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Alessandra Macinghi Strozzi
Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo xv ai figliuoli esuli
Frontmatter and Commentary
Edited by Cesare Guasti
Firenze: G. C. Sansoni, 1877

LETTERA DICAISSETTESIMA: ANNOTAZIONI


ANNOTAZIONE A

[p. 184]
Sulla morte di Matteo abbiamo due lettere di Francesco Strozzi, del primo di settembre. In quella a Filippo così parla della povera Madre:

= Ricevuto ch'ebbi la tua lettera, e inteso il grandissimo colpo aveva a trafiggere mona Lesandra, ne fui con Marco Parenti e cogli altri nostri per governarmene in miglior modo fussi possibile; e finalmente il partito pigliamo fu questo: che sendo mona Lesandra a le Selve al luogo di Giovanni Bonsi, mandai questa mattina a grande ora il famiglio mio, e scrissi una a lei e una a Giovanni Bonsi, a qualunche di loro in un effetto, [Note A-1, p. 184] e che Lorenzo era malato gravemente, e che simile la Checca mia sorella era qui malata; e che per ogni rispetto mi pareva, quando potessi, ne venissi. Per la qual cosa subito montò a cavallo, e fùci circa a ore 20, e molta tribolata. E finalmente, quando ci parve, fumo parecchi da lei, e narramole il caso: il quale con paziente cuore ascoltò. Di subito avàno ordinato le donne. E in vero a quello ch'io credetti, assai dolcemente s'è passata: e tutto il suo duolo e maninconia si è, che tu no ne pigli tanto affanno che tu ne 'nfermi: e più le duole il dispiacere
[p. 185]
tuo che niuna altra cosa. E pertanto, portati tu dolcemente, e scrivile in questo principio continovo, confortandola come saprai. =

Con l'altra Francesco da la trista nuova a Lorenzo:

= Carissimo e amato fratello. Per altra cagione che per quella che al presente fo, vorrei averti a scrivere: pure nientedimeno la necessità induce a dire i casi seguiti, a chi ha a scrivere, tali qual eglino sono, e buoni e tristi, secondo che a Dio piace mandargli. El quale presente caso, sanza gran copia di lagrime e afrizione di cuore non posso dirti, veduto del peso e importanza grande ched egli è; chè pochi maggiori danni, a mio giudicio, potreno avere ricevuti, quale al presente è questo. Ma tali qual eglino vengano, con franco e virile animo bisogna ricevergli e pigliarli. [Note A-1, p. 185] E pertanto t'avviso come il nostro fratello [Note A-2, p. 185] Matteo ne' dì passati fu assaltato da una febbre in modo e maniera tale, che a poco a poco sei venne consumando, in modo che a di 23 del mese passato, circa a ore 22, l'atterrò a fatto, e passò dolcemente di questa vita, con tutti i sagramenti appartenenti, [Note A-3, p. 185] e con grande conoscimento di Dio e della sua conscienza: per la qua! cosa è credibile Iddio abbia ricevuto l'anima nel suo santo regno; ch'è una delle cose che molto ci debbe consolare. Del testamento e d'altre cose, da Filippo a pieno sarai avvisato per questo medesimo fante. Non ti vo' dire se a tutti noi ha dato grandissimo affanno e dispiacere; e massime a questa povera
[p. 186]
madre: tu istesso voglio il consideri e pensi. Pure nientedimanco, conosciuto ella così bene come noi il caso non avere rimedio, ha ripreso le forze del suo franco animo, e dassene assai pace; ringraziando sempre Iddio ditali e sì lunghe avversità, [Note A-1, p. 186] che tanto tempo l'hanno vicitata, che si può dire essere un trastullo della fortuna: e appresso di Dio molto merita, se drento con pazienza sopporta quello che di fuori mostra; e simile appresso degli uomini infinite lode ne porta. Della qual cosa eziandio vogliamo e da sua parte e da mia e da tutte tua sirocchie pregare te abbia pazienza, e pigli riciso partito a essere contento di quello è suto piacere di Dio, il quale dispensa e ordina tutte le cose a utilità nostra e dell'anima nostra: e così questa, come tutte l'altre, si vuole stimare abbia ordinata. La quale pazienza sentendo da te, non ci darà piccola consolazione e pace: e così ti vogliàno pregare e gravare seguiti. Non t'ho a dire nè voglio dirti altro per questa, se none messer Domenedio ti conforti e di male guardi. Per Francesco Strozzi, in Firenze.=

Dell'altre lettere di condoglianza scritte da' parenti a Filippo piacemi riferire queste dei due cognati:

= Al nome di Dio. A dì primo di settembre 1459.

