IN FIRENZE
G˙ C˙ SANSONI, EDITORE
1877
Tip˙ e Lit˙ Carnesecchi, Piazza d'Arno
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio˙ A dì 24 d'agosto 1447.
Carissimo figliuolo. A' dì passati ebbi una tua de' 16 di luglio, alla quale farò per questa risposta.
E 'n prima t'avviso come, per grazia di Dio, abbiàno allogata la nostra Caterina al
figliuolo di Parente di Pier Parenti, ch'è giovane da bene vertudioso, ed è solo, e ricco, e d'età
d'anni venticinque, e fa bottega d'arte di
seta;
e hanno un poco di stato,
Del mandare Matteo di fuori, non vorrei per ora; pero che, perchè sie piccolo, pure ne sono più accompagnata, e posso mal fare sanz' esso; almanco tanto la Caterina ne vadia a marito: poi mi parrebbe rimanere troppo sola. Per ora non ho il capo a mandarlo: che se vorrà esser buono, lo terrò qua; che non può esser preso per le gravezze insino a sedici anni, ed egli ebbe undici di marzo. Hollo levato dall'abbaco, e appara a scrivere; e porrollo al banco, che vi starà questo verno: dipoi vedrèno quello vorrà fare; che Iddio gli dia quella virtù che gli fa bisogno.
De' fatti del Comune, t'avviso che ho debito fiorini dugento quaranta, e sono istata molestata
Dice la Caterina, che tu faccia ch'ell'abbia un poco di quel sapone; e se v' è niuna buon'acqua
o altra cosa da far bella, che ti prega gliele mandi presto; e per persona fidata, chè se ne fa
cattività.
Non ti maravigliare s'io non ti scrivo ispesso, che sono infaccendata ne' fatti della Caterina.
Ristorerotti quando Matteo arà apparato a scrivere: ma non guardare a me. Fa' che per ogni fante
mi scriva, se no' dovessi dir altro che tu sta' bene,
e Niccolò. Non so come tu ti porti nelle faccende
che tu hai a fare, come se' sollecito: che Iddio il sa, il
dispiacere ebbi quando intesi non potevi venire
quando fusti a Livorno; perchè tal cosa si dice a bocca,
che non si dice per lettera. Che a Dio piaccia
vi rivegga sani enanzi ch'io muoia. Fa' sopra tutto,
figliuol mio, che tu ti porti bene en modo, che
dove l'anno passato mi desti tanto dolore de'tua tristi modi,
tu mi dia consolazione:. e considera
allo stato tuo, e quello che Niccolò ha fatto inverso di te,
che se' degno di baciare la terra
dove e' pone e piedi.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 4 di novembre 1448.
Ne' dì passati ebbi una tua de' dì 8 d'agosto, alla quale non ho fatto prima risposta perchè ho auto male di
scesa
Da Lorenzo a questi dì ebbi una lettera de' dì ventotto di settembre, e l'apportatore ne fu Pagolo Salterelli, elle
mi dice che Lorenzo si doveva partire a' dì 21 di settembre per Londra, e la compagnia che doveva andare con lui si
partì e no gli fece motto, sì che rimase a piè: e così mi scrive Lorenzo, e che crede vi starà buon pezzo innanzi che
truovi compagnia; e anc'ora siàno nel verno: che se non è partito, potrebbe istare tutto il verno a partirsi; chè è
cattivo tempo a cavalcare sì lungo viaggio: e non so come s'ha il modo a stare a Vignone insino a primavera,
bisognando. E
In questa state mi venne a vedere Piero de' Ricci;
che l'ebbi molto caro, e domanda'lo di te. Dissemi
che tu stavi molto magro della persona ma che eri sano; e che tu non avevi desto, come bisognerebbe; e che Niccolò
si portava così bene di te,
Del lino non t'ho mai scritto alcuna cosa, chè te l'ho fatto iscrivere a Matteo; e parmi che se hai 'l capo a
mandarlo, ti sia troppo indugiato a comperarlo, che no l'arai a sì buono mercato come l'aresti auto già fa uno mese:
né ancora, chi mi l'avessi arrecare, n'arei migliore mercato della vettura; chè un mese fa mi promisse il Favilla
vetturale recarme in dono:
I'ho 'vuto lettere da Roma, d'Andrea Bizeri, come t'aveva mandato il finocchio. Ara'lo dipoi auto: avvisane, a ciò possa ringraziare chi te lo mandò.
El Re si dice ch'è tornato costà: avvisane qualche cosa. Che Iddio metta pace per tutto. Fa' di scrivere a Lorenzo; che mi dice è assa' tempo non sentì novelle di te. Fa' di scrivergli duo versi; e sempre gli ricorda il ben fare, chè non fia altro che utile.
La morìa ci fa pur danno, da quattro a cinque per dì; e a' dì 29 del passato si disse che n'era morti undici di
segno:
Avvisoti come pel Comune si vendè una casetta di messer
Palla
a Niccolò d'Ainolfo Popoleschi, la qual
casa confina colla nostra da duo latora, che è in sul canto della via dirieto, cioè tra la stalla e la camera terrena
nostra, e 'l muro di detta casa è in sulla corte nostra; Che da lato ritto all'entrar della corte v'è la nostra casa vecchia,
e da lato a l'uscio dirieto v'è la stalla nostra, come tu sai, e da lato manco v'è il muro di detta casa. Ora di nuovo il
detto Niccolò Popoleschi l'ha venduta a Donato Rucellai, fratello di Giovanni; e lui ha mandato a me, ch'io gli
debba dare parola
No' siàno per grazia di Dio sani.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. Al dì 13 di luglio 1449.
Per Soldo ebbi l'ultima tua, che fu de' dì 3 del passato; e non ho fatto prima risposta, aspettando farla per
Matteo: farolla per questa. Avvisoti come Soldo giunse qui a' di 15 del passato, ed era di
malavoglia.
Anda'lo a
vicitare più volte, e ragionammo insieme del mandare Matteo, come ero contenta di farne la volontà di Niccolò e
tua, veduto il gran disidèro avete di tirarlo innanzi e farlo da qualche cosa non guardando a la consolazione mia, ma
all'utile vostro, come sempre ho fatto, e così farò insino al fine. E pensa se m'è dura cosa, quando penso come io
rimasi giovane allevare cinque figliuoli, e di poca età come
Ora, dovendo partire a questi dì, il fanciullo
Mandoti sotto lettere di Marco una procura, che in quel modo la faccia fare; e togli notaio intendente, e in carta di pecora vuol essere: sicchè falla fare più presto che puoi, e mandala sotto lettere o, di Marco o d'Antonio Strozzi, . in quel modo venga più sicura; chè è di nicistà adoperarla pe' mia e vostri fatti.
Della casa non s'è fatto nulla; chè Donato Rucellai non è a Firenze per rispetto della' morìa che ci fa danno, che ci è dì ne va venti o ventiquattro: ed io ancora me ne vo a Quaracchi; e non sendo quivi buona stanza, n'andrò in quel di Prato. Si che per ora non si ragiona di casa; e non perdiàno le ragioni nostre: la casa non ha uscire di noi, s'io vivo.
Avvisoti come è morto Antonangiolo di Carlo Macigni, di morbo, in duo dì. Iddio gli
abbia fatto perdono.
La Ginevra di Niccolò Soderini dice ti scriverrà una lettera quanto vorrà faccia del lino.
Ragionerò con Soldo di certi danari s'hanno a riscuotere per voi a Pesero: si che domandanelo, chè, troppo
lungo sarebbe a scrivere. E ancora ti ricordo che quando Matteo verrà, o vero sarà costà, elle tu no gli faccia come
ho sentito facevi a Lorenzo. Sieti raccomandato, chè non ce ne riman più. Né altro per questa. Iddio di male ti
guardi.
Raccomandaci a Niccolò. Non gli ho fatto risposta, che ho 'vuto tanta faccenda tra ordinare Matteo e
accordarmi con que' delle Vendite
A Filippo degli Strozzi, in Salerno.
Al nome di Dio. A dì 26 dicembre 1449.
Ho 'vuto più tue d'agosto in qua, e mai a niuna l'ho fatto risposta: e la cagione ne fu, prima il male mio, che mi cominciò a dì nove settembre. Poi a dì 26 di detto, cominciando la morìa a Quaracchi, allato a noi, ne mandai Matteo in Mugello alla Caterina e a Marco, ed èvi stato più di duo mesi: sicchè però non t'ho risposto alle tue, chè io non potevo, e Matteo non era meco. Farotti risposta pell'avvenire, se a Dio piacerà.
Da Marco fusti avvisato come i' ebbi el mal de' pondi, e com'io dovevo fuggire in Mugello
Fu' avvisata da te, e prima da Soldo degli
Per Soldo ti mandai due palle gonfiate e un paio di coltellini e una dozzina di penne;
Sono avvisata che vorresti ch'io ti mandassi per escritta ciascuno debitore da Pesero, e le chi avere ch'i'
n'ho:
Della casa di Donato Rucellai no s'è fatto per questa morìa, che non ci è stato a Firenze: avvisandoti che l'è
mie' compera,
Credo che da Marco se' avvisato come la Caterina è grossa; ed ha a fare il fanciullo a mezzo febbraio. A
me parrebbe, essendo in quello stato, pigliarne sicurtà che no si perdessi que' cinquecento fiorini s'hanno avere dal
Monte;
Ho pensiero, piacendo a Dio, qua d'aprile venire
Da Lorenzo ho lettere d'ottobre, che sta bene: iscrivigli spesso, che faccia bene. I' ebbi la procura mi mandasti: quando bisognerà altro, te n'avviserò. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra, in Firenze.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 8 di febbraio 1449.
Edita dal professore Isidoro Del Lungo per le nozze Forteguerri-Guicciardini, con questo titolo: Una lettera d'una gentildonna fiorentina del secolo
decimoquinto. Firenze, coi tipi dei Successori Le Monnier, 1874.
A' dì 30 del passato per Niccolò ebbi una de' dì 4 di dicembre, e dipoi a' dì 7 di questo ebbi un'altra tua de' dì 24 passato. Farò questa appresso risposta.
Veggo Niccolò alla partita sua t'ha lasciato carico del governo di costì,, e tutto ha rimesso in te: che mi pare
abbi usato inverso e una gran liberalità, e grande onore t'ha fatto, e grande amore veggo ti porta; e hanne
Niccolò per grazia di Dio si condusse, come ho detto di sopra, qua a' di 30 passato, e qui
La sicurtà ti scrissi fece Antonio degli Strozzi insino a' dì 7 del passato, costò fiorini dodici larghi, e grossi
otto diè al sensale. Tutto pagò
Dell'andata da Roma,
Della casa di Donato Rucellai s'è ragionato con Niccolò, e medesimamente Donato s'accozzò co' lui, e no ne furono daccordo; che ne chiede più che cento fiorini, e non se ne viene quaranta. Abiàno fatto por mente che nolla può comperare nè lui nè altri sanza mia licenza, ed ho termine a comperalla anni trenta. E pertanto abiàno diliberato lasciarla istare, non perdendo le nostre ragioni, tanto che si rechi a le cose ragionevoli.
Chiesi el lino, e dissiti de' danari, perchè è mio pensiero rivenderlo e trarne il costo : e se mi venissi la
libbra come quello mi mandasti, si raddoppierebbe e danari, essendo buono come quello dice Niccolò; che 'l mio
non fu del vantaggiato: e qua pare bello, che 'l più grosso vende' duo grossi la libbra. Io no n'ho per ora bisogno;
ma quando ti viene a le mani del buono e a buon pregio, fa' ch'i' n'abbia almeno libbre cento. Vorrò, quando
l'Allesandra mi sarà fuori di casa, fare delle cose per voi. Che se Iddio mi dessi grazia che
niuno
Matteo andò con Niccolò, e andò volentieri, e bene a punto. Grande amore gli dimostrò, in, questi parecchi
dì che ci è stato, el fanciullo: molto gli piace l'aspetto suo, e credo gli piacerà più l'un dì che l'altro. Prego Iddio che gli dia tal virtù e grazia, ch'io ne sia consolata.
L'aiuta sì, ch'i' ne sia consolata.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 5 di giugno 1450.
A dì 25 passato fu l'utima ti scrissi. Dipoi 'ho una tua de' 16 del passato. Farò per questa risposta.
D'Antonio degli Strozzi e da me se' avvisato quanto è seguito de' danari del Monte, di quegli s'è rimessi come
ordinasti, e di quegli si sono ritenuti: che per l'accordo ho fatto col Comune mi bisogna de' fiorini novanta, che a
questi di ho fatto levare il debito ch'i' ho da giugno 1449 indrieto; che sono presso a fiorini 400, che, secondo me,
n'arei a pagare da ottanta* e po'v'è di spesa da otto o dieci fiorini, che sarebbono
Da marzo in qua non ho auto lettere da Matteo, che ne sto co maninconia. Ècci stato lettere da Niccolò, che l'ha 'ute Antonio; ma di Matteo non dice nulla; che non mi pare buon segno. I' ho sentito che o corriere o fante si sia, ch'è venuto da Barzalona, dice e' gli trovò a camino presso a Barzalona; sì che ora vi saranno. Iscriverrogli una lettera, a Matteo, e dirogli quello mi parrà sia di bisogno: ed ho pensiero iscrivere a Niccolò, che se 'l fanciullo non facessi per lui, e che non facessi buona riuscita, come l'uomo istimava, non lo mandi ad altri e'a me, e che di fatto lo rimandi in qua. Priego Iddio me ne mandi quelle novelle disidero; che 'niuno modo posso alle volte accordarmi a esser contenta averlo levato da me.
Delle mandorlo mi mandasti ne feci quanto mi scrivesti, e 'l lino serbai per me, come per altra t'ho detto.
Ho caro abbi preso amicizia cogli 'mbasciadori, che sono uomini molto da bene; e così dell'avere ritrovato
il parentado con Giannozzo:
che ha' fatto bene. Quando sarà tornato,
La moria ci è cominciata, ed enne morti alcuni che hanno isbigottito la brigata: assai ne muore di questi
forestieri che vanno e tornano da Roma. Fassi stima de' terrazzani, chè sono persone da
bene.
I' mi credetti quest'anno poter estare a Firenze; e se la seguita come ha fatto dal primo dì di questo in qua, non ci si starà troppo. Non ho fatto ancora diliberazione d'andare più in un luogo che un altro: quando la farò, ne sarai avisato. Che Iddio mi dia a pigliar buon partito. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra che fu di Matteo Strozzi, in Firenze.
Ricordoti iscriva ispesso a Lorenzo.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 22 d'ottobre 1450.
L'utima ti scrissi fu a dì 5 di giugno, e per allora t'avvisai quanto era di bisogno. Dipoi ho 'vuto più tue, e a
niuna ho fatto risposta, perchè tu vegga che Matteo non ci è, e che oramai è di bisogno uno di voi torni qua; che i'
sono oggima' d'età da volere essere governata, e son poco sana, e fatica mi pare lo scrivere. E poi questo andare
pelle ville fuggendo la morìa, m'ha ancora isviata dallo
scrivere.
Ma ho detto alle volte a Marco e 'Antonio
Strozzi ti scrivino due versi per mie' parte. Ora di nuovo ho due tue, l'una de' dì 23 dì settembre, l'altra de' dì 4
d'ottobre. Farò risposta.
Veggo che 'l pensiero di Niccolò è di me narne seco di costà
Matteo; che l'ho caro,
A Giovanni Lorini veggo ha' dato un sacco di lino di mazzi trenta e di peso di libbre cento cinquanta, e che
debba riuscire al peso di qua cento settanta. Per ancora no l'ho avuto, che dice era molle, e hallo tratto a Pisa del
sacco e sciorinatolo; che l'ho 'vuto molto per male. Che se i dieci mazzi del vantaggiato fia più bello che quello di
Giovanni, dubito non mi sia iscambiato dell'altro mezzano. Ne darò libbre cinquanta alla Ginevra, e faròmi dare
fiorini due e mezzo di
suggello,
Al ritorno di Franco farò quanto mi di': ma e' ci è di quegli che non fanno carestia di parole; e chi vuole
degli amici assai , ne pruovi
pochi.
Tu sai più volte t'ho scritto da giugno a drieto dell'andare a Roma: e questo era mio pensiero; prima, per
avere il perdono; e poi,
La Caterina istà bene, e 'l suo fanciullo; e Marco e Parente si portano benissimo di lei, e pella suo' persona
non gli manca, se non ch'ha mala suocera. Ma ben ti dico non sono parenti da farne conto di servigio niuno; ma a
noi basta che lei istie bene. Priego Iddio a tutti dia di suo' grazia. Istannosi in villa presso a Giovanni Portinari; ed io
mi sto all'Antella con Zanobi, chè v'è sano. Alle volte vengo a Firenze, quando ho faccenda, per due dì. Ora
La morte di Francesco sanza dubbio è danno a tutta la Casa. Iddio gli perdoni. E la tratta d'Anton de' Signori è stata molto utile. Iddio lodato di tutto.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 6 di dicembre 1450.
A dì 28 del passato ti scrissi, e manda'tela per Bartolommeo Serragli, che so ne farà buon servigio. Dipoi ho una tua de' 10 del passato. Farò per questa risposta; e ad alcun'altra parte di lettere m'ha' iscritte più tempo fa; che non ho fatto risposta per non mi fidare di chi i' l'ho date.
In prima, ti mando pel Favilla vetturale, nostro debitore di circa 2 ducati, quattro camice, sei fazzoletti da
mano, uno sciugatoio: tutto ben rinvolto, come vedrai. Le camice tagliate
Per una lettera mi scrivesti più tempo fa, che messer Giannozzo, che fu costà imbasciadore, ti disse che
volle ch'io dessi la Caterina al fratello di Franco, e ch'io non volli: ed è vero, perchè io non ne fu' consigliata da chi
ben ci vuole; però che sendo fratello di Franco, non ha di molte parti di quelle c'ha Franco, le quali non bisogna
narrare.
E quando l'uomo si rimette nelle mani o va per consiglio a gran
maestri,
Credo se Agnolo
potrà tanto camminare, ch'è pur vecchio, verrà a vederti; che n'ha voglia, ed io ne
l'ho pregato: e se viene, domandera' lo di nostri fatti, e saperatti dir tutto, chè fa tutte nostre faccende. Io gli do
fiorini due larghi per ispese da Roma costà; e così quando viene in qua, fa' che abbia da spendere, e dàgli buona
compagnia. Se none starà troppi dì a Roma, verrà col Favilla. E ancora per detto
Come per altra ti dissi, ebbi da Giovanni Lorini libbre cento cinquantaquattro di lino col sacco, cioè mazzi venti del grosso e nove del più fine: e a dirti el vero, non ci è stato il più vantaggiato che il primo mi mandasti, che fu cento venticinque libbre; che ancora n'ho parecchi mazzi.
Tu sai che più tempo fa comperai la Cateruccia nostra ischiava; e da parecchi anni in
Ara' sentito la morte di Soldo, al quale Iddio abbia fatto perdono; che gran danno n'è stato. Son ita a vicitare la donna, e molto m'ha detto la raccomandi a Niccolò e a, te, che avete le scritture e tutte le ragioni di Soldo
nelle mani, e che s'ha a riscuotere costà da cotesti Signori tanti danari, che sarebbe bene se si riscotessino: e molte
novelle dice. Ha fatto suo procuratore Niccolò a riscuotere costà. Fate d'aiutare que' popilli; ch'è mercè, chè qua
Avvisoti come Macigno di Giovacchino ha tolto donna la figliuola d'Agostino Capponi e sirocchia di Luca Capponi: è vedova, che a'uto duo mariti; ma è d'età d'anni 25, con fiorini mille di dota. Iddio presti loro lunga vita.
Avvisami qual marzolino è migliore, o quel piccolo o questo grande, acciò sappia, per quest'anno che viene, di quello m'ho a fornire; che a buon'otta te lo manderò. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra, in Firenze.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 11 di dicembre 1450.
Pel Favilla vetturale, che viene costà con some di Ghezzo della Casa, ti mando dodici marzolini de' più
begli s'è trovato qui in Firenze; e credo saranno buoni, secondo il saggio n'abbiàn fatto: e quattro coppie te ne
mandai a di 5 di questo pel garzone dell'Avveduto, ch'era bello, peso libbre quindici: sicchè t'ho mandato de'
grandi e de' piccoli. Avvisami quali sono i migliori, e l'anno nuovo mi fornirò a buon'ora; che te gli manderò al
tempo. A volergli conservare, si vogliono tenere o veramente in un saccaccio unto d'olio, o vero in
Ancora ti mando pel detto Favilla quattro camice e sei fazzoletti e uno isciugatoio. Guarda se le camice e
l'altre cose ti piacciono; e se staranno a tuo modo, potrò farne un'altra volta più, e mandartene. Tutto ti portano
sanza costo di vettura, che così m'hanno detto lui e quello dell'Avveduto. Questo Favilla è fedel persona, ed era
grande amico di vostro padre,
e restò a dare insino a Pesero
Ancora ti mando con quelle camice due chiavicine avute dalla donna fu di Soldo; che l'ho messe nel fondo di quella taschetta del cuoio, ove sono le dette camice.
La fanciulla d'Iacopo, che era con Filippo a Barzalona, l'aspetto ogni ora qui, chè a dì 8 giunse la galea di Giovenco della Sfufa in Porto; sicchè presto ci doverrà essere. Mandala Iacopo a me, ch'io la tenga insino si mariti; e così mi priega Lorenzo. Hogli risposto che l'ho cara, e faronne come se fussi mia: che volentieri gli farò vezzi per amor suo e di voi; chè a loro sono troppa obrigata, tanto si sono portati bene inverso della mia famiglia; che mentre istarà meco, no gli lascerò mancar nulla di quello mi fia possibile. Iddio ci presti pur vita e sanità a tutti lungo tempo, se 'l meglio debb'essere.
A dì 6 ti scrissi, e l'ho data al Favilla. Credo ara' prima questa, che viene pel fante. Iscrissiti sopra al fatto della Lesandra, come avevo dato commessione a Giovanni della Luna e Antonio Strozzi che, trovando cosa buona, e bisognassi arrogere fiorini dugento, ch'i' sono contenta, pure che sia uomo lo meriti: e quando il caso fussi che oltre a' mille, ch'ell'ha in sul Monte, s'avessi arroger questi, m'ingegnerò tràgli di qua del mio, e conservare voi, s'io potrò: chè 'n niun modo non vorrei darvi esconcio di danari. Preghiamo pure Iddio che gli apparecchi buona ventura: e se nulla seguirà, ne sarai avvisato.
Da Niccolò da Barzalona ci è lettere de' 20 del passato, che pel primo passaggio ne verrà di
costà:
Avvisoti come a dì 30 passato Francesco di messer Arnaldo Mannelli, suocero di Franco Sacchetti, colla
donna e un fratello di lei d'età d'anni 22 e dua figliuoli, ch'ell'aveva d'un altro marito, andando a spasso passavano
Arno, e tutti affogorono: ch'è stato una
iscurità.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 10 d'aprile 1451.
L'utima ti scrissi fu a dì 11 di dicembre, e non t'ho iscritto poi, che ho 'vuto male di stomaco, e non ho
potuto istar chinata a scrivere. Sommi medicata un mese, e assa' bene sono migliorata; e se non fussi la
quaresima,
Del mese passato, d'Antonio Strozzi fusti avvisato come abbiàno maritata la Lesandra a Giovanni di
Donato Bonsi, ch'è giovane dabbene e virtuoso e dassai,
ed ha tante buone parti in sè, che i' tengo certo ch'ella
istarà
Pel Favilla ebbi la cesta, drentovi libbre 36 di lino e un sacchetto di libbre 51 di mandorle, libbre 24 di
capperi, 3 alberegli
Della giunta costì di Niccolò e Matteo sono allegra: chè non ti potre' dire la maninconia ho 'uto già duo
mesi, non sentendo niuna novella di loro, e sempre mi die' a 'ntendere che qualche fortuna gli avessi fatti mal
capitare: sempre ne domandava Antonio
o Marco, se di loro sentivano nulla: dicevammi di no. Ora sentendo son
giunti sani e a salvamento, m'hanno detto il caso intervenne loro; che Iddio sia ringraziato, che gli liberò di tanto
pericolo. E fece bene Antonio a non mel dire: tra ch'io avevo male, credo di dolore sare' morta. Fa' lor vezzi,
Per ancora non ho preso partito nè diliberato nulla della Cateruccia, che poi ci venne quella ischiavetta da
Barzalona è migliorata, e sta assai in pace.
