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Lettere di Laura Battiferri Ammannati a Benedetto Varchi Edited by Carlo Gargiolli Bologna: Gaetano Romagnoli, 1879
[p. 5] Un libro curioso e importante resta ancora da scrivere in Italia: la storia della nostra letteratura femminile. E potrebbe riuscir libro stupendo, a chi sapesse ben farlo, perchè oltre darci una bella pagina di storia letteraria, nè la meno utile nè la meno istruttiva, da Nina Siciliana a Giannina Milli, da Caterina da Siena a Caterina Ferrucci, gioverebbe a colorire un quadro efficace e gradevole della nostra civiltà, tanta in ogni tempo è stata l' azione della donna
La mia poetessa è Laura Battiferri: una donna, che ebbe da natura nobile ingegno ed anima delicata, e che con lo studio della filosofia innalzò il culto delle lettere, e nel sentimento della religione purificò la poesia dell'amore; sicchè fu ammirata da illustri contemporanei, come Bernardo Tasso, il Varchi, il Domenichi, il Baldi, l'Allori, il Grazzini, il Bargagli, il Razzi, e specialmente da quello squisito ingegno di Annibal Caro, che non solo ebbe per lei lodi e versi, ma che lei pur propose a Pietro Bonaventura come
Che Amore, nudo in Grecia e nudo in Roma, D'un velo candidissimo coperse, [p. 9] quando un qualche tratto di poesia vera per ispontaneità d'affetto e ingenuità di sentimento, anche dove la forma non risponda sempre all'intenzione dell'arte. Nè vi può essere poesia vera (predichi a sua voglia chi vuole) senza un gran sentimento o un gran pensiero, senza che la parola sia fatta anima nel cuor del poeta, il quale quando amore spira, nota, e a quel modo che detta dentro va significando; e quindi era ben difficile che potesse fiorire questa poesia tra' petrarchisti del secolo XVI, allora che la imitazione era loro fine e norma, e teneva luogo della ispirazione, dell' affetto, del pensiero. Ma Laura aveva in cuor suo un sentimento profondo di religione. S' ella fosse nata due secoli prima, in tempi di fede più viva e più potente, sarebbe riuscita forse una delle nostre migliori poetesse; ma cresciuta ed educata tra le tendenze [p. 10] pagane dall'una parte, e gli ascetismi di riflessione dall'altra, non ebbe virtù d' elevarsi al disopra de' contemporanei, e mentre ci duole doverla solo noverare tra le molte rimatrici del secolo, pure ci è grato vederla talvolta, specialmente nella poesia religiosa, staccarsi dalle pastoie della imitazione petrarchesca, sebbene purtroppo ricada di leggieri in altre pastoie non meno difettose di quelle. Laura fu figlia naturale di Giovanni Antonio Battiferri d' Urbino; e nata nel 1523, morì nel novembre del 1589 a Firenze, dov' era andata fin dal 17 aprile 1550 moglie a Bartolommeo Ammanati, scultore e architetto di bella fama in
que' tempi(10-1) Cfr. Baldinucci, Sec. IV, part. II.. La squisita educazione ricevuta nella casa paterna si andò sempre accrescendo e perfezionando in lei con lo studio
Ancona. 25 marzo 1879. Carlo Gargiolli. Notes to Introduction 8-1) Lettere di Annibal Caro, vol. II, p. 193. 10-1) Cfr. Baldinucci, Sec. IV, part. II.
(1) Il marito di Laura Battiferra fu Bartolommeo Ammannati, nato in Firenze il 1511, morto nel 1592. Egli lasciò bella fama di architetto e di scultore per le opere fatte in Firenze, Padova e Roma; e non mancò di eleganza nello scrivere, come n'è prova la Lettera agli Accademici del Disegno (Firenze, Matini, 1687), citata dall'Accademia della Crusca nel suo Vocabolario. Il mio ottimo amico cav. Gaetano Milanesi pubblicò nel 1869 (Firenze, Tipografia Bencini) due lettere inedite di lui, che parlano dei lavori di scultura ch'egli avea preparati per l'apparato da farsi in Siena nella venuta del duca Cosimo de'Medici, e delle storie da porsi nella base di una colonna di granito, su cui doveva andare la statua in bronzo di quel duca. (2) Maestro Antonio Crocini, intagliatore, a cui il Varchi scrisse il sonetto: Mentre lungo il Mugnon d'un verde pioppo ec.