Carissimo come fratello. El troppo duro caso di Matteo, e sì acerbo, m'ha constretto a rompere il proposito mio; il quale era, per buono rispetto, di non vi scrivere ancora a questi tempi. Ora ha voluto la fortuna mia ch'io abbi a cominciare da sì doloroso principio: il quale,
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benchè niuna cosa sia più certa che la morte, nientedimeno ogn'altra vostra disaventura potevo temere, che questa, in tanta vostra giovinile età; e quanto meno a questo caso pensavo, tanto più m'è stato grave il colpo subito. Da poi in qua che morì mio padre non ho sentito simile passione; che m'è morto due figliuoli e due cugini carnali, Filippo Macinghi e a questi di Niccolò di messer Tomaso Salvetti, il quale mi parve che mi dolessi assai: ora mi pare nulla a rispetto di questo. Troppe fortune e troppo grande e a me e a voi in si brieve tempo, l'una a dosso a l'altra! Iddio ottimo, trovatore d'ogni buono rimedio, sia quello che dia e a me e a voi quella pazienza e quel conforto il quale per al presente nè so trovare per me nè dare a voi. A me nuoce il troppo bene, del quale sua natura è di giovare; l'essere voi di tale qualità, che da me e da ogn'altro meritate troppo singulare affezione, po' che la vita vostra è isventurata, e cagione di darmi maggiore passione, che se fussi di sorte più dozzinale; la quale, se così fussi, arei cagione di meno stimare. [Note A-1, p. 187] Filippo mio, io sono sì afflitto, ch'io non so quello ch'io mi t'abbia scritto, nè so quello ch'io mi debbo seguitare. Io penso al fatto tuo, e parmiti vedere. Priegoti che e' ti 'ncresca di te e di chi rimane: e come tu se' tenuto valente uomo, così sia in effetto. E valenti uomini non si lasciano soperchiare alle fortune; ma quelle vincendo, tanto più crescono in loro perfezione, [Note A-2, p. 187] e agli altri sono salute e consolazione. Voi
[p. 188]
avete qui questa vostra madre, della quale io non mi posso in questo caso ricordare sanza lagrime, considerato quante adversità in tanto brieve tempo ell'ha avuto in questi vostri casi: ora vedersi lasciare sola, l'uno doppo l'altro, da tutti; ora nelle venute vostre, quand'ella credeva pigliare di voi qualche piacere, vedervi o in grande ansietà di faccende o in grave e lunghe infermità; ora ec. Maraviglia come una donna possa tanti affanni! Pensa di darle qualche sovenzione in tanti affanni: e '1 modo, niuno il sa meglio che tu, che appieno conosci il cuore suo. Ella è in villa di Giovanni Bonsi: ècci paruto none a un colpo dargli nel quore: dirgli in prima che sia in grave infermità, e farla tornare : poi, in pochi dì dirgli del caso, e sforzarci di confortalla in quel modo sapremo. Il simile ho fatto alla Caterina; benchè poco più potrà piagnere la morte, ch'ella si faccia questa grave infermità ch'ella crede. Raccomandotele, e priego Iddio che questo resto che restate vi conservi in sanità, e ponga fine oggimai a tante vostre e nostre tribulazione.

Avevo scritto insino a qui, e ora m'è giunto una tua lettera alla Caterina. Hammi rinfrescato sì il dolore e commosso tante lagrime, che pensando all'avenante quel che doverrà fare ella, non ho avuto cuore di dargliele ancora. Quando mi parrà tempo, gliele darò. E più ho veduto una lettera di messer Giannozzo, che scrive a vostra madre; che, pensando a lei, se quella della Caterina mi strinse, questa mi raddoppio le lagrime. Da uno in fuori, [Note A-1, p. 188] io non credo ch'io piagnessi mai persona tanto da cuore quanto costui: e' n'è stato troppo grande danno, se per isperanza s'ha a stimare persona; e una grandissima spettazione avevo di lui. Iddio ce l'ha tolta:
[p. 189]
piacciagli dare qualche ristoro di tanto danno a chi si penosamente lo sente. Mona Allesandra, noi c'ingegneremo di confortalla in modo, che in brieve tempo la ridurremo a pazienza: e di questo confòrtatene, e stanne di buona voglia. Io intendo, qui resta ogni tua cura e ogni tuo dolore: coll'aiuto di Dio ci si piglierà buon modo.

Di poi al tardi [Note A-1, p. 189] è giunta mona Allesandra di villa; e scavalcata e riposata un poco, Francesco e Batista degli Strozzi e mona Nannina e mona Caterina di Piero di Neri e altre donne, con quello buono modo che si può in questi casi, gli dissono el caso di Matteo. Siamo in sul principio: s'io ti dicessi che forte non si dolessi, non sarebbe da credermi; chè bisogna che la natura facci il corso suo. Attendiamo a confortalla quanto si può, e così non ristaremo, tanto che speriamo che la recheremo in buona pacienza. E così conforto la Caterina, che mentre gli dura questa maninconia, che non si parta da lei e attenda a confortalla. =

=Al nome di Dio. A dì XXII di settembre 1459.

