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Alessandra Macinghi Strozzi
Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo xv ai figliuoli esuli
Frontmatter and Commentary
Edited by Cesare Guasti
Firenze: G. C. Sansoni, 1877

LETTERA QUARANTACINQUESIMA: ANNOTAZIONI


ANNOTAZIONE A

[p. 398]
Ecco la lettera della Tornabuoni Medici a Filippo;

= Spectabilis ac generose maior frater etc. Ho una vostra risponsiva a quanto vi ringratiai del lino mi mandasti, che non me è suta meno cara che 'l presente mi facesti; perchè veggo prendete sicurtà in me, come desideravo; et confermate l'amicitia con opere. Parlai con Piero quanto mi commettesti, in quella forma che meglio credetti sattisfare al desiderio mio verso di voi. Tutto udì volenterissimo, e dissemi volervi rispondere lui in ogni modo: et così credo farà; perchè alla affectione che lui vi porta, et a quello che io gli sento parlare di voi, desidera fare cosa che vi piaccia. Nè altro al presente; se non che quando vedete che io possa niente per voi, vi priego non mi richiediate con minore sicurtà che vostra sorella propria. Ex Florencia, die 19 aprilis 1465. Vostra LUCRETIA DE' MEDICI donna di P. di Cosimo. =

ANNOTAZIONE B

« Mercoledì a dì 17 di aprile, a ore 20, entrò in Firenze don Federigo, secondogenito di don Fernando re di Napoli e di Puglia; e avea circa cavalli 320, e circa muli 60 di cariaggi: e con lui venne in compagnia il
[p. 399]
Principe di Salerno, e il Duca d'Amelfi, e il Vescovo di Gaeta, e altri signori e gentili uomini assai. Era detto don Federigo d'età d'anni 13; e venne vestito di bruno lui e tutta sua famiglia per cagione della morte della Reina sua madre, che era morta dappoi che lui era già partito da Roma. Andava detto signore a Milano per giurare e menare a Napoli madonna Ippolita, figliuola del Duca di Milano, maritata al Duca di Calavria, primogenito del detto re Ferrando, che si chiamava don Alfonso ». Così il Rinuccini, ne' Ricordi, all'anno 1465. Ma quello che si fece in Firenze per onorarlo, sarà bene sentirlo dalle lettere dei cognati di Filippo.

E prima Marco Parenti, in lettera de' 17 d'aprile:

= .... Questo di, tra ore 20 e 21, entrò dom Federigo in Firenze. Andògli incontro quegli c'erano apti a cavalcare; che in vero al presente non sono molti, sì perchè c'è fuori tra imbasciadori e rettori molti cittadini, e sì per altre cagioni. Le strade e le piazze erano piene di popolo. Vicitò la Signoria, sanza ismontare, alla ringhiera, come farebbe la propria persona del Re: che fu tenuto da molti troppo. Ma perchè così si fece al Duca di Calavria quando venne in Firenze per la guerra del re Alfonso, per non fare differenza dall'uno all'altro, però così si fece. Ma quello era primogenito del Re, questo non è primogenito; che v'è differenza assai, perchè il primogenito, secondo natura, ha a diventare re, e già participa gli onori regali; il secondogenito, no. Dipoi ismontò in Santa Reparata, e andò all'altare; e poi in San Giovanni: e rimontò, e andò a Santa Maria Novella, alla stanza sua ordinata. La prima sua presenza ha molto
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sodisfatto a ognuno, e vero pare figliuolo regio, e monstra virtù sopra la sua età, come proprio s'apartiene a' Reali, che di presenza e di virtù si richiede che avanzino gli altri. La sua entrata non parve una cosa magnifica, come di molt'altri Signori ho veduto: e questo perchè erano con veste lugubre o di corropto al modo vostro; e sanza alcuno suono di trombe, perchè così volle lui. E questo è quanto alla prima entrata. A di XX. E da' di 17 a oggi sono istato in villa; e tornato, truovo in casa una tua lettera de' dì 18 passato, molto vecchia. E per quella m'avvisi viciti el Signore per tua parte, se mi pare, e messer Rinaldo e Carlo Mormino. Sammi male non ci sono stato, per aver fatto quanto mi scrivi; e oggi sono stato un pezzo a Corte per vicitargli: e loro sono fuori qua e là; et è già sera, e noi posso fare. Faròlo oggimai domattina, e piglierà scusa di non c'essere stato prima. E loro debbono partire lunedì a di 22. In questo mezzo intendo quel che s'è fatto. A di 18 la Signoria mandò molti cittadini - a vicitare doni Federigo; e così a di 19 tutti e principali, colla famiglia della Signoria, come si costuma. E dipoi lui mandò con quegli cittadini il Prencipe di Salerno a vicitare la Signoria: e tornò a casa accompagnato da' medesimi cittadini. E partiti, il detto Prencipe cavalcò, e vicitò Piero di Cosimo: ma aspettava, si dice, il principale. Oggi andò a vicitare il Signore messer L. Pitti a cavallo: dipoi il Signore cavalcò per tutta la terra; e aveva in compagnia messer Giovannozzo Pitti allato a sè, e innanzi Donato Acciaiuoli e Giovanni d'Aldobrandino, e non altri de' nostri. E così gli altri dì, che ha cavalcato. Cittadini in privato là a Corte non vi si vede andare: credo che sia perchè non hanno notizia co loro gente; perchè è più tempo che, come sai, non s'è avuto conversazione co loro.
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In questo tempo c'è capitato messer Niccolò da Canale, imbasciadore de' Viniziani al Papa. Andò a vicitare questo Signore; e lui, al partire suo, l'accompagno insino alla scala della stanza sua. A' nostri cittadini che 'l vicitorono, che rappresentavan la Signoria, non fe' nulla, e non usci di camera. Ecci chi n'ha mormorato: e da cui procedessi non so. Le spese non si potrebbono fare loro più magnifiche nè più larghe. Tengono tre Corti. Il Signore una, il Principe un'altra, il Duca l'altra; cioè mangiano separati. Tutti altri gentili uomini mangiano insieme nella sala grande; e ve n'è già una brigata che hanno avuto male. E di loro non t ho a dire altro per ora. - Antonio di messer Lorenzo fu fatto cavaliere dal Papa. Non può fare di meno Pandolfo di non n'andare anche. lui. Questi di dom.Federigo qui lo dicono chiaro, che ci rimanderanno uno imbasciadore cavaliere. Saranno dipoi giunti, e avvisera'mi di qualche cosa. E quanto dico a te, quel medesimo dico a Lorenzo; chè a tutti e due la scrivo. E avvisami, perchè la soprascritta dico in amendue, come dice il banco, se altri che voi l'apirrebbe del banco; perchè muterei la soprascritta. Questa tua de' 18 di marzo mi fu aperta: non so per chi la mandasti: niuno suggello era in sul ninnolo. [Note B-1] - Intendo che messer Rinaldo andò a vicitare mona Alessandra. =

