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Alessandra Macinghi Strozzi
Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo xv ai figliuoli esuli
Frontmatter and Commentary
Edited by Cesare Guasti
Firenze: G. C. Sansoni, 1877

LETTERA PRIMA: ANNOTAZIONI


ANNOTAZIONE A

[p. 10]
I Parenti vennero del Mugello, e abitarono nel quartiere di San Giovanni, Gonfalone Drago, in via del Cocomero, accanto allo Spedale di San Matteo. Esercitavano l'arte della seta, e la bottega andava nel 149-7 (a tempo del primo Catasto) in nome di Stefano di Giovanni Parenti e Matteo di Bonaccorso Berardi, per scritta di compagnia de' 24 di marzo 1424. Parente, padre di Marco, nel 1431 era capo di bottega, e Marco suo figliuolo nel 47 scrive al Libro de' suoi ricordi, che la ragione diceva in lui e Compagni. Ma nella portata al Catasto del 57, « tengo » scrive « a pigione da' Frati di Certosa una bottega in Por Santa Maria per fior. 40 l'anno, carta per ser Antonio di ser Batista dell'anno 1456, per anni 5; dove solavamo fare arte di seta. Ora è circa anni dieci me l'ho ritenuta, benchè non facci più l'arte, perchè la rapigionavo pel medesimo pregio, per non mi perdere l'uso ». Marco era solo di maschi, non avendo che una sorella, per nome Sandra, cinque anni minore di lui; la quale in prime nozze sposò Mariano d'Iacopo, Tempi, e in ottobre del 1451 fu dal padre rimaritata a Benedetto di Simone Quaratesi che morì a 6 di febbraio del 1460 st. f. Era Marco vertudioso, cioè buono e colto, come si vede dalle molte sue lettere; ond'io trarrò spesso de' brani a illustrazione di queste di madonna Alessandra.
[p. 11]
In quanto all' età, da ciò che dice egli stesso nel suo Libro di ricordi, a carte 1, e meglio dal Libro dell' età che si conserva nell' archivio delle Tratte, si rileva che naque il 25 d'aprile del 1421.

ANNOTAZIONE B

Giovanni, avo di Marco, era stato più volte de' Signori dal 1351 al 1376: e anche Parente, suo padre, fu Priore pe' mesi di novembre e dicembre del 1450.

ANNOTAZIONE C

Sul Monte delle doti depositavano i genitori una somma per le figliuole, la quale dopo alcuni anni, maritandosi la fanciulla, si guadagnava aumentata; e se la fanciulla moriva prima d'andare a marito, il padre lucrava la metà della dote che le sarebbe toccata. La Caterina, dunque, poteva riscuotere la sua dote nel 48 e nel 50; l'Alessandra non faceva che anticipargliela, ma col rischio di perdere, se la giovine fosse morta prima.

ANNOTAZIONE D

Parente, figliuolo di Giovanni (e non già di Piero,come scrive la nostra Alessandra), mori di settantaquattro anni a' 31 di gennaio del 1451 st f.; e la Tommasa, sua donna, morì a' 19 d'ottobre 1456, d'anni circa cinquantasette. (Libro di Marco, a c. 29 e 42.) Fece essa testamento a' 28 di novembre del 54, lasciando la sua dote di fiorini secento al figliuolo, con questo patto, che fiorini cento gli dovesse dare « per l' amore di Dio ». E in caso che Marco mancasse senza figliuoli, allora lasciò
[p. 12]
«la sopradetta sua dota. a dispensare per Dio all'Arcivescovo di Firenze », ch'era in quel tempo il venerabile Frate Antonino.

ANNOTAZIONE E

Marco diede al futuro Cognato la nuova del suo m trimonio con questa lettera:
= Filippo di Matteo degli Strozzi, in Napoli.
Al nome di Dio. A dì XVIIII d'agosto 1447.