Caro e a me in luogo di buon fratello. A. una tua de' dì 28 del passato, io ti scrissi ne' di passati condolendomi della morte della benedetta anima di Matteo: ch'è stato un colpo non aspettato, e certo n'avete gran danno. E non che voi, ma tutt'e vostri parenti e a' mia. Ora inteso la diligenza usata nella sua malattia, e dipoi la volontà di Dio, qualunche debbe avere pazienza, e pregare Iddio per lui. Altro rimedio non ci è. Abbiamo di continuo confortato mona Lisandra: e certo ha fatto
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come franca donna. Ha con desidero aspettato tua lettere; e dipoi l'ha 'ute, e inteso tu essere sano, e hai pigliato partito, rimane mezza confortata: e così ti ricordo faccia quando li scrivi; però che '1 conforto suo resta nello star tu bene, e mostrarle tu abbi in questo caso preso partito. Stimo menarne mona Lesandra in villa,, fatta la vendemmia; che ci sta volentieri Arai scritto a mona Lesandra del far venire Lorenzo; e credo sarà ben fatto; e insieme v'intenderete: e a Dio piaccia di tutto pigliate buon partito. La Lesandra confortai: che ti prometto, che mai più non vidi più tenera sirocchia. Raccomandasi a te, e priegati ti sappi guardare, e che t'ingegni di star sano.... Non più per questa. Iddio di mal ti guardi, e conservi sano. Tuo Giovanni Bonsi, alle Selve.=

Finalmente recherò quella che Filippo stesso mandò al fratello Lorenzo, il 26 d'agosto:

=....Questa solo perchè sappi la dolorosa novella. della perdita del tuo e mio diletto Matteo, che a di 23 di questo piacque a Dio chiamarlo a sè. Se sono in passione grandissima, per te stesso lo stima. Pure, visto che rimedio non ci è, n'ho preso partito; e restami solo doglia della pena che stimo n'ara mona Allesandra. A. questo ho fatto que' rimedi ho potuto, di scriverli e farli scrivere da altri: e così n'ho scritto a Firenze; che adattino el modo nel fargliele assapere, che n'abbia mane passione è possibile. El male suo fu terzana; poi n'ebbe due; e poi sopraggiunse uscita, e questa l'atterro. Intorno alla salute sua, ti prometto non ho lasciato a fare niente; nè disordine nessuno ha fatto, che mai me li sono partito da bocca. Credo era distinato che così dovessi
[p. 191]
essere. Ebbe la confessione e comunione e li altri sagramenti; e tutto prese con una grandissima consolazione o vero divozione. Fece uno poco di testamento: lascia che mona Lesandra sia pagata di quello che ha 'uto da lei: c 'l resto, avanzandovi, lei ne faccia limosine per l'anima sua. Credo vi fia poco avanzo, perchè li ho fatto bello onore nel soppellire, e vestito quattro persone. Di tutto si terra conto: el suo libro non ho ancora visto: farollo per agio, e saprai dove in sustanza potrà battere. 'Vedi che colpo è questo; e come la fortuna non è ancora sazia di perseguitarci I A. tutto bisogna avere pazienza. Non posso credere che questo sia per li peccati nostri, ma più tosto de' nostri passati. Rimettiànci in Lui, e preghiallo che almeno li piaccia porre qui fine .... Io non so l'ordine [Note A-1, p. 191] di costa del bruno. Io qui li ho fatto onoranza come a fratello maggiore; e così farò nel vestire, che m'ho fatto il mantello lungo al modo da Firenze. Tu di costa governatene come se' consigliato. Che a Dio piaccia porre fine a tante discipline, quante da uno pezzo in qua abbiàno riceute. Non ti dirò altro per ora.... Confortoti a l'avere riguardo della tua persona, chè vedi come n'andiàno leggermente! =

ANNOTAZIONE B

Questo è il Testamento, di cui si ha copia fatta allora in Napoli.

=Die XXII mensis augusti, septime indictionis, Neapolis. Ad preces viri nobilis Mathei de li Strozi di Florencia, mercatoris, personaliter accessimus ad quasdam
[p. 192]
domus nobilium virorum Iacobi et Simonecti Scannasoriti, in quibus ipse Matheus habitabat; et dum essemus ibidem, invenimus dictum Matheum in lecto iacentem, infirmum corpore, sanum tamen mente et in recta sui locucione et memoria pariter existentem. Consideransque statum fragilem et caducum humane nature etc., volens saluti sue anime providere, et bona sua disponere etc., presens suum ultimum nuncupativum et eius ultimam voluntatem, in modum qui sequitur, condidit testamenturn etc.; cassans omnia alia testamenta, codicillos etc.

