 93, è detto che, in quanto a qualche cosa di secondario, l' immagine di Dio si rinviene nell'uomo, mentre per quel rapporto non è nella donna. Essendo l' uomo principio e fine della donna a quel modo che Dio è principio e fine di tutto il creato.

Nella questione 98, a proposito della creazione della donna: «…. ma niente è inutile fra le opere di Dio…. la donna venne data in aiuto dell' uomo. Ma non certo per altro che per la generazione, la quale si compie mediante il coito: perchè, per qualunque altra opera, l' uomo assai più convenientemente da un altro uomo, che dalla donna, avrebbe potuto essere coadiuvato.

Nella questione 99, art. II., alla prima obiezione, è risposto che la femmina, è detta maschio occasionato, perchè è prodotta fuori della intenzione della natura, ma non oltre l' intenzione della natura universale…. Alla II. obiezione: la generazione della femmina non solo avviene per difetto della virtù attiva ece.; nello stato d' innocenza il corpo era più soggetto all' anima, cosi cioè che, secondo la volontà del generante, venisse a distinguersi il sesso nella prole. (Non sarebbe mancato altro!)

«…. et quando natura non potest perducere ad majorem perfectionem, induit ad minorem, sicut quando non potest facere masculum, facit foeminam, quae est mas occasionatus…» (Supplemento: Quest. 52).

Là, poi, ove è detto che la donna fu formata nel paradiso, non in vista di sua dignità, ma perla dignità del principio, donde il corpo di lei veniva formato, si potrebbe chiedere, come il Dottore avrebbe spiegato la cosa, dal punto di vista della dignità, se Eva fosse stata ereata fuori del paradiso e Adamo in paradiso.

La donna che è un errore necessario, e non è quindi inutile, per questo solo che serve alla generazione, viene poi abbassata e quasi si direbbe annichilata, anche in questo per ogni verso.

In base a così umilianti teorie parmi potersi applicare all' uomo e alla donna le note parole di Agostino, sull' angelo e sulla materia prima «Due cose hai fatto, o Signore, una quasi Te, cioè l' angelo, l'altra quasi niente, cioè la materia prima». e dire: «Due cose hai fatte, o Signore, una quasi Te, cioè l' uomo, l' altra quasi niente, cioè la donna!»

Leggesi nella prima parte della seconda, quest. 82, art. V. che se Eva sola avesse peccato, e non anche Adamo, i posteri sarebbero restati immuni da colpa, e quindi non soggetti a passibilità o necessità di morire. Questo erroneo concetto è ripetuto in più parti, e serve perfino a spiegare, perchè in Gesù Cristo non sia stato peccato: «Non fuit (Christus) in Adam secundum seminalem ratione; et ideo non contraxit originalem peccatum» (Quest. 31 della III. parte teol.) Mica perchè era figlio di Dio!

Quella erronea definizione che poggia su un errore scientifico fisiologico, viene implicitamente a negare l'anima immortale nella donna; come là nella questione 54 art. III. del Supplemento, ove con orrore si legge, che l' operazione divina, dalla costa di Adamo, avrebbe potuto fare un cavallo, come ha fatto Eva.

Sono pure frequentissimi, nelle Somme, i luoghi, ove, sia a mo' di allusione, o di paragone, o sia per affermazione e insegnamento, è detto che il figlio preesiste nel padre, che il seme del maschio è agente, è atto, è forma, che la femmina è potenza, è materia, é difetto, insistendosi sulla nobiltà e dignità del principio attivo, in opposizione alla imperfezione della materia, con la quale il generato non ha somiglianza, ma con la forma dell' agente.

Quelle teorie se erano contro la evidenza dei fatti nei tempi antichi, a leggerle oggidí, con tanta luce fatta dalla scienza, appaiono ancor più stridenti con le regole manifeste della natura, e fa pena vederle usate per ispiegare la divina materuità di Maria, che è tale fatto che basta da solo a provare tutta l' importanza biologica della donna.

«…. Semen foeminae non est generationi aptum, sed est quiddam imperfectum seminis complementum propter, imperfectionem virtutis foeminae: et ideo non est materia, quae de necessitate requiratur ad conceptum». (Quest. 31 art. l. della III. parte teol.)

Chè anzi la Madre di Dio nel concepimento di Lui risulta da meno delle altre donne madri, perchè in Lei nulla fuit facta resolutio seminis, propter integerrimam ejus virginitatem. (Theolog. Parte III., Quest. 32. art. IV.).

I mestrui, poi, sempre sono additati, come cosa impura e corrotta che la natura da sè espelle, e ripudia, e con significato turpe, financo parlandosi della Vergine, e fine ad affermare, in ambedue le Somme, che gli specchi nuovi e puri contraggono impurità dall' aspetto d' una donna mestruata.

Purtroppo, sia nella interpretazione delle Scritture, sia nello studio dei fatti, sia nei dettami delle leggi, dei costumi ece, la donna è situata sempre nel modo più sfavorevole, cosí da farla parere oggetto d' un odio implacabilé.

Per es, sembrerebbe, a leggere la Genesi, che il divino Arfefice avesse messo una cura speciale nella formazione della donna, ma ciò non è significato in aleun modo nelle Somme, le quali però parlando della produzione del corpo del primo uomo, concludono dicendo: «Giacchè con maggior attenzione e studio siamo soliti di fare quelle cose che formano l' oggetto del fine principale, perciò la Scrittura espresse, in modo speciale, della produzione del corpo dell' nomo, per il quale furono create le altre cose». (Somma feol. parte l.)

Quando occorre spiegare il rapporto o differenza di due oggetti, uno sublime, divino, l' altro inferiore, materiale, si paragona il primo all' uomo, il secondo alla donna; per cui, ad es., la vita contemplativa, che muove e dirige quella attiva, è paragonata all' uomo in rapporto alla moglie quae est per virum regenda (Sec. Sec. Quest. 82 art. IV.) e a proposito della congiunzione del Verbo Eterno con l' umana natura, la quale è inferiore al Verbo e dal Verbo governata sicut sponsa per sponsum (Suppl. Quest. 95 art. III.), la donna è collocata, perciò stesso, all' estremo opposto del marito. Cosicchè la natura umana assunta dal Verbo, è gloria dell' uomo, in quanto è di sesso maschile, ma in quanto è inferiore al Verbo è paragonata alla moglie, attribuendosi a questa meno nobiltà, e meno dignità dell' uomo.

Considerato invece che la donna è di solito più religiosa, più spirituale dell' uomo, sarebbe stato conveniente il paragone opposto. Siccome però i confronti sono odiosi, così per non offendere alcuno era meglio lasciar stare gli individui della coppia umana, mentre le materie per cavare esempi dimostrativi ed illustrativi abbondano.

É data la massima estensione alle parole dette dal Signore ad Eva (e non a quelle dette ad Adamo): Sarai soggetta alla potestà del marito….» di Paolo: Vir caput mulieris» ed altre simili. In forza delle quali, perciò la donna è una decapitata, una degradata, soggetta in tutto all'uomo, che ha su di lei poteri illimitati, a titolo di governatore; padrone di lei come d' uno strumento, da usarsi a piacimento, o d' un animale che si guida, si rinchiude, si batte, si accarezza, si gode….

Non è forse detto, nelle Somme, perfino che il marito può battere la moglie?

La donna non ha alcun diritto, perfino il male ch' ella commette ha carattere di usurpazione; il trattamento che le si fa è affare che riguarda più l' uomo, il quale l' ha in custodia o in proprietà, che non la persona di lei.

Nei luoghi, nei quali si pretende di spiegare il significato dei varî sacrifici di animali, la femmina è detta animale imperfetto, figura d' infermità e delle peggiori cose, anche quando potrebbe significare le migliori. Per es. la vacca rossa con le cui ceneri faceasi l' acqua di lustrazione, è stata interpretata, per la qualità del sesso, una figura dell' infermità e passibilità della Carne di Cristo, mentre forse sarebbe lecito vedervi un simbolo dell' amore, il sesso femminile essendo strettamente legato al senso di maternità, cioè all' amore materno, col quale, allo stesso Signore piacque di paragonare l' amor suo per noi.

Ove sono spiegate le ragioni simboliche dei varî casi d' immondezza legale, l' immondezza dell' uomo, per ispargimento dei semi, è figura di vana locuzione: quod semen est verbum Dei; e quella della donna menstruata è figura dell' immondezza della mente per voluptates emolittae.

I capelli che sono per la donna, secondo gli Scolastici, un segno dela sua soggezione, per l' uomo sono simbolo di sapienza: «…. non debet (sacerdos) radere caput, idest deponere sapientia; nec deponere barbam idest sapientiae perfectionem».

Nella quest. 37 della Sec. Sec., circa se Gesù Cristo fu conveniente che fosse offerto nel tempio, pare non occorresse, all' interpretazione della Scrittura, dire che nella legge, la quale comandava di offrire a Dio tutti i primogeniti che aprono i primi il seno materno, specialiter dicitur masculinus quia nihil de foeminitate culpae portavit, mentre invece sembra chiaro che il sesso mascolino, nel primogenito da offerirsi, faceva del consacrato una figura del Redentore, in quanto (questi) doveva assumere un corpo (di sesso) maschile, come le madri primipare erano una figura della Madre di Dio.

Il versetto: «Alzati dinanzi alla canizie e rendi onore alla persona del vecchio» è attribuito soltanto all' uomo; le vecchie invece sono citate come esempio di malizia, per spiegare come la potenza dell' anima possa produrre cangiamento nella materia: «Non altrimenti adunque, quando un' anima sia con veemenza eccitata alla malizia, come specialmente avviene nelle vecchie, diventa l' aspetto di lei velenoso e nocivo» (Parte I. Teol. Questione 97, art. III.)—Pare invece doversi attribuire specialmente alle vecchie un triplice motivo di rispetto e di venerazione, e cioè: una provata virtù, congiunta all' esperienza, un amore, un dolore che hanno impresso sui loro volti traccie profonde. Naturalmente vi sono vecchie e vecchie, come (vi sono) vecchi e vecchi; in generale, gli uni e le altre sono da onorare: propter signum virtutis, quod est senectus, licet hoc signum quandoque deficiat. (Quest. 63, Sec. Sec.).

Tanti luoghi, nei quali la Sacra Scrittura parla con onore della donna, della nobiltà ed eccellenza della sua anima, sono trascurati, si cita, invece, fra altro, il versetto del Deuteronomio: Tenera mulier, et delicata, quae super terram ingredi non valebat, nec pedis vestigium figere propter mollitiam; ecc estendendolo a tutto il sesso femminile, e non solamente ad una data donna, come se naturali caratteristiche del nostro sesso, fossero la mollezza c l' incostanza.

Nella questione 149 della Sec. Sec., circa se la sobrietà sia da ricercarsi di più nelle persone eccellenti per grado o dignità, alle obiezioni affermanti ciò, è opposta una negativa, perchè l' Apostolo anche alle donne dice di essere sobrie, ma le donne non hanno eccellenza (nè dignità) dunque non soltanto dalle persone eccellenti si richiede la sobrietà!

Il motivo, poi, per cui le donne, secondo gli Scolastici, debbono essere sobrie, è dei più obbrobriosi, perchè cioè in loro non è sufficiente forza delle mente, per resistere alla concupiscenza.

È assolutamente falso che ci sia nella donna maior pronitas ad concupiscentia, non è vero quello che disse il Crisostomo che «propria passio mulierum est luxuria» e quello che disse Aristotile paragonandole agli animali: «Mulieres non dicunt continentes, proprie loquendo, propter facilem inclinationem ad concupiscentia» (Suppl. Quest. 62, art. IV.). Sono calunnie che noi donne respingiamo con orrore. Noi ci sentiamo offese nel profondo dell' anima, nè era da attenderci una ingiuria così atroce, da Aristotele che per più anni visse da bruto, nè dal Crisostomo che tanti aiuti ebbe dalle donne, e tante virtù dovette in loro ammirare, nè, in genere, da alcun Ecclesiastico, mentre nella Chiesa, la castità virginale, e quella coniugale e vedovile sono virtù comuni alla maggior parte delle donne. Lo stesso Agostino Rösler, in un libro circa 600 pagine Padre Agostino Rösler C. SS. R.: «La Condizione della Donna, nell' umana convivenza» Versione, dalla 2. edizione tedesca, di Don Ubaldo Mannucci, con prefazione di Sua Em. za il Card. Guglielmo Van Rossum. Ed. Pietro Marietti. ch' egli ha scritto a disonore della donna, pretendendo di dimostrare ch' ella ha un' anima inferiore e e diversa da quella dell' uomo, e attribuendole un intelletto scemo e facoltà morali da imbecille, ha dovuto, suo malgrado, rilevare che, nella donna normale, in media, è caratteristico un senso di pudore più forte e più delicato, mentre l' uomo ha maggiore sensualità e minor senso di pudore; ammette che quel pregio della donna, come pure la maggior disposizione della stessa alla sobrietà nel mangiare e nel bere, è dono del Creatore, e ne rileva l' alta provvidenza, perchè data la forte tendenza della donna all' amore, un istinto all' unione sessuale violento come trovasi ordinariamente nell'uomo, precipiterebbe nella rovina, tanto la donna quanto la umana società. Egli illustra, in più pagine, simili concetti, a proposito della prostituzione, la cui prima sorgente, scrive il Rösler, è la incontinenza degli uomini. Non per la deficenza della mente, non per una maggiore tendenza alla lussuria, è male che la donna beva troppo, ma perchè le sue qualità spirituali e morali così spiccate, la sua naturale missione di bontà, rendono in lei più ripugnante il vizio.

Vi sono poi molte cose ingiuriose e false nei capitoli del Supplemento che trattano del matrimonio, massimamente là, ove è detto che redditio debiti est in viro ordinata contra peccatum uxoris…; quod tempus determinatum non est solum quando tenetur ex aliquibus signis periculum….; che: in redditione debiti medicamentum praestatur contra uxoris concupiscentia…. et ergo vir uxori non petenti, tenetur debitum reddere.—E simili altri concetti.

Io penso che così si abbia voluto coprire la debolezza dell' uomo, perchè di fatto è lui che ha bisogno di medicina per il violento istinto all' unione sessuale, che lo spinge perfino a costringere al coito la povera moglie, anche quando ella si trovi in condizioni impossibili e quindi con danno della madre e del figlio, lo spinge tante volte a frequentare luoghi di peccato, non bastandogli le soddisfazioni che può avere con la moglie legittima. Questa sua sfrenata tendenza spiega la facilità di abbandonare, di maltrattare la moglie, perchè l' incontinenza non solo rende l' uomo avido di piaceri, ma anche incostante nell' amore, a motivo che questo ha sede nei sensi e non nella volontà, al contrario della donna che ama per il bene, e rimane più facilmente fedele al marito, amandolo con costanza, anche talora nonostante la sua condotta poco soddisfacente.

Negare che la donna sia meno sensuale dell' uomo, è come negare la luce del sole.

La donna che deve stare soggetta all' uomo propter imbecillitatem naturae, et quantum ad vigorem animi, et quantum ad robur corporis (Suppl. Quest. 81, art. III) e che ha una parte al tutto secondaria e spregevole nella generazione, è accomunata con gli amenti: (ed è logico dopo quelle premesse), come là, ove è detto dei testimoni che sono da respingersi per difetto di ragione sicut patet in pueris, amentibus, et mulieribus, (Sec. Sec. Quest. 70, art. III.); le è proibito ogni ufficio e occupazione intellettuale: prohibitur etiam, quod mulier non usurpet sibi doctrinam vel alia virorum officia; vel ne vir declinet mollities mulierum. (Sec. Sec. Quest. 102, art. IV.)

Quanti disprezzi, quanti tristi significati in queste parole, e quante dannose conseguenze, ne sono venute! - E' considerata più cosa che persona, uno strumento dell' uomo ad uso generazione, è annoverata, in più parti, insieme con i cibi, le vestimenta, le altre cose, di cui ha bisogno l' uomo, il quale è: principium generationis, et educationis, et disciplinae et omnium quae ad perfectionem humanae vitae partinent (Sec. Sec. Quest 102 art. I.), mentre: foemina minime suficeret sola ad prolis educationem. (Contra Gentiles lib. III).

Perciò si deve amare e onorare più il padre che la madre, e la donna va amata dall' uomo: principaliter ratione carnalis conjugationis.

Nella questione 44, art. II del Suppl. «Utrum matrimonium convenienter nominetur» l' Aquinate risponde: I. quod quamvis pater sit dignior quam mater, tamen circa prolem, mater magis est officiosa quam pater. II. quod mulier ad hoc principaliter facta est. (Ma come si è avuto il coraggio di credere questo?!) Unde magis pertinet ad rationem matrimoni mater, quam pater. III. quod aliquando essentialia cognoscuntur per accidentalia, et ideo etiam per accidentalia aliqua nominari possunt; cum nomen detur causa rei innotescendae.

Nell' adulterio, nella fornicazione, è considerato il male dal punto di vista dell' uomo, quindi è discusso se vi sia più ingiuria per l' uomo che l' ha in custodia (donna tradita), o per colui che l' ha ad usum generationis.

Nella Contra Gentiles, al capo 112, per spiegare come la semplice fornicazione sia peccato, è detto che non è soltanto richiesto che il seme dell' uomo sia emesso, ma anche che sia emesso ad generationis utilitatem ad quam coitus ordinatur e pecca l' uomo che produce emissione di semi, dai quali non può seguire la generazione della prole, come avviene quando non vi sia l' unione naturale del maschio e della femmina, ovvero: si semen taliter emitatur, quod generatio segui possit, sed conveniens educatio prolis impediatur.

Sicchè si ha riguardo soltanto al seme dell' uomo, e al bene della prole, come se la donna non fosse neanche una persona. Anche là ove è questione dei figli illegittimi si dice soltanto: peccatum patris, negando alla donna qualunque importanza nella discendenza della prole.

Parmi di non essere lontana dal vero pensando che di cotali erronei principî, molti possano essersi sentiti incoraggiati al turpe mercato di carne umana, alla tratta delle bianche, persuasi che sia poco male sfruttare il corpo della donna. Mercato o tratta che sono il cancro della civiltà, e contro cui i cattolici purtroppo non ispiegano uno zelo soverchio.

Nelle Somme, le cose, d' ordinario, sono spiegate in modo favorevole ed onorevole per l' uomo, e disonorante per la donna.

«…. vir enim qui nobiliorem partem habet in actu coniugali, naturaliter habet quod non ita erubescat petere debitum sicut uxor. (Suppl. Quest. 64, art. V.) Invece era da dire che l' uomo arrossisce meno, o non arrossisce affatto, perchè ha meno forte il senso del pudore.

«…. affectus uxoris non tantum refugit consortium in viro sicut converso: et ideo tam in hominibus. quam in aliis animalibus invenitur major zelus maris ad foeminam, quam e converso».

Male a proposito si ricorre qui, come in altre parti, all' esempio degli animali, mentre l' uomo ha tanto da imparare dai maschi di qualunque specie e la donna tanto da invidiare alle loro femmine (1) Il paragone più giusto è quello tra l' uomo, il quale costringa la moglie a sopprimere il figlio, e il maschio di certi animali che ha la tendenza a divorare i parti della rispettiva femmina.. E' un errore pensare che la donna non tanto rifugga dal consorzio nell' uomo, quanto questi dal consorzio di altri uomini nella sua donna. E' un pretesto per rendere più scusabile l' uomo. E' convenuto di ritenere il cuore della donna un campo aperto a tutte le offese, e che si può calpestare senza molto scrupolo. Ma effettivamente la donna rifugge da quel tale consorzio più dell' uomo, perchè ha un profondo senso morale e una potenza affettiva che la rende più squisita, più sensibile.

