The University of Chicago Library The University of Chicago Library Italian Women Writers homepage Italian Women Writers homepage Find Authors Find Editions Find Full-Text Titles Find Divisions (letter, preface, scene, act, etc.) Search Texts - Basic Search Texts - Advanced Help Comments The ARTFL Project homepage Electronic Full-Text Sources homepage

Discorso del Signor Gio. Antonio Volpi colle Annotazioni dell' Aretafila Savini de'Rossi
in Discorsi accademici di varj autori viventi intorno agli studj delle donne: la maggior parte recitati nell'Accademia de' ricovrati di Padova
Padova: Nella Stamperia del seminario, presso Giovanni Manfrè, 1729

[p. [21]]

Che non debbono ammettersi le Donne allo studio
delle Scienze, e delle belle Arti;

DISCORSO ACCADEMICO
DEL SIGNOR
GIO: ANTONIO VOLPI

Pubblico Professore di Filosofia nello
Studio di Padova,

Da lui recitato
NELL' ACCADEMIA DE' RICOVRATI
Il dì 16. Giugno 1723.
Dedicato in segno di profondo rispetto
A S. E. IL SIGNOR
PIERO GRADENIGO
DI S. E. IL SIG. VINCENZO

Procurator di San Marco.

E in questa seconda Edizione accresciuto colle
Annotazioni dell' Illustriss. Signora
ARETAFILA SAVINI DE'ROSSI,
GENTILDONNA SANESE.

[p. 23]

Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore

DAL presente mio Discorso, ch' io composi non già per trarne lode alcuna d'ingegno, ma solamente per ubbidire a' comandi dell' Accademia nostra de' Ricovrati, e del dottissimo Principe di essa; e che fu poi, contra ogni mia aspettazione, e da V.E. e dal grido universale grandemente applaudito; mi viene offerta una bella, e molto da me desiderata occasione, di far palesi al Mondo le singolari obbligazioni, e la somma venerazione ch' io da gran tempo le professo. Ella, che, nata d'una delle più nobili e riputate Famiglie, che abbiano
[p. 24]
e ne' rimoti Secoli, e ne' vicini, portate al sommo le glorie di questa immortale Repubblica; risplende tra gli altri suoi pari, come una stella di chiarissima luce, e per maturità di senno, e per bontà di costumi, e per amore della più colta letteratura, facendo negli anni ancor verdi concepire alla Patria giustissime e ben fondate speranze d'ogni felice riuscita; ha riguardato sempre con occhio benigno le fatiche da me sofferte, e da mio fratello, a prò delle ottime lettere, favorendo con lodi, e con segni manifestissimi di approvazione ciò che da noi fino a quest' ora in simil genere è stato prodotto; nè ha mai cessato d'incoraggirci a superare quelle difficoltà, che tratto tratto all' onestissima impresa nostra s'andavano attraversando. Io però, che della Virtù sono ammiratore, e delle grazie ricevute dimenticarmi non soglio, contraccambiandole in quell' unica maniera ch'io posso, vale a dire con ricchezza d'animo, e con ampiezza di volontà; ho risoluto di far conoscere a ciascheduno, quant'io viva devoto a V. E., dedicandole questo mio Componimento, qualunque egli si sia; a cui pubblicare, tre principali cagioni, contra mio volere indotto m'hanno; le quali ad una ad una brevemente esporrò.1
[(1) Tre possenti motivi per istampare. Aretafila Savini de'Rossi.]
In primo luogo io non sapeva, se non col mezzo delle stampe, in che maniera appagare le brame di molte persone (tra le quali ne sono alcune d'altissima
[p. 25]
nascita, e che hanno sopra di me tutta l'autorità) che istantemente ne ricercavano copia. Di più, io temeva forte, che divulgandosi manuscritto questo mio Discorso, e passando d'una in altra mano, non acquistasse peravventura nuovi difetti, aggiugnendosi alle imperfezioni delle quali per se stesso egli è abbondantissimo, gli errori ancor de' Copisti; che poi da' poco benevoli verrebbero senza pietà attribuiti all' Autore. Ma quello che più d' ogn' altra cosa mi pareva importante, si è, che avendo incontrato detto mio Ragionamento appresso alcuni pochi diversa fortuna, ed essendo stato da loro agramente ripreso; com' è forza che avvenga in simili cose all' opinione soggette, e delle quali non possono addursi ragioni dimostrative, che l'intelletto convincano; era perciò necessario sottoporre a gli occhj di tutti, quanto su questo proposito m'è accaduto di dover dire; acciocchè potesse ognuno, leggendo e rileggendo il presente Componimento, formar di esso quel giudizio, che più gli sembrasse conveniente; e lasciando di rapportarsi ai romori, e alle novelle, il fatto medesimo, come appunto sta, a suo bell' agio considerasse. Debbo nondimeno soggiugnere, quanto agli scherzi, e alle piacevolezze da me usate, che, secondo il parere d' Orazio, può benissimo il ridicolo servire alla verità: (Satyr. 1. lib. 1.)