(3) In morte di Caterina Cibo, duchessa di Camerino, scrisse Laura quattro sonetti, che son prova del-
(4) M.o Francesco Lacomi da Montevarchi, celebre medico di quell'età, al quale la nostra
Laura diresse il seguente sonetto:
(5) Due sono i sonetti a Madonna Lucrezia de'Soderini tra gli scritti dalla Battiferra, e non so certo qual sia quello che manda al
Varchi con questa lettera. Il veder però che l'ha partorito fra tanti travagli di mente e di corpo mi fa credere possa
essere il seguente, che pur in mezzo a certe freddure petrarchesche d'imitazione cinquecentistica, palesa lo stato
dell'animo:
(6) In questa, come in altre lettere posteriori, si parla di alcuni affari domestici di Laura e del marito di lei, pei quali il buon Varchi volentieri usava della sua autorità e delle sue molte amicizie, affine di giovar loro. (7) Lelio Bensi fu uomo di molte lettere e amicissimo di Benedetto Varchi, con cui ebbe frequente corrispondenza poetica.
(8) Il sonetto del Varchi, di cui si parla qui, è forse quel che comineia: Amor per sua
bontà l'ali oggi impiume, e che risponde all'altro di Laura:
(9) Il sonetto di Lelio Bonsi comincia: Quando da lungo e grave sonno desta, ed è pubblicato nel
Primo libro delle opere toscane di Laura, insieme alla risposta di lei, che è la seguente:
(10) Forse parla dell'altro sonetto a Lucrezia de' Soderini: Così come in un forte animo altero ec. (11) Credo la nostra Laura voglia parlare del gran Benvenuto Cellini, e di quel sonetto che a lui indirizzò il Varchi, per consigliarlo a lasciar le basse cose del mondo, E tutta ergere al ciel la nostra spene. (12) M.o Francesco da Montevarchi, di che è parlato più sopra. (13) V. tra le Rime di Benedetto Varchi e tra' sonetti pastorali quelli ricordati qui da Laura Battiferra. (14) Maestro Antonio Crocini s. c. (15) M. Michelangiolo Vivaldi, amico del Varchi, e poeta di qualche valore.
(16) M. Luca Martini, cui è indirizzato il sonetto:
(17) Girolamo Razzi, uomo di buone lettere, che ebbe fama specialmente per alcune commedie, fu fratello a Don Silvano, uno dei migliori amici del Varchi, del quale scrisse la vita.
(18) Si hanno tra le rime della n. Laura tre sonetti al signor Chiappino Vitelli, capitano valoroso, che cominciano:
(19) Alla signora Leonora Cibo de'Vitelli, moglie di Chiappino, son indirizzati varii sonetti della Battiferra. Quello di che si
parla nella presente lettera e da credere sia il primo:
Alla medesima Leonora Vitelli dedicò Laura l' Inno di santo Agostino tradotto in versi sciolti, e l'egloga L'Europa.
(20) Giov. Batta Strozzi, detto il vecchio, che fu l'autore dell'epigramma, a cui forse vuol alludere qui la n. Laura, in lode di quella
stupenda notte che Michelangiolo avea scolpita per le tombe medicee:
(21) Il primo libro dell'opere toscane di M. Laura Battiferra degli Ammannati. In Firenze, appresso i Giunti, MDLX. (22) Ecco la dedicatoria, di che si parla, quale leggesi innanzi al volume stampato dai Giunti: All' illustrissima et eccellentissima signora, la S. Leonora di Tolledo, Duchessa di Firenze et di Siena, Signora e padrona sua osservandiss.