Le donne furono e sono costrette ad ingoiare i peggiori affronti, soggiogate dalle leggi ingiuste, dai pregiudizi, dal diritto della forza e, sopratutto: legate, viute dall' amore verso i loro figli; e questo può far parere che rifuggano meno. Ma frattanto gli ospedali, i manicomî accolgono gran numero di donne vittime di maltrattamenti e di tradimenti che cagionarono in loro crudeli patemi d' animo e perfino la follia. Mentre d' altra parte molti uomini devono entrarvi per farsi curare i mali prodotti dal vizio.

Tale constatazione serve anche a smentire che l' uomo abbia plus de ratione bono quod prevalet quibuslibet motibus corporalium passionum. (Suppl. Quest. 62 art. IV).

Gli Scolastici s' accordano, generalmente, nell' attribuire all' uomo che pecca, maggiore colpa, perchè, dicono essi, ha perfetto l' uso della ragione. Invece è da dire che hanno maggiore colpa, peccando, gli uomini e le donne che hanno più perfetto l' uso della ragione, cosi si risparmierebbe di offendere ingiustamente la donna. Che dire poi, del fatto innegabile, pel quale le donne, meno frequentemente degli nomini, cedono al male, anche se si trovano fra seduzioni, occasioni e pericoli?

Certe questioni sulla donna neppure avrebbero dovuto essere poste, come per esempio quella: se i parenti del defunto marito possano succedere nella moglie, come succedono nelle cose di lui, considerato che la donna diventa pel matrimonio, qualche cosa dell' uomo. (Suppl. Quest. 55 art. IV). Una siffatta questione neppure dovea porsi, ma giacchè fu posta era da rispondervi, che la donna non è mai cosa di alcuno, ch' essa è sempre una persona; la vedova quindi nonchè eredità dei parenti, è ella stessa parente ed erede.

La risposta che dà il Santo è inadeguata e potrebbe piuttosto servire a spiegare il costume di quei popoli barbari che seppelliscono la moglie viva col marito morto.

Altre diverse questioni, poi, furono poste in modo disonorante, altre poste male e male risolte. Vi sono è vero anche delle proposizioni accettevoli, ma, dato tutto il rimanente, o non hanno forza, ovvero implicano qualche male. Come là, ove è detto, nel libro III. della Somma: Contra Gentiles che: inter virum et mulierem massima amicitia esse videtur. Sono parole che fanno stringere il cuore, ed hanno sapore d' ironia. Le Somme hanno distrutto le basi dell' amicizia tra marito e moglie! troppo grande è la distanza posta tra loro due, troppo in basso è collocata, sotto ogni riguardo, la donna, perchè l' uomo possa vedere in lei un alter ego! Nella donna, il carattere della compagna è stato soppresso da quello della suddita del marito.

E nelle parti delle Somme, ove è detto, come nella Sec. Sec. quest. 55, art. I. che quantum ad statum gloriae, nullum detrimentum patietur foemineus sexus, sed si majori charitate fervebunt, major etiam gloria ex visione divina potientur, si prova pure amarezza, perchè implicitamente è dato per assoluto che la donna debba patir detrimento sulla terra. Non si sono arrestati, gli Scolastici, che sulla soglia del Cielo, ove la giustizia non può patir detrimento!

Detrimento! Dunque è legge che la donna sia danneggiata e suo naturale giustiziere non potrebbe essere altri che l' uomo! Si sa adunque che la condizione della donna non è giusta e che in essa patisce detrimento, e quanto, Dio mio!

Ho tenuto ultimo un cenno riguardo ai motivi, per i quali, nelle Somme, è detto che la donna è esclusa del sacerdozio.

Anche questa esclusione ha servito all' apoteosi dell' uomo, e per tenere la donna piegata sotto il peso dell' ignominia.

Nei Concili, nelle scuole, sotto ogni forma, s' è avuto premura d' inclucare il divieto alla donna d' insegnare nelle Chiese, di amministrare i sacramenti, ecc., mentre sarebbe bastato accomunare la donna, con gli uomini che non sono sacerdoti.

Nella Sec. Sec. Quest. 150, art. II. si espongono tre motivi di quella esclusione: Primo et principaliter propter conditionem foeminei sexus, qui debet esse subditus viro…. secundo ne animi alliciantur ad libidinem…. tertio quia communiter mulieres non sunt in sapientia perfectae ut eis possit convenienter publica doctrina committi. Nel Suppl. Quest. 39, art. I. è detto che la donna non è suscettibile del sacramento dell' Ordine, a motivo che il sesso femminile non può significare alcuna eminenza di grado, quia mulier statum subjectionis habet.

E' vero che anche l' uomo può essere soggetto, può essere servo, ma la questione è risolta con tutta sicurezza, e in più luoghi, dicendosi che la donna ha da natura la soggezione e non il servo, et ideo non est simile.

Mulier est in statu subjectionis et ideo non potest habere aliquam spiritualem jurisdictionem, quia etiam secundum Philosophum in 8 Ethicor (capo 10 a med.) corruptio est urbanitatis, quando ad mulierem dominium pervenit; unde mulier non habet neque clavem ordinis, neque clavem jurisdictionis: sed committitur mulieri aliquis usus clavium, sicut habere correctionem in subditas mulieres, propter periculum quod imminere posset, si viri mulieribus cohabitarent. (Suppl. Quest. 19 art. III.)

Nella Quest. 39, art. I. «De abbatissis… dicitur quod non habent praelationem ordinariam, sed quasi ex commissione, propter periculum cohabitationis virorum ad mulieres»

Alla donna, in base all' incapacità, onde è colpita dalla Chiesa, si nega che possa appartenere il dono o grazia della parola, quasi mettendo limite alla liberalità divina, e come se il dono della parola fosse dovuto soltanto a chi insegna ufficialmente nella Chiesa, mentre esso può aversi indifferentemente dall' uomo e dalla donna e può essere efficacemente usato in varie guise dall' uno e dall' altra, a bene della religione e della civiltà.

Non pare poi ragionevole e decoroso negare che la Madre di Dio abbia avuto: usum sapientiae quantum ad docendum, quia hoc non conveniabat sexui muliebri. Iddio, che ha popolato lo spazio di astri meravigliosi, come saggio della sua infinita potenza, non deve avere avuto la mano stretta con la sua augusta Genitrice, negandole financo quei doni che appresso doveva dare in copia a tante sue serve dilette, le quali pubblicamente insegnarono la religione e convertirono i peccatori a penitenza. Parmi invece lecito supporre che la Benedetta fra le donne, dopo essere stata la Madre di Dio, abbia dovuto esserlo ancor della Chiesa, impartendo agli Apostoli lezioni piene di sapienza, e di consiglio, e di scienza.

Le ingiuriose definizioni, con le quali si pretende di spiegare l' esclusione della donna dal sacerdozio ufficiale, furono trovate per commentare le parole dell'apostolo: «Mulieres in ecclesiis taceant, non enim permittitur eis loqui in ecclesia, sed subditas esse, sicut et lex dicit…. Turpe est enim mulieri loqui in ecclesia…. Docere autem mulieri non permitto neque dominare in virum: sed esse in silentio».

Tutte le volte che nelle scritture, sono registrate cose che, a prenderle letteralmente, farebbero male, vi si è dato una interpretazione equa, ragionevole ed accettevole, ma per la donna si è invece storto lo stesso significato ovvio, cavandone addirittura degli anatemi.

Le parole, pur poco benigne, dell' Apostolo, significano che la donna non è ammessa al sacerdozio; che sarebbe turpe quello che ne seguirebbe, o che si potrebbe temere che ne seguisse, a cagione della promiscuità dei sessi che risulterebbe se uomini e donne fossero ammessi egualmente al sacerdozio, ovvero che sarebbe turpe, perchè contro la legge. Come spiegarle altrimenti, se la donna ha dalla stessa natura pregi che la renderebbero adattissima al sacerdozio? E' pure chiaro che anche i laici devono tacere nelle chiese, ed essere sudditi, e che oggidi l' Apostolo si guarderebbe dal dire alle donne, che bramano d' essere istruite nella religione, d' interrogarne i loro mariti.

Per scrivere questa lettera mi sono limitata all' esame delle due Somme e del Supplemento, riguardo agli scritti dell' Aquinate, le cui opere hanno sempre riscosso tanti onori ed applausi, che per poco non ne rimangono oscurati gli stessi santi Evangeli.

Tutte le dottrine e opere della Chiesa hanno l' impronta antifemminista: Le sacre Scritture ad esempio, commentate ad uso dei fedeli, hanno qualche annotazione ed illustrazione disonoranti per la donna, a motivo che si volle adattare la divina rivelazione ai preconcetti in voga. Ne cito una per tutte: Il versetto 6, capo 14, della Genesi: «E le rispose Abramo (a Sara): Ecco che la tua schiava è in tuo potere, fa con lei come meglio ti piace….» è illustrato cosi: «…. Abramo senza disaminare per minuto la ragione delle querele di Sara, avendo riguardo alla debolezza del sesso, conoscendo la prudenza della consorte, rimette a lei il pensiero di umiliare la schiava…. ecc.»

Quelle parole: «avuto riguardo alla debolezza del sesso» sono arbitrariee ingiuste. Ma visono illustrazioni anche peggiori di questa.

I libri di morale, di diritto canonico, ed in genere gli scritti dei cattolici, del Clero, ove è questione della donna, hanno concetti errati e oltraggiosi, sebbene enunciati con forme studiate.

Quando la Chiesa introduce qualche riforma, noi donne abbiamo la peggio. Per es., s' è riformata la musica sacra? Ed ecco la donna respinta, spazzata via sicut mundari solet fimus usque ad purum (III. dei Re. c. 14 v. 10). «La Croce» di Napoli del 12 settembre 1915 deplorava che, pel fatto della guerra, o per ragioni economiche, i Parroci, i Rettori di chiese, nel canto sacro, saffrano l' invadenza dell' elemento femmineo, e soggiungeva: «Tutto questo è mostruoso, dando luogo a non pochi e non lievi abusi.» Io trovo invece mostruoso che quel periodico abbia voluto dir questo, e trovo mostruoso che, non di rado, sieno ammessi a cantare, nelle funzioni sacre, uomini che hanno la gola arsa dall' alcool, la lingua piena di bestemmie e di oscenità, uomini che vendono la loro voce, indifferentemente, ai teatri e alle chiese, non avendo altro scopo che quello del luero; mentre sono invece tenute lungi e respinte, donne ascritte a pii sodalizi, donne sulla cui lingua spesso, e anche ogni giorno, posano le Carni dell' Agnello Immacolato, e che nel prestarsi a cantare sono animate da vero spirito di pietà, da zelo per il culto divino.

I cori di donne, nel tempo cosi solenne delle sacre funzioni, e, data la santità del luogo, nonchè risvegliare nel cuore dell' uomo basse passioni, mettono l' ali allo spirito per trasportarlo fino a Dio.

Venne la riforma dell' insegnamento religioso, e sui catechismi e libri di storia sacra, si volle dare risalto, perfino usando caratteri differenti, a quella dottrina che insegna: Adamo soltanto avere trasmesso all' umanità la colpa originale. Si dice e si stampa: «Il capo dell' umanità con la sua disobbedienza…. - la commise Adamo come capo dell' umanità…. -Tutta l' umanità peccò in Adamo….» e simili altre espressioni dannose alla buona educazione dei fanciulli. Alla dicitura del testo si aggiungono altre spiegazioni che certi insegnanti fanno con troppo zelo, ed i fanciulli subiscono insane impressioni, concepiscono giudizi, istituiscono confronti che non dovrebbero, sia riguardo alla loro madre, sia riguardo alle donne in genere, perchè Eva fa la figura da insensata e da creatura malefica, ed è negato alla madre l' importanza che le compete, nella generazione della prole, per attribuirla tutta al padre. Almeno, precedentemente, si usavano più spesso le parole: «Il peccato di Adamo ed Eva—o: dei nostri progenitori—o: dei nostri primi parenti.

Noi donne, neppure dall' organizzazione cattolica, per l'azione sociale, abbiamo tratto grande vantaggio.—Dal punto di vista femminile, nelle unioni cattoliche nazionali, ed in genere nel movimento cattolico, è diffuso alcunchè di agghiacciante e d' irrespirabile. L' Unione fra le Donne Cattoliche, poi, fa pietà. Essa sembra intenta a farsi perdonare d' esser sorta, intuendo che se ne farebbe a meno volentieri. La Scuola Sociale Cattolica è marcatamente antifemminista. Nel 1911, Padre Biederlak, tenendovi lezione sulla questione femminile, insegnò, apertamente, che la donna non sa astrarre! Sono poi, alquanto diffusi i sodalizi delle madri cristiane, sotto la direzione del Clero, s' intende. In essi purtroppo, si finisce di togliere alla moglie il fiato per una qualunque ragionevole e giusta osservazione od opposizione.

Noi donne siamo gettaté nel fango, facendo le spese della stampa pornografica e l' articolo di fondo dei mercanti d'immoralità; siamo disonorate sulle scene, sui cinematografi, nelle canzoni, a spasso della lussuria maschile, a sfogo della sensualità dell' uomo, che ei considera strumenti di piacere, ma purtroppo i Sacri Pastori non sogliono alzare la voce per difendere le donne, che sono pur pecorelle del loro ovile, per ricordare all' uomo il suo dovere di rispettarle. Noi donne siamo sempre bersaglio e vittime dell' uomo: I disonesti vogliono il soddisfacimento delle passioni… dell' uomo, per mezzo della donna, e la Chiesa vuole la salute dell' uomo, uccidendo, in certo senso, la donna. Lo spirito della Chiesa, per la donna, mi pare ritratto al vero, in quel gruppo che ho visto prodotto in cima la prima pagina del tomo 8. della Collezione Sacrorum Conciliorum, rappresentante una figura maschile che trafigge il petto d' una donna atterrata e atterrita. Sopra il gruppo si leggono le parole: Contrivi cor eorum fornicans et oculos eorum fornicantes post idola sua (Ezechiele c. VI v. 9).

Nella Chiesa, si cerca di trattenere l' uomo dal malcostume, coprendoci di vituperi. Cito un esempio: Anni fa, ho domandato al Direttore spirituale del Seminario di Vicenza, perchè denigrava le donne davanti ai ragazzi di quell' istituto. (L' aveva saputo da uno di questi, che era sui 12 anni di età). Egli mi rispose: «Perchè imparino a star lontani dalle donne». Io, naturalmente, ho protestato.

Con il sistema della denigrazione, oltre ad offendere la giustizia e la carità, a fomentare lo spirito di prepotenza nell uomo, si ottiene l' effetto contrario da quello voluto, in punto di onestà, perchè il disprezzo, in questo caso, è una forza rilassante, non inibitiva. L' uomo debole, o cattivo non avrà ritegno a violare, a tradire, a gettare nel fango la donna, ch' egli ha imparato a disprezzare. Mentre invece, dopo il santo timor di Dio, il freno più forte che l' uomo possa avere, per non abbandonarsi agli eccessi della libidine, è riposto nel sentimento profondo di stima e di rispetto per la donna.

Leggendo le Somme e considerando la condizione della donna nella Chiesa, m' è venuto in mente che forse è vero che in un Concilio è stato detto che la donna non ha anima, ma non potrei affermarlo, non avendo ancora esaminato.

ORIGINE E CONSEGUENZE degli errori ed ingiustizie contro la donna

L' origine degli errori ed ingiustizie, di cui è universalmente oggetto la donna, va ricercata nell' uomo.

Tra le prave tendenze dell' uomo decaduto, una delle più forti è la gelosia di sesso, per la quale egli è portato a sopraffare la donna, giungendo talvolta fino all' ossessione, al furore.

È una passione maschile, uno spirito di sesso, da cui è scevra affatto la donna e non ha riscontro in alcuna specie del regno animale. Infatti, il maschio di tutte le specie animali, non fa mai alla femmina alcun male, ma cede innanzi ad essa e mostra d' avere l' istinto della devozione e del rispetto verso la medesima.

Quella passione ha due radici velenose:

I. L' orgoglio di sesso, per cui l' uomo crede d' essere tanto più grande ed eccellente, quanto più è abbassata la donna; II. La concupiscenza, che è doppia: quella che si sfoga nell' unione sessuale e quella che si pasce di tirannie, sulle donne.

Tale passione non è natura adunque, ma è il pervertimento e la corruzione di essa. Mosso da quella passione, l' uomo trattò ingiustamente, se non sempre barbaramente, la donna; i codici ne fanno fede, i regimi di governo di pressochè tutti i popoli, lo attestano, talchè si può dire, a ragione, che la storia dell' umanità è la storia delle ingiustizie a danno del sesso femminile.

Negli usi, nei costumi delle tribù e nazioni, si scorge l' uomo sempre intento ad affermare il suo predominio sulla donna, quando imprigionandola fra tetre pareti, quando sacrificando in lei l' uso di qualche membro, o di organi fisici, con storpiature, con bende, con veli, con strumenti di tortura; suo despota, arbitro della sua vita, la privò sempre, più o meno, della libertà, impedendole cosi, di svolgere le sue facoltà intellettuali e morali, e di raggiungere la sua perfezione fisica. Altre volte, le addossò le fatiche dei campi, la cura per la ricerca dei cibi, la trattò come una bestia da soma, e anche peggio, la privò di tutte le soddisfazioni, riservando a sè l' ozio, le mollezze della vita, il godimento di tutti i vantaggi, l' uso di cibi, libagioni, piaceri d' ogni sorta, proibiti alle donne in odio al loro sesso. (1) Questo spiega, perchè, secondo Valerio Massimo, mulieres apud Romanos antiquitus non bibebant vinum. Sicchè non capisce come abbia potuto accreditarsi, financo nella Chiesa, il pregiudizio della mollitia foeminae, mentre lei è più continente, e sostiene, anche negli stati ci vili, al di d' oggi, più travagli e privazioni dell' uomo. E neppure si capisce che si possa attribuire all' uomo, cosi nettamente, come nelle Somme, la qualità, l' ufficio di governatore della donna, mentre da una parte, tante volte, egli cerca non il bene di lei, per lei, ma il proprio vantaggio, lo sfogo del suo egoismo, dall'altra parte, la donna ha una intelligenza cosi felice, che, unita alle sue doti morali, ben altro trattamento le meriterebbe, e mette in evid enza, come ella non abbisogni di governo e di quel tal governo, ma di amore vero, di stima, di rispetto, come si addice alla compagna dell' uomo.

Le barbare costumanze, mantenute dalle suprestizioni, si radicarono talmente da trovar consenzienti anche uomini affatto alieni da quella funesta passione.

L' uomo, invece di porre la sua gloria nell' avere una compagna simile a sè, come lui ragionevole, ornata di dignità, cinta di valore, si gloria di metterla sotto i piedi, per essere grande lui solo: da ciò la facilità ch' egli ha di montare in furore, contro di lei, anche per cose da nulla, quel trattarla irragionevolmente, facendole patire affronti e sevizie, quella sua ostinazione nel voler escluderla dalle scienze e da ogni ufficio di governo, quel suo misconoscere le doti e i meriti di lei, quella sua pronità a maltrattarla, ad ucciderla.

Considerando che le donne, ordinariamente, buone e devote, sono trattate tanto male, mi sono talora domandata, se avrebbero neanche il permesso di vedere la luce del sole, se avrebbero neppure il diritto di vivere, ove fossero state autrici di tanti mali, di tante ingiustizie, se esse avessero consumato il deicidio, se fra di loro fosse diffuso l' alcoolismo, l' irreligione, la bestemmia ed in genere i disordini, ai quali facilmente si abbandona l' uomo.

