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Alessandra Macinghi Strozzi
Lettere di una gentildonna fiorentina del secolo xv ai figliuoli esuli
Frontmatter and Commentary
Edited by Cesare Guasti
Firenze: G. C. Sansoni, 1877

LETTERA QUARANTASETTESIMA: ANNOTAZIONI


ANNOTAZIONE A

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« Sabato a di 22 di giugno, circa ore 21, entrò in Firenze madonna Ippolita, figliuola del Duca di Milano, e donna di don Alfonso duca di Calavria e figliuolo del re Fernando; la quale avea seco in compagnia due suoi fratelli, cioè Filippo e Sforza Maria, e più don Fede rigo figliuolo del re Fernando, e altri Signori, con bellissima compagnia di cavalli circa a mille. E andò a vicitare la Signoria, la quale venne in su la ringhiera; e quivi le parlò alquante parole. Dipoi n'andò a casa Piero di Cosimo, dove ella dovea alloggiare. Fulle fatte le spese a lei e tutta sua compagnia per tutto il tenitorio fiorentino. Così il Rinuccini. Ma più viva descrizione ce ne ha lasciata Marco Parenti in una lettera a Filippo, nella quale si parla pure di quello che tanto premeva agli esuli fratelli.

= Al nome di Dio. A dì XXII di giugno 1465.

Questa per avvisarvi dell' entrata di questi Signori, che oggi a ore 21 entrorono in Firenze. Fu e parve una magnifica cosa. Prima entrò un grande carriaggio di più di 150 some, con forzeretti molti adorni; che parve una ricca cosa: vedretegli costa. Di poi seguì una gran cavalleria.
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Dicono che sono cavagli circa mille. Di nostri fiorentini v'era pochi: questi nostri cavalieri; pochi altri cittadini, e alcuni giovani. La compagnia loro era bene ornata e bene a cavallo, con tante trombe e pifferi, ch' era una magnificenza. La sposa era molto ornata; e doni Federigo allatogli, che pareva la gentilezza. Innanzi a loro e duo figliuoli del Duca, bene ornati e begli figliuoli: vedretegli. Niente di meno, d'aspetto degno, doto Federigo non perde nulla. Drieto a lei molte damigelle: ma non toggono però di bellezza il paragone alle nostre. Drieto a tutta questa compagnia lo 'mbasciadore sanese, con più di cento cavagli di suoi Sanesi, che sono venuti a vedere la festa. Ecci venuto per rintegrare l'amicizia abbiamo co loro; e duolsi di certe terre che il Papa richiede loro, appartenente al Conte di Pitigliano, o vero sono in Valdorcia; e chiede loro certi denari, che dice debbono dare per ispese fe' papa Pio per loro; e simile cose, che paiono più tosto lite che ragione. Chieggonci consiglio; e starassi qui un pezzo. Ècci chi dice che chieggono lega: ma questo non intendo però ancora. Tutta questa brigata n'andò diritta insino in Por Santa Maria, dove per tutte le botteghe era parata una bella mostra. Di poi andorono in Piazza: vicitorono la Signoria; e' figliuoli del Duca smontorono. La sposa e doto Federigo rimasono a cavallo; e dalla ringhiera si parlorono. Di poi dierono la volta dal Canto de' Pazzi, e da Santa Liperata. E la sposa alloggiò in casa Piero di Cosimo, e doto Federigo a Santa Maria Novella al luogo usato: dove in tutt'i luoghi è parato maravigliosamente. E fassi loro le spese al modo usato. Domani ci fia gl'imbasciadori viniziani, che vengono costi. Ecci una gran foresteria; e pare testè questa terra un trionfo. Domattina si fa la processione usata: il dì, l'offerta de' Gonfaloni usata, con
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certi carri di piacevolezze fra' Gonfaloni. Lunedì, la festa di Sam Giovanni usata: pali e ceri e offerte e simile cose: il dì, corso del palio. Martedì si farà la festa bella degli edifici: il dì non so ancora che si farà. Mercoledì, dicono se ne partirà parte; e giovedì il resto. Se altro di nuovo accadrà, ve n'avviserò.