Dilettissimo quanto fratello. Credo arai inteso pe' tuoi di qui come è piaciuto a Dio volere che la Caterina tua sirocchia sia mia donna. La qual cosa a Dio piaccia, e così disidero, che sia prima a suo onore, e salute dell'una e l'altra parte di noi. Il perchè a me è paruto mio debito, si come cogli altri vostri parenti ho fatto qui, così con voi dove al presente vi trovate con questa, lettera per simil modo impalmare e riconoscere il parentado, per insino a tanto che, quando che sia, accadrà che di presenza ci conosceremo ; che n'ho tal voglia, che maggiore nella potrei avere. Accadrebbemi assai che scrivere, se volessi dire quanto sommamente mi piace da ogni parte tutto vostro parentado, considerato chi e quali uomini e' sieno, e di te e tuo fratello quanto se n'aspetti e speri. Della fanciulla, benchè io conosca che quanto più ne dicessi sarebbe meno che '1 vero, nondimeno nulla n'ardisco a dire; perchè oggimai mi si potrebbe imputare me ne ingannasse amore; tanto credo, con ogni scarico di me, potere dire che più non me ne potrei contentare. Ho solo un dispiacere in questo fatto,
[p. 13]
mi sento potere essere un parente quanto meriteresti. Ma quanto i' sono e quanto posso, in tutto più potrei essere disposto nè più affezionato inverso di che io mi sia. Per la qual cosa t' ho a dire, che in qualunche cosa che qui v'accadesse, che tu istimi che per me o per mie' mezi per voi si possa fare, che niuno rispiarmo di me dobbiate fare, però che niuna fatica per e per le cose vostre mi potrebbe esser grave. Questo a te, e così ho scritto a tuo fratello. Agli altri zii per ora nulla scrive; se none che tu, se niuno n'è costì, o se a loro scrivi dove sono, che a loro mi mandi, e quanto mi sono offerto a te, tanto m'offera a loro, e ancora più, se più puoi. Mona Allessandra e tutti suoi figliuoli stanno bene, e per loro parte t'ho nulla, però che ti scriverrà ella. Di nuove di qua, questa prima non ti scrive nulla, so none della morte -Duca di Melano, che so ne dovete avere pieni avisi altre lettere di mercatanti. Nè più per questa mi avere a dire. Cristo ti guardi sempre. Per lo tuo Marco di Parente Parenti, in Firenze. =

    E con il ricordo del matrimonio apriva Marco il suo che Porta questo titolo:

= M CCC XVLL

Al.nome di Dio e della sua Madre Vergine santa Maria e di messer santo Michele Angelo e Arcangelo e di messer santo Giovanni Batista e del Vangelista e Piero e san Pagolo e san Marco e di madonna santa Maria Magdalena e santa Caterina e di tutti Apostoli et Evangelisti e Santi e. Sante di Dio e al loro onore sia il principio e mezzo e fine di questo Libro,
[p. 14]
e per loro misericordia piaccia loro darmi grazia che ciòche arò a scrivere in su questo sia a utilità dell'anima mia e del corpo e di tutti miei beni. - Questo Libro è di Marco di Parente di Giovanni Parenti, nel quale scriverrò tutti miei ricordi e debitori e creditori, et èsegnato A. [Note E-1, p. 14] =
E a carte 1:
    = Ricordo questo dì IIII d' agosto 1447 come io tolsi per moglie la Caterina figliuola che fu di Matteo di Simone di Filippo di messer Lionardo degli Strozzi e di mona Allessandra figliuola che fu di Filippo Macinghi sua donna, e detto dì la giurai [Note E-2, p. 14] in Santa Maria sopra Porta. E debbo havere di dota fiorini mille, in questo, modo, cioè: la metà, che sono fiorìni 500, dalla detta mona Allessandra tra danari e donora; e l' altra metà, che sono fiorini 500, in sul Monte dei Comune di Firenze scritti nella detta Caterina mia donna, che vengono guadagnati a dì xxx di giugno 1448 .....
    Dipoi, a dì XIII di gennaio, le die' l'anello, e funne rogato ser Silvano di Giovanni notaio fiorentino che sta
[p. 15]
con ser Uberto notaio all'Arte di Porta Santa Maria; e a dì XIIII detto la menai .... =

    Di fronte a questo lieto ricordo, il buon Marco, dopo trentaquattro anni, mestamente scriveva:

nbsp;   = A dì XVII di maggio, a ore 9, 1481, passò di questa vita, a me giocundissima e felicissima.[Note E-1, p. 15] Iddio abbi avuto l'anima, come certamente credo per la sua umanità con degnità di vita, e costumi ornatissimi et onestissimi. Era d'età d'anni 50 a punto. Fecila soppellire nella nostra sepultura di Santa Maria del Fiore onoratamente quanto si potè secondo la legge. Et vesti' di panni monachini, braccia 12 per una, quattro persone: la Gostanza e la Marietta nostre figliuole, la Selvaggia donna di Filippo suo fratello, e la Allessandra vedova sua unica sirocchia. =

ANNOTAZIONE F

Su molte pagine dei Libro di ricordi scrisse Marco i doni fatti alla sua Caterina, che qui madonna Alessandra accenna brevemente. A carte 2, dopo avere registrati gli acconti della dote, seguita a scrivere il corredo:

= Anne dato a dì XII di gennaio per queste donora che appresso diremo:

    Una cioppa a gozzi di domaschino bianco orlata di martore
    una cioppa di calisea bianca a gozzi ricamata e orlata di martore
[p. 16]
    una cioppa di panno bianco, maniche strette, ricamata
    una gammurra di saia bianca e azzurra, maniche di vellutato verde
    una gammurra turchina, con maniche di vellutato allessandrino
    XVI braccia di panno lucchesino
    XVII camice lavorate
    X sciugatoi in un filo
    XXX fazzoletti
    XXX benducci da lato
    uno braccio di domaschino bianco
    due sciugatoi grandi
    uno bacino et una miciroba con uno compasso e arme degli Strozzi e mia
    uno libriccino di Donna [Note F-1, p. 16]
    una filza di coralli grossi
    due coltellini da lato, con manica d'ariento
    una cintola bigia fornita d'ariento bianco
    VI berrette di seta
    tre agoraiuoli.

