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Vivanti, Annie [1915], L'invasore: dramma in tre atti (Milano: R. Quintieri, 1915) Drama [Author Information] [Bibliographic Details] [Vivanti-Invas]


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Frontmatter

Inside Cover


[p. NA]

Performance Information

Questo dramma che qui è pubblicato nel testo integrale [*] fu rappresentato per la prima volta a Milano dalla Compagnia Talli-Melato al Teatro Olympia nell'estate del 1915.

Interpreti principali: Maria Melato, Wera Podrecca, Pina Camera, Febo Mari.
[p. NA]

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ANNIE VIVANTI

L'INVASORE

DRAMMA IN TRE ATTI
MILANO
Dott. RICCARDO QUINTIERI - Editore
Corso Vitt. Emanuele, 26
[p. 1]

PERSONAGGI

FLORIAN AUDET -- Tenente di Cavalleria.
*IL CAPITANO FISCHER
*IL TENENTE VON WEDEL
*IL CAPITANO GLOTZ
*IL TENENTE FELDMANN
IL REVERENDO FRANK -- Pastore Anglicano.
IL DOTTOR BELL.
DELIO AUSTIN -- Tenente in un reggimento scozzese.
FRITZ -- Cameriere.
CHÉRIE BRANDES.
LUISA BRANDES -- sua cognata.
MIRELLA BRANDES -- figlia di Luisa.
LA SIGNORA FRANK.
ANNA -- sua figlia
MARY -- sua figlia
JANE -- Una infermiera della Croce Rossa.
**NELLY
**LUCILLA
**GIOVANNA
**FANNY
LINA -- Cameriera.

*Ufficiali dell'armata nemica.
**Giovinette amiche di Chérie.

Il primo atto si svolge nella casa del Dottor Brandes in un villaggio di un paese belligerante. -- Il secondo atto in casa del Reverendo Frank, in Inghilterra. -- Il terzo atto di nuovo in casa Brandes.


[p. 3]

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Vivanti, Annie [1915], L'invasore: dramma in tre atti (Milano: R. Quintieri, 1915) Drama [Author Information] [Bibliographic Details] [Vivanti-Invas]


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Atto Primo


[p. 4]

E' sera.
Una sala d'entrata nella casa del Dottor GIORGIO BRANDES. Stile fiammingo.
A sinistra al primo piano tre scalini coperti di tappeto rosso conducono a un largo pianerottolo adorno di lampade elettriche e di piante.
In fondo a sinistra la porta d'ingresso. Nel centro un largo caminetto.
A destra verso il fondo una porta a due battenti con una tenda drappeggiata e rialzata.
Al primo piano a destra una finestra.
LUISA BRANDES, una bella e giovine donna, siede in atteggiamento d'abbandono su una poltroncina. Con le mani intrecciate e tese davanti a sè essa guarda nel vuoto; un'espressione d'abbattimento e di tristezza è sul suo volto.
Nel fondo MIRELLA -- una fanciulletta di quattordici anni, in corta veste chiara -- s'affaccenda intorno a una tavola carica di fiori e di dolci.


[p. 5]

ATTO PRIMO.

MIRELLA:
chiamando.
Lina! Lina! Dove sono i marrons glacés?

LINA:
Una domestica dal viso duro e inamabile appare sulla porta.
Sono lì.
Addita un piatto sulla tavola.

MIRELLA:
Ma dove?
alzando il piatto.
Questi quattro miseri marroni, che paiono già rosicchiati?

LINA:
Li avrà rosicchiati Lei. E' tutto il giorno che li mangia.
Volta le spalle ed esce.

MIRELLA:
Ma guarda un po' che impertinente!
Rivolgendosi a Luisa.

[p. 6]
Mamma! Hai sentito come mi risponde Lina?

LUISA:
con un sospiro distratto.
Che cosa c'è, cara?

MIRELLA:
avanzandosi verso la madre col piatto in mano.
Ha detto che i marrons glacés li ho mangiati io.

LUISA:
sorridendo.
Sarà anche vero; no, cara?

MIRELLA:
Quand'anche; Lina non deve permettersi di dirlo. Del resto io ne avrò mangiato forse tre o quattro o dodici... o così, ma non tutti.

LUISA:
sorridendo.
Vedo difatti che ne restano quattro.

MIRELLA:
contando sulle dita.
Uno per Chérie, uno per me, uno per te, poi vi sono le nostre invitate, uno per Fanny
[p. 7]
... E per Giovanna, Lucilla e Nelly, niente! Sarà meglio addirittura che non ce ne siano. Ti pare?
Li mangia.
Mamma! Cos'hai? Come sei triste!
L'abbraccia.

LUISA:
Ah bimba mia! Come potrei non esserlo? Tuo padre lontano... le notizie sempre più gravi...

MIRELLA:
Mamma! stasera non pensare a malinconie. E' la festa di Chérie e vogliamo essere allegre. Anche papà se fosse qui avrebbe voluto che si festeggiasse il compleanno di sua sorella, che adora tanto! ... Ricordi? L'anno scorso ha voluto che si ballasse. Vogliamo ballare anche stasera.

LUISA:
scattando.
No! Non si balla col nemico in casa.

MIRELLA Nemico?:
Sbigottita, guardandosi intorno.
In casa? Dov'è questo nemico?


[p. 8]

LUISA:
E' vicino, Mirella! è vicino! Tu non sai che cosa ci sovrasta.

MIRELLA:
Non pensarci stasera, mamma! Non rattristare Chérie! Vedrai come s'è fatta bella. Mette il vestito nuovo, tutto bianco! Sembra una sposa...
Carezzevole.
Tieni, mangia questo marron. E' l'ultimo.

LUISA:
No, cara, no. Chiama qui Fritz. Ho bisogno di parlargli.

MIRELLA:
Vado.
Mettendo in bocca l'ultimo marron.
Sai che anche Fritz mi fa uno strano effetto in questi giorni. E' scortese, quasi villano. Non risponde quando gli si parla...

LUISA:
Sarà preoccupato anche lui, poveretto.

MIRELLA:
E lo trovo sempre a sussurrare con Lina...


[p. 9]

LUISA:
indulgente.
Forse si vogliono bene. Avranno idea di sposarsi.

MIRELLA:
ridendo.
Oh Dio!... Così brutti! Tutt'e due!
Corre alla porta.
Fritz ... Fritz!
Al domestico che entra.
Andate dalla mamma.
FRITZ, un giovane servitore, dall' aria fosca, quasi truce, s'avvicina a LUISA mentre MIRELLA aiutata da LINA s'affaccenda ancora per poco intorno alla tavola ch'è in fondo alla scena. Indi MIRELLA esce, seguita da LINA.

LUISA:
un po' timida, a FRITZ.
Avete notizie? Vi sono novità?

FRITZ:
Secco.
Nossignora.

LUISA:
Non sapete nulla di nuovo?


[p. 10]

FRITZ:
Nossignora.
Ironico.
Eccetto quello che c'è nel giornale della sera.
Spiega un giornale e legge ad alta voce.
« Si crede che il primo contatto tra i belligeranti avrà luogo nelle vicinanze di Fleron. Il nemico s'avanza dal Sud Est numerosissimo. »
Appoggia con tono soddisfatto sull'ultima frase.

LUISA:
Disperata.
Ah, ho letto, ho letto!... Ma credevo che voi forse
esitante.
... avreste avuto occasione di udire qualche cosa di più.

FRITZ:
Io? Oh, nossignora.
Quando LUISA non lo guarda un sorriso di scherno si disegna sulle labbra di FRITZ.

LUISA:
Ditemi ancora, ditemi -- che cosa vi ha detto il signor dottore iernotte quando partiva?
[p. 11]
L'avete lasciato nel treno, non è vero?

FRITZ:
Sissignora.

LUISA:
E che cosa ha detto?

FRITZ:
freddo.
Che salutassi tutti.

LUISA:
No, no! Ripetetemi le sue precise Parole...

FRITZ:
Ironico.
Ha detto: « Fritz, tu sei un servitore devoto e fedele... »

LUISA:
Un poco timida e dubbiosa, guardandolo.
E' vero... è vero! Buon Fritz!

FRITZ:
Sempre con un sorriso ironico e sinistro.
Ha detto: « Lascio qui tutto ciò che ho di più caro. »

LUISA:
commossa, congiungendo le mani.

[p. 12]
Ciò che ha di più caro! ...

FRITZ:
« Mia moglie, mia figlia e mia sorella.

LUISA:
Sì ... sì ... e poi?

FRITZ:
M'ha detto: « Difendile, Fritz, se vengono quelle belve ». Ha proprio detto così: « quelle belve! ».
Gli fiammeggiano gli occhi.

LUISA:
ansante.
Sì!

FRITZ:
«Difendile», ha detto, «difendile colla vita. »

LUISA:
Impetuosa.
Ah! so che lo farete.

FRITZ:
Sogghignando.
Eh, Signora, è facile a dirsi...
Un breve silenzio.

LUISA:
sorridendo, con soavità.
Fortunatamente per il momento « le belve » non ci sono.


[p. 13]

FRITZ:
con velato sarcasmo.
No, no. Per il momento le belve non ci sono.
Volge lo sguardo verso la finestra.

LUISA:
un poco impressionata dall'atteggiamento quasi minaccioso del servitore.
E poi ... dicevate ... il treno è partito ...

FRITZ:
secco.
Ma sì

LUISA:
sorpresa.
Come parlate?

FRITZ:
Ho detto, sissignora, il treno è partito.

LUISA:
sospirando.
Ah, mio Dio! Quale angoscia! ... Chi l'avrebbe detto! Oggi è il 4 agosto. Dieci giorni fa nessuno pensava alla guerra.

FRITZ:
Fissandola.
V'era chi ci pensava.


[p. 14]

LUISA:
Incredula, indietreggiando un poco.
Da dieci giomi?

FRITZ:
lentamente, con ferocia.
No. Da dieci -- anni.
Volta le spalle ed esce.

LUISA:
smarrita seguendolo con lo sguardo.
Non capisco ...
La porta si apre bruscamente. LINA appare sulla soglia; anch'essa ha l'aria quasi insolente e il volto duro e ostile.

LINA:
Il signor tenente Audet.
Entra FLORIAN AUDET in uniforme d'ufficiale di cavalleria.

LUISA:
Andandogli incontro, lieta e sorpresa.
Florian! E come mai hai potuto venire?

FLORIAN:
salutandola affettuosamente.

[p. 15]
Ufficialmente... non sono qui. Sono in giro a portare degli ordini urgenti... Devo tornar via subito. Giorgio dov'è?

LUISA:
Angosciata.
E' partito! Pensa, Florian, partito. Hanno mandato a chiamarlo d'urgenza iernotte.

FLORIAN:
Colpito.
E dove è andato?

LUISA:
Preciso non lo sapeva neppur lui. Aveva ordine di recarsi al deposito centrale a Tourgain. E di là l'avrebbero diretto a un'ambulanza da campo.

FLORIAN:
Per Dio!... Sapevo che mancavano i medici. Ma non credevo che Giorgio partisse così presto.
Con inquietudine repressa.
Ma allora... siete sole voi altre tre? Voi, la piccola Mirella -- e Chérie.

LUISA:
Sì. Siamo sole.

FLORIAN:
Quasi parlando a sè stesso.
Per Dio!


[p. 16]

LUISA:
Paurosa.
Cosa c'è?

FLORIAN:
Niente.
Una pausa.

LUISA:
Incalzando.
Ma sì ... che cosa pensi?

FLORIAN:
parlando con lentezza grave.
Penso che dovrete avere coraggio.

LUISA:
sconvolta.
Ah! Non dirmi di aver coraggio, che mi fai paura!

FLORIAN:
ripetendo lentamente e con enfasi significativa.
Luisa! Dovrete avere ... molto coraggio.

LUISA:
spaventata.
Che cosa vuol dire?

FLORIAN:
Vuol dire... che alle tre di questa mattina i nemici hanno passato la nostra frontiera.


[p. 17]

LUISA:
Esterrefatta.
Hanno passato la frontiera?!

FLORIAN:
Sì.

LUISA:
Sono qui -- nel nostro paese?

FLORIAN:
Sono nel nostro paese.

LUISA:
Dove?!

FLORIAN:
A Verviers.

LUISA:
A Verviers! A due ore di qui!...
Si copre il viso

MIRELLA:
Entra correndo con una scatola di dolci a sorpresa in mano.
Oh, guarda... c'è Lolò!
Pone la scatola sulla tavola e saluta FLORIAN afferrandogli tutt'e due le mani e scotendole da parte a parte con gioia fanciullesca.
[p. 18]

FLORIAN:
squadrando la figuretta leggiadra con occhi di disapprovazione.
Oh, che lusso, Mirella! Che cosa c'è?
Ironico.
Un ballo?

MIRELLA:
Ma... la festa di Chérie! Non sei venuto apposta?

FLORIAN:
amaramente.
La festa di Chérie! E' vero!... La festa di Chérie!
Si accascia su una seggiola.

MIRELLA:
Ma che Lolò! L'avevi dimenticato? Adesso glielo vado a dire. Vedrai che cosa ti farà!

FLORIAN:
Passandosi la mano sulla fronte.
Dov'è?
La sua gravità contrasta coll'inconscia gaiezza della fanciulla.

MIRELLA:
E' disopra che si veste. Si fa una bellissima
[p. 19]
pettinatura, tutta a girigoggoli che pare una torta!
Fa per correre via.

FLORIAN:
Trattenendola.
No! non dirle niente... Tanto devo andarmene subito. Ma tornerò.

MIRELLA:
Distratta, guardando la tavola.
Tornerai davvero?
D'improvviso.
Oh, guarda un po' quella Lina! ... Ha dimenticato l'aranciata.
Corre fuori a sinistra.

FLORIAN:
Quanta incoscienza!
A LUISA.
Ma non dovreste avvisarle di ciò che accade ... di ciò che le minaccia?

LUISA:
Smarrita.
Non so! non so! Giorgio mi ha detto di non spaventarle ...

FLORIAN:
Ma voi fate festa così, mentre ...

LUISA:
Oh! Io non faccio festa, Florian! Del resto
[p. 20]
non vengono che due o tre piccole amiche di Chérie ... Non mi è parso il caso di vietarlo ... rattristarla proprio oggi, che è il suo compleanno.
Una pausa.
E si era comperata apposta per stasera una veste nuova ...

FLORIAN:
Alzandosi e camminando in su e in giù.
Le donne! ... Che strane creature! Il disastro è alle porte, il mondo crolla sotto a una immane calamità ... ed esse, perchè hanno delle vesti nuove -- ballano!

LUISA:
Credi che non dovrei permetterlo? ... Manderò a dire a quelle bimbe ...

FLORIAN:
Ma no ... ma no! Lasciatele ballare! Povere creature. Verrà l'ora del pianto! ... Anche troppo presto.
Stendendole la mano.
Addio. Vado a portare questi due messaggi. Ma se posso, tornerò, non fosse che per un istante, a salutare Chérie. Se non tornassi ... ditele ...
commosso.
... ditele che le faccio tanti auguri.


[p. 21]

LUISA:
Glielo dirò.

FLORIAN:
Ditele...
Con improvvisa decisione
Ah! ma tornerò. Farò in modo di tornare.
Le bacia la mano ed esce rapidamente.
LUISA resta sola qualche istante immobile e pensierosa.

MIRELLA:
Rientrando.
Ecco! Se non ero io, non c'era l'aranciata!
Depone sulla tavola una caraffa d'aranciata.

LUISA:
Mirella... senti, bambina mia.
MIRELLA le va vicino e Luisa la cinge col braccio amorosamente.
Se mandassimo a dire alle ragazze di non venire? Ti dispereresti?

MIRELLA:
Interdetta.
Di non venire?

LUISA:
Tu non capisci, cara, come è grave il momento in cui ci troviamo. Questa guerra...


[p. 22]

MIRELLA:
Oh, mamma! Avevi promesso che fino a domani non ne parlavi più. Vuoi guastar tutto? Vuoi far piangere Chérie? Eccola! Guarda come s'è fatta bella!

CHÉRIE:
Vestita tutta di volo bianco è apparsa sul pianerottolo in cima ai tre scalini.
Signora cognata... signora nipote... ammiratemi!
Fa una riverenza e scende con gesto di danza i tre scalini.
Ma che faccie avete!... Dei bronci lunghi così...
a MIRELLA.
Che cosa è stato?

MIRELLA:
Alzando le spalle.
Oh! E' per questa noiosa guerra...

CHÉRIE:
Con aria di sollievo.
Oh... la guerra?...
crolla anche lei le spalle.
Temevo peggio! Credevo che tu ne avessi fatta qualcuna delle tue.
Va da LUISA, graziosa e sorridente.

[p. 23]
Luisa!... dà un bacio a tua cognata -- diciottenne!
L'abbraccia.
E non pensare a malinconie.

LUISA:
Ma cara, cara! Nè tu nè Mirella capite...

CHÉRIE:
No, no, no! Stasera non vogliamo capir nulla! Domani, domani capiremo tutto. Pensa che non si compiono i diciott'anni che una sola volta nella vita.

MIRELLA:
Oh, per quello, anche i quattordici non si compiono che una volta. Avrei potuto dirlo anch'io in Aprile.
Abbraccia anche lei LUISA.

CHÉRIE:
rincorrendo MIRELLA.
Gelosa!

MIRELLA:
fuggendo.
Cattiva!
Si volta e getta le braccia intorno al collo di CHÉRIE.

CHÉRIE:
Facendo un giro di ballo con lei,

[p. 24]
Io ho diciott'anni! Io ho diciott'anni ...

MIRELLA:
cantando.
Io ne ho quattordici...

LUISA:
Chérie! Chérie, senti! Ho un messaggio per te.

CHÉRIE:
smettendo di ballare.
Da chi?

LUISA:
Da Florian Audet.
commossa.

CHÉRIE:
Da Lolò? E' stato qui?

LUISA:
E' stato qui un istante solo. Ma ha detto che se può, tornerà a salutarti.

CHÉRIE:
Confusa e felice.
Tornerà!

MIRELLA:
Per farle dispetto.
Ma forse non potrà.

CHÉRIE:
Perchè no?

LUISA:
Il suo squadrone deve partire da un momento
[p. 25]
all'altro. Sono già accampati sulla riva del fiume in attesa d'ordini.

CHÉRIE:
Oh, povero Lolò! Avrei voluto vederlo.
Abbassa il capo trastullandosi col ventaglio.

LUISA:
Non chiamarlo Lolò! Adesso sei una signorina e non devi dare dei nomignoli a un giovinotto.

CHÉRIE:
ridendo.
Oh!... Lolò, un giovinotto!

LUISA:
Ma mi pare. Un tenente di cavalleria!

CHÉRIE:
Oh, per me è sempre lo stesso Lolò che aveva dodici anni quando io ne avevo sei.

LUISA:
Oggi ne hai diciotto. Non è più il caso di darsi del tu.
Esce.

CHÉRIE:
Ma come! Devo dare dell'illustrissimo a Lolò?