Dicono che a Modona fu madonna Bianca e la Marchesana di Mantova e le figliuole; e dicono ch'è molto più bella che questa che viene costi. E parlorono e accozzoronsi insieme: e fuvvi ancora il conte Galeazzo. Ed è opinione che questo parentado si potrebbe ancora rappiccare, massime per queste novità di Francia; che dicono che 'l Duca di Savoia, mandando gente al Re di Francia, le fe' soprastare, perchè il duca Giovanni sta sospeso, e tratta di torre questa figliuola del Duca di Savoia. Ma e' ci si dice tante bugie di questi Franciosi, ch'io non ardisco a scriverne nulla. Pure pochi di fa il duca Giovanni scrisse a Iacopo de' Pazzi assai moderatamente, come il Re ha tolto al Duca di Borbona più terre; e nominale: il perchè molti altri Signori si muovono alla difesa; fra' quali è Monsignor di Ciarlois con 2000 lance al modo loro, e tanti fanti che fanno 20 mila. Il re Rinieri è pure col Re, cioè in favore, e inframettesi all'accordo: il quale dice non crede che riesca. Di sè parla molto obscuro; dicendo che insino a qui ha passeggiato per la torbida, ma che oramai andrà per la chiara: e interprètallo costoro, che non andrà a' favori del Re. Dice che i Signori chieggono al Re i tre Stati, come soleva essere l'antico governo di Francia ec. Il Duca di Melano, dicono gli manderà il conte Galeazzo ec.

De' fatti vostri io non sento altro. Avvisovi che mona Contessina ha male; e tre di fa mandò per messer Luca (Pitti): io credo fussi cicatrice per farlo accozzare con
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Piero. Andovvi, e così fu, e rimpiastroronsi; ma non so quanto durerà: per ora è così. Di poi si ferono gli Otto: mandotegli. Ora t'ho a dire un'altra cosa, che credo l' abbi da mona Alessandra. Il Gondino disse a questi dì a Giovanni Bonsi, che parlando lui a Piero pe' fatti del Re, che Piero gli rispuose: Il Re vuole dua cose da me; l'una è cotesta, l'altra è il fatto di Filippo (cioè il vostro): questo posso fare io, e farollo; quest'altro (cioè il vostro) bisogna che faccin anche quest'altri; e farassi quando fia tempo. E monstrossi di buona voglia verso di voi. Sievi avviso. Giovanni si mostrò nuovo; e lui disse, che voi gli dovavate avergliene detto qualche cosa, e che arebbe fatto e detto ec. Nientedimeno, da persona non ne sento ragionare. Maravigliomi di lui, a dire tal cosa al Gondino.

Siamo a dì XXVI a ore 21; e per insino a' dì 23 a ore X, ebbi le vostre de' di 16, con tutte copie. Dicono giunsono sabato sera, a ore 2 di notte, e per le mani di Iacopo di messer Agnolo l'ebbi; e inteso tutto. Non v' ho risposto prima, perchè prima non ho avuto da rispondervi quanto volevo. Benchè in ogni modo non si ha avuta la conclusione del fatto, perchè non era tempo, per mille rispetti; nientedimeno assai m'è piaciuto l'aver mandato quanto facesti; e per dirvi quanto è seguito, non mi curerò d'essere un poco lungo.

Letto ch'io ebbi tutto, subito n'andai a messer Rinaldo, e conferi' secondo il bisogno, e trova'lo ben disposto: e allora dovevano andare a vicitare Piero; e la lettera sua mi monstrò che aveva in petto. Dissemi, come di già aveva conferito con messer Agnolo, cioè della commessione avevano dal Re di richiedere: ma non so se si gli disse di Piero, o pure in genere. Dispiacquemi assai: ma perchè lo vidi affezionato a messer Agnolo, mi stetti
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cheto. Lui gliele tagliò; e che ora non era tempo: ma che sanza manco il Re aveva a essere servito. Doppo desinare tornai per la risposta, che tutto fu a' dì 23, e dissemi, come il Signore aveva presentata la lettera a Piero, e richiestolo strettamente e lungamente; e che Piero gli rispuose, che per Dio non volessino guastare questo fatto coll'affrettare; che per ai presente non era tempo, ma che e' gliele prometteva, e che lasciassi pigliare il tempo a lui. Il Signore istrignendolo di volere sapere questo tempo, gli rispose che sarebbe presto, e forse più che non credeva. E altra particularità non ebbe. Allora, avendo prima assai pensato al fatto di messer Agnolo, dissi a messer Rinaldo, che la intenzione vostra era che a niuno si fussi manifestato nulla innanzi che s'avessi risposta da Piero. Risposemi, che sa quanto messer Agnolo è vostro; che non ne fe' caso; e già vede che lui s'accorda col parere di Piero, e che ora non sia tempo; ma che lo vede fatto. Nientedimeno farà col Signore, che messer Agnolo non saprà mai che. di questo fatto e a' abbi parlato a Piero. E così lo pregai.

