Cristina Trivulzio di Belgioso (1808-1871)

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Cristina Trivulzio di Belgioioso è conosciuta in patria soprattutto come personaggio originale, la cui vita avventurosa e tormentata si è prestata alla formazione di leggende, storie e pettegolezzi, più o meno veritieri, e poco o nulla come scrittrice prolifica, arguta ed intelligente. Esule dall'Italia vissuta a lungo in Francia ha scritto soprattutto in francese, ragione per cui gli italiani non hanno avuto notizie del suo lavoro. In qualche modo, seppure le loro vite furono diversissime, Cristina si può avvicinare ad un'altra italiana che in Francia visse e lavorò e scrisse alcuni secoli prima: Christine de Pisan.

La nostra Cristina era una donna particolarmente intelligente, troppo singolare, troppo ricca, troppo indipendente per incontrare l'approvazione dei suoi contemporanei e di molti storici successivi. Il suo stile di vita era totalmente dissimile da quello suggerito ad ogni 'brava italiana', la quale avrebbe dovuto solo dedicarsi alla famiglia, alla vita domestica ed essere una buona moglie devota, indipendentemente dai capricci del marito, secondo quanto suggerito da una limitata mentalità provinciale. La Belgioioso incarnava, in modo forse anche eccessivo ed appariscente, il ruolo della donna nuova, della femme politique, attorno alla quale si raccoglieva un salotto di politici e intellettuali. Il nuovo modello femminile era stato previsto da due personaggi che non potevano essere più diversi: Charles Fourier, e il conte di Saint- Simon, ed aveva trovato la sua incarnazione inGeorge Sand.

Nei confronti di questa "donna nuova" l'atteggiamento di un altro intellettuale dell'epoca, Honoré de Balzac era alquanto ambiguo, ricordava che la sua partecipazione nella società era limitata alle "virtù di moglie e di madre" ma ammetteva che poteva infrangere i sacri vincoli solo in nome di una grande passione. Qualsiasi donna che si fosse spinta fuori degli schemi previsti era da ritenersi una minaccia. Lo scrittore, tuttavia, era favorevole all'istruzione femminile, soltanto una donna colta poteva apprezzare i suoi lavori. Secondo Balzac le donne dovevano studiare e perfino scrivere, a patto che bruciassero i loro lavori.[1] La principessa italiana non rientrava nei suoi schemi, scrisse di lei "C'est une courtisane ... mais horriblement bas-bleu".[2] Aveva lasciato il marito, ma non per una inarrestabile passione amorosa, studiava e si ostinava a scrivere senza bruciare le sue carte e "...con tutto il rispetto per i Listz i Mignet e tutti i suoi capricci, lei è dell'epoca di Luigi XV". In realtà la principessa italiana era un misto della 'donna nuova' e della grande dame del secolo XVIII che era stato il secolo d'oro di donne intellettuali soprattutto padrone di se stesse. Balzac con la sua ironica considerazione faceva un grande complimento a Cristina.

La principessa ebbe anche molti ammiratori ed estimatori, fra gli altri Henri Heine, inviso ai suoi compatrioti, al quale Cristina, generosa come sempre, non fece mancare aiuto. Il poeta rimase a lungo tra gli amici più cari e devoti della bella italiana, tanto da porla tra le glorie italiane più illustri come Rossini e Raffaello.[3]

Di fatto le 'stravaganze e i comportamenti 'originali' di Cristina possono trovare una spiegazione nel suo stato di salute e nelle cure, più o meno appropriate, che le furono somministrate. La salute di Cristina non era mai stata molto florida, sin dalla prima giovinezza sembra aver sofferto dei sintomi di quella che in seguito verrà diagnosticata come epilessia.[4] L'epilessia era una malattia ancora non ben conosciuta alla metà del XIX secolo ed era collegata con cause infamanti o quanto meno poco lodevoli, era certamente l'ultima diagnosi che i medici avrebbero fatto nel caso di una giovanetta di così nobile casato. La malattia era considerata infamante ancora nel 1936 quando Malvezzi pubblicò la sua opera monumentale dedicata alla nostra eroina. Senza mai nominare il male dal quale era affetta si limita a scrivere in una nota che era affetta da una forma di isterismo i cui sintomi erano simili a quelli dell'epilessia. Cristina , invece, più volte nelle sue lettere accenna apertamente al male che la affliggeva. Solo a partire dal 1841, quando incontrò il medico Paolo Màspero, con il quale terrà un carteggio molto intenso,[5] sarà curata con qualche successo. Màspero per lunghi periodi la seguì affettuosamente, prescrivendole medicine e riposo, ma anche decotti di muschio e di varie altre erbe. Grazie a lui la principessa poté godere di lunghi periodi di sollievo.

Cristina era affetta anche da un non comune acume politico unito alla capacità di comprendere gli eventi e il carattere delle persone, ed aveva l'abitudine di esprimere la sue opinioni apertamente; queste caratteristiche furono tra le cause, a nostro parere, delle non poche critiche rivolte alla sua persona e alla sua attività.

I primi anni

Cristina nacque nel 1808 a Milano dal marchese Gerolamo Trivulzio e da Vittoria Gherardini. Il marchese Trivulzio morì nel settembre del 1812, Cristina ereditò il patrimonio paterno divenendo una ricchissima ereditiera. La contessa Vittoria qualche anno dopo sposò Alessandro Visconti d'Aragona, vedovo a sua volta e padre di quattro figli: Alberto, Teresa, Giulia e Virginia. Cristina fu educata in casa con i fratellastri.

