Virginia Salvi Martini
Collected Poems
Compiled by the Italian Women Writers Project
Chicago, 2005
Risposta di S. S.
[Arrivabene, Andrea, ed., Il sesto libro delle rime di diversi eccellenti avtori, novamente raccolte
et mandate in luce, con un discorso di Girolamo Ruscelli p. 112-114.]
DI così finto foco esce il mi'ardore
Che'n me tutto si spenga io sol desio,
Il laccio con che l'alma avinse Amore
Fu sempre intento al vero danno mio
Ma questo ben ravviva il mesto core
Effetto à me così benigno, e pio
Che fa, che'l pensier vago oggi non erra
E spera eterna pace, e non più guerra.
Troppo sen gia superba, e troppo altera
Del mio dolor la bella Donna mia,
Felice l'alma poi, che lieta spera
La libertà, ch'ogni'un cercar douria,
E non star più sommessa à quella fiera
Rapace ingorda, e fredda gelosia,
Questo dich'io, perche piu non mi sfaccio,
Ch'era già tutto foco, hor tutto ghiaccio.
Negar non posso, perche certo amai
Quello spirto divin, ch'ogn'un'adora,
Amava quanto puossi i santi rai
Del già mio Sol, che quest'etade honora
Ne tal dolcezza nel mio cor gustai,
Che tant'altrui quanto se stesso accora,
Hor libertade il cor mi disoterra
Et ogni mio pensiero alza da terra.
Da l'alta scortesia nasce 'l contento,
Che mi ritorna l'alma lieta, e viva;
Questa disface il crudo, e rio tormento,
Che l'havea in tutto già di spirto priva
Col tormi quel soave, e finto accento
De le parole ond'io già mi nodriva;
Di ciò mi godo, e ogn'hor godendo taccio,
E fugge, il falso, e solo il vero abbraccio.
Quella cagione del già fermo pensiero
Mi porse per salire al Ciel le scale,
E mi condusse à quell'oggetto vero,
Ov'è l'opra infinita, & immortale,
E ben ch'oggi pur torca il bel sentiero,
Non è però, ch'io non sia fatto tale,
Ch'io veggia, quel, ch'i' sono, e quel ch'io fui,
E me stesso sol pregi, e non altrui.
Misero stato mio in quali, e quante
Morti vivea, e con che dolce sorte
Vn falso riso suo mi porgea già tante
Dolcezze, e del mio core apria le porte?
E s'io me la vedeva irata inante
Per mio minor dolor bramava morte;
Hor ch'incontrarie tempre oggi m'annido
Pascomi di piacer, cantando rido.
Eben ch'io senta ancor queste parole,
Da cui m'ha'l cor'interamente sciolto,
E quelle luci, di chiarezza sole
Il santo seno, e quel leggiadro uolto.
Non però l'alma ritornar ui uuole,
E pur u'haurà ogni pensier sepolto.
Io di questo piacer canto, e sorrido,
Veggo senz'occhi, e non ho lingua, e grido.
Senza lingua grid'io, senz'occhi veggio
Quel bel, ch'oggi al mio Sol posseder lice,
Fin ch'ivi ho'l mio pensier'altro non chieggio,
Perche è stato per me troppo felice.
Di questo, certo sò, che non vaneggio,
Se l'effetto del vero, il ver mi dice.
Questo mi fa con dolcezza infinita,
Ch'io non bramo perir, ma chieggio aita.
Sì mi vince talhor l'alto gioire,
Ch'io non vorrei mai più veder la Morte,
Ne la vana cagion, ci ha tanto ardire,
Che possa à tal desio serrar le porte,
E mi pento che uolsi già finire
Mia vita, in così dure, e acerba sorte.
Perche io veggia finita la mia guerra,
E non m'ha più pregion, ne m'apre, ò serra.
Ò effetto pio, che tanto ben m'hai dato,
Ch'io goda sì beata, & alta impresa,
Che l'alma segga in sì felice stato,
E non sia più d'Amor ne' lacci presa.
Mi posso ben'hor dir lieto, e beato,
Ch'io non sento entr'al cor più fiamma accesa,
Et ogni affanno primo, odio, e discaccio,
Ne mi preme più il duol, ne stringe il laccio.
Amor da poi che l'aspro mio martire
Non t'è piaciuto che sia stato eterno,
Non voglio anch'io la mia vita finire
Senza tua insegna, ò senza tuo governo.
Raccendi pur'à tuo modo il desire,
Che per mio meglio il tuo piacere io scerno.
Levati pur mio cor'alto da Terra,
Che non m'ancide Amore, anzi mi sferra.
Mi sferra il mio Signor', e non m'ancide,
Mi toglie à morte, e tiemmi in lieta vita,
Rinfornza il debil stame, e nol recide,
Quieta l'alma, e le porge alta aita,
Del felice mio stato, io canto, ei ride,
Con queste liete tempre, ha l'alma unita.
Ne mi uuol tutto foco, ò tutto ghiaccio,
Ma ben m'ha tratt'il cor, del primo impaccio.
Fuggir deuriansi (se fuggir si puote)
Queste lusinghe sì false, & amare,
Amare poi che son di fede uote
Larghe promesse, e sol d'effetto avare,
Per un piacer mille dolor percuote
Entr'al cor lasso, & anco à me fur care
Le lagrime, ch'al cor davano uscita
Ma più mi content'hor, quest'altra vita.
Satio del contentarmi Amore stassi
Lo stato mio mirando intento, e fiso,
E vede gli occhi miei, ch'eran sì lassi
Rivolti in uago oggetto, e'n dolce riso,
E à me se'n vien ridendo à pronti passi
E mostr'al cor'un nuovo Paradiso,
Et io consento al bel voler di lui,
In questo stato son Donna per uui.
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