Restommi un gran pensiero come m'avessi a governare con messer Luca, pensando che messer Agnolo gliene potessi conferire; e che se da me nè da voi non avessi sentito nulla, che poi a tempo non fussi isdegnato. Mossimi andare a parlarli con questa fantasia: con dirgli che 'l Re avea commesso si richiedessi in genere a chi loro paressi; e che ne pigliassino consiglio se ora, a cagione della festa o d'altro, fussi tempo o no: e che da altro canto, voi m'avessi scritto che lui fussi quello ch'io ne dovessi domandare, e referire a messer Rinaldo del si o del no, secondo che lui mi dicessi: ma che, in quel mezzo, loro avevano avute le lettere prima ch'io le mie, e che di già n'avevano chiesto parere a messer Agnolo, e che
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lui l'aveva ricisa loro, e che ora non era tempo: Il perchè e' s'erano levati da pensiero; e andorono a Piero, e nulla gliene dissono. E ch'io non ho potuto avere prima il parere suo, per non avere avute le mie lettere a tempo; ma che allora gliele dicevo per dargli notizia di tutto: e se essendo la cosa così passata, se gli pareva da fare altro. Con questo pensiero mi pareva servire a dua propositi; a fuggire il pericolo della notizia potessi avere da messer Agnolo, e nientedimeno non iscoprire il segreto; e oltra questo, per fargli concepto che 'l Re vuole fare fatti; e che già comincia: arrogendogli ancora, che 'l Re commette che se fussino consigliati che ora non sia tempo, che lascino stare, chè lui piglierà bene altro tempo commodo. Ma la fortuna mi servì meglio; chè andando a lui, trovai era ito in villa; e stettevi insino a stamane: e oggi fui a lui, e di sotto vi dirò quanto feci.

A dì 24 nulla feci: lascia' passare il dì di Sam Giovanni. E, da vedere correre il palio in fuori, perinsino allora questi Signori non hanno voluto vedere altro di nostra festa. Fecesi due magnifici palchetti in Borgo Omnisanti, e quivi vidono correre. Gli altri dì cavalcorono per la terra, e stettonsi in casa a' loro spassi. Io rividi solamente una volta messer Rinaldo, se voleva nulla ec.