La persona che maggiormente influenzò la fanciulla e conservò su di lei un forte e positivo ascendente per tutta la vita fu Ernesta Bisi,[6] la sua maestra di disegno. Alla sua opera si deve l'iconografia di intere generazioni di lombardi. Ernesta già amica della contessa Visconti Venosta, divenne amica della giovane figlia e lo rimase per tutta la vita. L'artista era di idee decisamente liberali, a lei si deve l'incontro di Cristina con un ambiente politico e con idee che ne dovevano segnare per sempre la vita. Per altro Cristina aveva respirato in casa aria di fronda nei confronti del regime austriaco.

La morte del marchese Trivulzio non aveva inciso di molto sull'atteggiamento politico della famiglia e su quello delle autorità austriache. In casa Visconti Venosta si svolgeva una intensa attività mondana che, in verità, serviva anche da schermo a frequenti ed intensi incontri di carattere politico. Nel salotto si tenevano conciliaboli patriottici e si formavano movimenti per sostenere l'indipendenza dagli stranieri. Alessandro Visconti partecipava attivamente ai lavori della Federazione fondata da Federico Confalonieri che propugnava idee liberali insieme alla liberazione dell'Italia dal dominio straniero. Nel 1821 il marchese, "uomo di non profondo ingegno", secondo la relazione della Commissione di prima istanza alla direzione di Polizia, fu arrestato, con accusa di alto tradimento, internato per anni nella Casa di correzione a Porta Nuova. e posto in libertà provvisoria nel 1823; uscì da quella esperienza fiaccato moralmente e fisicamente, afflitto nel carattere da periodi di eccitazione alternati a periodi di depressione che ebbero ripercussioni infelici su tutta la famiglia.

Nel 1824, a Belgioioso, Cristina sposò il principe Emilio Barbiano di Belgioioso-Este, coinvolto con altri giovani nei movimenti irredentisti clandestini. Era bellissimo, mondano, molto amante delle donne e da esse riamato. La sedicenne Cristina se ne invaghì e volle sposarlo contro le obiezioni e le preoccupazioni della famiglia e della società milanese che considerava il matrimonio fra la giovanissima ereditiera ed il già dissoluto giovane principe un terribile errore, quasi uno scandalo.

Alla disapprovazione della società bisogna aggiungere quella del governo che teneva d'occhio 'l'allieva della Bisi' e suo marito sospettato di simpatie liberali già prima del matrimonio. Quanto alla giovane sposa cominciò a prendere forma quella che diverrà la 'leggenda' di Cristina, con la storia della sua iscrizione alla società segreta: si sarebbe associata alla Carboneria subito dopo il matrimonio divenendo una 'giardiniera';[7] si narrava che piena di entusiasmo si aggirasse per la città, anche di notte vestita da 'lazzarone', alla ricerca di proseliti. Si favoleggiava di numerosi scontri con la polizia e che, talvolta, avrebbe fatto addirittura ricorso al coltello per difendersi dalle aggressioni.

La giovane principessa coltivò l'amicizia con Teresa Casati Confalonieri, amica anche di sua madre e fece la conoscenza di Bianca Milesi Moyon[8] e della inglese Anna Woodcock, in seguito moglie di Carlo Cattaneo. La signora Woodcock, la cui amicizia era considerata compromettente dalla polizia, visitava spesso la villa di Affori, residenza della contessa Visconti Venosta, dove Cristina si recava assiduamente anche dopo il matrimonio.

Il discusso matrimonio fin dall'inizio era apparso poco stabile e molto poco felice. Nel 1828 seguì una separazione formale, sebbene non legale, che non impedì ai coniugi rapporti di amicizia che resteranno tali per tutta la vita. Cristina per ottenere la separazione si era assunta l'onere della estinzione dei debiti del marito, condizionando i pagamenti al rispetto degli accordi, dimostrando una accortezza che ci dà la misura di un carattere deciso, forse impulsivo ma anche prudente.

Dopo la separazione Cristina iniziò una vita errabonda, in cerca di residenze più confacenti alla sua incerta salute e in parte per allontanarsi dall'ambiente milanese che non vedeva di buon occhio la giovane principessa: contro il parere di tutti aveva voluto sposare un uomo dal quale poi aveva voluto separarsi.

La prima tappa del lungo peregrinare di Cristina fu Genova dove fu accolta con calore dalla società locale, mentre è dubbio che in quella città si sia impegnata in attività politiche. Tuttavia i legami con 'note sovversive', come Bisi e Milesi, tenevano desta l'attenzione della polizia. Inoltre la sua situazione finanziaria divenne precaria a causa del blocco delle rendite effettuato a Milano dalle autorità austriache.

Da Genova si recò a Roma, città che la entusiasmò. Qui frequentò il salotto della regina Ortensia di Beauharnais, sorella dell'ex Viceré d'Italia, Eugenio. Il salotto di Ortensia era considerato il cuore della cospirazione: in questo ambiente la iniziazione politica e l'impegno patriottico di Cristina crebbero e si rafforzarono. Un altro frequentatore del salotto, lord Malmesbury, scrive che "la Belgioioso era a capo delle cospiratrici", alle quali si aggiungeva anche la contessa Teresa Guiccioli. È possibile che proprio a Roma la principessa si sia associata alla Carboneria, come altre nobili dame dell'epoca.