L' uomo ritenne la bontà della donna un omaggio dovuto a lui, al suo sesso; gli parve anzi ch' ella non gli rendesse mai abbastanza questo omaggio, per cui sulle spalle della donna andarono accumulandosi tanti doveri che l' uomo più forte non sarebbe in grado di sostenere.

L' universale maltrattamento della donna ha finito per fissarne lo stampo; estinta ogni critica sana ed oggettiva, parve di vedere in esso il destino naturale della donna, e le anomalie e deficenze cagionate in lei da quel maltrattamento, si attribuirono alla natura della donna, che fu perciò giudicata (la natura) inferiore e diversa da quella dell' uomo. La natura degli oppressi è sempre stata considerata inferiore.

Mi sono domandata, talvolta, che cosa sarebbe l' uomo se fosse stato, universalmente, in ogni tempo, destinato soltanto ai lavori della terra, senza alcuna cura della sua intelligenza e privo del sole vivificatore della libertà.

La prova più schiacciante contro il trattamento, cui è sottoposta la donna, anche ai nostri giorni, nelle nazioni civili, è quello che è convenuto di chiamare: «il malcontento naturale della donna». Nella scala degli esseri viventi, dal più vile insettuccio, all' angelo più eccelso, solamente la donna non è paga e deplora universalmente la sua condizione. Gli stessi antifemministi così gelosi di mantenere la donna nel suo misero stato, per cui si sforzano di dimostrare che il trattamento fattole è voluto dalla natura stessa di lei, sono costretti a definire le donne: le eterne ribelli; le eterne malcontente.

Quel malcontento si può dire naturale, perchè è la voce della natura conculcata che protesta, delle facoltà umane sepolte, o comunque impedite di svolgersi, che reclamano i loro diritti; ma esso può dirsi anche innaturale, la donna non essendo malcontenta, perchè donna, ma per la sorte ingiusta, cui sono condannate le donne.

La donna non potè mai reagire, emanciparsi: I. perchè è organizzata per la maternità, ed ha quindi meno forza muscolare dell' uomo; II. perchè è scevra dalle passioni di sesso che sono nell' uomo. Nella madre dei viventi non v' è la molla dell' odio, dell' invidia, ma la molla dell'amore materno, che la rende forte, costante, eroicamente paziente; III. perchè le donne sono prese, si può dire, a una a una, automaticamente, allevate ad uso dell'uomo, impedite di svilupparsi integralmente, lasciate nelle tenebre della ignoranza, prive di mezzi, prive di libertà; VI. perchè è stata sempre in onore la forza materiale a scapito di quella morale, così eminente nella donna, l' arte della guerra, lo spirito di conquista, ed è prevalso più spesso il diritto della forza, sulla forza del diritto.

La donna avrà giustizia quando trionferanno la verità ed il diritto. Nel Cattolicismo l' avrebbe già avuta se fosse stata adottata, a suo riguardo, invece della filosofia di Aristotele, la sublime, perfettissima filosofia del Vangelo.

L' Aquinate non ha fatto altro che riunire, illustrare opinioni pagane già diffuse e accettate nella Chiesa, perpetuandole ed accreditandole.

Ne segui fatalmente quello che scrisse Leone XIII. proprio nella sua Enciclica sulla filosofia scolastica: «… se avvenga che l' intelletto pecchi in alcuna cosa, facilmente dà in fallo anche la volontà; e così accade che le erronee opinioni, le quali nell' intelligenza hanno sede, influiscano sulle azioni umane e le pervertano…». I principî generali di giustizia che sono il fondamento della Chiesa cattolica, furono impediti di svolgersi in favore della donna, dagli ingiusti concetti che si mantennero contro di lei.

La Chiesa credette di dover escludere la donna dal sacerdozio, non già per ragioni superiori che non risiedono quindi in presunti difetti d' intelletto e di volontà, ma per imbecillità e lussuria del sesso femminile, diffamandolo; coltivò, fomentò, implicitamente, l' egoismo maschile, la gelosia di sesso, ingrandendo nell' uomo il sentimento della sua eccellenza, lo spirito di predominio, a base di abbassamento muliebre; ripudiò da sè, quasi si direbbe, la donna, assoggettandola totalmente all' uomo, che ebbe sulla moglie financo diritti ecclesiastici e divini, padrone d' imporsi e di opporsi ai dettami della sua libera coscienza, d' irritare, perfino, direttamente, i voti di lei, anche se non pregiudichino a lui, alla famiglia, alla prole, e debbano essere eseguiti dopo la sua morte, (1) Mons. Calasanzio Fràgala: «Compendio di teologia morale»., togliendo per tal modo financo quei limiti e riserve che erano imposte al marito, nella legge ebraica, (Numeri, capo 30), pur così favorevole all' uomo, in attesa del Cristo, a cagione della durezza del cuore di lui.

La Chiesa aboli, è vero, certe forme di schiavitù materiale, ma assodò quelle morali, negando alla donna l' uso completo della ragione e della libertà, sicchè la donna, nella società cristiana, può sembrare rispettata e posta all' altezza dell' uomo, ma, sostanzialmente, si trova in condizione simile a quella cui sono soggette le donne, in tante terre, ove non è per anco brillata la luce del Cristianesimo; e si può affermare, che all' infuori della salvezza dell' anima (della cui esistenza, però, la Chiesa non fu neppure ben sicura), la donna fu impedita di godere i benefici della divina redenzione.

Mentre gli uomini trovarono nel Cattolicismo tutto il personale perfezionamento, tutti i mezzi per nobilitare, arricchire l'intelletto, tutto l' onore, tutta la dignità desiderabili, le donne rimasero abbandonate alla miseria morale, screditate, avvilite, e, pel concetto che se ne ebbe e pel trattamento che se ne fece, furono più simili agli animali che agli uomini, cosicchè a somiglianza del Redentore divino che disse di Sè pel profeta: «Verme sono e non uomo» esse possono ripetere: «Vermi siamo e non donne».

Le teorie delle Somme producono uno sconcio nelle vergini menti delle migliaia e migliaia di giovani di tutto il mondo, che scelgono la carriera ecclesiastica, ne storcono. il giudizio, ne annebbiano la luce dell' intelletto. Quando trovino, poi, il terreno troppo favorevole, per le disposizioni del loro animo, danno certi risultati da far pensare, che negli istituti, per la formazione del Clero, s' insegni più a disprezzare la donna che a conoscere le cose divine.

Comunque, i giovani che apprendono quelle teorie non considerano più, la donna, la compagna dell' uomo, simile a lui, ma un errore della natura, un essere spregevole e pericoloso; incapaci, ormai, di giudicarla con retti criterii, saranno irriducibilmente illogici, ingiusti, (*) Salvo miracolose eccezioni. perchè l' uomo non può conoscere la natura della donna, se non dalla sua propria, ma in loro è estinto questo lume naturale, dalle strane teorie degli Scolastici e nel buio, in cui si trovano, altro loro non resta che aggrapparsi a quelle teorie, prendendole a guida, come se fossero principî irrefutabili. Ciò spiega come avvenga che uomini dottissimi, eminenti in scienza filosofiche, parlino e scrivano tanto stortamente anche dal loro punto di vista, ed in ordine alla donna, ed assomiglino a chi ha smarrito la buona via.

Mentre nella Chiesa, è sospetto ed inviso chi propugna l' elevazione della donna, sono invece approvati coloro, i quali, a voce e per mezzo della stampa, propugnano l'errore e l' ingiustizia, sia pure con eufemismi, con termini larvati, con artificiose argomentazioni, con cui si cerca di mascherare gli oltraggi, per modo che talvolta, l' elogio, la difesa sono peggiori dell' aperta accusa od offesa (*) Riguardo alle pubblicazioni, le donne che vogliono restar cattoliche, senza pericolo di subire deformazioni, conviene adottino libri cattolici maschili, perchè quelii fatti per le donne: Per Giovinette per Signore, per Terziarie, Figlie di Maria, Madri cristiane, ecc. generalmente, sono, più o meno, dannosi. Molti libri cattolici maschili contengono, allusioni ingiuste e oltraggiose per noi donne. Eccone un saggio: In un libro di ascetica, III. edizione riveduta e corretta, si legge: «…. Il nemico (il demonio) è come la donna, debole di forza e forte di baldanza: perchè, siccome è proprio della donna, quando contrasta, con un uomo, perdersi d'animo fuggendo, so l'uomo le mostra la faccia tosta, e al contrario se l'uomo comincia a fuggire perdendosi d' animo, l'ira, la vendetta e la ferocità (sic!) della donna è grande assai e smisurata, così è proprio del nemico perdere le forze e l' animo, e fuggire nelle sue tentazioni, quando ecc….». Ma le lettrici bisogna che si armino di coraggio, non s' arrestino per le ingiurie, ed approfittino della dottrina sostanziosa che detti libri maschili contengono..

Un abisso incolmabile è scavato tra il prete e la donna, sua naturale alleata, nella missione di bene nel mondo, perchè l'offuscamento d' animo, indotto nel prete, dalle Somme, gli ispira, verso la donna, un contegno diffidente e per lei umiliante, pieno di obbrobriosi sottintesi, e la donna, quando si rende conto della degradazione, del disonore sommo, in cui si trova dinanzi a tutta la Chiesa, non può che provare orrore e delusione e vergognarsi d' esservi appartenuta. Le vengono in disgusto i Sacramenti, per avversione al sacerdozio che li amministra, perchè il carattere divino di esso è oscurato, e forse anche ecclissato, dal carattere di privilegio di sesso, che vì si volle imprimere, in forza di teorie diffamanti la donna stessa.

I preti, pel fatto stesso d' aver scelto la vita ecclesiastica, mostrano d' essere di coloro che sono alieni da certi sfrenati egoismi, d' aver amore per l' umanità e per la pratica della virtù. A ciò si aggiunga l' azione della Grazia, che in loro si diffonde copiosa, per mezzo del Sacramento dell'Ordine e dei divini uffici del loro sacro ministero. Essi, quindi, sarebbero gli eletti, quelli che, giusti essi stessi, preservano anche gli altri uomini dalla funesta passione di sesso. Invece, avviene l' opposto, in forza delle cose loro insegnate: Il sale della terra è diventato scipito, e la corruzione dilaga.

Infatti, quelle teorie impressero uno stampo deformante, nel popolo stesso che ne ignora l' origine, ed in genere, nella società, i cui codici, consuetudini e metodi ne recano l'impronta, a cagione del contatto che il Clero ha col popolo, e della sua influenza estesissima, in tutte le parti della vita sociale, da secoli e secoli. La colluvie di motti proverbiali diffamanti la donna deriva da esse, riassumono, raccolgono la sostanza delle teorie scolastiche. Da tutti i pulpiti, venne sempre inculcata la totale soggezione della donna, s' insiste che l' uomo è signore e padrone, talchè pare proprio di sentire leggere le lettere del barbaro e lussurioso Assuero, emanate in tutte le lingue e per tutte le provincie del suo impero, contenenti che i mariti sono principi e signori nelle loro case.

A tale proposito, non posso a meno di accennare all' opera dei Religiosi francescani: Essi hanno messo la regola che la moglie, per farsi terziaria, deve chiedere il consenso al marito. In origine, questa regola potea dirsi giusta, anzi sembra che anche l' uomo dovea sentir la convenienza di chiedere il consenso alla moglie, perchè il Terz' Ordine imponeva una moda religiosa di vestire. Ma oggidi, le ragioni, che rendevano necessaria quella regola, sono cessate, l' ascrizione al Terz' Ordine è divenuta più di tutto un affare che riguarda la vita interiore, nella quale il marito non ha diritto di entrare; di più, l' irreligiosità crescente degli uomini espone al ridicolo la moglie e anche la regola, ed è difficile ch' egli acconsenta, reso forte dalla regola stessa che gli attribuisce una autorità ch' egli forse non sognava d' avere. Il ripiego del permesso del Confessore per i casi scabrosi, basa sempre sul pregiudizio della imbecillità di sesso; la moglie dovrebbe essere libera come gli altri fedeli: consultare, o no, il Confessore secondo che la coscienza le suggerisce.

Ebbene, quella tale regola è un vero scoglio morale, perchè dà occasione ai religiosi d' inculcare alla moglie una subordinazione esagerata che ne sopprime la personalità e li spinge a fare, implicitamente, opera d' istigazione maschile, favorendo la debolezza dell'uomo, il quale ha bisogno che gli venga predicata la giustizia, la stima, il rispetto verso la moglie, per essere trattenuto dagli eccessi del predominio e del dispotismo. Oggidì, per giunta, ci sono anche i periodici francescani a insegnare quelle esagerazioni.

Lo stato coniugale è, per la donna, un mare burrascoso, un inferno, come dicono tante donne, e, come scrive lord Macauley nel suo libro: Saggi storici e critici, a proposito della somma pazienza delle donne: «non potremmo comprendere, come mai un essere umano possa condurre la vita che talora esse menano nelle pareti domestiche, mentre vi sono pure gli ospizi, e, se non altro, i cimiteri».

La donna va al matrimonio piena di speranze dorate, fiduciosa, serena, per provare ben presto le più amare delusioni, avvenendo, di frequente, che l'uomo, dopo soddisfatta la sua passione sessuale, perda l' amore che divampava in lui per la donna, assuma una condotta disamorata, tirannica, verso la stessa, e giunga, non di rado, all'abbandono, al tradimento. L' uomo può essere, o almeno parere, buon cittadino, onesto commerciante, professionista integerrimo, ecc. e condursi con la moglie da tiranno capriccioso, anche a motivo che, nella vita privata, le passioni hanno meno ritegno.

D' ordinario, egli non vuol sentir consigli dalla donna e molto meno le ne chiede, perchè crederebbe di avvilirsi, e perfino s' appiglia al male, per non parere d' avere seguito i desideri della moglie.

La donna, senza esperienza, senza studî, senza presidi, nè difese, è per lui, quella cosa che si pende alla ciutola, o si mette sotto il braccio, per usarne quando vuole, e che, per maggiore comodità, o per innalzamento, si stende anche sotto i piedi. L' uomo è padrone di tenere la moglie a ferri corti, o di lasciarla, moralmente e materialmente, più o meno libera, più o meno signora, potendo egli financo rinchiuderla tutti i giorni, ed ella può esser priva dell' uso di pochi centesimi (fatta eccezione per i beni parafarnali), anche se ella si estenua in un lavoro mercenario, anche se sia di ricca condizione.

E bisogna convenire che la Chiesa ha fatto ben poco, per questa generosa creatura, dalla quale è stata pur tanto amata! Se ci fosse andato di mezzo l' uomo, quanto avrebbe sottilizzato, affinchè la dovuta dipendenza non fosse erroneamente interpretata, esagerata, e la dignità umana in lui non patisse offesa! Come avrebbe condannato tutti gli abusi di potere, e presidiato l' uomo contro le eventuali ingiustizie! Come avrebbe tenuto alto il prestigio, il decoro di lui, inculcando ch' egli è suo eguale, che nessuna diminuzione deve derivargli da quella dipendenza, la quale, contenuta nei giusti limiti, doveva volgersi a tutta sua utilita! Invece, la Chiesa, con le sue leggi, con le sue teorie, induce la douna a quella schiavitù, cui, nei paesi barbari, è costretta, con la forza materiale: ceppi, battiture, ecc. Le sue facoltà morali ne soffrono: la soggezione della donna all' uomo esercita un' azione snervante e dissolvente, è lesiva, offende la integrità personale di lei, ne attutisce le superiori energie. Sarà una rassegnata, la donna, in tali condizioni, ma il sacrificio, cui è sottoposta, non produce d' ordinario nell' anima sua, gli effetti salutari e mirabili che si producono in chi dà il proprio corpo ai tormenti, per la fede, o si spoglia dei beni di fortuna, o della libertà, per obbedire alla vocazione divina.

Certi mariti amano la moglie, come si ama un animale prediletto: un uccello, un cagnolino, un cavallo, non di quell' amore che unisce le anime, che eguaglia gli amanti. In via eccezionale, ve ne sono di quelli che l' amano a base di stima e di rispetto, ma non certo fra coloro che conoscono le Somme, o le teorie delle Somme.

Non è raro il caso di donne completamente sottomesse ed asservite che hanno l' aria d' essere paghe e contente, e i cui mariti dirigono, dispongono, s' impongono, senza manìe, ma anche senza limiti, con arbitrio assoluto. Per tali casi, dal punto di vista della soddisfazione della moglie. osserverei: I. ch' essi sarebbero troppo pochi, per provare la bontà del sistema di assoggettare la donna; II. ch' essi sono più di tutto da attribuirsi a circostanze accidentali che darebbero press' a poco gli stessi risultati, anche nell' uomo; III. che il contegno soddisfatto di lei potrebbe essere una forma convenzionale e non rispondente alla realtà. Infatti, vi sono molte mogli che mascherano la loro infelicità e delusione, con un aspetto sereno; IV. potrebbe darsi ch' esse fossero contente, ma relativamente, consolandosi cioè al pensiero delle molte donne che stanno peggio di loro; V. dato pure ch' esse sieno realmente tranquille, bisognerebbe potere esaminarne l'interno, e vedere se, nell' anima loro, ci sia qualche cosa d' inerte, o di morto, che avrebbe dovuto vivere. In una società, a regime di schiavitù, non è difficile si dieno degli schiavi persuasi che la loro condizione sia naturale, ed anche degli schiavi contenti della loro sorte.

E' falso che la donna abbia da natura di star soggetta. Ella ha la tendenza alla felicità, alla libertà come l' uomo. Va al matrimonio per l' ideale di famiglia, di maternità. Vi va credendo di trovare un sostegno, sentendosi come smarrita in mezzo ad una società che sfrutta e disprezza la donna; vi va anche perchè è piena d' illusioni, non dubitando che colui, il quale, talvolta, è giunto a piegare il ginocchio innanzi a lei, sia poi capace di soggiogarla brutalmente. Moltissime donne vanno a marito, con gli occhi bendati, fanno un salto nel buio, mentre lui è esperto, conosce la vita, calcola bene l' affare, sa che l' avrà sempre vinta e che sarà il padrone assoluto e incontrollabile.

Riguardo all' obbedienza, si può affermare che la donna si marita, non per quella, ma non stante quella, quando pur non rinuncia alle gioie della maternità, per non sottostarvi, maritandosi.

In ogni associazione, chi entra a farvi parte sacrifica una particella di libertà, in vista di qualche vantaggio che gli deriva dall' associazione stessa, ma la moglie deve sacrificare tutta la sua libertà, e non vi è soggezione di servo, nè di schiavo che uguali quella della donna al marito, cui ella è sottoposta in tali condizioni, che rendono il suo sacrificio più gravoso di quello stesso che fanno i religiosi che con voto espresso s' immolano a Dio.

Questa soggezione è la rovina del carattere femminile, in due modi:

I. Perchè, in vista di essa, tutta l' educazione della donna è condotta a base di repressione: Alla fanciulla, alla giovane non si domanda soltanto il sacrificio delle passioni cattive, dei giudizi errati, degli impulsi disordinati, affinchè si abitui a pensare ed a volere rettamente, ma più ancora il sacrificio dell' uso della volontà e della ragione, sicchè lei deve guardarsi dal far giudizi, ed operare per imposizione, non per elezione. Non di rado, invece d' insegnare alla fanciulla ad astrarre, si vuole abituarla ad essere indifferente alla logica ed alla illogicità (e poi si ha il coraggio di dire che la donna è un animale illogico), a farle accettare, con eguale animo, condizioni e argomentazioni sia giuste, che ingiuste, sia irrazionali che ragionevoli, l'assurdità come le saggezza e perfino le une per le altre e viceversa. E tutto ciò, affinchè la donna non abbia neanche la capacità di giudicare la condotta di chi si prende padronanza su di lei.