A' 19 d'aprile, scriveva Giovanni Bonsi:

= .... Hannogli fatto e fanno grande onore, di modo che gli è più tempo che non si fece tale apparecchio nè
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sì magnifico. Nello entrare suo era dato ordine che la Signoria venissi in sulla ringhiera: e quando il Signore fusse a l'entrare della ringhiera, scavalcasse; e che la Signoria si rizzasse, e venissegli incontro insino a mezza la ringhiera. E questo non seguì, donde si venisse: e venne a cavallo insino dirimpetto alla Signoria presso al Lione; e la Signoria si levò da sedere, e parlorno insieme, come s'usa a uno Cardinale e Legato. E oggi andorno molti cittadini per parte della Signoria per menarlo a vicitarla, secondo si disse; e accompagnorno in Palagio tutti que' Signori, e lui si rimase in Santa Maria Novella, dov'è la stanza sua. Di questo non so ben la cagione, del suo non v'andare. Stimasi costerà questa faccenda, tra l'andare e 'l tornare, fiorini 25 mila o più. Ho vicitato il signore Rinaldo, e a lui offertomi. Videmi volentieri: parmi uomo di stima e di grande governo, e fassene buon conto.=

E della partenza, così scriveva Marco Parenti a' 27:

= .... Lunedì a di 22, a ore 14, parti dom Federigo. Vicitò la Signoria, smontò da cavallo, e andò alla porta del Palagio: quindi usci il Gonfaloniere, e abbracciollo. Dipoi andorono a sedere in ringhiera; nel primo luogo il Gonfaloniere, e poi dom Federigo. Feciono le parole; e vennesene. Ha molte buone risposte, sendo fanciullo; e vedesi non sono insegnate. Passò per la Via larga: e la sera dinanzi era rimaso di vicitare Piero; e nollo fece. Dicono che Piero non volle. Io so a chi e' disse che non voleva; ma non credevo che dicessi daddovero. Sommi maravigliato. Dubito non sia ito ad modo del fatto di Lorenzo. Messer Agnolo (Acciaiuoli) pareva che guidassi
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il tutto: e a Jacopo suo feci motto, ma poco ragionai dite. Lodasi di te molto. E come fu giunto, subito vicitò Piero. Lunedì sera dom Federigo abergò al luogo di Bernardetto (Medici): martedì, a Firenzuola: mercoledì uscì del contado. Accompàgnollo tre imbasciadori: Piero Betti, Iacopo di messer Alessandro e Donato Acciaiuoli; il quale s'è ribattezzato (questo dico a Lorenzo), e dammi licenzia ch'io lo scriva per tutto: nè mai si partì di Corte, mentre che stette qui, e sempre cavalcò co lui per la terra, per iscoprirsi bene affatto. Avevo scritto, che messer Luca (Pitti) lo vicitò: andòvi bene, ma no lo trovò, ch'era già uscito fuori: sicchè no lo vicitò. - Noi facciamo conto d'avere la ritornata di questi del Re e del Duca circa il Sam Giovanni: e non so se ci riuscirà, perchè dicono che 'l Duca gli vuole spacciare presto. Se così fusse, faremo una bella festa: e quando gli animi sono in festa, sono bene disposti al fare grazia. Intendi? =

ANNOTAZIONE C

Erano messer Rinaldo e Carlo Mormino, de' quali parla la lettera del Parenti qui sopra stampata. E del primo più lungamente si ha nella lettera dello stesso Marco, che pubblico fra le Annotazioni alla XLVII. Qui porrò una sua lettera, scritta a Filippo mentre era in viaggio col suo don Federigo:

= Magnifice tanquam frater honorande, post reconmendationem. Lo signore don Federico con tucti nuy altri spero serimo lo di de San lohanne in Firenzia; at como simo illà ordinerò che madopna la Dochissa de Calabria, lo signore don Federico e li figlioli de lo signor
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Duca di Milano adimandino lo facto vostro; che spero venerà ad perfeccione. Però me pareria che scrivessivo ad misser Angnolo quello che volte che se facza; che per via di quessi cavallari in dece dì haveriamo la littera vostra: per che si non ho aviso da vui, non poczo fare niente. In Pavia, die VIII iunii 1465. Vester frater RENALDUS. =

NOTES

B-1. Così legge l'autografo; mentre parrebbe che dovesse dir nizzolo, ossia nizza. E nizza chiamavano quella linguetta di carta che, traversando la lettera piegata, veniva a riunirsi sotto il suggello, e a chiuder la lettera medesima.


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