            ridentem dicere verum
Quid vetat?

anzi che il più delle volte ha forza maggiore,
[p. 26]
che non ha il serio, e il gagliardo, per terminare le controversie d'importanza: (Satyr. 10. lib. 1.)

             ridiculum acri
Fortius & melius magnas plerumque secat res.


Nè tralascerò d'avvisare i lettori, che a persona dottissima, e di finissimo accorgimento, è paruto questo mio Discorso (udendolo a me recitare in segreto) troppo grave, e severo; la qual contrarietà d'opinioni e di sentimenti mi assicura ch'io abbia temperatamente le sode ragioni colle piacevoli mescolate. Comunque però sia per riuscir la faccenda, a me dee bastare, che l' E. V. fornita di tanto senno, e un buon numero insieme d' altri suoi pari l' abbiano con piacere ascoltato, lodato, e ricercato. Intanto, raccomandando me stesso, e le cose mie all' alta sua protezione, e pregandole dal Cielo ogni prospero avvenimento, mi dichiaro che sono e sarò sempre

Di V. E.

Padova 28. Giugno 1723.

Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Servitore
Gio. Antonio Volpi.

[p. 27]

Che non debbono ammettersi le Donne allo studio
delle Scienze, e delle belle Arti;

DISCORSO ACCADEMICO
DEL SIGNOR
GIO: ANTONIO VOLPI.

DUra impresa, e difficile, N. N. parve al mio gentile e dotto Avversario*
[* Questi è il Sig. Guglielmo Camposanpiero, Patrizio Padovano, giovane che alla nobiltà generosa della sua nascita accoppia la cortesia, la prudenza, e la dottrina; da me molto riverito, e stimato.]
d'avermi addossata allorachè, togliendo egli a confermare con salde ed ingegnose ragioni quella parte della proposta Quistione, che al nobil Sesso Donnesco (dell'onore del quale è egli, ed è stato sempre, come a Cavalier suo pari è richiesto, mantenitor fedelissimo) riuscir poteva più accetta; lasciò a me la briga di sostenere l'altra più debole, sponendomi in tal maniera ad un manifesto rischio di farmi odioso a chi meno vorrei. E in ciò porta egli ferma opinione d'avermi onorato, anzi che nò; imperciocchè, pensando forse per sua cortesia ch' io qualche cosa vaglia nel dire, volle ch' io trattando un' argomento poco plausibile, nome così e riputazione d' ingegnoso uomo ad acquistar ne venissi; del qual suo animo favorevole verso di me, quelle grazie che per me si posson maggiori, fin da questo punto gli rendo. E, per dir vero, innanzi ch' io di proposito mi ponessi a considerare la materia
[p. 28]
del presente Problema,1
[1 Io mi credetti) Credette bene: i primi pensieri per lo più sono i migliori. Aretafila Savini de' Rossi.]
io mi credetti che così veramente fosse, com' egli avvisava, e mi trovai molto confuso, veggendo di dovere o rimaner con vergogna, non bene adempiendo le parti mie; o, quand' anche saputo avessi, la mia cattiva causa con false ed apparenti ragioni sopra l'altra innalzare, non perciò credito di buon filosofo, ma biasimo e taccia di malvagio sofista, appresso i saggj ed intendenti acquistarmi. Le quali cose quanto mi turbassero, non è da dimandare. Ma facendomi più da vicino ad esaminar la Quistione, mi trovai avere alle mani un' argomento troppo più facile a trattarsi di quello ch' io prima m' avea dato ad intendere; e deposi il timore di dovermi tirare addosso la nimicizia di quelle persone, la buona grazia delle quali sopra ogn' altra cosa, chiunque ha fior di senno in capo, dee con ogni studio cercare. Imperciocchè egli mi dà l' animo di provare, che il non ammetter le Donne alla cognizion delle Scienze, e delle Arti liberali, non solamente è cosa utile alle Repubbliche, ma di gran giovamento alle Donne stesse,2
[2 Dalle quali spero) Qui è l'inganno. A. S.]
dalle quali spero, con questa mia proposizione, raccogliere anzi benivoglienza, che sdegno, o disfavore alcuno. E tanto più,3
[3 Che essendo) Adulazione troppo caricata, e che distrugge l'Argomento. A. S.]
che essendo le Illustri Donne che ora m' ascoltano, e per isplendore di sangue, e per fortuna di educazione, e per grandezza d'animo e d' ingegno, sopra il comune dell' altre Donne altamente distinte, non dovranno
[p. 29]
in veruna maniera applicare a lor medesime ciò che io del vulgo donnesco intendo di dover dire, ben sapendosi per ciascheduno, che non v'ha legge nel mondo, o usanza sì rigorosa, contra la quale non si concedano privilegj a chi si mostra fornito di un merito singolare.