Dopo un breve soggiorno a Napoli, dove aveva sperato di trovare un ambiente e un clima favorevoli alla sua salute, ritornando verso il nord Cristina sostò a Firenze, considerata la città più gaia e tollerante grazie alla politica del duca di Toscana. Qui la nostra viaggiatrice incontrò un grande successo personale, specialmente tra i diplomatici stranieri. Da Firenze Cristina si recò a Ginevra, città rinomata per le sue istituzioni mediche, dove si raccoglieva un ambiente cosmopolita in cui si radunavano personalità politiche e di pensiero di fama europea: provenivano da Francia, Italia, Spagna, Polonia, Germania e Inghilterra, molti si raccoglievano attorno allo storico- economista Jean Charles Simonde de Sismondi.

La Francia, appena uscita dalla rivoluzione del luglio 1830 aveva acceso le illusioni e le speranze dei fuoriusciti; la nostra eroina, ormai esule, era fra questi. Nonostante il continuo controllo della polizia, riuscì a passare in Francia con una rocambolesca fuga che divenne uno dei topoi della leggenda di 'principessa romantica'. Prima di raggiungere Parigi sostò in più località: ad Hyères, nella casa estiva del suo medico ginevrino, a Tolone, dove venne informata del fatto che il principe di Metternich aveva fatto pronunciare la sua 'morte civile' con conseguente sequestro dei beni; l'editto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale venne affisso ai cantoni delle strade milanesi.

A Carquerainne in casa del dottor d' 'Espine conobbe Augustin Thierry che da tempo desiderava incontrare la giovane esule. Lo storico dall'età di ventinove anni era divenuto infermo e storpio e stava perdendo la vista. Non vide mai la sua amica in volto ma fu conquistato dalla sua arguzia, intelligenza e sincerità. Quando incontrò Cristina aveva trentacinque anni, lei ne aveva ventidue, ne nacque una amicizia che durò per venticinque anni. Thierry divenne il suo cher frère, dalle loro conversazioni riuscì rafforzata la fede di lei nella libertà dei popoli e nella lotta per conquistarla.

A Lione la principessa entrò in contatto con i centri più importanti della emigrazione; in seguito, a Marsiglia, conobbe i personaggi più influenti della Carboneria che vivevano nella città. Quando giunse la notizia della insurrezione di Modena fu immediatamente decisa una spedizione di appoggio, Cristina si offerse di finanziare l'impresa con la notevole somma di trentacinquemila lire austriache, ricavate dalla vendita dei gioielli. Purtroppo i patrioti impegnati nell'impresa furono dispersi dall'esercito francese ancora prima di raggiungere il confine: era il 25 febbraio del 1831.

Gli anni parigini

Giunta a Parigi, con poche centinaia di franchi, alcuni effetti personali e un unico domestico al seguito, prese alloggio in una abitazione modesta. La descrizione dei primi tempi di vita trascorsi nella indigenza con la necessità di procurarsi denaro, magari dipingendo, e di provvedere alle personali necessità quotidiane è resa con uno spirito che fa fede del senso dell'umorismo di Cristina. Anche per guadagnarsi da vivere, dato che il suo patrimonio era stato congelato, iniziò la carriera da giornalista, il giornale liberale Constitutionnel la assunse per scrivere sulla politica italiana

La società parigina la accolse subito con affetto e simpatia, grazie alla protezione di madame Recamier, della duchessa di Broglie e del generale Lafayette. L'ormai vecchio eroe rimase per sempre un amico fedele, affettuoso e devoto, rappresentò sempre un punto fermo nella tormentata vita della principessa. Le aprì non solo le porte dei salotti parigini ma la introdusse nei meandri della politica sollecitando e svelandole le sue stesse doti naturali, come la capacità di destare interesse per le proprie idee, la sua utilità per gli altri e il sapiente uso della retorica.

La posizione sociale dovuta ad un antico lignaggio, ben noto in Francia, la singolare bellezza, l'eroica opposizione al marito e all'imperatore d'Austria, l'amore per la patria e la opera appassionata per liberarla contribuivano ad accendere interesse e fantasie. Tuttavia la insolita bellezza, caratterizzata da una estrema magrezza in contrasto con l'opulenza delle donne dell'epoca, il singolare pallore della carnagione, da qualcuno definita spettrale, la insolita foggia del vestire, l'arredamento della casa, ben diverso dallo stile imperante nella capitale francese, anche in questo la principessa italiana manifestava la sua indipendenza e il suo anticonformismo, e gli interessi intellettuali provocarono commenti non sempre benevoli da parte di alcuni critici che coniarono l'epiteto di princesse romantique che da allora la avrebbe seguita e un po' perseguitata. Grandi dame le furono amiche e alcuni illustri gentiluomini si innamorarono di lei.

La principessa era giunta nella capitale francese con una lettera di presentazione di Adolphe Thiers per Fran*ccedil;ois Mignet.[9] Questi, ancora giovane, aveva già una consolidata fama di studioso di storia e scienza politica che lo rendevano molto influente presso il governo francese. L'austero, irreprensibile studioso, fu subito preso dal fascino della principessa italiana e se ne innamorò. Fra le beau Mignet et la belle princesse nacque una relazione che doveva durare, con fasi alterne e modi diversi, per tutta la vita.

Mignet non fu solo un grande amore, fu anche una guida che diede orientamento e sostegno agli studi e agli interessi della Belgioioso. La casa della affascinante esule divenne poco a poco un centro di incontri tra personaggi dominanti nel mondo della cultura e della politica. Vi si incontravano Alexandre Dumas, Alphonse Lamartine, Victor Hugo, Stendhal, Guglielmo Pepe, Pellegrino Rossi. Nella sua casa trovarono sempre ospitalità gli esuli italiani, a tutti offrì sempre sostegno ed aiuti di ogni genere: fra questi figura Carlo Cattaneo,.