Tutte le sopraddette cose furono stimate, detto dì, per Nofri di Bartolomeo del Grigia, fiorini cento sessanta cinque.

Donora non istimate. Uno fazzoletto ricamato. Due pettini d'avorio. Nove matasse di refe. Ventiquattro cuffie. Più nastri. Tre paia di calze rosse. Quattro paneruzzole. Due paia di scarpette. Uno paio di forbice. Due collaretti di panno lino. =

[p. 17]
Piacemi qui cavare dal suo Libro, carte 2-3, la spesa della giornea, della cotta e della ghirlanda.

Giornea.

= Una giornea di zetani vellutato di chermisi, della donna.

De' dare, a' dì VIIII d'agosto, per braccia XXIIII ½ di detto drappo v'andò entro, per fiorini III ½ el braccio, fiorini ottantacinque soldi XV a oro; levai da Marco Parenti e compagni in peza di braccia 42 ½ F. LXXXV 1. III S. III d. III p. [Note F-1, p. 17]

E de' dare, a' dì detto, per braccia 30 di valescio rosso pel soppanno, per soldi VII el braccio; monta lire dieci soldi X p., levai da Giovanni del Verzino. F. - 1. X S. X d. -.

E de' dare, a' dì XVI d'agosto, per braccia XIII di guarnello per soppanno, per soldi VII denari vi p. el braccio; monta lire quattro soldi XVII denari vi, levai da Giovanni del Verzino. F. - 1. IIII S. XVII d. VI.

E a' dì XXXI detto, per 32 maglie pesorono denari VIII per dinanzi, tolsi da Deo orafo. F. - 1. I S. VIIII d. IIII.

E de' dare, insino a' dì XXVI detto, per braccia 1 ¼ di zetani vellutato di chermisi mancò per guazzeroni, levai da Zanobi di ser Martino, per fiorini III ½ el braccio; monta fiorini quattro soldi VII denari vi a oro. F. IIII 1. I S. XI d. VIIII.

[p. 18]
E de' dare, a' di XI dì settembre, per lattizi [Note F-1, p. 18] 188, andorono in fodera d'intagli e orli o filetti, per fiorini vi ¾ el cento; montano fiorini dodici soldi XV a oro. Compera'gli da Francesco vaiaio. F. XII l. III s. III d. VIIII.

E de' dare, per fattura di detta giornea, lire sette, fe' Andrea di Giovanni sarto. F. - 1. VII S. - d. -. =

Cotta.

= Una cotta di zetani vellutato di chermisi, per la donna.

De' dare, a' dì VIIII d'agosto, per braccia XVIII di detto drappo v'andò entro, per fiorini III ½ el braccio, fiorini sessantatre; levai da Marco Parenti e Compagni in pezza di braccia 42 ½ F. LXIII.

E de' dare, a' di detto, per braccia XX di valescio rosso,. per soldi 7 el braccio, monta lire sette; tolsi da Giovanni del Verzino, per soppannare detta cotta. F. - 1. VII.

E de' dare, a' di XXI d'agosto, per once X di bambagia; tolsi da Giovanni del Verzino. F. - 1. - S. VIIII d. II.

E de' dare, a' dì detto, per 120 maglie tonde dorate, per dinanzi, once II denari III, e per 100 maglie piccole per le maniche, once i; in tutto once III denari III; per soldi XXX a fiorino l'oncia; montano fiorini III soldi vi denari VIIII a fiorino. E più, per vi punte pe' nastri, soldi vi a fiorino; tolsi da Deo di Domenico o compagni orafi. F. III i. I S. XVII d. V.

E de' dare, a' dì XVI d'agosto, per denari XVIII di perle per ricamare da mano e manichini; comperai da
[p. 19]
Priore Ottavanti, per fiorini IIII soldi II a oro, per tutto. F. IIII I. - S. VIII d. VI.

E de' dare, a' dì XI di settembre, per lattizi XXVI andorono nel filetto da piè, per fiorini vi ¾ el cento; montano fiorini uno soldi XV a oro. Compera'gli da Francesco vaiaio. F. I l. III S. III d. VIIII.

E de' dare, pagai a Bonifazio ricamatore, per ricamatura di fregi di perle a' manichini. F. - 1. II S. - d. -.

E per frangia verde e d'oro per da piè e nastri e cordelline di seta, tolsi da Bernardo di Betto. F. II 1. II S. II d. VI.