[p. 26]

MIRELLA:
Sempre infantilmente dispettosa, ridendo.
Oh, se parte! Chissà quando lo rivedrai.
LINA, la domestica, apre la porta, e sempre coll'espressione di fredda ostilità, introduce due fanciulle vestite di chiaro che portano dei fiori in mano.

LINA:
Le signorine Doré.
CHÉRIE va al loro incontro.

FANNY:
abbracciando CHÉRIE e dandole i fiori.
Tanti auguri!...

NELLY:
Tutte le felicità!
Saluta CHÉRIE e MIRELLA.

CHÉRIE:
Volete togliervi i mantelli?... Lina! Fai lume qui, nella mia camera...
Apre la porta a destra. LINA sempre col viso impassibile, entra a destra e vi accende il lume. S'intravvede una camera
[p. 27]
da letto con una finestra tonda nel centro della parete. Le quattro fanciulle vi entrano con LINA. La scena è vuota per un istante.

FRITZ:
alla porta d'ingresso.
La signorina Valesca.
Entra un'altra giovinetta con una scatola di dolci e dei fiori.

CHÉRIE:
Uscendo dalla camera a destra e correndole incontro.
Oh, cara Lucilla!
accettando il dono.
Grazie! come sei buona.
La conduce nella camera a destra. FRITZ e LINA rimangono soli un istante.

FRITZ:
Lina!

LINA:
sulla porta della camera.
Cosa?

FRITZ:
Ci siamo.

LINA:
Oh Dio!


[p. 28]

FRITZ:
rapidamente a bassa voce.
Tu stasera andrai a dormire in casa dei Wolkenstein.

LINA:
agitata.
Stasera?...

FRITZ:
Stasera.

LINA:
Oh, Dio! E dai Wolkenstein, sarò al sicuro?

FRITZ:
Si. Taci.
Esce. Le fanciulle rientrano cinguettanti e sorridenti.

FANNY:
Chi manca ancora?

CHÉRIE:
La Jeannette.

NELLY:
Oh, lei si fa sempre preziosa!

LUCILLA:
Cosa facciamo? I proverbi?

FANNY:
Avete detto che si ballava.


[p. 29]

MIRELLA:
La mamma non vuole.

FANNY:
Alla tavola del buffet, mangiando dei dolci.
Perchè non vuole?

MIRELLA:
Per la guerra. Volete un po' di thè?

FANNY:
Oh bella! Cosa c'entra la guerra?
La porta s'apre ed entra JEANNETTE, leggiadra e sorridente.

CHÉRIE:
Oh, ecco Jeannette!
CHÉRIE abbraccia la nuova arrivata, a cui LINA toglie il mantello e lo porta nella camera a destra. Tutte ridono, chiacchierano e mangiano dolci.

JEANNETTE:
La mamma non voleva che venissi...

CHÉRIE:
Perchè?

JEANNETTE:
Per... per la guerra.


[p. 30]

TUTTE:
ridendo.
Oh! ancora la guerra! Ma che cosa c'entra?

JEANNETTE:
C'entra, che i nemici possono venir qui! Invadere il paese...

CHÉRIE:
Oh Dio, che paura!

MIRELLA:
Perchè paura? Sai bene che Lina la nostra domestica dice che sono così belli... biondi affascinanti...

FANNY:
Ho sentito dire anch'io che gli ufficiali sono irresistibili. Portano il busto! Hanno il vilino piccolo e i baffi così --
Fa il gesto di baffi rivolti all'insù.

CHÉRIE:
Va bene. Ma a vederli arrivar qui!... Mio Dio! Cosa si farebbe se, per esempio, entrassero adesso?

MIRELLA:
Oh! Io farei una bella riverenza... così...
Fa una piroetta e una riverenza.

[p. 31]
... e direi come dicono nel loro paese: Grüss Gott! che vuol dire « Vi saluti Iddio! »

FANNY:
Mi pare una buona idea. Certo sarebbero commossi. Ci saluterebbero così...
saluta militarmente.
... e tornerebbero via.

TUTTE LE FANCIULLE:
Sì, sì!
in coro, rivolte alla porta e facendo riverenza a dei nemici immaginari,
« Grüss Gott! »

MIRELLA:
ridendo e cingendo la vita a JEANNETTE.
Facciamo un piccolo giro... uno solo...
A LUCILLA.
Tu ci suonerai un valzer. Il mio valzer...Valzer di Mirella, p. 1 Valzer di Mirella, p. 2
Salgono correndo i tre gradini e spariscono a sinistra.

NELLY:
Oh! tu, Chérie, cantaci prima qualche cosa...

FANNY:
O recita la canzone della Regina Myrza.


[p. 32]

CHÉRIE:
ridendo.
Io no! Mi vergogno.
Si ode un valzer suonato nella stanza vicina.

FANNY:
Sii buona!... Recita!
Le porta una chitarra. CHÉRIE siede, mentre le altre due stanno in piedi accanto a lei.

CHÉRIE:
accompagnandosi pianamente mentre il valzer lontano s'intona cogli accordi della chitarra.
Recitato.

« C'era una volta una regina bella

« In un castello nero,

« Sempre rinchiusa, ahimè! per destin fiero.»
La porta s'apre ed appare FLORIAN AUDET. Egli si ferma sulla soglia ad ascoltare.

CHÉRIE:
continua a racitare, ad occhi bassi, accompagnandosi con sommessi accordi.
  « Ma venne un cavalier dall'armi d'oro,
« E sul veron la vide,
« E le disse: « Fuggiam, vieni, t'adoro. »

[p. 33]
  « Ella rispose: « Il muro è alto assai,
« Ed è profondo il fosso,
« Crudel la scolta e non s'addorme mai... »
Gaia.
  « Rapì egli all'inferno un gran tizzone,
« Ed abbruciò il castello!
« E la dama strappò dalla prigione. »

FANNY E NELLY:
ridendo.
Oh!... brava! brava...

CHÉRIE:
alzando gli occhi e vedendo FLORIAN che la guarda fisso in viso.
 « Voi... siete il cavalier leggiadro e forte,
« Io son la prigioniera.
E vi voglio adorar fino alla morte.»
Le due fanciulle l'applaudono, salutano FLORIAN AUDET, poi corrono via a sinistra a raggiungere le altre. Si ode ancora il valzer suonato nella stanza vicina.

FLORIAN:
Ho un quarto d'ora di tempo. Sono venuto a salutarti.

CHÉRIE:
Timida e graziosa.
Grazie.


[p. 34]

FLORIAN:
Grave.
Ho tante cose da dirti!...

CHÉRIE:
Dimmele, Lolò... oh...
correggendosi.
... dimenticavo!
si copre la bocca colla mano.

FLORIAN:
Cosa dimenticavi?
La musica cessa nella stanza accanto.

CHÉRIE:
Che non devo dirti Lolò. E che non devo darti del tu.

FLORIAN:
E come mai?

CHÉRIE:
No! Da oggi in poi... io sono la signorina Chérie Brandes, e tu...
con un grande inchino.
sei il signor tenente marchese Florian Audet.

FLORIAN:
Per carità!

CHÉRIE:
Ordini di mia cognata.


[p. 35]

FLORIAN:
Ma perchè?

CHÉRIE:
Perchè ho diciott'anni.

FLORIAN:
inchinandosi
Non mi resta che obbedire.
Lunga pausa. Si guardano e non sanno che cosa dire.
Fa caldo ... signorina!

CHÉRIE:
porgendogli il ventaglio.
Desidera ... signore?
Ridono.
Cosa sono tutte le cose che avete a dirmi?

FLORIAN:
apre il ventaglio e fa vento prima a sè e poi a lei.
Non posso... signorina! Con questo nuovo regolamento, mi pare di essere paralizzato.

CHÉRIE:
Ma quasi quasi... a me piace! Tu mi sembri... voi mi sembrate una conoscenza nuova.


[p. 36]

FLORIAN:
Io non voglio essere una conoscenza nuova. Sono Lolò, che ti tirerà le treccie quando sei cattiva.

CHÉRIE:
No, no! più niente Lolò. Ed io non ho più treccie...
volge civettuola la nuca.
Vedete?... Ti piaccio cosi?

FLORIAN:
No. E bada che m'hai dato del tu.

CHÉRIE:
Oh Dio! Anche tu!
Un silenzio. Guardandolo.
Io non so più come parlare...

FLORIAN:
Neanch'io.
CHÉRIE lascia cadere il fazzoletto. FLORIAN lo raccoglie.

CHÉRIE:
Sentitelo!
glielo avvicina al naso.
E' profumato! Posso profumarmi se voglio, da oggi in poi. Luisa mi ha dato una bottiglietta... grande così... si chiama white rose. Dice che sono anch'io una « white rose ». Ma voi non capite l'inglese.


[p. 37]

FLORIAN:
Fin lì capisco anch'io --
prendendole la mano.
rosellina bianca!

CHÉRIE:
odorando il fazzoletto.
Com'è dolce! Vi piace?
Glielo fa sentire.

FLORIAN:
No. Volete sapere qual'è il mio profumo prediletto?

CHÉRIE:
Sì.

FLORIAN:
Indovinatelo.

CHÉRIE:
Violetta?... Peau d'Espagne?... Jockey Club?...
Ad ogni parola FLORIAN scuote il capo.
Oh, aspetta!... L'Origant di Coty...

FLORIAN:
No.
Una pausa.
La benzina.

CHÉRIE:
Oh che orrore. La benzina! Per cosa? Per l'automobile?


[p. 38]

FLORIAN:
No. Per voi.

CHÉRIE:
Per me?

FLORIAN:
Sì. Un giorno, forse un anno fa, si prendeva il thé, qui; e voi eravate in collera con me, non so più per che cosa. Vi siete rovesciata una tazza di thè sulla veste... e Luisa vi ha sgridata... Ricordate? Allora siete corsa via a pulirvi la veste... e quando siete tornata -- tutta rossa e compunta -- mi avete guardato!
pausa.
Sentivate di benzina in modo straordinario.
Da allora in poi... la benzina...
Con molto sentimento, prendendole la mano.
... e sempre stato il mio profumo prediletto.
Un silenzio.

CHÉRIE:
commossa.
Che belle cose voi dite! Sembrano prese da un libro.

FLORIAN:
tenero
No ... le ho inventate io... signorina!

CHÉRIE:
Oh! ... Come mi piace che mi diciate « signorina »! Non so perchè ... ma ...
Pausa.
[p. 39]

FLORIAN:
Già. Anche a me fa quell'effetto.

CHÉRIE:
Non ci daremo mai più del tu.

FLORIAN:
Mai più.

CHÉRIE:
E' così rude e sgarbato.

FLORIAN:
E' vero. Vorrei avervi sempre detto signorina. Mi pare... non so come dirlo... di avere sprecato gli anni in cui... non mi sono accorto che eravate una signorina. Mi pare solo adesso di vedervi.

CHÉRIE:
Alzando gli innocenti occhi su di lui.
Anche a me.
Una pausa.

FLORIAN:
Con grande tristezza.
E adesso... devo andar via.

CHÉRIE:
Andrete lontano?
MIRELLA e le altre giovinette entrano allegre.
[p. 40]
Prendono dalla tavola dei dolci a sorpresa e li fanno scoppiettare; no tolgono dei cappelli di carta, dei fischietti, degli stornelli che leggono ad alta voce.

MIRELLA:
Sentite lo stornello!
leggendo.
« Fiore di rosa,
« So che m'amate e fate la sdegnosa. »
Corre a portare due sorprese a CHÉRIE.
Tieni Chérie!
Poi torna correndo dalle altre.

CHÉRIE:
a FLORIAN che ha guardato il suo orologio.
Non guardate l'ora.
Tendendogli una sorpresa.
Tirate...

FLORIAN:
grave e preoccupato.
Vorrei parlarvi.
Tirano la sorpresa e FLORIAN svolge distrattamente, la carta collo stornello.

CHÉRIE:
Leggete, leggete!


[p. 41]

FLORIAN:
Leggendo.
« Fiorin di pero,
La vita è un sogno la morte un mistero. »
In tutta questa scena FLORIAN si sforza a celare sotto un'apparenza quasi gaia la profonda angoscia che è in lui.

CHÉRIE:
ridendo.
Oh! com'è poco interessante. Proviamo quest'altra.
Tirano un'altra sorpresa A CHÉRIE tocca lo stornello. Legge.
« Fior di mimosa
« Quando vorrete sarò vostra sp... »
s'interrompe confusa. Si guardano lungamente silenziosi.
Perchè mi guardate così grave?

FLORIAN:
Chérie!
Le afferra le mani.
Devo andar via.

CHÉRIE:
Andar via! così presto?

FLORIAN:
Subito. Subito! Chissà quando vi rivedrò!


[p. 42]

CHÉRIE:
Oh, ma dove andate? A quest'ora? Il reggimento non può aver bisogno di voi a quest'ora!
FLORIAN sorride amaramente.
E poi oggi è la mia festa... Mandate a dire al colonnello che andrete domani.

FLORIAN:
con traboccante agitazione, sentendo inevitabile e vicina l'ora in cui dovrà lasciar sole le donne incoscienti.
Ma Chérie! Non sapete dunque niente, voi? Niente? Non avete letto i giornali? Vostro fratello, prima di partire non vi ha detto nulla?

CHÉRIE:
Ingenua.
Ma sì... so che vi sono state delle cattive notizie...
Viene MIRELLA e circonda col braccio la cintura di CHÉRIE.

MIRELLA:
A FLORIAN.
Dammi il tuo stornello.
Glielo prende di mano.

FLORIAN:
sempre agitato.
Di ciò che accade intorno a voi -- non sapete niente?


[p. 43]

MIRELLA:
Infantile.

Sì, sì! io so! So che i nemici ci fanno la guerra!

CHÉRIE:
Oh, quello lo so anch'io!
Con una crollatina di spalle.
Ma i nemici... la guerra... per noi donne è così lontano tutto ciò!

FLORIAN:
Fuori di sè.
Lontano! Ma è a quaranta chilometri da qui.

MIRELLA:
Quaranta chilometri?... Quanto è quaranta chilometri?

CHÉRIE:
leggiera.
Oh -- come da qui a Verviers.

FLORIAN:
Lento e scandendo le parole.
I nemici -- sono -- a Verviers.

CHÉRIE:
A Verviers?! E che cosa fanno?!

FLORIAN:
Che cosa fanno?

[p. 44]
Feroce.
Dio! Dio!
Con un ruggito d'ira.
Che cosa fanno?!

MIRELLA:
Allegra.
Bravo, Lolò. Va a vedere. Poi domani ce lo dici.
Corre via a raggiungere le altre fanciulle.

CHÉRIE:
Tornerete davvero domani?

FLORIAN:
Domani!
Amaramente.
Ah, no. Non domani -- nè per tanti domani ... Ditemi addio -- piccola white rose!

CHÉRIE:
Addio...
Si ode il valzer suonato pianamente nella stanza vicina.
Gli dà la mano.

Non so dirvi... quanto mi rattrista che partiate.
Con semplicità e mestizia.
Non ho neppur più voglia di ballare.


[p. 45]

FLORIAN:
Angosciato.
Chérie! ... Ditemi una parola... datemi un ricordo... qualche cosa da portar via con me.

CHÉRIE:
Volete questo stornello?
Con soavità.
« Fior di mimosa,
Quando vorrete -- sarò vostra sposa. »
Glielo porge.

FLORIAN:
prendendolo e recandolo alle labbra colla mano di CHÉRIE
Chérie! Per nessun altro mai sarà questa piccola mano?

CHÉRIE:
grave.
Mai

FLORIAN:
Addio! Oh! vedo le lagrime nei vostri cari occhi! così puri... così puri! si direbbe che non hanno mai guardato altro che il cielo!

CHÉRIE:
commossa.
Addio.

FLORIAN:
Addio, Chérie! ...
Egli sa che questo è forse un addio eterno. Con soffocato impeto di dolore.

[p. 46]
Addio.
Esce.
CHÉRIE va alla finestra e sta immobile guardando giù.
Entra FRITZ e va rapidamente verso di lei.

FRITZ:
con voce dura.
Signorina --

CHÉRIE:
Oh ... Fritz!
volgendosi sconvolta.

FRITZ:
Devo passare.
La prende rudemente pel braccio e l'allontana dalla finestra. Indi si sporge lui a guardar fuori. Con gesto rapido sì toglie un fazzoletto dalla tasca e lo lega all'imposta.

CHÉRIE:
sbigottita.
Ma Fritz! che cosa fate?... Salutate quelli che partono?

FRITZ:
fissandola negli occhi con insolenza.
No. Quelli -- che arrivano.
Esce.

CHÉRIE:
a LUISA che rientra.
Luisa! Hai visto Fritz? Hai sentito che cosa ha detto?


[p. 47]

LUISA:
terrorizzata.
Non capisco... Mio Dio, mio Dio...
Si guardano costernate. Le fanciulle appaiono gaio e ridenti sul pianerottolo, e danzano una quadriglia.
D'improvviso si ode lontano il rombo d'un cannone. Tutte si fermano. Vi è un istante di silenzio.

NELLY:
ridendo nervosamente.
Che cosa sarà stato?

JEANNETTE:
Un saluto per la festa di Chérie!
Tutte ridono.

LUISA:
Bimbe care -- andate a casa. Lina e Fritz vi accompagneranno.

TUTTE:
Oh... andare a casa! Ma è presto!... siamo appena arrivate... !

LUISA:
Correte -- correte! Ho paura di tenervi qui. Ho paura!
Tutte le fanciulle si sparpagliano come un volo
[p. 48]
di passerette. Indossano i mantelli celesti, rosa, bianchi, baciano LUISA, CHÉRIE e MIRELLA.
Addio! Addio!
Un secondo rombo di cannone le ferma tutte immobili sulla porta.

NELLY:
tra il riso e lo spavento.
I nemici?

LE ALTRE:
Uh! che paura! Addio... Addio!...
Escono.
LUISA, CHÉRIE e, MIRELLA rimangono sole.

CHÉRIE:
dopo un breve silenzio guardandosi attorno.
Non so... mi pare di essere in un sogno...

MIRELLA:
ancora sorridendo.
Fiorin di pero
La vita è un sogno, la morte un mistero!

CHÉRIE:
a LUISA abbassando la voce.
E ... se... se davvero venissero qui?

MIRELLA:
Chi?... Chi?...


[p. 49]

LUISA:
mettendole un braccio al collo.
I nemici... quelli che sono a Verviers.

MIRELLA:
frivola e bambinesca.
Oh, se vengono, vorrei che venissero questa sera, mentre siamo vestite così! ...
Fa svolazzare la gonna di tulle.
S'ode un nuovo rombo di cannone.

CHÉRIE:
Luisa!... Luisa! Ho paura.
Nasconde il volto sulla spalla di LUISA.

LUISA:
terrorizzata.
Oh Dio, Dio! -- Florian, dove sarà? Se potessimo richiamarlo.
Corre alla porta.
Fritz! Fritz!
Dopo un istante.
Lina!

LINA:
in giacca e cappello con una borsetta in mano, freddamente.
Sì? Cosa vuole?


[p. 50]

LUISA:
Ma -- Lina! come parli?... E dove vai? -- Dov'è Fritz?

LINA:
E' uscito.

LUISA:
Uscito?... Ma dove è andato?