Martedì mattina a' di 25, innanzi che fussino levati, andai alla camera di messer Rinaldo; perchè poi avevano andare a vedere la festa solenne, che fu assai bella, ma fu lunga. Levato che fu, ebbi grande agio di stare co lui; e isaminato bene questo fatto, ci accordamo che per tua parte io dovessi vicitare il Signore solo, e ringraziarlo di quanto aveva fatto, e che di nuovo alla partita ripicchi Piero, e riconfermi la promessa, e gravilo che vorrebbe potere rapportare al padre quando fia questo tempo. E così feci: e se insino a qui ve l'ho commendato
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della presenza, ve lo soprallodo della prudenza; chè molto la dimostra il parlare. Non poteva dare più graziosa risposta; lodandovi sommamente, narrando quanto lui e 'l padre v'erano ubligati; e che per debito lo facevano: e promisse di riparlare come chiedevo, e giusta posse chiedere il termine di nuovo, e che no l'avea potuto avere. Aspetto che lo facci; che domano debbono partire: e io lo ricordo a ogni ora a messer Rinaldo. Fatto questo, e noi diliberamo po' che messer Agnolo ha questa notizia, che messer Rinaldo domandi messer Agnolo se gli pare ch' el Signore ne tenti Piero di questo fatto, per vedere la 'ntenzione sua; e se risponde di no, no gli dire altro; se consiglia di si, essendo già fatto, a sua posta gli renda la risposta: e sia tale, che questa sia cosa. faticosa, e sta a molti; e per quanto aspetta a lui, ch'egli è contentissimo, e che se ne facci ogni pruova ec. Questa risposta mi pare accomodata a levare via gara, e mostrare di stimare il compagno, acciò che quando si tenterà sia bene disposto. Istamane chiese tale consiglio; e rispose ch'era pure il meglio che Piero fusse tentato, e che lo verrà a disporre, e al tempo riuscirà. E oggi io ho questa risposta da messer Rinaldo: e con essa ho aggiunto fantasia; e anda'ne a messer Luca, ch'era tornato stamane, e narra'gli quasi come t'ho scritto di sopra. Dipoi soggiunsi, che io trovai ch'egli era in villa, e non pote' avere suo parere, e il tempo non mi serviva a venire in villa e tornare, perchè il Signore voleva già andare a vicitare Piero: il perchè e' s' attennono al consiglio di messer Agnolo, e stettonsi. E fermai qui il parlare per vedere dov'egli usciva. Subito e' mi domandò, e con buona cera: Be'! Ha egli detto nulla a Piero? Rispuosi di no. Lui rispuose, quasi condolendosi un poco: Egli era pure il meglio ch' e' glien' avessi detto qualche cosa, acciò che
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al tempo e' fussi meglio disposto. Udito questo, io gli usci', e dissi: Aspettate quel che è seguito. Stamani essendo messer Rinaldo con messer Agnolo, perchè e' vuole gram bene a que' giovani (cioè a voi), e' lo domandò se al bisogno sarebbe che innanzi che 'l Signore parta, e' ne parlassi qualche cosa a Piero: e lui l'ha consigliato di si. Oggi messer Rinaldo me l'ha detto. Hogli risposto che non ne facci nulla, se prima non ne piglio consiglio da voi. E aspetta ch'io gli risponda. Che volete voi ch'io gli dica? Rispuose: Digli di si, che gli facci parlare a ogni modo. E dissemelo, al mio parere, con una faccia molto lieta. E prima come gli arrivai innanzi, v'era assai gente: subito mi chiamò a sè, e domandommi: Be'! Che s'è fatto? Io gli rispuosi, ch'io avevo avuto gran dispiacere ch'egli era stato in villa, per non avere potuto usare a tempo il consiglio suo: e seguì com'hai inteso. Parti'mi da lui, dicendogli, m'ingegnerei di dargli risposta della proposta facessi il Signore a Piero. Darogliela quando mi parrà tempo, simile a quella di messer Agnolo, acciò che si possa assicurare che altri concorre, e confidisi di sè.

Tutto questo ho fatto stimando che questa sia la tempera di questo instrumento; che, come di', è molto malagevole accordano, ed è molto più che nollo vedete di costi. E stonne con grande istruggimento per paura, però ch'egli è più tenero che un clavicembolo. Iddio ci tenga le mani lui, ch'io ho tuttavia paura che chi vuole non possa. Però mi dispiace lo indugio, e altro non è da dire circa questa materia. Invero, ora non è tempo. E Collegi non vincono nulla, gli Otto ec.; e vincendo, escono a calendi. E se in questo mezzo non si fussi vinto per tutti i Consigli, di nuovo bisognava rivincere tra' Collegi; sicchè questa fatica era perduta. A calendi entrano signori
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Otto e Consigli nuovi: fieno partiti costoro: che credimi che meglio passerà non ci sendo, che essendoci. Veggo l'omore nostro: a niuna Corte arriva persona, altri che loro medesimi. Vanno spesso a danzare in casa Antonio di Puccio, dove torna il signore Ruberto; e oggi vi desinorono tutti, perchè Piero di Cosimo non vuole che in casa si danzi per amore di Cosimo. Dom Federigo danza molto bene, e ha la grazia di tutte le donne e degli uomini; e la sposa lo guata, e ragiona e danza co lui, che pare ch'ella vegga un suo iddio. Oggi vanno a vedere una caccia di lioni, pure dentro dov'egli stanno. E sempre cavalcano insieme: e ogni dì dom Federigo viene a casa a lei. Dell' altre cose sapretele da altri; che c'è poco che dire; e io ho più tosto il capo a scrivervi de' fatti vostri che de' loro E s'i' v'ho iscritto con uno certo modo, forse disforme allo stile vostro (io dissi, e' mi rispuose ec), io l'ho fatto in pruova; perchè chi molto ama molto disidera, insino alle minute cose: per sodisfare a' desideri vostri, però v'ho iscritto in propria forma molte cose; e non ho potuto scrivere sì lungo, ch'io mi sia sodisfatto; perchè ho molte cose ancora nella penna: ma questo debbe bastare in quanto al quietare l'animo vostro.

