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Annie Vivanti
Lirica
Edited by Giosuè Carducci
Firenze: R. Bemporad e figlio, 1921

SAGGIO CRITICO DI GIOSUE CARDUCCI

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LE donne non è che abbiano più o meno ingegno degli uomini, l'han differente; e però nella poesia (protesto che intendo parlare soltanto delle autrici di poesia in versi), quando intendono fare quello stesso che gli uomini, non riescono. Nè mi si opponga il manco d'istruzione. Il Rinascimento e il secolo decimosesto in Italia contò donne educate ed istruite come e da quanto gli uomini, le quali leggevan greco e latino pur sapendo di musica e disegno. Bene: scorrete un po', se vi dà il cuore, le rime di quelle madonne; e le troverete non pure inferiori di molto a' più mediocri canzonieri maschili del tempo, ma spiranti dal freddo artifizio un senso di miseria che fa pietà. Sola dié rime comportevoli Gaspara Stampa, perché rimase donna, debole donna, anche in poesia.

Donna in tutto apparisce, ma debole non vuol parere, almeno a tratti, la signorina autrice di queste
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Liriche; che sono, diciamolo subito, un caso assai singolare nella poesia italiana.

Se non che, la giovane autrice è ella proprio italiana? Di padre e di sentimenti sí, e nella simpatica espressione artistica; ma nacque da madre tedesca in Londra. A lei bimba la governante anglicana faceva mandare a memoria di gran capitoli della Bibbia, ma la madre le insegnava il Pescatore di Goethe e il Palombaro di Schiller e le raccontava meravigliose Märchen piene di nebbie azzurre. Era una Lindau, cognome di nominanza letteraria in Germania. Rodolfo, segretario d' ambasciata a Parigi, ebbe l' amicizia di Thiers e in patria fu segretario intimo di Bismarck: non gli pregiudicò l' avere scritto romanzi anche inglesi e francesi. A Parigi visse da giovine, carissimo alla Sand, Paolo Lindau, che ha molta fama di drammaturgo e di critico, come scrittore nella Gartenlaube e direttore dell' Ueber Land und Meer e del Nord und Süd. Autrice della Guerra in tempo di pace e del Ratto delle Sabine, che pare divertissero tempo a dietro anche il pubblico italiano, è una nipote di cotesti Lindau. Dei quali era sorella la signora che fu madre all' Annie Vivanti; signora culta, e che scriveva versi, in tedesco e in inglese, soavi e calmi. In Londra andavano a conversazione da lei poeti e critici della patria tedesca. Tra questi Ferdinando Freiligrath, che, recatasi su le ginocchia la piccola Annie, soleva recitarle suoi versi. Alla cavalcata del lione la bambina, sbarrati i grandi occhi, impallidiva; e il poeta rivoluzionario l' abbracciava
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e le dicea: «Wunderkind». Così l'Annie naturalmente parlò per prime lingue il tedesco e l' inglese, e anche quasi naturalmente a otto anni faceva versi nell'una e nell'altra; ma le rimase sempre poi l'impressione che l'inglese fosse la lingua delle sgridate e il tedesco quella dei sogni.

Di nove anni la condussero in Italia; e un giornale di Milano la presenta come alunna della scuola normale superiore. Non esatto. Agli esami di primo anno ella fu bocciata in tutte le materie. Della sua geografia si raccontano cose meravigliose, che assegnasse per confini alla Confederazione Svizzera non so quanti mari. Della storia e dell'antico le manca ogni sentimento. Passando per certo luogo ove erano ammucchiati e in parte ritti molti informi pilastri di pietra grigia e greggia, per la costruzione d' un magazzino, osservò: — Pare quella piazza di Roma…. come si chiama? — Voleva dire il Foro Traiano.

Ma la lingua de' suoi canti come l' imparò? Non lo sa. Papà, un bravo italiano di Mantova che fece a' suoi giorni il dover suo nelle cospirazioni e nelle battaglie e fu condannato a morte dall' Austria, le declamava l'Aristodemo, e la faceva — è la propria espressione della fanciulla — rabbrividir di piacere.