LINA:
con un cattivo sorriso.
Adesso andrò a vedere.

CHÉRIE:
Ma no, Lina! Sta qui con, noi! ...

LUISA:
Vi vieto di uscire.

LINA:
con insolenza.
Oh! Passato il tempo dei divieti.
Esce e chiude la porta.

CHÉRIE:
Ma che cosa accade?...

LUISA:
Non capisco.

CHÉRIE:
Siamo sole!... E pensa, Luisa, pensa! Se... quelli venissero -- che cosa faremmo?


[p. 51]

LUISA:
Per carità! Non pensiamoci!

CHÉRIE:
Ma bisogna pensare. Bisogna essere preparate a tutto. Dobbiamo pensare...

LUISA:
Ma, mia cara, non verrebbero qui.

CHÉRIE:
Non credi?

LUISA:
Qui? In casa nostra? A far che? Ma andrebbero... non so... all'albergo...

CHÉRIE:
Credi? All'albergo? ...
Una pausa.
Non posso imaginare ...
Un altro silenzio.
Già, che cosa verrebbero a fare in questo paesetto? ... Cosa potrebbero volere da noi?

MIRELLA:
cominciando ad impressionarsi.
Avete paura davvero?...
Ride, nervosa.

CHÉRIE:
Se mai... certo non verranno -- ma se
[p. 52]
mai... quando picchiassero giù alla porta, bisognerebbe dire che non li possiamo ricevere.
S'odo fuori delle voci e un clichettio di sciabole.

MIRELLA:
correndo alla finestra con uno strillo.
Ma sono qui...

LUISA E CHÉRIE:
No!...

MIRELLA:
Sono qui, vi dico! Sono in cinque o sei. Non picchiano! Sono entrati. C'è Fritz... è lui che apre la porta! Vengono su. Oh Dio, vengono su!
Stanno tutt'e tre immo bili guardando la porta; questa s'apre sbattuta villananamente dal di fuori.
Entrano il capitano FISCHER, quarantenne, il tenente VON WEDEL, bel giovane di ventisei anni, e tre soldati.

IL CAPITANO FISCHER:
guardandosi intorno senza badare alle donne. Al tenente VON WEDEL.
Dunque qui, dove siamo?


[p. 53]

VON WEDEL:
leggendo una carta.
Giorgio Brandes, medico e ufficiale di riserva, quattro in famiglia -- 12 stanze, scuderia, due cavalli, una motocicletta, cantina, telefono.

IL CAPITANO FISCHER:
Uomini adulti?

VON WEDEL:
Uno solo, il dottore. Partito iersera -- per la capitale, credo. Deve aver preso la strada di Tourgain.

FISCHER:
C'era un nostro incaricato qui?

VON WEDEL:
Sì, certo Fritz Müller.

FISCHER:
Dov'è questo Müller?

VON WEDEL:
Il domestico. Era lui dabbasso, che ci ha aperto

FISCHER:
Ah. Vediamo le stanze.
Consultando la carta.
Tre a questo piano, quattro di sopra --
A VON WEDEL gettando uno sguardo sulle tre donne,

[p. 54]
Tu sta qui.
Esce seguito dai tre soldati.

VON WEDEL:
Sta un Momento immobile guardando da LUISA a CHÉRIE, da CHÉRIE a MIRELLA e ancora CHÉRIE. Un lento cinico sorriso gli si disegna sul volto. Poi si volge e va alla tavola del buffet.
Toh! Un banchetto... Si direbbe che ci aspettavate!
Prende un sandwich.
A LUISA.

Vi aspettavate di vederci? O è una bella sorpresa che vi facciamo?

LUISA:
esterrefatta.
Signore -- spero che avrete la bontà di tornar via. Mio marito non è qui.

VON WEDEL:
ridendo.
Ah davvero? Sono desolato. Aspetteremo che ritorni.

LUISA:
Ma non torna stasera.

VON WEDEL:
Ah no? Che marito poco galante!... E dove sarebbe andato?


[p. 55]

LUISA:
ingenua.
A Tourgain, per la via di Landor.

VON WEDEL:
Attento.
Ah, per la via di Landor? -- Solo?

MIRELLA:
A LUISA.
Taci mamma! Non dirlo!

VON WEDEL:
Ridendo.
Ma guarda guarda, come siamo furbe e diplomatiche!
Ironico a MIRELLA,
Posso chiedere alla mamma se il papà è fumatore?
Le donne si guardano sbigottite.

VON WEDEL:
secco, impaziente.
Sigari... sigarette, ne avete in casa? Si? Andatele a prendere. Su, donna, movetevi. Ho i polmoni che si struggono dalla voglia di un Nestor.
LUISA fissandolo con occhi trasognati s' avvia lentamente verso la scalinata -- sale e sparisce.

VON WEDEL:
S'avvicina a CHÉRIE e MIRELLA che indietreggiano,

[p. 56]
Ebbene, colombelle? Ci aspettavate dunque! ... Vi siete vestite da festa per riceverci? Eh! ...
Pizzica la guancia a CHÉRIE.
Come ti chiami tu?
Le due ragazze indietreggiano terrorizzate.
Carolina?... Eh? Maria?... Teresina?... Eh?
Le prende il mento.
Rispondi.

CHÉRIE:
senza fiato
Chérie

VON WEDEL:
Cosa mi dici? Chérie? Caruccia anche tu.
Si china in avanti per baciarla.

MIRELLA:
lanciandosi su di lui con un grido.
No!... No!
Fa per percuoterlo.

VON WEDEL:
ridendo dell'ira di MIRELLA.
Ah, che piccola vipera!... Aspetta un po' -- Vedrai cosa ti faccio!

[p. 57]
LUISA entra portando delle scatole di sigarette. Le depone sul tavolo.

VON WEDEL:
a LUISA.
Brava. E da bere cos'avete? Qui --
additando il tavolo.
... non vedo che sciroppi. Sciampagna ne avete? E cognac? e rhum? e kirsch? Portate qui tutto.
A MIRELLA.
Viperetta, va anche tu -- e porta qui Lutto. Fa presto -- va -- va.

MIRELLA:
No!...
Avviticchiandosi a CHÉRIE.

VON WEDEL:

Hai paura che te l'ammazzi, tua sorella?

MIRELLA:
Non è mia sorella.

VON WEDEL:
E cos'è?

MIRELLA:
E' mia zia.

VON WEDEL:
ridendo.
Ah -- è tua zia? Anch'io ho una zia. Ma
[p. 58]
non è così. Le scambieremo; va bene, vipera? Ti darò la mia zia, e tu mi darai la tua. Va bene?

MIRELLA:
No!...

VON WEDEL:
feroce.
Va a prendere da mangiare... corri o ti strozzo...
MIRELLA fugge.

LUISA:
Signore... noi... noi non siamo che donne...

VON WEDEL:
Eh! me ne accorgo.
Le prende il braccio.

LUISA:
piangendo.
Anche voi... avrete delle donne a casa vostra...

VON WEDEL:
Oh là! là! là! Non cominciamo cogli appelli ai sentimenti nobili. Abbiamo fame e sete. Marsch, buona donna.
LUISA Si volge per partire.
E se pensate di scappare... se fra tre minuti non è tutto qui in tavola, io mi mangio
[p. 59]
questa colombella -- capite? Me la mangio -- aah!
Afferra il braccio di CHÉRIE e se lo porta, alla bocca.
LUISA esce barcollando.
a CHÉRIE

Che parentela hai con quella Niobe piangente?

CHÉRIE:
a bassa voce.
E' mia cognata.

VON WEDEL:
Eh? Non capisco. Parla più forte. Tua cognata?... Caruccia!
Pizzicandole il mento.
E io sarò tuo cognato, va bene?
Rientra il Capitano FISCHER. Si ferma sulla porta a dare degli ordini ai tre soldati che lo seguono.

FISCHER:
Direte al capitano Glotz e al tenente Feldmann di venir qui. Avranno le due stanze all'est. Voi cenerete all'osteria e quattro ordinanze e quattro uomini verranno a dormire qui nelle soffitte. Sarete qui alle undici. Non vi ubbriacate.
I soldati salutano e fanno per partire.
Oh! E lasciate stare le donne di malaffare,
[p. 60]
Capite? Non voglio che mi si' avveleni il battaglione.
Pausa.
Donne non ne mancano.
I soldati salutano ed escono.

FISCHER:
avanzandosi.
Tutto fatto. E qui si mangia?

VON WEDEL:
Salutando.
Sì, mio capitano.

FISCHER:
sciogliendosi la cintura,
Smetti pure il capitano. Qui torniamo cugini, Hans. Eh, che porcheria d'un paese. Quell'animale d'un parroco!... Guardate quì cos'ho sugli stivali.
Sporge un piede.
Fango e sangue! Bah!... E ho qualche cosa al braccio...
Si toglie la giubba.

VON WEDEL:
Ma sei ferito.

FISCHER:
Già.
Guardando CHÉRIE.
Cosa fa quella ballerina? Venga qui.
Le fa cenno di avvicinarsi.

[p. 61]
Ha paura d'un povero ferito?
Si è tolto la giubba, e la manica della camicia appare macchiata di sangue.

VON WEDEL:
Ridendo.
E' mia cognata.
La caccia innanzi verso FISCHER.

FISCHER:
Ridendo.
Tua cognata? Brutto animale! Te la sei già accaparrata? Tu mi porti sempre via di sotto al naso ciò che c'è di meglio. Maledetti tuoi ventisei anni.

VON WEDEL:
additando la piccola MIRELLA che entra portando delle bottiglie.
Eh! guarda com'è carina la viperetta qui.

FISCHER:
Peuh! Il sapor di latte non mi dice niente.
Vede LUISA che, entra recando altre bottiglie e bicchieri.
Oh! Ecco piuttosto...

VON WEDEL:
con una grossolana risata.

[p. 62]
Quella è la Niobe piangente.
CHÉRIE tenta fuggire ma egli la prende per un braccio e la trattiene.

FISCHER:
Va incontro a LUISA e ie prende le bottiglie dalle mani.
Bella signora -- come vedete sono malconcio.
Additandole il braccio ferito.
Portatemi dell'acqua calda e fatemi da suora.

LUISA:
con voce sorda.
Di sopra c'è acqua calda.

FISCHER:
sdraiandosi sul divano.
Ah, ma io la voglio qui.

VON WEDEL:
ridendo mentre stura la bottiglia di cognac.
La Niobe si preoccupa dei suoi tappeti, eh?
Sputa sul tappeto.
Lurido paese.
LUISA esce barcollando.

VON WEDEL:
a CHÉRIE e MIRELLA.

[p. 63]
Avanti con questa cena. Servite il capitano.
Beve.
CHÉRIE e MIRELLA restano immobili guardandosi in faccia. Stanno vicine l'una all'altra, terrorizzate e incerte.

VON WEDEL:
con uno scoppio di voce.
Servite il capitano.
Le due ragazze prendono piatti e bicchieri e li porgono al Capitano FISCHER che è sdraiato sul divano.

FISCHER:
Non voglio che un cognac. Questo braccio mi fa maledettamente male.
A MIRELLA.
Dite a quella donna che faccia presto coll'acqua calda.

MIRELLA:
Si. Lo dirò.
Volgendosi a CHÉRIE
Vieni anche tu con me.

VON WEDEL:
afferrando CHÉRIE
Ah già! Così scappate tutt'e due! No! Una deve sempre star qui.

[p. 64]
Ride.
E noi la strozzeremo se le altre non tornano!

MIRELLA:
Sto qui io.
A CHÉRIE
Va a chiamar la mamma.

CHÉRIE:
ansante guardando dai due uomini a MIRELLA.
No!

MIRELLA:
fissandola con grandi occhi.
Va, ti dico.
Mentre CHÉRIE le passa accanto.
E chiama Fritz!

CHÉRIE:
piano.
Ci ha tradite.
Esce.

VON WEDEL:
Eh la viperetta --
Si sdraia in poltrona.
ho fame. Puoi servire anche me.

MIRELLA:
con aria selvatica e audace.
Voi? Cosa siete voi? Tenente? Io no. Io non servo che i capitani.
Versa un altro bicchierino di cognac a FISCHER.


[p. 65]

FISCHER:
ridendo.
Toh, Hans! Prendi e metti ciò alla bottoniera.
Beve.

VON WEDEL:
ridendo.
Impertinente rospicciattolo!
Si alza e va al tavolo.

FISCHER:
a MIRELLA.
Chissà che odio hai in cuore contro di noi! Di' la verità.

MIRELLA:
Io? Ma niente affatto. Sono contenta che siate arrivati. M'annoiavo a morte. E poi... io so il tedesco.
Fa una piroetta e getta un bacio a FISCHER.
« Grüss Gott!»

FISCHER:
ridendo
Quanti anni hai?

MIRELLA:
pronta.
E tu?
I due ufficiali ridono.

FISHER:
Non hai paura di noi?

MIRELLA:
Io -- paura? Paura!

[p. 66]
Ride convulsa.
Ma anzi... non ho mai visto...
Tira un fiato come un singulto.
... nessuno di più bello... Vi aspettavo alla finestra... Non avete visto?
A FISCHER sedendogli accanto sul bracciolo del divano.
Ti fa sempre male il braccio?

FISCHER:
Sì. Guarda.
Scopre la ferita.

MIRELLA:
con un brivido.
Oh!

FISCHER:
Ti fa pena?

MIRELLA:
No, mi fa schifo.

FISCHER:
ridendo.
Che bel tipo!
Entra LUISA portando una catinella d'acqua, e serviette e bende.
Essa depone in terra la catinella accanto al divano.

FISCHER
con ammirazione guardando LUISA.
Ah! ecco la mia suora di carità!... Grazie,
[p. 67]
bella signora!... Dite un po', vostro marito è medico, non è vero? Avrete in casa qualche disinfettante... dell'acido borico? Del sublimato?

LUISA:
Sì.

FISCHER:
Portatemene, vi prego.
LUISA esce a sinistra e ritorna quasi subito con una fialetta in mano.

FISCHER:
prendendo la fialetta.
Cos'è? « Sublimato »... Ecco... una tabletta nell'acqua. Così.
Le rende la fialetta che essa depone sopra una mensola dietro al divano.
Grazie, bella Samaritana. Volete aiutarmi?... Volete fasciare la ferita al nemico? Al nemico... ammiratore?
LUISA s'inginocchia accanto a lui e gli fascia la ferita.

VON WEDEL:
a LUISA.
Dov'è rimasta la colombella?

LUISA:
Non so...

VON WEDEL:
Vado a cercarla.


[p. 68]

MIRELLA:
con un grido.
No! Non voglio!

VON WEDEL:
Oh bella questa! E come vuoi impedirlo?
Va alla porta.

MIRELLA:
precipitandosi.
Vengo anch'io. Non voglio che tu le faccia male.

VON WEDEL:
ridendo.
Vieni pure, scorpioncino.
VON WEDEL esce con MIRELLA.

LUISA:
Mio Dio!
Si slancia per seguirli.

FISCHER:
Trattenendola.
Restate qui. Von Wedel non le farà nulla.
Mostrandole il braccio.
Guardate piuttosto che ferita profonda!... E voi... me ne fate un'altra, guardandomi con quegli occhi così dolci e paurosi.
Avete paura di me?
Pausa.

LUISA:
con un singhiozzo.
Sì.


[p. 69]

FISCHER:
Perchè? Non sono un selvaggio... non vi farò niente. Siamo più teneri noi altri nordici colle donne, che non i vostri egoisti d'uomini.
Accarezzandole il viso.
Assai più teneri...

LUISA:
scoppiando in pianto.
Per pietà!... per pietà!

FISCHER:
Ma sì, ma sì, avrò pietà. Non è un oltraggio dirvi che siete bella e che mi piacete...
La porta si apre ed entrano il Capitano GLOTZ e il tenente FELDMANN.

GLOTZ:
sulla porta.
Ma guarda un po' che dolce quadro d'intimità!... Ti disturbiamo?

FISCHER:
alzandosi.
No -- noi venite. Ho trovato una Samaritana che m'ha fasciato la ferita. Avete messaggi?

GLOTZ:
Niente. Per stasera si sta qui. Domattina alle cinque si prosegue su Tirlemont.


[p. 70]

FISCHER:
Avete pranzato?

FELDMANN:
Niente. Siamo affamati.

GLOTZ:
Qui c'è da sfamarsi...
Spingono la tavola verso il centro.
Entra VON WEDEL conducendo pel braccio CHÉRIE, che ha uno scialletto sulle spalle, seguita da MIRELLA che piange.

VON WEDEL:
Preda di guerra!... Voleva fuggire, la colomba. Per punirla le legheremo le ali.
Toglie lo scialletto a CHÉRIE e fa per legarle, le braccia dietro alle spalle.

MIRELLA:
strillando.
Non voglio.
Con impeto d'infantile ira alza la mano per schiaffeggiare VON WEDEL

VON WEDEL:
Afferrandole il braccio e torcendoglielo con finta collera.
Ah! E a questo scorpioncino schiacceremo la testa.


[p. 71]

FISCHER:
paterno.
Via, lasciale stare, Hans.

GLOTZ:
sempre a tavola.
I piagnistei mi guastano l'appetito.
Sogguardando le due fanciulle.
Cosa sono? Paiono ballerine.

FELDMANN:
mangiando.
Brave!... Brave! Se è così, ballate per divertirci.

FISCHER:
facendo sedere LUISA accanto a lui sul divano.
Sorridete un poco, suora di carità! Bevete un sorso di champagne con me.
Le porge il suo bicchiere

LUISA:
No! no!

FISCHER:
Prego... un sorso...

FELDMANN:
Al capitano bisogna obbedire.
Anch'egli siede accanto a LUISA sul divano e le prende le mani.


[p. 72]

LUISA:
piangendo.
Per pietà!... La casa è vostra... ma lasciateci andar via... ve ne imploro.

GLOTZ:
Che non ha smesso di mangiare.
Ma si. Mandatele via tutte quante! Mi guastano l'appetito.

VON WEDEL:
Mia cognata no. La voglio'qui.
Mette lo scialletto intorno a CHÉRIE stringendo ne le braccia dietro le spalle.
A MIRELLA.

Rospo... tu puoi andare a letto.

MIRELLA:
No! non vado a letto. Sto qui.
A FISCHER.
Vero, capitano, che mi fai star qui?...
Vedendo sua madre che piange seduta tra FISCHER e FELDMANN sul divano.
Perchè fai spavento a mia mamma? Lasciala andare, e parla con me. Io non ho paura...


[p. 73]

LUISA:
piangendo.
Mirella, Mirella, va via!

FELDMANN:
Prendendo la chitarra.
Chi fa musica di voialtre?

VON WEDEL:
Sarà il rospo!
Ride forte. A CHÉRIE.
Oppure sei tu, colombella?
L'attira a sè.

CHÉRIE:
singhiozzando.
Lasciatemi.

MIRELLA:
D'improvviso guardandosi intorno.
Ah!
Con uno strillo terribile.
Mamma, mamma! Ho paura! Mandali via. Mandali via! Ho paura!

GLOTZ:
sempre a tavola.
Questa qui mi dà fastidio davvero. Mi rovina la digestione.
A FELDMANN.
Portala via e chiudila in soffitta.