In Italia il Tribunale Criminale, in data 24 luglio 1833, dichiarava indiziata di alto tradimento la principessa di Belgioioso e decretava contro di lei l'inquisizione e l'arresto con l'accusa di aver sostenuto finanziariamente la prima spedizione in Savoia. Alcuni anni dopo la principessa, rientrata in possesso dei suoi beni, andò a vivere, in rue d'Anjou, in una nuova residenza che divenne presto uno dei più importanti punti di riferimento della militanza culturale parigina; la padrona di casa si era scelta il nome di Uranie. La settimana del suo salotto era scandita da diversi appuntamenti. Il mercoledì era riservato alla musica, il sabato alla letteratura, alla storia, alla politica. I frequentatori del suo salotto si moltiplicavano, francesi e italiani esiliati in Francia, tra questi :Balzac, Alfred de Musset, Henri Heine, Villmain, Gioacchino Rossini, Victor Cousin, Vincenzo Bellini, Victor de Laprade, Franz Listz. Il musicista ungherese era giunto a Parigi molto giovane con una lettera di presentazione per la principessa nota per la sua competenza musicale.

Lo stile di vita, la personalità e l'aspetto della principessa italiana trovavano molti ammiratori e qualche critico. L'estremo pallore della sua pelle era considerato splendido da Heine, ma contribuiva alla fama della definizione di marquise romantique affibbiatale da Theophile Gautier, autore di una celebre caricatura di Cristina, la signora sopravvisse facilmente alla malevola ironia dei suoi detrattori.

Il 23 dicembre del 1838 a Versailles nacque la figlia Maria; la sua nascita rimane un evento se non misterioso certamente poco chiaro, sembra ormai accertato che il padre fosse Mignet: tuttavia la principessa, dopo una lunga battaglia legale, riuscì a farla riconoscere come figlia del marito, dimostrando che all'epoca della sua nascita vivevano insieme. Da tempo aveva messo a disposizione del marito un appartamento accanto al suo dove Emilio abitava durante i soggiorni a Parigi. I due coniugi- non coniugi vissero una vita apparentemente comune, reciprocamente indipendente, improntata ad un sostanziale rispetto e forse amicizia.

Nella primavera del 1839 Cristina tornò a Parigi riaprendo la casa ma, delusa dalla politica, trasformò il suo salotto in un centro quasi esclusivamente culturale ove la musica aveva una parte preponderante, qui fu eseguito per la prima volta l'Exameron.[10] Il livello dei concerti era .tale che lo stesso Liszt li segnalò sulla Gazette Musicale; al musicista Cristina fu sempre legata da una amicizia così intensa da ingelosire non poco madame d'Angoult.[11] La casa riprese ad essere frequentata dagli artisti ed intellettuali più in vista tra cui Musset che si innamorò perdutamente di Cristina provocando, a quel che sembra, la gelosia di Mignet.

Il ritorno in patria

Nel 1838, in seguito ad una amnistia generale, Cristina partì per la sua prima visita in Italia dai tempi dell'esilio, l'anno successivo tornò a Italia per restarvi. Si stabilì nell'antico feudo trivulziano di Locate, a pochi chilometri da Milano.

Partecipò attivamente alla vita del posto dove si sentiva molto amata oltre che stimata come educatrice e maestra. A partire dal 1844-45 si impegnò in molteplici attività: tentò di costruire un grande edificio destinato ad essere un "orfanotrofio rurale" e inviò una lettera circolare ai possidenti del posto, sollecitandone l'interessamento in favore dei minorenni orfani: non riuscì ad ottenere alcuna collaborazione. Creò, invece, uno "scaldatoio", un locale molto grande per ospitare poveri, anziani in difficoltà economiche e contadini bisognosi; il locale era aperto dall'alba alla mezzanotte ogni giorno, durante la permanenza degli ospiti Cristina faceva letture che riteneva adatte a loro e li impegnava in una preghiera collettiva; i contadini trovavano qui minestre calde a mezzogiorno e alla sera, pagando la cifra simbolica di dieci soldi. Istituì anche la "Scuola per l'infanzia" per bambini dai due a sei anni, i quali ricevevano gratuitamente istruzione, nutrimento e vestiti; ed infine creò una "Scuola per lavori femminili" per ospitare giovinette alle quali venivano impartite una educazione artigianale ed istruzione. Risale a quegli anni la redazione del libro Premières notions d'histoire à l'usage de l'enfance. Histoire romaine, per insegnare ai bambini le prime nozioni di storia romana.[12]

Nelle numerose iniziative ed attività di Locate Cristina mostrò non comuni doti di organizzatrice, una energia vitale che contrastava con l'aspetto fragile, con la salute malferma, e con la leggenda della principessa romantica persa negli intellettualismi o negli irrealizzabili sogni patriottici. Le iniziative rivoluzionarie di promozione sociale e riscatto dei più poveri provocarono le razioni dei molti conservatori lombardi: Alessandro Manzoni chiederà notizie "della mania di quella signora di diffondere l'istruzione ne' suoi contadini ... quando saranno tutti dotti a chi toccherà coltivare la terra?".[13] Si guadagnò anche la stima e l'approvazione dei pochi progressisti. In primavera, pur dopo un inverno particolarmente rigido, Cristina era riuscita a dare alla sua proprietà la forma di una autentica comunità, quasi un falansterio, sulle orme delle utopie fourieriste. Vi erano laboratori per pittori, restauratori, rilegatori, quattro scuole, lei stessa prese a studiare il greco.