E per fattura, pagai a Andrea sarto F. - I. VII S. X d. -.=

Ghirlanda.

= Una grillanda di code di pagone fornita d'ariento e di perle.

De' dare, a' dì VIIII d'agosto, per 500 occhi di code di pagone, scelti, per lire IIII soldi VIII el cento; monta lire ventidue; i quali comperai da Lorenzo di Nutozo Nasi. F. – 1. XXII S. - d . -.

E de' dare, a dì detto, per 300 occhi di code di pagone di sorta, per grani X ½ el centinaio; montano lire nove soldi XII denari vi p.; i quali comperai da Lorenzo di Nutozo detto. F. - I. VIIII S. XII d. VI.

E de' dare, a' di XI d'agosto, per once III denari XVI di tremolanti dorati, e once II denari 22 ½ di fiori smaltati, rossi e azzurri, per fiorini I ⅓ l'oncia; montano fiorini otto soldi XXV denari III a forino; i quali tolsi da Deo di Domenico e compagni orafi. F. VIII 1. IIII S. XIIII d. -.

E de' dare, a' dì XVI d'agosto, per once II denari III ½ di foglia dorata alla Veneziana, a ragione di fiorini XV
[p. 20]
la libra; monta fiorini due soldi XIII denari VII a oro; la quale tolsi da Lionardo Gondi. F. II 1. II S. XVII d. VIII.

E de' dare, a' dì XVIIII d'agosto, per once vi di perle, per fiorini XII a oro l'oncia; montano fiorini ventuno soldi XII a oro; le quali comperai da Giovanni Petrini. F. XXI 1. II S. XI d. -.

E de' dare, a' dì XXVI d'agosto, per once – denari XVIII ½, di tremolanti e fiori smaltati, per fiorini I &frac13 l'oncia; montano fiorini otto soldi XXV denari III a fiorino; i quali tolsi da Deo di Domenico e compagni orafi. F. VIII 1. IIII s. VIII d. -.

E de' dare, a' dì XXXI d'agosto, fiorini sette larghi pagai a Niccolò di Bastiano; fiorini 5 larghi per sua manifattura, e fiorini 2 larghi [Note F-1, p. 20] per ispese d'orpello e ottone e altro, fe' detto Niccolò in detta grillanda. F. VII 1. III S. III d. -.

E de' dare a' dì XVI di settembre, per XI rose, fatte di penne di pagone, fe' Niccolò di Bastiano di suo in detta grillanda, che vi mancavano; per tutto, d'accordo co' lui, F. - l. III S. VIII d. -. =

Vorremmo allargarci in recare altre partite, ma lo spazio non ce lo consente. Noteremo: « una cintola di chermisi mischiata d'oro e fornita d'ariento dorato e traforato»: « un paio di trecce di perle da portare in capo », dove cinque once di perle costarono fior. 31: « uno fermaglio d'oro entrovi due zafiri e tre perle da portare in ispalla », che costò fior. 27 lire 2 sol. 15; e fiorini 4 valse una perla di carati cinque, che fu messa
[p. 21]
« di sopra in detto fermaglio » in luogo d'una perla piccola che il venditore « si ritolse in drieto »: « uno collare di perle con rocchette in mezzo d'ariento dorato »; dove le perle a fior. 7 e mezzo l'oncia costarono fior. 41 lire 3 sol. 14 den. 3; e trentanove « rocchette d'ariento dorato e traforate » importarono fior. 6 lire 3 sol. 5 den. 6.

Pensò Marco anche a' forzieri per la camera nuziale; e, come allora usava, non dimenticò di fornirla di una immagine della Vergine Maria. Queste sono le partite levate dal suo Libro:

A carte 8.       = MCCCCXLVII.

Maestro Domenico di Bartolomeo da Vinegia dipintore [Note F-1, p. 21] de' dare a dì XI di settembre lire trenta pic., per lui a Giovanni d'Andrea de Albola legnaiuolo, i quali furono per uno paio di forzieri di legname comperò da lui, i quali m'ha a dipignere; e debbogliene dare in tutto quando saranno compiuti, daccordo co' lui, fiorini cinquanta. Vagliono lire trenta, a soldi 84 el fiorino fior. VII lire - soldi XII den. - pic. (Seguono diverse partite di pagamento.)

Anne dato, a dì XIII di gennaio, per uno paio di forzieri dipinti e adorni d'oro, e con forzerini e cassette dorate e dipinte, e uno specchio come è di costume, fiorini cinquanta; i quali forzieri, perchè non sono bene finiti, passati questi di delle nozze, me gli debbe finire a perfezione.

[p. 22]
Di poi, a dì XX di giugno 1448, me gli rimandò compiuti di dipignere e forniti a perfezione. Fiorini L. =

A carte 11. = MCCCCXLVII.