FELDMANN:
ridendo.

[p. 74]
Sta bene. In soffitta ci sono otto soldati --
Abbranca MIRELLA.

LUISA:
con un urlo, strappando. si alla stretta di FISCHER.
No! no... Dio!
Cade in ginocchi davanti a FISCHER.
Non permettete!

FISCHER:
severo a FELDMANN.
Non permetto.

FELDMANN:
Allora, dove la metto? Se al capitano Glotz fa venire l'indigestione...

VON WEDEL:
Chiudila in cantina. Lì c'è nessuno...
Ridendo.
... eccetto sorci e rospi e ragni come lei.

FISCHER:
bruscamente a FELDMANN.
Chiudetela davvero in cantina. Sarà meglio. E voi...
Con un'occhiata severa.
...tornate quì subito. Capite? Subito.

FELDMANN:
Capisco.
Saluta, e parta fuori MIRELLA
[p. 75]
che piange e si dibatte.

FISCHER:
A LUISA.
Non piangete, signora. Ringraziatemi piuttosto.
Additando WON WEDEL e GLOTZ che bevono il cognac.
Non capite che per la vostra bambina è meglio così?

LUISA:
Lasciate andare anche noi... anche noi...

VON WEDEL:
Che cosa dice? Vuol andare in cantina anche lei?
Ride sguaiatamente.
La mia cognatina in nessun modo va. Che ne dici, Glotz?

GLOTZ:
senza alzare gli occhi.
Ho fame io.
Si indovina nel contegno burbero di GLOTZ un celato desiderio di venire in aiuto delle donne e salvarle per quanto è possibile dalla brutalità degli altri tre.

VON WEDEL:
Ho fame anch'io.

[p. 76]
Stringendo CHÉRIE.
Da tanto tempo digiuno!

CHÉRIE:
Non mi tenete così... scioglietemi le braccia

VON WEDEL:
No. no. Mi piaci così... in mio potere.
Avvicina il suo viso al viso di CHÉRIE.
Non chiudere gli occhi. Guardami bene in faccia. Son brutto? No, eh? Adesso bevi questo cognac.
Le mette il bicchiere alle labbra.

Eins -- zwei -- drei -- bevilo!
CHÉRIE distoglie il volto.

FISCHER:
Sempre sul divano, a LUISA che s'è gettata in ginocchio davanti a lui.
Ma non vi disperate così. Alla vostra bambina non accadrà nulla. Andiamo pure a vedere...
Si alza.
Ma è un buon uomo, Feldmann. Tutt'al più le avrà dato qualche scoppola per farla star zitta. Andiamo, andiamo... non piangete...
Escono.


[p. 77]

GLOTZ:
venendo avanti. A VON WEDEL che tiene sempre serrata nello scialletto la piangente CHÉRIE.
Cosa tormenti le donne, tu? Non sarebbe meglio mandarla a farei del caffè?

VON WEDEL:
A CHÉRIE.
Quell'uomo è brutale. E' tutto stomaco. Io no. Sono tutta poesia.
Beve il cognac e abbraccia CHÉRIE.

GLOTZ:
sedendole dall'altro lato.
Non gli credete. E' più brutale lui di me.
Accende una sigaretta.
La disturba il fumo, signorina?

VON WEDEL:
Ma no... fuma anche lei -- guarda!
Si sporge avanti e le caccia una boccata di fumo sulle labbra.
Bella mia se non bevi... guarda che ti dò da bere, io -- allo stesso modo... come t'ho dato il fumo. Capisci?... O non capisci?
Le porge un calice di champagne e la forza a bere.


[p. 78]

CHÉRIE:
singhiozzando.
Mio Dio! Mio Dio! Non c'è nulla, nulla ch'io possa dirvi perchè abbiate pietà?

VON WEDEL:
Che male ti facciamo? Ecco, guarda, ti sciolgo le braccia.
Toglie lo scialletto coi quale la teneva prigioniera.

CHÉRIE:
Coprendosi il volto.
Orrore!... Orrore!...

VON WEDEL:
ridendo.
Ma che? Che cosa è un orrore? Glotz, qui, è un bel giovane... E anch'io... Via, non mi pare di essere ripugnante.

GLOTZ:
Guardi, signorina. Se vuole assicurarsi la nostra benevolenza non piagnucoli così. Pensi che da tre giorni non vediamo che lacrime, non udiamo che lamenti ed urli. Non ci fanno proprio più nessuna impressione.

VON WEDEL:
Anzi, ci urtano i nervi. Se tu ridessi, ballassi, cantassi, faresti di noi ciò che vuoi tu.


[p. 79]

GLOTZ:
Già. Divertiteci un poco!... Affascinateci!... domateci!

VON WEDEL:
E bevi dell'altro champagne.

CHÉRIE:
Beve.
Non piangerò più. Non piangerò più.
Ripresa dal terrore.
Ma non farete nulla alla piccina!

VON WEDEL:
Al rospo? Chi vuoi che lo tocchi?

CHÉRIE:
Nè a mia cognata.

GLOTZ:
Niente, niente. Non faremo niente a nessuno. La Niobe, del resto, è sotto l'ala del capitano Fischer che ha moglie e figli a casa.

CHÉRIE:
Ah!
Con un gran sospiro.
Ha moglie... e figli?...

VON WEDEL:
Sì, la moglie è grassa così!
CHÉRIE sorride.
E cinque figli.


[p. 80]

CHÉRIE:
sorridendo.
Oh Dio! Che bella cosa... Mi piace pensare che ha cinque figli... Non so perchè, ma mi sento un po' più rassicurata...
Con ingenuità soave a VON WEDEL.
Voi non li avete... cinque figli?

VON WEDEL:
Facendola bere.
No. Noi no. Ma li potremmo avere.

GLOTZ:
E subito!

VON WEDEL:
E con entusiasmo!

CHÉRIE:
Guardando dall'uno all'altro.
Mi pare di avere un po' meno paura di voi...

GLOTZ:
Eh! lo champagne ...

VON WEDEL:
E il nostro fascino personale...

CHÉRIE:
No. No. E' perchè avete detto che vi piacciono
[p. 81]
i bambini. Allora non potete essere proprio cattivi...

VON WEDEL:
ridendo.
I bambini! Ma sono una passione per noi. Non pensiamo ad altro...
Le bacia la nuca.

CHÉRIE:
Ritraendosi.
Non fate così!

GLOTZ:
Bevete una goccia anche dal mio bicchiere.

CHÉRIE:
No -- no! Ho paura che mi vada alla testa.

VON WEDEL:
E quand'anche? Che male ci, sarebbe?
Feroce.
Avanti!
La forza a bere.

CHÉRIE:
Già briaca, sorridendo.
Ma pensate un po'!... Se io mi, ubbriacassi...
Ride.

VON WEDEL:
Adesso ci canti qualche cosa.

CHÉRIE:
Oh! mi gira la testa.


[p. 82]

GLOTZ:
prendendo la chitarra.
Non importa.. lo tengo la chitarra e tu la suoni.
L'attira a sè.

VON WEDEL:
Irritato, a GLOTZ.
Non far l'imbecille.

GLOTZ:
un po' brillo.
Tu accoppati...
Metto un braccio intorno a CHÉRIE.

VON WEDEL:
Feroce.
Vuoi litigare?

GLOTZ:
Io no. T'amo troppo.
Mette l'altro braccio in torno a VON WEDEL.

VON WEDEL:
Allora beviamo alla fratellanza! -- Vieni qua, colomba, che t'insegniamo a bere alla fratellanza come fanno gli studenti tedeschi.
Dà un calice a GLOTZ, uno a CHÉRIE, e ne prende uno per sè.

GLOTZ:
cantando.
« Cram pim -- pam pampuli! Crampampulil »


[p. 83]

VON WEDEL:
Intrecciando le braccia con quelle di CHÉRIE e di GLOTZ.
« Immer fidel und sans-souci -- trink'ich mein Glass crampampuli. »

GLOTZ E VON WEDEL:
« Cram pim -- pam -- pampuli -- Cram pampuli! » bevono.
La porta s'apre... MIRELLA pallida stravolta colla vesto lacera appare sulla soglia. Si arresta un i stante immobile con gli occhi sbarrati guardando CHÉRIE tra i due uomini ubbriachi.

CHÉRIE:
Tra il singhiozzo e le risa.
Mirella... Mirella...
corre da lei.

MIRELLA:
Dio!... Dio!...

CHÉRIE:
avvicinandola.
Ridi... devi ridere! Hanno detto che se ridiamo non ci fanno niente...

MIRELLA:
Guardandola con terrore.
Dio!... Dio!...


[p. 84]

VON WEDEL:
Volgendosi e vedendo MIRELLA.
Oh! ecco il rospo!... Sei stata in cantina, rospo?
ride sguaiato.

MIRELLA:
Sottovoce e ansante a CHÉRIE.
La mamma... l'hanno presa di forza e chiusa in camera...

CHÉRIE:
Passandosi una mano sulla fronte e cercando di tornare in sè.
Corri fuori... corri... cerca aiuto...

MIRELLA:
Siamo imprigionati in casa! Vi sono due soldati sulla porta... Ho voluto passare... allora uno m'ha dato un pugno... e, l'altro... l'altro ha cercato di stringermi... non so... di stritolarmi...

VON WEDEL:
Olà! Cosa mormori, rospiciattolo? Va via, va via.

MIRELLA:
Terrorizzata a CHÉRIE.
Perchè, perchè mi mandano via? Cosa vogliono farti?


[p. 85]

CHÉRIE:
smarrita.
Non lo so, non lo so...

MIRELLA:
Ti ammazzeranno?

CHÉRIE:
Forse... Non piangere! Se piangiamo ci ammazzano tutt'e due.

VON WEDEL:
Cantando mentre GLOTZ strimpella sulla chitarra.
« Immer fidèl und sans-souci -- trink'ich mein Glass crampampuli »...

CHÉRIE:
Se potessimo spaventarli...

MIRELLA:
O ucciderli.

CHÉRIE:
Ti guardano! Ridi, MIRELLA, ridi!
Poi, appena VON WEDEL si rivolge a parlare con GLOTZ.
Se potessimo pensare a qualche cosa!... per farli andar via!
Vedendo FISCHER che entra.
Senti, ho un'idea --
Susurrano insieme.


[p. 86]

GLOTZ:
A FISCHER, che è rientrato.
Oh, capitano! E dove siete stato?

VON WEDEL:
con una risata grossolana.
Hai consolate la piangente Niobe?

FISCHER:
Depresso, come chi ha commesso una vile azione, e ne è pentito.
Bah! lurido mondo.

VON WEDEL:
Ma non hai mangiato, tu?

FISCHER:
amaramente.
Eh va! ho pranzato e cenato. Vado a dormire.

GLOTZ:
Un momento, capitano.
Si toglie di tasca una carta topografica e la spiega davanti a FISCHER. I tre uomini si consultano, parlando a bassa voce tra loro.


[p. 87]

CHÉRIE:
Che ha preso dalla mensola la fiala di sublimato corrosivo -- piano, a MIRELLA.
Io lo farò.
Va in punta de' piedi alla tavola e, cauta, mentre gli uomini non l'osservano, prende la bottiglia di cognac.

MIRELLA:
Fuori di sè.
Non farlo! Non farlo! Ti vedranno.

CHÉRIE:
Lo so! Oh Dio, Dio! Non ne ho il coraggio!
Rimette sul tavolo la bottiglia di cognac.

MIRELLA:
colpita da un'idea.
Ma potremmo dire che... l'abbiamo fatto! Così si spaventerebbero e andrebbero via.

CHÉRIE:
Oh! No! ci ucciderebbero subito.

MIRELLA:
Credi?

CHÉRIE:
Sì, sì, credo. Ma quasi -- lo preferirei.


[p. 88]

MIRELLA:
spaurita.
Preferiresti -- che ci uccidessero subito? Ma cosa dici! Perchè?

CHÉRIE:
Non so perchè. Ma sento che lo preferirei.

VON WEDEL:
separando CHÉRIE da MIRELLA.
Basta di susurri...
Alzando tra le braccia CHÉRIE e facendola sedere sul tavolo. A FISCHER.
Guarda cugino! Una colombella briaca...
CHÉRIE ride debole e insensata, tenendo chiusa nella mano la fialetta di sublimato.

FISCHER:
Lasciate stare le donne.
Esce.

VON WEDEL:
Già. Sazio lui, esaurito l'argomento.
A GLOTZ, additando CHÉRIE.
Guarda un po', Glotz, come è bella quando ride!
CHÉRIE ride guardando MIRELLA che si mette a ridere nervosamente anche lei.


[p. 89]

GLOTZ:
Guardando dall'una all'altra.
E perchè ridete così?

VON WEDEL:
E' il vino.

CHÉRIE:
No, no! Non è il vino...

VON WEDEL:
E allora che cos'è?

CHÉRIE:
sempre ridendo.
Penso... che se sapeste ciò che so io -- non sareste qui!
ride come presa dall'isterismo.

VON WEDEL:
E dove saremmo?

CHÉRIE:
Sareste... dal dottore!

VON WEDEL:
Ma ci siamo!

CHÉRIE:
Appunto perchè ci siete, andreste, correndo... da un altro dottore!


[p. 90]

MIRELLA:
Sì, si! correndo!
ride.

VON WEDEL:
Cosa vuol dire?

GLOTZ:
a VON WEDEL.
Vuol dire che ha bevuto troppo.

CHÉRIE:
No... no!... siete voi -- voi, che avete bevuto troppo -- da quella bottiglia!
Addita la caraffa del rhum che i due hanno quasi vuotata.

GLOTZ:
sconvolto.
Eh?

MIRELLA:
Già... proprio da quella bottiglia...

CHÉRIE:
Ormai...
ride.
... avete bevuto!

MIRELLA:
battendo le mani
Già... già... ormai avete bevuto...


[p. 91]

CHÉRIE:
E fareste meglio ad andare subito dal dottore...

MIRELLA:
Subito... subito!

VON WEDEL:
Che storie sono queste? Sei ubbriaca -- vero?
Le afferra il braccio.

CHÉRIE:
Si... sono ubbriaca... o non avrei detto... ciò che ho detto.

GLOTZ:
a VON WEDEL.
Che cosa tiene in mano? Guarda un po'...

CHÉRIE:
Niente... niente.
Cela ostentatamente dietro alla schiena la fialetta del sublimato.

VON WEDEL:
Dà qui.
forzandola ad aprire la mano.
Cosa diavolo?
Le toglie di mano la fia letta e legge esterrefatto.
« Sublimato corrosivo! » Sublimato!...

[p. 92]
Lanciandosi su CHÉRIE.
Ah! strega! ... canaglia!...

CHÉRIE:
scoppiando in pianto.
Ma no! no ... non ho fatto niente --

MIRELLA:
Non ha fatto niente!

GLOTZ:
a VON WEDEL
Lascia stare, va! Ce ne saremmo accorti.

VON WEDEL:
Oh per Dio... se non l'hanno fatta ce la volevano fare.

CHÉRIE:
No! no! Non è vero.

VON WEDEL:
Vero o non vero -- me la pagherai.
CHÉRIE balza dalla tavola e fugge verso la porta a destra. GLOTZ l'afferra e la ferma.

MIRELLA:
strillando
Ma abbiamo fatto per ridere...

CHÉRIE:
Per ridere...


[p. 93]

VON WEDEL:
Sta bene -- adesso rideremo! Anche noi!
Afferra CHÉRIE che indietreggia contro la porta drappeggiata.

MIRELLA:
balzandogli adosso come una tigre.
Lasciatela! lasciatela!

VON WEDEL:
aprendo col piede la porta e guardando nella camera ancora illuminata.
Bene! Tutto quel che ci vuole!... Glotz! legala al letto!
Afferrando MIRELLA.
Quanto a te, scorpione, t'insegnerò io a mentire.

MIRELLA:
strillando.
Ah, mi uccidi?

VON WEDEL:
Aspetta, aspetta...
Con una sciarpa rimasta su di una sedia, la lega rapidamente alla ringhiera. MIRELLA piange.


[p. 94]

CHÉRIE:
Che s'è inginocchiata ai piedi di GLOTZ.
Perdonatemi -- perdonatemi! lasciatemi andare! Ho detto per farvi paura. Ho detto per ridere... non abbiamo fatto niente, niente!

GLOTZ:
crollando le spalle.
Lo so, lo so. Non urlare. Tanto andava lo stesso a finire così.
Guardando VON WEDEL
E' un bruto quello lì.

CHÉRIE:
cingendogli i ginocchi.
Salvatemi... salvatemi! Oh mio Dio, cosa mi farà?

GLOTZ:
Bah! Se non è lui è un altro. Guai ai vinti, povera creatura.

CHÉRIE:
Oh, voi siete buono -- lo so che siete buono, lasciatemi fuggire --
Di fuori si odono voci di soldati ubbriachi che cantano « Deutschland über Alles ».


[p. 95]

GLOTZ:
Dove volete fuggire? Sentite -- sentite i soldati ubbriachi. L'inferno è scatenato.

VON WEDEL:
Che ha legato stretto MIRELLA alla ringhiera col piccolo viso folle di paura rivolto alla parta aperta della camera da letto.
Ecco -- e tu starai qui -- starai qui -- a vedere!
Va verso CHÉRIE e fa per trascinarla verbo la camera.
A GLOTZ

Prendila per i piedi...

GLOTZ:
Io no.

VON WEDEL:
Vigliacco!

GLOTZ:
Vigliacco tu!
Apre la porta ed esce. Sulla soglia incontra FRITZ che entra.

MIRELLA:
Fritz! aiuto -- aiuto!

CHÉRIE:
con un grido di gioia.
Ah, Fritz!...


[p. 96]

FRITZ:
con sogghigno beffardo.
Oh! guarda, guarda! La santarellina che da un anno fa la superba con me!...
L'afferra, e con VON WEDEL la trascina nella camera vicina.
La porta resta aperta.

MIRELLA:
sola, legata alla ringhiera, pazza di terrore.
Ah! no! -- no! -- no...
I suoi occhi si dilatano per l'orrore di ciò che vede. Si dibatte, si contorce, strilla... e traverso i suoi urli di creatura torturata si indovina l'atroce misfatto che si compie davanti a lei.
Nella strada passa una banda militare; le fiamme d'una casa incendiata illuminano la scena.

CALA IL SIPARIO.


[p. 97]

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Vivanti, Annie [1915], L'invasore: dramma in tre atti (Milano: R. Quintieri, 1915) Drama [Author Information] [Bibliographic Details] [Vivanti-Invas]


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Vivanti, Annie [1915], L'invasore: dramma in tre atti (Milano: R. Quintieri, 1915) Drama [Author Information] [Bibliographic Details] [Vivanti-Invas]


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Atto Secondo


[p. 98]

Un paesaggio di campagna inglese.
Un terrazzo coli sfondo di giardino in casa dei Reverendo FRANK, pastore Anglicano.
La Signora FRANK seduta in una poltrona di vimini lavora ad una sciarpa di lana grigia.
DELIO ALLEN, nell'uniforme khaki d'ufficiale degli Highlanders Scozzesi, a cavalcioni su una seggiola regge una matassa di lana grigia che MARY svolge e raggomitola.
ANNA in veste da tennis siede su uno sgabello facendo saltellare sulla racchetta delle palle da tennis.
Le due fanciulle sono giovanissime, gaie e graziose.