Di quella
A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.
Al nome di Dio. A dì 27 di febbraio 1452.
A questi dì passati, per Piero Borromei, ebbi una tua de' 31 di dicembre, e prima una de' 14 di detto; poi, per Bagnacavallo, una de' 9 di gennaio. A tutte per questa risposta.
Secondo ho da Matteo nostro da Roma, t'ha !scritto della giunta di Niccolò e sua quivi; che fu a di 8 di
gennaio: e così istimo t'arà detto la cagione del restare Filippo a Napoli; che era sì piccola faccenda quella restava a
fare, che, se altro non v'è di nuovo, tosto l'attendo qui; che mill'anni mi pare di vederlo, e bisogno ce ne sarebbe
della venuta sua rispetto Anton Macigni e Niccolò Soderini, che in ogni modo mi vogliono torre il podere fu di
Zanobi,
e forte minacciano di disfarmi; e molte novelle dicono: e ben che le ragioni
Delle ragne non ho fatto nulla, però che me ne sono informata, e truovo che volere una da uccellini, bella
come vorrebbe essere, a mandarla costà non costerà manco di sei fiorini. E per questo mi sono istata; che mi par
tempo da non ispendere i danari in simile cose, che se n'ha a fare cose di maggiore bisogno: però che ci è il Comune
che m'ha a consumare, che già hanno posto su questa gravezza nuova, che si
scoperse
L'età di Filippo è anni ventiquattro, compiè a dì 4 di luglio passato; e a dì 7 di marzoche viene, farà anni dodici che si partì dì Firenze. E tu avesti a dì 21 d'agosto che passò, anni venti; e fa ora di questo mese anni sette ti partisti di Firenze. E Matteo arà il primo dì di marzo anni diciassette, e a dì 7 dì questo fece anni tre si partì di qua. La Caterina ha anni ventidue a maggio che viene: la Lesandra compiè diciotto d'agosto che passò. Sicchè se' avvisato di tutti.
E torniàno al fatto tuo. Che se' d'età da governarti in altra maniera non fai, e oggimai doverresti
correggerti, e dirizzare l'animo tuo al ben vivere; che insino a qui è stato da riputar fanciullo: ma ora non è così, e sì
pell'età
Da Bagnacavallo ebbi tremila spilletti. La Caterina e la Lesandra ha la parte sua; e caro gli hanno auti.
Io non ho trovato a questa gravezza nuova voi siate a nulla: e così alla passata non avesti nulla. Ma avete
debito, come altre volte t'ho scritto, di gravezze vecchie: ch'è degli anni quattordici, fiorini 200; che si chiamò la
Settina
La imagine mandai alla Nunziata, come per altra tho detto.
Fa' di scrivere a Filippo, e
Tedeschino è stato qui; e simile uno che dice està costì in casa. Non so il nome, chè no lo intendo. Ma Tedeschino dice, va innanzi alla Lugrezia quando va alla chiesa. E lui fia apportatore di questa; e che no la dia in altra mano che la tua. Avvisami se così arà fatto.
Ricordoti non ti getti drieto alle spalle le mie riprensioni, che sono con amore e con lagrime. E priego Iddio che ti disponga a fare quello ch'io disidero. Nè altro per questa m'accade dirti. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra fu di Matteo Strozzi, in Firenze.
Avvisoti che Iacopo e Niccolò ha di gravezza fiorini 39 e soldi: Donato Cavalcanti, fiorini 4 o circa:
Francesco Strozzi, fiorini 8 e soldi: la redità di Zanobi, fiorini l. Ècci di maleposte, e grida assa'. Fessi lo sgravo; si
dice saranno cinque uomini per tutta la
terra.
A Matteo degli Strozzi, in Roma.
Al nome di Dio. A dì 9 di settembre 1458.
I' ho ricevuto più tue, ed è parecchi mesi non ho scritto nè a te nè a Filippo. Sodisfarò a parte per questa, non ci si trovando Lorenzo; che ho una tua a lui de' 2 di questo. Risposta.
I' ho messo in ordine le camice, cioè sei; e braccia quattro di panno lino pelle mutande, che a tuo modo le fara' fare; e mazzi cento o più, se quello vuogli, di finocchio, e bello: e come arò persona fidata, lo manderò.
Lorenzo si partì di qui a dì due, e andò a stare duo dì en Mugello colla Caterina: e di là si partì a dì 4
per la
via di Bologna. Honne assa' pena; più perchè none stava della persona
Veggo che da Filippo non hai mai auto il tuo dovere: hogli scritto che non ha fatto bene, e che ti provvegga
di tuo dovere più presto può, acciò non abbi da dolerti di me nè di lui. I' gli fo ritenere fiorini 200 per mia bisogni;
che n'ho auti parte, e del resto ciascuno abbi rerrata
Ara' sentito come a dì 7 morì Benedetto Strozzi, dal martedì sera al giovedì, a ore 17. Benchè alcun dì
prima avessi chiocciato, non era in modo, che sempre andò per casa, e non pareva che avessi male. Dicono che
aveva una posta
Giovanni Bonsi è stato anche lui a gran pericolo di morire, che cadde della mula: vogliendo salire a cavallo, la mula lo scagliò a terra; ebbe una gran picchiata nell'anca. Pure, per grazia di Dio, è migliorato; non però che se ne possa andare in villa, che v'ha la brigata: sicchè ho sempre che fare.
La mia ischiavetta feci tornare, e non ebbe di quelle cose: lo 'nfiato tornò adrieto: dicono era
esciesa.
Manda la sua a Filippo, che sia in questa.
A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.
Al nome di Dio. A dì 19 di febbraio 1458.
A dì 20 passato fu l'utima mia; ho dipoi la tua de' 19 dicembre, che m'è suta di consolazione, veduto che del caso occorsovi pigli tutto per lo meglio: che ha' preso buon partito, chè non ci ha rimedio. Di poi hanno appressato e confini miglia 50, e abbiamo auto licenza di potere iscrivere sanza mostrare le lettere agli Otto, le vostre e le mie. E così ha 'vuto Batista, e degli altri, di potere scrivere, da' fatti di stato in fuori, ciò che l'uom vuole.
Egli è di nicistà, veduto e casi vostri, e per la salute vostra, provedere che s'io mancassi, che quello che
pervenissi a voi di mio, non vi
Presi partito di vendere el podere da Campi, e bisogna che si sodi; e perchè non ci è altro dubbio che 'l
vostro, chi ha comperato vuole el sodamento di tutti a tre voi, e la ritificagione, come facesti
a messer Otto:
ed ho preso
Avvisoti come a dì 9 si maritò l'Isabella a Marco di Giovanni di Marco, setaiuolo e merciaio e setaiuolo minuto: e non ha più, el padre, de' maschi, ma ha sette fanciulle; una maritata, e sei en casa, che cinque hanno la dota al Monte: ècci detto che stanno bene di roba, e sono le migliori persone; che temono Iddio, che è buona parte. Abbiamo fatto le nozze; e per quello vegga di loro, mi pare ch'ell'abbia auto una gran ventura; essendo della qualità ch'ell'è, e 'l mancamento della vista corta ch'ell'ha, come tu sai; che nell'allogarla non abbiàno guatato tanto a metterla in roba, quanto a metterla en luogo sia amata e ben trattata: che è questo el bisogno suo, secondo si vede. El garzone ha ventun anno; e Pierotto, che fia apportatore di questa, ti dirà com'egli è fatto, che iarsera lo vide in casa di Francesco Strozzi a cena. Abbiàgli fatto più onore che non si fece alla mia, per amore d'Iacopo: e così farò per l'avvenire. So che Batista avviserà Iacopo di tutto, e de' danari ch'i' ho auti da lui, e di quegli torrò per bisogno suo; chè voglio fornirla delle cose ha di nicistà, ch'ella paia fanciulla da bene, chè tanto più sarà riguardata. Non ho tempo di scrivere a Iacopo, ma so che da quest'altri sarà avvisato.
L'alberello dello arimatico ti manderò: ma la migliore medicina che sia allo stomaco è il guardarsi della bocca. Così ti ricordo: e così, poichè abbiamo licenza di scrivere l'uno all'altro, fa' di scrivere ispesso, e come tu stai della persona; che n'arò piacere. Nè altro. Raccomandaci a Iacopo: che Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra, in Firenze.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 20 di luglio 1459.
A dì 29 passato fu l'utima mia. Di poi ho due tue: l'una de' 19 di detto, e de' 5 di questo: e quella piccola, di' mi scrivesti, della giunta costì d'Antonio, questa non è comparita. Risposta alle due.
Dicerto, che Bernardo ha fede in te, e grande; e prima che ti mandassi el figliuolo, e tanto più poi te lo mandò. La Gostanza ne sta sanza pensiero di lui, ed io ne l'ho confortata. Pochi dì fa la vidi, e dissemi ch'io ti scrivessi che tu dicessi 'Antonio ch'ella stava bene, e che per quest'anno non vuole ire al Bagno. Andonne in Mugello; sicchè non si maravigli Antonio se non ha suo lettere. Salutalo per mia parte.
Niccolò veggo era in ordine di venirne in costà. Secondo sento da Francesco Strozzi, non arai bisogno di più fanciugli per ora: e così sete forniti di schiave; e se Matteo n'è il gastigatore, arà faccenda, e non piccola. Sarete una bella brigata!
Marco ebbe la tua; e perchè ser Niccolò dì Francesco è nel letto colle gotti, non s'è fatto, o vero
lodato:
Matteo ha pagato dipoi tre catasti per me: ha 'uto da me, per quattro catasti, fiorini 24 larghi e lire 4 e soldi 9 denari 4; e lire 25 per un moggio di grano ebbe da me. Se tu ne vuo' fare ricordo, tu puoi; ed io ne fo ricordo al mio quadernuccio, e 'nfilzo le polizze che mi manda. Vanno a Monte nel 1462: bisogna pagarne pochi, chè rimarrei tosto al verde.
Da Iacopo d'Ariano avesti le cose ti mandai.
El finocchio e' marzolini ho a mente; e assaggerò meglio el finocchio quest'anno che 'l passato, che sento l'avesti amaro.
Da Lorenzo ho più lettere, e non mi dice cosa d 'importanza. Ben dice che per un garzone che andò con lui, che torna in qua, e che per lui mi scriverrà di più cose; che è persona fidata. Aspettolo ognora. Fia in questa una sua a te, e una di Niccolò, che no la mando a Roma; che, sendo partito, non vorrei capitassi male: e però la mando a te. Se da Lorenzo, arò lettera, che sia di suo' fatti, te la manderò.
A Giovanni Bonsi ho fatto lasciare la casa teneva a pigione, ed hollo ridotto qui perchè non abbia quella spesa. Da altra parte, non volendo appigionare questa, estarà meglio abitata che serrata: e standoci io drento, mi passerò meglio, avendo la Lesandra meco, che star sola. E ancora quando i' non pagassi così el Comune, non sarei gravata; che lui ha poca gravezza. Sicchè, considerato tutto, l'ho messo qui, per lo meglio.
Francesco Strozzi mi dice, che un suo amico (e non vole dir chi si sia) gli ha detto che l'erede di Lionardo e
di Piero e Matteo, per ragione della bottega dell'arte della lana, ha 'vere da
L'Arcivescovo entrò en Firenze a dì 15, e non ha fatto niuna
onoranza
Avvisoti, che capitando costà una schiava, che qui era de' figliuoli di Guglielmo di Guarta, che in costà si manda per vendere, è ladra pessima: sì che no te ne venissi pensiero di torla.
Ara' sentito del parentado della figliuola di Piero di Cosimo a Guglielmo de' Pazzi: e ancora de' figliuoli di Benedetto di Peraccione degli Strozzi. El maggiore ha la figliuola d'Agabito de'Ricci, e Pagolo ha questa di Filice Brancacci: sicchè si vorrà fare pensiero per una per te ; che Iddio, ci metta innanzi qualche cosa di buono, se 'l meglio debb'essere. Che Iddio vi mantenga sani lungo tempo, e in filicità dell'anima e del corpo.
Siàno a dì 21, e di nuovo non v'ho altro a dire, se no che stiate sani.
A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.
Al nome di Dio. A dì 21 di luglio 1459.
A dì 29 passato fu l'utima mia: di poi ho due tua; l'una de' 7, l'altra de' 19 detto. Risposta al bisogno.
Per ancora non s'è auto el costo del contratto da Mariotto Rucellai; e lui non ha auto la ratificazione ha fare co Marco Parenti: e lui dice ne lasci l'affanno; sicchè non me ne do pensiero: che se la vorrà, la ratificazione, bisognerà che paghi.
Avvisoti come parlai a Tommaso Soderini per que' candellieri: disse me gli manderebbe: per ancora no gli ho auti. Quando gli arò, ne sarai avvisato.
Le galee sento pure si sono costì condotte: Iddio ne sia ringraziato. Hanno auto assai tribolazioni, e di morte e d'altre fortune: sono delle cose che dà il mondo. Arò piacere abbi trovato le cose ti mandai: avvisa in che termine le truovi.
Gerardo aspetto ognora con disiderio, per sentire di te novelle di bocca, e come della persona se' ridotto: che Iddio me ne mandi quelle ch'io disidero.
Delle mie faccende non ho poi tratto a fine altro, per buono rispetto: quando ne seguirò più una cosa che altra, te n'avviserò: che Iddio el meglio ci dimostri.
Anche dispiacere assai n'è l'avere grande gravezza, e più dispiacere n'è la mia che la vostra, che getta maggior danno: chè, volendo pagare, ci ho a mettere del capitale; non pagando, avere noie assai: e 'n ogni modo ch'i'fo, vo a star male. Engegnerommi di pagare mentre ch'io potrò; e quando non arò danari, aranno pazienza; e farèno el meglio si potrà.
El conto dell'Isabella non ho fatto a punto; ch'è difficile a fare a me, benchè sia piccola cosa. È in assai, partite, e non so fare tante ragioni: e quest'uomini hanno che fare de' lor fatti
Avvisoti che ho fatto lasciare la casa a Giovanni Bonsi, ed è tornato qui colla brigata, e hacci messo le sue masserizie. Hollo fatto a fine che non abbia quella ispesa: e poi, s'io diliberassi d'andare a stare altrove, la casa starà meglio abitata che serrata; e s'i' pure ci stessi, sarò accompagnata, e passerommi tempo con manco maninconia. E ancora non pagando le gravezze, non sarei gravata per rispetto delle cose sua: sicchè m'è paruto el meglio di far cosi.
L'andata per te a Santa Maria in Pianeta si farà; e se a rinfrescare dell'aria mi sentirò da potervi andare, ch'io soddisfaccia al tuo obrigo, lo farò: quanto che no, e' ci è Pagolo, che v'andrà volentieri: e porterò il torchietto d'una libra, come di'. Non te ne dare pensiero; mettilo per fatto.
Le lettere di Giovacchino manderò; e viciterò le sorelle per suo amore: estanno bene. Nè altro m'accade. Raccomandami a Iacopo; e tu t'ingegna di star sano, e di governarti bene: e così ti conforto al ben fare, che te ne seguirà utile e onore: e i' so quello ch'io mi dico.
Avvisoti che due de' figliuoli di Benedetto di Peraccione hanno tolto donna: Niccolò ha la figliuola
d'Agabito de' Ricci, e Pagolo ha tolto la figliuola di Filice Brancacci, quella che
Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Alessandra, in Firenze.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 27 di luglio 1459.
A dì 21 fu l'utima mia. Ho questo di la tua de' 14 detto. Risposta al bisogno.
Veggo el difetto non fu tuo, del non fare risposta alla mia così presto come disideravo. Poco portava; ma a me pareva essere estata un anno sanza vedere vostre lettere, non che un mese. E questo m'interviene perchè ho poca consolazione, o vero ne piglio, dell'altre cose: pure quando ho duo versi o da te o dagli altri, mi consolo un poco.
Le cose da Quaracchi, per buona cagione, non se n'è preso ancora partito; che stimo fare la ricolta del vino.
Quando se ne piglierà, lo saprai. Al fatto di quello ha' in mano di mio, fara'ne quello ti pare o discrezione o quel
modo
La Gostanza di Bernardetto està sanza niun pensiero d'Antonio; e i' ne l'ho molto confortata. Enne più contenta l'un dì che l'altro, della venuta sua costì, e niuna tenerezza n'ha dell'averselo levato da sè: che così potessi fare io!
Ha' preso buona volta a scusarti dello scrivere mala lettera, benchè a me pare che tu la faccia buona. Accetto che tu dica vero; che a me enterviene che rade volte, per ben ch'io le 'ntenda, e ch'io no le legga parecchi delle volte; chè tanto mi pare esser con voi.
È vero che l'amicizia tra Bernardo e te ha fatto ritrovare el parentado: e quando la Gostanza è a Firenze, espesso mi fa motto qui in casa. È molto amorevole e da bene.
Se del lino non v'è quest'anno migliore che quello mandasti, no ne mandare più, chè ho, del migliore qui. El finocchio e' marzolini ti manderò, e 'ngegnerommi tu sia ben servito.
Ho inteso che la Caterina vende le possissioni, eccetto la casa da Spicciano con due poderi. Quello sento riserba per sè. Accozzossi con Niccolò suo al Bagno, e doverono rimanere in questo di vendere. Luigi era più duro al vendere. Sento che hanno voglia di venire a Bologna, e che là hanno mandato assai cose. E se là n'andassino, la Caterina e mona Ghita dicono n'andrebbono a stare co loro: che è comoda istanza e presso a Firenze; che le donne potrebbono andare e venire. Evvi Francescoloro fratello; e arebbe, se questo faranno, gran consolazione insieme. Ha' fatto e fa' bene aiutargli e servirgli di quello puoi: e Niccolò è molto benvoluto qui da molti.
Di' che ha' 'iutato ritrarre danari a Giovanni di messer Manno, e che l'hai convitato a mangiare: che ha' fatto bene per ogni rispetto, e massimo per amore di Vanni. El ben fare non si perde mai.
Niccolò veggo pure ne viene costà. Ha 'vuto questa sua venuta una gran lunghezza. Che Iddio salvo ve lo conduca. Arete faccenda tra le schiave e' fanciugli.
Vende' lucco, e posi e danari a tuo conto. Al fatto del Catasto, piglierò quel modo ci parrà meglio. Noli ce n'è posti più per ora: non so come si faranno.
La Ginevra se n'andò; ed io andai pochi dì fa a Quaracchi: non feci nulla: evvi gran caldo, e disagio assai v'ho in questo tempo. Tornerovvi quando l'aria sarà più rinfrescata, se a Dio piacerà.
A Matteo scriverrò, poi che da lui non viene lo scrivere a me; che non viene se non da straccuraggine. Avvisami se giova lo scriver mio.
L'Arcivescovo entrò una mattina a buon ora, e sanza onoranza niuna. Va questa nostra onoranza della sella
come l'altre.
Da Lorenzo non ho poi altro. E se Niccolò viene costi, e di lui abbiate ragionamento, en modo che tu creda
abbia avere effetto, me n'avvisa per buon rispetto. Nè altro per questa; se no che, se v'è Niccolò, di' che quest'anno
m'ingegnerò di mandarvi el finocchio dolce, poi che
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 6 di settembre 1459.
Figliuol mio dolce. Ensino a dì 11 del passato ebbi, una tua de' 29 di luglio, come el mio figliuolo caro e
diletto Matteo s'era posto giù ammalato: e non avendo da te che male si fussi, senti' per quella una gran doglia,
dubitando forte di lui. Chiama' Francesco, e mandai per Matteo di Giorgio, e intesi d'amendue come el mal suo era
terzana: che assai mi confortai, però che delle terzane, non s'arogendo altra malattia, non se ne perisce. Di poi, al
continovo da te son suta avvisata come la malattia sua andava assottigliando; che pur l'animo, ben che avessi
sospetto, mi s'allegierava un poco. Dipoi ho come addì 23 piacque a Chi me lo diè di chiamallo a sè, con buon
conoscimento e con buona grazia e con tutti e sagramenti che si
Dello onore che ha' fatto nel seppellire el mio figliuolo, ho 'nteso che ha' fatto onore, a te e a lui: e tanto
più ha' fatto bene a onorallo costì, chè di qua non si costuma, di quegli che sono nel grado
vostro,
La copia della sua volontà
Veggo Niccolò era malato di terzana; che, oltre alla pena mia, ho auto dispiacere per più rispetti. A Dio piaccia per sua misericordia liberarlo.
Da messer Giannozzo ho per sua benignità una lettera, che n'ho preso assa' conforto, veduto
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 13 di settembre 1459.
A dì 6 fu l'utima mia; e benchè gran doglia fussi nel cuor mio a fare risposta a tal novella, pure mi feci forza a farti que' parecchi versi: chè, oltre al dolore e la grande passione ch'i' avevo della morte del mio dolce figliuolo, avevo ancora gran pena di te; chè consideravo, e considero al continovo, come la tua persona debba stare 'avere sopportato tanti affanni nell'animo e nella persona, come tu hai. Dipoi ho la tua de' 30 passato, che mi fu un poco di rifrigiero alla mia passione. Risposta per questa.
Non dubitar punto che i' ho sentito un gran duolo; e son certa che se tu avessi per alcun modo potuto fare ch'io non avessi per lungo
A la parte dell'esser o vero lasciatomi reda, non me ne sono informata che sia da fare; ma secondo mia voglia, è di non pigliare questo carico, che mi sarebbe di danno, secondo mio credere. A questo piglierò consiglio da Tommaso, che duo dì fa tornò d'ufficio: e tu arai veduto dipoi come stanno e suo' fatti, e avisera'mi e dirotti di mio parere.
Tu di' che ti pare necessario di fare pensiero d'accostare Lorenzo in qua più presso a noi. A questo ti dico, che tu sai che la voglia mia era questa, e scrissitene duo versi: rispondestimi cota' ragioni, ch'io restai paziente; sì che a questa parte lascerò pigliare el partito a te: chè non avendo io a stare dove voi, tanto mi fa che istia a Brugia, quanto a Napoli o in Catalogna; chè a un modo ne arò consolazione: sì che a te tocca a pigliare partito di quello s'ha a fare; e conosci meglio el bisogno di questo, che non fo io; però che l'amore e la passione mi vince tanto, che forse non vederei così tutto. E pertanto non dirò altro sopra di ciò.
Avvisa se Niccolò è guarito; che mi piacerà sentire di sì. La nostra Checca
è stata da diciotto dì
ammalata di febbre continova; ora gli è scemata, che n'ha piccola cosa, secondo el medico. A me pare abbia
maggior male non dicono, però ch'è molto lassa, che non vorrebbe
Non bisogna raccomandare la vita mia a me per vostro amore, ma a voi bisogna raccomandarvi la vita vostra per amore di me, che vivo della vita e sanità vostra: che a Dio piaccia per sua misericordia mantenervi amendua lungo tempo con quella sanità ch'io disidero per l'anima e per el corpo.
Da Lorenzo ho lettere de' sette del passato, ch'era a Brugia, e fra pochi dì si partiva e andava fuori per due mesi.
Fra Domenico ringrazia; che s'io arò tempo gli risponderò; e se pure non gli facessi risposta alla sua, farai tu el bisogno e mia scusa. Per la tua madre Allesandra, in Firenze.
Tenuta a' dì 15. Perchè non pigli ammirazione dello scriver mio in questa, che dico, s'io non ho a stare
dove voi; per tuo avviso, i' non dico questo perch'io non disideri con
A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.
Al nome di Dio. A dì 2 di novembre 1459.
A dì 24 di settembre fu l'utima mia. Ho dipoi la tua per Gherardo; che piacere ebbi della sua venuta, che a bocca mi disse buone novelle di te, e come stavi benissimo della persona, e che eri ritornato nell'esser tuo di prima innanzi che avessi male: che ringraziato sia Iddio che t'ha renduto buona sanità. Risposta per questa alla tua.