II. La donna ha rovinato il carattere direttamente, pel fatto della soggezione stessa coniugale, essendo innegabile che, come dice il d' Azeglio, tutte le oppressione grandi e piccole sono la rovina del carattere. L' oppressioni genera, negli oppressi, la simulazione, l' odio, la rivolta. Certe donne che sarebbero mogli eccellenti, anche nella parte che riguarda la ragionevole e giusta dipendenza, non potendo soffrire sopraffazioni di sorta, si sono fatte un carattere duro e cattivo. Qualcuna altra, a un certo punto dello schiacciamento morale, giunge a provare una morbosa voglia di essere assoggettata; è la volontà percossa e troppo calpestata che marcisce…..

Ma anche la donna nubile, anche quella che rimane tale, nel secolo, per vocazione, si trova a disagio, perchè la Chiesa ha insegnato che la donna è aiuto all' uomo soltanto per l'opera della generazione, ed è nata per questo principalmente….

Poi, c' è anche il fallimento dell' educazione, nel caso della donna nubile: Sebbene, all' uomo sia attribuita una importanza universale nella famiglia; ove, dicono gli Scolastici, è principio della generazione, della disciplina, dell' educazione, governatore, signore, sovrano, pure nel fanciullo si curano lo sviluppo e la perfezione della intelligenza e della volontà, l' uomo, insomma, senza pretendere d' imprimergli soltanto l' idea della sua missione di padre e di sposo, mentre invece la fanciulla non ha da fare altro che prepararsi a quella che è chiamata, per eufemismo, la missione della madre e della sposa, e talmente è spinta in lei questa preparazione, che, s'ella non si mariterà, le parrà d' essere una spostata, d' avere un'esistenza inutile e reietta.

Ma la soggezione, posta a base dell' educazione femminile, produce un altro guasto: quello fisico: Si teme che l' aria ossigenata, la luce, il calore del sole, la ginnastica delle membra sveglino, nella giovane, lo spirito d' indipendenza, perciò, la donna deve star sempre ritirata, fin dall' età infantile, priva di spazio e di moto. Le donne cresciute in tali condizioni, hanno uno sviluppo somatico arretrato: torace ristretto, gambe sottili a ics (1) I medici hanno trovato che le donne con le gambe a x, (in grado lieve però, date le cause: debolezza generale, inerzia dell' apparecchio locomotore), sono a 20 anni, il 67 per cento, a 50 anni, l' 80 per cento. Hanno riscontrato invece le gambe perfettamente diritte, nelle donne, che, per una ragione o per l' altra, sogliono camminare tutti i giorni o quasi, una via lunga, o comunque a muoversi in misura sufficiente alle esigenze del loro organismo. Dei maschi hanno le gambe diritte perfettamente a 20 anui il 70 per cento, a 50 anni il 90 per cento. (segno di depressione organica), il sangue povero, scarso appetito, vanno soggette a disturbi gastrici, alla clorosi, e a molte altre indisposizioni, sono, ordinariamente, prive di quel vigor vitae, di quel sano benessere che è causa ed effetto del perfezionamento fisico e che dispone meglio alla pratica delle virtù. E' inutile dire che tutto ciò si ripercuote nelle funzioni fisiologiche della maternità, danneggiandole. E poi hanno il coraggio di chiamare il sesso femminile, sesso debole!

Ho alluso, in più parti, alla miseria intellettuale della donna, qui mi permetto di accennarne meglio le conseguenze:

L' intelligenza della donna è quasi considerata una cosa superflua, un mobile inutile. E' convenuto di pensare che la donna ne abbia ben poca e che ben poco ne abbisogni. Infatti, non occorre certo che il suddito sappia le cose che sa il principe: virtus principis et subditi differt specie, sicut etiam virtus viri et mulieri (Sec. Sec. Quest. 47). La donna, quindi, sia perchè è creduta imbecille, sia per il principio di soggezione, alla quale la si vuol destinata, è trascurata e danneggiata nella sua intelligenza. Esclusa perciò dal campo intellettuale, separata dall' uomo nella vita del pensiero, priva di stimoli e di mezzi, vittima dei pregiudizi, per i quali è idealizzata la donna ignorante e derisa quella istruita, la donna è condannata ad un' esistenza infelice, piena di vuoti, di tormenti misteriosi e d' incertezze, perchè è rovinata nella parte superiore dell' anima. Ella porta inconsciamente la sua infelicità ovunque: e tanto più la sente acuta, quanto più è elevata la sua condizione sociale, quanto più è dotata di natura eccellente, ricca di energie morali e intellettuali ed è più vasto l' ingegno in lei rimasto ozioso e deturpato.

Nell' uomo invece è curata intensamente l' intelligenza, tutte le lusinghe sono messe in campo, per isvegliare in lui la passione dello studio, l' ambiente domestico e sociale, l' opinione generale, tutto converge in tal senso, proprio come avviene perla donna in ordine alla moda, alla vanità, alla quale è avviata fin dalla tenera età, con danno dello stesso sviluppo fisico di lei. La moda, per cui certuni danno tanto addosso alle donne, tutto considerato, non è prova dell' irragionevolezza di chi la segue, come lo è, in sommo grado, il male della bestemmia, tanto diffuso fra gli uomini. Inoltre, essa non è che l' esagerazione d'un bene, mentre invece l' uomo se fosse, di regola, allevato in condizioni analoghe a quelle nelle quali è cresciuta la donna, darebbe nella brutalità e forse non conserverebbe neppure l'aspetto di essere ragionevole. L'uomo, anche ignorante, ha tutt'altra condizione da quella, in cui, ordinariamente, è tenuta la donna.

L' uomo favorisce ed incoraggia la moda calcolatamente, I. a scopo di guadagno, perchè ne fa un'industria che gli frutta milioni; II. a scopo di ambizione, vedendo in essa un omaggio reso al suo sesso; III. a scopo sensuale, inclinandovi per pascere i suoi sensi; IV. perchè egli mostra di apprezzare la donna per i suoi fascini esteriori, e punto o poco per le doti dell' animo; V. sopratutto, l' uomo favorisce la piaga della moda, condannando la donna all' ignoranza, escludendola dagli affari, sicchè ella non vedendo altro campo aperto a lei, è costretta a cercarvi un surrogato per l' impiego delle sue attività, delle sue potenti energie, del suo ingegno, un mezzo, sia pur passeggero che la concili con la vita, nel vuoto desolante che la perderebbe.

Per constatare la verità di tali affermazioni, basta guardare alle cause ed agli effetti, non tenendo però conto delle donne che sono peccatrici di mestiere, molte delle quali nascondono pur storie assai dolorose.

I. Cause: Ambiente ed educazione: il primo, risultante da tutto un sistema di cose che accredita, impone, diffonde i capricci della moda, ed è paragonabile ad una rete insidiosa che avviluppa, stringe, fatalmente, fra le sue maglie, le misere che vi si accostano.

L'educazione, per la quale la fanciulla è indotta a cercare, nello splendore della toilette, qualche cosa che la elevi, che la renda interessante e ricercata, che la faccia contare per qualche cosa nella società.

II. Effetti, che si manifestano in senso diretto e in senso inverso: In senso diretto: Seguono la vanità della moda coloro che hanno un falso criterio della vita, la mente oziosa, la volontà estranea a ciò che dovrebbe seriamente impegnarle. In senso inverso: Sono aliene dalla moda: le dotte, le donne impegnate in gravi uffici, quelle colpite da sventure che le staccano dal mondo gettandole nella disperazione, o portandole sul buon sentiero, secondo che la Religione, più o meno, ha forza nelle loro anime, e le donne che sono attratte fortemente dall' ideale della cristiana perfezione. Proporzionatamente, alle disposizioni favorevoli o contrarie alla passione della moda, questa si manifesta più o meno, è, più o meno, seguita, disprezzata, combattuta.

Fra coloro che sono aliene dai capricci e dalle esagerazioni della moda, la donna dotta riunisce le condizioni di tutte le altre, perchè la sua dottrina la rende anche donna di affari, aprendole tante vie precluse a coloro che non hanno scienza, a doppia ragione quindi è aliena dalla moda; perchè anche lei può essere visitata dalla sventura, e chi non lo è in vita sua? e attendere con zelo speciale alla propria santificazione. E' da osservare però che la dotta ha ancora altri vantaggi: I. Le sciagure che la colpiscono, non avranno per lei gli aspetti tetri, che hanno per le persone ignoranti, non saranno la folgore che schianta edifici, e abbatte idoli, determinando crisi terribili nei cuori che ne sono colpiti, perchè i suoi edifici hanno fondamento nella ragione, non sulle vanità, sulla fallacità del mondo, ed ella sa meglio fronteggiare le condizioni difficili e dominare le posizioni; II. se è vero che ogni dotta non attende alla perfezione, però è vero che ogni donna che attende alla perfezione, si avvantaggia maggiormente se sarà anche dotta, perchè troverà nella intelligenza sviluppata e organizzata, mediante l' acquisto della sapienza, il più prezioso sostegno per la sua volontà, il modo per conoscere se stessa, per non smarrirsi fra le mille insidie che il nemico delle anime tende ai servi di Dio, fra le mille suggestioni che una intelligenza non coltivata è incapace di discernere e perciò stesso di vincere. «Noi donne - scrisse Santa Teresa—per non avere lettere, non sappiamo sempre discernere ciò che si può fare senza peccato». Senza dire della pienezza di vita interiore che godono le dotte, a cagione che in loro funziona bene la parte superiore dell' anima.

Questo spiega la grande diversità tra lo stato d' animo dei religiosi e quello delle religiose: I primi sono posti si può dire in faccia al sole, per la perfezione della conoscenza che raggiungono nell'Ordine religioso da essi abbracciato, ove vanno avanzando nelle luminose vie della verità, rendendosi intellettualmente superiori al comune degli uomini che vivono nel secolo; mentre, all' opposto, la religiosa è condannata a vivere nell' oscurità, e, dal punto di vista intellettuale, è inferiore alle donne secolari, perchè queste sono almeno forzate ad aprire gli occhi dalle esperienze della vita.

Nelle monache, si può dire, è favorita la pietà e il timore di Dio, e nei monaci, insieme con questi, anche gli altri cinque doni dello Spirito Santo.

Iddio stesso dovette molte volte intervenire per riparare il guasto di cotale, dirò così, distribuzione, istruendo, miracolosamente, anche nelle cose civili e politiche, e spessissimo nelle cose divine, le sue amantissime spose.

I religiosi sono operai del Signore, perciò in loro sono affinate tutte le facoltà intellettuali e volitive, le monache sono vittime, per cui non si ha cura che di torturarle nell' uso della volontà, e di far loro rinnegare costantemente la ragione.

La ragione, che i religiosi hanno il ministero della predicazione, non è sufficiente a giustificare quella diversità di trattamento, perchè non è soltanto per predicare che è necessario perfezionarsi l' intelligenza e la volontà, ne si fa il bene mica soltanto con la predicazione.

Sono innumerevoli e talora misteriosi i modi e mezzi, di cui Iddio si serve per chiamare le anime che vuole unire a Sè, ma, data l' impostazione delle cose, mi par lecito supporre che molte ragazze scelgano la vita religiosa, perchè si sentono disorientate, hanno paura del mondo, nel quale sono indifese e insidiate nella virtù, come nella roba, non fanno caso della loro vita, non avendo innanzi a sè alcun nobile impiego di essa, rifuggono dal matrimonio, temendo che sarebbero maltrattate dall' uomo. Vero è ch' esse non sono in condizione di scegliere liberamente la loro via, nè intellettualmente, nè moralmente, e vanno al convento per cercarvi un riparo, disposte a tutto, piuttosto di menare un' esistenza piena d' incertezze e di pericoli….

Le donne sono sempre danneggiate a qualunque stato, a qualunque classe appartengano. Le ingiustizie, gli sfruttamenti inumani che subiscono, commuovono scarsamente i cattolici, alcuni dei quali non arrivano neppure a comprendere che le donne debbano organizzarsi, per la difesa dei loro diritti: Di quali diritti se non ne hanno? Come dovrebbero organizzarsi esse, se il loro tutore, difensore, governatore è l'uomo? Se mai la loro difesa è affare dell'uomo; se l'uomo non fa caso delle loro sofferenze, se è lui a procurargliele, non si vede perchè esse dovrebbero difendersi, si avrebbe la lotta di sesso. E poi, che succo ci sarebbe a organizzare delle imbecilli? Stieno a casa ed obbediscano, non hanno da fare altro le donne.

L' oppressione della donna, i pregiudizi in suo danno e disonore, I. hanno impedito ch' ella svolgesse in seno all'umanità la naturale missione morale, educatrice ed elevatrice che Iddio le ha affidato, affinchè l'uomo non si perda; II. hanno reso l'uomo alieno dalle virtù domestiche, perchè la vita di famiglia, la casa aveva un sapore e un colore donnesco, dal momento che la donna è fatta per la casa e non la casa per la famiglia; e la sua dignità maschile si sarebbe diminuita nel frequente contatto con le gonne abborrite; III. per conseguenza, negli uomini, andò diminuendo e raffreddandosi la vita affettiva e sparendo le delicate e generose virtù che sono figlie della carità e fattrici di civiltà, prevalsero l' affarismo, l' utilitarismo, l'irreligione ed ogni lussuria; IV. in forza di quei pregiudizi, l'uomo vide nella donna, soltanto un mezzo per soddisfare i suoi piaceri ed egoismi, sicchè la escluse da tutti gli uffici che richiedono responsabilità e giudizio, immemore della parola di Dio che disse: Non è bene che l' uomo sia solo » e non si accostò alla donna che per abusarne. Si può dire a ragione che i mali, cui è soggetta la donna per l' ingiustizia degli uomini, sono il cancro della società.

Finora nella Chiesa si è passati innanzi a questa povera assassinata, come il sacerdote e il levita del Vangelo, che, vedendo l'uomo lasciato mezzo morto dagli assassini, sulla strada da Gerusalemme a Gerico, passarono oltre. La donna ha avuto qualche difesa e qualche giustizia più spesso dal Samaritano, cioè dai partiti che militano fuori della Chiesa. Ciò ha allarmato i cattolici, gli Ecclesiastici, ì quali sono talmente penetrati e convinti delle teorie delle Somme, da ritenere un'eresia il proclamare che la donna ha perfetta capacità e intelligenza, e scrissero e scrivono libri e articoli reazionari, compiendo una parte simile a quella dei farisei che trattarono il Redentore da sovvertitore del popolo, mentre Egli non faceva altro che predicare la verità e la giustizia.

LE DIFESE

Chiamo difese le cose che mi permetto di esporre, in questa III. parte, sulla natura e sui compiti della donna.

Nel libro della Genesi, è narrata la creazione dei nostri progenitori con queste parole: «E disse (Dio): Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza; ed ei presieda ai pesci del mare, e ai volatili del cielo, e alle bestie, e a tutta la terra, e a tutti i rettili, che si muovono sopra la terra. E Dio creò l'uomo a sua somiglianza: a somiglianza di Dio lo creò, lo creò maschio e femmina» (c. I. v. 26 - 27).

Al capo II. versetto 7. è narrata partitamente la creazione dell'uomo dicendo: II Signore Dio adunque formò l'uomo di fango della terra, e gli ispirò in faccia un soffio di vita: e l'uomo fu fatto anima vivente.

I versetti 18 - 21 - 22 descrivono la creazione di Eva: Disse ancora Dio: Non è bene che l' uomo sia solo; facciamogli un aiuto, che a lui rassomigli. Mandò adunque il Signore Dio ad Adamo un profondo sonno: e, mentre egli era addormentato, gli tolse una delle sue costole e mise in luogo di essa della carne. E della costola che aveva tolto da Adamo, ne fabbricò il Signore Dio una donna: e menolla ad Adamo…,.

Dalla narrazione biblica si ricava, nei versetti 26 - 27, al capo I. l' eguaglianza di natura, di dignità e di potestà, di Adamo e di Eva.

Due volte la creazione della donna fu oggetto del Consiglio della Triade Sacrosanta: I. insieme con l' uomo quando Iddio disse: «Facciamo l' uomo a nostra immagine e somiglianza…. e lo creò maschio e femmina»; II. a parte, quando disse ancora Dio: «Facciamogli un aiuto simile a lui».

Come scrive l' Aquinate, nella Somma teologica, parte I. quest. 92, art. III. conveniva che la donna fosse formata dalla costa dell'uomo, per significare, che fra l' uomo e la donna dovea esistere sociale congiunzione e che dal Costato di Cristo dormente, sopra la Croce, doveano scaturire i Sacramenti; ed io aggiungo: perchè meglio spiccasse l' immagine della Santissima Trinità nella coppia umana.

Riguardo alla dignità, è gloria dell' uomo che da lui sia stata formata la donna, ma è anche gloria della donna l' essere stata tratta dall' uomo, anzichè direttamente dal fango della terra.

Sommamente poi descrittiva è quella parola del sacro testo: «Aedificavit» edificò, o fabbricò la donna. Essa dice la cura, l'arte che pose Iddio nel plasmare la donna, la quale perciò non potè non riuscire un' opera degna di tanto Artefice. Iddio ha messo nella donna, oltre ai doni d' intelletto e di volontà, come nell' uomo, anche particolari doti di bellezza e di bontà. Egli fu, per così dire, più squisito, più fine nella formazione di Eva, che perciò può dirsi il capolavoro delle sue Mani, l' opera più bella della creazione. E doveva essere così, se la donna era destinata ad elevare l' uomo verso le regioni sublimi del bello e del bene, ad aspirargli il dovere, la giustizia, l' amore. Aiuto simile a lui, non in senso materiale, nel quale anzi è lui aiuto di lei, ma in senso specialmente morale, spirituale, come è evidente.

Le femmine degli animali, perchè non hanno, rispetto al maschio, altro ufficio che quello di figliare, non sono distinte da segni che le rendano più belle di lui, perchè nell' opera della generazione, è il maschio che cerca la femmina, che se ne sente attratto e fa di tutto per esserne il preferito. Ciò è tanto naturale, che nel regno degli animali, certi maschi hanno il canto più melodioso, le piume più appariscenti, ed altre esteriorità, come la giubba, il leone, che lo rendono più leggiadro, più affascinante alla femmina.

L' uomo e la donna sono creati a immagine di Dio, Uno e Trino; sulla fronte di entrambi è impresso un raggio della divina maestà e grandezza. Ma l' immagine della Santissima Trinità si rinviene anche nella coppia umana, considerata come un tutto. In essa: 1. è l' immagine del Padre, a cagione che dall'unione, dell' uomo con la donna, viene generata la prole; 2. l'immagine del Figlio, perchè in entrambi risplende la luce dell' intelligenza; 3. l' immagine dello Spirito Santo, per l' amore che li congiunge; 4. per la loro forza attiva, operativa, l' immagine della Trinità tutta quanta, analogamente alla virtù creativa che è comune a tutte le Persone divine.