Aveva dodici anni che le morí la madre; e perchè non morisse anche lei la mandarono via. Fu nella Svizzera tedesca due anni; e lesse per la prima volta Shakespeare in traduzione tedesca, e scriveva poesie e fiabe più nebbiose delle tedesche. Poi fu a Londra, poi
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a New-York; dove prese l' educazione americana e apprese a cantare come una vera italiana. E dell' Italia aveva la nostalgia, e con la fantasia del sangue materno la rivedeva tra le azzurre marine sotto la letizia del sole attraente a' suoi palagi e alle ville marmoree, in ciò che ne cantò e ne scrisse Goethe: la nuova Mignon ricordava Premeno sul Lago Maggiore. Da tre anni è di nuovo in Italia. Ora pubblica questi versi.

Veniamo dunque al libro. Ma già ci sono. Parlare dell' autore e delle sue condizioni, disposizioni e predisposizioni è un preparare a leggere e intendere il libro: che è il vero officio del critico.

Dei grandi autori italiani la signorina Vivanti non ha letto, ella afferma, una sillaba; se bene un giorno le fu sorpreso un vecchio tomo della Divina Commedia scompagnato, tra più tomi delle opere di Goethe, ricordo materno. Dei recenti e vivi non so quali e a qual segno siano stati più fortunati. D' uno ricorda qualche sonetto che le insegnava la madre: credo amasse per un mese la Contessa Lara: ma certo ha sentito la melodia dei rispetti più o meno popolari. D' inglese, legge i romanzi: di francese certa volta uscì a difendere, non so a che proposito, Coppée. In tedesco conobbe presto Heine, e ne ha tradotto (chi non ha peccato in Heine?): dice piacerle il Lenau. Ma tracce di propria e vera imitazione non sono in questo volumetto di Liriche. Sentesi, per altro, che la prima impressione della poesia, il battesimo dell' arte, la signorina Vivanti l' ebbe nel verso tedesco. L'anima, l'ardenza, l'espressione
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è meridionale e italiana: ma in quelle liriche, a strofi e a combinazioni di rime non dirò capricciose ma insolite, pur sempre d'armonia ricorrente e determinata, come fanno i veri poeti, per i quali il verso è la pulsazione del cuore e la strofa la circolazione del sangue; in quelle strofi, dico, parmi di ravvisare qualcosa del movimento tedesco. Né me ne dolgo. I tedeschi hanno forse la più vera lirica moderna, almeno nel genere e nell' imitazione popolare. Come in certi occhi, del colore glauco cilestre d'una specie di giacinti, quali i poeti amano imaginare fossero gli occhi delle Nereidi, l'ardore forse del sangue d'oriente va lentamente degradando e non si spegne nel languore ceruleo della fantasticheria settentrionale, cosí nelle strofi della signorina Vivanti, e anche più a dentro che nelle strofi, il canto italiano alcuna volta vaga, e non si perde, in non so quale ondeggiamento del lied germanico.

Nella sostanza di queste Liriche, le più almeno, spira e vive tuttavia il romanticismo; non il formale, ma quello che, come press'a poco del paganesimo diceva Sant'Agostino, è naturale ed immortale, perché necessità di certe anime e condizione insieme di certa arte: alle quali necessità e condizione certi mutamenti d'idee e costumi nella società a certi tempi dànno non solo il campo, ma la spinta a manifestarsi con particolar rilievo. La nota più sicura a cui riconoscere il romanticismo quale prevalse dal Rousseau in poi è, non la malinconia, non il ravvivamento del misticismo religioso più o meno cristiano, non l'imitazione del medio
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evo e generalmente della poesia settentrionale, ma il predominio della personalità, dell'io indipendente da qualcosa più che le regole e le consuetudini nella mutevole libertà delle impressioni e delle espressioni, l'esaltazione dell'io, la morbosità dell'io.

Voglio del genio la pazzia sublime,

canta la signorina Vivanti in una poesia che l'editore fece male a mandare attorno come saggio; essa e due o tre altre che servono per la presentazione e per il congedo lasciano apparire un po' troppo d'ostentazione voluta, che non è il difetto delle restanti. Ora così cantando la signorina Vivanti non sapeva di ripetere il grido dei romantici del 1830, da' quali il suo fare è del resto tanto diverso. Ma quell'incoronamento dell' io sopra sé stessa e sopra il mondo — intendo sempre nella poesia — fu la caricatura barocca di un fatto necessario al rinnovamento della poesia, e specialmente della lirica, che è la poesia della poesia. Era un ritorno — chi lo sospettava allora? — all' antico, all' antico immortale, all' antico eterno. La lirica eolia fu in questo senso romantica, e Alceo e Saffo poetarono l'io, come di certo non facevano i raciniani, i petrarchisti, i tassisti, i metastasiani, sciapitamente classici, di Francia e d'Italia.

