Banti, Anna (1895-1985)

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Anna Banti nasce a Firenze da genitori di origine calabrese, nel 1895; qui trascorre un'infanzia felice e solitaria, in quanto figlia unica, scandita da lunghe conversazioni in francese con il padre, borghese formatosi nel panorama culturale ottocentesco, che influenza la giovane Anna con quelli che diventeranno i suoi modelli narrativi: Balzac, Manzoni, Verga e Proust. Si laurea in Storia dell'arte con una tesi su Marco Boschini, scrittore d'arte del ‘600, e proprio durante gli studi universitari incontra Roberto Longhi, celebre studioso, prima suo docente e poi marito, maestro e mentore della sua formazione personale e professionale.

Il contesto dell'arte resterà uno dei fulcri del suo itinerario creativo, e questo non solo perché redigerà biografie di carattere specialistico (su Lorenzo Lotto, Claude Monet, Giovanni da San Giovanni, Matilde Serao...) ma proprio poiché la contaminazione con il mondo dell'arte, con l'autobiografismo trasporto e con il tema della donna, plasmeranno una tipologia descrittiva e creativa inconfondibile nel panorama letterario del Novecento.

Si deve al suo esordio di narratrice con Itinerario di Paolina del 1937, l'utilizzo dello pseudonimo Anna Banti a discapito del nome da fanciulla Lucia Lopresti, scelta dovuta, come si legge in un'intervista del 1981 per evitare di coinvolgere l'allora già marito Roberto Longhi nei propri esperimenti letterari. Il primo scritto narrativo, per l'appunto Itinerario di Paolina, può essere definito come un testo a metà tra il romanzo e il racconto, nato in un periodo di forte sperimentalismo e dunque indirizzato verso modelli strutturali nuovi. La narrazione infatti non ha uno sviluppo cronologico, ma si compie attraverso tredici capitoli, nuclei tematici a sé stanti, la cui congiunzione va a generare l'asse temporale del racconto. Immediata prosecuzione di questo scritto, sarà il romanzo Sette Lune edito nel 1941, dove la protagonista Marisa Alessi riprende le vicende interrotte dall'eroina di Itinerario di Paolina. L'importanza di Sette Lune nell'intera produzione bantiana, sta nell'assunzione incondizionata della terza persona, che esplica pienamente la liberazione dal passato come tempo personale, verso la scelta di narrare il fatto supposto rispetto a quello vissuto.

Il femminismo di Anna Banti si definisce nella scelta di parlare di donne incasellate nella loro vita a senso unico di madri e mogli, manifesti di una rivolta verso un destino precostituito; sono eroine dipinte nella loro infelicità, perché chiuse nell'attesa di avvenimenti esterni che possano destarle, o continuamente in fuga dal loro destino. Le donne bantiane sono donne "contro": contro padri, mariti, amanti che spadroneggiano sulle loro vite fino a ridurle al vuoto, all'abbandono del proprio talento, al suicidio, alla fuga. Sono donne contro la memoria dimenticata, che non può renderle immortali, come invece avviene per i loro mariti, e come viene celebrato nel testo Le donne muoiono (1951).

Consacrazione più elevata di questa tensione, è Artemisia (1947) che narra la storia della pittrice seicentesca Artemisia Gentileschi, donna talentuosa costretta ad un'esistenza di solitudine e diversità, innanzitutto in quanto donna, e maggiormente perché virtuosa.

Si dovrà attendere in 1953 per avere il terzo romanzo della nostra autrice, Il bastardo che in realtà sarebbe stato contemporaneo ad Artemisia se non fosse andato perduto e dunque riscritto. Da questo momento la produzione si articolerà non più su singoli protagonisti, ma tenderà a rivolgersi ai costumi e comportamenti di singoli spaccati di società (Allarme sul lago 1954; La monaca di Shangai e altri racconti 1957; Le mosche d'oro 1962; Campi Elisi 1963).

Si deve arrivare al 1981 per trovare nella eterogenea produzione di Anna Banti, un altro romanzo, facilmente considerabile come una trasposizione biografica in chiave narrativa: stiamo parlando di Un grido lacerante, opera ultima della Banti ormai ottantaseienne. Qui si profila il compimento narrativo di un mito che ha accompagnato l'autrice durante tutta la sua vita, ovvero come dice Testori, l'essere nata critico e costretta, per così dire, dagli eventi a farsi narratore.

Non possiamo infatti notare, come accanto a questa numerosa produzione narrativa, Anna Banti si sia distinta come critica, d'arte e di cinema, tramite la redazione di numerose biografie (Fra Angelico 1953; Lorenzo Lotto 1953; Diego Velásquez 1955; Claude Monet 1956; Opinioni 1961; Matilde Serao 1965; Giovanni da San Giovanni, pittore della contraddizione 1977), oltre alle svariate traduzioni di testi inglesi e alla nascita della rivista letteraria "Paragone", fondata nel 1950 nella duplice veste di Arte e Letteratura, assieme al marito Roberto Longhi, per celebrare ancora una volta la commistione di queste due matrici culturali di una delle più importanti icone del panorama intellettuale del Novecento italiano.

Fonti:

  • Contini, Gianfranco. Anna Banti. In Letteratura dell'Italia unita. 1861-1968. Firenze: Sansoni, 1968.
  • Corti, Maria. Metodi e fantasmi. Milano: Feltrinelli, 1969.
  • Biagini, Enza. Anna Banti. Milano: Mursia, 1978. s.v. "Banti, Anna". In Dizionario critico della letteratura italiana. Vol 2. Torino: Utet, 19862.
  • Guerricchio, Rita. I racconti di Anna Banti. In "Paragone Letteratura", dicembre, XLI, 1990.
  • Nava, Giuseppe. I modi del racconto nella Banti. In "Paragone Letteratura", 516-518, 1993.
  • AA VV. L'opera di Anna Banti. Atti del convegno di studi. Firenze: Olschki, 1997.

Submitted by Carmela Pierini, Università Cattolica di Milano, 2010.


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