Parmi lecito di contemplare l' immagine di Dio nella coppia umana, anche come segue: L' uomo è immagine del Padre per il suo primato rispetto alla donna, che da lui fu tratta; la donna, nella quale Iddio ha impresso un' orma più profonda di bontà, è immagine dello Spirito Santo, l'intelletto che in entrambi risiede è immagine del Figliuolo divino. Infatti, l' intelletto non può essere attribuito all' uno piuttosto che all' altro, perchè costituisce la parte essenziale di ciascun individuo della coppia umana. Sarebbe come attribuire al Padre la Divinità, e al Figliuolo e allo Spirito Santo due attributi di essa. Si potrebbe anche attribuire l' immagine della II. Persona, alla prole, pel fatto che è generata. Questa, poi, la prole, figlio o figlia, giunta all'età perfetta, è uguale al padre e alla madre; sicchè nè la donna è inferiore all' uomo, sebbene tratta da lui, nè il figliuolo o figliuola è inferiore ai parenti, sebbene da lor generata, ma sono tutt' e tre eguali.

Infatti, nella divina Trinità, si scorge la processione (*) Processione: termine teologico: Emanazione, derivazione, procedimento d' una cosa da un' altra., la uguaglianza, la necessità delle tre divine Persone, e anche sotto questi rispetti, la divina immagine rifulge nella coppia umana: Come il Padre è principio del Figlio e dello Spirito Santo, senza che sia lecito attribuire a Costoro alcuna inferiorità o diminuzione, così l'uomo è capo della donna, come colui da cui la donna fu tratta, ma la donna non è inferiore a lui, per l' essere completo ed eccellente che Iddio le ha dato formandola dalla costa di Adamo; tanto più che non era necessario che Eva fosse tratta da Adamo, e lo fu per divina operazione, non per operazione naturale. Comunque c' è processione e uguaglianza. Ma l' immagine della Trinità risplende nella coppia umana, anche per la necessità delle divine Persone. Sarebbe bestemmia attribuire al Padre supremazia sul Figlio e sullo Spirito Santo e dire che queste due Persone sono alcunchè di occasionato, di deficiente, di superfluo. Iddio è l' Ente necessario, nè potrebbe non essere Uno in Tre Persone distinte. Al lume di tale verità è facile penetrare le divine intenzioni, le disposizioni della divina Provvidenza, intorno alla creazione degli individui dei due sessi, avendo Iddio detto: Facciamo l' uomo a nostra immagine e somiglianza, e indi creato l' uomo maschio e femmina, e creata la donna, perchè non è bene che l' uomo sia solo, ed avendo dato alla stessa certe prerogative morali, che disegnarono fin dapprincipio la sua missione rispetto all' uomo. La donna è necessaria, e non solamente per l' opera di generazione, come dicono gli Scolastici. Chè, sebbene, la donna, in detta opera, abbia la parte principale, pure questa sta alla missione morale come la terza al cielo, perchè quella funzione, considerata unicamente dal punto di vista fisiologico, l' ha in comune con le femmine degli animali, e la missione morale, educatrice l' ha in comune con gli Angeli e con lo stesso Dio, mentre per essa tiene rivolto l' uomo verso il suo ultimo fine e lo aiuta a raggiungerlo.

Per fini ben superiori, che non sia far nascere figli, Iddio ha creato la donna, sicchè, ove ella non avesse quell' ufficio, sarebbe lo stesso necessaria nella vita umana.

Si può dire che Iddio avrebbe potuto non creare la donna, come si può dire che avrebbe potuto non creare l' uomo, mentre Egli avrebbe potuto ordinare le cose in modo tutto diverso da quello, con cui le ha effettivamente ordinate.


***


Nella Genesi è narrata la caduta dei nostri progenitori: «Ma il serpente era il più astuto di tutti gli animali della terra fatti dal Signore Iddio. Questi disse alla donna: «Per qual motivo vi comandò Iddio che non mangiaste i frutti di tutte le piante del paradiso?» Cui rispose la donna: «Del frutto delle piante, che sono in paradiso, noi ne mangiamo: Ma del frutto dell' albero che è nel mezzo del paradiso, ci proibi il Signore di mangiarne e di toccarne, affinchè per disgrazia, noi non abbiamo a morire». Ma il serpente disse alla donna: «Assolutamente voi non morrete; perchè sa Iddio che in qualunque tempo ne mangerete si apriranno i vostri occhi: e sarete come Dei, conoscitori del bene e del male». Vide adunque la donna che il frutto dell' albero era buono a mangiarsi e bello a vedere e appetitoso all' aspetto; e colse il frutto, e lo mangiò, e ne diede a suo marito, il quale ne mangiò». (c. II v. 1-2-3-4-5-6).

Questa narrazione mi par lecito commentarla così:

Il serpente si volse di preferenza alla donna, perchè già ne conosceva la naturale missione, l' azione morale ch' era destinata ad esercitar sull' uomo, che perciò per lei si perde e per lei si salva. Forse era Eva che porgeva il frutto di vita ad Adamo, e Satana la tentò di porgergli, questa volta, il frutto di morte.

La colpa di Eva mostra d' avere maggiori attenuanti di quella di Adamo, perchè Eva fu sedotta, la tentazione fu più suggestiva, più forte, essendo venuta direttamente dal demonio, in quel luogo, in quella forma che avvenne, mentre ad Adamo bastò che la compagna gli porgesse il frutto vietato. Eva fu la prima a peccare, ma non perchè l' abbia voluto lei (*) Voglio dire: non perchè fosse più di Adamo inclinata alla colpa., pôrse ad Adamo parte del frutto, per affetto. E' proprio di chi ama far condividere il godimento del suo bene alla persona amata. Eva non ha mirato a perdere Adamo, ma a condividere con lui le delizie del frutto gustato. Un dono si può amare per sè e per la persona che lo fa: E' ammissibile che Adamo abbia mangiato il frutto vietato, anche per far piacere ad Eva (*) Gli Scolastici scusarono la prevaricazione di Adamo attribuendola al suo troppo amore per Eva., ma l'attenuante dell' amore da parte di Eva, è delle più fondate, perchè l' amore è più da presumere in colui che offre, che in colui che riceve, e perchè si vede d' ordinario nella donna uno spiccato altruismo. Adamo invece è stato così facile ad accettare il frutto, è stato così pronto ad accusare Eva, e gli Scolastici e tanti altri uomini l' hanno cosi bene imitato, che non parrebbe sia stato proprio l' affetto verso la donna a fargli girare il capo (1) Come avviene nelle unioni illegittime, nelle quali l' uomo non è indotto certamente dall' amore per la donna, ad accostarsi alla stessa., ma l' interna passione che già l' avea disposto alla colpa.

Scrive l' Aquinate che: Adam non peccante, peccatum originale non trasfunderetur in posteros, propter peccatum Evae. A tal proposito mi permetto osservare; 1. che l' Apostolo, con le parole: per unum hominem peccatum in hunc mundum intravit, abbia potuto intendere: Adamo ed Eva, allo stesso modo che di Dio è detto: Creò l' uomo…. lo creò maschio e femmina; 2. che unum hominem lasci sottintendere anche: una donna; infatti, Adamo non è donna, da un uomo soltanto non da altri uomini. Nelle Scritture, è costume di nominare l' uomo, anche per la donna, e di registrare di preferenza il padre; fu fatta perfino la genealogia di Giuseppe, anzichè quella di Maria, e Giuseppe fu detto padre di Gesù; 3. l' Apostolo potè nominare soltanto Adamo, perchè è capo' della donna, non per negare che il peccato di Eva si trasmetta alla posterità. Tante volte, si dice anche: Padre Celeste, sottintendendo, in tal nome, tutta la Santissima Trinità.

Iddio ha minacciato la morte ad entrambi, come si ricava dalla risposta di Eva, al demonio: «…… ci ordinò il Signore di non mangiarne e di non toccarne, affinchè per disgrazia, noi non abbiamo a morire».

Un altro argomento (oltre alle parole dell' Apostolo) dell' Aquinate, per negare che Eva abbia trasmesso ai posteri il peccato originale è: quod in patre preexistit filius, sicut in principio activo, sed in matre sicut in principio materiali et passivo; unde non est simili ratio.

L' Aquinate, in diverse questioni, ha certe argomentazioni che non reggono alla critica. Egli sembra occupato non già ad indagare il contenuto reale d' una teoria, d' una credenza, ma piuttosto a cercare motivi per farla accettare. Le sue conclusioni sono, dirò così, prevolute, egli subordina ad esse le premesse, anzichè far scaturire da queste le conclusioni. Ciò risulta da citazioni che ho fatto nella prima parte e da altri luoghi, come ad es. ove egli dice che se l' anima di Maria non fosse mai stata inquinata dal contagio del peccato originale, ne avrebbe scapitato la dignità di Cristo, secondo la quale Egli è Salvatore di tutti. Ma l' argomento è insostenibile, perchè se Gesù fosse nato da una donna tocca, anche per un momento, dal peccato, avremmo avuto una ragione di più, per ammirare la sua umiliazione, nel farsi uomo. Non sarebbe stato onore per Gesù, ma umiliazione. E circa le due feste dell' Immacolata Concezione e della Natività di Maria, dalla prima delle due feste, perchè egli non ritiene che la Vergine sia stata concepita senza peccato, trae argomento favorevole alla propria opinione, dalla seconda, invece, cioè dalla festa della Natività. cava una prova perentoria che la Vergine è nata senza peccato: Sed contra est, quod Ecclesia, celebrat nativitatem B. Virginis: non autem celebratur festam in Ecclesia nisi pro aliquo Sancto, ergo B. Virgo in ipsa sua nativitate fuit Sancta; fuit ergo in utero sanctificata. (Teol. parte III Quest. 27, art. I).

Se l' Aquinate si fosse assunto di dimostrare che Eva soltanto ha trasmesso il peccato originale alla posterità, avrebbe trovato molti argomenti a sostegno della sua tesi.

Nella teoria poi della materia e della forma, parlandosi della generazione umana, c' è un doppio errore: dal punto di vista degli Scolastici e relativamente alla verità biologica.

Dal loro punto di vista, perchè, dato e non concesso che l' uomo dia la forma e sia lui solo il principio attivo, e la donna dia la materia ed abbia soltanto un ufficio passivo, non ci sarebbe la differenza che esiste tra l' artefice e la qualunque materia insensata, inanimata, di cui egli si serve per costruire un dato oggetto, e neppure la differenza tra la terra ed il seme, tra l'azione della terra è quella del seme. Forma e materia, nella generazione, sono uguali per qualità, per natura. La materia che dà la madre è natura umana, è plasma vivente, è vita della sua vita, per cui ella trasmette necessariamente nel frutto i suoi caratteri morali e fisici, le sue qualità e tendenze. Il figlio erediterebbe dal padre e dalla madre, sebbene non fosse simili ratio, perchè l' importanza della materia è decisiva, se la ragione non è uguale, è equivalente, ha la stessa forza.

Ma gli Scolastici errarono anche riguardo alla verità biologica, cui ignoravano quasi completamente. Per questo fu possibile ch' essi credessero essere sufficiente l' azione dei corpi celesti, alla generazione di certi animali; che certi animali nascessero dalla putrefazione; che la femmina fosse un maschio occasionato, che il fanciullo fosse figlio soltanto del padre, ecc., benchè sia stato sempre evidente che la prole eredita dal padre e dalla madre e spesso più dalla madre che dal padre.

Gli animali inferiori si generano per scissione, e per gemmazione. In parecchi crostacei e insetti vi è l' uovo che genera da solo, perchè contiene in grado sufficiente la forza segmentativa, ed il materiale necessario alla produzione del nuovo individuo. La forza segmentativa, quella che gli antichi direbbero forma, principio attivo, è costituita dal nucleo, e l' abbondanza materiale, dal protoplasma, quello che gli antichi direbbero materia, principio passivo. Il protoplasma, poi, e per sè medesimo materia viva.

L' ovulo umano fu scoperto, nel 1827, dal dottor Baer: è una grossa cellula, una delle più grandi dell' organismo umano, dalla struttura assai complessa, ricca di materiali nutritizi ed esuberante di vita: Accenno per sommi capi, alla sua costìtuzione: Esso contiene il protoplasma, altrimenti detto: tuorlo o vitello; nella parte centrale il nucleo, o: vesicola germinativa, e il nucleolo, detto: macchia germinativa. In vicinanza del nucleo, esiste un corpicciuolo ugualmente sferico detto: corpuscolo o: nucleo vitellino di Balbiani, dallo scienziato che lo ha scoperto. Il protoplasma dell' uovo si distingue nel protoplasma propriamente detto, che prende parte diretta, nella segmentazione cellulare, per la formazione del nuovo individuo e chiamasi: Tuorlo di evoluzione o: vitello formativo; e nelle sostanze di riserva, le quali servono alla nutrizione dell' embrione, durante lo sviluppo e che si chiamano: deutoplasma, o: tuorlo di nutrizione, o: vitello nutritivo.

Il nucleo è indispensabile nell' uovo, essendo l' organo di riproduzione, e deve avere raggiunto il suo grado di perfetta maturazione, altrimenti la fecondazione non è possibile.

L' uovo quindi è un organismo completo, ma la forza nucleare non è sufficiente alla riproduzione del nuovo individuo, cioè per determinare nel protoplasma e nel deutoplasma il lavoro di segmentazione e di nutrizione. Non ha, come dicono gli scienziati, l' enorme energia che occorrerebbe, per operare su una massa così grande di protoplasma. Il nucleo femminile ha `press' a poco la metà dell' energia suddetta, l' altra metà gli è fornita dal nemasperma, elemento sessuale maschile, che è una delle cellule più piccole dell' organismo umano, più piccola anche del nucleo germinativo femminile. Il nemasperma ha il nucleo che ne costituisce la testa ed un leggerissimo strato di sostanza albuminoide che sarebbe il protoplasma e che ne costituisce la coda. Questa ha un' azione temporanea di movimento, che dura fino all' entrata del nemasperma nell' ovulo. Il nemasperma si muove vivamente, mercè le ondulazioni rapide della coda, che, per antonomasia, è detta perciò anche flagello. Cotale irrequietezza, dicono gli scienziati, sia dovuta allo stato di nudità e di fame di questa cellula che sente, fortemente, il bisogno di unirsi alla sua metà, cioè al nucleo germinativo femminile.

Entrato nel vitello, la testa del nemasperma aumenta sensibilmente di volume, pur rimanendo più piccolo del nucleo della femmina, al quale si pareggia, più tardi, quando i due nuclei, maschile e femminile, effettueranno la loro cupulazione, si accolleranno, per iniziare, nella cellula - uovo, che è come l' officina, il magazzino di materiali da costruzione, la loro opera di prolificazione, adempiendo tutt' e due un' azione eminentemente attiva. Una voce popolare ritrae al vero la parte di lavoro del seme maschile e femminile designando il marito e la moglie con le parole: due metà.

La madre perciò trasmette, in due modi, sè stessa alla prole: in virtù del suo seme attivo germinale, e in virtù della materia che le somministra.

Questo spiega, perchè i figli, anche maschi assomiglino spesso più alla madre che al padre (*) A queste note di biologia umana, aggiungo alcuni altri giudizi: Emery ha trovato che, nella specie umana, l' embrione maschile è meno resistente che il femminile; il Viazzi ha largamente dimostrato che la femmina, rappresenta il tipo, ed il maschio la varietà, d' accordo in ciò con Milne-Edwards ed altri; il Mosso, nel suo trattato sull' educazione fisica della donna, scrive, che nel loro insieme i caratteri umani, e le differenze fondamentali che distinguono il nostro corpo da quello dei bruti, sono caratteri essenzialmente femminili. E' poi risaputo che nel maschio vi sono gli inizi di organi sessuali femminili. Ho voluto riferire questi giudizi non per altro che per domandare a certi antifemministi, se, (dall' assurdità in fuori), sarebbero contenti si dicesse che l' uomo è un essere mancato, una femmina occasionata.
Dobbiamo lode e riconoscenza ai dotti uomini che, lungi dal piegare la scienza a bassi egoismi, ne fecero e fanno un faro luminoso di verità, è così hanno contribuito a quella aumentata estimazione, a quel trattamento un pò meno ingiusto che oggidi gode la donna nella civile società.
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A tal proposito, mi permetto d'osservare che la somiglianza del figliuolo con i genitori, avviene in più modi, e in modo speciale: sessualmente, fisiologicamente, moralmente. Un figlio può assomigliare al padre, soltanto, perchè di sesso maschile, ed alla madre pel resto, e viceversa la figlia. Anzi è proverbiale il detto che il figlio madreggia, la figlia padreggia.

Tale altra volta, fisiologicamente, assomiglia ad uno dei genitori, e moralmente all' altro. Tal' altra, nella prole, si riuniscono i caratteri fisici, morali, intellettuali, paterni e materni. La prole tante volte eredita dagli avi e dalle ave, dalle ascendenti paterne e materne. Certi nipoti assomigliano in tutto alla nonna materna, ne hanno l' indole, i difetti e qualità fisiologiche e perflno le tendenze, le predisposizioni a dati risultati, a date malattie.

La parte, poi, che la madre ha nella generazione della prole spiega anche, perchè l' amore materno sia più forte dell' amore paterno, perchè i figli, per lo più, istintivamente, amino la madre più del padre.

Eva quindi non potè non trasmettere il peccato originale alla posterità insieme con Adamo, e lo avrebbe trasmesso anche se Adamo non avesse peccato.

Ma queste cose anche gettano luce sul Mistero della divina Maternità, per la parte fisiologica, e Maria ne risulta più veramente la Madre di Dio; mentre più chiaro, più ovvio apparisce il significato della divina Scrittura che dice: «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra il seme tuo e il seme di lei….» (Gen. c. III. v. 15).

Il Creatore, per gli alti fini della sua divina Provvidenza, volle che l' atto della generazione fosse compiuto unitamente dal padre e dalla madre, in modo da riprodurre l' immagine della divina Paternità, in ambedue i genitori. In principio di questa III. parte, ho accennato alla somiglianza della coppia umana col Padre, qui mi permetto, a conclusione di questo passo, di tornarvi su, specialmente per riguardo alla madre, riferendomi alle opposte conclusioni dell' Aquinate:

La prima Persona della Santissima Trinità ha unito in Sè medesima le due parti di padre e di madre, rispetto al Figlio divino, come si ricava dalle Sacre Scritture: Il Salmo II. v. 7 dice: Dominus dixit ad me: Filius meus es tu, ego hodie genui te; - ed il Salmo 109 rivela le espressioni divine: Ex utero ante luciferum genui te; - mentre la Sapienza (Proverbi VIII. v. 24) dice: Ego jam concepta eram, e nel seguente versetto:…. ante colles ego parturiebar; e Giovanni con mirabile sintesi parla del Figliuolo Unigenito qui est in sinu Patris. Queste e simili espressioni, ritraggono, a meraviglia, gli uffici della madre, la quale genera il figlio o figlia (1) Il figliuolo stolto è l' ira del padre, è il dolor della madre che lo ha generato. (Prov. c. 17 v. 25). Il padre nuota nel gaudio…. Abbia questo gaudio il padre tuo, ed esulti colei che ti ha generato. (Prov. c. 23 v. 24-25)., la porta nel proprio seno, la partorisce. Il padre e la madre, e a più ragione la madre, come il Padre Celeste all' Unigenito Suo, possono dire alla creatura da loro generata: Filius meus es tu.


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Nel I. libro della genesi, al capo III. v. 16-17-18-19 è registrata la condanna pronunciata da Dio sui primi parenti, e per essi, su tutto il genere umano: «E alla donna ancor disse Dio: Io moltiplicherò i tuoi affanni e le tue gravidanze: con dolore partorirai i figliuoli, e sarai sotto la potestà del marito ed egli ti dominerà. - E ad Adamo disse: Perchè hai ascoltata la voce della consorte, e hai mangiato del frutto, di cui t' avevo comandato di non mangiare, maledetta la terra per quello che tu hai fatto, da essa trarrai con grandi fatiche il nutrimento per tutti i giorni della tua vita. Essa produrrà per te spine e triboli, e mangerai l' erba della terra. - Mediante il sudore della tua faccia mangerai il tuo pane, fino a tanto che tu ritorni alla terra, dalla quale sei stato tratto: poichè tu sei polvere e in polvere tornerai».