Ma Saffo mi riconduce alla signorina Vivanti.

Signorina, non fate smorfie, vi prego, co' vostri ventidue anni: Saffo non è mica una vecchia. Abbandoniamo pure al melodramma la figura con la lira in mano
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e i veli al vento su la rupe di Leucade: ma Saffo «dalle chiome di viola, dal dolce sorriso sublime» è la sorella maggiore d'ogni poetessa vera (scarsa famiglia), è anzi il tipo ideale, in marmo pario illuminato in lontananza dal sole, della poesia femminile. C'è tanta passione, tutti lo dicono, nel sospiro angoscioso della fanciulla antica:— Già tramontò la luna e anche le pleiadi, la notte è al mezzo, l'ora trapassa, ed io giaccio sola! — Ma perché non dirò che nella stessissima verità semplice sollevasi appassionatamente a più largo infinito (mi si perdoni l'improprietà dei termini) questo sospiro di questa fanciulla viva?

La lunga notte mi negò ristoro,
Alfin l'alba è risorta.
Nell' orïente il ciel si tinge d'oro,
Ed ogni stella è morta.

Chi sa se è vero ch'avvi un Dio lassù!
Un Dio ch'ama e conforta!
Io penso a voi, che non m'amate più,
Ed a mia mamma, morta.

Perchè non potrò dire che è perfetta, d'una perfezione serena e profonda, questa intuizione ideale del vero, tanto greca insieme e tanto popolare?

Sorride ella, e dischiude
De' suoi occhi l'azzurra meraviglia,
Chè sulla bocca piccola e vermiglia
Il suo giovane amante l'ha baciata.

[p. 182]
(Raggian le stelle eterne
Su nel mite fulgor cupo de' cieli).
Ella ride; e con grandi occhi crudeli
La Morte, nell' oscurità, la guata.

Sono due canti (e li ho scelti a punto di manifestazione diversa soggettiva e oggettiva, e tra i più brevi) che dànno la nota caratteristica e superiore della poesia della signorina Vivanti quando e dove è più artisticamente determinata e corretta. Non sempre è cosí: non di rado, o per amor di bizzaria o per esuberanza di vita, la poetessa si sbriglia a scorrerie che non tutti applaudiranno. Se non che pur nell' eccesso del sentimento e nell' abbandono dell'arte, se anche l'elocuzione non è di gusto corretto, c'è la verginità dell'espressione. Non mai la frase col rossetto, non la polvere di riso, che tra noi in poesia usano molto anche i maschi.

Di donne, nella lirica moderna europea, io ne ammiro due: la Marcellina Desbordes Valmore, per l'elegia, dirò cosí della devozione nell'amore, la Elisabetta Browning, per l'inno, dirò cosí, dell'estasi nell'amore. E ora, francamente, per altre ragioni, sotto altri rispetti, io ammiro anche questa italiana, per il ditirambo, mi sia lecito dir cosí, della femminilità artistica. La signorina Vivanti non avrà, anzi non ha di certo, la purità angelicamente elegante della Browning (sonetti dal portoghese); è tutt'altra natura; ma non ha il morbido della Valmore, che qualche volta risente, poveretta,
[p. 183]
del suo mestiere di attrice francese. La signorina Vivanti è quel che è: un temperamento femminilmente ma potentemente lirico, portato insieme fisiologico del sangue misto, e morale della tradizione domestica e dell'educazione americana. Come è arrivata a scrivere cosí francamente e quasi sempre corretta — i difetti sono di elocuzione e di stile — non avendo studiato nulla? Meglio cosí. Pur troppo in Italia la preparazione allo scrivere, sia di prosa sia di versi, è tuttavia di maniera; maniera antica o moderna, maniera classica o romantica, maniera signorile o popolare: leopardiani o manzoniani, lombardi o fiorentini o napoletani, son tutti a un modo. La sincerità dell'alacre ingegno, spiegatasi da prima nell'esercizio di due lingue, l'una logicamente pratica, l'altra naturalmente poetica, e la felicità della forte ignoranza di tante cose false e appiccicaticce, han dato alla signorina Vivanti la possibilità d'una rappresentazione assolutamente immediata.