Nonostante il forte impegno sociale ed educativo, non aveva abbandonato gli studi e continuava a lavorare sui temi che più la appassionavano. In particolare si dedicò con più intensità allo studio della filosofia e della teologia da cui scaturì il Saggio sulla formazione del dogma cattolico, per il quale ottenne l'ambita approvazione di Mignet e meritò un elogio da parte di Sainte-Beuve.

Nel 1844 furono pubblicati a Parigi e a Milano un Saggio su Vico e la traduzione in francese della Scienza Nuova con la quale la principessa rendeva in un linguaggio chiaro e con prosa la più limpida possibile la divulgazione della complessa opera; era la prima traduzione completa in francese e rimase l'unica sino al ventesimo secolo inoltrato, L'opera è tuttora edita da Gallimard.[14] Giambattista Vico era considerato il genio filosofico del Risorgimento italiano, la principessa di Belgioioso aveva fatto del 'vichismo' il suo vangelo rivoluzionario e si sforzò di divulgarlo. Soprattutto la interessava la teoria del vero che si converte nel fatto, perché vi riconosceva la realizzazione del successo patriottico. Contemporaneamente si rinsaldarono i legami d'amicizia con Thierry che diede luogo ad un consistente carteggio.[15] Tra di loro si consolidò un rapporto profondo che si protrasse per lunghi anni anche grazie alle annuali visite di Cristina a Parigi dove l'accorta principessa aveva acquistato una proprietà in rue de Montparnasse, da dedicare parte ad uso personale e parte per speculazione, come scrisse a Thierry. Listz fu in contatto con lei per l'acquisto di un terreno ove costruire una casa. La stessa Cristina si dedicò subito alla costruzione di una residenza mentre continuava ad occuparsi della Gazzetta Italiana,[16] di cui aveva assunto la direzione, che le causava non pochi problemi di natura finanziaria ed editoriale. La Gazzetta si poneva lo scopo di propagare le idee liberali e per far fronte alle esigenze economiche Cristina, dietro suggerimento di Thierry, la trasformò in un mensile che prese il nome di Rivista Italiana per divenire in seguito l'Ausonio. Nel 1846 Manzoni scrisse per la rivista la Lettera sul Romanticismo che divenne un documento famoso, Massimo D'Azeglio contribuì con La sentinella del Campidoglio, oggi irreperibile. Terenzio Mamiani, invece, rifiutò di far parte della redazione perché il giornale era diretto da una donna.

La instancabile principessa diede vita anche ad una pubblicazione periodica, Studi sulla storia d'Italia in due edizioni, una in lingua francese, un'altra in lingua italiana. Gli interessi di Cristina, infatti, non si non si limitavano al giornalismo ma si estendevano alla storia; a Thierry scrisse più volte del suo nascente interesse per la formazione dei municipi lombardi; si diceva determinata a scriverne una storia desunta da fonti primarie. Questo enorme carico di lavoro ebbe ripercussioni sulla sua salute, si ripresentarono i sintomi della epilessia, che non sempre riusciva a tenere a bada, faceva un uso forse eccessivo di calmanti e sedativi che contribuirono non poco a creare la fama di persona bizzarra.

Il 1846 fu un anno difficile, Gaetano Stelzi, il segretario che qualcuno le attribuiva come amante, si ammalò gravemente, costretto a lasciare la sua attività si recò nel napoletano, per godere di un clima più confortevole. Cristina invece divenne bersaglio di violente invettive a causa di un libro, Etudes sur l'histoire de la Lombardie dans les trente dernières années, ou causes du défaut d'énergie chez les Lombards. Il libro era apparso senza il nome dell'autore ma nessuno ebbe dubbi sulla autrice, la Principessa di Belgioioso.

Le ragioni dell'ostilità verso l'opera e verso la presunta autrice stavano nell'aspro giudizio espresso sul protagonista: Federico Confalonieri la cui sbadataggine e leggerezza, dopo la fallita cospirazione del 1821, aveva compromesso molti altri, fra questi il patrigno di Cristina. Il personaggio viene descritto come uomo facile ad esaltarsi ma privo di idee chiare e ferme, le sue incongruenze e improvvisazioni, sul fondo di un orgoglio sconfinato, lo rendevano inadatto a guidare un movimento rivoluzionario. Cristina scrisse e pubblicò ciò che altri scrivevano nelle corrispondenze private; gli storici del Risorgimento, che di Confalonieri avevano fatto un eroe-martire, non la perdonarono, e forse non la perdonano tuttora.

L'anno successivo si presentò sotto migliori auspici. A Parigi, nella ormai completata casa di via Montparnasse, riaprì il suo salotto, che divenne il rifugio di tutti gli italiani esiliati e proscritti presenti in città, questi la tenevano informata dei movimenti si che moltiplicavano in Italia nella lotta per la libertà e l'unificazione.

Gli avvenimenti del 1848

Agli inizi dell'anno un vento di riforma prese a soffiare sulla penisola. Palermo si ribellò e il re di Napoli concesse una Costituzione sul modello di quella promulgata da Carlo Alberto due settimane prima per il Regno di Sardegna. Cristina corse a Napoli dove fu accolta come trionfatrice. Nella città partenopea continuò ad occuparsi con fervore della pubblicazione dell'Ausonio mentre progettava la creazione di un 'giornale popolare', bisettimanale. In una lettera a Thierry, del mese di marzo, annunciava festosamente l'uscita del primo numero del nuovo giornale con il nome di Nazionale.