[p. 99]

ATTO II.

MARY:
Delio! Ecco la quarta volta che lasci cadere la lana. Sei noioso.

DELIO:
Mille scuse, severissima cugina.

ANNA:
Lanciando a DELIO una occhiata ridente.
Trovo che Delio è veramente più decorativo che utile.

DELIO:
E' già qualche cosa. Potevate benissimo avere un cugino che non fosse nè l'uno nè l'altro.

LA SIGNORA FRANK:
sorridendo.
Fate dei discorsi molto stolti. E alla vigilia della partenza di Delio per il fronte non dovreste rammentare di lui che le sue molte virtù.

ANNA:
Oh! come la mamma lo protegge!


[p. 100]

MARY:
La virtù di tener dritta una matassa Delio non l'ha davvero. Preferisco due sedie.
Toglie la matassa a DELIO, la inette sulle palliere di due sedie e vi gira intorno dipanando la lana.

DELIO:
Collocato a riposo!
Alla Signora FRANK.
Cara zia, se le tue figlie non fossero tue figlie direi che sono due tigri ircane. Domani parto per le trincee -- ed esse oggi dichiarano di preferire alle mie volonterose braccia due vili insensibili sedie.

LA SIGNORA FRANK:
Hai ragione, Delio. Queste nostre ragazze inglesi a forza di sport e di educazione superiore non hanno più sentimento.

MARY:
No. Siamo prosaiche, pratiche, positive.
Si vede giungere in fondo al giardino la figura mite e dignitosa del reverendo WALTER FRANK pastore Anglicano.
Ah, ecco Papà!
Gli corre incontro; anche ANNA va incontro al padre
[p. 101]
e ciascuna gli prende amorosamente il braccio.

LA SIGNORA FRANK
al marito.
Hai già finito i tuoi appunti per la predica di domani?

MARY:
subito.
Sì, sì, li ha finiti!

ANNA:
E in nessun modo lo lasciamo tornare a rinchiudersi in casa. Vero, papà?

IL REVERENDO:
Non li ho finiti, mie care. E' venuto il missionario di Kingsway a dirmi tante cose tristi. Voglio soltanto rammentarvi che uno dei nostri reggimenti Scozzesi passa di qui tra poco. Non vorrei che lo dimenticaste.

ANNA:
Mai più!

MARY:
No, no tutto è preparato laggiù sul terrazzo. Una cesta di arancie, molti pacchi di cioccolatte e sigarette, e tutte le sciarpe di lana...

ANNA:
alla madre
Questa che fai tu, è pronta?


[p. 102]

LA SIGNORA FRANK:
Sì -- ecco, puoi prenderla.
facendone un piccolo rotolo legato.

ANNA:
E' la venticinquesima!

IL REVERENDO:
Brave! Ecco, venticinque soldati che non sentiranno freddo al collo per merito vostro...
ANNA corre a portare la sciarpa in fondo, al terrazzo.

LA SIGNORA FRANK:
a suo marito.
Che cosa ti ha detto il missionario?

IL REVERENDO:
Che sono arrivati anche oggi altri treni di profughi in condizioni desolanti. Mi dice che abbiamo qui delle migliaia di questi infelici.

LA SIGNORA FRANK:
Delle migliaia!
Con rammarico.
E poi non ne abbiamo accolti che tre.

ANNA:
Oh! Gli Smith che sono milionari ne hanno una sola, e le fanno fare la sguattera.


[p. 103]

IL REVERENDO:
Anna! Non parlar male del prossimo.

ANNA:
Ma è vero, babbo mio! E anche i Webster hanno licenziato le loro serve e fanno far tutto alle due profughe di Liegi che a casa loro erano signore dell'aristocrazia. Bel modo di fare la carità.

IL REVERENDO:
Cara Anna, per due famiglie che approfittano delle altrui disgrazie, ve ne sono centinaia che sono caritatevoli davvero. Quanto a voialtre spero che avrete tutti i riguardi per le infelici che noi ospitiamo.

ANNA:
ridendo.
Oh, Mary non fa che correre in su e in giù con tazze di thé, tuorli d'uova sbattute e fiori.

DELIO:
E mi ha portato via tutti i miei romanzi francesi per prestarli a quelle donne. Anche il mio Balzac, edizione di lusso.

MARY:
Non ti vergogni di lagnartene?

ANNA:
Fanno una tale pietà!... Hanno tutt'e tre
[p. 104]
tanta paura negli occhi! Paiono folli di spavento.

MARY:
La più piccola non ha mai aperto bocca dacchè è arrivata. Credo che sia muta.

IL REVERENDO:
Al comitato mi hanno detto che erano ottime persone -- moglie, figlia e sorella di un dottore.

ANNA:
Misericordia! E paiono pezzenti.

MARY:
Paiono spaventa-passeri!

IL REVERENDO:
Povere creature!
Si alza.
Adesso vado a terminare i miei appunti per la predica di domani. Ho scelto per testo: « Nutrite le mie agnelle. »

ANNA:
Ma torna presto, papà.

IL REVERENDO:
Starò pochi minuti.

MARY:
affettuosa.

[p. 105]
Fa una predichetta breve!...
Il Reverendo sorride e rientra in casa.

ANNA:
a sua madre.
Vuoi lasciarmi prestar qualche veste a quelle poverette? C'è la mia « princesse » lilla che per la piccina andrebbe benissimo...

MARY:
E qualche mia camicetta, e la mia sottana di piqué bianco...

ANNA:
Per Chérie il mio vestito rosa starebbe come dipinto

LA SIGNORA FRANK:
Adesso non esagerate. I grandi entusiasmi di voialtre ragazze non durano mai.

DELIO:
che ha ripreso la matassa di lana.
Già. Io ne so qualche cosa.

ANNA:
Tu? Che cosa sai?

MARY:
A che cosa alludi?... E prova a tener tese
[p. 106]
queste braccia.
Dipana la matassa.

DELIO:
Ma io ero uno dei vostri grandi entusiasmi. Appena arrivato da Oxford era « cugino Delio! » qui -- « cugino Delio! » lì -- « Delio ci insegnerà il tango » --

ANNA:
Ma se il tango non lo sapevi neppur tu!

DELIO:
Questo è un dettaglio. -- « Delio ci insegnerà a nuotare » --

MARY:
E, vuoi che facciamo dei bagni adesso, in ottobre?

DELIO:
« Delio deve giuocare con noi al tennis! Delio, vieni a giuocare al Lacrosse! »

ANNA:
Già! al Lacrosse ci hai dato delle stangate sulla testa che abbiam dovuto stare a letto otto giorni.

MARY:
E per poco non ci veniva la meningite.

DELIO:
Sì... sì... va benissimo! Ma il fatto sta che
[p. 107]
io ero uno dei vostri grandi entusiasmi, e che adesso non lo sono più. E domani vado al fronte... forse a morire!

ANNA:
Oh! se muori ridiventerai un nostro grande entusiasmo.

MARY:
Anche se torni ferito ti adoreremo.

ANNA:
Ti cureremo!... ti fasceremo le membra mutilate.

MARY:
Ti appoggerai su di noi invece che sulle stampelle.
Finisce la matassa.

DELIO:
alzandosi.
Ma insomma -- occorre proprio essere storpi o monchi per farsi voler bene da voi?

MARY:
Capirai bene che non possiamo intenerirci per i mali che non hai.

ANNA:
Per i dolori che non soffri.

DELIO:
sentimentale.

[p. 108]
E che cosa ne sapete voi delle mie sofferenze?

MARY:
Scorgendo il Dottor BELL che arriva.
A proposito di sofferenze -- ecco il dottore!

LA SIGNORA FRANK:
Oh buon giorno, caro dottore.
Va incontro al Dottor
BELL che entra.

IL DOTTORE:
Buongiorno, signora Frank... Salute, care figliole.
Le ragazze lo salutano amicamente.
Ah, Delio!, e quando si va al fronte?

DELIO:
Domani, dottore.

IL DOTTORE:
Domani? Bene! -- Auguri!
Gli stringe forte la mano.

DELIO:
Grazie -- Ho promesso a Mary di uccidere con questa mano sette nemici.


[p. 109]

ANNA:
E ha promesso di portarmene uno vivo perchè lo me lo uccida da me.

IL DOTTORE:
ridendo.
Che ferocia!
Siede.
E come stanno le nostre rifugiate?

LA SIGNORA FRANK:
Sempre più tristi e depresse.

MARY:
Vado a chiamarle! Sono in fondo al giardino.

ANNA:
Vengo anch'io.

DELIO:
Un momento!
guardando l'orologio.
Devo dirvi addio, cuginette. Vado a salutare la nonna, e tornerò qui stasera.

ANNA:
Addio, Delio!

MARY:
Io ti dirò addio -- quando ritorni.
Corre con ANNA in fondo al giardino.


[p. 110]

LA SIGNORA FRANK:
con ansia affettuosa a DELIO.
Sta attento con quella motocicletta! Non andare all'impazzata.

DELIO:
sorridendo.
Cara zia Clara! Quanto sei buona! Io credo che se tu venissi con me nelle trincee, diresti ai nemici : « Un momento!... Prego! Qui c'è mio nipote Delio. Voltate i fucili dall'altra parte. »

LA SIGNORA FRANK:
Oh sì!
Con gravità.
E lo dirò -- ogni mattina e sera -- a Chi sai tu.

DELIO:
baciandole la mano.
Grazie.
Esce.
Il DOTTORE e la Signora FRANK rimangono soli.

IL DOTTORE:
Ebbene? Mi sembrate sopra pensiero.

LA SIGNORA FRANK:
Caro dottore, ho molte cose sul cuore. Lasciar partire Delio è uno strazio. L'amo come se fosse un figlio mio. E poi, la presenza di queste tre disgraziate...
sospira
Non so dirvi a qual punto esse mi turbano


[p. 111]

IL DOTTORE:
Poverette! Non mi sembrano molto esigenti.

LA SIGNORA FRANK:
Esigenti? Ma non vogliono mai nulla. La loro umiltà è commovente. Ma... non so... qualche cosa di sinistro aleggia intorno a loro.
Pausa.
Quando vedo Mary e Anna andar da loro... abbracciarle... mi viene freddo... come se le mie figlie entrassero in un mondo buio, sconosciuto... Non so come spiegarmi.

IL DOTTORE:
Vietatelo.

LA SIGNORA FRANK:
Impossibile. Non capirebbero... mi crederebbero crudele. E poi quel sant'uomo che è mio marito predica -- l'amore! Dice che la carità non si fa coll'ospitare e nutrire i disgraziati, ma coll'amarli. E le mie due pazzerelle non domandano di meglio! Direi quasi che quelle meste creature esercitino su di loro un fascino speciale. Mary e Anna sembrano subire l'attraenza strana del mistero che avvolge quelle tragiche esistenze.

IL DOTTORE:
Lo credo. Lo capisco.


[p. 112]

LA SIGNORA FRANK:
Saranno buone, saranno sante creature; ma -- ve lo confesso -- mi fanno paura. Già, la piccina, dacchè è qui, non ha ancora mal aperto bocca!... Non ha mai sorriso, non ha mai parlato. Io credo --temo -- che abbia la mente turbata.

IL DOTTORE:
Eh! Potrebbe darsi, pur troppo, che fosse un caso di psicosi causata dallo spavento, dal dispiacere... O peggio, potrebbe essere un caso di demenza precoce -- che, pur troppo, è inguaribile.

LA SIGNORA FRANK:
Oh! speriamo di no!... Anna l'adora questa fanciulla. Non fa che guardarla. Cerca di spiarle negli occhi il primo bagliore d'un sorriso... E Mary non è felice che quando si trova tra quelle altre due macabre figure i cui volti pallidi racchiudono chi sa quali orrendi misteri... Cosa avranno visto, cosa avranno subito, queste donne?
Una pausa.
Come è amaro per me mettere a contatto di tali sinistri misteri le candide anime delle mie bimbe!

IL DOTTORE:
Ecco uno dei mille problemi minori creati dalla guerra.

LA SIGNORA FRANK:
Lo so, lo so che è un problema minore.
[p. 113]
So che in confronto alle atrocità, alle sofferenze che straziano il mondo, questa sofferenza mia è insignificante. Ma per una madre, di cui la meta nella vita è stata quella di sorvegliare con amorosa ansia le pure anime delle sue figlie, che le ha vedute fiorire come gigli nel più perfetto candore -- è doloroso -- anche se è un dovere di carità cristiana che lo impone -- dover strappare da quei vergini cuori il velo dell'innocenza. Credetemi, è doloroso! Ed ogni madre sentirà questo con me.

IL REVERENDO:
che si è avvicinato coi suoi appunti in mano.
Clara --
Posandole, una mano sulla spalla.
è questo un sacrificio che diamo in olocausto alla guerra. Tutti dobbiamo dare ciò che abbiamo di più caro. Altri genitori danno i loro figli... E questi a loro volta danno il sangue loro, senza rimpianto. Noi -- noi diamo ciò che di più prezioso abbiamo -- non il tetto e il pane soltanto -- ma, se ci viene richiesta, anche la celestiale innocenza delle nostre figlie. Esse per poter compatire le miserie umane devono conoscerle.
La vera carità non dev'essere e cieca. L'incoscienza deve morire perchè possa nascere la pietà.
Restano immobili guardando
[p. 114]
avvicinarsi dal fondo del giardino prima ANNA che circonda col braccio la piccola figura china di MIRELLA, in logora vesto nera. Indi tra le due tragiche figure di CHÉRIE e di LUISA, viene MARY, bionda e ridente. E' vivido il contrasto tra le due chiare gioconde fanciulle, inglesi e le tetre profughe.

ANNA:
affettuosamente a MIRELLA
Ecco il buon dottore. Gli dirai almeno buongiorno.
MIRELLA guarda fisso innanzi a se senza rispondere. Pare che non oda nulla.

IL DOTTORE:
accarezza il volto della fanciulla poi si volge a LUISA e CHÉRIE.
Ah! e come stiamo oggi?
a LUISA.
Ancora vertigini e deliquio?

LUISA:
a bassa voce.
Sì.

MARY:
E ha sempre nausea quando mangia.

[p. 115]
A questa frase pronunciata con chiara ingenuità da sua figlia un fremito d'ansia passa sul volto della signora FRANK.

IL DOTTORE:
bonario.
Eli! il patema d'animo.
a LUISA
Non avete nessuna notizia di vostro marito?

LUISA:
Nessuna.

IL DOTTORE:
Ecco! per farvi guarire basterebbe una bella lettera annunciante il suo arrivo in congedo...

LUISA:
con un singhiozio.
Ah -- no! no!

MARY:
spingendo avanti CHÉRIE.
E la mia piccola amica qui, guardi com'è pallida, dottore!

IL DOTTORE:
Niente niente. Bistecche ed aria fresca...

MARY:
insistendo.

[p. 116]
Ma le senta un poco il polso. Oggi mi ha detto che le pare d'aver qualche cosa al cuore.

IL DOTTORE:
a CHÉRIE
E che cosa si sente?

CHÉRIE:
a voce bassa.
Niente.

MARY:
a CHÉRIE
Ma perchè non dici quello che hai detto stamattina a me?
In un gran silenzio MARY dichiara.
Tutt'a un tratto stamattina è diventata pallida pallida, e ha dato un grido. Dice che le è parso di sentire sotto al cuore come un batter d'ali -- così... brrr!
Per illustrare ciò che dice, MARY tende le mani in aria e le fa oscillare imitando un tremolìo d'ali.
Vi è un istante di silenzio costernato. Tutti guardano CHÉRIE. Anche LUISA si volge a guardarla, con viso di sbigottimento e terrore.

IL DOTTORE:
aggrottando le ciglia.
Niente, niente. Sarà un fenomeno d'anemia.

[p. 117]
Volgendosi alla Signora FRANK e abbassando la voce.
Se crede possiamo entrare. -- Sarà bene ch'io la visiti...

ANNA:
che ha udito.
Oh no! no! Adesso a momenti passano soldati. E poi c'è la trasformazione!
Guardando le due ragazze con un sorrisetto birichino.
La trasformazione come nella Cenerentola.

MARY:
ridendo.
Sicuro! Noi vi facciamo da madrine... Andiamo! E' già tutto combinato!
Prende pel braccio CHÉRIE e MIRELLA.
Andiamo a farvi belle! Il dottore per oggi scriverà una ricetta di fantasia!

ANNA:
a MIRELLA.
Vorrei tanto sentire la tua voce! Dimmi una parola -- una sola. Dimmi almeno che mi capisci.
MIRELLA nè la guarda nè risponde.
Vorrei vederti sorridere...


[p. 118]

CHÉRIE:
sconsolata.
Non può, non può sorridere -- povera Mirella!
Le quattro ragazze entrano in casa.

LUISA:
Seguendole con lo squardo ansioso.
Dove vanno?

LA SIGNORA FRANK:
Le mie figliole vogliono far mettere alla vostra bimba e a Chérie delle vesti più chiare. Sperano così di rallietarle un poco. E voi, cara, non vorreste cambiare questo vestito nero...

LUISA:
Ah, no!... Non potrei. Il mio lutto è eterno
Si copre il volto.

LA SIGNORA FRANK:
Sedete...
Le dà la poltrona di vimini.
Il Dottore e il Reverendo FRANK parlano sottovoce nel fondo del terrazzo.

LA SIGNORA FRANK:

Quanto siete triste, povera donna! Vorrei potervi confortare.


[p. 119]

LUISA:
Lo potete forse... Signora! Ma lo vorrete?

LA SIGNORA FRANK:
Con tutto il cuore. Che cosa vi occorre?

LUISA:
cupa.
Mi occorre... l'aiuto del medico.

LA SIGNORA FRANK:
Ma eccolo!...
Additando il Dottor BELL
E' un angelo d'uomo e uno scienziato valente.
al Dottore.
Dottore... venite qui. Abbiamo bisogno di voi.

IL REVERENDO:
Vi lascio...

LUISA:
impulsivamente
Oh!...
gli stende la mano.
Voi siete il medico dell'anima... ed è tanto malata l'anima mia!

IL REVERENDO:
prendendole la mano.
Sono onorato della vostra confidenza, Signora.
Le siede accanto.
[p. 120]

LUISA:
al Dottor BELL.
Dottore!...
Poi rivolgendosi alla Signora FRANK.
Signora!... Oh Dio, non so come dirlo!... Mi accade la più orribile delle sciagure --

LA SIGNORA FRANK:
Parlate, cara.

LUISA:
Si copre il viso colle mani poi con improvviso impeto angoscioso.
L'onta che ho subíto -- si perpetua in me!
Vi è un istante di silenzio costernato.

LA SIGNORA FRANK:
comprendendo.
Oh! povera donna.

IL DOTTORE:
a bassa voce
Ne siete sicura?