Se' avvisato per più lettere come piacque a Dio insino a dì 23 d'agosto chiamare a sè quella benedetta anima del
mio Matteo, al quale Iddio abbia fatto misericordia. E stimo che da Filippo sia suto avvisato quanto e' fece de' suo'
fatti, e come lasciò quel poco che aveva: che mi scrisse che, come avesse recato al netto, t'avviserebbe, e così me,
quello vi fussi di suo,
Avvisoti come Antonio Macigni è stato malato bene un mese di terzana, e ora pareva guarito e sanza
febbre: mossesegli a dì 20 del passato uscita, e fra duo di calò forte; en modo che Niccolò Soderini, era podestà di
Prato, subito ci venne e sì gli fece far testamento, e fecesi lasciare, per più cagioni e ragioni mostrò avere contro al
detto Antonio, ciò ch'egli ha. Di che n'è seguìto grande iscandolo tra la Caterina di Giorgio e' Macigni contro a
Niccolò; e han tratto fuori el testamento che fece nostro padre, che dice che lascia reda Zanobi e Antonio; che
mancando l'uno, redi l'altro; e mancando
Delle possissioni da Quaracchi non ho preso ancora partito per buona cagione. Sono cose buone, e il
luogo,
La gravezza mia è grande, e non posso fare di non pagare; chè ho doppia ispesa non pagando,
E candellieri non sono per ancora compariti. Aspetterò che Tommaso Soderini torni da Pisa; che ci sarà per tutto questo mese; e vedrò se gli potrò avere, e te n'avviserò.
Piacemi abbi trovato el corbello en buon ordine: e per questa galea d'ora die' a Batista un corbello piccolo,
drentovi un mezzo staio dì ceci tra bianchi e rossi, e dieci marzolini, duo alberegli d'uve secche, e finocchio, e onde
dieci d'aromatico rosato vantaggiato:
A Giovanni ho detto del panno: attende a chi l'ha a domandare. E gli spilletti saranno
L'andata da Santa Maria Impruneta è fatta; che vi mandai Pagolo a dì 21 passato; el portò torchio d'una libbra.
Veggo che poco ha' da fare costì; e la pratica di Niccolò è tornata in acqua: che tutto si vole pigliare per lo
meglio.. Ho più lettere da Filippo poi che fu el caso del mio Matteo; e sì gli parrebbe ch'io t'avessi escritto che ti
dovessi ritrarre di costà, e venissi a Napoli. E ancora gli parrebbe ch'io lo dovesse iscrivere a lacopo, acciò che se si
volessi provvedere d'un giovane, che possa. Non te n'ho mai volato direi alcuna cosa, perchè essendo la guerra nel
Reame, come v'è, e ancora s'aspetta maggiore per mare e per terra, non mi pareva che per nessun modo ti parta per
ora di costi; che ho pena che lui vi sì truova. Da altra parte conosco la natura di te e di lui, e non so come
v'accordassi ensieme. Sicchè per questo non te n'ho iscritto. Ora i' t'ho avvisato di quanto mi scrive ch'è suo
pensiero: avvisandoti ch'io non so come l'aria di là ti comportassi; che per Matteo v'è stata cattiva, e si me lo
menò.
Niccolò è 'guarito, e per tutto el passato doveva tornare a Roma.
Questa mattina ho lettere da Filippo; è mi dice ch'io ti scriva che ti ritragga in qua; e che i' lo scriva a lacopo: e che ha scritto a te e a lacopo quello gli pare che tu facci. Sì che da lui intenderai, e sarai avvisato del suo pensiero; ed io sarò contenta a quello farete. Pensa pure a quello. che fai, ennanzi che pigli partito: che Iddio ti metta innanzi quello che debb'essere el meglio. A me escrive che in questo verno pigli partito delle possissioni e d'alcune masserizie; e che passando tu in qua, o per mare o per terra, ch'i' fussi in luogo atto a venirne teco. Ora el tempo mi consiglierà; e se diliberrai passare di qua, me ne darai avviso: e io alsì a te di mio pensiero. Nè altra per questa. Iddio vi mantenga sani e 'n suo' grazia, come disidero. Per la tu' Allesandra, Firenze.
El corbello arai, secondo mi disse Batista, per Esmeraldo Boni.
Sono a dì 3, e ho da Filippo come a dì 25 passato fu a Napoli l'armata de' Franzesi, che sono diciotto galee,
una galeotta; e fecionsi vedere. La terra esparò loro di molte bombarde; ma andavano sì discosti, che nolle
temevano. E ancora dice non s'erano ispiccati di que' mari; e che loro
di qui
A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.
Per Gherardo fu l'utima mia, che arò piacere che Iddio l'abbia condotto a salvamento. Ho dipoi una tua de' 9 d'ottobre, che n'ho preso conforto, e si perchè eri sano, e perchè della perdita grande che abbiàn fatta del nostro Matteo veggo che la pigli en pazienza; che me ne dài assa' conforto. E poi che a questo non è rimedio, si vuole por fine allo scrivere di questa materia; e solo a pregare per l'anima sua, e attendere a star sani, e a vivere mentre che a Dio piace: chè lo scrivere de' fatti sua è da dar pena ad amendue. E però porrò fine; ed altro non c'è da dire di sue faccende.
Avvisa'ti del pensiero aveva fatto Filippo che tu ti rappressassi en qua, e
da lui ho lettera che te n'ha avvisato, e così lacopo.
Ara' sentito come l'armata de' Franciosi giunse ne' mari di Napoli, e non
si poterono appressare alla terra per rispetto delle bombarde che trassono
que' drento; e stettono una brigata
Sentisti la morte d'Antonio Macigni, e come e figliuoli di Giovacchino e
Carlo si preparavano a volere questa redità d'Antonio per vigore del
testamento di nostro padre, che lasciò reda costoro, dopo la morte di
Zanobi e Antonio, morendo sanza reda. E sonsi volti per ora a' beni
d'Antonio, che sono nelle mani di Niccolò Soderini; e si piatiscono al Palagio del Podestà: e dicono, ed è chiaro, che se vincono e beni
d'Antonio, che sono convinti
Batista tolse donna, e ha fatto bel parentado, e n' è tutto lieto: sì che co lui te ne rallegra.
Fia in questa una lettera ti manda Niccolò. Nè altro per questa; se non che ti ricordi di star sano e di buono governo: che a Dio piaccia mantenervi lungo tempo, come disidero. Per la tua Allesandra, in Firenze.
Giovanni Bonsi aspetta per le galee el panno, e a chi l'abbia a chiedere quando giugneranno a Livorno.
A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.
Al nome di Dio. A dì 28 di febbraio 1460.
Del mese passato fu l'utima mia. Ho poi dua tue de' 3 e 24 passato. Risposta al bisogno.
Per la mia di novembre ha' 'nteso quale è 'l pensiero e l'animo mio; e
veggo che se' contento ch'i' faccia la mia volontà, e che i' pigli el
partito mi pare: che mi piace che tu sia di queste cose, che son di qua,
contento a quello farò; però ched io non ho altro pensiero, nel finire
Le carte,
La ritificagione facesti a messer Otto, per non averne trovato ricordo,
non n'ho potuto dimostràgli le bugie sue: che già me ne ricorda a me, che
tu lo facesti; ma dicendo di no lui, no gliel'ho potuto provare. Ma ora che
i' ho 'vuto la picchiata co' Macigni, è cancellata. Chè, come ti scrissi,
avemo una condannagione di fiorini cinquecento; cioè, che cento, che ebbe
Francesco Macigni di que' di Zanobi, s'intendino in questi cinquecento; che
restono a pagare a noi fiorini quattrocento. E di questi abbiàno a pagare
in duo paghe: l'una a mezzo questo, che di già n'hanno auti fiorini 75, e
Io disiderrei che tu non t'obrigassi a partito nessuno in coteste parti
per verun modo; però che l'utile e 'l ben vostro mi pare sia di stare
presso l'uno all'altro; e che di più consolazione sarebbe a voi e a me
l'essere in luogo di potere dare aiuto e favore l'uno all'altro, per molti
casi che possono avvenire: che stando tu in coteste parti, mi pare averti
mezzo perduto. Sete ridotti a sì piccolo, numero, che a ogni modo e per
molti rispetti mi piacerà che tu pigli partito d'andare a trovar Filippo, e
di far quel che per più sue t'ha detto. I' non mi distenderò sopra di ciò
in altro dirti, perchè nostre faccende non si sentan per tutto: chè istimo
le lettere mie ne sia fatto el servigio che delle tue, che poche n'ho che
no sieno istate aperte. Donde si venga el difetto, non so. Insino alle tue
che vanno a Filippo, sono trassinate. Sicchè cose che fussino d'importanza
non mi scrivere, se no per persona fidata: e così farò a te. Filippo mi se
n'è doluto più volte, che le sono state aperte. E gran mancamento
Piacemi Iacopo avesse la mia: attendone risposta. Veggo è stato malato di male di fianco, e che migliorava: così piaccia a Dio liberallo in tutto, e conservallo lungo tempo a' sua figliuoli.
Non m'accade altro per ora. Filippo e le nostre fanciulle sono sane per ora; Iddio lodato. I' mi sto pure chioccia; che sono nel tempo che ci appressiamo al nostro fine: che Iddio me lo dia con salute dell'anima. La Checca ti manda mille salute. Che Iddio t'allumini del meglio dell'anima e del corpo: e fa' di star sano. Per la tua Allesandra, in Firenze.
A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.
Al nome di Dio. A dì 6 di marzo 1460.
A di 28 passato fu l'utima mia, e l'ho di già data a Lodovico, che la mandassi sotto le sue; chè aspettava el fante da Roma parecchi dì fa, e non è venuto. Ora ho la tua per Coppino; che m'è stata di consolazione, sentire novelle di te a bocca; che mi dice tu se' in buon punto della persona: che assai mi piace; e così piaccia a Dio conservarti lungo tempo, con salute dell'anima e del corpo, come disidero.
Veggo la venuta tua a Bruggia n'è suto cagione la malattia di Iacopo; che
ha' fatto bene a venire a vicitarlo e a provvedere che abbia el governo
suo; benchè essendovi la donna e Tommaso suo nipote, no gli doveva mancare
governo; e così Giovacchino e degli altri, che debbono aver fatto quanto è
loro possibile: e
Ricordoti el metterti in ordine ed assettare le tue faccende di costà, e di ritrarre quel poco che tu hai di costà, e ridurti di qua con Filippo, che mi dice avertene iscritto più volte; e così dice a me, ch'io te lo scriva: che per molti casi che possono avvenire, estate meglio l'uno presso all'altro: che se venissi caso nessuno (che Iddio ce ne guardi), si perde l'avere e la persona a un tratto. E poi che Iddio v'ha privati di casa vostra, essendo voi ensieme, e non estando io della persona peggio ch'io mi stia, forse diliberrei venire a vivere e morire con voi. Ora Iddio vi dia a pigliare el partito che debb'essere el meglio.
Avvisoti ch'e dua panni dipinti
Le possissioni mie, non ho ancora fatto altro.
Avvisoti che non mi scriva cose d'importanza, e così farò a te, se no quando le puo' mandare per persona fidata: chè tutte le tue mi sono aperte; e così quelle tue vanno a Filippo, che mi se n'è doluto. Così debbano fare delle mie. E pertanto sieti avviso.
I' ho lettere questo dì da Filippo, che sta sano: dice che ha lettere da te di rado: sicchè fa' di scrivergli più spesso che non fai. Consumasi che, non potendo tornare a Napoli per rispetto la guerra, perde el tempo suo e spende assai. Non si può quello che uomo vorrebbe. A Dio piaccia metter pace per tutto.
La Caterina e la Lesandra stanno bene, e così gli altri; Iddio lodato! Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi.
A Iacopo degli Strozzi, in Bruggia.
Al nome di Dio. A dì 10 di marzo 1460.
Carissimo quanto maggior fratello. Più tempo fa non t'ho scritto per no esser suto di bisogno. È questa perchè ho sentito tu ha' 'vuto gran male; che m'è assai dispiaciuto. Pure, per grazia di Dio, mi dice Lorenzo che cominciavi molto bene a migliorare, e che eri fuori di dubbio: che molto mi piace, Iddio lodato. Aspetto con disiderio di sentire sia in tutto libero e sano. Così te ne conceda Iddio la grazia, come tu disideri.
I' ho scritto più tempo fa a Lorenzo, ched io voglio a ogni modo che si
rappressi in qua, veduto non essere altri che lor due: ch'io mi contento
che stia più presso a noi, che non è; e che s'accozzi con Filippo; e che
elegghino
Fusti avvisato come la tua Lisabella fece la fanciulla femmina, e che stava bene; che è grassa e fresca. Così la mantenga Iddio lungo tempo.
A Coppino dissi che per mie' parte ti confortassi, e sopra tutto a far buona guardia della bocca e d'ogni altra cosa che t'avessi a offendere la persona; che vieni in buon tempo a riavere le forze e ridurti in buona sanità. Così piaccia a Dio che sia come disidero. Nè altro per questa. A te, alla Lugrezia, mi raccomando; e mille salute a Lionardo e a la Margherita: che Iddio presti a tutti buona vita. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.
A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.
Al nome di Dio. A dì 11 d'aprile 1461.
A dì 2 passato fu l'utima mia. Non ho da poi tua, che quella de' 8 di
febraio, che ne fu apportatore Coppino. Per quella tua intesi della
malattia di Iacopo: el simile mi disse Coppino; ma poselo fuori di pericolo
della morte. Dipoi ho sentito da molte persone come a dì 13 di marzo egli
era piggiorato en modo che, rispetto la malattia aveva, pochi dì poteva
durare: per la qual cosa ho 'uto gran dispiacere per molti rispetti, e
massime per la sua famiglia; che sono e primi che ne ricevono danno. Iddio
sa el bisogno nostro; e non fa se non bene, e per salute dell'anima nostra:
così arà fatto per salute dell'anima sua, se l'arà chiamato a sè, ed arà
fatto el passo suo:
che così abbiàno
a far noi.
A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.
Al nome di Dio. A dì 25 d'agosto 1461.
Di poi partisti da Roma non t'ho iscritto per non essere accaduto el bisogno. Ebbi poi la tua da Bologna, che ne fu apportatore Lodovico Strozzi: eriti condotto sano tu e la compagnia; che mi piace: Iddio lodato! Dovevi partire di quivi a' dì 20, per essere a Vinegia, e poi per la più pressa tirare costi a Bruggia. Così arò piacere abbi fatto: che Iddio per tutto v'abbia fatto salvi. Tommaso se n'è venuto teco: è buon compagnone, e portati grande amore. Attendo novelle della giunta vostra costi; che Iddio me ne mandi le buone disidero.
El trebbiano ho comperato per mandare al Governatore di Perugia per tuo'
parte; e Giovanni
Da Filippo ho lettere di quanto è seguito tra voi de' fatti vostri, e in
che appuntamento sete rimasi; che alla buon'ora sia tutto: e così ho visto
come la facesti co' Niccolò; che ogni omo faccia per sè. Sete oramai d'età
di non avere balia sopra capo,
Avvisoti che la lettera tu mandasti ch'io gli dessi in suo' mano, della
Lugrezia, come si facessi
El famiglio tuo venne da Roma, e giunse colla febbre, che tre dì l'ebbe a cammino: tennilo qui tre dì, governandolo bene, e col pollo pesto sera e mattina, credendo la febbre passassi; ma ella cresceva. Quando vidi questo, con buon modo lo feci contento che andò a Santa Maria Nuova; e là lo raccomandammo al medico, e no gli è mancato nulla. Che se guarisce, e torni costà, si loderà di noi. È migliorato; ma dubito che none stia un pezzo con un poco di febbre; e se si mette a cammino, che non sia ben guarito, dubito no rimanga su pell'abergo. Terròlo qui el più ch'io potrò, tanto che riabbia, le forze, e poi si ritorni costà: che Iddio gli renda la santà presto, se 'l meglio debb'essere: che dispiacere ho 'uto del mal suo per tuo amore, che lo menasti teco. El cavallo, Giovanni l'ha governato, ed è guarito del dosso.
L'apportatore di questa Ha Antonio di Bernardo de' Medici, che viene a
stare nella compagnia di Cosimo: è a te singulare fratello; e sai quanto
tutti noi siàno obrigati a Bernardo, e simile a lui; che siàno tenuti di
baciare la terra dove Bernardo pone e piedi, per l'amor grande ci porta, e
quello ha fatto per noi, e
È dipoi tornato el famiglio a casa; e fògli fare buona vita, che si riabbia della persona.
Siàno a dì 28. Questo dì torno.
A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.
Al nome di Dio. A dì 15 di marzo 1461.
Dei mese passato ti scrissi, e ne fu apportatore Giannino. Dipoi ho la tua de' dì 5 passato. Risposta al bisogno.
Piacemi che sia tornato a salvamento della persona, e che attenda a uscire
di noie con dare espaccio alle faccende della redità; e di' che pensi fra
un mese esserne fuori: che quando fussi esbrattato in due, mi parrebbe tu
ne fussi a buono mercato. Non estò però molto sicura che tu n'esca netto e
sanza danno: quando e' fussi che tu non vi mettessi del tuo, altro che 'l
dispiacere e la fatica, mi parrebbe avessi fatto un buon passo per te; chè
ragione sarebbe, per far bene, non ricever male. Così piaccia a Dio che
sia. Di Niccolò no me ne maraviglio punto, che sia in quella forma; chè è
Altro espasso vo' che pigli che delle duo lettere, che non te le vo'
mandare, acciò non vengano in man d'altri; se già non vedessi di mandarle
per man sicura, che solo tu l'avessi. Bisognerebbe capitassino in man di
Tommaso Ginori: sono di mano del suo
L'amicizia e benivolenza che ha' preso co' nostri embasciadori, e massimo
co Bonaccorso Pitti e co' lor giovani, assai mi piace. È Bonaccorso molto
estimato sì per la virtù sua e per rispetto del padre; ha 'cquistato gran
nome. in quest'andata, d'essersi governato molto sodamente. Delle pratiche
tenute con messer P˙
Ieri entrò messer Piero de' Pazzi en Firenze con gran trionfo e
magnificenza, più che 'ntrassi cavaliere già gran tempo. Non è però da
farvi su gran fondamento; chè alle volte a Firenze si dimostra una e fassi
un'altra. Hanno detto miracoli de' tuo' fatti, e Donato e messer Piero non
se ne possono saziare di dire bene dite. Non ho enteso che se ne dica
Bonaccorso per ancora; che ne doverrà dire el simile. Ancora Montelupo,
donzello della Parte, m'è venuto a vicitare, e m'abbracciò per tuo' parte,
e gran festa mi fece per tu' amore, e dissemi come tu eri molto a grado
agli embasciadori: che m'è stato di consolazione sentire tale novelle dite
da tutti. Ringrazione Iddio, che da lui abbiàno tutte le virtù e le grazie:
che noi, per no' medesimi, non possiàno nulla; da lui solo abbiàno tutto. E
per tanto lodo e ringrazio
Da Filippo ho lettere, che vuole andare per duo mesi a Napoli, non vedendo le cose en modo vi si possa fermare: ma trovandole che al tempo nuovo prosperassino, come e' crede, vi si fermerà: se no, tornerà a Roma. Iddio per tutto l'accompagni.
Giovanni della Luna duo dì sono gli cadde la gocciola: ha perduto tutto il lato ritto, e non favella, e sta male: Iddio l'aiuti.
Bernardo de' Medici è tornato da Mellano, che v'è sta' imbasciadore; e sta bene. Piacemi che Antonio e tu v'amiate come frategli; e così vi mantenga lungo tempo Iddio: raccomandami a lui. Di Tommaso non sento nulla; e la Lucrezia a questi dì mi domandò quello che n'era, che nulla ne sentiva: sicchè avvisa come gli sta. Di' 'Antonio, ch'i' ho 'vuto una sua, che è stata di consolazione. Non accade altro. Siàno a dì 26, ed ho la tua per Pieretto, de' 26 passato. Risposta.
Attendi a dar fine alle cose di costà quanto t'è possibile, chè mi piace; e
tanto più, quanto non credi averne danno. Ho 'nteso quella pratica hai con
messer P˙: hotti detto in poche parole; con Filippo te ne 'ntendi, che
sa meglio di me quello è da fare. Ma, per quello ho sentito per altri
tempi, non è da 'mpacciarsi con loro, per avere delle traverse, che n'ha'
'vuto assai. Poi non ha qua la riputazione tu credi, per rispetto ch'è
amico de' Franciosi; ch'è contradio a chi può più di lui.
Ha in quest'andata
più perduto che acquistato; e bastiti. Questo no ne ragionare con altri,
che non potrà essere nollo senta. A Bonaccorso per Giovanni gli mandai la
lettera, e molto ti lodò; e disse a Giovanni, che della licenza, tasterebbe
s' ella si potesse avere, pognendo il caso in altri che in te.
Son cose di
carico
Giovanni Bonsi finì
A dirlo a te, Lodovico si frammette malvolentieri per G˙ co messer Zanobi; chè altro che nimicizia non se n'acquista. Scriva a Macigno; chè a lui starà meglio che noi. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.
A Filippo degli Strozzi.
Al nome di Dio. A dì 17 di dicembre 1463.
. . . . . . . . . . . El finocchio e 'l marzolino avesti: di' che sono ventitrè marzolini, ed è vero; chè uno parti' per saggio; che erano ventiquattro, sì che restorono ventitrè. Hai auto la ragione tua: el partito fu mio. El finocchio non fu bello nè buono; ma poi ch'i' l'avevo, te lo mandai così fatto com'io l'avevo, acciò che non dubitassi ch'io non te ne volessi mandare. Ha' fatto bene a fare masserizia del vecchio; che veggo fate più masserizia non credevo, e fate bene.
Del fratello di Nofri veggo, per le ragioni che di'
non ti pare di
torlo, possendo averne un altro: sia col nome di Dio. Quello di Niccolò
Avvisoti come gli Strozzi hanno fatto parentado co' Pitti, e questo si è
una figliuola di Benedetto di Pieraccione,
Io scrissi a Luigi, o vero risposi, che Giovanni no m'aveva voluto dire che
faccenda era la vostra; ma credevo era del dare e dell'avere, che non era
cosa s'appartenessi a me; ma ch'egli era stato servito da te ne' sua
bisogni, e non ti voleva fare il dovere; e che questo era mai fatto: che
seguitandone tra noi meno....
A Filippo degli Strozzi.
Al nome di Dio. A dì 22 di marzo 1463.
A dì 15, per Francesco di Sandro Strozzi ti scrissi; e per non aver tempo, non feci risposta alla tua de' dì 6 di detto: farolla per questa.
Sarà di poi arrivato costi el detto Francesco, e vedrai la vista sua, se somiglia Nofri: che a me non pare. Hogli detto che io sono quella che te l'ho dato, e che l'onore di lui ha esser mio; chè t'ho pregato lo tolga: e così l'opposito; che non si portando bene, i' n'aro il carico da voi; e lui n' arà danno e vergogna e che in qua sarà rimandato. Risposemi, che aveva pensiero di farmi onore, e simile a tutti gli altri. Così mi piacerà che faccia.
Dissiti come da Miraballa m'avevo fatto dare fiorini 4 di suggello, e a lui
dissi ti portassi el
Raccomandotelo;
Da Lorenzo ho lettere de' 3 di febbraio, che l'arrecò Francesco di Sold Strozzi: non so per che via s'è venuto, che non l'ho veduto ancora. Estimo Lorenzo all'auta di questa sarà tornato costi; che mi piacerà sia con salute dell'anima e onore del corpo. Concedagli Dio buon viaggio.
Veggo, sopra il carico ch' io ti scrissi che t'era dato, e simile Matteo te
ne scrisse, puossi considerare en buona parte donde viene; ed ho molto caro
che le sieno bugie, più che l'opposito. Iddio rallumini la mente a chi
dice quello che non è; ed è d'avere compassione a tali nature. La verità ha
sempre suo luogo. Attendete pure a far bene; e guardatevi, come tu di', di
non fare torto a persona; chè facendolo, offenderesti Iddio e l'anima
vostra, ch' è il tutto. Ennanzi men roba, che offendere quel Signore che ci
ha a giudicare l'opere nostre. E in questo mondo è brieve questa nostra
vita; e ci bisogna adoperare che nell'altra vita, che non ha fine, viviàno
co riposo. E una delle cose che ci dannano, si è il non fare il debito al
prossimo; chè lo dice il Vangelo: Fa' al prossimo tuo come vorresti fussi
fatto a te. E questo ti scrivo, so che lo sai; ma ve lo ricordo, perchè
sete della mia carne e sangue, e grande amore ne porto all'anima e al
corpo; ed è mio debito ricordarvi el ben vostro. Sono molto contenta della
buona fama e dell'esser tuo, e honne gran consolazione e piacere, che per
le parole
Per altra ti dissi delle terre vendute, e de' danari rimessi a Roma a Niccolò Strozzi, cioè fiorini 134, ensino a dì 10 di questo: e ancora ti dissi de' duo pezzi di vigna mi restano a vendere; e poi è spacciato Quaracchi.