Potrei citare più passi; ma preferisco che il lettore cerchi il libro e si fermi, se crede, ai canti intitolati Destino, Sull'Atlantico, Non sarà mai: che forza! Seguitando, non si faccia caso di certe monellerie; volti pagina, e scorgerà tra i versi gli occhi della poetessa inondati di lacrime vere, come nel canto Via: che dolcezza! Volti altre pagine, e tra le lagrime ancora scorrenti udrà scoppi di risa argentine, ed esultanza come d'una bambina che sente la gioia dell'esistere: Dio, siete buono.

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Specialmente nella rappresentazione oggettiva, questa giovine donna ha l' arte forte. Quante Maddalene nei colori e nei versi, nel marmo e su la scena! Ecco una Maddalena nova, e, nell' arditezza castigatissima:

In bionde anella il folto crin piovente
Sovra gli omeri ignudi, insino a terra
Ne sparge la dovizia rilucente
Inginocchiata innanzi al suo Signore.

E ha il genio buono. Chi tra noi italiani cantò mai la santa miseria, cosí teneramente e religiosamente, come l' autrice di questi versi?

Crebbe tra le bestemmie e le percosse
Quella gracile bimba spaventata;
Morì a vent'anni, mite ed innocente,
Quella piccola martire affamata!

Or van per le stellate vie del cielo
I poveri piedini ignudi e stanchi,
E la tremula man coglie beata
— Gigli d'argento! — i fulgidi astri bianchi.

E gli angeli, stupiti e riverenti,
Chinan gli alteri luminosi rai,
Mirando in quell'etereo sembiante
La bocca che non fu baciata mai!

La giovine donna che scrisse tali versi sa e sente che di libri come questo suo primo non se ne fa che uno, ma bisogna farne altri diversi, più varii almeno
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in parte e più alti e più ampi, e non bisogna, come troppi oramai, seguitare e finire imitando sé stessi. Ma che fare e come? Io odio la critica de' merli. Cioè: quando leggo certa critica de' criticanti italiani, m'immagino i merli, in gabbia, che pretendono rassettare i becchi agli usignoli e insegnar volare alle aquile.

Aspetto, e confido.

Giosue Carducci.


GIUDIZI DELLA STAMPA SULLE OPERE DI Annie Vivanti
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GIUDIZI DELLA STAMPA SU «NAJA TRIPUDIANS»

Corriere della Sera (Ettore Janni)

Ed ecco ora il romanzo che avvince e fa rabbrividire, l' opera d' arte che spicca il volo dalla realtà ed è fantasia, Naja Tripudians di ANNIE VIVANTI. L'idillico e il tragico vi fanno un violento contrasto…. ma l' idillio è come una maschera lieve che cade e scopre il volto dell' orrore.

La catastrofe è presentata con una potenza a cui non si resiste. Singolare nella sua sobrietà formidabile è la chiusa.

Un romanzo che non si confonde con gli altri: la voce che canta più alta e più sicura sulle mediocri orchestre e sui cori sguaiati.

Il Secolo (Paolo De Giovanni)

…. Un fiume di delicata poesia.

Giornale d' Italia (Diego Angeli)

…. E in queste parole è tutta la morale e tutta la spiegazione del bello e crudele romanzo che ANNIE VIVANTI pubblica in questi giorni pei tipi del Bemporad di Firenze. Bello e crudele e sotto un certo punto di vista altamente morale nella sua immoralità…. Quest' ultimo capitolo ha la durata di poche ore,…
[p. 4]
capitolo terribile, dove la descrizione di quella società equivoca è descritta con grande sapienza e dove tutti i vizî — dall' omosessualità alla cocainomania, dall' ubriachezza dei liquori forti allo stupore dell' oppio, dalle sottili dissertazioni sul godimento e sul desiderio, alla rivelazione brutale della voluttà — sono trattati con mano maestra.