Riguardo a queste condanne, osserverei: I. Ch'esse hanno a base la condizione naturale rispettiva dei due sessi. Anche prima del peccato, l'uomo doveva lavorare la terra (Genesi c. II v. 15), ed era capo della donna, il che implicava un grado di dipendenza della donna dall' uomo. II. che hanno carattere di profezia e di precetto.

Di profezia, perchè Iddio, nel proferire quelle condanne (come in Nome Suo dovevano, in seguito, fare i profeti, ai re e popoli prevaricatori), preannunciò i mali, le miserie che, in conseguenza del peccato originale, sarebbero stati retaggio dell' umanità. In questo senso, non solo gli uomini e le donne non hanno obbligo di cercarsi loro quei mali, di procurarseli, di mantenerli, ma, per la legge stessa del progresso, che è nell' umanità, per la tendenza insita nella natura umana, verso tutto ciò che è migliore, che è più perfetto, sono spinti a cercar di liberarsene, togliendo la causa principale, cioè la colpa, mediante la pratica dell' onestà, della giustizia, dell' amore, migliorando così i costumi, perfezionando i rapporti tra le varie classi sociali e tra le persone dei due sessi, e mediante i frutti dell' ingegno, scoprendo sempre nuove forze, nuovi mezzi, per accrescere gli agi, nuove fonti di ricchezza.

Hanno carattere di precetto, perchè l' uomo, per quanto progredisca, dovrà pur sempre lavorare, e la donna per quanto elevi la sua condizione deve al marito, come a suo capo, quel grado di dipendenza che è voluto dagli scopi di essa, che sono l' unità d' indirizzo domestico, la difesa della maternità.

La distinzione però non è così netta, che l' uomo debba soltanto lavorare e mai obbedire, e la donna soltanto obbedire e mai lavorare; anche l' uomo deve obbedire, anche la donna lavorare: L' uomo deve obbedire, oltre che alla legge di Dio, anche alle autorità costituite, e ai padroni, e perciò anche alla donna rivestita di autorità e di signoria, come la madre, la padrona, la insegnante, la regina, la governatrice ecc. Quando poi, Iddio, cioè la sua legge, la giustizia, il dovere, la prudenza ecc., è dalla parte della moglie, egli deve ascoltare anche la moglie, per la stessa ragione, per cui a lei è lecito disobbedire al marito, nelle cose contrarie alla legge di Dio.

L' uomo fa male trasgredire la legge di Dio, per ascoltare la voce della consorte, e fa male trasgredirla, come, purtroppo, spesso avviene, in disprezzo ai giusti suggerimenti di lei. Chè, anzi, nel primo caso, la sua colpa ricade in parte sulla consorte, mentre, nel secondo caso, egli si rende doppiamente colpevole.

La donna lavora, quando è madre, specialmente in famiglia, nel governo dei figli, nella manutenzione della casa, e, quando ha bisogno, o quando è libera dalle cure domestiche, negli uffici, impieghi, industrie extrafamigliari.


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Nel libro dell' Ecclesiastico si legge che Dio:

«Dalla sostanza di lui (dell' uomo) creò un aiuto simile a lui: diede loro la ragione, e la lingua, e gli occhi, e le orecchie, e spirito per inventare, e li riempì dei lumi dell' intelletto.— Creò in essi la scienza dello spirito, riempiè il cuor loro di discernimento, e fè ad essi conoscere i beni ed i mali.—Appressò l'Occhio suo ai cuori loro per fare ad essi conoscere la magnificenza delle opere sue.—Afflnchè essi dieno lode al Nome suo santo e vantino le sue meraviglie e raccontino le opere grandi fatte da Lui.—Aggiunse in pro loro le regole dei costumi e diè loro in retaggio la legge di vita.—Stabili con essi un patto eterno e fece loro conoscere la giustizia e i suoi precetti.—Vider con i proprî occhi la grandezza della sua Gloria e la gloriosa Voce di lui feri le loro orecchie ed Egli disse loro: guardatevi da ogni sorta di inquità.—E comandò a ciascuno di essi di aver pensiero del prossimo suo.—Egli tien sempre gli occhi suoi sui loro andamenti, i quali non possono essere celati a Lui».— (Capo XVII. v. 5 - 6 - 7 - 8 - 9 - 10 - 11 - 12 - 13).

Agli Scolastici poterono sfuggire le verità essenziali riguardanti la donna, perchè non l' amavano! Se fosse stato loro possibile si sarebbero disfatti della donna, e, contrastando alla stessa divina rivelazione, considerarono e trattarono quella come uno scarto della natura. Le negarono perfino il diritto all'uso della parola per darlo soltanto e pienamente all'uomo. Non seppero quindi neanche rilevare quello che avveniva, in conferma della Parola di Dio, mentre sempre le donne, sante e non sante, diedero a vedere l' ingiustizia delle teorie scolastiche e la verità della divina rivelazione, sia quando esse, per casi furtuiti, riuscirono a scampare dal comune naufragio, e, con mezzi imperfetti, con pochi di quegli aiuti, che erano concessi all' uomo, lo eguagliarono, e perfino lo superarono di molto nell' arringo del sapere e nella saggezza delle azioni; sia quando palesarono le stigmate dolorose impresse nel loro spirito dalla schiavitù in cui era tenuto.

Cito per tutte, Santa Teresa, parendomi di vedere in lei, più che in ogni altra, il tipo rappresentativo delle più, e anche perchè ella ne ha decifrato magistralmente lo stato d' animo.

Teresa di Gesù, nei suoi libri immortali (nei quali, tra parentesi, non v'è neanche l' ombra di errore, in materia di fede (*) Santa Teresa fu allevata come si allevano le donne, cioè in base ai pregiudizi. Non è quindi meraviglia se ella ha qualche espressione che pecca in senso scolastico. Sono espressioni, però, che, per lo più, a ben considerarle, si traducono in lagnanze per la condotta maschile. Per es. in un caso che, per brevità non espongo. ella scrive: Conviene…. raccomandar loro (alle donne) seriamente il segreto, e serbarlo poi loro altresì, com' è del resto preciso dovere. E' tanto dico, memore di quello che mi toccò soffrire, per essere stato (il segreto) a mio riguardo, men fedelmente tenuto», (Vita. Edizione di Modena. 1871). A non mantenere il segreto, come la Santa si lagna, erano stati un pio gentiluomo e un dotto sacerdote., a differenza delle opere dei Dottori Ecclesiastici, che non ne sono scevre) esce qua e là in lamenti, circa il guaio dell' ignoranza. Nel «Castello Interiore», l' ultima e più perfetta opera che la Santa abbia scritto, si leggono nientemeno che queste parole: «Assai, quanto a me, ebbi a soffrire più volte di questo spargersi tumultuoso della mente, e sarà solo poco più di quattro anni, che venni a conoscere per esperienza, come l' immaginazione e l' intelletto non sieno per nulla la medesima cosa. Ne interrogai persona molto dotta, e mi rispose che la cosa stava appunto cosi, il che fu per me di non lieve contento.» Quando scrisse questo aveva 62 anni, dunque, fino a 58 anni, una donna d' intelligenza cosi profonda, una Maestra cosi insigne ignorava cose tanto elementari, mentre. S. Tommaso tanto studiò, tanto indagò, che non si capisce come abbia potuto trovare il tempo di scrivere. E poi, il Rösler ha avuto l' animo di citare questa Santa, come una prova della pretesa incoerenza femminile, offendendo cosi la Santa e tutte le donne. Nel suo libro pernicioso: «La condizione della donna nella umana convivenza» a pagina 38, egli scrive: «La lettura del suo stupendo libro: Via della Perfezione, per esempio, stanca l' uomo, almeno per la mancanza del sistema. A un uomo dotato di uguale ingegno sarebbe stata impossibile una si saltuaria trattazione, con tante digressioni. Non sarà questa un' assoluta imperfezione; ma rende ad ogni modo sinceramente una caratteristica femminile».

S'era leale dovea dire che se una monaca, digiuna affatto di scienza, ignara delle regole più elementari della logica, ha scritto quel che ha scritto, quanto si sarebbe potuto aspettare dalla stessa, s' ella si fosse coltivata nelle scienze astratte, come ha fatto lui. Per quanto io so, nessun uomo, nessun Santo, ad eccezione degli Apostoli, ha scritto opere, senza avere fatto i debiti studi, mentre se ne contano delle donne che ciò fecero. D' altronde la Santa scrisse quel libro, quasi si direbbe di proposito, un po' sans façcçon, intendendo di buttar giù uno scritterello (la parola è della Santa) «secondochè—ella scrive—mi darà il Signore ad intendere, ed essi (i punti da trattare) mi si presenteranno alla mente. Senonchè, siccome non so neppure ancora di che cosa parlerò, non potrò di fermo scrivere con certo qual ordine; ma meglio forse sarà che punto non ne ve sia, giacchè è fuori d' ogni ordine ch'io mi metta a scrivere».

E poi, la Santa sa di non sapere e lo dice in più parti: «O Signor Nostro, deh! vogliateci porre a conto, il molto che, per difetto di sapere, noi soffriamo nelle vie spirituali» (Castel Io Interiore. Mansione IV.) (1) La Principe dei Mistici è tutto l' opposto del Principe degli Scolastici, per colpa dei sistemi antifemministi: La prima si raccomanda a Dio, perchè voglia tener conto del molto che ella e le sue simili soffrono per difetto di sapere: il secondo discute, nelle Somme, se l' abito e l' atto della scienza quivi acquisita rimangano nell' anima separata e risponde doversi dire con verità che vi rimangono….. E altrove: «e ciò avviene in me, perchè poco so…» (Idem). E nella mansione V.: «E dir non si può in quante guise esso (il demonio) inganni le donne e gli ignoranti, che non conoscono la differenza che v'è tra l'immaginazione e le potenze, nè tante altre cose che sono interiori…» E ancora nella, mansione IV. «…. Poco io so di coteste passioni dell' anima e di ciò che procede dai sensi e dalla natura, chè, se il sapessi, mi darei forse meglio ad intendere; ma tanto son rozza, che, quantunque capisca una cosa, per via di esperienza, non la so poi far capire agli altri, per via di parole o d' immagini. Son pure il gran che per tutto, il sapere le lettere!» E verso la fine di questa mansione: «E, perchè poi, a noi in particolare, che siamo estranee alla scienza, il consiglio che ci si dà di disprezzare somiglianti pensieri, e le ragioni, che i libri ci porgono a tal uopo, non basteranno sempre a mettere il vostro spirito in pace, ecco perchè non penso io di perdere il tempo che impiego a istruirvi più a fondo…».

Ma la pagina più scultoria è la seguente, cui non so come tanti dotti uomini abbiano potuto leggere, senza pensare che nel campo femminile, le cose non andassero tutte come sarebbe stato desiderabile:

«… Ciò che c'inganna—scrive la Santa—è, che immaginando noi nostra unica scienza dover essere di pensar a Voi (a Dio), neppur sappiamo interrogare quelli che sanno, nè crediamo che vi sia cosa da domandare, e, per non conscere noi stesse, passiamo terribili travagli; ciò che è bene ci sembra male, e teniamo come colpa cose che non sono colpa altrimenti.

«Indi, ordinariamente, provengono le afflizioni di tante persone d' orazione, ma di quelle particolarmente che non hanno lettere, indi il lamentarsi ch' esse fanno delle lor pene interiori, indi, finalmente, quelle malinconie che lor van limando la sanità e fanno loro abbandonare ogni cosa. Non considerano siffatte persone, come vi sia dentro di noi quasi un altro mondo, il quale è tutto interiore; e che, siccome non possiamo rattenere il corso del cielo, che colla prodigiosa sua velocità non s'aggiri, cosi neppure è in poter nostro d' infrenare l' instabil volo della nostra immaginazione. Tosto noi, invece, nella nostra imperizia, confondendo l' altre potenze dell' anima colla immaginazione, e persuadendoci che questa se le tragga pertutto dietro, ci crediamo d' esser perdute, e pensiamo d' impiegar male il tempo che passiamo alla presenza di Dio; e forse allora l' anima è tutta unita a Lui nelle dimore più alte, mentre soffre, non senza gran merito, gli erramenti della fantasia, smarrita tra le bestie crudeli e velenose che si stanno ne' dintorni del mistico castello. Che però non abbiamo a turbarcene, nè a lasciar l' impresa, che è quello che pretende il demonio.

«La più parte, ripeto, concludendo, delle nostre inquietudini e delle nostre pene, viene da questo, che noi non conosciamo noi stessi».

Ma anche la scienza si trova d' accordo con la divina rivelazione, mi permetto di darne alcuni accenni, anche a motivo che gli antifemministi hanno scritto pessime cose, anche in fatto di fisiologia cerebrale, per ignoranza e preconcetto:

Anzitutto, essa dichiara che, nel cervello umano, vi sono dei fenomeni complicatissimi, nel cumolo infinito di visceri onde è composto, alcuni dei quali comincia oggi a intravvedere e di altri, che pure esistono, non ha ancora la più lontana idea. «Se noi ci basassimo—scrive il dottor Roster—sopra l' esame grossolano della forma o del volume di un cervello, per trarre da questo studio astratto, delle conclusioni, ci troveremmo al caso di vedere distrutte quelle conclusioni, dalla storia dell' individuo, a cui quel cervello aveva appartenuto. La quantità di sostanza grigia (cioè delle cellule, nelle quali si svolge il lavoro della mente) non è proporzionale alla capacità intellettuale… nessuno può dire che la capacità cranica maggiore possa influire sul grado dell' intelligenza». Il dottor Mosso confrontando la grande differenza che passa tra i cervelli che appartennero a scienziati, ad uomini di genio, (1) La media del peso del cervello è di grammi 1362, oscillante fra gli estremi più disparati: Per es. il cervello del dottor Döllinger pesava gr. 1207, quello del Gambetta gr. 1180, press'a poco come quello di Daute Alighieri. Il medico tedesco Wagner ha fatto importanti ricerche, e un gran numero di cervelli da lui studiati al disopra di gr. 1643 erano di idioti. Ma Napoleone Bonaparte ebbe un cervello che pesava gr. 1643, quello del prof. Byron gr. 2228, quello dei dottor Turghenieff gr. 2201, quello del dottor Knight 1984, e potrei, continuare nelle citazioni. dice che, oltre alle differenze materiali del peso del cervello, ve ne devono essere delle funzionali nelle cellule nervose dei vari cervelli.

Infatti, se si dovesse misurare l' intelligenza con la costituzione e peso del cervello, si finirebbe per affermare che molti animali sono più intelligenti dell' uomo. Da un altro agente dipende il valore intellettivo: dall' anima, la quale nè si pesa, nè si misura, e può essere grande in un cervello piccolo e vice-versa.

Queste osservazioni sono una risposta sommaria a coloro che pretendono dimostrare che le donne hanno minore intelligenza, perchè il loro cervello pesa, in media, da 130 a 160 gr. meno di quello dell' uomo.

Ma alle operazioni della mente, è necessario il cervello, che ne è perciò lo strumento prezioso; e non è cosa indifferente che esso sia in buone o cattive condizioni, bene o male costituito. Perciò, cito alcuni dati, per dimostrare le perfezioni del cervello muliebre, e come esso patisca detrimento, pel trattamento impostogli dal regime antifemminista.

Dall' esame comparato, tra i due cervelli maschile e femminile, è risultato che, rispettivamente, alla capacità cranica di ciascuno dei due, pesi più il cervello femminile (1) Il Roster, dottor di antropologia, scrive che la quantità del liquido cefalo-rachidiano, in cui è sospeso e immerso l' encefalo, può variare e quindi modificare il rapporto tra capacità cranica e volume della massa cerebrale e nascondere, in crani voluminosi, cervelli piccoli e normali, e far si che due crani uguali racchiudano due cervelli di peso differente.. Di più, il cervello della donna supera quello dell' uomo nel peso relativo allo sviluppo somatico. Il dottor Manouvrier, fra gli altri, ha trovato che il peso dell' encefalo nella donna è più grande che nell' uomo, proporzionatamente alla massa del corpo. Ciò è provato anche dai risultati del dottor Biscoff, il quale ha scoperto che il peso del cervello di neonato è, in media, minore di quello della neonata, quello del primo pesando gr. 367, quello della seconda gr. 369. Alcuni medici, tenuto conto delle cause di arresto, nello sviluppo del cervello femminile, hanno dichiarato infondata l'affermazione del minor peso di esso.

Il Topinard, uno dei più celebri antropologi della Francia, nella «Revue d'Anthropologie», concludeva: «Non vi è differenza di sesso, quanto allo sviluppo cerebrale, e si potrebbe perfino sostenere, tenuto conto di quello che l' anatomia comparata dà come vero progresso dell' encefalo, che, nell' evoluzione cerebrale, la donna è più avanzata dell' uomo».

Ma il cervello della donna pati detrimento, e, quasi si direbbe, si atrofizzò. Ogni azione genera moto: il sangue corre in maggior copia a nutrire i centri nervosi superiori, mentre ferve l' attività intellettuale, corre meno, appena subentra il riposo della mente. L' antropologia ha dimostrato che il cervello non cresce con progressi uniformi e regolari, ma sotto le diverse tendenze che lo stimolano, ed ha periodi d' intensa attività e di sosta. L' esercizio intellettuale è necessario per assicurare lo sviluppo, l' agilità, la forza del cervello, e affinchè i centri nervosi non si ottundano ed infiacchiscano.

Le ultime scoperte della fisiologia umana e della frenologia dimostrano che la respirazione, la circolazione e la stessa posizione del corpo, (per legge di gravità) possono determinare dei veri movimenti ed anche del piccoli cambiamenti di volume, nell' encefalo. Il cervello, nella sua lenta evoluzione, a seconda del genere di applicazione mentale, si differenzia, nelle singole parti che lo costituiscono.

«Le attitudini intellettuali, come funzione reflessa dei sensi —scrive il Roster—sono latenti nei due sessi, ma subiscono un grandissimo numero di variazioni a seconda del grado di coltura e in virtù della sensibilità acquisita.

«I due emisferi del cervello sono uguali, tanto nell' uomo che nella donna, le circonvoluzioni disegnate, rotte, spezzate, infossate nella medesima maniera; la disposizione delle cellule nervose è identica nelle varie zone, la sostanza grigia forma un mantello dello stesso spessore nell' un sesso e nell' altro: ma la funzione non è identica, il patrimonio intellettuale è costituito da un cumolo innumerevole di frazioni che hanno diversi esponenti. La somma di tutte queste piccole frazioni, nei due sessi, ci dà numeri molto simili, perchè è latente una potenzialità eguale, ma, ad un esame superficiale, si notano differenze evidenti, perchè l' educazione di questi gruppi di cellule nervose, è, nell' uomo, continua, lenta ed incosciente. Essa è il prodotto di una ginnastica di reazioni che perfezionano le vie della sensibilità, della sensitività e della coordinazione dei movimenti, sotto il dominio e la direzione dell' organo centrale».

Il cervello della donna patì non solo per difetto di esercizio, ma anche indirettamente per la povertà del sangue, frutto della scarsezza d' aria, di moto, di luce solare, e dello sviluppo somatico arretrato.