La morìa ci è pure un poco ritocca, ma in gente
manuali:
Della Marietta non sento altro. Aspettasi la madre ogni dì, che è a
Bologna, stata già uno anno. A buon fine credo l'abbia fatto. Se a
45
Sono a dì 23, ed ho la tua de' dì 10. Risposta al bisogno. Se' avvisato
della vendita de' duo pezzi di terra, e de' danari rimessi a Niccolò; e
questo di ho lettere da Roma, come e danari se ne farà la tua volontà; e di
già dice Niccolò avertene iscritto. Di' che teco non bisogna pigli escusa
del pigliare il danaio ho di bisogno, ma ch'io gli spenda pure utilemente.
A che ti dico, che i' ti scrissi bene per avere
Sono molto contenta d'avere inteso che abbia soddisfatto a quanto ti
lascio
Di Niccolò Magalotti, entendo l'ha' mandato fuori per tue faccende.
Doverrassi riconoscere de' sua mancamenti, che n'ha auto una grande
esbrigliatura.
Di Batista non ho poi domandato nè sentito altro. Da Lorenzo ha' lettere più fresche di me. Dirò a Giovanni s'informi che mercatanzia v'ha su Niccolò, e che quantità: che te ne dia avviso. Aspèttallo la madre e la donna al maggio.
Entendo che 'l lino della Caterina tu l'abbia
A Giovanni Bonsi farò comperare gli occhiali e de' più fini, come tu di', e per primo si manderanno.
Questo dì si comperorno gli occhiali, e ti si mandano sotto lettere di Niccolò Strozzi a Roma pel fante: sì che fa' d'avergli. Nè altro per questa m'accade. Raccomandomi a te; che Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.
Da Ruberto Mannelli, che viene di Levante, mi disse
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 7 d'aprile 1464.
A di 23 del passato fu l'utima mia. Ho poi una tua de' 20 di detto, e di'
che ne fia apportatore Giovanni del Mugnaino vetturale, pel quale mandi un
sacco di 25 mazzi di lino alla Caterina en luogo di quello t'ha chiesto: e
più di', che al vetturale si paghi, per vettura o passaggi, fiorini uno
larghi. Così si farà quando el lino giugnerà; chè la lettera venne sì
presto, che nolla recò el vetturale, ma venne pel fante:
ebbila da Miraballi. Ora aspetterò el vetturale, che fra pochi dì ci
doverrà essere. Farò d'avere quello della Caterina, che non si scambi con
quello mandi alla comare. Arà ben caro tal presente, più che se avessi
fatto presenti di confetti.
Ancora di' che se' contento, che quello mandi alla Caterina nolli costi
danaio. Questo voglio detto, perchè mi par troppo lino a donare a Marco,
che ha el modo a pagare; e quando gliene donassi dieci mazzi per volta, era
assai, e innanzi, tra duo volte.
Per una tua a Giovanni Bonsi di' che 'l fanciullo di Sandro era a dì 25
giunto costi: che Iddio lodato. Arai dipoi veduto se l'aria sua ti piace, e
me ne di' quello te ne pare. Avete costi Andrea, che se ne dice miracoli
della virtù sua, e massimo Tommaso Ginori, che venne el dì della pasqua, e
me n'ha detto molte cose delle virtù ch'egli ha: e così della Marina,
de' vezzi ch'ella ti
fa. E sentendo tante cose, non mi maraviglio che vogli endugiare ancora un
anno, e che si vada adagio al darti donna. Fai come colui che voleva
endugiare la morte e 'l pagamento el più che poteva. Non hai più ch'una
femmina per casa, e se' ben governato; e se to' donna, n'arai parecchi, e
non sai come
È vero che la morìa pur segue, ma non tocca de' buoni: abbianne qui en
vicinanza dirimpetto al Pescione.
Arai auto dipoi e fiorini 134, che mi scrive Niccolò avertegli rimessi: avvisa quando gli hai auti. E così per mano di Niccolò ara' gli occhiali: se a salvamento si conducono, credo l'amico tuo sarà ben servito. Avvisa come son giunti sani.
A Lorenzo non escrivo perchè non so che sia tornato di Cicilia. Ruberto di Ramondo e Francesco di Soldo, che vennon di Levante, me ne dissono novelle, che gli stava bene. Iddio lo rimandi sano, e lungo tempo vi mantenga, com'io disidero.
Tornò qui Giovan Tornabuoni, e non sento dire nulla della figliuola di
Lorenzo. È ben grasso, ed ha presso al 40, al modo tuo.
Ara' sentito della galea perduta en Fiandra, che è stato grande scurità: perduto tante persone e la roba. Iddio abbia 'vuto misericordia di loro. Estavo prima co pensiero di Lorenzo quando sento che va in mare: ma ora ne starò con maggiore paura quando saprò abbia andare o tornare per nave: che l'Agnol Rafaello l'accompagni. Avvisa se è tornato, o quando l'aspetti: che di male vi guardi Iddio. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.
Raccomandoti Francesco: se non è con tante virtù come Andrea, abbi pazienza, e 'nsegnategli, chè ha buon sentimento, e credo apparerà.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 9 d'aprile 1464.
A dì 7 ti scrissi quanto m'accadeva allora; e credendo Tommaso partissi
quel dì, essendo soprastato alcun dì, è scaduto che, vogliendo acconciare e
fatti mia, truovo che, vogliendo fare testamento, non posso fare ch'io no
lasci mia ereda universale: e perchè, non sapiendo questo, mai n'ho auto
teco ragionamento, te n'avviso che ti pare da fare; e considerare bene a
tutto, che chi io lasciassi mia reda è obrigato a' mia debiti di gravezze o
d'altro; benchè altri debiti non ci è di mio: e così avendo danari, ancora
sarebbe di detta reda: e così le masserizie si trovassino di mio. E
pertanto a me parrebbe che, rispetto e danari avete o dandovene
Ancora da Tommaso sentirai come, ragionando co lui di volerti dar donna,
egli è uomo da fatti, e presto te n'ebbe una in pratica, e andolla a vedere
per recartene novelle. Ragiona'ne più tempo fa con Marco, e non gli va a
pelo per alcuna cagione; e dicemi: per ancora non si sa che voglia donna, e
no l'abbiamo detto,
Raccomandoti Tommaso: è fedele persona, e portavi grande amore; sicchè,
quando gli potete fare del bene, fatelo.
Ancora ti raccomando
Franceschino. Voi avete Andrea che ha
Sabato sera giunse el lino. No l'ha recato quel Giovanni del Mugnaino, ma e' l'ha recato Mariano di Bino vetturale; e vuole più vettura: Marco gli darà quello che scrivi, fiorini uno larghi. No gli ho detto che no gli costa nulla; ma mi domandò s'io era avvisata del pregio. Dissi di no. E' mi disse ch'io te lo dicessi, che ne dessi avviso. Fa' ora che ti pare, e avvisami.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 21 d'aprile l464.
A dì 9 per Tommaso Ginori fu l'utima mia: dipoi ho dua tue, de' 4 e 9 detto. Risposta al bisogno.
Condussesi costì Francesco di Sandro; e veggo dipoi l'ha' provato, e ti pare pure da poco ne' fatti di casa: ed è vero; chè procede en buona parte da chi gli allieva. Questo suo padre è buono uomo e favellante, ma non è secondo la vista che mostra; chè l'ho pratico ora, per l'amicizia presi di questo fanciullo, e sommi adoperata al maritare d'una sua figliuola, cioè di confortare e parenti di chi l'aveva a tòrre, en modo che s'è fatto el parentado: sicchè non m'è riuscito come credevo. È la donna
Facestimi creditore de' fiorini 134, auti da Niccolò, e per me da Miraballi: n'ho ritenuto e fiorini 18 che ebbi per duo catasti: pagherogli ora, che ho venduto uno pezzo di vigna fiorini 10 lo staioro: credo sia staiora sette; pure nollo so a punto: hassi a misurare, e poi ne farèno la carta, e piglierò e danari: sicchè pagherò e fiorini 18 a Miraballi, e cancellerassi tale partita: e del resto de' danari pagherò duo catasti e un mezzo danaio per lira, che s'hanno a pagare per tutto questo. Credo si sosterrà el dì
E' mi resta ora a vendere a Quaracchi un pezzo di vigna; che trovandone el pregio ch'i' voglio, la venderò; e non trovando, si resterà: fa buon vino per la state, e se 45
La vigna venduta avete a sodare voi; e perchè la procura facesti più tempo fa in Giovanni è spirata, è di bisogno ne rifacciate un'altra in detto Giovanni, che possa sodare per voi, come stava quella; e noi farèno la carta; e Giovanni e Marco s'obrigherrà per qualche mese, tanto s'abbia da voi detta procura. Ancora mi dice Giovanni, che in su detta procura potete obrigarvi a Giovanni in quelle cose ha sodo per
La Caterina ebbe i' lino: pare a lei e a Marco buono e bello. No gli ho detto che tu glielo doni. Fagli tu duo versi, e digliele tu medesimo: che pure parrà che tu ti ricordi di lei; e che poi che Iddio l'ha private ditale consolazione, quanto aspettavano di vedere alla tornata vostra ennanzi e vostri casi, che faccendogli duo versi e tale dono di questo lino, n'arà piacere, e no gli parrà in tutto essere privata dell'amor fraternale: e un poco di caldo gli darai di te, che da persona non hanno. Avevoti detto per altra, che Marco aveva el modo a pagare: di poi mi pensai che li è ben fatto donargliele; che pure arà quello di dire: Me lo mandò mio fratello!
Ho visto quello ti scrive 15, che mi piace; ma non è da porvi speranza nelle parole. Trovommi a' dì passati, e fecemi molte offerte. Ringrazia'nelo. Potrebb'esser che si ravvedrebbe: e tu fa' sempre il debito tuo con ogni omo, come ha' fatto per ensino a qui. Altro di lui non accade.
I' ho 'nteso el capitolo auto dall'amico tuo, e la risposta che gli ha' f atta. Piacemi; però che non mi gusta, rispetto el padre e' frategli.
Altro non so; ma così per la prima, non mi piace.
La figlia di Lorenzo si sta così: non ho sentito di poi altro. Aspettacisi la madre.
Questa moria dà loro gran noia, alle fanciulle, chè pochi parentadi ci si fa. Veggo che voi di costà n'avete anche sospetto, e di già ve n'è morti alcuni: che n'ho dispiacere assai, più essendo costà che qua, e co più sospetto ne starò. Priegoti quanto so e posso, che tu ti sappi guardare, e non aspettare che la cosa trabocchi prima ti parta: fa' d'essere de' primi: ricordandoti, ch'e nostri passati, tutti sono iti di tale male, da Matteo mio figliuolo in fuori: sicchè stieti a mente. Lorenzo doverrà esservi presto; e di poi pigliate partito, seguitandovi tal male: che Dio e San Bastiano vi scampi di questo e d'ogni altra tribolazione, come disidero. E a campar la vita, è buono a por le faccende e' guadagni da parte. E più rompe e disegni la morte, che altro. Attendete a vivere el più che potete. E morto qui di pesta Piero Piaciti da sabato a ore 22 a lunedì a 20 quattr'ore. Sonsi trovate la madre vecchia, e la moglie col corpo grande, e sei figliuoli, sole e sanza governo d'anima, e male governo del corpo. Non vi si trovò che duo servigiali di Santa Maria Nuova. Non è chi faccia loro un servigio: ensino al
Morì Giovanni della Luna, tre dì fa, pure della sua malattia. Feciogli grande onore.
Piacemi che abbi cancellato Miniato: come lo veggo, gliele dirò.
Dicevo che mettessi el lino a mie' conto, perchè facendone delle cose per te e per Lorenzo, mai n'avessi aver nulla: ensieme sta meglio a mie' conto. Fallo, come per altra ti dissi. I' credo, secondo l'ordine del passato, che arete bisogno delle camice, ed io non ho ancora in ordine di farle. Do ordine di fare el panno, e per questo soprastò qui: che me ne sarei ita in villa; ma lo voglio mettere in ordine prima. Fia bello di filo come le camice logore. Iddio vi dia grazia logoriate ancora questo, con santà dell'anima e del corpo. Nè altro per questa m'accade.
Non vi sendo Lorenzo, no gli scrivo; chè a te iscrivo a bastanza. Leggi quando non hai troppa faccenda. Che Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze; a voi mi raccomando.
A Filippo Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 28 d'aprile 1464.
A dì 21 fu l'utima mia. Non ho poi tua: ho per questa manco a dire. Ma solo fo per avvisarti che ieri ci mandorono gli Uficiali della Torre, che sono sopra' confinati, una richiesta a Lorenzo e Giovacchino, che la mandò Lodovico e Batista, che fra cinque dì fussino compariti dinanzi all'Uficio loro. È grande vilume di scrittura; e conta come hanno avuti danari e gioie e masserizie (e conta per nome tutto) della redità di Iacopo; e come Lorenzo e Giovacchino feciono accordo con tre uomini diputati da' creditori, che fra dite anni debbano avere accordato detti creditori de' detti beni di Iacopo, o vero della redità. Ora, noll'avendo fatto, e
39 va tuttavia pensando se 55 può far danno '39,
Da Tommaso ne sarai avvisato della proposta mi venne a fare Lodovico e Batista di questo che hanno fatto. 52 m'ha molto detto sopra' fatti di 45; e comprendo nel parlar suo che abbia sospetto che, a tempo, 47 non mutassi animo contro a 45. Non m'ha però detto nè che nè come; ma nelle parole dette, non vi so vedere altro drento. E così 39 di' s'adoperi e truovi 33 a 45.
Da Niccolò Strozzi ho lettere, che Tommaso era partito insino a dì 19 da Roma: doverrà essersi condotto presto costà; chè quando ha far la cosa, non està a dormire. Da lui intenderai molti ragionamenti. E più mi dice Niccolò averti mandato a dire, che morendone costi di pesta, come n'è. cominciato, te ne vada a stare co lui a Roma, e la tua brigata mandi a Castello a mare, dove ha tolto la casa. Se tu facessi questo del venire a Roma, sendovi buon essere, Niccolò are' caro ch'io mi ritrovassi insieme con voi: ed io lo farei volentieri, non mi sentendo della persona peggio mi senta ora; e non avendo altre noie ch'i' m'abbia, verrei a starvi un mese, essendo sano a Roma: che credo di si, poi Niccolò ti manda a dire che vi vada. Avvisa se vi fai pensiero d'andarvi: che Iddio el meglio ci dimostri.
Io non escrivo per ora, la Lorenzo, perché non ho sentito sia tornato di Cicilia: se fussi tornato, mostragli el capitolo gli tocca.
La morìa da otto dì en qua ci fa poco danno. Non so se si seguiterà questo miglioramento. Iddio faccia el meglio.
Per ancora non s'è fatto la carta della vigna; che abbiàno auto dell'acqua en modo non s'è potuto entrare nelle vigne per misuralle: farassi più presto si potrà. Sento che s'è perduto
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 30 d'aprile l464.
Sabato pel fante ti scrissi a bastanza; e questa solo perchè ho fatto copiare la richiesta
Sento pure la morìa vi fa danno. Se ti se' partito, ara' fatto bene: se non, partiti, e va
Nigi di Nerone è gonfaloniere di giustizia.
Della figlia di Lorenzo non si dice ora nulla, e l'amico se ne torna alla stanza sua a Roma.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 11 di maggio 1464.
Addì 30 del passato fu l'utima mia, e con essa ti mandai la copia della richiesta che mandorono Lodovico e Batista, e a Giovanni Arrighi la die' , ch'e' mi venne a far motto s'io volevo ti dicessi nulla, che veniva costa: sicchè li dissi come ti volevo mandare una lettera; e gliele mandai a casa. Promissemi di farne buon servigio; che non ti trovando a Napoli, ti verrebbe a trovare a Castello a mare. Piaceràmi n'abbia fatto buon servigio come mi promesse; tu n'avvisa.
Ebbi ensino a' dì 3 di questo una piccola tua; fu coverta d'una di Giovanni Bonsi, e non v'accade risposta; chè da Giovanni fusti servito
Iermattina venne Girolamo Strozzi, e recommi una tua de' 28 passato: none si fermò, che disse aveva fretta di trovare Lodovico e Batista, e poi tornerebbe da me, che aveva bisogno di parlarmi. Non è per ancora tornato; e ben sai ched io, bench'i' abbia vostre lettere, ho caro di sentirne novelle anche di bocca da chi v'ha veduto, non che da chi è stato en casa con voi: chè gran consolazione m'è l'udirne buone novelle di voi; che sempre aspetto el giovedì con disiderio, che è il dì che 'l fante viene, per sentire novelle di voi; che Iddio me le mandi buone: sicchè, venendoci, l'udirò volentieri; e non venendo) manderò per lui.
De' fatti di Lodovico e di Batista non so che me ne dire, perchè non so quello s'è tra loro; e quando i' bene lo sapessi, non sono cose da me. Ma quelle dua partite che dice Lorenzo ha tratto, l'una di lire 70 di grossi, che dice tu rimettesti a Iacopo e compagni, questi credo fussino e mia che mandasti a Lorenzo; l'altra partita di lire 27 di grossi, dice che gli ha tratti per me, e ch'io non dovevo avere alcuna cosa: comprendo, se gli ha tratti, sieno quegli avevo avere per le spese fatte nell'Isabella: e se queste dua partite ha tratto, come dicono, è ragione
A Tommaso non dissi ch'i' volessi lino, nè ch'io no vi volessi mandar nulla: però che non ho vegghiato tutto el verno se non per voi; e non ho invidia del lino che doni a persona, e massimo alle tue sirocchie; che n'ho più piacere di quello mandi a loro, che s'io l'avessi io: e non te ne chieggo perchè no n'ho bisogno, chè n'ho ancora parecchi mazzi. Poichè mi mandi e nove mazzi, non posso dire i' no gli voglio; ma di comperarne più ora per me, nollo fare, chè no n'ho bisogno: quando ne vorrò, te lo dirò; chè so che del lino o d'altro bisogno, non ho se none a chiedere. Tommaso, se te lo disse, fece per darti noia; che lo disse a me, che in que' dì era venuto el lino, e domandòmi se era mio. Dissi di no: rispose, tu mi trattavi male. Sicchè lo disse da sè, se lo disse. Ho ben caro che motteggiate, e che vi traiate tempo
Escritto insino a qui, venne Girolamo a vedermi, e lo domandai come tu stavi della persona, e così Lorenzo: dissemene molto bene; ch'è cosa che assai mi piace. Era istato con Lodovico, e mi dice gli rispose molto aspramente. Non ci era Batista en Firenze: ma dice, ancora si raccozzerà co loro. Credo ne faranno di sue parole poco conto. A me sa male che si richiamano di Lorenzo in luogo che non può venire a difendere le sue ragioni; ed ho paura per questo no ne segua più inconvenienti. Niccolò ha il loro compromesso nelle mani; e mi dice che rivogliono la scritta o vero copia del detto compromesso. Dice avertelo scritto, e non ha da te risposta. Dice che indugerà el più potrà a darla, ma che non può fare di manco di nolla dare. E' Cambini gliela chieggono per lor giustizia: che mandando questa copia, farà più chiaro l'Uficio ha dare la sentenzia contro a Lorenzo: sicché te n'avviso, se tu potessi provvedere a nulla, tu provvegga. Ho detto a Girolamo t'avvisi di quello ha da Lodovico e Batista: dice di farlo. Escrivo a Niccolò che
La morìa, secondo dice Girolamo, vi fa costà poco danno, e tu hai mandato via la brigata, e tu ancora ti dovevi partire: che fara' bene, chè ti leverai dal praticare colle genti, e parte andrai a spasso alla villa, che ti sarà utile alla persona. Lorenzo veggo soprastarà. un poco al tornare: sia alla buon'ora. Engegnatevi pure di mantenervi la vita con santà. La moria ancora qua, per ora, fa poco o non punto di danno.
Non s'è fatta ancora la carta
Non guatare al mio bello scrivere: e s'io fussi presso a voi, non fare' queste letteracce; chè direi a bocca e fatti mia, e voi e vostri. Pazienza! Per la tua Allesandra, Firenze; siàno a' dì 12.
A Filippo degli Strozzi, in Castellammare.
Al nome di Dio. A dì 19 di giugno 1464.
A' 13 di questo ti scrissi alquanti versi, e con essa uno fardellino di dodici sciugatoi pel viso, per te e pe' Lorenzo; e tutto ho diritto a Bettino a Roma, non trovando vetturale che venga costà, e gli ho detto le mandi a Nofri, e dipoi a te: quando l'hai auto, avvisane. Più dì sono ebbi una tua de' 13, e poi una de' 24 del passato: non ho fatto prima risposta, perchè avendo acconcio e fatti mia, e l'Allesandra e sua, aspettavone copia di quanto aveva fatto lei per vostra chiarezza. No ne vole meno di 4 fiorini larghi: abbialla lasciata, e detto no la levi; chè diliberàmo tu e Lorenzo facciate qua un procuratore, come ti dico a piè della copia del testamento, ch'i' ho fatto, che possiate fare
Del testamento ch'i' ho rifatto, parve a ser Pagolo che ne fu rogato, e a Tommaso Davizzi, di non fare tanti codicilli, ma di rifare: chè, dalla casa e 'l podere en fuori, è el resto, come vedi, un medesimo effetto di quello di prima;
eccetto quello arroto
I' ho 'nteso el pensiero di 45, e come vole esser fatta la sua mercatanzia.
40 andò a vedere 46: ebbelo caro; e disse che si credette potere fare del bene al suo amico 45; e che non può, ma col tempo estima pure s'acconcerà la cosa.
Da Giovanni Arrighi doverrai avere auto la mia. Di poi ebbi un'altra cedola da 55 e dal fratello: poi non ho sentito altro. Non sanno ch'i' ve n'abbia mandato copia.
La nipote di Giovan Francesco si sta così. Aspettasi la madre da Bologna che se ne la meni. Altro no ne sento: è in villa colla Iacopa. Ègli morto a questi dì, di pesta, dua sirocchie della madre; quella che fu in casa e Salviati, e questa di Giachinotti; che ci hanno molto isbigottiti. A 53 si vorrebbe fare, avendo el pensiero alla cosa: sarebbono pochi quegli che non s'avvedessino ch'io mi ricordo di voi, e nei panno e nell'altre cose. Conosceretemi quando i' non ci sarò: è di nicistà, a mie' parere, che tu tolga chi faccia, che tu non abbia la dozzina delle camice stracciate; ched io ci sono per poco tempo, e massime ora che siàno in sul tavoliere;
Quanto di' de' fatti di 52 ho 'nteso: parmi tu abbia ragione; e 'ntendo a che cammino vorrebbe andare: passerommi co lui di leggiere; e 45 fa bene a star desto con 47,
Dissiti del tempo di 45: dell'avere non si ragiona,
Se' di proposito che fra un anno t'abbiàno trovato donna, ed io co lei ne venga a stare con voi: e se così sarà, n'arò piacere. Iddio ci apparecchi qualche buona ventura. E per Lorenzo ci è tempo a pensare, se si farà per lui come per te.
De' marzolini e del finocchio m'ingegnerò di mandartene al tempo, e del migliore ch'io potrò avere. A Manfredi Isquarcialupi mi son fatta pe' marzolini, chè ha l'amicizia dove è de' buoni: dice mi farà servire bene. El panno per le camice non è ancora bianco; chè è tre
Hanno posto pel Papa la trentesima, e chi non paga cade 'n iscomunica papale; sì che abbiamo, oltre al catasto, questa di nuovo. Dice Giovanni tu t'ingegni di dar fine a que' drappi, no l'avendo fatto. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.
Fia in questa la copia di quanto s'è fatto.
A Filippo degli Strozzi, in Castellammare.
Al nome di Dio. A dì 15 di settembre 1464.
A dì 2 fu l'utima mia, e apportatore ne fu Iacopo d'Ariano, el quale venne costà alla fiera di Salerno; e per lui ti mandai del finocchio e dodici camice, sei per te e sei per Lorenzo. Avvisa quando l'ha' 'uta, e che servigio n'ha fatto.
Duo dì sono ch'i' ebbi dua tua; l'una de' 14 del passato, e l'altra de' 31: risposta al bisogno. Non è dubbio che gli animi d'alquanti cittadini per la morte
seguìta non abbino fatto in tra loro nuovi pensieri del governo della terra; ma per ancora non si sente; chè la cosa è fresca, e Dietisalvi è stato ammalato. Non si sente altro, se no che s'attend'a ben vivere:
Veggo messer Agnolo ha 'uto signoria di costa.