Et quia heredis institucio capud et principium cuiuslibet testamenti esse dignoscitur, instituit ordinavit et fecit sibi heredem suum universalem dominam Alexandram eius matrem, in omnibus bonis suis mobiibus et stabilibus, iuribus, accionibus etc., preterquam infrascriptis legatis etc.

Item, iudicavit ac voluit et mandavit corpus suum sepelliri ubi vir nobilis Philippus de li Stroczi eius frater voluerit et elegerit.

Item, asseruit coram nobis dictus testator, se teneri et debitorem esse eidem domine Alexandre eius matri in certa pecunie quantitate, prout in quibusdam scripturis dixit clarius apparere: de qua quidem pecuniae quantitate voluit et mandavit testator ipse eidem domine Alexandre integre satisfieri super bonis omnibus testatoris eiusdem.

Item, legavit pro eius anima ducatos quindecim, distribuendos et expendendos per eumdem Philippum eius fratrem ad arbitrium et voluntatem Philippi predicti.

Item, legavit Onufrio de li Stroczi pannamenta lugubria, ad arbitrium sui fratris Philippi.

Item, legavit Marine, serve sue domus, pro eius anima, tarenos quinque.

[p. 193]
Item, voluit quod induantur in civitate Florencie pannis lugubribus omnes ille persone quas dicta domina Alexandra voluerit et elegerit, et proinde legavit pecuniam necessariam.

Item, prefatus testator voluit et mandavit quod, habita satisfacione per dictam dominam Alexandram eiss matrem, de pecunia eidem domino Alexandre per ipsum testatorem debita, et facta execucione presentis sui testamenti, quicquid supererit in bonis suis distribuatur pro eius anima, ad arbitrium diete domine Alexandre eius matris.

Item, legavit Ecclesie Florentinorum in civitate Neapolis, pro eius anima, prout tenet per ordinacionem capitulorum Nacionis Florentinorum Neapoli commorantium.

Item, legavit, pro malis ablatis incertis, Maiori Eccleslie Neapolitane tarenos duos.

Item, voluit et mandavit dictus testator, quod omnia bona et iura ad ipsum testatorem deventa ex successioneet hereditate paterna, pro parto et porcione ad eum spectante, post mortem diete domine Alexandre eius matris, ad eumdem Philippum et Laurencium de li Strozi eius fratres deveniant et existant ad habendum etc.

Et demum prefatus testator instituit ordinavit et fecit distributorem executorem et fideicommissarium etc. presentis sui ultimi testamenti et omnium contentorum in eo, dictum Philippum eius fratrem etc. Et insuper eonstituit ordinavit et fecit suum generalem procuratorem eumdem Philippum ad petendum etc., ex quibuscunque titulis racionibus atque causis etc., cum potestate substituendi etc.

Presentibus iudice Andrea de Afelatro, Antonello de Marchisio de Neapoli, Nicolao Ardinchelli, Loisio Ardinchelli, Guido de Riczo, Antonio de Medicis, Onufrio de Stroczis et lohanne de Tomasio de Florencia. =

ANNOTAZIONE C

Ho inutilmente cercato per le nostre Librerie la lettera consolatoria di messer Giannozzo Manetti; il quale poco stette a lasciare questa vita, essendo morto a' 26 di ottobre dello stesso anno 1459.

ANNOTAZIONE D

Il figliuolo di Bernardo stava con Filippo, ed è fra' testimoni che furono all'ultima volontà di Matteo.

NOTES

A-1, p. 184. Diremmo oggi, dello stesso tenore a tutt'e due.

A-1, p. 185. Cioè, i danni.

A-2, p. 185. Parola d'affettuoso parente, chè fratello non era.

A-3, p. 185. Oggi diremmo, dovuti o debiti.

A-1, p. 186. E veramente così ella scriveva: « Lodo e ringrazio Nostro Signore di tutto quello, ec ».

A-1, p. 187. Se foste persone dappoco (vuol dire Marco), sarebbe da pianger meno le vostre sventure. E passi il concetto, come questo andare sconnesso del discorso, da poi ch'egli dice d'esser sopraffatto!

A-2, p. 187. Vuol dire, che i valentuomini crescono in perfezione morale, trionfando delle avversità.

A-1, p. 188. Cioè, il padre.

A-1, p. 189. Alle venti ore, dice Francesco nella lettera qui sopra; cioè tre ore avanti a quelle che anc'oggi diciamo le ventitrè.

A-1, p. 191. Cioè, l'usanza, il modo che si tiene costa a Bruggia.


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