…. E Annie Vivanti è un' artista e il suo romanzo è tanto più pericoloso in quanto che è più bello.

Idea Nazionale (Umberto Fracchia)

Naja Tripudians si legge con foga. Ecco stabilita la superiorità di questo romanzo femminile su tanti romanzi maschili che sono terribilmente noiosi….

Il Marzocco (Luigi Tonelli)

…. Qui abbiamo una scrittrice nel vero senso della parola, che concepisce con potenza d' intelletto, e s' esprime con una sicurezza ed efficacia mirabili. In Naja Tripudians riconosciamo l' autrice sorprendente de I divoratori, fosca di Circe, violenta e smagliante di Vae Victis: la creatrice d' immagini sfolgoranti, la coniatrice di frasi sintetiche e potenti, la calcolatrice sapiente d' effetti irresistibili.

È impossibile resistere al fascino di questa scrittrice interessante che quando pare abbandoni, ti riprende di colpo, e t' inchioda allo scrittoio, finchè hai letto l' ultima pagina…. che ti lascia scosso e turbato fin nell' intimo dell' anima.

Il Tempo (Nicola Moscardelli)

Qui tutto è logico, naturale, musicale: il racconto precipita verso la conclusione fatale, così, come quella notte precipitava verso l' alba. Con quale modestia di mezzi è descritta l' aria in cui vive la mondana!

Come leggermente si insinuano nell' anima delle due colombe i profumi e gli stordimenti emanati da quel mondo nuovo…. accennando appena un particolare, come una piccola fiammella che
[p. 5]
s' apre e chiude improvvisa, come se una musica sonnolenta impregnasse di sè tutta l' aria, scivolando, le immagini si precisano, emergono, si realizzano.

L' impressione che dà il libro è profonda e profondamente morale: è l' orrore del male, la nausea per il vizio, il ribrezzo per la impurità scandalosa delle città cosidette morali.

Nuova Antologia

Tutto il romanzo è un potente contrasto tra l' innocenza più pura e la depravazione più abbietta. A pagine fresche come un riso di puerizia, seguono pagine torbide di una drammaticità che turba e commuove.

L' Italia che scrive (Fernando Palazzi)

Qui veramente Annie Vivanti s' è abbandonata a sè stessa, ha svelato sè stessa. Forse non s' è neppure accorta di fare dell' arte, perchè in fondo non ha fatto altro che confidarci l' anima sua. Io non conosco Annie Vivanti, se non da un verso del Carducci…. ma noi conosciamo adesso la vera fisionomia dell'anima sua, che è bionda, romantica, timida, ingenua, sentimentale, fanciulla.

Si è discusso se Naja Tripudians sia o no il capolavoro di Annie Vivanti. Io capisco benissimo come altri possa preferire i Divoratori o Vae Victis, romanzi assai più forti. Io preferisco Naja Tripudians, specialmente per la dolcezza.

Tutto (Cesare Sobrero)

Ecco un nuovo libro casto ed orribile ad un tempo…. Casto poichè la scrittrice riproduce le impudicizie col ferro rovente di una nausea profonda, di una desolazione accorata. Orribile, poichè la degenerazione psichica, e non psichica soltanto, vi è riprodotta colla precisione di altrettanti casi clinici…. Ricercando i gradi di parentela che possono esistere fra Naja Tripudians e le opere di altri artisti, viene fatto di pensare che Annie Vivanti abbia invocato, compiendo la sua nobile fatica, due grandi ombre: Victor Hugo ed Octave Mirbeau. Victorughiana è la concezione del libro
[p. 6]
per il senso profondo dei contrasti, per la tragicità del contenuto umano. La seconda parte del volume, cioè le pagine vigorosamente realistiche ricordano invece le acri, inesorabili pitture di Mirbeau.

…. Raramente in un libro, evocazione fu più dolorosa, pittura più straziante, lettura più struggente di questa orribile profanazione impunita.

I libri del giorno

…. Qui veramente la forza del libro sta nella poesia della forma, nella efficace evocazione degli ambienti, nella leggera e quasi trasparente musicalità dei periodi. Il libro incomincia con capitoli di una delicatezza e di una grazia squisitamente femminili…. qualche cosa che fa pensare alla freschissima «Primavera» del Grieg.