Io m'ingegnerò di mandarti del marzolino e parecchi mazzi di finocchio da seme, per la galea di Bernardo Bonsi. Ha il padre che sta male: dubitasi che morrà: non so se questo lo stogliessi della galea. Francesco Bonsi, fratello di Giovanni, anche lui sta male: ècciene per dua dì. Mori messer Piero de' Pazzi: dicesi per loro disordini si perdono la vita. E Niccolò Giugni, anche lui ha male, e se ne dubita: poco danno ne fia.
Di' a Lorenzo che a dì 6 ebbi la sua lettera de' 14 d'agosto, con due lettere: una di Luigi Pitti, l'altra a Zanobi Biliotti; ch'i' l'ho date. Altra risposta non n'accade; nè altro per questa. Iddio di male vi guardi.
Piacemi che siate sani, e stiate allegri: così vi mantenga Iddio lungo tempo, come disidero. Attendete a star sani, chè col tempo s'acconciano le cose.
Anton di Puccio è quasi guarito; che ha 'uto gran paura: ha dato molti danari per Dio, ha tratti prigioni delle Stinche; e tanto ha fatto, e' ha riceuto grazia di guarire. Per la tua Allesandra Strozzi, alle Selve.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 13 di dicembre 1464.
A dì 30 del passato fu l'utima mia, e ne fu apportatore Perantonio Buondelmonti. Ho dipoi dua tue, l'una de' 20 passato da Capova, e l'altra de' 2 di questo. Risposta sotto brevità, perchèTommaso soprirà
Del Santuccio n'avete dato lezione
E' ci è su molti che dicono averla prima che costui: sentira' lo da Tommaso, se se ne ricorderà; chè molte cose v'arà a dire a bocca, che bisognerebbe avessi l'arte della memoria.
Per questa tua de' 2 di questo entendo el bisogno che aresti d'avere licenza di potere venire per un mese insino qua per faccende che ti sarebbono d'utile e onore; e a me sarebbe di gran consolazione. E perchè non mi sono sentita molto bene, pezzo fa, del mio male, e non sono ita fuori, lo conferi' co Giovanni e Marco. Parve loro mi forzassi andare a chiederne consiglio a messer Agnolo, piuttosto che a Dietisalvi, estimando entendere da lui quello volevo. E in fine e' mi rispose che voleva parlarne con alcuno cittadino, e che non dormirebbe dua notti che mi risponderebbe. E invero non aspettavo tale risposta: ma l'uomo non sa loro fatti e animi; che istimai che a bon fine la dicessi e per potermene dare più vera risposta; e intendendosi bene lui con Dietisalvi, facemo pensiero che ne volesse conferire co lui. E perchè Dietisalvi è de' tua amici, ci parve, a me e a Giovanni e a Marco, d'andare a chiederne consiglio anche a lui: e perchè è molto di Marco,
Qua ci è di grande traverse, tra falliti che ci sono e degli altri che crocchiano.
So' a dì 14, e mi dice Tommaso che messer Agnolo gli ha detto ch'io non rada per risposta; ma l'ha fatta a Tommaso: e questo si è, che egli ha parlato co messer Luca e Dietisalvi, che sono d'accordo.
Solo dubitano di Piero; e questo
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. Addì 29 di dicembre 1464.
A dì 22 e per le mani di Carlo ti scrissi; e di poi a' dì 23 ti feci alquanti versi per Francesco di Giano vetturale; e bench'ella venga ad agio, arò caro ne faccia buon servigio. Ho di poi la tua dell' 11 di questo: poca risposta accade, più perchè abbiate di noi novelle, che per altro.
Veggo Lorenzo era a Gaeta: doverrà di poi essere tornato, e auto risposta da me della sua de' 6 detto; che, come per altra ti dissi, la sua a Luigi non volli dare. Chè, essendosi fatta la 'mpresa per te, non ho parlato di poi ad altri: chè, avendo a fare la 'mpresa d'uno di voi, più tosto la vo' fare per te: e sommi fatta a maggior pesci che a Luigi; che 'n ogni modo Luigi
D'imbasciadori di qui per costa non s'è poi ragionato che quello ti si scrisse: attendono ad altro; chè ci è stato tanti falliti che hanno dato pure di gran picchiate a' cittadini: e massimo el nostro Giovan Francesco, chè avendone auto io qualche migliaio, da voi en fuori, no mi sare' paruto potergli allogare più sicuri:
El Santuccio è, come tu di', in viluppo,
ed ho paura non vada in quello Niccolò Baldovini,
Sento 52 ha fatto testamento e lascia al nipote tutto; e un tuo amico è asegutore del testamento. Sieti avviso, se no lo sapessi.
I' ho auto una tua de' 11 scritta a Tommaso; e perchè el detto è venuto costà, no l'ho rimandato endrieto, chè a bocca v'intenderete: tutte gliele serberò alla tornata. Del compromesso, non s'è fatto; chè l'Allesandra non è venuta ancora a Firenze: e da altra parte aspetterò se 4 venisse in qua, che tutto s'acconcerebbe bene.
Da Tommaso senti' che Niccolò ti voleva dare Lionardo, che invero ha bisogno di chi lo faccia destare: ma a mie parere sta meglio con Niccolò che con altri. E credo che la stanza di qua gli abbia fatto danno assai, che abbia più tosto dimenticato che apparato, eccetto che a giucare questo ha apparato e dell'altre virtù, come da Tommaso ara' sentito.
Io ebbi e dua fardelli della seta mandata pel Mugnaino ovvero suo garzone vetturale; e Giovanni Ginori la sgabellò, e tutto come da
Questo dì sono tratti e Signori,
e sone
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 3 di gennaio 1464.
A dì 29 passato fu l'utima mia, sotto lettere de' Miraballi, come sono usata: ho di poi una vostra de' 18 detto, che l'ebbi a dì 30. Risposta al bisogno.
Della domanda fatta per voi, vi pare grande; ed è vero:
e chi disidera ch'ell'abbia effetto, com'io, no gli pare ch'ella debba essere così espaventevole; e massimo conoscendo e portamenti vostri. E da Tommaso, per mie lettere e d'altri, entenderete tutto: che più dì sono che costì dovè giugnere ensieme con Girolamo di Lotto Lotti. Iddio abbia dato loro buon viaggio. Aspetto presto Tommaso ritorni en qua; che a Dio piaccia sia con buone novelle, come desidero.
Veggo ti duole el caso di Lodovico;
e avete fatto bene a profferervigli: dicesi che renderanno soldi 20 per lira, e che rimarranno ricchi. Hanno di molte case, e possissioni si dice e masserizie per 16 mila fiorini: sicchè in questo caso perdono più di riputazione che altro. E dipoi arete inteso di Giovanfrancesco; ha rifiorito la casa nostra.
Del fatto vostro avete preso per altra via non vi dicevo; che mi pare lecita e onesta: ed ho piacere el Re vi sia così benivole, come entendo che gli è. E del dono vi scrissi volevo fare a Messere, ne sono isconfortata da Giovanni e da Marco, che dicono ch'io me lo perderei;
Setevi apposti che, per le cose occorse, e denari del Monte sono escemati; e se manderete la procura, la serberò: e avendola adoperare, s'adoperrà quando vi fia da rinvestire en cosa sicura e soda per lei; e altrimenti, no.
De' fatti di Niccolò, ho caro sieno più tosto bugie che vero, e fa male chi gli ha leva questa boce.
Del Santuccio non me ne darò enpaccio: a Niccolò ne risposi. Iddio e San Giovanni Batista, in che è titolata, la dia a chi meno l'ha a consumare.
Entendo che della donna è da stare a vedere. Sia col nome di Dio: e io ancora vo'vedere de' fatti vostri quello n'ha a essere; e poi vi metterò innanzi una di quelle da Vernia, se arà le parti si cerca; che me ne informerò.: e piacendoci, se ne potre' ragionare. L'altra sorella ha Carlo Baroncelli. Avvisate se v'andassi all'animo; chè a me piacerebbe, essendo bella e bene costumata.
Dell'Ardinghello n'ho domandato la madre: da marzo in qua non hanno lettere da lui: portanne assa' pena. L'altro era a Vinegia per questo fatto di Giovanfrancesco, che è a Ferrara: e, come tu di', Tommaso are' fatto poco frutto co lui, essendo seguìto el caso di Giovanfrancesco: chè bene che si stimi abbino a dare, pure non aràn la comodità da lui avevano; e si tiene che l'altro di Levante non abbia fatto anche lui molto bene. Iddio aiuti loro e chi n'ha bisogno.
Del parentado di 46 con 54 non sento ora nulla, nè di sua venuta in costà: non mi par tempo da partirsi ora di qua. Se ne sentirò altro, ne darò avviso.
Io ebbi a dì 30 del passato una lettera de' 22 detto da Niccolò Strozzi, dove mi dice ch'i' dica a Piero e Tommaso Capponi, che non vogliendo rimettere sopra di loro
Siàno a dì 5: ed ho sentito la cagione perchè son fatte le ferie. E questo è, che ci è di quegli che stanno in sul bilico di fare come degli altri, che sono:
Egli è parecchi mesi che quel pizzicagnolo di Borgo Sa' Lorenzo m'ha istimolata di nove fiorini aveva avere da vostro padre. Credo che altre volte l'abbiate inteso, e massimo Lorenzo, che gli parlò quando e' ci era ammalato. I' l'ho sostenuto quanto m'è stato possibile, e con dire non ho a pagare e debiti di vostro padre. E 'n fine, veduto no ne può avere altro, e n'ha fatto ammunizione, e tratta la scomunica:
E venuto 4 dì fa Antonio di Soldo Strozzi, e dice avere portato non so che bariglione per me, che è ancora a Pisa. Fate bene a rimandarmene qualcuno, che mi disfate di bariglioni e di sacca unte; che ogni volta ho quistione colla Cateruccia, che dice none può iscampare uno sacco innanzi a me.
Questa mia è scritta cogli occhiali: rileggete e rivolgete più d'una volta, tanto che la intendiate bene.
Per altra dissi, le lettere avevo ritenute di Tommaso, e tutte quelle v'erano drento: serberolle bene alla sua tornata. Siàno a ore 23, e ancora non ci è el fante da Roma, che s'aspetta fra tre dì: fomi ennanzi allo scrivere perchè el freddo mi dà noia, e a bell'agio la piglio. Aspetterò
A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 12 di gennaio 1464.
A dì 5 fu l'utima mia: di poi ho la vostra de' 22 dei passato, che poco a risposta v'accade: pure, perchè abbiate cagione di scrivermi, e perchè di noi sentiate novelle, che la brigata è sana, ed io mi sto come le vecchie, che sempre crocchiano. Ho gran consolazione quando sento voi sete sani, e che fate bene: mantengavi Iddio lungo tempo, con salute dell'anima e del corpo, come disidero.
La procura sotto la tua lettera ebbi a dì 6 di questo; e non dubitate che se il Monte della Lessandra s'arà a vendere, guaterò molto bene si rinvesta en cosa soda e sicura per lei. Per ancora non se ne piglierà partito, però che 'l
La lettera mandai a Lodovico: è da 'ncrescere dei caso loro, chè non sono venuti a questo passo perchè se gli abbino giucati. Ha' fatto bene a confortallo: sento che renderanno soldi 20 per lira del debito hanno qua,
o dirò me' vero
Attendo risposta di quelle lettere portò Tommaso Ginori; che mi piacerà abbiate adoperato quello che per noi si disiderava: e ogni dì n'aspetto qualche cosa di buono; e vedrèno
Per la vostra mi dite vi rimandi la lettera di Tommaso mandata sotto la procura: rimandola in questa. Senti' da Lionardo Mannegli, che ci resto vostro gli rimisse a Roma pel fante passato a Niccolò Strozzi, per mano de' Medici: doverra'n e essere avvisato.
Dicemi Giovanni, che Donato Cavalcanti gli ha detto che Lodovico e Batista si rivolgono sopra di lui, di quello hanno avere da Carlo suo figliuolo; e che non sendo Carlo manceppato, è obrigato el padre: che me ne incresce per amore di due fanciulle grandi ha in casa, che più di vent'anni debbono avere per una. Iddio l'aiuti. Non so altro di nuovo da poter
El bariglione mandatomi per Antonio di Soldo non ho ancora auto; chè ci è stato molto .spiacevoli tempi di neve e vento: che nove dì ci nevicò; e cominciò la sera della pasqua, ensino a dì 2 di questo; sì che non s'è potuto caminare. Se di costà è suto el simile, Tommaso e Girolamo n'aranno sentito alcun dì.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 26 di gennaio 1464.
A dì 12 di questo fu l'utima mia; e dipoi ho due vostre, del primo dì e 11 detto. Alla prima non feci risposta, che ebbi a dì 12 la sera; e scritto ch'i' v'ebbi, ebbi la febbre, e enfiommi el capo e tutta la testa e a piè degli orecchi; e stetti così parecchi dì; Poi, per grazia di Dio, ne sono libera. E questa fu la ,cagione del non rispondere alla vostra: faròla per questa con brevità.
Per altra vi s'è detto della procura auta, e che sendo el Monte escemato, no ne vuole far nulla. E quando altro ne diliberassi, si farà al tutto con salvamento della Lesandra.
Delle lettere escritte a Tommaso voi di costà, quelle mi sono capitate alle mani l'ho ritenute,
Di Lodovico Strozzi non sento altro mi v'abbia detto per altra: tiensi che fallisce chi ha avere: e mentre che sono le ferie, non si può vedere come si fanno, e massimamente per me, che non sento così ogni cosa. Solo sento di Lorenzo Larioni, che s'è rimesso nelle mani di Piero; e lui fa l'accordo, e dicesi che rimarrà più ricco che non era già dieci anni innanzi che s'avviluppassi nelle mercatanzie: sì che per via di roba e' starà meglio, ma non dell'onore. Sento renderà pochi soldi per lira: ci danno è di chi perde el suo.
Così credo faranno que' di casa di Giovanfrancesco. Ci è di vari oppenioni: chi dice che dà buone parole e che gli arà cattivi fatti. E Piero Canigiani, che andò a trovarlo, dice che dice di volere fare il dovere: ma che aspetta di Levante e di Ponente e sua fatti, come gli stanno; e che prima non può dir nulla. Èssi ragionato nella Pratica, che non vogliendo fare el dovere, potendo, di farlo rubello, e dargli una taglia drieto. Venneti ben fatto a no gli accettare la lettera, chè vi rimanevi appiccato: e Niccolò, che giuoca cosìnetto, e' v'è giunto a buona somma: e, come tu di', doverrebbe fare a lui un poco me' ch'agli altri, rispetto el parentado.
I' ho inteso della tua faccenda quanto ne di', e come Lorenzo è ito al Re. A me pare che per verun modo, nè colle lettere nè sanza, e' si faccia enpresa di venire; chè guasterèno la chiesta grande, e d'importanza,
per la piccola:
L'animo del f. di 32, secondo sento, è molto affezionato a 47 per ensino a oggi: se l'amicizia si mantiene, credo arà 47 quello vorrà: dico se l'amicizia si manterrà, perchè queste gente si mutano espesso d'animo: che, come per altra ti dissi, chi era di buon animo inverso di te, aveva buona parte del governo: ora sento che s'è aggiunto Antonio P˙, che quello vuole, tutto è fatto, e può pii che veruno: che credo venga da 54 e 'l f. di 32: sì che quando s'avessi a cimentare el fatto tuo, e scrivendosi pel Re agli amici, se ti parrà, farai scrivere anche a lui. So che al Re sare' viltà a scrivere a un uomo di sì vile condizione, ma qua al presente ha gran possanza: non era così dua mesi fa. Pogli u'nome, a ciò ch'io entenda, quando altro iscadessi dime: pogli nome 56. La Signoria arai enteso: è Gonfaloniere el suocero della sirocchia d'Anton Pucci : è Signoria che ha fare la volontà di chi governa; e così sono tutte: che fanno quello è ordinato loro! E altro sopra ciò no cale dirne.
Piacemi de' fatti del danaio vadi assettato, e lodo lo stare a vedere come passano le cose di qua di questi mercatanti. Dissiti per altra, che la seta avevo in casa: e da' Capponi non ebbi mai danari; chè disse Lionardo avergli rimessi a Roma a Niccolò, per mano de' Borromei,
Del fatto degli Ardingelli aspetterà tempo: per ancora sento Luigi è a Vinegia, e di Niccolò non sento nulla; ch'è maraviglia,
avendo la donna di già dua anni passati:
Avete fatti buoni ai banco di Zanobi di Dietisalvi fiorini 24, che sta bene: arò bisogno fra pochi dì di pagare altri catasti; chiederò loro danari, e ne darò avviso; e se la riputazione della Casa nostra è ridotta nelle cose mie, ho da stare contenta, e co tremore di questo falso mondo! Lodo e ringrazio Iddio di tutto, e a voi raccomando l'anima vostra; e che siate conoscenti della prosperità vi da Iddio. I' fo ai continovo pregare e dire dell'orazioni per voi alle Murate,
Lorenzo mi scrive di non so che susine, che a dì primo no l'aveva mandate; e Antonio di Soldo mi disse, che a dì 25 del passato si partì di costà, e che voi gli mandasti en galea el bariglione. Disse bene no l'aveva veduto, ma che ritornava a Pisa, e manderebbelo con altre sue cose. El detto bariglione, se no l'ebbe, non me lo può mandare. Ha preso errore: attendolo per altra via; che l'arò care, chè sono d'altra bontà che le nostre.
Se tu scrivi a Bernardetto, sento va poco fuori; e non credo sia da scrivergli cose d'importanza. Aspetto ognora Tommaso: conducalo Iddio salvo. Quando vedrò Lotto, o la Lorenza, la conforterò che istiano di buona voglia di Girolamo. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra, Firenze.
Le lettere tue non sono tocche.
A Lorenzo degli Strozzi, a San Quirico.
Al nome di Dio. A dì 5 di febbraio 1464.
A dì 31 passato e per Tommaso ebbi la tua de' 30 detto; e così recò qui tutte le lettere che andavano a cittadini e alla Signoria, mandate dal Re, per la licenza. Recoronsi con diligenza; che me' da Tommaso arai inteso per una sua escrittati insino a dì primo di questo,
e della diliberazione fatta sopra questa licenza: il perchè non ci parendo che per via di salvocondotto e di licenza di chi governa tu fussi sicuro di non cadere nella contumacia di rubello; e così ci fu detto da Luigi e Ristoro, e dagli altri amici, che questa licenza sicurava la persona e l'avere en sul loro terreno, ma non ti scuravano che tu non cadessi in bando di rubello;
Questa mattina mi disse la madre di Niccolò Ardinghelli, che gli è venuto a Vinegia en questi dì, e tosto doverrà essere a Bologna, per dare ordine come si potrà menare la donna.
E' s'è fatto embasciadori a Napoli al Re, e al Duca di Milano pe' fatti del Signore di Rimino, ch'è morto e ha lasciato un suo figliuolo secondo signore e a governo de' Veniziani; dove qui se n'è fatto gran caso: e però mandano questi imbasciadori al Re detto messer Luigi Guicciardini e Pandolfo di messer Giannozzo Pandolfini. Sarà buono avvisarne Filippo, che col Re faccia che ora, mandando la Comunità per aiuto a lui (che mi stimo che per qualche
Da Filippo ho lettere con una procura mandava a Roma, e Niccolò la dirizzassi a me. Così fè E disse al fante, secondo mi scrive, che trovandoti a San Chirico, la dessi a te. El detto fante la die' qui iermattina. Vedi servigio ne fa! La tua aperse Tommaso; che v'era drento lettere 'Amerigo Benci a' Martelli e Girolamo Morelli. Erano aperte; e drento la procura. Da Tommaso ne sarai avvisato.
Ebbi nella tua quella di Filippo. Di' che sempre motteggia; ed io ancora motteggerò con lui, chè glie ne dirò qualche motto. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra, Firenze.
Siàno a ore 21, e sento pure che tramano questa tua venuta. Iddio lasci seguire il meglio.
A Filippo Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A' dì 7 di febbraio 1464.
A dì 26 passato fu l'utima mia: ho di poi, sotto lettere di Lorenzo da San Chirico, una tua de' 18 di detto. Accaderà poca risposta: farolla per questa al bisogno. Giunse qui Tommaso a' dì 31 passato, a ore 23, e essofatto diè le lettere recate di costà a chi l'aveva a dare, e da 46 e 54 e dagli altri amici ebbe grate risposte. Dal fratello di 32 assai buona. Dietisalvi t'è grande e buono amico, che n'ha fatto dimostrazione, e così Zanobi, in questa licenza di Lorenzo: chè troppo sete loro obbrigati; e benchè ci sie ito un poco di tempo in averla, e che per gli amici tua si sia durato fatica, pure, per la grazia di Dio, iarsera di notte s'ebbe detta licenza. E perchè la legge dice che niuno confinato possa venirci se no
Avvisoti che 2 dì sono, fu fatto per la Comunità embasciadori costà alla Maestà del Re
Ora, Filippo, e' par tempo a pensare al fatto tuo, ed adoperare tutto quello si può per la ristituzione vostra. E benchè i' creda che tu ci abbia pensato e al continovo ci pensi, pure ancora noi di qua ci facciàno pensiero di quello crediamo sia el bisogno vostro. E questo si è, che verranno costà questi dua embasciadori, e tu fara' loro onore, e con qualche presente gli viciterai come si richiede; che dimostrano nel parlare loro d'esservi grandi amici, e potendo, en qualunche cosa ti servirebbono. E a me pare
Siàno a' dì 9, e ieri ebbi la tua de' 25 passato. Risposta per questa. Mandai la sua a Messere, come l'ebbi: Lorenzo aspettiàno istasera:
mandilo Iddio salvo e' n buon punto per l'anima e pel corpo, e se a Dio piacerà ci vedrèno di presso, e intenderò di vostro pensiero, e voi el mio: e di certo questo tempo che ci starà n'arò contento. Così volesse Iddio ch'i' l'avessi d'amendue, benchè tu me ne dia noia, ch'egli è quello che è da me più amato. Ho caro che tu dica così, chè quando ti dicessi di lui più una cosa che un'altra, non te ne maraviglierai, e non mi negherai quando te lo raccomandassi. Di' che con anima m'allarghi di cose sentissi. A che ti dico, che da Tommaso è da guardarvi, che è molto largo nel parlare; e credo che Giovanni Bonsi e Marco abbian 'uto da lui le cose scrivo, perchè i' l'ho da 14 e 13;
Del donare al Cavaliere avevo levato via: pure Lorenzo mi scrive che gli parlò a Roma, e ch'è molto grande, e che molto grande offerte gli fece, e scrisse qua a Piero per questa licenza. Vedrèno che ne parrà a Lorenzo.
L'Ardinghello è tornato di Levante ed è a Vinegia. Qua all'aprile doverrà far nozze. Non ho sentito come s'è tornato carico di tesoro. La donna ha per ancora tutte le sue gioie e belle cose.
Quel pizzicagnolo non voglio per questo fatto favelli a Lorenzo: m'acconcerò co lui, e trovando che di ragione abbia avere, i' piglierò accordo co lui, e co più tempo si potrà, a pagarlo.
Le lettere ritenni di Tommaso, gliel'ho date. Farò vezzi a Lorenzo quanto i' potrò: così ve ne potessi io fare tramendua insieme; ma posso poco, chè tuttavia crocchio; e ogni dì priego Iddio e fo pregare che Iddio mi conceda grazia che mi possa istare questo poco ci ho a vivere con esso voi con pace e consolazione dell'anima e del corpo. Raccomanditi a me! e i' ho bisogno d'essere raccomandata a te.
Sento pure Lodovico aranno che fare tra 'l debito di là e di qua, che poco doverrà loro rimanere di sodo.
A me anche piaceva quella da Vernia, ma i' me ne 'nformai, e mi pare abbi del zotico. Pure nella stanza qua di Lorenzo ne isaminerèno meglio; e così della nipote di Giovanfrancesco. Non sento di nessuno suo accordo co'creditori; se non che dice bene di volere fare il dovere e dà molte buone parole a ciascuno. Pure ci è chi ne dubita che non faccia nulla. Aspettava Niccolò di Levante, che si diceva aveva sue mercatanzie. Vedrassi, ora ch'egli è tornato, quello farà. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.