Stefano di Francesco dipintore [Note F-1, p. 22] de' dare a di VIII di gennaio fior. uno sol. II den. IIII a oro, portò e' detto in fior. uno largo, il quale gli do per una Vergine Maria di rilievo e dipinta, m'ha a fare per pregio di fior. 5 ½. = (Seguono altri due pagamenti, de' 12 e 22 dello stesso mese.)

A carte 27. = MCCCCLI.

Uno tabernacolo di legname all'antica per una Vergine Maria, per la camera mia, alto brac. 3 ½ de' dare a di XIIII di luglio per detto tabernacolo lire sedici sol. X, pagai a Giuliano da Maiano legnaiuolo per fattura del legname. = (Seguono quattro pagamenti, in tutto lire 41, sol. 4, per mettitura d'oro, azzurro e dipintura, a Giovanni vocato Scheggia dipintore. [Note F-2, p. 22])

ANNOTAZIONE G

Questo terzo figliuolo era nato postumo (ed ebbe per ciò il nome del padre), il giorno primo di marzo del 1436.

ANNOTAZIONE H

[p. 23]
Matteo, pochi mesi dopo, mandò al fratello questo primo saggio de' suoi caratteri.

= Al nome di Dio. A di 29 di marzo 1448.

Questo dì, sotto lettere di Variai degli Strozzi, ebbi una tua lettera fatta a di 16 di questo, alla quale farò risposta. Io sono avvisato della tornata tua da Panni, che l'ho auto caro che tu sia tornato presto; che mona Lessandra avea paura che tue non vi istessi troppo; che gli è detto che v'è cattiva aria. Sì che hai fatto bene a tornare presto. Ed è istato detto a mona Lessandra che tu non estai troppo bene della persona. Priegoti che tu ti sappi guardare, a ciò che tu istia sano: che Iddio te ne dia la grazia.

Avvisoti come la Caterina n'andò a marito insino a dì 14 di gennaio; e non facemo noze, perchè non c'era il modo: ancora perchè non si richiedeva allo istato nostro. E il simile fece Marco, che non fece troppa ispesa. [Note H-1, p. 23] Eglino istanno bene, colla grazia di Dio. E della
[p. 24]
dota s'accordò di quegli 500 fior. ch'ell'ha avere, a luglio che viene, dal Monte: e 500 n'aveva avere quando n'andassi a marito, tra danari e donora; che n'ha auti 200 di donora e 250 di contanti: che resta avere fior. 50 della dota, che glie l'ha promessi mona Lessandra a dagliele a l'iscita di questo mese: che sono e danari del Monte che aveva Niccolò Soderini, del nostro; che tutti ne sono iti. E lei non ha sodo la dota, perchè non l'ha auta tutta. Quando l'arà auta, si farà quello che s'arà. a fare, e tu ne sarai avvisato.

La cagione ch'io non t'ho iscritto buon pezzo fa, si è istato in prima la Caterina n'andò a marito; che ci fu che fare assai: e poi mi ruppi il capo; che istetti uno mese ammalato: e dipoi sentendo che tu eri ito a Palermo, aspettavo ogni ora tua lettera: non sapevo dove me l'avessi a mandare; che stavàno tutti maravigliati che da te non ci veniva lettere. Ma ora che tu se' tornato costi, ti scriverrò ispesso. E in questi dì mi porrò con uno maestro che insegna iscrivere, che insino a ora sono istato a scrivere in casa, e veggo che non piglio buona forma di lettera: e però vole mona Lessandra ch'io vadia a uno maestro, che mi insegnerà in dua mesi: che Iddio ci presti della sua grazia.

Noi istiamo maravigliati di Lorenzo, che no ci ha iscritto parecchi mesi fa. Fara' bene, quando gli scrivi, a rammentaglielo ci scriva ispesso. Nè altro per questa. Cristo di male ti guardi. Raccomandaci a Niccolò. Per lo tuo Matteo degli Strozzi, in Firenze.=

ANNOTAZIONE I

Filippo Maria Visconti duca di Milano era morto il 13 d'agosto; e pe' Fiorentini fu gran ventura.

ANNOTAZIONE L

[p. 25]
In Cennina, castello del Valdarno di sopra, erano entrati un centinaio di fanti gridando il nome del re Alfonso d'Aragona. I Fiorentini riebbero Cennina a patti.