…. Ma a un punto la tinta rosea del romanzo viene interrotta improvvisamente da qualcosa di oscuro e misterioso…. Le pagine si fanno inquiete; a quel profumo di innocenza che aveva fin qui accompagnato il racconto si mescola uno strano e tentante odor di peccato.

…. Corre per tutte le frasi come un misterioso brivido, un serpeggiare di febbre.

Aprire il romanzo e leggerlo è come entrare in una serra dove tra i più semplici e delicati mughetti, alcuni strani fiori effondono un loro acuto e perverso profumo. Non si ha il tempo e forse nemmeno il coraggio di avvicinarli, tanto quel profumo ci prende, ci stordisce, ci travolge. Esciremo dalla serra, opporremo gli occhi e la fronte ai rudi baci del vento, ma il ricordo di quei terribili fiori resterà a lungo entro di noi, come di un sogno bello e perverso….

Il Giorno (Carlo de Flaviis)

Pagine belle e tristissime; due piccoli mondi; scolpito, il primo, con una perfezione d' arte impeccabile, descritto il secondo, con una verità a volte piena di impudica baldanza a volte piena di titubante sgomento.

[p. 7]

La Chiosa

Tutta Annie Vivanti è qui: con le sue mani cariche di poesia ch'ella profonde in così bizzarro modo: qua, là, dovunque un dettaglio svegli la sua vibratilità, soffermi la sua commozione, desti la sua sensibilità.

Non ci soffermeremo a evocare le bellissime tra le molte belle pagine del romanzo. Al pari di tutti i libri della Vivanti esso afferra alle prime pagine e non lascia più.

L' interesse che suscita vi è graduato così che dall' incantesimo di una dolcezza piana e serena si passa a poco a poco per tutti gli stadi dell' ansia e della trepidazione fino a raggiungere l' angoscia piena d' orrore che strugge l' anima alla fine del racconto e del libro. Si esce da questa lettura sotto il peso di un incubo.

Poesia! questo è il segreto di Annie Vivanti. Il segreto della sua malia e della sua arte; dei suoi occhi ancora pieni di stellante azzurro e dei suoi libri sempre saturi di freschezza; della sua giovinezza sempre intatta e delle sue pagine sempre avvincenti.

La Donna (Nicola Moscardelli)

Il libro si chiude con un senso di soffocazione.

Sebbene sia composto con un'arte squisita, nulla rivela in esso l' artefizio, nel quale era così facile cadere…. Non c' è nulla da aggiungere, e nulla da togliere.

Don Mirzio

Squisitezze psicologiche, gioielli d'osservazione, un profumo di grazia inarrivabile…

Gazzetta di Messina (G. Gigans)

Colei che seppe costruire coll' aiuto del suo potentissimo genio un'affascinante vicenda — divoratori —; colei che seppe nel poema vibrante di verità accomunare la fede al dolore — Vae Victis — …. ci regala quest' opera semplice e possente.

La Vivanti quando vuole appassionare il lettore, sceglie un argomento semplicissimo, un argomento di vita vera.

Questa la sua arte. La semplice verità.

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La Scuola (Antonio de Filippis) Il poeta è vate. Gli basta uno sguardo, ed egli intravede il futuro. — Carducci, da profeta, intravide il genio di Annie Vivanti e disse: «canta!».

…. Annie dimostrò il suo vero temperamento di artista col romanzo. Nel romanzo appare grande, perchè originale, strana, ardita, ma sempre vera. Tutta la vita di Annie è una battaglia contro la ipocrisia…. E con Naja Tripudians ella compie una lotta ancor più potente.

Storia triste che risalta sulla tavolozza di un Rembrandt!

Il Pungolo (Giuseppe Scaglione)

La poetessa squisita di «Lirica» la narratrice intensamente drammatica dei casi pietosi e terribili di Maria Tarnowska, l'autrice di «Zingaresca» di «Vae Victis» di «Bocche Inutili» ha creato ancora un' opera di grande bellezza artistica e di appassionata, travolgente poesia. Sopratutto da questo ultimo libro bisogna veramente riconoscere ad Annie Vivanti, una grande forza di pensiero e di forma; di pensiero ricco, elevato, profondo, di stile deciso, rapido, serrato, in alcuni momenti quasi convulso.