E Primieramente io suppongo, che ora da noi non si cerchi, se debba riformarsi il costume di quasi tutte le nazioni, che fin da'tempi antichissimi in questo convennero, d'allevare i maschj ne' più malagevoli esercizj così del corpo, come dell' animo, e risparmiando alle femmine, come a più dilicata porzione dell'uman genere, i pericoli e le fatiche, destinarle al governo pacifico della famiglia, sotto la soprantendenza, o de' padri, o de' fratelli, o de' mariti, e tenerle occupate in affari ed in lavori alla debolezza delle forze loro, e alla piacevolezza del viso corrispondenti. Perchè quando ciò si trattasse, verrebbesi a sospettare, che tutti i maggiori nostri di pochissimo senno stati si fossero; quasi che4
[4 Il Cielo) Non sarebbe la prima cosa nella quale i moderni hanno corretto gli Antichi. A. S.]
il Cielo avesse noi scelti, dopo il corso di tanti secoli, i primi fra gli uomini ad usar la ragione per lo suo verso: e verrebbonsi a crollare nel tempo medesimo i più stabili fondamenti della politica disciplina. Io stimo adunque, che la presente Quistione ad altro non si riduca, che ad una laudevole curiosità di voler sapere, se a diritto, o a torto operassero gli antichi uomini, introducendo da prima, e tramandando
[p. 30]
a' posteri di mano in mano una tale usanza, e quali fossero le ragioni che a ciò fare gli movessero; giacchè se il mio Avversario sostiene, non potersi produrre legge alcuna, che alle Donne lo studiare apertamente contenda, egli è nulladimeno forzato a confessare, esserci5
[5 L'usanza) Anzi abuso. A. S.]
l'usanza, che tien le veci di strettissima legge; che quando altrimenti fosse, la nostra Quistione non ci avrebbe luogo. Ora io tralasciando di considerare, quanto rispetto si debba ad un costume di lunghissimo tempo, renduto sempre più forte dal consenso delle nazioni, e dalla continuata sperienza, che di ciò ha fatta conoscere chiaramente l'utilità, sicchè oramai più non se ne può a ragion dubitare; e supponendo ancora, ma non concedendo, che gli antichi non da giuste ragioni, ma da tirannico interesse, e da violento genio di sovrastare consigliati fossero a tener lontane le Donne dalle Accademie, e dalle Scuole; io dimando, per qual cagione le Donne si acquetassero a tale ingiusto provvedimento, e si lasciassero fare così gran torto, senza altrimenti6
[6 Richiamarsene) E a chi richiamarsene? A. S.]
richiamarsene. Mi si dirà (ben lo veggio) che non per difetto d' ingegno, ma piuttosto di forze, convenne loro aver pazienza, e a ciò accomodarsi: ed io all' incontro soggiugnerò, esser vana cotesta risposta; perciocchè manifesta cosa esser veggiamo, che l' ingegno, dove abbondi, ogni più gran forza a sè rende soggetta; e di ciò i lioni, le tigri, gli elefanti, e tanti altri fieri e robusti animali, disarmati e mansuefatti dalla umana industria, pienissima e sicura
[p. 31]