Intanto a Vienna, in seguito ad una rivolta dei costituzionalisti, cadeva il ministero Metternich, e Milano si sollevava, durante le memorabili giornate dal 17 al 23 marzo, contro gli austriaci. Cristina, sempre entusiasta e non aliena da iniziative spettacolari, raccolse in fretta a Napoli un piccolo corpo di volontari dei quali si pose a capo. Inalberando un grande cappello piumato partì per Genova, per poi raggiungere Milano il 6 di aprile. A Palazzo Marino si era frattanto installato un governo provvisorio diretto dal marchese Gabrio Casati, il quale riteneva 'imbarazzante' la presenza e l'azione di un personaggio così clamoroso, tuttavia si vide costretto a rivolgere, in un discorso pubblico, espressioni di compiacimento alla sua piccola truppa.

La gioia per i successi politici fu offuscata dalla morte di Gaetano Stelzi avvenuta nella giornata del 15 giugno del 1848. La libertà di Milano durò poco, il 5 agosto la città venne riconsegnata all'Austria da un incerto Carlo Alberto che aveva abbandonato la città nella notte. Sul Crociato, il giornale che aveva fondato nei giorni dell'indipendenza come supplemento dell'Ausonio, Cristina accusò il re di Piemonte di '...carattere debole e irresoluto'. Sei mesi dopo sui numeri di settembre e di ottobre della Revue des Deux Mondes comparve un articolo di cinquantaquattro pagine, L'Italie et la Révolution Italienne de 1848 con la 'verità esatta' dei tristi avvenimenti. La sincerità le costò la solidarietà di quanti avevano partecipato a quei fatti.

Cristina continuò la sua battaglia svolgendo la propaganda patriottica con grande intensità e passione, con ogni mezzo anche in forme mondane: ad un ballo mascherato, si recò vestita da Italia avvolta in un costume tricolore. Intanto continuava la collaborazione con fogli francesi, quotidiani e a cadenza periodica, come il Constitutionnel, la Liberté de penser, la Démocratie pacifique.

La Repubblica Romana

Il 9 febbraio del 1848 a Roma fu dichiarato decaduto il potere temporale dei papi e fu proclamata la Repubblica Romana guidata dal triunvirato Mazzini- Saffi- Armellini. Nei primi giorni di aprile Cristina giunse Roma ove incontrò subito Nino Bixio, Luciano Manara, i fratelli Dandolo, Goffredo Mameli. Le furono affidate la direzione e l'organizzazione degli ospedali e dei servizi di ambulanza della città, compiti che svolse egregiamente con prontezza ed efficienza, dettando regole rigorose, mettendo ovunque ordine e imponendo disciplina. Un lavoro che risultò a tutti di grande qualità ed efficienza del quale abbiamo la testimonianza di Margareth Fuller Ossoli, una giornalista americana presente a Roma durate these sad but glorious days,[17] che collaborò con la principessa insieme alla svizzera Julie Modena. Assieme a loro si prestarono con grande dedizione altre signore. Ma gli eventi precipitavano. Il generale Oudinot con un forte esercitò francese riuscì ad aver ragione della strenua resistenza dei difensori della repubblica. Cristina aveva conosciuto il generale a Parigi: questi incontrandola le chiese sorpreso come mai lei, milanese, fosse a Roma, la signora rispose piccata chiedendogli perché lui francese non fosse a Parigi o a Lione.

Il 4 luglio 1849 i triumviri furono costretti ad ordinare la cessazione del fuoco e si dimisero.. Già da tempo, con la consueta capacità di vedere lontano e comprendere gli avvenimenti e le persone Cristina, in una lettera indirizzata a Viesseux, aveva previsto la futilità del massacro a cui sarebbe seguita la inevitabile sconfitta. Insieme alle difficoltà politiche anche le difficoltà personali aumentavano e si moltiplicavano. A Milano il generale Radetzky, che minacciava ancora una volta di confiscare i suoi beni, le comminò un'ammenda pecuniaria molto alta, a Roma rischiava di essere arrestata a causa dei suoi 'sentimenti irreligiosi '.

Il clima dunque era divenuto irrespirabile, Cristina decise di lasciare tutto e dare un taglio radicale al suo passato: provvista di un passaporto inglese e di una somma di denaro prestatale da un amico uscì di casa senza bagagli, salì su di una carrozza e partì alla volta di Civitavecchia. Qualche giorno dopo si imbarcò sul Mentor con Maria e la signora Parker, la sua fida governante ora governante della figlia. Il vapore fece tappa a Malta; durante questa sosta inizia la narrazione sotto forma di lettera, diretta alla amica Caroline Jaubert nata d'Alton Shée, che sarà poi raccolta sotto il titolo Souvenirs dans l'Exil. Dopo la sosta a Malta i viaggiatori furono costretti ad una sosta nell'isola di Egina, posta in quarantena a causa di una epidemia di colera. Infine la nostra patriota nuovamente esule riuscì a raggiungere Atene dove sostò alcuni mesi e fu in contatto con i numerosi espatriati ivi rifugiati. Alla fine della primavera del 1850 si imbarcò per Costantinopoli, la città le piacque tanto da decidere di stabilirvisi in una piccola casa sulle rive del Bosforo ove abitò sino a che non le fu offerta una vasta proprietà agricola nel cuore dell'Anatolia, nella valle dell'Ulu-Tschai, a Ciaq-Maq-Oglou.

Il sogno di Orta Kur

Cristina si proponeva realizzare un grande progetto agricolo per dare lavoro ai profughi italiani, circondarsi di amici e per costituire un patrimonio per la figlia Maria per la quale aveva ottenuto il diritto al nome di Belgioioso in cambio della rinuncia ad ogni pretesa ereditaria sul patrimonio della famiglia.