Ella non soffre infingimenti e contraffazioni del pensiero e della forma. Ribellandosi a falsare la propria natura impetuosa e serena, e la natura delle cose e degli uomini, porta nei suoi libri una veemenza ed un pathos, una sincerità di vita che incatena l'attenzione del lettore di pagina in pagina e di libro in libro, con un continuo crescendo.

I suoi libri sono morali, non di una morale stentata, arcigna e cattedratica, ma libera e spontanea.

Con quale signorilità e sicurezza d' intuito, con quale potenza di analisi e semplicità di espressione è narrato questo documento umano così tragico e così patetico!…

Il Pungolo (Rodolfo Guido de Marsico)

…. Questa la vicenda di «Naja Tripudians». Vicenda terribile che martoria lo spirito, che esaspera, che accende una ribellione, che ci fa bestemmiare la vita!

[p. 9]
E più terribile è il romanzo perchè scritto da una artista. Annie Vivanti ha adoperato i colori più delicati, le sfumature più evanescenti, perchè più fosca noi sentissimo la tragedia che quella luce distruggerà.

Don Quichotte (Parigi)

…. Madame Vivanti y confirme une fois de plus son grand talent. Ces derniers chapitres constituent un morceau de haute littérature horrifique.

GIUDIZI DELLA STAMPA INGLESE SU «I DIVORATORI»

Herald

Qui ci troviamo davanti a quella rara cosa — un' opera di genio.

Telegraph

Questo meraviglioso libro è un' opera di bellezza creata da chi possiede il più grande dono dello scrittore — lo stile.

Daily Mail

Questo romanzo, scritto da un poeta, ha tutta la ossessionante potenza della poesia.

The Times

Con questo libro Annie Vivanti ha compiuto un' opera stupefacente. Scegliendo un tema finora non mai trattato da un romanziere essa ci ha dato un libro del più strano ed avvincente fascino.

Truth

È un' opera di genio questa di Annie Vivanti. In essa vi è una forza ed un pathos, una veracità di vita e di natura, che ci tengono incatenati dalla prima all' ultima pagina.

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Fortnightly Review (Georges Brandès) La vera forza di questo libro sta nello stile, ora morbido e delicatamente allusivo, ora fluente e fantastico. Annie Vivanti è maestra nell'arte di evocare un ambiente, dandone la speciale atmosfera ed illuminazione. Nel humour è scintillante come una Rosalinda Shakespeariana.

Quest' opera per quanto scritta in prosa, deve essere giudicata come poesia. Difatti essa ci fa l' impressione, non di un lungo, ma di un grande poema….

GIUDIZI DELLA STAMPA SU «VAE VICTIS!»

Il Popolo d' Italia

È sopratutto, un magnifico romanzo; è un' opera di arte d'alto valore e della più schietta ispirazione; è uno studio di psicologia pieno di profondo e delicato acume; questo in primo luogo; poi è anche, fortunatamente, un fiero grido di battaglia e un' opera buona, generosa e santa.

Ha la felicità e sicurezza d' intuito e la potenza d' analisi che Annie Vivanti rivelò primamente in quei Divoratori ch' ebbero così alta e vasta fama nella letteratura internazionale. Ha lo stesso procedere rapido, passionale, travolgente.

Giornale del Mattino

Poema dolorante e poema di fede insieme, attraverso ad una virtù di narrazione vibrante come un sonito di guerra. La nostra letteratura, oggi, si è arricchita d'un nuovo potente documento umano.

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GIUDIZI DELLA STAMPA INGLESE

«Observer» Questo è il più tragico e memorabile dei romanzi.

Sir Conan Doyle (il creatore di Sherlock Holmes)

Un libro veramente terribile e veramente potente.

Non ho mai letto nulla che mi abbia fatto realizzare con tale forza ciò che la guerra significhi per il paese invaso.

North Mail

Annie Vivanti Chartres, mediante la grande e perfetta sua arte, ci presenta l' agonia del Belgio in una narrazione da allegarsi ad altri raccapriccianti documenti di guerra.

È un libro di cui la lettura s'impone, come dovere e come necessità. E un libro che porterà lontano negli spazii dell' avvenire, l'eco del più nefando crimine che il mondo abbia conosciuto.