Ebbi a questi dì un bariglione di susine, che mi costano tra vettura da Pisa a qui, e gabella, 30 soldi, che non gli vagliono. Aresti fatto meglio a mandarmi qualche cosa dolce, che sono piena di scesa. Pure ho caro ogni vostra; e non ti maravigliare di questa mia, che sono in fantasia aspettando Lorenzo.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 29 di marzo 1465.
A dì 16 fu l'utima mia. Non avendo poi tua, ho per questa manco a dire; ma solo fo perchè non mi dimentichiate, e di darvi cagione, quando avete tempo, di farmi duo versi; che non ho altra consolazione che sentire per lettere vostre, che siate sani, e facciate bene. Che Iddio sia lodato di tutto.
I' ho lettere da Roma da Lorenzo, che a dì 20 si doveva partire per costi. Arò piacere sentire si sia condotto a salvamento. Così piaccia a Dio che sia. Aspettone pelle prime; e da lui entenderai delle cose passate. Dipoi che, si partì, i' non ho inteso altro di qua; se none che oggi s'aspetta Niccolò Ardinghelli alla porta. Ha 'vuto licenza per dodici dì; e chi dice che l'ebbe molto largamente, e chi dice che no.
L'imbasciadori si partirono iermattina per costì: conducagli Iddio salvi. Hanno dimolte buone parole, come da Lorenzo sentirai: non so come seguiranno gli effetti,; chè oggidì è difficile a trovare uomo di fede, e che tenga sue parole in piè. Senti' che don Federigo si doveva partire di costà più dì sono, en modo che Lorenzo non ve l'arà trovato; e così e nostri enbasciadori: e me ne sa male, chè qualche cosa si sarebbe di meglio inteso de' fatti tua, sendosi trovati costi ensieme. Ricordoti, sopra tutto, che vadi sodamente en questa faccenda: chè facendone impresa, e non riuscendo, saremo la favola del popolo. Che Iddio el meglio ti dimostri.
Per Batista da Saneasciano ebbi el fardellino cor
A questi dì passati i' non so s'i' miti scrissi de' danari pagò Zanobi di Dietisalvi e compagni per tre catasti e un mezzo danaio per lira: furono in tutto lire centonove, soldi otto e denari otto: loro te n'aranno avvisato. Fu a dì 8 di questo. E dipoi a di 23 pagorno in mie' nome a Bartolo di
Michele pizzicagno
Dissi a Batista mi recassi delle melarance: sì che alla tornata sua qua, fa' che me ne rechi parecchi, ch'i' l'abbia in questo maggio.
Escrivo a Lorenzo di parecchi fanciulle esaminate, avendo le parti che noi vorrèno, quale parentado t'aggraderrebbe più: chè Chi a tempo vole mangiare, ennanzi all'ora gli conviene pensare. Che Iddio ci apparecchi cosa buona. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 20 d'aprile 1465.
A dì 13 fu l'utima mia. Ho di poi la tua de' 7 detto. Farò per questa risposta al bisogno.
Veggo che Lorenzo t'ha detto come mia volontà gli pare sia di venire a stare dove voi pure dadovero; e che
per una non potresti avere maggior consolazione: che solo resta assettare el fatto della donna. A che ti
dico del fatto mio, che sempre è stato l'animo mio e la mia volontà d'esser presso a voi: ma vedete la
lunghezza dello spacciare le mie cose di qua; e poi che furno ispacciate, ci è stato un poco di speranza del
tornare; donde n'è seguito lo 'ndugiare a tor donna: ed io, vedutomi dell'età ch'i' sono, e malsana, non
credendo giugnere
Aspettàvi la venuta degli imbasciadori nostri. Saranno dipoi giunti, e parlato co loro, inteso qualche cosa pel fatto tuo: e come per altra ti dissi, i' n'ero invilita; veduto come tu di': Le gare sono tra chi può! Pure arai avuto qualche lume, e vederai che partito è da pigliare.
El fatto della donna, mi pare è secondo el parere nostro e di Tommaso Davizzi, che se
Entendo che a mona Ginevra di Gino mandate libbre 80 di lino: che mi piace; che pure parrà che voi estimiate el servigio ci fece.
Mona Lucrezia di Piero veggo t'ha scritto buona lettera per amore del lino. Fare' bene a rimunerarti in cosa che non v'ha a spendere se no parole; e quest'è di raccomandarti a Piero, che ti facessi tornare in casa tua. Ringrazio sempre Iddio, chè da lui procedono tutte le cose, ed è cagione di darci delle prosperità, e così delle avversità pe' nostri peccati: a ogni modo si vuole ringraziare; e preghiallo che ci die grazia siàno conoscenti de' benificii riceviàno da lui.
Di' che tu e Lorenzo istate in buono accordo; che mi piace, e ve ne segue utile e onore. Ed ho molto caro che lo facciate tanto più per mio contento; che Iddio ve ne renderà merito; e vi presti vita lungo tempo, come disiderate.
Piacere'mi che Piero si ricordassi dello onore che per suo amore facesti a messer Carlo; di quello che può vi ristorassi, in rimettervi in casa vostra: e in questo vorrei si ricordassi di voi; che Iddio gliele metta nel cuore che lo facci, se debb'essere il meglio.
Niccolò Ardinghelli mena domani la donna, ch'è gran festa. Ma dipoi mi penso sarà il contradio, chè n'andrà in Levante. Iddio gli conceda di suo' grazia.
Venne mercoledì don Federigo. Sento gli hanno fatto grande onore: e giovedì mi venne a vicitare due gentiluomini, che dicono istanno presso a te; e molto ti lodorno, e dissono maraviglie di te. Ringrazia'gli della venuta loro: dipoi offersi loro la casa, e quello che per noi si poteva, pregandogli che pigliassino sicurtà nelle cose tue di qua come nelle loro propie: e così alcun'altra buona parola, come accadde: e loro il simile. E sì si partirono. I' te ne do avviso, perché ne gli possi ringraziare quando fia tempo. Nè altro per questa m'accade dire. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.
La Lesandra e Giovanni sono venuti qui per un mese; e innanzi partano di qua, si farà quello s'ha a fare. I' ho fatto levare a Tommaso braccia 4 di domaschino bigio per donare al maestro Lodovico, che ha 'uto una fanciulla femmina. Hammi medicato assa' volte, e non ha 'uto danaio: sì che ora gli mando questo. Costa fiorini 4 e soldi 12 a oro: sicché fategli buoni a Tommaso.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 26 di maggio 1465.
A dì 18 fu l'utima mia. Ho dipoi dua tue de' 9 e 13. Risposta al bisogno.
Io veggo col mezzo del lino l'amicizia s'è presa col fratello di 32; che mi pare che il detto lino nascessi en
buon terreno, che perensino a qui le lettere iscritte per detto lino ne seguirà forse degli effetti disidero. E
parmi buon segno averti commesso cosa di tuo onore; che assai piacere n'ho preso, e di tutto ringrazio
Iddio. Veggo vorrà pure, come ti scrisse la donna, ritenere particulare amicizia teco: e se per effetto lo
dimostra, mi pare sia buon segno. Pure
Pandolfo veggo che ti pare affezionato al fatto tuo, e servire'ti volentieri, pure che potessi: e lui non
servirebbe persone ingrate. Sento rimane costi, e pur messer Luigi a Roma: che vi si potrebbe tirare le
calze,
Di' che Gino ti voleva dare uno de' sua figliuoli: avetene tanti per casa, che de' parere la scuola; e aresti
bisogno d'un maestro per loro: verranne Tommaso,
chè sono a punto dal fatto suo.
Di Niccolò Ardinghelli non è da ragionare, ch'è tirato in Levante, e la moglie è rimasa qua, molto bella.
Se ha apparato de' colpi di 53, gl'interverrà come lui, che è tenuto un tristo: ma rimarrebbegli della roba,
che si dice n'ha tanta, che potre' fare il dovere; ma la vuole per sè. E voi fate bene a non adoperare nè
usare di
Sento che Piero di Cosimo ha donato al Re la galea che avea di costà, e a te n'ha dato carico la presenti alla sua Maiestà: e mi pare pur buon segno, che Piero pigli tale sicurtà in te. Iddio lo disponga a farti degli onori disideriamo.
Siàno a d 29. Èssi pure vinto e dua catasti; ma e' s'è penato dì otto.
La brigata,
Ho soprattenuta questa per darla a Tommaso, che domani dice partirsi di qua. Iddio l'accompagni.
Promissi a Lorenzo di fare a te e a lui parecchi collaretti di pannolino pel farsetto: i' no gli ho fatti, perchè
non ho ancora trovato pannolino sottile a mie' modo; che quello ch'i' vi fo le camice, e' mi pare troppo
grosso. Quando m'abbatterò al buono, ve ne farò parecchi per uno, che aranno altra fazione che quegli
avete. Avvisate se volete più isciugatoi, o grandi o piccoli. A Tommaso ho dato dua sciugatoi per
Per aspettare Tommaso ho soprattenuta questa ensino a questo dì primo di giugno: e ora mi dice avere tue lettere che non si parta. E benchè i' abbia iscritto un poco aperto, pure la manderò sotto quelle di Tommaso: avvisa come la truovi. Tommaso mi diè el taffettà rimandasti: egli è in modo, che no l'ha rivoluto colui da chi e' l'ebbe: ed ha ragione: è tutto pieno di pieghe, e sì grinzoso, che non so se si potrà distendere: proverrò s'i' lo potrò racconciare; chè a quel modo è perduto.
Ho sentito da persona che bene ci vuole, che quella fanciulla degli Alberti è molto bella; che mi piacerebbe che fussino contenti di darcela: engegnerommi di vederla per queste feste; e poi ne farò tastare da Tommaso Davizzi, e intendere se 'l padre ce la volesse dare: che non si vuole endugiare a settembre a intendere se ce la darebbe, o no; chè se non fussi contento, ne leverei el pensiero; e andrèno cercando dell'altre. E in questo mezzo tu cercherai el fatto vostro : che Iddio ci dia el suo aiuto a' nostri bisogni dell'anima e del corpo.
Ho una di Lorenzo de' 20 del passato, e no gli fo altra risposta, se none ch'io aspetto che alla tornata di
Batista mi mandi le melarance che dice, se le sono belle; chè quelle parecchi che recò, erano trista cosa, e
mezze fracide: che avendole di quella sorta, è perduto la fatica e la spesa. Questa mattina hanno pagato e
Dietisalvi
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 15 di giugno 1465.
A dì 7 fu l'utima mia, e Tommaso Ginori ne fu apportatore; e da lui arete sentito novelle assai 'di qua, che
tutte non si possono dire per lettera. Iddio l'abbia condotto a salvamento. Non ho avuto per questo fante
vostre lettere, che stimo ne sia cagione le faccende assai dovete avere appressandovi alla festa. Da altra
parte non ci è cose d'importanza a dire: pure quando viene il fante, e i' non abbia vostre lettere, no mi pare
aver l'animo quieto. En quel tempo
Dissiti per l'utima mia, come si ragionava di mutar gravezza: ora è partorito uno isgravo en sul catasto;
che hanno fatto pure questi maggiori quello che fa per loro, che 'l catasto non si muti, ma che vi si faccia
su uno isgravo di fiorini cinquecento: che non ha a toccare a' pari nostri avere di questo isgravo! tutto se
n'ha andare in chi ha meglio il modo a pagare di me. Andrà questo come vanno l'altre cose! Vogliono
raffermare di far gli Otto a mano per cinque anni; e hanno fatto el Consiglio del Cento parecchi dì e non
si vince; chè la brigata no gli vorrebbe più a mano.
La Donna novella e questi Signori s'aspettano fra cinque o sei dì. Èssi messo in ordine di belle feste per onorargli, e una grande ispesa si dice che fia questa; che assa' gente se ne duole: el male andrà pure sopra' più deboli, chè gli altri s'aiuteranno collo sgravo.
I' non so che partito s'ha preso 45 del fatto suo: s' egli ha fatto la 'npresa, ed ella abbia effetto, col nome di
Dio sia! se no l'avessi, estimo al fatto di 33 nocerebbe assai: che pure
Sento Niccolò Strozzi ha picchiata di fiorini dumila di gioie, che 'l Papa l'ha 'vute per fare la mitera, e no
gliene vuole dare danaio; che non farebbe per Niccolò avere di queste cose ispesso, come ha cominciato.
Tra Giovanfrancesco e questi, se gli perdessi, el monte iscemerebbe assai: benchè si dice Giovanfrancesco
farà il dovere; e ch'egli ha preso accordo co' creditori e termine bene otto anni, e renderà soldi venti per
lira. Così doverrà aver fatto a Niccolò; che tanto meno perderà, se fia vero questo. Quegli del Papa si
fanno qua ispacciati. Sento che si sta pure a Roma, che non è più pauroso come soleva: che mi maraviglio
di lui, morendovene di pesta come si dice, che vi stia; che è di gran bisogno che viva a' sua nipoti. E' sono
di sanguinità, che tosto lo pigliano.
Manda'vi gli sciugatoi per le mani di Tommaso Ginori, rinvolti in uno isciugatoio vecchio: fatene
masserizia; che non si perdino; che madama
Raccomandovi Tommaso, e salutatelo per mie' parte.
A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 5 di luglio 1465.
A dì 15 del passato fu l'utima mia. Ho dipoi dua vostre de' 16 e 22 detto. Risposta per questa.
La lettera mia col suggello de' Ginori fu mio difetto; chè suggellai en fretta, e manda'la a Tommaso sanza farvi el segno: piacemi che peraltro la trovassi bene.
De' fatti vostri co l'amico non so come si seguiranno; che se fussi come sono gli uomini buoni e interi, che
tengono le parole loro in piè, n'arei qualche isperanza delle sue promesse: ma dicendo sì e no d'una
medesima cosa, i' non ci ho fede. E poi dice, non è
tempo. Quanto più va in là, piggior tempo credo
sarà. E peggio saranno d'accordo, se Iddio non provvede, che può. Raccomandianci a lui, che provvegga
Dissiti per altra dello isgravo si faceva. Missolo a partito colla medesima petizione di fare gli Otto a mano; e missesi assa' volte, e mai si vinse: sì che ci stiàno pure col catasto all'usato.
Avesti Lionardo, che senti' n'era venuto con Tommaso: e piacemi sieno condotti a salvamento. Saluta Tommaso da mie' parte. Niccolò sento è a Viterbo. Non hai risposto a lui come fe' a noi di Matteo.
Della donna, l'ho detto co Marco: dice si stia a vedere un poco; chè sa forse l'animo tuo. Sia alla buon'ora: quanto più s'indugia, più tempo si perde!
De' fiorini 13 e soldi ha' fatto buoni a Dietisalvi
E collaretti, di' che i' gli faccia fini, e di tela di sciugatoi. A me non pare che sieno buoni di tela di sciugatoi; chè non servirebbono bene: ed ho cerco di panno lino fine, e per ancora non mi sono abbattuta a cosa che mi piaccia: come m'abbatterò, gli farò. Gli sciugatoi mandatovi, gli arete dipoi avuti.
Sete avvisati della venuta qui della Duchessa e di don Federigo, e dello onore s'è fatto loro. Grande ispesa s'è fatta; ma colla medesima si poteva fare loro maggiore onore. Lasciànci governare!
Iacopo di messere Agnolo mi venne a vedere, e molto disse de' fatti tua maraviglie, e che t'è tanto obrigato. Dimostra che tra voi è una grande benivolenza: volle ch'io gli promettessi di raccomandartelo. Così fo. Ringrazialo della vicitazione che mi fece.
Ieri entrò en Firenze messer Dietisalvi con bello onore, secondo si dice, più che cavaliere che ci sia entrato; che si dimostra che gli è stimato assai.
La Marietta non è venuta, e nulla ne sento ora ragionare di lei.
I' ho bisogno, come i' dissi a Tommaso, di danari per pagare un po' di grano e di vino tolsi da Marco, e
ancora per altre ispese; che mi sono mantellata insino a qui:
Ara' sentito dell'accordo fatto Giovanfrancesco, e come misse la pitizione di
volere esser sodo
Tommaso Davizzi a questi dì mi venne a vedere, che se' ne va
in villa. Dissemi, e recommi alle mani
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 26 di luglio 1465.
A dì 20 fu l'utima mia. Ho dipoi la tua de' 12 detto. Risposta.
Del none iscrivermi ispesso, non credo punto sia per non ti ricordare di me; chè è naturale che 'l figliuolo
si ricordi della madre, massimo quando non è suto abbandonato da lei ne' sua bisogni: ma quando non ho
vostre lettere espesso, estimo bene che le occupazioni di cose che importano vi danno tanto che fare, che il
tempo vi manca a scrivere a me. E benchè mi paia spiacevole il non avere vostre per ogni fante, quest'altra
parte dell'avere voi assai che fare mi fa istare paziente. E di certo, che volentieri veggo le vostre lettere,
che aspetto el mercoledì o il giovedì, che de' giugnere il fante, co
Per altra ti dissi delle melarance mandate a Piero, e la risposta che fece a Giovanni: doverratti avere iscritto, chè così disse di fare.
Piacemi molto che le cose del Re sieno assodate, e nette de' dubbi che si potevano avere. A Dio piaccia mantenerlo lungo tempo in pace e in buona prosperità, con salute dell'anima e del corpo. Madonna Ippolita si dice ne verrà pure in costà, e don Federigo co lei: accompagnigli Iddio.
Siàno a dì 27; e Marco Parenti è venuto a me, ed hammi detto come più tempo fa ragionàno del darti
donna, e faciemo pensiero che delle cose che ci erano, e dove noi credavamo potere andare, e quello ci
pareva meglio di parentado, se l'altre cose avesse, ch'ella fussi di
Lorenzo non mi scrive; chè no n'ho da lui da' 27 di giugno en qua; che mi fa pensare che non sia di buona voglia: avvisa che n'è, e s'egli ha avuto reda, chè mi disse Tommaso che l'aspettava. Credo starete tanto sanza donna, che ne troverrèno qualche serqua. Iddio vi presti pur vita, come disidero. Nè altro per questa m'accade dirvi, se no che attendiate a star sani; che Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 9 d'agosto 1465.
A dì 3 fu l'utima mia. Ho dipoi la vostra de' 28 passato, che n'ho auto piacere. Iddio lodato. Risposta.
Tu mi di' per questa tua, che i' non dubiti che la lunghezza della vostra
propietà
Dell'esservi compartiti, tu a governo del banco, e Lorenzo al fondaco, ho consolazione. Che Iddio ve ne conceda buon guadagno, e mantengavi lungo tempo en buona pace e amore insieme, com'io disidero! chè me ne gode l'animo quando veggo vostre lettere, e considero che voi v'amate, e sete uniti ensieme Mai leggo le vostre, che di tenerezza possa tenere le lagrime: che tante benedizione vi dia Iddio, quante i' n'ho gittate per voi!
Avesti li sciugatoi: faretene masserizia; e così vi serberò io el resto; e così l'altre cose fatte per voi. Ristorerete Batista in altro; farete bene, chè v'è fedele, che vi rispiarmò parecchi lire di vettura delle melarance. A Iacopo d'Ariano ho rammentato più tempo fa el calamaio, ch'io gli die' che ti recassi: hammi detto che non è perduto. Ora i' non so se mai tu l'avesti; e no l'avendo tu auto, ed e' ci torni, mi farò donare la vettura d'una catasta di legne pel verno, s'i' potrò averlo da lui, per ristoro di detto calamaio; che per un fiorino no l'are' dato.
Delle melarance vi si disse per altra quello se n'era fatto. Dicesi che costà viene Lorenzo di Piero: fategli vezzi.
Del compromesso, a Marco non pare che importi nulla el soprastare: lasciatene il pensiero a noi; e non vi pensate, chè noi di qua ci pensiàno; che è nell'albìtro mio, che quando caso venisse in loro, che bene e' no lo volessino fare, i' ho l'alturità in me di potere rimutare el testamento. E per questo dice Marco che none importa, ensino si vegga com'e fatti vostri vanno: che a Dio piaccia vadino bene. Attedete pure a star sani.
Se queste galee che vanno in Levante toccano costi, sarete vicitati da parenti e amici
assai, che vi son su. Se vi fia Lionardo Davizzi, che è figliuolo d'un cugino di vostro
padre, benchè lui e voi forse nol sapete; ma estimolo come parente del mio Tommaso: sì
che per suo amore fategli buona compagnia, chè qua istà in casa Tommaso. Nè altro per
questa. Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze. A voi mi
raccomando.
Bettino, venuto estamani, si doveva partire per andare a Giovanfrancesco. Fia in questa una lettera che mi recò uno, che dice è fratello di Domenico, che dice istà in casa teco.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 17 d'agosto 1465.
A dì 9 fu l'utima mia. Ho dipoi la tua de' 7. Risposta al bisogno.
Piacemi che m'abbiate per escusata degli errori fo alle volte nello scrivere; e così escrivo alle volte delle cose ch'i' sento che danno carico a 47, e non è poi vero; come fu di quello Messere che uscì d'Ischia. Qui si vede chiaro, che ci è chi dice male, e vorre' veder peggio. E quando i' sento dar carico a chi ci fa bene, troppo mi duole. E così ora si sente delle cose di questa rotta di Francia: e come di' per la tua, le passioni fanno biasimare e lodare. Da Marco doverrai essere avvisato di quello si dice; chè sente più di me.
Dall'amico tuo ha' buone lettere, e dimostra avere fede in te: che mi pare buon segno. E se farà un dì dimostrazione del bene che dice volerti, non se ne starà poi en dubbio. Priego Iddio che sia presto l'effetto, se 'l me' debb'essere per noi. Ancora non si sa se manderà il figliuolo costà; che si dice che ancora Madonna tornerà indrieto: chè siàno come un farnetico in questo mondo: che a Dio piaccia darci la salute dell'anima e quella del corpo. E se il Conte Iacopo morì, Iddio gli perdoni. Così andassino gli altri che ci fanno male, se dovessi essere el meglio.
Di quello Della Luna, sento che sono tremila di dota e millecinquecento di donora. S'egli è vero, ha sceso un grande iscaglione della dota, da quello dicevano di principio. Non è se non da biasimano, aver fatto parentado co' preti. E si dice anche, ch'e fatti loro non ci è grascia; che forse si ripareranno con questi. E' murano una bella casa, a vedere di fuori; drento non so.
Degli embasciadori, ara' sentito chi e' sono: e non si fa caso che si logori la riputazione; che se ne facessono, si governerebbono per altra via. Iddio gli dirizzi ai bene fare.
Avvisoti, che andando domenica mattina a i' avemmaria in Santa Liperata alla prima
messa,
Per Francesco di Benedetto Strozzi ti mando per mare un sacchetto co cento mazzi di finocchio: è segnato di vostro segno, che venne già col lino. El finocchio non è quest'anno molto dolce: e però te ne mando poco. Non era bene secco; che per mandartelo presto e bene, per non indugiar per le piove, lo mando ora. Quando l'hai avuto, fallo trarre del sacco e tiello quindici dì al rezzo, chè ha del verde, e diventerà più bigio. Avvisa come lo truovi. Che Iddio di male vi guardi. Per la tua Alessandra, in Firenze.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A' dì 31 d'agosto 1465.
A dì 23 fu l'utima mia, e scrissi a Lorenzo: dipoi ho la tua de' 16; che l'ha letta Marco ed
io, ed abbiano inteso quanto di' intorno al fatto della donna. E ieri rimasi co Marco che,
avendo io di nuovo bonissima informazione da due persone, e truovo che da quattro
persone che i' n'ho auto informazione, che l'ha vicine, una di queste si è la Gostanza di
Pandolfo, che tutte s'accordano a dirne a un medesimo modo; che chi l'ara, ne sarà ben
contento; chè l'ha a fare buona riuscita. Della bellezza, mi dicono quello ch'io m'ho
veduto, ch'ell'ha una bella persona, e benfatta; el viso è lungo: ma i' no la pote' in viso
molto vedere, perchè parve ch'ella se n'avvedesse ch'io la
La Madonna ne venne in costà. Iddio l'accompagni: e voi vi sappiate guardare, in questa festa, de' disagi el più che potete.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A' dì 13 di settembre 1465.
A dì 7 fu l'utima mia, e dirizza'la a Lorenzo: chè non avendo tue, non avevo che dirti. Ho avuto dipoi a dì nove una tua de' venzei dì del passato. Risposta al bisogno.
De' fatti di 45 parecchi dì fa non ho sentito nulla; perchè el f. di 32 e 54 e gli altri hannovi de' pensieri che cuoce loro; sì che di quegli di 45 credo si stieno da canto. L'uomo di 47 e 13 doverranno dartene avviso.