Io pensava ad ogn'altra cosa più, Illustrissima et Eccellentissima Signora Duchessa, che a dover fare in questi tempi alcuno stampare de'componimenti miei, ma havendo io da persone degne di fede per cosa certissima inteso, che alcuni havendone già buona quantità ragunati, e cercando tuttavia di ragunarne degli altri, volevano senza non dico licenza, ma saputa mia publicargli, mi commossi non poco, e non sappiendo altro che farmi, mi risolvei per minor male, con licenza di mio marito, e consiglio di più amici, di dargli alla stampa io medesima, e indirizzargli al glorioso nome di V. E. Illustr., non perchè io gli credessi degni di tanta altezza, ma per mostrarlemi
Di V. E. Illustriss. Humiliss, e divotiss, serva
(23) V. i sonetti, che cominciano:
(24) G. A. dell'Anguillara di Sutri, celebre per la sua traduzione in ottava rima delle Metamorfosi di Ovidio. (25) Lucia Bertana, letterata modanese, della quale nel carteggio B. Varchi si trova una lettera a lui scritta in questo medesimo anno, che mi piace pubblicare come inedita: Molto Mag.co S.r come maggior fratello oss.mo
Quel lungo desiderio, ch'io ebbi sempre di visitare et conoscere V. S. con mie lettere, non l'avendo mai adempito per diverse cagioni, mentre che mi pareva quasi una mera prosuntione, senza il mezzo di alcuna persona, fare un simile effetto, ora mi è concesso di poterlo conseguire mediante il mezzo del gentiliss.o
Di Modona, alli XX di settembre 1561. Di V. S. Mag.ca et virtuosa come sorella amor.ma (26) Pier Vettori (n. 1499, m. 1585) fu uomo dottissimo nelle lettere greche e latine, e giovò nel suo secolo agli studi classici con l'erudizione e con la critica, quanto nessun altro filologo de' secolo XVI. Sarebbe opera degna de'nostri tempi una raccolta degli scritti di lui. (27) Intorno a questa quistione ecco una lettera dottissima del Varchi alla n. Laura, che è necessario compimento delle parole di lei:
Molto Magn. e Virtuosiss. M. Laura
Io ho ricevuto e letto e considerato questa sera la
E soggiugnete che avendo voi raccontato costì ad alcuni la disputa, e mostrato le due polizze, siate stata consigliata o di non rispondere o di rispondere in baia, perchè in Firenzo è noto insino a'facchini che sgombrare si piglia per portare, e par loro che quella parola vana e ociosa castelvetreggi, e anco la
E prima lodo la dolce natura e prudenza vostra, la quale s'è resoluta prima di rispondere, e poi di rispondere umanamente, come al suo e a tutti gli altri gentili spiriti si conviene; e se bene pare anche a me che quella parola vana e ociosa tenga un non so che di M. Lodovico Castelvetro, tuttavia questo che fa alla dispusputazione? Confesso ancora che in Firenze è notissimo infino a'facchini, anzi a'facchini più che agli altri, che sono quegli i quali portano le robe che si sgombrano. che sgombrare vuol dir portare. Ma voi avete a sapere che coloro i quali non sono nati in una lingua, o non l'hanno apparata da coloro che nati vi sono, convengono dubitare in moltissime cose, le quali a cui è la lingua naturale sono più che notissime; anzi vi voglio dire più oltra, che quegli stessi che hanno la lingua naturale dubitano bene spesso, ancora che siano dottissimi, di cose che a coloro che sono idioti, sono manifestissime. Cicerone, il più eloquente uomo che mai fosse e di quella dottrina che sa ognuno, errò nello scrivere una pistola a Pomponio Attico. ed ebbe a imparare da un barcaruolo quello che volesse significare inhibere remos. Ma che più? Quando Marco Agrippa, avendo fatto edificare il tempio chiamato allora Panteon e oggi S. Maria Ritonda, voleva fare nel frontespizio l'inscrizione, si ragunarono tutti i dotti di Roma; e perchè egli volendo aggiungere al nome e cognome suo come era stato tre volte consolo, non sepper mai quegli nomini dottissimi risolvere tra loro, se latinamente favellando s'aveva a dire tertio consul, o tertium consul: e per ultimo rimedio presero di non vi porre ne nell' un modo ne