LUISA:
ansante.
Sicura... sicura! ... Oh in quale strazio vivo da questi quattro mesi, dapprima sotto l'incubo spaventoso del dubbio -- ed ora sotto l'orrore della certezza! Giorno e notte ho sperato... ho sperato che non sarebbe
[p. 121]
così. -- Ho sperato che un giorno mi sarebbe concesso l'oblio! Mi dicevo che dopo molto tempo -- dopo un anno... dopo tanti anni forse -- il ricordo orribile sparirebbe dalla mia mente, il brivido mi escirebbe dalle carni. Invece -- no!
balza in piedi.
L'onta s'è fatta eterna! la violenza s'è fatta umana! il delitto è vivo -- e palpita in me!
Una lunga pausa.

IL REVERENDO:
ponendole una mano sul capo chino.
Coraggio, figlia mia.

LUISA:
Ah ne avrò, ne avrò del coraggio! Affronterò la morte, con letizia, con gratitudine!
al Dottor BELL
Dottore, dottore! Se muoio non me n'importa. Ma il delitto non deve vivere. Ciò che fu concepito nell'odio e nell'orrore non deve, non deve vedere la luce.

IL DOTTORE:
colpito.
Signora! che cosa mi domandate?

LUISA:
Domando la liberazione... immediata,
[p. 122]
completa! E se voi, dottore, non vi sentite di darmela, la morte me la darà!

IL REVERENDO:
grave.
Povera donna. Voi siete vittima di un atroce delitto, è vero. Tutta la nostra pietà vi è dovuta -- e l'avrete. Rimarrete in questa casa come una nostra figlia, diletta e sacra. Avrete da noi tutte le cure, tutte le tenerezze. E nell'ora del vostro supremo martirio voi non sarete abbandonata.

LUISA:
ritraendosi inorridita
Cosa dite -- cosa dite --

IL REVERENDO:
sempre più grave.
Dico che perchè voi avete sofferto della nequizia umana non avete il diritto nè di proporvi ne di spingere altri a commettere un atto delittuoso.

LUISA:
Un atto delittuoso? Ma il delitto sarebbe di rassegnarmici. Di vivere per altri cinque mesi questa tortura, eppoi di dare la vita a ciò che non può, che non deve vivere.
Alla Signora FRANK.
Signora! voi che siete donna -- dovete capire --

[p. 123]
Colle mani nei capelli.
capire che cosa è stata quella notte... colla porta aperta... i soldati ubbriachi nella casa! Ah, io vorrei nascondere la faccia sotto la terra quando ci penso.

LA SIGNORA FRANK:
Povera donna!

LUISA:
Mille volte al giorno ringrazio Iddio che la mia bambina ammutolita per chi sa quale spavento! non possa domandarmi: « Mamma, cos'hai? Che cosa pensi? » Dovrei dirle : « Penso che sono maledetta tra le donne, che sono indegna di alzare la fronte. Penso che porto nel mio seno un essere immondo che renderà eterna l'onta che ho patito »... Ah!
Con violenza folle.
Ma io mi strapperò gli occhi prima di vederlo, mi lacererò il petto prima di nutrirlo... e con queste mani -- se nasce -- lo strangolerò!

IL REVERENDO:
Donna, voi bestemmiate.

LUISA:
No, no! non bestemmio. Pensate... pensate... che ho un marito -- che m'ama -- che combatte per noi nelle trincee! che un giorno,
[p. 124]
se il cielo è pietoso, tornerà! E volete che io gli vada incontro recando in braccio il figlio d'un nemico?...
Un silenzio.
Ma io lo sento... sento che divento pazza sotto quest'incubo, pazza di terrore e d'odio. Cerco di sfuggire a me stessa, di sottrarmi alla velenosa cosa che è in me, che ogni giorno prende maggiore forza, ogni giorno diviene più vitale, ogni giorno m'invade di più. Dottore, dottore! è un cancro -- un cancro vivente che è in me! -- Toglietemelo, liberatemene, o mi darò la morte.
S'accascia col viso in grembo alla Signora FRANK, che le pone in atto d'infinità pietà la mano sul capo.

IL DOTTORE:
rivolto al Reverendo FRANK.
Voi sarete sdegnato contro di me, caro amico; sarete forse più che sdegnato... troverete forse nella vostra coscienza la necessità di denunciarmi. Ma io intendo liberare questa donna.

IL REVERENDO:
Voi -- voi commettereste un delitto simile? Vi rendereste reo d'un crimine?


[p. 125]

IL DOTTORE:
Reo o non reo -- davanti a questo caso sento l'obbligo d'intervenire.

IL REVERENDO:
Uccidereste un essere umano?

IL DOTTORE:
Non è quasi ancora un essere umano. Per me questa donna è afflitta da un morbo, da una infermità. Essa porta in sè un male che va estirpato. Se questa donna in queste stesse condizioni fosse tisica, si ammetterebbe senz'altro l'intervento. Orbene, essa è ammalata, essa è psicopatica. Il continuare in queste condizioni mette a repentaglio la sua vita e la sua ragione. Il dottore ha il diritto -- anzi -- ha il sacrosanto dovere di salvarla se può.

IL REVERENDO:
A spese della vita umana ch'essa porta in sè?

IL DOTTORE:
Sì, sì. A spese di questo germe di vita, malefico e intossicato.

Se questa creatura vive sarà un deficiente o un delinquente, concepito nell' odio, nella brutalità, nell'alcoolismo. E la madre andrà al cimitero o al manicomio. -- Ditemi ciò che volete, io la libererò.


[p. 126]

LA SIGNORA FRANK:
Impetuosa.
E farete bene, sant'uomo che siete!

IL REVERENDO:
Clara, Clara! Anche tu sei senza coscienza. Non s'infrangono impunemente le leggi divine...

IL DOTTORE:
Non è per legge divina che questa sciagurata si trova oggi in queste condizioni. Ogni legge divina ed umana è stata infranta dagli immondi bruti che la guerra ha scatenato. La legge divina dà alla donna il diritto di selezione. Essa ha il diritto di scegliere chi sarà il padre delle sue creature. E questo sacrosanto diritto è stato violato.

LUISA:
Congiungendo le mani con un singhiozzo di gratitudine.
Ah, dottore, dottore!

IL DOTTORE:
Con fermezza, volgendosi verso il Reverendo.
Prendo su di me qualsiasi responsabilità.

IL REVERENDO:
Dottore; noi siamo dei vecchi amici. Con quanto affetto, con quanta autorità ho, vi
[p. 127]
prego -- vi comando di desistere dal vostro proposito.

IL DOTTORE:
Farò ciò che sento essere mio dovere.

IL REVERENDO:
con dolore, ma risoluto.
Ed io farò il mio.

LA SIGNORA FRANK:
Commossa prendendo, dolcemente il braccio di suo marito.
Che sarà -- di pregare per loro!

LUISA:
Baciandole con fervore ,la mano.
Oh, Signora!
MARY e ANNA entrano correndo.

MARY:

Guardate!... Guardate Chérie e Mirella!
Queste entrano timidamente, vestite d'abiti chiari e diafani.
MIRELLA cammina come in sogno. CHÉRIE sorride, trasfigurata e gaia.

MARY:
Indicando MIRELLA.
Vedete Cenerentolina trasformata? Aspetta,
[p. 128]
Mirella! anche per te ci vogliono le scarpette incantate, come nella leggenda.
Rientra in casa correndo.

CHÉRIE:
a LUISA.
Mi pare... non so... questa veste... questa gente così buona... Mi pare di svegliarmi da un sogno' spaventoso. Dimmi, Luisa, tutto ciò che è accaduto a casa nostra, l'abbiamo sognato... l'abbiamo sognato -- non è vero?

LUISA:
agitata e febbrile.
Sì, sì, abbiamo sognato. Tra poco non resterà più nulla, più nulla di quel sogno spaventoso.

CHÉRIE:
Io sovente penso così. Penso... che non è stato vero!

LUISA:
appassionata.
Chérie! Non è stato vero! Nulla rimarrà, nulla! Saremo quelle di prima...

CHÉRIE:
Ah! se anche la piccola Mirella tornasse quella di prima!

LUISA:
soffocata.
Guardala!
CHÉRIE Si volge e guarda

[p. 129]
MIRELLA che MARY ha sollevata e messa a sedere in alto sopra il muricciuolo in mezzo al fiori. Ora MARY, china davanti a lei, la calza di scarpette bianche. ANNA è corsa in casa, ed ora ritorna recando uno specchietto in mano.

ANNA:
Guardati, Mirella!
MIRELLA nella sua veste bianca, circondata di fiori, si guarda nello specchio e -- lentamente, meravigliosamente -- schiude le labbra al sorriso.

CHÉRIE:
Con un grido di letizia.
Ah Luisa, guarda! Mirella sorride!
Corre a MIRELLA e la prende tra le braccia.

ANNA:
Alla Signora FRANK e agli altri.
Ha sorriso! Mirella ha sorriso... Avete visto?

LUISA:
Alla Signora FRANK.
Ah! che giornata meravigliosa è questa, che ha reso il sorriso alla mia bambina e la
[p. 130]
speranza a me. Non la scorderò mai questa giornata mille volte benedetta!
Si rivolge timida nella sua gioia anche verso il Reverendo FRANK, ma questi gravemente si scosta da lei e con viso severo e addolorato entra in casa.

LUISA:
Alla Signora FRANK seguendo collo sguardo il Reverendo.
Una sola cosa mi affanna. Se... egli non perdonasse!

LA SIGNORA FRANK:
Baciando in fronte LUISA.
Ha già perdonato. -- E' un'anima angelica.
Entra in casa. Il DOTTORE e LUISA la seguono. Le quattro fanciulle restano sole. S'ode di fuori, ancora Iontano, il canto dei soldati inglesi.
« It's a long long way to Tipperary, It's a long way to go... »
Il canto continua.

CHÉRIE:
a MARY.
Che cosa sono quei canti?


[p. 131]

MARY:
Ah eccoli! sono gli Highlanders Scozzesi! E' il reggimento di Delio! Una parte va già oggi a Southampton ad imbarcarsi. Andiamo, andiamo in fondo al terrazzo -- abbiamo già lì le ceste di sigarette arance e doni...

CHÉRIE:
Vanno in Francia?

MARY:
abbracciandola.
E nel Belgio!
MARY e CHÉRIE corrono in fondo al terrazzo e sventolano i fazzoletti.

ANNA:
a MIRELLA
Vieni Mirella! Vieni anche tu.
MIRELLA si lascia condurre in fondo al terrazrazzo -- indi sta immobile come una statuetta guardando giù.
MARY, ANNA e CHÉRIE lanciano fìori, pacchi di sigarette, cioccolatte e arance ai soldati che passano sotto al terrazzo, invisibili, ma dei quali s'ode il passo e il canto.

VOCI DI SOLDATI:
« Good bye, Piccadilly,
« Farewell, Leicester Square


[p. 132]
« It's a long long way to Tipperary,
« But my heart's right there. »

ANNA:
ridendo.
Guarda quel biondino!...
Lancia giù una scatola di sigarette.

MARY:
gettando arance.
Addio! addio! felice ritorno!...

CHÉRIE:
sventolando il fazzoletto
Buona fortuna!...
Si ode il «Piffero» trionfale degli Highlanders Scozzesi.

CHÉRIE:
Ah! quando si udrà quel suono nel Belgio? Nel mio villaggio?... Sarà la vittoria -- la vittoria e la pace!

ANNA:
Arrivederci, Tommy!

MARY:
col noto grido dei soldati inglesi.
« Siamo forse scoraggiati? »

VOCI DI SOLDATI:
in coro tuonante.
« No! »


[p. 133]

MARY:
« Siamo forse tristi? »

LE VOCI:
« Noi »

ANNA:
« Temiamo la morte? »

LE VOCI:
« No!... » Urrà!

CHÉRIE:
Se andate nel Belgio salutatemi Givray...

LE VOCI:
Urrà!
Il canto riprende e s'allontana.

LUISA:
con un mantello e un velo esce vacillante dalla casa.

LUISA:
Chérie! ... Mirella!

CHÉRIE:
correndo a lei.
M'hai chiamato?

LUISA:
Conduci qui Mirella.
CHÉRIE va a prendere la fanciulla e la conduce da LUISA.


[p. 134]

CHÉRIE:
a LUISA.
Esci? Dove vai?

LUISA:
Te lo dirò.
Inginocchiata davanti a MIRELLA.
Oh Mirella, Mirella! Vado via. Di: «addio, mamma! » Di: « addio, mamma! »
Piange nascondendo il viso nella veste della fanciulla. MIRELLA immobile la guarda senza espressione.

CHÉRIE:
Luisa, cara! Che cos'hai?

LUISA:
a MIRELLA, singhiozzando.
Quale miracolo ci vuole per richiamare la tua piccola anima quaggiù? E' volata via -- dì? E' volata via -- come una rondinella, spaventata dalle infamie degli uomini? Non tornerà più?... non tornerà più?
La bacia, appassionatamente con tristezza.
A CHÉRIE.

Riconducila via! E poi -- tornai
CHÉRIE obbedisce. Indi
[p. 135]
ritorna subito, a LUISA. MARY, ANNA e la figuretta immobile di MIRELLA. rimangono per alcuni istanti in fondo al terrazzo, poi escono andando nel giardino.

CHÉRIE:
a LUISA.
Luisa! Parlami.

LUISA:
Sì; devo parlarti. Finora non ho mai osato. Ma ora... ora bisogna ch'io ti parli.

CHÉRIE:
tremante.
Di che cosa?

LUISA:
quasi senza voce.
Di... quella sera...

CHÉRIE:
Ah no! non parlarne! Hai detto che era un sogno!... Hai detto che era un sogno!...

LUISA:
Chérie, sorellina mia! Per te, forse, per te! Non ho mai osato chiederti nulla. Ti ho visto un tale terrore negli occhi... E poi sempre lo sguardo allucinato di Mirella era su noi. Dimmi -- per te, forse, non fu che un sogno?

CHÉRIE:
Non so... non so! Che cosa è accaduto?
[p. 136]
Cosa è stato vero di ciò che -- ripensandoci -- mi agghiaccia il cuore? Certo deliravo! ... Hanno preso Mirella -- l'hanno legata alla ringhiera... coi piccolo viso folle rivolto alla porta di camera mia... quella porta drappeggiata di rosso...
Come forsennata, rivivendo la terribile ora.
Poi... poi hanno legato anche me!
piangendo.
Oh Dio, Dio, Dio!... e c'era Fritz! Fritz -- che rideva!... O me lo sono sognato? Vedi...

... io non riesco... non riesco... a dividere il sogno dalla realtà. Ho come un velo qui...
con gesto agitato e ripetuto come per togliersi qualche cosa dalla fronte.
una specie di ragnatela... che non posso strappare.

LUISA:
Mia povera Chérie!

CHÉRIE:
cercando di ricordarsi.
Mi pare allora d'essere passata di deliquio in deliquio... e c'era chi strillava... strillava... Ero io?
Aggrappandosi a LUISA.
Credi che ero io?


[p. 137]

LUISA:
rabbrividendo.
Ah!

CHÉRIE:
Non so perchè strillavo! Non avevo paura di morire... Mi pare, oh Dio!... mi pare anzi che volevo morire! Volevo morire. E non mi uccidevano. Mi stritolavano... mi dilaniavano... e Fritz, il terribile Fritz -- rideva!...

E poi, più niente!
Un silenzio.
Non mi ricordo più niente. Mi sono svegliata su quel battello, in alto mare, fra tanta gente... E tu, e Mirella mi stavate accanto e mi guardavate con occhi di desolazione.

LUISA:
Povera, povera creatura!

CHÉRIE:
Ma ormai tutto è passato. Perchè ne riparli? Perchè? Hai detto che eravamo come prima --

LUISA:
prendendole la mano e parlandole da vicino.
Sei certa d'essere come prima?
CHÉRIE la guarda sbigottita senza comprendere
Sei certa?
Un silenzio.

[p. 138]
Ti senti -- come prima?

CHÉRIE:
paurosa.
Sì... credo. Non so... Il dottore mi dice... che sono anemica -- che sono scossa... ma che presto tornerò sana e allegra. Dice che scorderò tutto...

LUISA:
esitante, turbata da ciò che deve dire.
Io... io -- non sono come prima.

CHÉRIE:
agitata.
Perchè? Come? Cos'hai?

LUISA:
Io devo partire. Vado questa sera stessa col dottore. Egli mi curerà. Egli mi guarirà.

CHÉRIE:
Ma perchè? Che male hai? Mi fai paura...

LUISA:
Povera Chérie innocente! Come dirti... come dirti?... Ah, con quale brutalità devo aprire i tuoi occhi alla vita!
Mentre essa parla CHÉRIE è stata presa da un tremito convulso. Ora con un grido balza in piedi e si pone una mano sul fianco.

[p. 139]
Ah! ancora! ancora!...
Cogli occhi allucinati, e statici, guarda in faccia a LUISA.
Che cos'ho?...
In un susurro.
Che cos'ho?! ...

LUISA:
Chérie!

CHÉRIE:
come rapita in un'esaltazione immensa.
Che cosa sento?... Luisa!... Luisa!... Che cosa -- vive -- in me?!
Un lungo silenzio.

LUISA:
piangendo.
Ah! anche su te, anche su te è caduta la mala sorte.

CHÉRIE:
Che cos'è? Che cos'è?

LUISA:
E' la cosa terribile, Chérie!
Stringendola tra le braccia.
Chérie -- tu sarai madre!

CHÉRIE:
quasi senza voce.

[p. 140]
Madre!... Io!...
Rimane immobile, estatica, come davanti ad una visione che l'abbaglia.

LUISA:
Senti, Chérie, senti! Non disperarti. Il dottore salverà anche te.
Abbassando la voce.
Il figlio della tua vergogna non vedrà mai la luce.

CHÉRIE:
sbigottita.
Non vedrà mai... la luce...

LUISA:
No -- noi Questa sciagura non il colpirà. Questo tuo bambino --

CHÉRIE:
afferrandole il braccio.
Questo ... mio... bambino! Questo mio bambino ... Luisa! Ciò che ho sentito fremere... in me... è -- il mio bambino?
Pronuncia queste tre parole con una soavità indescrivibile, lo sguardo estatico, le mani incrociate sul petto.

LUISA:
Calmali, Chérie, angelo innocente! Anche
[p. 141]
tu sarai salvata da quest'onta. Il dottore prenderà su di questa duplice responsabilita. Il delitto di cui sei stata vittima non avrà conseguenze.

CHÉRIE:
Quale delitto?... lo non comprendo.

LUISA:
inorridita.
Ma non ricordi -- non ricordi ciò che è accaduto in quella notte della tua festa...

CHÉRIE:
vagamente colla mano sulla fronte.
Non ricordo... Sono svenuta... non ricordo più.

LUISA:
Ma comprendi -- comprendi --
additando il DOTTORE che esce dalla casa seguito dal Reverendo FRANK.
che -- egli ti aiuterà. Egli ti salverà da quest'onta. Tu non sarai la tragica madre di una creatura ancor più tragica. Questa malefica fiammella di vita -- egli la spegnerà.

CHÉRIE:
con un grido selvaggio.
No!
Un grande silenzio.


[p. 142]

LUISA:
quasi senza voce.
No?! Che cosa dici?