A dì 27, e a quest'ora parte la Duchessa e dom Federigo, cioè a ore x. E prima fui sollecito a vedere messer Rinaldo, e ricorda'gli che il Signore ricordi il fatto vostro a Piero, innanzi che parta: e anda'ne con loro in. sino alla camera di Piero; e perchè dormiva, fu per no gli parlare, chè niuno ardiva destano. Ma tanto feci dello impronto, che pure sospinsi il famiglio dentro, e destollo. Fe' chiamare subito il Signore con messer Rinaldo e altri, e prese licenza; e in ultimo, ricordò il fatto. Ripromisselo; che sopra le spalle sue lo lasciassi: ma altro termine non ebbe. Tutto riandando co loro a bocca, troverrai
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così essere, o meglio non ti scrivo per brevità. Vedrete che seguirà: e quando io intendo che il Re manderà qui uno imbasciadore, fo conto che lui sia atto al ricordare e sollecitare al tempo. E credo che questo sia il modo e l'atto conducitore. Io n'ho grande speranza: a Dio piaccia conducerla.

Istamani costoro alloggiano a Sam Casciano: domani a Poggibonizzi: l'altro, cioè sabato, a Siena; e di quindi partiranno lunedì per la via di Perugia, per fuggire Roma. Costi ancora sento v'è morto non so chi di peste, e che si ragionava di fare le nozze altrove.

Messer Rinaldo mi domandò di 20 braccia di velluto pagonazzo, gli avevi fatto ordinare; e dissemi aveva lasciati 50 ducati viniziani, e perciò n'aveva avuto braccia sei: e che voleva che avendo pagati quelli innanzi, gli fussi fatto termine insino alla giunta sua costi; e voleva fare il pregio teco. Io, benchè considerassi che potessi essere a tuo danno; pure avendo inteso da Carlo Guasconi che gli facesti profferere danari, presi sicurtà per voi, e diliberai di consentirgliele largamente: che Carlo mi diceva no l'avere in commessione: per rispetto del fatto vostro, mi parve doverlo contentare. Ebbelo: e poi si dolfe meco che Giovanni Batista Buondelmonti gli voleva fare istranezza: voleva gli facessi scritta d'avere ricevuto il drappo per 81 ducati, e pagatone 50. No la volle fare; ma fegli d'avere ricevuto braccia 20 e dato ducati 50. Ed ebbe a male ancora questa scrittura de' 50. Io iscusai la materia; che i garzoni fanno tali cose caldamente più che non è loro commesso, per essere riputati diligenti da' maestri loro: e rimase contento ....

La caccia de' lioni ci vituperò; chè un toro li rincacciò tutti dentro alle stalle come pecore. Andorono poi a vedere la festa del Carmino: e questa sodisfè loro maravigliosamente,
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più assai che la festa di Sam Giovanni. Anzi abbiamo oppinione che abbino poco gustato e meno istimato niuna nostra festa e cose nostre. Istamani, al partire, niuno fu co loro di nostri, se none messer Giovannozzo Pitti, messer Luigi, Pierofrancesco e Lorenzo de' Medici; il quale non verrà costi, forse perchè non so come a Melano si gli parve essere trattato. Del Marchese di Ferrara si loda molto: di questo non so: forse non vuole fare più paragoni ....

A mona Alessandra nè persona ho voluto conferire nulla di questo vostro fatto, se none che stia di buona voglia, e che lo fo a fine di bene; e così sta. Io non credo che s' abbi a scoprire altrimenti nulla, per cosa che sia detta, se non quanto Piero ne dirà lui. E così ti conforto; e staròcci desto, e di quanto sentirò v'avviserò. E de' denari mi scrivi paghi, se bisognassi, a ogni modo l' arei fatto da me; e così farò quando bisognassi; che Iddio ci presti della grazia sua. =


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