Fu un periodo tranquillo, la figlia stava bene, il clima era dolce, la salute buona. Amava ed apprezzava la popolazione locale e se ne sentiva ricambiata. Era oggetto di ammirazione e di stima soprattutto per la sua capacità di curare alcuni mali all'apparenza inguaribili; la lunga esperienza di svariate malattie e quella di infermiera negli ospedali le furono di grande aiuto

Nella tranquillità della nuova dimora riprese a studiare, a dipingere e a scrivere; cominciò a pensare alla pubblicazione della "corrispondenza particolare e ufficiale dei tre governi italiani - piemontese, romano e toscano - negli anni 1848 e 1849. Scrisse anche un romanzo e alcune brevi pièces teatrali. Per tutti questi progetti chiese al fedele amico Thierry una presentazione per La Presse.

Nel 1852 Cristina compì un lunghissimo viaggio attraverso tutta l'Asia minore, la Siria, la Palestina per trascorrere la Pasqua a Gerusalemme. Viaggiava con la figlia, che voleva far cresimare proprio nella Città Santa, la governante, il marchese Antinori, e personale di servizio. In Asia il clima era rigido, la principessa ne soffrì un poco, ma ciò che più le dispiacque fu l'accoglienza dei 'turcomanni' diffidenti, freddi e anche sostanzialmente ostili, niente a che vedere, scriverà a Thierry, con la popolazione che l'aveva accolta tanto affettuosamente nelle altre terre. Il viaggio di ritorno fu infelicitato da una caduta da cavallo, da malesseri vari che la mantennero in un continuo stato di tensione e di affaticamento. La traversata delle terre bagnate dal Mar Nero fu particolarmente difficile e intanto era sopraggiunta una malattia piuttosto seria di Maria.

Rientrata, ai primi del 1853, nella dimora di Ciaq-Maq-Oglou il pensiero continuava a rivolgersi alle condizioni dell'Italia ma anche a quelle dell'altro 'suo paese', la Francia governata da un traditore e tiranno, quel Napoleone III a cui imputava il fallimento della Repubblica romana. L'esule veniva regolarmente informata di quanto accadeva in Italia: dei soprusi, confische, sequestri, ed arresti commessi dagli Austriaci. Tra le vittime designate rientrava, ancora una volta, la principessa che viveva in terre lontane e che attraversava periodi di crisi, anche da un punto di vista economico tanto che ormai doveva 'sostenersi soltanto col lavoro della penna'. Chiese ancora una volta aiuto al sempre disponibile Thierry, perché parlasse di lei a François Buloz, questi promise di leggere i suoi scritti riservandosi di giudicarli opportunamente e di prenderli in considerazione per la pubblicazione sulla Revue des deux mondes, ove infatti furono pubblicati i resoconti dei viaggi in Oriente raccolti successivamente nel volume Asie Mineure et Syrie pubblicato a Parigi nel 1858. Sulla stessa rivista usciranno nel '56 anche una serie di bozzetti e novelle di argomento orientale dal titolo: Emine, Un prince Kurde, Les deux Femmes d'Ismaïl-Bey; nel '57 Un paysan turc e nel '58 Zebeidech.

Dalla Francia arrivavano anche notizie meno buone. La casa di via Montparnasse era stata posta sotto sequestro e in procinto di essere venduta. Forse era necessario cominciare a pensare al rientro in Europa. Mentre si apprestava ad affrontare il lungo viaggio di ritorno subì una violenta aggressione da parte di un dipendente ubriaco. Racconta di essersi difesa dai colpi di pugnale che le vibrava l'uomo riuscendo a sfuggire a danni ancora più seri, ma restò permanentemente invalidata al collo; per tutti gli ultimi anni di vita la sua testa rimase sempre lievemente inclinata sulla spalla. Le altre ferite che riguardavano il torace le procurarono forti dolori e malesseri continui. Le sue condizioni fisiche, aggravate anche dai perduranti periodici attacchi di cefalea, dal dimagramento, dalle ansie, peggiorarono rapidamente.

Il ritorno in Patria

Grazie all'intervento e alle insistenze dei numerosi ed affettuosi amici Cristina, alla fine del 1854, rientrò in Europa, tornando anche in possesso di gran parte del patrimonio. Aveva quarantasette anni era debilitata e dimagrita, il suo aspetto denunciava tutte le amarezze le ansie e i dolori di una vita intensa ma travagliata. Alla fine del 1856 poté tornare nella amata Locate dove si recò con grande felicità e riconoscenza per gli amici che l'avevano fortemente aiutata a rientrarne in possesso, il successo fu dovuto in particolare alle azioni svolte dalla principessa Della Rocca, nata Embden e nipote di Heinrich Heine. Da Locate poteva raggiungere spesso Milano ove era ancora accolta e festeggiata dagli antichi amici, fra cui la contessa Clara Maffei; riprese anche i rapporti con gruppi di patrioti. La notizia della liberazione di Milano nel 1859 fu accolta ovunque con grande soddisfazione mentre profonda delusione e amarezza provocarono il comportamento di Napoleone III che, pur avendo promesso di sostenere le rivendicazioni italiane per l'indipendenza, aveva firmato il trattato di Villafranca.

Verso la metà dell'anno la serenità di Cristina, così a stento riconquistata, venne turbata dalla morte di Augustin Thierry. La sua attività intellettuale e politica tuttavia non si interruppe; a Locate scrisse l'Histoire de la maison de Savoje. Nell'ottobre fece uscire presso la tipografia Boniotti di Milano il periodico L'Italie, in edizione francese e in edizione italiana. Successivamente la rivista fu pubblicata anche a Torino, e poi ancora per qualche anno a Firenze e a Roma.