Di 33, per la mia de' 17 doverrai avere inteso quanto ne parve a 40; e di poi quella
informazione che se n'ebbe. Marco insino a ieri non aveva parlato a Francesco; che l'uno
e l'altro è stato alla villa. Ha dua figliuoli che stann'a bottega; e 'l maggiore ha buona
presenza,
I' no mi maraviglio che tu vada a rilento al fatto della donna; chè, come tu di', è cosa di
grande importanza, e la maggiore che si possa fare: chè l'avere buona compagnia fa istar
l'uomo consolato l'anima e 'l corpo: e così pel contradio; chè quando sono moccieche o
cervelline, o come quella ch'ebbe Filippo, si sta mentre che si vive in assai
tribolazione.
A quella che ebbe Filippo, gli fu detto insino quando e' ci era, che la vide, e
piacquegli tanto la cervellinaggine sua, che di niun'altra volle dire di sì; e volevala,
quando era qui, torre: ma la madre non volle acconsentire di mandarla fuori. Poi avemo
per le mani parecchi fanciulle da bene; ma non ne volle nessuna.
Escadde
Tu di' che i' metta in ordine la masserizia de' pannilini. Quegli ch'i' ho, voi il sapete; e
quello ch'i' ho ordinato per te, sarà bene a tempo in ordine; forse prima che la donna. E se
tu non arai così a doppio le cose, m'arai per escusata; chè non si può fare per costà e per
qua, chi non ha la borsa piena. I' sono da poco; ma pure, quand'io avessi danari da potere
fare delle belle cose di pannilini, i' lo farei: ma i' so che tu se' fornito in modo costà, che
quegli ch'i' ho ordinati qua, ti saranno a bastanza: chè ho fatto la mia possibilità. E se, per
essere tenuto buono cristiano, non hai tenuto di quelle
Del finocchio, come per altra ti dissi, non è quest'anno dolce. Furo cento undici mazzi. Per quest'anno no ne puoi aver più. El marzolino, chi lo volessi buono, si vorrebbe mandare a San Casciano: e v'è la morìa per tutto; e non troverrei chi v'andassi. Saprò qui in Firenze se ne potrò avere. Batista mi disse che aveva fatti fare parecchi così begli per recartegli: egli è del paese; e sare' meglio darne carico a lui, che a me; che saresti me' serviti, e meno ispenderesti che io, male ch'e' faccia Marco non può: e Giovanni anche lui ha faccenda assai; en modo no gliene dire' nulla; e sta assai en villa. Poi è consolo all'Arte degli Speziali; e quando e' ci è, esta là.
Bettino tornò: dicemi che ebbe da Giovanfrancesco buone parole, e che saranno cattivi fatti. Tiene una bella vita; e sta in casa con più di cinquanta bocche, tra fattori e schiavi e schiave e altre genti: tant'è, che si tornò sanza isperanza di nulla più che gli altri.
Del compromesso, vi s'è detto per che s'indugiava; chè s'ha avere la licenza dal Monte e
A Niccolò non ho scritto poi della donna, che ne sia a ragionamenti, perchè aspettavo Marco s'accozzassi con Francesco; e per ensino a questa mattina non me n'è venuto a dir nulla: sì che istimo no gli abbia parlato. Quando seguirà ragionamento d'averne isperanza, ed io ne l'avviserò.
Siàno a dì 13, e altro di questo non ho, che va molto per la lunga: che ti viene bene a
proposito, chè ci vai a rilento.
Come passano le cose di qua, ne sarai avvisato da chi ne sente più di me.
Ho scritto la lettera, e Marco è venuto a me; e dice essersi accozzato con
Francesco Tanagli: e che Francesco n'ha parlato molto freddamente, en modo che
comprendo n'ha levato il pensiero; e che dice, che ne vuole ragionare con messere
Antonio Ridolfi, ch'è suo cognato, che è in ufficio, ed ha a tornare per Ognisanti. E disse
che gli era gran cosa a mandare una sua figliuola tanto di lunge, e in una casa che si può
dire sia uno abergo. E parlò in modo, che si vede ha mutato proposito. E questo
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A' dì 20 di settembre 1465.
A dì 13 fu l'utima mia: ho di poi iarsera la tua di tale dì. Risposta al bisogno.
E'n prima ti rispondo al fatto di 33 per 45, che par lo
scriver mio così
aperto, e toccoti in quelle parti che così presto non estimavi,
m'ha dato un poco di lume dell'animo tuo, che è pure all'usato,
che ce n'abbiamo andare di primavera in primavera: e benchè tu
dica, che no mi terrai en practica come fe' Niccolò; nondimanco
i' ti credo quello che tu di', che veggo e riguardi che tu hai: e credo
tu ci sia di buon animo, e la sperienza se ne vede. Non credo che poi
che fusti mercatante, avessi
Di' ch'io parli con 46 ennanzi si parta: è dì quindici si partì, e andò 48. E se 49 t'ha
promesso, faccendo el passo suo co 54, di farti del bene, n'ho piacere di tal promessa.
Resta ora che si possa fare quello che t'è promesso; che fia forse difficile a farlo a questi
tempi: ma credo bene che col tempo si farà. Egli è tramutato le cose en modo, ch'e nostri
pensieri non hanno avere l'effetto che uomo crede così tosto: chè si vede s'apparecchia tra
54 e 'l f. di 32 e 56, che pare tutto cascato; e degli altri gran cose: che tutto istà per
nuocere a 45, cioè a prolungare el fatto suo del 51. E quando pure fussi presto, e gli amici
ti volessino dare 33, non aspettare che sia cosa di contento; perchè loro non hanno nulla,
ma potrebbono andare a qualche loro ispezialtà, e sottometterti a qualche
Diedi la lettera e la polizza a Marco: dice che ha 'nteso, e che non si ricordò di dirtene un motto per la sua. Hammi dato detta polizza, e i' l'ho stracciata. Le cose non si fanno mai sì secrete, che qualcuno no lo palesi prima che il tempo.
En questi dì s'è vinto, e in tutto serrato le borse, e levato accoppiatori, e balia agli Otto e tutto: è vinto uno isgravo in sul Catasto di fiorini 800 per tutto la terra, e fatti gli uomini a sgravare; che n'è Lorenzo di Parigi Corbinelli, di là d'Arno; e Santa Croce, Simone di Mariotto Orlandini; Santo Giovanni, Andrea della Stufa; Santa Maria Novella, Bartolomeo del Vigna e l'artefice Romolo di non so chi. Non so se ne toccherà punto a me: farò la diligenza mia di parlare loro.
Avesti en casa Niccolò Martegli e F˙ Benci e degli altri parenti. Quello de'
Davizzi ebbe del salvatico; facestigli l'offerte debite, che facesti bene per amore di
Tommaso. El Capitano ti pare buona
La lettera tua diedi a Strozza; è stato en pochi dì per andarsene di là, di riscaldato e
raffreddato;
Era tornato il Duca di Calavria; e la sposa vi si sarà condotta, e fatto la festa: che Iddio die loro consolazione. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 12 d'ottobre 1465.
A dì 20 del passato ti scrissi l'utima, e a dì 5 di questo i' scrissi a Lorenzo. Di poi a dì 7 ebbi la tua de' 28 passato. Risposta per questa al bisogno.
Al fatto della donna, mi pare il dirne per ora altro sia di superchio; chè veggo s'ha
aspettare tempo. Sia col nome di Dio tutto. E se Francesco piglierà partito della sua, si
cercherà di qualche altra cosa: chè il tempo ci sarà; e tutto, come tu di', si riputerà per lo
meglio. Entendo per la tua el pensiero ha' fatto d'allogare e giovani fuori di casa; e così
delle serve provvederai al tempo: che molto bene mi piace el tuo pensiero, chè hai buono
ordine a tutte le cose: e per ensino a l'aprile o 'l maggio si doverrà esser chiaro di quello
arà a seguire
Veggo Pandolfo è malato, e volsene, se potrà,
tornare per mare. Iddio lo rimandi sano
alla sua famiglia. Facevi pensiero, innanzi si parta, di ragionare co lui; e che se la cosa
non fia ispacciata, che farà tale relazione, che l'amico
Lo sgravo bolle, chè sono rinchiusi gli uomini:
No ritruovo Batista; che mi fu detto ha debito assai qui, e non ci può così venire. Se lo potrò vedere, lo domanderò de' marzolini; che mi disse dua mesi fa, che te li voleva portare; e se no gli arà, m'ingegnerò mandarne, se potrò avere de' buoni.
L'Allesandra che fu di Lorenzo non ci è venuta, e non sento ci venga per ora; che è stata forte malata. E la Marietta e Lorenzo suo figliuolo, tutti auto gran male, ensino alle serve: sicchè estimo, se la verrà, indugerà alla primavera. Altro non ne sento. A Niccolò non ho scritto già dieci mesi fa; che no m'è accaduto; nè pel fatto tuo bisogna ch'io gli scriva, chè tu istesso gliene chiederai consiglio, avendo venire costi. Sarete una bella brigata, se viene.
Di Matteo di Giorgio
arai sentito, come e' messe segretamente al punto e prigioni che
dovessino rompere le Stinche: e così feciono; che a dì 6, cioè domenica passata, la notte a
ore 5, e prigioni ebbono rotto, e usciti fuori nella corte. E nel romore, la guardia che vi sta
su di sopra sentì questo romore, e cominciò a gridare; e tanto gridò, che vi corse gente
alla porta di fuori: e' detti prigioni non poterono uscire più oltre; chè furono iscoperti
troppo tosto, che avevano a rompere ancora parecchi usci 'andar fuori. Quando vidono
che no riuscì
La morìa ci fa pure danno, quand'uno e quand'un altro. Morì ieri Giovanni Bartoli en
quattro dì: dicono di catarro. E simile si dice della nuora, che si dice è
stata malata dua dì;
Sento sono questi gran maestri rinchiusi in Santa Croce a serrare queste borse: e Piero vi sta 'abergo. Iddio die loro grazia faccino la salute della terra. Tu di' che ti pare che le cose s'addirizzino en modo, che ognora stai a buona isperanza. A Dio piaccia che l'abbia effetto. Nè altro per ora.
Di' che ti basta le donora non rispondano peggio che quelle di madonna Ippolita: a che ti dico, saranno le tue qualche cosellina peggio; ma ristorerèno nella donna, che sarà forse più bella. Ell'arà più belle gioie, e tu potresti avere più bella carne; se a Dio piacerà. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi, e così tutti gli altri. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.
A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 19 d'ottobre 1465.
A dì 12 fu l'utima mia. Ho poi la tua de' 3 di detto; e questa mattina una di Lorenzo de' 12. Risposta al bisogno.
Die' la tua, ovvero fe' dare a
Per questa di Lorenzo intendo come Pandolfo era allo stremo della vita: che n'ho auto
dispiacere assai; che poi che morì el mio figliuolo, non ebbi tal dispiacere di parente che
mi morissi, quanto ho 'uto di lui: chè troppo mi duole per amore della donna giovane, e
tanti figliuoli
I' ho sentito del Consolo fatto costà:
qua vogliono il consolo usato
Di gravezza non si ragiona: dell'altre cose si sentono dì per dì, ma non sento di quelle che
mi dieno isperanza delle cose disidero; che non piace ancora a Dio: e le cose vanno a pian
passo; e co lunghezza di tempo si potrà vedere delle cose: ma chi ha fretta, l'aspettare gli
è pena. Confortimi a star sana, e ch'io mi dia buon tempo: i' mi posso male rallegrare, che
sto tuttavia in pena; e dello star sana m'ingegno, per più rispetti. Ma a voi si vole
ricordare che stiate sani; chè io sanza voi sono morta, e voi sanza me vivete e potete
istare in filice istato. Se sete privati de' vostri disegni,
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 26 d'ottobre 1465.
A dì 19 fu l'utima mia; e per le mani di Carlo ho di poi la tua de' 11 detto. Risposta per questa.
La lettera tua a Romolo si diè, ed era meglio asserbarsi el foglio; chè nè lettera nè parole non hanno fatto frutto nessuno: chè secondo mi dice Giovanni, che vi mandò a vedere, ch'io non vi sono a nulla di sgravo: sì che mi conviene portare pur la soma usata, enfino si muti altra gravezza. Estimai el primo dì, che no l'avevano fatto per me! Iddio sia lodato di tutto.
Di' che i' ripresi lo scriver tuo, come ti stimavi, e ched io son fuori di cammino: e di' el
vero, che i' m'ho poi ripensato che tu hai ragione,
Della mutazione fatta del serrare le borse, certo che dà impaccio al fatto vostro; che ora
sono gli uomini più liberi di loro, e tireranno ciascuno alla sua volontà. E i' sono di
contradio openione che tu. Di' che il governo s'adirizza in modo, che non ti dà piggiore
isperanza; perchè non puo' credere che di questi che furono
I' non credo 56 sia così piggiorato per 32 come si dice; perchè tirando a un medesimo
segno, non mi pare che gli amici si perdino:
Estroza
È maritata la figliuola rimase di Ruberto Martegli a Lottieri di Nigi di Nerone: credo passi dumila fiorini di dota.
A questi dì ci fu lettere, che gli è morto l'Allesandra che fu di Lorenzo; che n'è suto un gran danno pe' sua figliuoli, e massimo per la Marietta. Arassi a ridurre con Giovanfrancesco; e forse se ne piglierà partito. Iddio gli dia buona ventura. Per ensino a oggi non s'e fatto l'onoranza di Pandolfo: non so se innanzi Ogni Santi si farà.
Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 2 di novembre 1465.
A dì 26 passato fu l'utima mia: non ho poi tua. Ho per questa manco a dire: e solo perchè,
come sentirai da Marco, la nuova Signoria è, come abbiàno Gonfaloniere di giustizia
Niccolò Soderini: che a Dio piaccia che faccia buono ufficio, e che sia la salute della
terra. E, come per altra ti dissi, nulla sento ragionare di 50 nè di 51; e ora per dua mesi
non è da sperare; chè sai 18 non è dell'animo che bisognerebbe a 45, ed è contradio a 47
grandemente:
Dicestimi per la tua de' 28 di settembre, che t'era capitato costì una ischiava, ch'era qui di
Lionardo Vernacci, e che l'aresti tolta,
E' s'ha a pagare per ensino a dì 6 di questo el 47 catasto, che s'è
sostenuto il dì
Ben ti so dire che la moglie di Pandolfo è mezza disperata, e non si può per verun modo accordarsi: e se nulla gli mancava, tornò Priore e gli altri, e dissono come e' morì mal volentieri: che ha fatto doppie pazzie. E da 'ncrescere di lei. Iddio, che può, la conforti; ch'era in tanta allegrezza quando ebbe il figliuolo maschio, e tosto gli tornò in amaritudine. Niuna isperanza si può porre in questo mondo, che non venga meno. In Dio solo debb'essere; e ce lo dimostra per molte vie. Sicchè pensiàno al fine, che Iddio ce lo dia a far buono. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi.
Di' a Lorenzo, ch'i' ho una sua de' 17 passato; e perchè istetti
all'ufficio
A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 15 di novembre 1465.
A dì 2 e 9 vi scrissi l'utime mie. Ho di poi quattro vostre, de'28 e 30 e 31. Farovvi, per questa, risposta.
I' ho inteso per le vostre l'animo vostro esser diritto a tramendue a fare il passo che vi s'è
tocco più volte, e quello ch'io ho disiderato più tempo fa; che estando fermi in tal
proposito, e avendo effetto a' mie' dì, credo che di tal cosa sarebbe consolazione a voi, e a
me grande conforto; chè avendo duo figliuoli, e sendovi affaticati tanto tempo, e no
vedendo altri di voi, mi davate alle volte che pensare: Per chi s'affaticano costoro? Se
estanno a questo modo, endureranno l'animo, e fermerannosi così; e me terranno in
queste pratiche tanto, che io mancherò! Ed ho auto molta battaglia
Non vi maravigliate se Marco non ritocca Francesco: l'una, perchè da voi non ha libera
commessione; l'altra, perchè messere Antonio Ridolfi non è tornato da Pisa. De' tornare
ora in questi dì. E l'altra cagione si è, che tutti gli uomini sono in pensiero di quello che
s'ha a fare in Palagio nel dirizzare lo Stato, e 'n che modo s'ha a vivere: e tutto dì si
pratica, e stanno in aspetto quegli che furono tratti delle borse
nel 58,
Ancora, essendo alle Murate; vi capitò quello garzonetto ch'è venuto con Pietro Pagolo di
costà, ch'è fratello della donna. Ricordòmi Madonna, che Pietro Pagolo era cugino di
vostro padre: che no l'avevo alla mente. E quello fanciullo domandai se vi conosceva:
disse di sì. E quando sentì ch'i' ero vostra madre, mi fece gran festa, e disse: E' dicono che
voi ne venite a Napoli. Risposi, ch'io avevo quel pensiero. Ragionàmo Madonna ed io,
come tu dì ch'egli ha soldi 25 per lira:
Dell'Allesandra di Lorenzo ara' sentito la morte sua. La Marietta è con Giovanfrancesco: di qua non ne sento dire altro. A Niccolò Strozzi scriverrai del fatto vostro, che fara' bene.
Del fatto del Consolo, avesti dipoi lettere dalla Signoria che lo facessi a vostro modo; che
sarete raumiliati.
De' tre dispiaceri di Marco, uno solo gliene resta, che è la morte di Pandolfo: li altri duo sono rivolti pel contradio, che n'ha auto dipoi piacere. Ed è vero per questi mezzi si conosce Iddio. Guardici d'ingratitudine!
Dello stagno, ho saputo da Lodovico, dice è ben tre mesi lo vende a uno linaiuolo; e il
detto linaiuolo l'ha tutto ispacciato: ma e' dice che ispesso gliene viene alle mani, de'
cittadini che ne vendono; e capitandogliene del bello, che me lo farà vedere: sì che
aspetterò. Se a Dio piacessi che voi tornassi, i' ho dieci scodelle e dieci scodellini e duo
piattegli da 'nsalata, e uno maggiore; che sono begli, che furono di quegli mi diè Anton
Strozzi: che il resto mi fu tolto, e' candellieri, e
santelene,
Attendiàno pure a raccomandarci a Dio; e disponetevi di fare qualche bene a onore suo e della sua benedetta madre Vergine Maria e dell'Angiolo Raffaello, che come guardò Tubbiuzzo da pericolo e da inganni, e poi lo rimenò al padre e alla madre, che così rimeni voi a vostra madre, che con tanto disiderio v'aspetta. I' ho speranza che, raccomandandovi di buono animo e con fede, che noi arèno questa grazia. E di così lo priego per sua misericordia. Nè altro per questa. Che Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.
Sono a dì 16, e altro non ci è per me da dirvi.
A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 22 di novembre 1465.
A dì 16 vi scrissi, e dissivi quanto per allora accadeva: non ho di poi vostre. Per questa
m'accade dirvi l'opposito di quella, in alcuna parte: e questo si è, che tu sai come 18 è
amico di 45, rispetto e fatti
mia;
Del Consolo avesti lettere dalla Signoria, che lo facessi di costà a vostro modo; e
ora sento
Siàno a dì 23; e oggi hanno rifatto il Consiglio, e sono su:
Essendo per suggellare ebbi la tua, Filippo, de' 14, per Giovanni di ser Francesco.
Risposta brieve, ch'è tardi. Del Consolo avete una fredda e una calda; che per ogni fante ti
scrivo quello sento la settimana. Elle fanno gran mutazione; .che l'una settimana si
ragiona di fare una cosa, e l'altra si fa pel contradio. E altri vorrebbe pure avvisarvi delle
cose che si dice che hanno a seguire; e dilibera che non ci si può còr posta: e credo che, a
volere far bene, sarà di bisogno a tagliare questa piaga: sì che di
51 e di 33
A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 19 di dicembre 1465.
A dì 7 fu l'utima mia: non ho poi vostra; e per questa ho manco a dire; ma solo questa per buon uso.
Sommi iscordata di dirvi per altra, come Giovanni di ser Francesco mi venne a vedere, e dissemi buone novelle di voi; e molto se ne loda dell'onore che gli avete fatto. Iddio lodato! Fate bene a fare onore a chi vi capita a casa: che lungo tempo lo possiate fare, con salute dell'anima!
Avvisoti, che de' fatti di 33 mi dice 13 non se ne ragiona nè per te nè per Lorenzo.
Quando se ne ragionerà, ne sarete avvisati. Di 51 per 45, nè per altri, s'è posto silenzio
per ora:
Ensino d'ottobre ci venne da Padova el figliuolo della Caterina mia sirocchia, ch'era frate
della Badia di Firenze, e stava nell'Ordine a Padova; e stetteci da venti dì, che venne a
vedere la madre: e a dì tre del passato si ritornava in là; ma volle andare prima a Roma a
vedere messer Francesco, ch'è col Cardinale di Melano: e pare ch'egli ammalassi per la
via, di morbo; e n'andò a Roma, e visse 17 di, e morì: e messere Francesco lo fe'
governare. La Caterina ha 'uto questa novella; che mai fa altro che piagnere: e molto gli è
doluto questo figliuolo. E ora di nuovo ha, che in quella casa dove morì, e chi lo governò,
n'è morti
Ara' sentito della morte di Bernardetto, che morì a dì 15: e bene che fussi ne' termini che egli era, pure a mona Gostanza e a' figliuoli pare avere fatto gran perdita. Hannogli fatto un grande onore.
I' ho tolto un lavoratore a Pazzolatico, che ora al febbraio comincia a lavorare: e perchè il
podere è pure in disordine e 'l temporale è forte, mi sono distesa a fargli aiuto d'una bestia
perchè possa portare del concime; che n'ha bisogno el podere, che francherà la spesa. Se 'l
podere si fussi aiutato pel passato, sare' d'altra rendita, e col suo medesimo si potrebbe
aiutare: ma non si può per ora. S'i' potrò fare sanza torre danari dal banco per questo, i' lo
farò: s'io no ne potrò trarre d'altrove, i' gli torrò dal banco: chè v'ho a fare dell'altre ispese
in sui podere, che sono di nicistà, chè peggio non può stare che si stia. Piero vive ancora;
e bisogna che se n'esca, e andrà accattando:
Secondo mi disse Giovanni duo dì sono, non ci è più termine a pagare el 46 catasto, che per ensino a dì 24 di questo: che perchè va a perdere, s'è sostenuto di no ne gravare duo mesi; ora non si può più indugiare: sì che gli farò pagare come gli altri.
Dissiti per altra, che t'avviserei per ogni fante di quanto seguirebbe delle cose di qua. No l'ho fatto, perchè non ho sentito altro di nuovo, nè nulla di buono per noi: sì che sieti avviso. Nè altro per questa m'accade dirvi, se non ch'i' priego Iddio che vi guardi di male. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.
A questi dì ci fu novelle, ch'è morto a Bruggia Pier Bini e uno de' Nasi. Credo che queste
galee di Fiandra sieno scomunicate, tante traverse hanno da parecchi anni in qua.
Senti' a questi dì, che ancora s'aspettava una galea o vero nave, che mandava Niccolò Ardinghelli, e che si maravigliavano che non era giunta. Non ho sentito poi altro: e questi qua di casa si guardano di dirmene. Quando ne domando, dicono non hanno lettere da lui.
A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 21 di dicembre 1465.
A dì 19 ti scrissi quanto allora m'accadeva: dipoi ho la tua de' 7 detto. Risposta al bisogno.
Veggo per lo scriver tuo essere ben disposto, e così Lorenzo, a fare quello che più volte
s'è ragionato: e poi che veggiàno
che'l 51
Ieri venne a me 13, e dice che 'l padre di 60 ha ritocco, e in effetto non vorrebbe
ispendere nulla, allegando 53 che ebbe la cugina, e che gli fè di 63
f. 61:
Ancora t'avviso, che ieri andai a casa Pagolo, che sta dirimpetto
a 59,
Siàno a dì 23, e Niccolò Soderini sì misse istamani la pitizione nel Consiglio del Popolo di farsi cavaliere in questa Pasqua, e vinsella: sì che l'areno cavaliere la mattina detta. E questo è il bene che noi riceviàno; che ne pagherèno qualche fiorini per fare quest'onoranze.
Questa mattina, vogliendo serrare la lettera, e 13 venne a me, e disse che avendo in
questo punto trovato Francesco, e che gli disse essere. istato dipoi con messere Antonio
Ridolfi, che gli ha detto che di 60
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 28 di dicembre 1465.