CHÉRIE:
No! Non voglio.
Il Reverendo muove verso di lei, grave e solenne, e le si ferma al fianco.

LUISA:
Tu vuoi essere madre senza essere sposa!... Vuoi dare la vita a un essere malefico concepito nella lussuria, nel sacrilegio, nell'ubbriachezza?

CHÉRIE:
Non so... non so! Non capisco ciò che dici... Non capisco ciò che sento...
Indietreggiando, grandiosa.
Ma so che qualche cosa di sacro è in me!

LUISA:
Qualche cosa di sacro? Ma che cosa dici -- che cosa dici! E' una cosa mostruosa ciò che tu porti in seno.

CHÉRIE:
stupita.
Ma non è mio figlio? Non hai detto ch'era mio figlio?
Guardando da LUISA al
[p. 143]
DOTTORE con occhi paurosi.
Cosa volete fare? Volete portarmelo via? Non voglio -- non voglio.

Il REVERENDO:
posandole una mano sulla spalla.
Ah, veramente è sacro ciò che s'è svegliato in quest'anima -- il sacrosanto istinto della maternità!
Al DOTTORE.
I vili le hanno violato il corpo. E voi, volete dunque violarle l'anima?
Un istante di silenzio.

IL DOTTORE:
E' arbitra lei dei suoi destini.

LUISA:
Ma pensa -- pensa all'avvenire. Pensa -- a Florian. A Florian che ti vuole sua sposa...

CHÉRIE:
come in sogno.
Non lo ricordo.

LUISA:
Ma pensa, pensa che il padre di questa creatura è l'abbietto soldato ubbriaco che il prese e ti legò...


[p. 144]

CHÉRIE:
Non ricordo.
Cogli occhi chiusi.
Non ricordo... non ricordo.

LUISA:
Non senti vergogna? Dolore? Rimorso?

CHÉRIE:
Immobile, cori voce dolcissima, rapita da un'estasi quasi ultra-ter rena.
Non sento nè vergogna, nè dolore, nè rimorso. Non sento più niente, non ricordo più niente... Non esiste che questo brivido nuovo, questo palpito di vita -- questa cosa divina che s'agita in me!
Con un fremito immenso.
Ah! la mia creatura! ... vive, vive! -- Colle sue piccole mani mi ha afferrato il cuore!
Vacilla. Il Reverendo la sorregge tra le sue braccia.

CALA IL SIPARIO.


[p. 145]

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Vivanti, Annie [1915], L'invasore: dramma in tre atti (Milano: R. Quintieri, 1915) Drama [Author Information] [Bibliographic Details] [Vivanti-Invas]


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Vivanti, Annie [1915], L'invasore: dramma in tre atti (Milano: R. Quintieri, 1915) Drama [Author Information] [Bibliographic Details] [Vivanti-Invas]


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Atto Terzo


[p. 146]

La sala d'entrata nella casa del Dottor BRANDES, come al I° Atto.
E' sera.
LUISA, accanto al fuoco, legge una lettera. Con impeto di gioia se la reca alle labbra.
Si ode bussare alla porta d'entrata.

[p. 147]

ATTO III.

LUISA:
Chi è?
Una voce di donna risponde. LUISA apre la porta.
Entra JANE, infermiera della Croce Rossa americana. Veste l'uniforme grigia e rossa, colla croce rossa sul braccio.
Porta in mano una scodellina di latte e un piccolo pacco.

JANE:
Eccomi.

LUISA:
con un dito sul labbro per imporle silenzio.
Un momento, cara Jane.
Va in punta del piedi a chiudere la porta drappeggiata della camera a destra.

JANE:
Dorme?
Si toglie il lungo mantello.


[p. 148]

LUISA:
Si. Dormono tutt'e due. Da mezz'ora non s'è sentito un respiro.

JANE:
Bene. Ecco il latte...
Depone la scodella.
...e guardate cos'ho qui!

LUISA:
Un panino! Un panino bianco! Ma come avete fatto?

JANE:
ridendo.
Altissime influenze... corruzioni negli alti circoli governativi...

LUISA:
Ah. si vede che siete americana! Tutto vi riesce. Ottenete ciò che volete.

JANE:
E' vero che ci fanno un po' la corte. Anche verso di me -- la più umile rappresentante degli Stati Uniti -- si dimostra una benevolenza inverosimile. Ma vedo che avete una lettera!

LUISA:
Pensate, pensate! Da mio marito...
Bacia appassionatamente il foglio.


[p. 149]

JANE:
Ma come avete fatto a riceverla?

LUISA:
a bassa voce.
Figuratevi che me l'ha portata un uomo -- un uomo che pareva un contadino -- sudicio, zoppo, d'aspetto truce. Ha battuto alla porta -- e appena l'ho socchiusa m'ha gettato sulla faccia il foglio -- cosi -- ed è fuggito.

JANE:
E' strano. -- Sulla busta non c'è niente?

LUISA:
Ma non c'era busta! E sul foglio non vi sono che poche parole: « Sto bene. Vi rivedrò. Vi abbraccio. »

JANE:
Ma come vi spiegate --

LUISA:
Non so! Non capisco.

JANE:
Non importa capire. Aspettate e confidate.
Versa il latte in una casseruoletta e s'avvicina al fuoco.


[p. 150]

LUISA:
Sì -- aspetto e confido.
Piega il foglio e so lo cela in petto.

JANE:
accennando alla porta drappeggiata.
E Chérie? Si è alzata oggi?

LUISA:
Sì.

JANE:
E' uscita!

LUISA:
chinando il capo.
Sì.

JANE:
impetuosa
Ah -- s'è dunque decisa? Ha trovato finalmente il coraggio

LUISA:
amaramente.
Era meglio se non l'avesse trovato. Jane! Jane! Quella passeggiata!... quella breve terribile passeggiata attraverso questo paesello che ci ha viste nascere -- ah! che Via Crucis è stata per noi!

JANE:
Vi hanno detto qualche cosa?


[p. 151]

LUISA:
Niente -- niente! Nessuno ci ha detto niente.
Si copre il viso colle mani.
Non fatemelo ricordare -- non fatemelo ricordare!

JANE:
dopo un breve silenzio.
Ma nessuno vi ha salutato?

LUISA:
Nessuno.

JANE:
Povera Chérie...
Sospira.
Devo far bollire questo latte perchè trovi pronta la cena quando si sveglia.
China sul fuoco vi mette a scaldare il latte.
Coraggio! Presto avremo delle grandi notizie...

LUISA:
Che notizie?

JANE:
misteriosa.
Mah! Non so -- c'è in aria qualche cosa.

LUISA:
balzando in piedi.
Che cosa?!


[p. 152]

JANE:
Nulla di definito, di sicuro... ma lo vedete anche voi... l'arrivo di quel biglietto... Non so -- non so. Sento che grandi eventi si preparano.

LUISA:
Ah! tutto, tutto mi fa paura.

JANE:
Paura?

LUISA:
Sì. Ho i nervi malati dacchè sono tornata qui. Questo paese, che da bambina amavo tanto, oggi mi fa orrore. Ah, Jane! era meglio se avessimo lasciato confiscare questa nostra povera casa, piuttosto che obbedire all'ordine dei nostri padroni e conquistatori! Era meglio rimanere nel nostro esilio in Inghilterra, che non tornar qui ad essere scherno e dileggio di quanti ci conobbero -- e per di più, sentirsi alla mercè delle belve che ci hanno conquistato.

JANE:
Avete fatto il vostro dovere tornando qui. Non ve ne rammaricate. Quando vostro marito tornerà...

LUISA:
scoraggiata.
Ma come volete che torni? Come volete che torni? Questo biglietto può averlo scritto dei mesi fa. Forse è ferito. Forse è prigioniero.


[p. 153]

JANE:
Le ferite guariscono. I prigionieri si liberano. Tornerà. E troverà sua moglie che l'aspetta, e la sua casa in ordine, e il suo paese --
abbassa la voce.
-- spazzato dal vile nemico e riconquistato alla libertà!

LUISA:
agitata.
Jane, che cosa vi fa dir questo?

JANE:
col dito sulle labbra

Zitta!
Guardandosi attorno.
So quel che so -- ma non posso parlare. So che la salvezza è alle porte.

LUISA:
Che cosa dite!

JANE:
sottovoce.
Da un'ora all'altra -- da un'ora all'altra!

LUISA:
con angoscia.
Ah!... E quando Giorgio tornerà, troverà Mirella, la sua bambina -- muta! inconscia! Vagante nell'ombra della vita come un piccolo spettro. Ah povero Giorgio! Forse sarebbe meglio che non tornasse.


[p. 154]

JANE:
Ma Mirella guarirà.

LUISA:
incredula e mesta.
Ah! Ci vorrebbe un miracolo. Sono tanti mesi ormai...

JANE:
Perchè la lasciate ancora da madame Doré? Ora potrebbe venir qui. Capisco che un mese fa, al vostro arrivo, l'abbiate condotta subito dalla vostra vecchia amica. Ma ora che Chérie è guarita...
pausa
... ora che... l'evento è compiuto --

LUISA:
Jane -- io tremo -- io tremo di lasciarla entrare in questa casa.

JANE:
sorpresa.
Perchè? Perchè vedrà il bambino di Chérie?

LUISA:
Agitata.
Non è questo.
Ma perchè è qui -- qui -- dove noi siamo, in questa stanza stessa -- che il terrore le ha sconvolto la mente. Qui, qui che l'orrore l'ha ammutolita. Non so -- non so che cosa accadrà quando per la prima volta essa entrerà qui -- quando rivedrà quella ringhiera a cui
[p. 155]
quei mostri l'hanno legata!... quando rivedrà -- quella porta! Ah! quella porta!...
Addita la porta drappeggiata della camera di CHÉRIE
Quella stanza dove gli orrori si sono compiuti che le hanno agghiacciata l'anima, che me l'hanno mutata in una piccola statua di terrore!
Un silenzio.

JANE:
Ma dovrete pur decidervi. Non potete lasciarla per sempre in casa d'estranei.
Una pausa.
E se...
Le afferra la mano.
...e se...

LUISA:
Se cosa?

JANE:
Se questa emozione -- Luisa! non so -- quasi non oso dirlo...

LUISA:
Parlate!

JANE:
Non potrebbe darsi che -- come il trauma psichico le ha tolto la favella -- il rinnovarsi della scossa morale...

LUISA:
colpita.
Ah, cosa dite! cosa dite!
Si guardano a lungo.


[p. 156]

LA VOCE DI CHÉRIE:
nella stanza vicina.
Luisa!

LUISA:
Vengo, cara! vengo!
Va alla porta a destra e l'apre.
E' qui la cara Jane...
Torna indietro, guarda JANE un istante con occhio trasognato, indi esce rapidamente dal fondo.

JANE:
parlando a CHÉRIE che ancora non è apparsa.
Ecco pronta la cena per la paziente!... una cena da principessa di leggenda.
Versa il latte, caldo nella tazza e mette il panino su un piatto.

LUISA:
che è andata a prendere un mantello ed ora l'indossa rapidamente.
State qui, Jane. Avrete cura di loro. Io torno subito.


[p. 157]

JANE:
E dove andate a quest'ora?

LUISA:
soffocata dall'ansia e insieme dalla speranza.
Vado -- a prendere Mirella!
Le due donne si guardano per un istante con intensa commozione -- poi LUISA esce rapidamente.
CHÉRIE pallidissima appare nel vano della porta. Indossa una vestaglia bianca ma si ravvolge tutta, freddolosamente, in uno scialle scuro.

CHÉRIE:
parlando con voce debole e spenta.
Buona Jane!

JANE:
Vieni, vieni vicino al fuoco.

CHÉRIE:
venendo avanti lenta, e lasciandosi cadere nella poltrona che JANE le ha spinto accanto al fuoco.
Dov'è Luisa?


[p. 158]

JANE:
portandole il latte.
Torna subito. Adesso bevi -- e mangia. Guarda cos'hai qui!

CHÉRIE:
Oh!... un panino bianco!... Che meraviglia! Ma Luisa dov'è andata?

JANE:
inginocchiata presso a lei regge la tazza di latte e le dà da mangiare come a un bambino.
E' andata -- a prendere Mirella!

CHÉRIE:
Oh Dio! A prendere Mirella! Mirella verrà qui!

JANE:
Ma sì. Non vuoi mica che stia eternamente lontana quella povera creatura.

CHÉRIE:
Ma allora...

JANE:
Allora? Allora Mirella starà qui, ecco tutto.
Le mette il cucchiaio alla bocca.
Mangia.


[p. 159]

CHÉRIE:
Ma io dove mi nascondo?

JANE:
Che idea! Perchè vuoi nasconderti?

CHÉRIE:
Ma -- il bambino!... Cosa dirà Mirella?

JANE:
Ah...
Con enfasi malinconica.
...non dirà nulla, povera Mirella!
CHÉRIE china il capo e si copre gli occhi colla mano.

JANE:
Mangia.

CHÉRIE:
Ho finito. Aspetta!
S'alza, va alla porta drappeggiata e sta un istante in ascolto.

JANE:
Cosa c'è?

CHÉRIE:
volgendosi col viso illuminato da un sorriso raggiante.

[p. 160]
Dorme!... Che gioia!... Adesso per un'ora o due sarà savio come un cherubino!
Ride.
JANE non risponde.
Un silenzio.

CHÉRIE:
mettendo una mano sulla mano di JANE.
Jane! Come è triste e terribile.

JANE:
Che cosa?

CHÉRIE:
Tutto. Ma più di tutto...

JANE:
Più di tutto?

CHÉRIE:
Il silenzio. Il silenzio che c'è intorno... a quella povera culla.
JANE non risponde.
Altre mamme parlano tutto il giorno dei loro bambini. Anch'io potrei parlarne -- ma quando ne parlo... nessuno risponde.
Un silenzio,
Neppure tu.

JANE:
Ma sì... rispondo...

CHÉRIE:
Con altre mamme si fanno tanti discorsi...
[p. 161]
si vuol sapere il bambino come sta... come dorme, come cresce... Poi lo si guarda,
con un singhiozzo.
...e si ride! Si ride delle smorfiette che fa, della cuffietta che gli va a sghembo, delle fossette che ha nei gomiti... si ride!...
Un silenzio.
Del mio nessuno ride.

JANE:
fredda.
Ma sì. Perchè dici questo?

CHÉRIE:
amaramente.
E' vero. Si ride! Oggi nella strada ho visto che si ride. Oh Dio!
Si copre il viso.
Con disprezzo, con ischerno si ride -- di lui e di me! Ah, Jane, perchè non mi hai lasciata morire? Perchè non ci hai lasciati morire tutt'e due, quando io ero così vicina alla morte e lui -- lui -- non era ancora entrato nella vita?

JANE:
Chérie! Non piangere così.

CHÉRIE:
Sono uscita oggi portandolo in braccio. Mi sono detta che bisognava pure un giorno o l'altro... Ah, come mi hanno guardata! Con
[p. 162]
quale odio, con quale disprezzo! Gli uni ridevano, ridevano!... Gli altri distoglievano lo sguardo come se passasse una cosa orribile, che a guardarla portasse sventura.
Scoppiando in pianto.
Oh, Jane, Jane! non è tanto per me che mi dispero, come per lui, per questo povero essere che entra nella vita credendo di essere come gli altri bambini! credendo che tutti lo ameranno... Non sa lui, non sa che è odiato, disprezzato, maledetto! Non sa lui di essere uno sventurato che porta sventura.

JANE:
Non dir questo.

CHÉRIE:
A lui nessuno, nessuno rivolge un sorriso, un augurio, una benedizione. Neppure tu che sei tanto buona! neppure Luisa! ... Noi noi... è il mostro lui! è l'essere abbominato, destato, di cui ci si vergogna come di una piaga, come di una deformità.
Si accascia singhiozzando.

JANE:
Non pensare a tristezze.

CHÉRIE:
Ah! come passeremo nella vita lui ed io -- tra le beffe, il dileggio, il disprezzo di tutti!
[p. 163]
Pensa, pensa! Doversi sempre nascondere, doversi sempre vergognare -- sempre cercare di farsi scusare, lui ed io! Io che non volevo far nulla di male! Lui -- lui che non sa di aver commesso --nascendo -- un imperdonabile delitto!

JANE:
Se piangi così farai male a te e a lui.

CHÉRIE:
Farò male -- a lui? Non piangerò -- non piangerò!
Si asciuga gli occhi. D'improvviso sorge in ascolto.
Chi è? Vien su qualcuno! Chi sarà! chi sara!
Spaventata.
Sarà Mirella che arriva?

JANE:
Vado a guardare.
CHÉRIE si appiatta contro la parete chiudendosi nello scialle come per rimpicciolirsi e sparire.

JANE:
Apre l'uscio d'entrata esce sul pianerottolo e guarda giù. Volgendosi a CHÉRIE.
E' un uomo... un contadino.
Parlando a qualcuno di fuori.

[p. 164]
Oh! Chi cercate?
Non si ode la risposta.
Avete sbagliato porta? Allora state più attento un'altra volta. -- Come dite? Dei feriti? No, no. Non ci sono feriti qui. -- Dei malati?... Sì, malati sì. -- E che cosa vi riguarda chi è malato in questa casa? -- Andate via subito o vi faccio arrestare.
Rientra e chiude la porta.
Che tipo! Una giubba di vecchio contadino... un cappellaccio... e, sotto, due occhi fiammeggianti e una faccia di... di...

CHÉRIE:
Di che cosa?

JANE:
come colpita da un'idea repentina.
Di soldato! Che fosse -- che fosse uno dei vostri?!
Corre alla porta e la riapre.
E' partito.
Resta un istante in ascolto poi si volge e dice rapidamente a CHÉRIE.
Chérie -- tua cognata è qui. Viene su per le scale.

CHÉRIE:
spaurita.
Con Mirella?

JANE:
Si.


[p. 165]

CHÉRIE:
Ah -- non voglio -- non voglio che m' veda!

JANE:
E' già qui
Per entrare nella camera a destra CHÉRIE dovrebbe passare davanti alla porta d'entrata. Dopo un istante d'incertezza ella fugge via a sinistra.
Una pausa.
JANE tiene fissi gli occhi sulla porta dalla quale devo entrare LUISA.
LUISA appare sulla soglia -- indi lentamente entra MIRELLA.
Le due donne tengono gli occhi fissi sul volto della fanciulla con disperata angoscia d'attesa.
MIRELLA enra lentissimamente ad occhi bassi. Sul limitare si ferma e gira intorno gli occhi trasognati che sembrano non veder nulla, non riconoscere nulla. Indi s'avanza rigida come un automa nella stanza.

LUISA:
che ha seguito tremando ogni mossa di sua figlia.
Mirella!
Con un singhiozzo disperato.

[p. 166]
Mirella!
MIRELLA volge gli occhi alla madre che si trova ritta sullo sfondo della porta drappeggiata e chiusa. MIRELLA fissa lo sguardo sul volto materno -- poi, poco a poco i suoi occhi si dilatano; essa vede -- dietro alla siloetta di LUISA -- la porta fatale.
Senza volgere il capo MIRELLA gira intorno lo sguardo pauroso che sempre è ripreso e fermato dalla terribile porta.
Lentamente, cogli occhi sempre più terrorizzati essa indietreggia come per sfuggire ad un orrore che la minaccia.
LUISA e JANE la guardano tremanti -- e la vedono finalmente volgere il capo e guardarsi intorno per tutta la stanza.