ANNOTAZIONE M

Niccolò Strozzi nasceva da Lionardo fratello di Simone, e quindi veniva ad essere cugino di Matteo marito già di madonna Alessandra. Questo Niccolò non prese moglie, e co' fratelli Iacopo e Filippo attendendo alla mercatura, aveva fatto assai fortuna. Agli orfani ed esuli figliuoli di Matteo pose amore, e li volle tener seco nei banchi. Scrivendo Filippo alla madre da Valenza il 14 d'agosto 1446, dice come Niccolò, che l'aveva allevato da piccolino, vuole eziandio allevarlo da grande, « a ciò che il bene o male avessi mai, non lo possi riputare se non da lui. E in verità, e' mi mostra avere buona volontà, e io me ne contento molto, però che sempre gli ho portato e porterò buono amore, in modo che di me sempre e' si loderà ». Seguita a raccontare come Niccolò ha fatto col fratello Filippo una « ragione a Napoli » da cominciare il 25 marzo del 47. E a Napoli par che anderà Niccolò in persona, restando a Valenza il fratello Filippo; ed egli Filippo vi rimarrà come « secondo », cioè con un maestro; e vi starà pure Lorenzo suo minor fratello. Ma più crede, e spera, che lo vorrà menar seco a Napoli. « E poi ho caro di stare più tosto a Napoli che qui; però che sarò presso a costi, e sarò in più bella terra che questa; ed è terra di signori: e poi vi sono molti fiorentini, che mi parrà esser costì. E però
[p. 26]
fate conto che se allotta arete presto que' 400 fiorini, mi varranno: però che, restando qui, con detti danari mi farei compagno; e se ne vo a Napoli, qualche partito ne farò con Niccolò. Che poi che costoro mi vogliono bene, e vedendo io avere qualche aiuto da me, vie più bene mi vorranno fare: e non ve-go che per avere qualche aiuto da me, non mi tirino innanzi. E così piaccia a Dio ci presti della sua grazia ». A madonna Alessandra era stato riferito come Filippo, fratello di Niccolò, si « teneva malcontento » del suo Filippo: ma questi risponde, che anzi & gli mostra grande affetto e, morendo senza figliuoli, s'è fatto intendere che lascerebbe a lui. E così Niccolò: perché tutt'e due sperano, invecchiando, d'essere governati con amore da' giovani Strozzi. « Datevi » conchiude « di tutto buona voglia, che ancora ho pensiero di rifare la nostra Casa ». Passa poi a ragguagliare sua madre della « bella ricchezza » che avevano sul banco di Valenza. Filippo 12 mila fiorini, Iacopo 8, e Niccolò : che facevano 30 mila fiorini di Barcellona, cioè 2 mila di Firenze. E tali erano i traffici, che in tre anni la potevano raddoppiare. Di tornare a Firenze, nessuno de' tre fratelli mostrava d'aver voglia: e tanto era vero, che Filippo aveva fatto murare a Barcellona una bellissima cappella con spesa di duemila fiorini la più magnifica di quella terra: e, per mezzo di Antonio Strozzi, s'era fatta venire da Firenze una lapide, che gli costava cento ducati, con l'arme di Casa. Di questa cappella, soggiunge, « ne vuole fare merito a Dio; e in verità è di tanto buona persona, e si cura bene dell'anima ». Le parla dei fratelli. « Lorenzo ho trovato qui; ed èssi assai mutato di condizione, secondo mi pare in su questa giunta. Non so come si riuscirà, che non posso credere che bene; però che io gli sarò sopra capo, e farollo stare a siepe ».
[p. 27]
Del piccolo Matteo le domanda, se quando avrà maritata la Caterina, vorrà mandare anche lui a stare con Niccolò. E per non restar troppo sola, vorrei, le dice, « togliessi qualche fanciullo di qualche povera persona…Voi già vedete che, finito voi (che Iddio vi mantenga lungo tempo), poco fondamento potremo fare costà: che tutto l'avviamento nostro fo conto sia fuori di costà. Ma bene fo un conto, che se in ispazio di tempo le cose di costà s'acconciassino, e noi standoci bene, allora farei conto di tornare di costà: ma dubitomi mai a' dì nostri non s'acconceranno. Ora fate vostro conto se potete fare sanza lui; e in caso non potessi fare sanza lui, lo fate stare al banco, e tenetelo di presso, acciò impari qualche cosa: che poi che Iddio gli ha dato la grazia dell'avere buon sentimento, che per trestizia non lo perda ».

E l'altro figliuolo Lorenzo, appena giunto a Valenza a' 28 d'aprile dello stesso anno 1446, aveva scritto alla madre, ragguagliandola del viaggio duro, del soggiorno piacevole, de' costumi diversi, delle sofferenze presenti e delle speranze lontane. La sua lettera merita d'essere qui riferita per intero; ch'è pittura viva di uomini, di tempi, di cose.

=Al nome di Dio. A dì 28 d'aprile 1446.

Carissima quanto maggiore Madre. A' dì passati v'ho scritto più lettere, delle quali non ho auto risposta. Fate abbia risposta d'una sola, a ciò ched io sappia come voi state tutti quanti: che Iddio vi mantenga sani e salvi.