Agli entusiasmi patriottici, intanto, si sostituirono altri stati d'animo, più moderati, più riflessivi. Nel 1861 ebbe la gioia di vedere sua figlia Maria sposa, grazie al cognome Belgioioso, e madre di una bambina, Cristinetta, accudita dalla signora Parker che aveva a suo tempo fatto da governante alla stessa Maria.

Negli ultimi anni della vita la principessa si ritirò in una villa sulle rive del lago di Como, a Blevio, dove continuò a ricevere numerosi personaggi delle più diverse nazionalità e ancora alcuni dei suoi antichi amici. Un ritratto del marchese Visconti Venosta la descrive avvolta in pesanti scialli, curva, tanto che se qualcuno la avesse seguita non ne avrebbe visto il capo: era piena di tic nervosi, di gesti non più sotto controllo.

Morì il 5 luglio del 1871 a Milano, fu sepolta nel cimitero di Locate, accanto alla chiesa di S.Tommaso.

Notes:
1. HONORÉ DE BALZAC, Physiologie du marriage, Parigi, Charpentier, 1838, p. 863; Correspondance, Parigi, Garnier, 1960-64, p. 89.
2. Cfr., JEAN POMMIER, Variétés sur Alfred de Musset et son theatre. Musset et George Sand, Musset et la Princesse Belgiojoso, Paris, Lib. Nizet et Bastard, s.d, p. 110.
3. cfr. RAFFAELLO BARBIERA, Grandi e piccole memorie, Firenze, Le Monnier, 1910, pp. 340-5. HEINE, Reisebilder, c. 25.
4. ALDOBRANDINO MALVEZZI, La Principessa Cristina di Belgiojoso, 3 v., Milano, Fratelli Treves Ed., 1936, v. 2, p. 414
5. Il carteggio tra Cristina e il dottor Màspero è integralmente pubblicato; Cristina di Belgioioso e Paolo Màspero, Lettere, E. Flori (ed.), Torino, Hoepli 1941.
6. Ernesta Legnani (1788- 1859) era moglie del pittore Giuseppe Bisi. Fu allieva di G. Longhi e le sue incisioni ebbero larga e durevole fama. Nel 1810 vinse il premio dell'Accademia di Brera. Fu molto nota ed apprezzata come ritrattista. La coppia ebbe due figlie: la prima, Antonietta, che studiò dapprima con i genitori e poi si perfezionò all'Accademia di Brera con lo Hayez, divenne la beniamina della nobiltà liberale per i suoi sentimenti patriottici. La seconda, Fulvia, allieva del padre, fu pittrice e partecipò a numerose esposizioni vincendo diversi premi.
7. E' il nome che veniva dato alle donne iscritte alla società segreta detta Carboneria, gli uomin erano carbonari. Due 'giardiniere' milanesi furono Teresa Confalonieri e Mathilde Dembrowski, un grande amore di Sthendal.
8. Bianca Milesi Moyon era una nota liberale milanese, allieva della Bisi e più anziana di diciotto anni di Cristina. Era nata a Milano nel 1792, figlia di Elena Milesi – Viscontini, una dama ben nota nel bel modo Lombardo. In seguito trasferitasi a Parigi vi aprì un salon ove si riunivano signore e signori interessati soprattutto all' educazione popolare. A Parigi rimase buona amica della principessa Belgioioso, ivi morì di colera.
9. Il nome di François Mignet (1796--1884 ) rimane legato alla Storia della Rivoluzione francese; come politico si era messo in evidenza dalle colonne del National. Con Thiers e Thierry aveva partecipato alle battaglie delle giornate di luglio che portarono alla cacciata dei Borboni.
10. Il concerto comprende cinque variazioni per piano della marcia dei Puritani di Bellini composte da . MS. Thalberg, J.P.Pixis, H. Herz, C. Czerny, F. F. Chopin, con una introduzione e finale di F. Liszt.
11. Marie d'Anguolt descrive Cristina come "pallida, magra, ossuta, occhi in fiamme ... calcava sugli effetti spettrali o da fantasma", cfr. Mes souvenirs, Paris, Levy, 1877,p. 356.
12. Premières notions d'histoire à l'usage de l'enfance. Histoire romaine, par Madame la Princesse Trivulce de Belgiojoso, Paris, J. Renouard et c, 1850.
13. Cito da LUIGI SEVERGNINI, La principessa di Belgioioso, Milano, Ed. Virgilio, 1972, p. 74
14. G.B. Vico, La science nouvelle (1725), traduit de l'italien par Christina Trivulzio princesse de Belgioioso, Dijon, Ed. Gallimard, 1993 (1844).
15. Il Carteggio con Augustin A.Thierry, Lettres inédites de Christine de Belgioioso à Augustin Thierry, è pubblicato integralmente nella Revue des deux mondes, 1 e 15 settembre, 1 e 15 ottobre 1925.
16. La Gazzetta era stata fondata da Carlo Bonaparte, principe di Canino, primogenito di Luciano, a Parigi con l'intento di trattare su quel giornale la questione italiana.
17. Margaret Fuller Ossoli, These sad but glorious days. Dispatches from Europe, 1846- 50, New Haven, Yale Univ. Press, 1991, pp. 281.2 e passim.

Submitted by Maria Teresa Guerra, Università degli Studi di Roma "La Sapienza", 2008.

Desidero ringraziare la dottoressa Elisa Colesanti che ha letto il manoscritto per i suoi suggerimenti.


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