JANE:
trattenendo ancora Luisa che sta per lanciarsi verso MIRELLA.
Aspettate!... Forse penetra il ricordo in lei! ...
Ma dopo un istante, cogli occhi ripresi dalla porta drappeggiata, MIRELLA lascia lentamente ricadere le braccia e rimane immobile nella posa
[p. 167]
d'annichilimento che le è abituale.

LUISA:
con un singhiozzo, a JANE.
Nulla!... nulla!...

JANE:
confortandola.
E' tardi. Sarà stanca. Chissà... forse domani...

LUISA:
Ah!
LUISA scuote tristemente il capo.

JANE:
Dove la mettete a dormire? Ci avete pensato?

LUISA:
Sì, disopra, nella mia camera.

JANE:
Ah -- bene! E riposerete finalmente anche voi, dopo tante notti che non dormite. Ormai non avete più bisogno di vegliare Chérie.

LUISA:
Povera Chérie.
guardando MIRELLA.
La mia grande sventura me l'ha fatta per un istante scordare.


[p. 168]

JANE:
Ah! Invero povera Chérie! Che rovina la sua vita! Che tragico problema che non ha scioglimento.

LUISA:
cupa.
Fuorchè nella morte

JANE:
Che cosa vuol dire?

LUISA:
appassionata.
Ah, non lo so! non lo so! Ma quando sono uscita oggi con lei -- quando ho visto la gente che la guardava -- lei e quella sua creatura di maleficio -- ah!
rabbrividisce.
...io mi sono detta che al posto suo...
CHÉRIE appare in fondo alla scena, e ascolta addossata al muro, ancora ravvolta nel suo scialle.

JANE:
Che cosa?

LUISA:
Al posto suo io mi ricorderei...
scandendo le parole.
... che a quattro passi c'è il fiume.


[p. 169]

JANE:
Cosa dite?

LUISA:
C'è il fiume -- per lei -- e per lui!
Prende per mano MIRELLA e sale lentamente le scale.

JANE:
rimane un istante immobile, colpita dalle parole di LUISA.
Indi con un sospiro prende il suo mantello e lo indossa per partire. Volgendosi vede CHÉRIE

Chérie! Ascoltavi!

CHÉRIE:
come in un sogno.
A quattro passi... c'è il fiume...
pausa.
Come ha detto? A quattro passi c'è il fiume...
lunga pausa.
...per lui... e per me...

JANE:
sconvolta.
Che cosa dici -- dimentica quelle parole.

CHÉRIE:
lentamente con soavità.
No. Non le voglio dimenticare. Come mai
[p. 170]
non l'ho pensato anch'io? E' un grande conforto!
ripete come in sogno.
A quattro passi... c'è il fiume. Per lui -- e per me.
Un silenzio.
La porta d'entrata, lasciata socchiusa, ora si spalanca violentemente. FLORIAN AUDET, vestito da contadino, entra impetuoso.

FLORIAN:
scorgendo dapprima l'infermiera e volgendosi a lei con veemenza.
Signora, avete detto che in questa casa vi sono dei malati. Ditemi, devo saperlo -- chi -- chi è ammalato qui?

JANE:
Con quale diritto -- ?

FLORIAN:
Scorgendo CHÉRIE.
Chérie!

CHÉRIE:
cogli occhi stralunati.
Florian!...

FLORIAN:
Sì -- sì -- Florian.
Getta giù il largo cappello, si toglie la giubba di contadino e appare
[p. 171]
vestito in una lacera uniforme belga.
Sei tu, ammalata? Sei tu?

CHÉRIE:
senza voce, indietreggiando da lui.
Sì.

FLORIAN:
Che cos'hai?

JANE:
a CHÉRIE.
Ha il diritto costui di interrogarti?

CHÉRIE:
piano.
Sì.

JANE:
E' un amico?

CHÉRIE:
Sì.

JANE:
abbracciando CHÉRIE.
Senti, cara -- io dovrei lasciarti e tornare all'ospedale. E' già tanto tardi. Posso lasciarti?

CHÉRIE:
Sì. Puoi lasciarmi.
I suoi occhi esterrefatti sono fissi su FLORIAN.
FLORIAN
a JANE.
Ma se è ammalata non rimanete qui? Non la curate?

[p. 172]
Volgendosi a CHÉRIE
Chi sta con te?

CHÉRIE:
senza voce.
Luisa.

FLORIAN:
Ah, Luisa è qui! Sia lodato Iddio.

JANE:
Buona notte Chérie!
sulla soglia, a FLORIAN.
Non l'agitate. E' ancora tanto debole.
Esce.

FLORIAN:
Chérie! Chérie!
Le prende ambo le mani
Cos'hai avuto?
Essa non risponde.
Ma parla. Cos'hai? Cos'hai? mi fai spavento.

CHÉRIE:
con un filo di voce.
Sono stata ammalata.

FLORIAN:
Ma guarisci! -- Guarirai?

CHÉRIE:
cupa.
Sì! -- Si! Guarirò.


[p. 173]

FLORIAN:
Chérie -- mia piccola Chérie! Ti sei ricordata di me?

CHÉRIE:
Sì.

FLORIAN:
Sempre?

CHÉRIE:
Sempre.

FLORIAN:
Dimmi degli altri -- Luisa? Mirella?

CHÉRIE:
Sono entrambe qui.
Una pausa.
Mirella... non parla più...

FLORIAN:
stupito.
Non -- parla più?!

CHÉRIE:
No. E' muta.

FLORIAN:
Oh! per Dio! -- Ma cosa vuol dire?

CHÉRIE:
sempre con un filo di voce debolissima.
S'è spaventata... la sera... quella sera... della mia festa...


[p. 174]

FLORIAN:
Ma come? -- In che modo?

CHÉRIE:
Sono venuti qui... i nemici... Hanno ucciso qualche cosa in lei. La sua anima... non c'è più.

FLORIAN:
preso da un brivido presciente.
E -- a te? -- a te? cos'hanno fatto?

CHÉRIE:
dopo un istante di silenzio.
Peggio -- che a lei.

FLORIAN:
fuori di sè.
No! Chérie! Dimmi che non è vero. Mio Dio! Mio Dio!
Si accascia su una seggiola e nasconde il volto tra le mani.
Dopo un silenzio.

Ma parla, in nome del cielo, parla!

CHÉRIE:
con infinita stanchezza.
T'ho detto.


[p. 175]

FLORIAN:
Tutto -- dimmi tutto!
Feroce e forsennato.
M'hai detto tutto?

CHÉRIE:
No.

FLORIAN:
Parla -- per Dio -- parla!

CHÉRIE:
Come dirlo. Come dirlo?...
Tendendo la mano verso la porta drappeggiata.
Là dentro...
cade in ginocchio ai piedi di FLORIAN.
... c'è una culla
Scoppia in pianto.

FLORIAN:
balzando in piedi.
Cosa?
Indietreggiando con orrore da lei.
Tu... oh! tu -- hai un figlio...

CHÉRIE:
disperata.
Abbi pietà! -- pietà!

FLORIAN:
forsennato.
Un figlio -- d'un nemico? Ah...

[p. 176]
Alza il braccio con gesto d'anatema.

CHÉRIE:
afferrandogli il braccio.
No! Non maledirlo -- non maledirlo -- anche tu! Quel bambino che nessuno mai ha benedetto!
Un istante di silenzio.

FLORIAN:
stupefatto e inorridito.
E' questo -- ciò che tu mi dici? Questo -- il tuo primo pensiero?... Una preghiera per lui! Una difesa di lui -- dell'essere immondo a cui tu, tu disgraziata! hai dato la vita!
CHÉRIE piange disperatamente gettata in terra ai suoi piedi.

FLORIAN:
Afferrandola per i polsi e forzandola a sollevarsi e a guardarlo in faccia. Con un ruggito.
Parla, parla ti dico! Voglio sapere! ... come -- quando -- !

CHÉRIE:
Non ricordo -- non so più!

FLORIAN:
Non ricordi? Menti -- menti!


[p. 177]

CHÉRIE:
disperata.
No! non ricordo -- non ricordo! So che deliravo... mi avevano ubbriacata...

FLORIAN:
con orrore.
Ah!... Ti avevano ubbriacata. -- Avanti. -- Parla!

CHÉRIE:
come ipnotizzata, ansante.
Erano qui... qui... in questa stanza... hanno preso Mirella -- l'hanno legata -- lì -- a quella ringhiera... e c'era uno che mi diceva... mi diceva...

FLORIAN:
ruggendo.
Cosa -- ti diceva?!

CHÉRIE:
sempre come allucinata.
« Tanto andava lo stesso -- a finire così! Tanto andava lo stesso a finire così!... »
Piange disperatamente in terra davanti a lui.

FLORIAN:
E poi ...

CHÉRIE:
E poi ... e poi...

[p. 178]
Stralunata guardando la porta drappeggiata.
...aspetta -- aspetta!
con un grido.
Mi ricordo! Oh Dio! Mi ricordo.

FLORIAN:
Disgraziata, parla!
coi denti stretti.

CHÉRIE:
con uno scoppio d'angoscia.
Forzata! legata! percossa!... Colla violenza, coi pugni nella gola, mentre invocavo la morte con urli e strilli... Stritolandomi, morsicandomi le carni, rantolandomi sulla faccia delle bestemmie... così -- così, ho conosciuto l'amore! Così -- così mi è stata data la maternità!
Cade prona col volto tra le mani.
Un lungo silenzio.

FLORIAN:
chino su di lei, quasi afono.
Perchè, perchè hai messo al mondo questa creatura? Perchè -- non l'hai ucciso prima che nascesse?

CHÉRIE:
Non lo so! Non lo so. Vi era qualche cosa
[p. 179]
in me che non lo poteva fare. Qualche cosa di più forte della mia vergogna, di più forte dei mio dolore. Al disopra dell'odio, dell'onta, dell'orrore... vi era qualche cosa -- di divino!

FLORIAN:
sdegnato.
Cosa dici?

CHÉRIE:
Ah, tu non lo capirai mai -- tu sei un uomo! -- Non lo puoi capire. Ma io -- io ho sentito in me quel portento -- il brivido di una vita creata da me! Ed era come se una voce -- la voce stessa di Dio! -- mi gridasse: « Tu non ucciderai! »
Un lungo silenzio.

FLORIAN:

Chérie! Che rovina la nostra vita!... Che rovina.

CHÉRIE:
Lo so.
Una pausa.

FLORIAN:
Ascoltami, Chérie, ascoltami. Quello sciagurato essere è un predestinato al dolore e alla delinquenza -- è vero? è vero?

CHÉRIE:
con profonda amarezza.
Sì -- sì -- sarà vero. Tutti lo dicono! Tutti!


[p. 180]

FLORIAN:
E lo senti anche tu -- lo senti.

CHÉRIE:
Sì -- sì! Qualche volta, colla chiaroveggenza del delirio, lo vedo l'avvenire quale sarà per me e per lui... Sento che questa creatura mi schianterà il cuore, mi strazierà, mi dilanierà come quella belva -- suo padre! -- che in quella notte mi ha cacciato i pugni nella gola... Qualche volta ho spavento di lui... ho spavento già adesso... Quando lo nutro credo che mi morderà... Quando grida odo già nella sua voce la minaccia... Quando mi chino su di lui mi mette le piccole mani negli occhi come se cercasse di strapparmeli!... Allora mi sembra che sia un demente -- e che io pure di tenermelo stretto al cuore -- pazza -- pazsono pazza, pazza di non averlo ucciso, pazza za di amarlo come l'amo -- più della vita mia!
Piange.

FLORIAN:
Chérie, Chérie! Tu devi allontanarlo da te -- allontanarlo!... Hai capito?
Con uno sforzo.
Poi cercheremo di scordarlo, tu ed io -- tu ed io, insieme -- cercheremo -- di scordarlo!

CHÉRIE:
Dopo un istante di silenzio, calma e grave.

[p. 181]
No.

FLORIAN:
No? Perchè no? Se ti dico che lo dimenticherò -- che cercherò di dimenticarlo.

CHÉRIE:
con fermezza.
Non io.

FLORIAN:
Ma tu non vuoi, non puoi volere che questa creatura malefica ti separi per sempre dall'amore, dalla speranza, da altre maternità pure e gioconde...

CHÉRIE:
Finchè vivo, io non lo abbandonerò.

FLORIAN:
Ma folle, folle che sei -- che cosa vuoi fare? Che cosa sarà di te?

CHÉRIE:
affranta.
Non lo so. So che dandogli la vita gli ho dato anche la vita mia.

FLORIAN:
con subitanea decisione.
Ebbene sia -- sia!
colla mano sulla fronte.
Non si ragiona contro questo primitivo,
[p. 182]
portentoso istinto... Chérie -- Chérie!... Io ti amo -- ti amo come allora -- come sempre...
Si odono dei lontani clamori. Indi lontanissimo uno squillo di tromba e la trionfale musica della Marseillaise.
Chérie! Senti!... senti! questa è la liberazione. Le nostre armate vittoriose si avanzano come un torrente di fuoco e di fiamma. Sono tutti intorno a noi. Siamo circondati dai nostri...
spalanca le finestre.
Chérie!...
in un delirio di gioia.
Chérie, scordiamo tutto -- tutto -- e siamo felici!

CHÉRIE:
rapida.
Florian -- non è possibile -- non è possibile. Io non ti amo più e tu non puoi più amarmi. Anche se in quest'ora lo credi -- tutto è mutato, e tu non puoi amarmi più. Tu m'amavi perchè ero pura, lieta, gioconda -- non sono più nulla di tutto ciò. Non vi è più nulla in me della Chérie che amavi. Tu devi dirmi addio e lasciarmi alla mia sorte.

FLORIAN:
No! Tu sarai mia. E un giorno -- tutto questo ci sembrerà un sogno. Avrai altri figli,
[p. 183]
figli che potrai amare, figli che ameremo entrambi senza rossore --

CHÉRIE:
selvaggiamente.
E questo! questo sarà il paria esecrato, sarà lo spettro che s'aggirerà vergognoso e umiliato tra quelli più fortunati di lui!...
No mai! mai! -- Sappi che questo essere abborrito e maledetto mi sta nelle viscere profondamente come prima di nascere... mi sta nel cuore, mi sta nell'anima, mi sta nel sangue -- più di te!

FLORIAN:
Più di me!

CHÉRIE:
Sì, più di te. Parti Florian, parti -- godi della nostra vittoria. Va -- e scordami!
La musica, trionfante e i clamori di gioia s'avvicinano sempre più.

FLORIAN:
Chérie, Chérie -- pensa a ciò che fai.

CHÉRIE:
Nulla, nulla di ciò che puoi dirmi può mutare la decisione che ho preso. La mia strada è chiara davanti a me.

FLORIAN:
Chérie ti supplico, ti supplico!


[p. 184]

CHÉRIE:
Non straziarmi con preghiere vane. Dimmi addio e va.

FLORIAN:
Ebbene -- sia come tu vuoi. Se per te io non sono più nulla -- vi è ancora chi mi chiama ed ha bisogno di me.

CHÉRIE:
Ah -- lo so! lo so!
S'ode fuori l'Inno nazionale del Belgio.
Senti la Brabançonne! il grido del Belgio!... La nostra patria ti chiama. Va, Florian, va. Da' la tua vita a lei.

FLORIAN:
afferrandole le mani.
Sì! Sì! a lei! Hai ragione. Non è questa l'ora dei rimpianti -- non è questa l'ora degli amori! E' l'ora santa e terribile della rivendicazione. Ora di sangue e di gloria!... Addio Chérie! addio.

CHÉRIE:
piangendo.
Addio.

FLORIAN:
Penserai a me?

CHÉRIE:
Sempre!


[p. 185]

FLORIAN:
Anch'io. Sempre. -- Come finiva la tua canzone della principessa prigioniera?

CHÉRIE:
con un singhiozzo.
« Io vi voglio adorar fino alla morte ».

FLORIAN:
« Io vi voglio adorar fino alla morte ».
La bacia in fronte ed esce.
CHÉRIE resta immobile, impietrita.
Dopo un silenzio -- lentamente come parlando in sogno.

CHÉRIE:
A quattro passi c'è il fiume...
Si avvia verso la porta drappeggiata.
...per lui -- e per me.
Apre la porta. Un raggio lunare dalla finestra tonda la illumina tutta. Entra e chiude la porta dietro a sè.
Passa qualche momento. La lampada sulla tavola ondeggia, e quasi si spegne e la stanza è immersa nell'ombra.


[p. 186]
In cima agli scalini appare la figuretta di MIRELLA. Come un'allucinata essa si guarda intorno e i ricordi terribili l'afferrano, agghiacciandola d'orrore. Lenta trasognata soffermando lo sguardo su ogni oggetto noto si avanza silenziosa. Nei suoi occhi tremola il ricordo delle subíte atrocità.
Sempre come una sonnambula scende i tre gradini e giunta all'ultimo il suo occhio si fissa sulla porta drappeggiata in faccia a lei. Un onda di orrore la invade; essa indietreggia; ed ora sta rigida colle spalle, alla ringhiera nell'atteggiamento identico del suo passato martirio. -- Colle braccia dietro a sè, come legata alla ringhiera, fissa lo sguardo di demente sulla terribile porta.
E questa lentamente si muove -- si apre. Il terrore di MIRELLA s'accresce fino al parossismo, mentre cruarda lenta aprirsi quella porta fatale...
Ed ecco nel vano della porta, illuminata tutta dai raggi lunari che dalla finestra tonda le circondano il capo come di

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una perfetta aureola -- appare CHÉRIE col bambino tra le braccia. Indossa ancora la sua bianca veste, ma un lungo velo azzurro le cinge la testa.
Vede MIRELLA e s'arresta -- immobile come una visione.

MIRELLA:
Vedendo l'apparizione, che le sembra divina, cade in ginocchio con un grido.
Ah!
Fa il segno della croce e congiungendo le mani pronuncia con voce estatica:
«Ti saluto, o Maria, piena di grazia... »

CHÉRIE:
Scossa da un brivido immenso.
Mirella! -- Sono io!
con, un grido.
Luisa!... Luisa!...
A LUISA che appare sugli scalini.
Mirella -- ha parlato!...

LUISA:
precipitandosi.
Mirella! Mirella!
Singhiozzando bacia le
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vesti e le mani della sua bambina.

MIRELLA:
Come svegliata da un sogno.
M'era parso...
Guarda con estatico sorriso CHÉRIE col bimbo tra le braccia.
... m'era parso...

LUISA:
alzando il braccio con gesto solenne e grandioso verso CHÉRIE.
Ah! sii benedetta -- tu! -- E il tuo bambino!

CALA IL SIPARIO.


[p. 189]

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Vivanti, Annie [1915], L'invasore: dramma in tre atti (Milano: R. Quintieri, 1915) Drama [Author Information] [Bibliographic Details] [Vivanti-Invas]


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