A dì 23 fu l'utima mia: ho di poi una tua de' dì 11 detto, e una di Lorenzo de' 5, tenuta colla tua. Risposta per questa.
E vero che a dì 30 passato i' none scrissi per non avere da scrivere nulla- di buono; e certe volte ancora non mi sento molto bene, che non posso estare a quel disagio dello scrivere: e ancora n'è più cagione certe cose che mi vanno pella mente, quando le cose non vanno secondo ch'i' vorrei. Sì che queste sono le cagioni ch'i' lascio indrieto alle volte lo scrivere. Ingegnerommi, quando arò da dirvi nulla di buono, di farlo ispesso per l'avvenire.
Dissiti per l'utima quello che 13 m'aveva detto di 60, che tutto questo mese voleva stare
sanza altro dirne: che così pareva a messere Antonio Ridolfi. E dipoi non ho sentito altro;
estimo che debba avere el capo altrove, se gli
De' fatti di 51
Dissiti a dì 23 come Niccolò Soderini si faceva cavaliere in questa Pasqua; e che s'era
vinto nel Consiglio del Popolo la domenica, che fu a dì 22: e a' 23 feciono ci Consiglio
del Comune, e no lo vinse. Estettonvi ensino a ore 21. Rimase molto isbigottito, e
ricevettene un gran cappellaccio.
Di' che se voi potessi venire a veder me com'io voi, che i' non arei tante imbasciate de' fatti vostri. E' non piace a Dio che noi abbiàno questo contento. Voi hanno privati gli uomini, e me Iddio co la infermità. E sonci gli anni, che mi hanno tenuto ch'io non vi sono venuta a vedere. Credo che Iddio l'abbia fatto per lo meglio.
Venne Pierantonio, e fecemi una grande abbracciata per vostra parte. E dice tante
meraviglie di voi, che il terzo sarebbe a bastanza. Hammi fatto molte profferte, e che
disiderrebbe di potere farvi qualche appiacere; e offera, a quello che può, che non si
rispiarmi di nulla che possa. Ha letto il Lambertano,
Egli è in questi dì morto Francesco Caccini, che stava fuori della Porta a Pinti, e aveva
buona grazia ne' cittadini, ed eragli auto compassione allo star fuori: pure commoveva gli
animi a parlare dell'essere ristituito. Ora, essendo morto, gli amici si raffredderanno.
Getta danno la morte sua assai: prima, che lascia la donna giovane con quattro figliuoli,
dua maschi e dua femmine; e poi danno grande getta 1 fatto nostro.
Sono a dì 30. Trassonsi ieri e Priori. È Gonfaloniere Francesco Bagnesi: è il contradio che Niccolò. Dicesi che è buon uomo, ma non sa così dire come lui. Metterò in questa la listra de' Priori. Altro non t'ho a dire per ora. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.
Gonfaloniere in Santa Croce, Francesco Bagnesi; e l'artefice, Marco del Zaccaria, e uno Del Grazia. Santo Spirito, Piero del Benino, e Nerozzo del Nero. Santa Maria Novella, Benedetto Bartoli, e Bernardo Mazzinghi. Santo Giovanni, Matteo Villani, e Giovanni Giraldi.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 4 di gennaio 1465.
A dì 30 passato fu l'utima mia, e avisa'vi quanto per ensino a quel di avevo sentito da 1.3
del fatto di 60: e altro non ho di poi, di 59; si che per questa non ho da dirne nulla. Ho poi
la tua de' 17, tenuta a dì 19; che alla parte di 33, come ha' 'nteso per altra, s'ha aspettare
tempo: e per questo non ci è risposta. Ma i' son d'animo, che s'io vedessi da potere andare
altrove per le parti che noi vorremo, che 60 si lascerebbe
istare;
Fusti avvisato della nuova Signoria: abbiano el Gonfaloniere un buonomo e
buono;
Io dissi alla Gostanza di Pandolfo, del figliuolo, quanto mi dicesti, che Pandolfo aveva ragionato teco, che faceva pensiero di dare al Re uno de' figliuoli; e che ora lei pensassi se gliele voleva dare: e dandogliele, che volentieri ne piglieresti la cura di costà. Risposemi che Priore glie l'aveva detto; e che l'asercizio del fanciullo sarebbe d'andare a cavallo innanzi al Re, e di correre cavagli: e che questo asercizio non gli piaceva; che se ne intervenissi caso, che mai sare' contenta. E ch'io ti scrivessi, che tu avvisassi che asercizio sare' messo: e che poi vi si penserà su: che quello ch'ella manderebbe ha anni 11; sì che gli pare abbia tempo da pensarvi su.
Al figliuolo di Brunetto desti mangiare; e rivestitolo, e riscaldatolo, e datogli danari, io
rimandasti en qua: facesti delle sette parti le tre
dell'opera
Ensino di novembre scrissi a te e Lorenzo, che a dì 5 detto avevo auto fiorini 14 dal banco a lire 4 e soldi 8 e danari 4 per fiorino; che lire 40 e soldi 7 e danari 4 ne pagai pel 47 catasto; e il resto de' danari spesi per Dio, come per la mia dissi a te e a Lorenzo: e per la tua de' 27 di detto me ne rispondi, e di' avergli acconci, e così Lorenzo. Sieti avviso.
E a dì 2 di questo ebbi dal detto banco de' Dietisalvi e Carlo Guasconi fiorini 16; che lire
40 e soldi 7 e danari 4 ne pagai pel 46 catasto. Perchè non va a Monte, s'era lasciato
adrieto, ensino che ora ne cominciavano a gravare: e il resto de' danari ho a spendere in
una bestia pel podere da Pazzolatico. Credetti avere e danari da potere comperare la
bestia; ed
Lessi a Marco el capitolo che mi scrivesti del figliuolo di Brunetto. Dissemi ch'io ti
dicessi,
Di' a Lorenzo, ch'i' none scrivo a lui per questo fante, chè non ho da dirgli se none che Marco sta desto al fatto tuo e suo; e bene che noi abiàno gran freddi, non s'è freddo a' fatti vostri; che s'aspetta che noi siàno chiamati: e essendo, forse si farà qualche concrusione; che a Dio piaccia che s'esca di tante pratiche. Nè altro per questa m'accade dire. Iddio vi guardi di male lungo tempo, com'io disidero. Per la vostra Allesandra, Firenze.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 11 di gennaio 1465.
A dì 4 fu l'utima mia. Ho di poi la tua de' 28 passato; che veggo che mi scrivi più perch'io abbia quel contento d'avere vostre lettere, che per bisogno che ci sia: e a me ne fate grande appiacere, poi che non vi posso vedere colla presenza. Ringrazio Iddio di tutto, che è forse el meglio. Risposta alla tua.
Dissiti per altra mia quanto era seguito di 60; e altro non ci è poi di nuovo: e di 59 se'
avvisato che non se ne ragiona, per aspettare lo spaccio della maggiore. Altro non pare a
13 di fare ensino non siamo chiari di queste due, che cammino piglieranno: che, secondo
el tempo che l'hanno, non doverrebbono troppo indugiare a uscirne. Egli è vero che il mio
disidèro sarebbe di vedervi tramendue accompagnati,
Uscì Niccolò, e pure fece alcune cose buone; ma non di quelle arei voluto. A lui e
gli altri usciti è suto fatto poco onore, e mentre che erano in seggio e po'i che uscirono.
Lo squittinante nostro n'ebbe assai disagio, e noi ancora: ma sento che aciò che s'è fatto
andrà a terra, e si crede si farà di nuovo. Ha questa Signoria fatto parecchi dì
pratica;
De' 14 fiorini auti dal banco a dì 5 di novembre, ne fusti avvisati, e destimene risposta del mese medesimo.
Di' a Giovacchino, che a dì 4 di questo ebbi el fardello del lino per le sirocchie; e venne si tardi ch'i' avevo suggellato la lettera, e però no gliene die' avviso. Hollo dipoi esciolto: sono mazzi 12: quattro n'ho dati a quella suora di San Domenico, e quattro aspetto mandi per esso quella di Santa Marta, e quattro a quella di Polverosa: ognora aspetto mandino per esso. I' no l'ho pesato; ma quattro mazzi sono per uno. Loro l'avviseranno del peso; e in questa fia una lettera di quella di Santo Domenico: dàgliele. Quando l'altre scriverranno, gliele manderò.
Altro non c' è, ch'i' sappia, da dirti; se no che ara' sentito d'alcuno parentado fatto
di nuovo, della figliuola di messer Piero de'Pazzi a Braccio Martegli, e quella d'Antonio a
Priore Pandolfini; e ciascuna n'ha dumila di dota. Quella di messere Piero ha un occhio
che none vede bene. Di quella
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 25 di gennaio 1465.
A dì 17 fu l'utima mia, e iarsera ebbi dua tue de' 6 e de' 13; che appresso farò risposta di quella parte saprò.
El padre di 60 non è per ensino a oggi uscito dipoi a nulla; che istimo che 'l suo
Messere
Le cose di qua, secondo si dice, vanno male quanto possono colli animi: ma troppo
indugiano a rompere el ghiaccio; che così pare a chi aspetta. E nostri Signori sono stati in
pratica insino a dì 19; perchè chi vuole una cosa e chi un'altra, di questi maggiori che ci
governano. Pure presono duo modi disonesti di rifare lo squittino, a modo dell'una parte e
dell'altra. E quella ch'ebbe più fave, hanno messa nel Consiglio del Cento (che è il primo
Consiglio) già tre dì, e non si vince: e se pure passerà in questo, e' ci è oppenione non
passerà nel Popolo e Comune: chè l'onoranze di Niccolò Soderini, solo el Consiglio del
Comune lo ritenne che non vinse:
A questi dì ebbe male parecchi dì la donna
Niccolò,
Tenesti Giovanni di ser Francesco e Piero Antonio a vostre spese. Ben possono lodarsi di
te, chè n'hanno ben ragione. Iddio vi die grazia che lungo tempo possiate fare onore a chi
vi capita a casa. Caro mi sarà, che avendoti richiesto messer Francesco d'aiuto colle
lettere del Re, che ne lo serva, ch'egli avesse la sentenzia in suo favore; che la doverrebbe
trarre delle mani a quel lupo di 56, che per forza ha tenuto tanto il suo
benificio.
Sento le galee di Levante sono arrivate costi: ognora s'aspettano di qua. Lionardo Ginori è rimaso di là: dicono e sua che non ha ricever danno; che sarà buona parte. E si dice che Niccolò Ardinghelli s'è partito; e la nave sua più tempo fa venne 'Ancona co molte robe: e lui non è ancora giunto. Dicesi ch'egli ha vinto di molti danari; che una parte n'ha vinto a Carlo Martegli:. sicchè vi potrebbe pagare.
Di' ch'io debbo avere inteso da Giovanni
Pazienza a leggere, chè nel mio dire sono lunga.
Piero Antonio ci fu stamani, e mi disse ti ritenessi con Piero,
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 30 di gennaio 1465.
A dì 25 fu l'utima mia: ho questo dì la tua de' 18 detto. Risposta per questa al bisogno.
Di 60
Èssi vinto nel Consiglio del Popolo, questa mattina, quello che si vinse nel Cento; cioè di gittare a terra parte dello squittino fatto, e gli squittinanti: sì che, chi se ne rallegrò, è ora conturbato; e 46 e 57 non è per loro; e credo 58 die loro che pensare. La terra dicono che la sta male; chè non ci si lavora; e 'l grano del Comune, e tristo, a soldi 30 lo staio, ed è 48 libbre; l'altro nostrale a più di 35, el buono. Sì che, si tiene, seguitandosi l'uno contro all'altro, come fanno, s'ella sta male, ha star peggio ancora. Ed èmmi detto, che se tirano 58 e gli amici sua quello che vogliono, sarà peggio la lira de' 50 soldi 10, ch'ella non è: e questo mi pare anche cagione che di 60 non si ragiona.
Di' che l'avere fatto quello si fece all'uscita della Signoria vecchia è piuttosto da generare
Alla Gostanza di Pandolfo non dirò altro del figliuolo.
Acconciasti e 14 fiorini degli auti di novembre; e poi e 16 auti dal banco; e se' avvisato en
che si spendono: benchè lire 40 e soldi 7 e danari 4 si pagò pel 46 catasto; e il resto de'
danari ho, perchè ancora non s'è comperato bestia pel podere; che come si troverrà cosa
buona, la comperrò. Ho bene pensiero che, aiutandolo, si farà più frutto: è un poderuzzo
d'aiutarlo,
Le galee si condussono qua a salvamento, Iddio lodato. Se' quello delle percosse; chè
ciascuno che vi capita nel paese, percuote in casa tua. A Dio piaccia lungo tempo possiate
fare onore e bene: ched io abbia vostre lettere,
A Tommaso dirò del suo salvaticone; ed io ancora, quando lo vedrò, ne lo riprenderò; chè, oltre al parentado di Tommaso, er' anche vostro.
E' s'è vinto nel Consiglio del Comune, questo dì 31, che s'è dato compimento agli altri fatti
di sopra, ed essi rimesso mano a cose nuove; e questo medesimo dì s'è fatto el Consiglio
del Cento. Hanno a raffermare gli accoppiatori, o veramente rifargli, e rifare chi abbia a
squittinare. Fa' conto che ci è el popolo molto male contento, ma e' non ci è chi vaglia un
fico. 58 istà fermo, e corre; e simile e sua amici: e 56 ha grande faccenda d'andare qua e là.
El fratello di 18 è in maggiore istato che mai; ed ha il mele a bocca, e 'rasoio a cintola; e
vanno le cose in modo che a me, ben ch'i' sia di poco intelletto, no mi parrebbe, in mentre
che sono questi viluppi, d'aprire nè bottega nè altro in questa terra, ensino che
Dissiti di 14,
Siàno a dì primo di febbraio, e sento che ieri si vinse alla prima la pitizione si misse nel
Consiglio del Cento; e ne fu cagione che questi principali si sono rappacificati en pochi dì
ensieme:
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 7 di febbraio 1465.
A dì primo fu l'utima mia; e ieri ebbi la tua de' 26 passato. Risposta.
Di 60 non è seguito dipoi altro, nè per 45 nè per altri. Ancora sono nel mio proposito, che
cerchi d'altro: hanne
Di 14
Entendo l'offerte che ti son fatte di volerti dare de' giovani; che se tu avessi le compagnie
di Cosimo,
Di Niccolò Soderini non ci è altro di nuovo; che se ne va all'usato. Egli stato fatto quel
poco onore che si può, e così a' compagni. Credo che abbia passione. Vada per quella
dètte già ad altri.
E' mi pare che della nipote di 53
Altre volte ti scrissi che Giovanni
Siàno a dì 8, e altro non ho di nuovo; che ci è gran trambusto di questo isquittino.
Ricordami ora di dirti, che Niccolò Ardingelli ti potrà pagare; chè si dice ha vinto bene
otto mila fiorini. Doverra'lo avere sentito alla tornata delle galee. La donna sua è qua, e
gode; che s'ha fatto di nuovo un vedistire
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 15 di febbraio 1465.
A dì 8 fu l'utima mia; e non avendo dipoi vostre, ho per questa manco a dire: ma solo fo
per darti avviso di quanto ho inteso del nipote di 57.
Del fatto di 33 per 45, non s'è fatto altro. El padre di 60 si sta sanza altro dirne. Ho detto a
13, che a ogni modo mi pare di parlarne con 58 di 60 e di 59, e vedere quello si può fare di
questo: chè sendo fuori di speranza di queste,
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 4 di marzo 1468.
A dì 18 del passato fu l'utima mia: ho dipoi dua tue de'XI e XXIII detto. Risposta.
Per altra ti dissi dell'essere di Lorenzo, della persona; e veggo ti dispiace che pigliando lui
el lattovaro, no gli faccia frutto. Pure avendolo di poi continovato, non è peggio che si
fussi quando te ne scrissi: chè della magrezza s'è al modo usato; ma è migliorato assai di
colore. È vero che, poi che fu quaresima, non è come mi pareva prima: ed è ragionevole;
chè questi cibi sono contradi a chi sente d'oppilato; e al continovo non si può estare a vita
iscelta o a latte di mandorle; che rincresce,
Di' che mettevi per espacciata la pratica di 25; perchè
volgendovisi 4,
Alfonso si sta pure con un poco di quello omore: è stato come guarito parecchi dì; e da
dua dì en qua è un poco rifigliato: non è però
La Maria di Ramondo è duo dì ch'ell'è venuta in Firenze: è malata: androlla a vicitare, e sì gli ricorderò e tua danari; e dandomegli, gli darò a Lorenzo, come mi di' ch'i' faccia.
Entendo per più tue quello di' della balia. per quest'altro che ha fare la Fiammetta. Lei gli pare, secondo che la dice a me, di trovare una balia di fuori col latte fresco: e anche a me pare; chè non si può sapere quanto Alfonso sarà a poppa; che secondo istarà della persona, secondo farete: e vogliendolo ispoppare a settembre, e recarvi l'altro in casa, ogni volta si troverrà balia: sì che per ora cerchiamo d'una balia qui presso a Firenze; che Iddio ce l'apparecchi buona.
Dell'errore del non essere ito a Monte più che fiorini 225, credo sia ritrovato, e Lorenzo te ne debba avere avvisato dov'è suto il mancamento.
La Fiammetta sta bene: el corpo cresce, ed è un poco aggravata della persona; che è
ragionevole. Sta bene per altro. Stassi volentieri en casa, ed io co lei al continovo; che
Di' che non ti pare di mandare ora Giovanluigi, e assegnine buone ragioni; ed è quello che tu di'; e conosco el fanciullo arebbe assai disagi: ma a me pareva quanto più tosto si levassi dalla madre, tanto più tosto si leverebbe el pensiero l'uno dall'altro. Lorenzo mi pare resterà contento non lo mandi ora.
Se' avvisato da Marco e da Lorenzo come venderono fiorini tremilacinquecento di Monte, di quegli dicevano in me; e io die' la parola, come per altra m'ha' detto ch'i' faccia: e così ho fatto.
La gravezza si scoperse: entendesti come la posta nostra non toccorono, e me crebbero que' fiorini escemò per l'altra. Sempre fu' asina, e sempre arò a portar la soma.
En questi dì ci è càpito Guasparre, genero di Iacopo degli Orsi. Venne el martedì sera, e
venerdì mattina si partì. Non ho inteso per che faccende si venissi; ma co
Cosimo
Non ti maravigli che Alfonso sia sì reo,
La Fiammetta si porta bene. 13 e 14, ognuno attende a fare e fatti sua; che sta bene. Non accade, altra risposta alla tua. Aspettiàno per Batista le frutte, che di' che mandi per lui.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 8 di maggio 1469.
A' 29 di marzo fu l'utima mia: ho di poi dua tue del primo e 12 del passato. Risposta.
En prima tu mi di' del fatto della donna, che Lorenzo ti scrive avere riferito Marco di
quest'utima pratica, e che gli amici ed io ne lo confortiàno : e quello ne di' ho 'nteso, e così
per altre tue. A che ti dico, che quando me ne ragionò nel prencipio, che non mi
dispiacque punto; e parevami che, ben che ci fussi delle parti che fussino d'alcun carico,
che ce ne fussi anche delle buone: e però ti scrissi. Dipoi, veduto la risposta che tu mi
facesti, i' ne stetti sopra di me, e no ne lo confortai; e stetti un pezzo, ched io no ne
ragionai a lui nè lui a me. Dipoi, avendo da loro che ci venivano volentieri
Di' che non mi raccomandi la Fiammetta, perchè sai non bisogna: e così è il vero; chè fo inverso di lei più che non farei a una delle mie figliuole. E così si fa guardia d'Alfonso, quant'è possibile: è un pericoloso fanciullo; va sopra di sè, e sta magruccio, ma pure è forte della persona. La Fiammetta fece la fanciulla, e partorì bene; ed è per ensino a questo dì sana; e sta meglio che non fè in Alfonso. Iddio, lodato.
Lorenzo ebbe poco che fare
Mon'Antonia venne, come fusti avvisato. Andammola a vicitare, e volemmola levare di 'n
sull'abergo: e perchè era in compagnia della donna di messer Giovanni Bentivogli, non si
volle partire da lei. Giunse il dì a ore 20, e l'altra mattina cavalcò. Fecigli offerte di danari
o d'altro, che avesse di bisogno. E così senti' avea fatto Lorenzo. Aspettiàlla di ritorno a dì
12; e se ci soprastarà. niun dì, farèno a ogni modo i stia qui en casa, e farogli quello onore
ci fia possibile di fare: e la Fiammetta fia di tre settimane di parto, che sarà fuori del letto:
sicchè farèno nostro isforzo. Non m'è
Dissi a Lorenzo che t'avvisassi come mona Lucrezia di Piero invitò duo volte la Fiammetta
alle nozze, prima ch'ella facessi la fanciulla. Risposi, che l'avesse per escusata, ch'ella aveva
a fare il fanciullo; e che perventura lei sarebbe in parto. Dipoi, come sentì ch'ella l'ebbe
fatto, ella ci rimandò, che 'n ogni modo la voleva, e che non si gli dicessi di no. Ella non ha
voglia d'andarvi, e a me non pare ch'ella debba andare. La prima, perchè tu non ci se';
l'altra,
E la mi dice la Fiammetta ch'io ti scriva, ch'ella vorrebbe farsi una giornea di
saia nera melanese per questo San Giovanni, e che tu ordinassi a Lorenzo che gliele
levassi.
A Filippo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì 14 d'aprile 1470.
A questi dì passati ho 'vuto più tue lettere, per le quali mi di' della tua partita di costà, e secondo mi di' per l'utima tua de' 30 del passato, che fia a mezzo, questo, e che ne verrai a Roma: che Iddio v'accompagni. E più ho 'vuto lo 'nventario d'una balla di panni, e lino, e greco, che mandi per la via di Pisa. Questi non sono ancora compariti: non mi pare di mandargli a Lari, chè sare' di noia assai; e non sendovi cose nuove, non v'è troppa gabella di panni: el greco si. pagherà in ogni modo; e 'l lino è poca gabella. Quello che mandasti per Biagio, cioè un paio di forzeretti e 'l lino, abbiàno secondo lo 'nventario riscontro, e tutto istà bene. Faciemone quanto tu ci ordinasti.
Di' che arai a mente di pigliare forma e modo della schiava; che mi piacerà.
Se Lorenzo è provvisto delle cose arà di bisogno, ha fatto bene.
Della biada, cioè della spelda, n'ho comperata da diciotto estaia soldi 9 lo staio, e mille dugento covoni di paglia d'orzo: ècci cara, che vale più di soldi 10 el cento; chè è rincarato il grano soldi 20 lo staio: chè è la ventura nostra, che sempre ci abbattiàno a comperare quando le cose rincarano. Così farèno del vino per la state; che per noi ne bisognerà comperare parecchi barili. E rispetto il gran freddo ch'è stato, ed è ancora, le viti non mettono; e dicono che assai ne secca: sì che è rincarato. Sono degli altri nostri provvedimenti. Iddio vi dia pur grazia torniate sani. E se non hai mandato di quella polvere da nettare ariento, non ne fo caso, perchè son certa n'arete qua pel bisogno. Io v'ho fatto fare in quella casa dirieto una mangiatoia e rastrelliera en su 'l pulito, che vi starà alla larga tre cavagli. Sì che venite a vostra posta; e avvisateci a punto quando ci credete essere, a ciò che mettiàno in punto per voi quello che fia di bisogno.
Alfonso e noi altri siamo sani.
Arete sentito delle novità seguite di qua. E 'n prima, duo volte rotto le Stinche,
cioè le
Tutti i documenti, cominciando dalle Lettere dell'Alessandra, sono stati presi dall'Archivio di Stato, e segnatamente dalla preziosa raccolta Strozziana. Citar ogni volta filza e carte, m'è parso inutile. Alla pagina 148, verso 16, va corretto in 1483 il 1499; e alla pagina 315, nota 1, invece di Niccolò Strozzi s'intenda il 47 per il re Ferdinando di Napoli; così essendomi potuto chiarire in seguito. E questa delle cifre m'è stata impresa difficile; nè di tutte ho saputo trovare la chiave. Quello che ho detto nella nota 4 alla pagina 313 starebbe anche per altri riscontri, cioè che il 32 fosse Piero de' Medici; se non si trovasse poi a pag. 373 un fratello di 32: cosa che nel 1465 non poteva essere, avendo Piero un solo fratello, già morto fino dal 63.