Anche riguardo allo sviluppo somatico gli scienziati hanno constatato cose che sono d' accordo con la divina rivelazione, perchè non si riesce a pensare che Iddio abbia creato Eva alcuni decimetri meno alta di Adamo, e cosi sottile e anemica, come si vedono troppe donne al di d' oggi. Soltanto nella coppia umana si dà questo triste fenomeno, mentre invece negli animali mammiferi, la femmina è grande come il maschio, o poco meno; nei rotiferi, nei crostacei, nei pesci, nei serpenti, la femmina è più grande del maschio, e fra gli uccelli, nei falchi e nei rapaci notturni, le femmine sono più svilluppate e più robuste.

Il dottor Pagliani, nella sua opera: «Sopra alcuni fattori dello sviluppo umano» 1876, pag. 61, ci presenta il seguente specchietto dello sviluppo della statura maschile e femminile:

EtàMaschiFemmine
10-11126.3130.6
11-12128.1133.5
12-13132.1139.4
13-14137.5146.4
14-15140.0152.1
15-16148.6154.0
16-17151.2154.1
17-18151.4154.4
18-19154.3155.3

Il Ploss nel suo lavoro: «Das Weib in der natur und Volkerkunde» Leipzig, 1887, espone, comparativamente, statura e peso nei due sessi portando a cento il valore maschile.

EtàStaturaPeso
390
49997
59997
69898
79690
89791
99297
1010099
11101101
12102101
13102106
14103105
15101104
169795
179690
189690

Confrontando fra di loro i due rapporti del Pagliani e del Ploss, si rivela una leggiera discordanza, nei dati che ci hanno, rispettivamente, fornito, sullo sviluppo del corpo umano. La differenza è spiegabile con la nazionalità diversa degli individui presi in esame, dai due scienziati, ammesso che entrambi abbiano fatto le loro constatazioni con criteri strettamente oggettivi e scientifici.

I pochi gradi di peso, di altezza, che la donna, normalmente sviluppata, ha meno dell' uomo, non indicano difetto, ma destinazione diversa d' una forza che, in entrambi i sessi. è su per giù eguale. Ad un certo punto della crescenza, il cumolo di energie fisiologiche della donna, si scompone in due correnti destinate a provvedere a due diverse funzioni, cioè al processo di ossificazione e muscolare, e alle funzioni della maternità, e con ciò è spiegato, perchè ella, abbia minore ricchezza di forze muscolari dell' uomo.

E qui non posso a meno di dire una parola riguardo alle mestruazioni.

Iddio per elevare l' Ebreo carnale, potè dichiarare immonda tale cosa, ma quello che era espediente nella legge antica, non lo è nella legge di Grazia. Invece gli Scolastici hanno fatto, di quel particolare della legge mosaica, una piattaforma per iscreditarci.

Nella donna, fino ad una certa età, è acceso il focolare di energie vitali, per la produzione della specie; a tale scopo ella ha un ricambio più attivo, di quanto sarebbe richiesto dai bisogni del suo organismo, dalla maternità in fuori; il soprappiù che ne risulta è destinato alle funzioni materne e quando non va speso nella nutrizione dell' embrione, viene emesso, mediante le mestruazioni. Queste, le mestruazioni, sono in istretto rapporto con la maturazione del nucleo germinale, che è negli ovuli; è sangue vivo quello che emettiamo mensilmente, da non confondere con le altre superfluità, con le materie impure e corrotte, come fece l' Aquinate, mentre invece è da paragonare ad una ricchezza, che non è stata impiegata in un dato modo. Supporre ch' esso sia qualche cosa di morto, di fetido, è supporre semplicemente che il sangue che circola per le nostre vene sia morto e fetido. Le mestruazioni regolari sono l' indice sicuro della salute, della vitalità nostra. La donna normale non soffre alcuna di quelle crisi che certuni amano supporre: un po' di debolezza il primo giorno, o il giorno precedente, e niente più; ma anche gli uomini hanno i loro quarti d' ora di malessere e di debolezza.

Si tratta, nelle mestruazioni, non di malattia, ma d' una provvida legge di natura, che/deve conciliarci, giustamente, il rispetto dell' uomo e non attirarci il suo disprezzo.

I giovani, che, per prepararsi, a un qualche speciale ufficio, hanno da conoscere questa legge, vi vanno iniziati con uno spirito quasi religioso, affinchè si avanzino con la gravità e rispetto di chi si inoltra in un santuario.

Ma queste brevi note scientifiche, mentre suffragano la mia tesi circa la necessità d' un trattamento più umano dovuto alla donna, neppure sarebbero occorse, perchè è stato sempre evidente che la compagna dell' uomo esigeva, sotto ogni rapporto, fisiologico, morale, intellettuale, un trattamento simile a quello di lui, il quale, per fortificarsi nelle membra, per godere la libertà, per istruirsi, non ha aspettato i responsi della scienza.


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La donna è fondamentalmente eguale all' uomo: l' anima spirituale è la forma sostanziale di entrambi, l' elemento determinatore della loro nobiltà ed eccellenza, il principio operatore dei loro atti, la sorgente originale di tutte le loro perfezioni. L' uomo e la donna sono eguali nelle potenze volitive, raziocinative, intellettive, nella produzione, dirò cosi, degli atti di ragione, di volontà, nella capacità di sentire, di volere, di pensare, soggetti alle stesse leggi, mossi dalle stesse passioni irascibili, concupiscibili.

Ma le caratteristiche primarie e secondarie del sesso, senza impedire, nè diminuire le funzioni superiori dell' anima, ne colorano, quasi dirò, le operazioni, vi mettono alcunchè delle loro disposizioni:

La maternità fa prevalere nella donna la tenerezza, la muscolosità, maggiore, dell' uomo, fa prevalere la durezza. Tenerezza e durezza che hanno sede nel sentimento e sono, la prima, una qualità, la seconda, un difetto di esso, e possono dirsi: spirito di maternità, amore, altruismo, l' una; egoismo, freddezza, l' altra.

L' uomo addolcisce, corregge la sua durezza, con la ragione, con la influenza morale che su di lui esercita la donna, e con il sentimento della paternità: La ragione gli mostra la convenienza, il dovere d' impiegare le sue forze agli alti scopi, onde ne è fornito, la donna gli ispira la giustizia e la bontà; la paternità può sviluppare in lui tal grado di sentimento da renderlo simile ad una madre. Corretto il difetto (il che non accade sempre, mentre più spesso un' educazione male impartita (1) Nell' uomo si sviluppa l' intelligenza a scapito del sentimento, lo spirito d' indipendenza a scapito di quello della giustizia; nella donua si tende a sviluppare il sentimento a scapito della intelligenza, e se ne rovina il carattere con l' abitudine della soggezione. Cosicchè nell' uomo è favorito l' egoismo e la durezza, e nella donna si erea il vuoto ed il malcontento. Quindi la tendenza alla brutalità sta al sesso maschile, come quella alla vanità sta al sesso femminile. glielo accresce) egli è portato a virtù magnanime, mette le sue forze al servizio del bene e della giustizia.

Siccome invece nella donna, la tenerezza non è un difetto, ma, come ho detto, una qualità, cosi basterà ad essa lo sviluppo ed uso della ragione. Infatti, lo spirito di maternità rende la donna più schiva del male, aliena da qualunque tendenza alla distruzione, all' aggressione, alla crudeltà, al sangue, e fautrice di conservazione, di progresso, di pace.

La scienza antropologica è d' accordo in ciò con la generale esperienza: dalle indagini fatte, nel cervello della donna, questa risulta superiore all' uomo, cosi nel campo dei sentimenti fini (il cosidetto tatto), come in quello dei sentimenti grandiosi della devozione e del sacrificio.

Riguardo, più propriamente, all' intelligenza, essa, nell'uomo e nella donna, come ho accennato poco fa, è uguale nella capacità di apprendere, di astrarre e quindi di analizzare, d'indagare, d' inventare, di costruire ecc. e nell' amore della verità. Il sesso, come non toglie la integrità fisiologica, cosi non diminuisce, nella donna, la potenza dell' ingegno, come erroneamente si è creduto. Chè, anzi lo spirito di maternità le dà il vantaggio, sull' uomo, d' un fine e facile intuito, d' una agilità e acutezza maggiore nell' acquisizione del vero, e d'un grande potere di assimilazione delle idee, e ciò a motivo che per esercitare la mente ci vuole la volontà, che è potente e fervida nella donna, in forza dell' amore che la muove.

Nell' uomo, la sete del lucro, l' amore della gloria, l' orgoglio che lo spinge alla ricerca degli onori, sostengono lo sforzo nell' acquisto della sapienza e riparano, in qualche modo, al difetto della virtù affettiva, che invece è vigorosa nella donna.

Le parole dell' Aquinate (Somma teol. Parte I. Quest. 85, art. 7): «Quindi è che fra gli uomini, essendovene che hanno corpo meglio disposto, ricevono anima di maggior forza nell' intendere…. Quelli, intatti, nei quali la facoltà dell' immaginare, del pensare, e del ricordare è meglio disposta, riescon più pronti ad intendere», le parole di Aristotele riportate pure nel citato articolo: «Scorgiamo forniti di bello ingegno i delicati di membra», e di Santo Agostino, citate nella quest: 42 art. I.: «… l' esser migliori vale lo stesso che esser superiori, poichè migliore è detta quella cosa che è più perfetta», possono applicarsi alla donna che ha la finezza della carne e la bontà del tatto, e la facoltà dell' immaginare, del pensare, del ricordare meglio disposta e che sunt signa boni intellectus, come aggiunge l' Aquinate nella «Contra Gentiles», pur lontano dal pensare che diceva cose che, nella donna, trovavano un sicuro esponente.

Si potrà dire che la donna ha minore merito dell' uomo ad essere virtuosa, data la bontà delle disposizioni, delle doti naturali di lei, nel senso inteso per gli angeli che ad esser puri e santi non hanno il merito dell' uomo che deve lottare contro potenti passioni, ma non si può negare che la donna sia moralmente superiore all' uomo. Certamente, che anche la donna ha difetti e tendenze al male, ma non nella misura che si vede fra gli uomini (1) Dal volume della statistica di criminalità, pubblicato a cura dell' ufficio di statistica, presso il Ministero di Grazia e Giustizia, si ricava che gl' individui condannati nel 1910, il 18.10 per cento erano di sesso femminile, e l' 81.90 per cento di sesso maschile. A questi ultimi si aggiungono tutte quelle categorie di uomini, che pur non cadendo mai sotto i rigori penali della legge umana, ingannano il prossimo, dissacrano la famiglia, calpestano il dovere, la virtù. Nella percentuale delle condannate, sono da contare quelle che lo furono per infanticidio. Disgraziatissime donne, che peccarono, perchè tradite dall' uomo e trovandosi in condizioni angosciose e disperate..

A Dio piacque di stabilire che la donna avesse per capo l' uomo, sebbene sia a lui superiore per le doti dell' animo, affinchè fosse rispettata la libertà umana, della quale Egli dispone cum magna riverentia, a differenza dell' uomo che nella donna la trattò di regola dispoticamente. Se il coniuge, che è il capo dell' altro, avesse anche la missione di moralizzarlo, la libertà interiore ne soffrirebbe, perchè il coniuge dipendente praticherebbe la virtù per forza di subordinazione. Invece la donna, in grazia della sua natura inclinata al bene, lo pratica spontaneamente, anche fra mezzo ad ostacoli e difficoltà, e l' uomo anche quando assecondasse in tutto i consigli ed i suggerimenti della moglie, in ordine alla virtù, alla pietà, al dovere, potrebbe dire di far ciò liberamente, e di non avere rinunciato alla libertà di coscienza, di pensiero.

Quando ho letto che l'uomo è capo della moglie per correggerla e per castigarla, sono caduta dalle nuvole. Come è stato possibile, nella Chiesa, una tale supposizione, mentre si può dire, che in ogni famiglia cristiana, una o più donne gemono per gli errori e vizi dell' uomo, e fanno voti e sacrifici pel ritorno a Dio del loro caro?

Perfino le fanciullette si mostrano, spontaneamente, sollecite del bene spirituale dei fratelli, anche maggiori, e del babbo. Nelle case, sono sempre la mamma, la nonna, le sorelle, le zie, le parenti, insomma, che attendono all'insegnamento religioso dei fanciulli, che spronano i famigliari all' osservanza della legge di Dio, e della Chiesa, ad accostarsi ai Sacramenti, a deporre l'ira, il furore, i propositi di odio e di vendetta. Tutto ciò è verità di fatto. è lui, invece, che ha bisogno dell'azione, dell' aiuto della donna, per correggersi, per migliorarsi. Donde la necessità d' insegnargli a rispettare ed a stimare la donna, affinchè, per gelosia di sesso, o per rispetto umano, non rigetti il latte spirituale sostanzioso, ch' ella amorosamente gli porge.

La donna-moglie è immagine della Chiesa, la quale non costringe alcuno ad entrarvi, o a rimanervi, ma frattanto, con la forza dei principî ch' ella insegna e con le grazie della carità, converte i popoli, e promuove la civiltà cristiana (in quanto che essa, la Chiesa, si oppone alle teorie del paganesimo). I capelli che le avvolgono flessuosamente il capo, ne sono un ornamento naturale. Il velo con cui suole coprirsi è usato per riguardo alla debolezza dell' uomo sensuale. Capelli e velo, unitamente alle altre grazie, onde Iddio ha arricchito la donna, in vista della sua missione di bene, sono atti a simboleggiare la Chiesa, la quale, dice il Salmista, è regina in manto d' oro, con ogni varietà d' ornamento, (Salmo 44 v. 9), ed è vestita d'un abito a vari colori, con frange d'oro, (Salmo 44 v. 13). Il simbolo della soggezione muliebre, nei capelli e nel velo, l'hanno trovato gli antifemministi, che dappertutto, nella donna, vedono soggezione e simboli di soggezione.


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Sebbene, la donna madre abbia forze fisiche, cui può impiegare in lavori materiali, per guadagnare il sostentamento per sè e per i figli, ed abbis, per naturale istinto materno, un'azione protettiva e difensiva (tante volte le tocca difendere i figli, proprio contro la cattiveria dol padre), purè l' uomo in queste cose è superiore a lei. La sua, costituzione fisica mostra già come egli sia, più della donna, atto alla fatica, ed alle opere di difesa (materiale). L'uomo e la donna sono simili tra di loro, la differenza sta in certe tendenze e disposizioni che in uno sono più spiccate che nell'altro e che quindi si integrano a vicenda, sicchè l' uno trae beneficio e giovamento dall' altro. Nel matrimonio dà e riceve l' uomo, dà e riceve la donna, pel raggiungimento dei fini comuni; da ciò la necessità ch' ella sia sua socia, negli affari, sua confidente, nella vita di lavoro, e, secondo la qualità dell' azienda, sua collaboratrice, I. perchè ella vi è direttamente interessata, II. per contribuirvi con la sua opera preziosa, III. sopratutto, per esercitare, sul marito, la sua azione moderatrice ed elevatrice, altrimenti, egli, ingolfato negli interessi materiali, troppo attratto dagli utili finanziari, facilmente dimentica Dio e l'anima, si dilunga dalle vie della giustizia, ovvero, per disamore, si abbandona ai piaceri, e quindi consuma malamente i guadagni, dilapida le sostanze; tutte cose che avvengono troppo spesso, perchè non è bene che l' uomo sia solo.

La donna ignara di tutto, fa sorridere e magari adirare l' uomo, a cui, senza discernimento, in fatto di opportunità, raccomanda il bene. La sua parola deve scaturire dal conoscimento della realtà, la sua azione morale dev' essere connessa alla vita di affari e di lavoro, non saltuaria, staccata, slegata; la sua influenza dev' essere continua e come inavvertita, per spontaneità e naturalezza. E' appena credibile il gran bene che opera la donna sull' uomo, in particolare, e nella famiglia, in genere, quando ella si trovi nelle condizioni convenienti!

La donna forte (1) L' esclamazione di Salomone: «Chi troverà una donna forte?», anche confrontandola con quello che le fa seguito, serve a segnalare maggiormente l' altissimo pregio in cui dev' essere tenuta una tal donna, non già l'eccezionalità della stessa. Se quelle parole significassero che è impossibile o almeno difficile trovare una donna forte, sarebbero contro la consueta esperienza, ed a maggior ragione, si potrebbe affermare, cou le Scritture alla mano, che nessun uomo è fedele, prudente, veritiero, casto, che nessun ricco si salva. Per es. nei Prov. è chiesto: «…. Ma un uomo fedele, chi lo troverà?» c. 20 v. 6. delle Scritture è sempre stata un tipo comune di donna e diverrebbe molto più comune, e la sua azione sarebbe molto più efficace, quando le donne fossero liberate dalla schiavitù che le opprime.

Riguardo all' autorità maritale osservo: I. Ch' essa poggia sul dovere che ha l' uomo di mantenere, di difendere la famiglia, e perciò essa è di natura economica, perchè appunto il lavoro di lui suppone difficoltà, attriti ch' egli deve fronteggiare con libertà di mezzi, di azione, di disposizione.

II. Ch' egli, in questa sua azione non rende un beneficio gratuito, sicchè lui abbia tutti i diritti sulla donna, perchè la mantiene. perchè le dà da mangiare. Mi permetto d' insistere su tal punto, perchè sono molti i disordini e gli errori che nascono da questa idea, come se tutto fosse niente, di fronte alle poche lire, che l' uomo dà, quando le dà, in famiglia, nella quale egli più che padre, è, non di rado, un sultano. I lavori famigliari equivalgono i suoi servigi. Il governo della casa, insegna giustamente lo Scrittore Lorenzo Von Stein, è un ramo del lavoro umano perfettamente uguale al lavoro compiuto dall' uomo; questo ramo, è vero, non dà prodotti immediati, ma crea le forze produttive» ed io aggiungo: custodisce ed utilizza i guadagni. Inoltre, le forze muscolari ch' egli ha più di lei, per la vita di lavoro, corrispondono alle maggiori energie, onde ella è provvista per i suoi uffici materni, nei quali ella compie operazioni, certo superiori a quelle amministrative del marito.

III. Che l' amministrazione della famiglia non deve essere espropriazione della moglie. S' ella ha rendite, o fa guadagni, contribuisca lei liberamente, e non sia, quasi si può dire, derubata da lui, come spesso avviene, di modo che ella non ha neppure diritto di domandare al suo uomo, come impieghi gli utili dei beni ch' ella possiede, e se lavora, dopo che è stata sfruttata dal padrone, deve consegnare la sua mercede all' uomo, sino ad esser priva d' un soldo, per comperarsi un pane, o d'un po' di denaro (che deve quindi aspettare da lui), onde vestire i figlioletti. Neppure quando non guadagna, nè ha rendite, la donna va tenuta priva di denaro, ed il marito deve disporre con una tale larghezza, che a lei possa sempre restare un margine, cosi da non essere costretta a ricorrere a lui per i minuti bisogni e soddisfazioni personali, o dei figli, con iscapito della sua autorità materna, e con offesa della sua dignità.

IV. L' autorità maritale è accidentale e naturale: E' accidentale, perchè implica un'autorità accidentale, indipendentemente dalle virtù e doti d'animo maggiori o minori di lui o di lei. Vale quindi anche per la moglie il precetto della Chiesa che comanda di ubbidire ai superiori in autorità, e quindi anche se la persona dipendente fosse più ricca, più virtuosa, più dotta ecc. del suo superiore. E' accidentale, anche perchè la donna dipende dall'uomo solamente quando è sua moglie, e in quanto è moglie, come si deduce dalle parole di S. Paolo: Mulieres viris suis subditae sint, cioè ai loro mariti, non a tutti gli uomini e in quanto tali.