Land and Water

«Vae Victis» è un libro da esporsi in ogni luogo dove un pacifista osa alzare la sua voce.

Morning Post

Se questa potente e magnifica opera potesse essere largamente disseminata sarebbe un possente mezzo per rinforzare la nazione nel suo intento di proseguire la guerra fino a che la lotta contro la «Peste Grigia» non si chiuda col trionfo dell'umanità.

Sidney Walton nel Courier

Quando la superba forza della Prussia morderà la polve come Niniveh e Tyro, quando sulle tombe dei suoi maledetti imperatori giocheranno i fanciulli di un' altra generazione, questo libro di Annie Vivanti Chartres rimarrà quale sacro memoriale dell' innocente Belgio e parlerà ancora con terribili accenti all' umanità.

[p. 12]
GIUDIZI DELLA STAMPA SU «CIRCE»

Corriere della Sera Annie Vivanti ha composto un' opera di spasimante umanità e di bellezza…. Col suo nobile ingegno e col suo istinto poetico, ha dato delle memorie di Maria Tarnowska una interpretazione che ha una sua poesia intrinseca…. un romanzo che appassiona di capitolo in capitolo, intensamente, che è tutto profumato, nel suo tetro groviglio, di passaggi candidi e luminosi….

Pall Mall Gazette

Documento umano di meraviglioso e soggiogante interesse.

Una combinazione di poesia e di verità sul modello dato da Goethe…. Narrazione di maestria vivida e potente.

Mail

Raramente accade di trovarsi dinanzi ad un documento umano di così tragico e patetico interesse.

Times

Annie Vivanti Chartres ci ha dato un documento umano di straordinario fascino, uno studio dell' aberrazione del temperamento femminile e della psicologia del crimine che ci lascia turbati e atterriti.

Le Journal (Ernest La Jeunesse)

….Le hasard d'une conversation a jeté Annie Vivanti, romancier frémissant, poète profond, sur le nom de la prisonnière, sur l'acte, sur le secret de cette histoire. Un ami lui apporte un manuscrit de la condamnée, un cahier de classe haché d'une écriture régulière, élégante, indifférente, un carnet de bal — de quelle sarabande! — sur papier rugueux. Elle se passionne et son génie divinatoire, fraternel dans la peine, évocateur, transfigure ces pages
[p. 13]
mornes et qui n'ont que la scéau du malheur. Elle obtient de voir — avec quelles difficultés! — la reclusionnaire dans sa maison de force.

Quelle révélation! Elle discerne, dévoile, retrouve une petite fille, une éternelle enfant vagabonde dans ses pensées et dans ses voyages, étonnée de se marier de n'être pas aimée de sa beauté étonnée de devenir femme, de devenir mère, étonnée de sa beautè qu'elle ne découvre, qu'on ne découvre que tard. Et tout se précipite dans ses étonnements. C'èst avec stupeur qu' elle apprend de lui le désir et le dégoût, qu'elle se donne, au plus beau lancier du monde, quelle le voit mourir dans ses bras, longuement, tué par l'époux soudainement jaloux — pourquoi? C'est une surprise pour elle de trouver au chevet d'une amie d'enfance qui l'a appelée pour mourir celui qu'elle doit faire mourir, le mari de l'agonisante Emilie Kamarowska….

Mais je ne veux pas déflorer l'oeuvre inoubliable d'Annie Vivanti. C'est un lucide et incessant tourbillon d'action, de rêve, d'incoscient, de fatalité. C'est harmonieux et terrible, c'est la vérité et c'est l'art.

Les paradis artificiels chantés par Thomas de Quincey et Charles Baudelaire flottent autour de plus lourdes ivresses et apportent leur relief inconsistant à des paysages d'âme dignes de Dostoîewski. Le mélodrame se purifie en élégie, sans perdre rien de son intensité, de sa fureur, de sa furie. La plus rare, la plus universelle émotion fait palpiter ces pages de fièvre, cette reconstitution idéale et forcenée…. Et sur cette beauté éparse et condensée, au dessus du sang apaisé et la fange bue par le soleil, les grandes ailes de la pitié apportent tout le ciel et tout le rêve….


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