Ma per venire a quello che voi mi domandate, l'autore della prima polizza, chiunque egli si sia, confessa che so sgombri s' interpreta per porti e con ella idest seco che cotale locuzione starebbe benissimo ogni volta che si trovasse in alcun luogo che sgombrare volesse dire portare; e l'autore della seconda polizza crede esser vero che sgombrare non si truovi appresso lodato scrittore in significato di portare; la qual cosa è tanto lontana dal vero, per mio giudizio, quanto le cose che ne sono lontanissime. Non si dice egli a ogn'ora in Firenze: io ho fatto sgomberare tutte le mie masserizie, ciò è, fatto portare d'una casa in un'altra? Quante volte si son mandati i bandi che comandano a ogni e qualunque persona che tutte le vettovaglie si sgombrino ne'luoghi forti, ciò è si portino? E se diceste, e'non vorranno credere a quello che si favella in Firenze, allora avreste ragione di rispondere, perchè di questo verbo non è dubbio nessuno in Firenze, e s'usa indifferentemente così da'dotti come da'laici; e io vorrei sapere quello che volle significare il Petrarca quando disse, ond' è tratto o imitato il concetto vostro,
Tolto ha colei che tutto 'l mondo sgombra?
Adunar sempre quel che un'ora sgombri, ciò è tolga e porti ria? Nè mi par vero quel che dice la prima polizza, e la seconda conferma, ciò è che 'l vero significato di sgombrare sia votare, scacciare e mandar via; che se 'l vero e 'l propio significato fusse questo, si potrebbe dire: to ho fatto
Quanto alla parola vana e oziosa, a me non pare così; anzi vi sta con leggiadria, come quando il Petrarca disse:
E il parlar quotidiano non usa quasi mai altramente: e se bene in quanto al significato è il medesimo a dire, il tale se ne porta ogni mio bene, e il tale se ne porta seco ogni mio bene, nondimeno l'eleganze delle lingue consistono in simili parlari, Io vengo teco, sa ognuno quello che vuol dire, e che è buon parlare senza aggiugnervi altro; e pur si dice molte volte, io vengo con teco, contra la locuzione latina. E m' è paruto strano, per dirvi ogni cosa, che uno volendo dichiarare il significato vero del verbo sgombrare, dica che egli significhi votare, scacciare e mandar via: che domino ha da fare votare con iscacciare o mandar via? favellando propiamonte. Dovete dunque sapere, e di qui penso lo che sia nato il costoro errore, che nessun verbo può avere più
Io vi manderò domattina questa per Nanni, che menerà il cavallo a M. Bartolommeo. Raccomandatemi a lui, e state amendue sani, che Dio vi prosperi sempre. Non voglio lasciar di dire che 'l pigliare sgombri in luogo di si sgombri, non mi piace: e quel Padre che voi dite ch' è sì dotto, mi pare che l'intenda benissimo ec. (28) Di Laura Terracina, rimatrice del tempo della Battiferra, v. il Tiraboschi, Storia della lett. ital., vol. VII. (29) Questa e la seguente lettera non si può dire con sicurezza in qual anno fossero scritte, e perciò le ho poste in seguito alle altre di data certa. Mi sembra però che la presente debba ritenersi tra le prime indirizzate da Laura al Varchi, considerando il pensiero che la informa.
(30) Nella stampa de' Giunti il verso è quale lo scrisse Laura, cioè:
« E se mai nulla fui, saraggio o sono. » (31) Credo che questa lettera sia scritta nel 1560, quando si preparava la Stampa Giuntina delle Opere Toscane di L. B.
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