Avvisovi come io sono stato in assai terre; ma non sono sì belle come Firenze. Ma io vorrei stare più tosto a Barzalona che costà. Ene una bella terra; e tutte le case che vi sono, ogni casa sì ha il terrazzo, e molto
[p. 28]
bello. Ed èvi dovizia d'ogni cosa. E anche vidi che 'l panno noti vale nulla, e buono: mercato migliore e qui a Valenza, e begli panni. E ancora vi dico che di qua se ne sono ite le mandorle fresche ène uno gran pezzo. E anche vi dico come le ciriege se ne vanno; e vendensi a peso, uno paneruzolo per uno danaio di questi, che vale sei di costesti. E di ciò che voi volete, ci è buona derrata. E le legne si vendono a peso, e sono legne di ramerino; che n'è pieno tutto il mondo, e sonvi boschi, come costa i querciuoli e più. E una altra cosa vi so dire, che nollo credere', e pure è vero, egli si è la gran quantità di melarance, che n'è pieno il mondo, che se ne dà per uno danaio più che vo' potete portare; più 200 melarance grosse come uno fiasco o più: così delle pine è boschi. E mai no vedesti la più bella cosa. Quando voi entrate 'n un orto, fanno di que' melaranci come di costà il gelsomino, acconciarlo come voi volete fare belle siepe e una porta di melaranci, e come voi volete. Siavi avviso, se volessi nessuna cosa di qua. E anche vi dico come le ciabatte da donne e da fanciulle sono fatte coll'oro: non sono fatte come coteste costà. No vedesti mai la più bella cosa. Arevene mandate due paia; ma non ho danari, se none uno forino largo; che gli altri danari ispesi per camino: istetti quattro dì a Livorno. Ed hommi a fare le spese io stessi. Vi sono a dire che convene mutare modi d'ogni cosa, se altri vole vivere; e anche non si vive. E voi sapete come l'uomo istà in casa altrui. Io si mi sono sentito male, e sono istato nello scrittoio a scrivere: non si fa mai altro. Colla grazia di Dio, sono guarito: che a Dio piaccia facciàno bene. Lodato Dio, sono condotto a salvamento.

Avvisovi come io montai in galea per andarcene, e mi fece uno gran male el mare: istetti tre dì sanza mangiare
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e sanza bere: mangiai a punto una mezza mela, e sputa'la: e non avevo persona che mi governassi; ed io mi stavo in sulle balle delle carte, [Note M-1, p. 29] con una cesta sotto il capo, che morivo tuttavia; e stavomene colà giù di sotto, che non potevo vedere lume: e mai persona no mi venne a vedere; e Ramondo [Note M-2, p. 29] fece di me come d'uno cane, nè più nè meno. Vi so dire ero concio. E poi quando fu' guarito, mi feciono mangiare per forza: in capo di tre dì non arei altrimenti mangiato; mi sentivo venire meno. A poco a poco, colla grazia di Dio, m'ha condotto a salvamento: lodato Dio.

Avvisovi che se voi vedessi come costoro vanno vestiti, a punto come quelli che stanno dipinti in su li panni d'arazzi; ma non hanno quello mazzocchio: chè vecchia che sia, porta una rete di seta in capo, e suvi uno velo iscempio: nollo portano il velo come voi lo sciugatoio; lo tengono disteso: pare che abbiano l'ale al capo; ch'ène una gentile cosa. E no portano le cioppe di seta: tutte le cioppe sono di panno, co' gozzi a trombe, e una coda lunga cinque braccia o più, e le gente di casa loro pigliano la coda e sì la tengono in mano. E no vedesti mai le più belle donne incelicate, mai: no credo tanto vivere vegga mai le più belle. Quando io ve lo dico, credetemi. E avvisovi che io sì porto le scarpette colle cordelline dalle latora, colle punte lunghe tre dita, e vene sanza peduli delle calze: istanno molto gentile. Iddio lodato.

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E ancora dico, che vendono gli spinaci a peso, e le bietole e ogni erbe a peso. Siavi avviso.

E avvisovi come io fone le spese di casa, e bolle fatte giù quindici dì: logorasi dimolti danari, e bolle fatte bene. Ed io sone mezzo parlare catelano, tanto che m'intendono ciò che i' dico; e così io loro: grazia di Dio.

E dicovi come per Niccolò non compero se none capponi; uno paio; uno per la mattina. Egli si ene tanto grasso che no si può muovere; ed liane auto uno poco male. Colla grazia di Dio è guarito. Ed io sto bene e sano, colla grazia di Dio. E ancora vi dico come io ho cavalcato dugento miglia da Barzalona a qui: no me n'è rincresciuto nessuna cosa.

E avvisovi come noi andiàno la sera a letto a oro di notte, e levianci alle 7 ore; che sono ore di qui: no dormiàno più che ore tre o poco più. Siavi avviso.

E sovi a dire no mi rincresce a scrivere: sto tutto di nello scrittoio, e copio il di dodici lettere: iscrivo tanto presto, che ve ne maraviglieresti, più che veruno che ve ne sia in casa: conviene fare a questo modo. Iddio sì ci mantenga.