E' naturale, perchè è da natura, che nelle istituzioni, nelle società, anche di due o poche persone, vi sia un capo, la cui autorità, come scrive il giurista Marcello Arduino, a proposito dei rapporti coniugali, può benissimo non aver mai occasione di farsi valere, ma che, all'occorrenza, assicuri all' istituzione quell' unicità di svolgimento, che non si potrebbe avere se due e discordi fossero i capi. E' naturale, anche perchè è definita da condizioni naturali, cioè dalla maternità. Se non fosse per questo, l' elezione del capo, nella società domestica, sarebbe fatta a scelta e non indicata dalla natura.

V. Ogni autorità ha i suoi limiti imposti dagli scopi di essa, e quindi anche quella maritale ha limiti fissati dagli scopi, per i quali è voluta, che sono: l' unità d' indirizzo famigliare e la difesa della maternità. La donna quindi deve obbedire, sempre che, nelle disposizioni del marito. non vi sia offesa di Dio, aperta e grave imprudenza, danno per i figliuoli, e nelle cose che concernono l' indirizzo dell' azienda domestica, fuori delle quali l'uomo non ha autorità sulla moglie, la quale perciò ha completa libertà di coscienza ed è padrona dei suoi atti.

VI. L' uomo, anche nell' ambito della sua autorità, può rinunciare ai propri pareri e voleri, per fare quello che dice la moglie, senza che per questo si debba dire ch'egli è esautorato; perchè egli segue i pareri della moglie di propria elezione, in vista, per es., della ragionevolezza, bontà, utilità di essi, li segue quindi perchè vuole, mentre invece la moglie, in ossequio alla parola del Signore, fa la volontà del marito, perchè deve, anche se le paresse che le proprie ragioni sarebbero migliori di quelle di lui. Ilo spiegato questo pensiero, perchè, per insensato orgoglio, molte volte, gli uomini disprezzano quello che dice la loro moglie, non già perchè dica male, ma perchè è donna, e temerebbero si dicesse che non portano più i calzoni.

VII. La dipendenza della moglie non deve andare a offesa e detrimento della sua personalità, la quale è sacra come quella del marito, risultante degli stessi elementi, e cioè di intelligenza, di coscienza, di libertà. Come i liberi cittadini non perdono nulla della loro integrità personale, della loro autonomia, sebbene sieno soggetti alle eque leggi dello Stato, non solo, ma hanno, in dette leggi, una garanzia per l' esercizio della loro libertà, cosi l' autorità del capo di famiglia deve andare a beneficio della consorte. Come farebbe cosa malvagia il soldato che rivolgesse l' arma contro la patria, altrettanto, se non di più, è malvagia e snaturata la condotta del marito che invece di difendere, concluca, asservisce, bistratta la moglie.

VIII. L' autorità maritale è la più lieve, è la più limitata di tutte le autorità, la suddita essendo compagna e condomina di colui, che ha autorità su di lei. La moglie deve riverenza al marito, perchè suo capo, il marito deve riverenza alla moglie, perchè questa è il suo angelo. I disordini domestici, che oggidi tutti deplorano, non sono perchè la donna non è abbastanza sottomessa, come dicono gli antifemministi, ma perchè è disprezzata, esautorata, avvilita. Per l' uomo privo d' ogni educazione famigliare, la casa è divenuta, albergo o tana, ove egli entra, soltanto per fare i suoi comodi, per sopraffare la donna, per gravare sulle condizioni generali della famiglia, per darvi scandalo.

IX.—Quando saranno posti i giusti limiti della autorità e della soggezione coniugale, non si sentirà più il bisogno (!) d'impedire il perfezionamento fisico e intellettuale della donna, per assoggettarla all' uomo (1) Gli antifemministi videro sempre, nella donna sana, istruita, cosciente, un pericolo, una minaccia, contro la totale subordinazione da loro pre tesa.. La fiducia e il rispetto saranno vicendevoli. L' autorità e la soggezione saranno ragionevoli e sane. La giustizia e la pace si baceranno.

X.—Nè la donna è la serva dell' uomo, schiava e prigioniera della casa, nè l' uomo deve considerarsi il bue da lavoro, il facchino della famiglia, costretto, per mantenerla, a star sempre curvo sul solco, o inchiodato nell' ufficio od azienda sua. Il padre e la madre non devono essere totalmente assorbiti dai doveri di famiglia, senza neppure sapere che cosa avvenga fuori, nella società. Quei doveri non li dispensano da quelli civili e politici, non li separano dal consorzio pubblico, ma gli uni vanno esercitati senza detrimento degli altri; e nell' esercizio di essi, (di quelli civili e politici), il padre e la madre ricavano un aumento di dignità, di autorità, perchè quei diritti poggiano sul riconoscimento del loro valore personale, pel quale essi devono contribuire, la loro parte, al buon andamento sociale e politico. Chè, anzi i padri e le madri sono direttamente interessati alla cosa pubblica, perchè la società è la continuazione della famiglia. E vi è specialmente interessata la madre, perchè l' azione dei governi, dei comuni, delle istituzioni hanno spesso per oggetto cose, che, direttamente o indirettamente, interessano la famiglia, l' educazione, la moralità, la fede, le quali sono, in modo speciale, sacre al cuore della donna.

Fuori del governo della famiglia, cessa l' autorità dell' uomo sulla donna, il titolo permanente di questa, rispetto all' uomo, è quello di compagna, ed ella, come lui, può avere sfere di comando e sfere di obbedienza. Non è volontà di Dio che la donna limiti la sua azione nella casa, perchè l' uomo non avrebbe un adjutorium simile sibi. Soltanto coloro che negano ogni responsabilità e autorità della donna nella famiglia, ogni partecipazione nella direzione di essa, che vogliono che la donna stia a casa per musulmanesimo, possono affermare ch' ella debba essere esculsa dalla vita pubblica.

In due modi, uno può aiutare l' altro: I. Facendo quello che l' altro non sarebbe capace di fare, o almeno non farebbe cosi bene come lui; II. facendo quello che fa lui, come collaboratore.

La donna in certe cose supera l' uomo, in certe altre lo uguaglia, in altre gli è inferiore.

Lo supera nelle opere di educazione, di beneficenza; e, per le ragioni di convenienza, in molte altre, che si esercitano sulle donne. Per es. la donna poliziotta, (qualche Stato l' ha già ammessa) è necessaria per gli effetti giudiziari, per la vigilanza legale ecc. quando si tratta delle misere donne che commettono qualche fallo contemplato dal codice penale; la donna-medico, la donna-avvocato, la donna-giurato ed altre. In qualche Stato sono ormai ammesse liberamente, e nella stessa Russia, le dottoresse in medicina non si contano più e fanno gran bene (1) Mi soffermo sulla Russia, per le sue condizioni di civiltà arretrate, che danno più risalto al trattamento fattovi alla donna. In Russia, fra le altre, Olga Reclina fu decorata con medaglia d' oro, per i suoi studi contro la peste; la signora Kwortzoff ottenne la stessa onorificenza, per le sue tesi contro la sordità e contro la cecità, la dottoressa Bogolioubsk è nominata dal Governo, Ispettrice dell' Infanzia abbandonata di Pietrogrado; Anna Chabanoff è dottoressa all' ospedale dei fanciulli di Pietrogrado. Ma vi sono nazioni, in cui la donna è più progredita che non sia nella Russia, come la Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda, Islanda, Svizzera, Gran Brettagna, ove la sola Londra conta 200 dottoresse, e tutte le piccole città e borgate hanno ormai la loro dottoressa. In parecchie nazioni, le donne-avvocato sono pure ammesse. In Francia dallo scoppiare della guerra sono loro che sbrigano, egregiamente, gli affari giudiziarî, in gran parte e con misura sempre più estesa. Negli Stati, nei quali è stato riconosciuto alla donna il diritto di voto politico e amministrativo, si sono avuti buoni effetti..

La donna uguaglia l' uomo negli uffici a pubblico vario, sia di uomini che di donne, e nell' esercizio dei diritti elettorali, nei quali, come in ogni altro impiego, imprime la sua nota moralizzante, di saggezza, di ordine, di fedeltà ai retti principî.

E' inferiore all' uomo nell' uso delle armi, negli impieghi dell' esercito, ma in ciò lo equivale con gli uffici a lei naturali. Difatti, ella paga alla patria il suo tributo di sangue, mediante la maternità. La donna che diventa madre fa riscontro al soldato che versa il sangue per la patria, o comunque mette le sue forze al servizio di essa. E' quindi fondamentalmente errato il criterio di coloro che attribuiscono i diritti pubblici soltanto all' uomo, perchè egli solo, e non anche la donna, difende la patria. Questo argomento è ingiusto come quello di chi dicesse che tutti i diritti e uffici pubblici, vanno esercitati dalla donna, perchè l' uomo è destinato alla difesa delle frontiere e dei mari. Invece, come disse Davide al capo XXX libro I. dei Re: «Nessuno vi menerà buono questo parlare: poichè egual porzione avrà colui che combatte nella mischia, e colui che rimane al bagaglio, e divideranno con eguaglianza».

Al sacerdozio ufficiale, accedono soltanto gli uomini, perchè la santità del divino ministero richiedeva che i sacerdoti fossero scelti tra le persone d' un solo sesso, e perchè la donna è naturalmente zelatrice del bene spirituale, promotrice della religione e sarebbe un bis in idem se ella, al sacerdozio naturale, unisse i compiti del sacerdozio ufficiale.

Quante madri! quante vergini! madri queste, in senso spirituale, sono pie, zelanti, pronte al sacrificio, per la salute delle anime, più di molti preti! Il sacerdote può paragonarsi più di tutto alla madre. Ciò è stato sempre evidente. I soldati, che si battono sulle nostre frontiere, non sanno meglio indicare le virtù sacerdotali dei Cappellani militari che dicendoli: Mamme, come si è letto in più lettere scritte dalla fronte di guerra.

Il sacerdote comincia dall' aggiungere al suo nome l' appellativo: Don, maschile di donna; della donna, egli, non di rado, assume perfine la mano di scrittura, indizio, d'ordinario, d' indole buona; della donna ha le sollecitudini, le tenerezze, la grandezza d' animo; come la donna, (la quale abbia la conoscenza sufficientemente nutrita di nozioni divine), egli diviene atto alla contemplazione ed insieme capace d' una vita molto attiva.

Le tenebrose teorie degli Scolastici hanno sempre impedito al prete (almeno è da supporre) di pensare ch' egli, proprio perfezionandosi, andava assumendo caratteri femminili, e gli hanno fatto credere, di essere a lei più dissimile di qualunque altro uomo.

Vi sono, è vero, donne che abusano delle loro grazie e sono la perdizione dell' uomo, la rovina delle famiglie, ma esse non tolgono che la donna sia, sulla terra, la missionaria del bene, e naturalmente l' angelo dell' uomo, come i delinquenti, i folli, gli ammalati non tolgono che all' uomo convenga, naturalmente, l' onestà, la mente ed il corpo sano. Se nel Clero, che viene fatto su una scelta accurata tra gli uomini più eletti, vi sono i disonesti, gli apostati, non può far meraviglia che, in tutto il sesso femminile, vi sieno donne dedite alle opere del male.

Riguardo alle altre, a quelle cioè che non hanno mal animo, osservo che, generalmente parlando, esse sono rese impari alla loro missione, da meschini metodi di educazione, dalle condizioni d' ignoranza e di schiavitù, in cui sono tenute, e perchè la madre è destituita da ogni autorità sulla prole, come se Iddio non avesse imposto ai figliuoli doveri eguali verso il padre e verso la madre, e a costoro, al padre e alla madre, eguali doveri verso i figliuoli, come se potesse darsi missione (1) I preti, ed in genere i cattolici, hanno un gran dire sulla missione della madre. Ma deve trattarsi di malinteso, o di artificio, viste le condizioni in cui essi la vogliono. senza sapienza, libertà, autorità proporzionate. E' poi innegabile che la colluvie di dicerie, di motti proverbiali, oltraggiosi per la donna, esercitano un' azione debilitante sull' animo di lei. L' azione ammirabile di bontà e di zelo svolta dalla donna, lungo i secoli, può paragonarsi a quella della Chiesa delle catacombe, per le difficoltà, con cui questa dovette lottare, priva di mezzi adeguati e senza diritti.

Il prete è preparato al suo divino ministero, con lunghi e profondi studi, e addestrato nell' uso della volontà e della mente; la donna è preparata alle sue missioni, con un' istruzione superficiale, anche nella cose di Religione, mentre non si finisce mai di raccomandarle la rinuncia di sè stessa, come s' ella avesse bisogno di farsi perdonare d' essere nata; e la donna cattolica ideale, sembra dover essere la donna imbecillita. Non vi sono scuole superiori per le donne, nella Chiesa; gli istituti femminili, per lo più, possono dirsi dei reclusorii. Se la donna vuole istruirsi, bisogna che vada, insieme con i maschi, nelle università, nei licei laici, (1) Vi sono anche licci femminili, in Germania, Inghilterra, Francia e altrove, ma non cattolici, s' intende. da professori atei, o scomunicati. Sicchè la donna, proprio la donna, potrà conoscere tutte le filosofie, meno quella che si addice, ad una credente cristiana. Qualche settimana fa, la dottoressa signorita Zanta, (ne cito una per tutte) ha conseguito il titolo di docente di filosofia alla Sorbona; la tesi ch'ella ha esposto dinanzi a esaminatori severissimi, che dovettero applaudirla, è stata sul: «Rinascimento della filosofia stoica».

Nella Chiesa, la donna, se è ammessa agli studi superiori, come ad es. in Svizzera, lo è per accondiscendenza, o per eccezione, non già per principio, perchè si riconosca che la donna ha necessità, diritto, dovere d' istruirsi, e tanto più lei, avuto riguardo ai compiti ch' ella ha quaggiù; non perchè anche per lei l' intelligenza è fonte di vita. Prov. XVI. v. 22.

Per rispetto alle leggi di natura e di Grazia, a beneficio dell' umanità, la donna di regola andrebbe lasciata libera, di seguire le sue vocazioni, e a tale scopo occorrerebbero scuole superiori e che fossero create condizioni generali favorevoli e convenienti. Poi, siccome la sana filosofia ha la proprietà di sviluppare, di organizzare l' intelletto, di arricchirlo, di generare l'amore per la verità, di rendere la creatura ragionevole capace di tutte le perfezioni, a cui essa può giungere, e siccome la donna ha missioni, le quali, più che le scienze specializzate, richiedono conoscenze generali, fondamentali, quali vengono fornite dalla filosofia, cosi parrebbe indispensabile promuovere l' insegnamento filosofico fra le giovani, nelle forme e nei gradi adatti alla loro condizione, attitudine, coltura. E come le fanciulle, le giovani vengono più o meno addestrate, ed è giusto, negli uffici casalinghi, nelle faccende domestiche, cosi a maggiore ragione, si richiede ch' esse sieno istruite nelle scienze pedagogiche, perchè la madre, che non sapesse bene compiere qualche lavoro casalingo, potrebbe, senza danno, farsi supplire; ma s' ella ignorasse le regole elementari della sana pedagogia, arrecherebbe danno ai figliuoli e assomiglierebbe al sacerdote che non sapesse amministrare i Sacramenti, o fosse digiuno della scienza delle anime.

Non mi permetto di dire quali riforme mi parrebbero necessarie. Confido che se il Sovrano Pontefice rivolgerà il suo sguardo pietoso, sulle piaghe prodotte in noi, dalle ingiustizie degli uomini, vorrà tosto che sieno sanate.

Noi donne, non domandiamo privilegi, in nome d' una superiorità vera o supposta, ma solamente che sieno rispettate in noi le sacre leggi della natura fisica, morale, intellettuale, come nell' uomo.

Interprete dei bisogni delle migliaia e milioni di donne battezzate (1) In Cina; si usa, da sccoli, di storpiare i piedi alle bambine, arrestandone per sempre lo sviluppo. Esse soffrono, per tale tortura, raccontano i missionari, e versano tante lagrime che, se fossero raccolte, basterebbero per farvi un bagno; taluna per le angoscie vi lascia perfino la vita; dicono essi. Le testimonianze dei missionari s' accordano con quelle dei viaggiatori laici, che furono colà per studiarvi i costumi. Essi scrivono che l' unghia dei piedi ritorta dalle bende crudeli, apre una piaga che talvolta non si chiude più.
«La donna cinese, scrisse un viaggiatore, non cammina, ma vacilla, barcolla, traballa, su quelle zampette storpiate, con certi battiti delle braccia, da anitroccola che agita i moncherini». Non si sa, se per ipocrisia, per pregiudizio, o per convenzione, i piedi cosi rovinati sono chiamati: «I fiori dorati del loto» e la donna, per piacere al marito, deve avere quei tali fiori [La «Strenna Cinese» delle Missioni Cattoliche, di quest' anno (1917) contiene la relazione raccapricciante dell' esame scientifico fatto su questi piedi, dal dottor Lannelongue, il quale narra anzitutto della grande difficoltà che ebbe per vedere detti piedi «Gli è—egli scrive—che il piedino della cinese appartiene al marito, che redendolo prora un singolare godimento.»
Nè si tratta già d'un godimento estetico, dal momento che quel piede non è neanche più un piede, tanto è sconciamente sformato….]. Cotale barbarie è praticata, dicono: I. per obbligare la donna cinese a non allontanarsi da casa, II. per un' antica abitudine di protesta contro la dominazione dell' ultima dinastia, Ciu, le donne della quale, essendo mancesi, hanno i piedi naturali.
Il Rôsler, nella sua citata opera, ha avuto la cattiveria di far dello spirito su quelle disgraziate e di incolparne la loro vanità. Ma quello che mi preme far sapere al Sommo Pontefice si è che la barbarie si pratica anche in certi istituti cattolici. Questa notizia venne data dal «Corriere della Sera». Io, per poter meglio smentirlo, ne scrissi al Padre Manna, Direttore delle «Missioni Cattoliche, periodico che esce a Milano, ma egli purtroppo mi confermò tale cosa dicendo che, diversamente, le ragazze non troverebbero marito. Ne provai dolorosa sorpresa.
sparse per il mondo, supplico il Supremo Gerarca d' essere nostro padre, prendendosi a cuore anche la sorte di noi donne, come sempre nella Chiesa si è fatto per l' uomo, e cosi uomini e donne sieno come figli egualmente cari al cuor della madre. Stenda il Vicario di Gesù Cristo la sua Mano paterna alla donna, la tolga dall' abbassamento, in cui giace e come il divino Creatore, formata Eva: adduxit eam ad Adam, la meni all uomo, la ponga al suo fianco, amata e rispettata. L' uomo stesso si rallegrerà nel riconoscere la compagna datagli da Dio, perchè il Creatore ha messo nella natura dell' uomo il bisogno morale d' avere la donna, è questa, in corrispondenza a quel bisogno, ha per lui virtù sanatrici.

Come dal Vaticano è partito l' oracolo: «Maria è stata concepita senza peccato» trionfando per sempre delle opinioni opposte e di qualunque incertezza, parta, oggi, dal medesimo, la condanna dell' errore omicida che la donna ha imbecillità di natura e la proclami perfettamente e pienamente intelligente. Tolga di circolazione, Lo preghiamo, le teorie antifemministe delle Somme! cancelli le condanne che le dottrine della Chiesa contengono contro di noi!

La parola del Supremo Gerarca, come quella del Battista, convertirà gli increduli alla sapienza dei giusti e preparerà al Signore un popolo perfetto.

Vicenza, 19 Marzo 1916.

ELISA SALERNO

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