Salutate mona Ginevera da mia parte e tutte l'altre vicine; e avvisatemi quando la Caterina si marita; che Iddio gli dia grazia abbia buono marito. Iddio lodato. La fascia non è sì co' gozzi: la roba è dell'Asia, ma saia: si farà per lei.

Mandatemi una di quelle abci cifera, c'ho perduta quella altra. Iddio lodato. Non so che altro mi dire per questa. Cristo vi guardi di male. Per lo vostro figliuolo Lorenzo di Matteo, in Valenza. =

ANNOTAZIONE N

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Se compiva diciannove anni a luglio del 47, Filippo era nato nel 1428. Difatti nella portata che Matteo suo padre fece agli ufficiali del Catasto nel luglio del 1427 non dà il nome che di una figliuola, Andreuola, dì 14 mesi, e di un maschio, Simone, di due mesi. (Archivio del Catasto, quartiere S. M. N., gonfalone Lion Rosso, filza di portate da 1 a 383, al num. 73.) Da un'altra lettera dell'Alessandra si ha che Filippo era nato il dì 4 luglio del 1428, e ch'era partito di Firenze di tredici anni, il 7 di marzo 1441. Nel Libro primo dell'età che si conserva nell'archivio delle Tratte, si farebbe nato il 10 di luglio 1428.

ANNOTAZIONE O

Antonio Strozzi, del quale parlano spesso le seguenti lettere.


NOTES

E-1, p. 14. Si conserva nell'Archivio di Stato; Carte Strozziane. Fu seguitato poi a scrivere da Piero suo figliuolo, che a carte 85, sotto dì 7 di giugno 1497, vi fece ricordo della morte di Marco. E a' 5 maggio del 1519, Marco di Piero vi scrisse a carte 127 la morte del padre suo. Tutti poi accolse la sepoltura gentilizia in Santa Maria del Fiore.

E-2, p. 14. La prima cosa, giuravano la sposa, ch' era un obbligar la fede (francese, fIancer, dall'antico fiance), e si faceva la scritta; poi le davano l'anello, ch' era il vero matrimonio in faccia alla, Chiesa; e poi la menavano a casa dello sposo, dove si facevanole le nozze.

E-1, p. 15. Voleva dire, vivendo con lei.

F-1, p. 16. Oggi, libro da chiesa, e perchè vi era l'Ufficio della Vergine Maria, si diceva di Donna o di Nostra Donna. È da credere che fosse in pergamena, ed avesse le sue belle miniatore.

F-1, p. 17. Cioè piccioli; e così sempre è sottinteso, dove le lire e le frazioni di lira sono ragguagliate a soldi e denari di forino. Qui vediamo, che nel 1447 quindici soldi di forino, o a oro, equivalevano a soldi 63 e denari 3 di lira, o piccioli.

F-1, p. 18. Pe' Vocabolari Lattizio è Pelle d'animale che poppa. Fors'erano pelli di coniglio, bianche come latte.

F-1, p. 20. Questi fiorini, che si dissero larghi perchè veramente si allargarono di forma, furono nel 1442 valutati per legge un dieci per cento più de' vecchi.

F-1, p. 21. Questi lavori di Domenico Veneziano sono ricordati a pag. 194 degli Scritti vari sulla storia dell'Arte toscana di Gaetano Milanesi. Siena, 1873.

F-1, p. 22. Stefano di Francesco Magnolini, nato nel 1422 e morto a' 30 di giugno 1504, fu sepolto nello Spedale di Santa Maria Nuova. Non si conoscono opere del suo pennello.

F-2, p. 22. Fratello di Masaccio, nacque nel 1407. Di lui, ch'era figlio di ser Giovanni, vennero i Guidi o Monguidi della Scheggia, nobili fiorentini. Il Baldinucci dà l'albero di questa famiglia.

H-1, p. 23. A carte 12 dei suo Libro registrò Marco le spese fatte nel desinare di nozze, che andettero a 372 lire, diciotto soldi e un danaro; più lire 94, 4, 1 allo speziale Al Cappello, che somministrò treggea, torte di marzapane, pinocchiati e morselletti dorati, zafferano pesto, gengevo belidi pesto, savore bianco, savore sanguigno, pepe pesto, spezie fini, torchietti e altre cose. Vi furono trombetti e pifferi, sonatore del zufolo e sonatore dell'arpa, che ebbe sei lire e sei soldi.

M-1, p. 29. Cioè, pergamene.

M-2, p. 29. Ramondo Mannelli, credo; il quale era stato tanto amico di Matteo Strozzi, ed ebbe in moglie una cugina di lui. Egli è noto per la parte principale che ebbe alla vittoria di Rapallo, riportata nell'agosto del 1431 sopra i Genovesi e il Visconti dall'armata dei Veneziani alleati co' Fiorentini.


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