fede tutto giorno ci fanno. Bisogna dunque conchiudere; Qualunque di buona voglia mette il collo sotto del giogo, e lasciasi guidare all' altrui senno e discrezione (quando ciò non faccia per fine altissimo di piacere a Dio) essere non solamente di forze, ma d'ingegno ancora scarso, e mal provveduto: e quinci nasce, che le genti barbare, e di grossa pasta, sopportano più volentieri d' esser tiranneggiate, che non fanno le sottili d' ingegno, e per natura scaltrite; e che i tiranni non tanto alla sagacità propria, quanto all' altrui stupidezza, che gli mantiene sul trono, son debitori. E non sia chi mi replichi, l'ingegno alla forza congiunto dover di necessità prevalere all' ingegno da quella scompagnato; e perciò appunto le Donne essere state sopraffatte ingiustamente dagli uomini, comechè ad essi nulla cedessero di prudenza, e di senno; perchè noi osserviamo, nella umana spezie il più delle volte avvenire, che il vigor della mente a maraviglia s' accorda colla temperatura del corpo; e dove questo abbia in sè soverchia umidità, di maniera che le fibre ne riescano fievoli, e in certo modo rilassate, ivi altresì la mente priva rimanga di gagliardia sufficiente per darsi alla speculazione delle sublimi cose; di che non mi lasceranno mentire i teneri fanciulli, che sono7
[7 per umido) Piuttosto per mancamento di spezie sono tali, Aretaf. Savini.]
per umido sovrabbondante, nello intendere difettuosi. La qual cosa se nelle Donne parimente avvenir soglia, coloro il giudicheranno in mia vece che molto avanti sentono nella scienza naturale. Che se Aristotile lasciò
[p. 32]
scritto, (Physiognomic. cap. 6.) I molli di carne essere ingegnosi, egli non intese di parlar di coloro che hanno del tenero e del femminile: ma il disse rispetto ad altri uomini troppo ruvidi ed asciutti, ne' quali una cagione tutta contraria, cioè la soverchia rigidezza8
[8 delle fibre) Le Donne adunque, che sono naturalmente di fibra nè troppo molle, nè troppo rigida, saranno senza l' una, e l'altra eccezione. A. S.]
delle fibre, mentecattaggine, e stupidezza produce. Ma che vado io raggirandomi intorno a false, supposizioni, Signori miei? Ho voluto dir tutto questo, non perchè io così creda, ma9
[9 per fiancheggiare) Non so come il falso possa fiancheggiare un' argomento, che si vuol persuadere per vero. A. S.]
per fiancheggiar maggiormente la causa mia, ribattendo in tal guisa ogni risposta, che dare mi si potesse. Per altro, a voler dire la verità, nè furono tiranni gli uomini coll' introdurre il sopradetto costume, nè alle Donne il senno mancò, quando lasciati dall' una delle parti gli studj delle lettere, all' ago, al fuso, e alle domestiche faccende primamente si diedero. Anzi tanto di saviezza, e di giudizio avanzò loro, che ottimamente conoscendo sè stesse, e quanto in questa parte avanzate fossero dal sesso maschile,10
[10 non vollero) Questo accordo delle Donne è un'ingegnoso supposto del Signor Volpi, il quale non troverà certo memoria di tal rinunzia fatta dal nostro Comune al diritto di studiare. A. S.]
non vollero venir seco a cimento, ma quegli esercizj intrapresero, che, insegnando lor la natura, eccellente maestra, videro alla lor dilicatezza esser più atti e convenienti. E dalla stessa norma infallibile fatte accorte, esser così bene la bellezza dote propria de' corpi loro, come la pudicizia, e la verecondia ornamento degli animi; con ogni
[p. 33]
attenzione (parlo delle savie, e discrete) queste due nobili qualità a coltivar cominciarono; giugnendo in sì fatta maniera ad acquistar signoria sopra quel superbo animale che Uomo si chiama, suggettando a sè stesse con dolce e cara violenza i più feroci guerrieri, e con bello e gentile artifizio bene spesso rendendo vano contra l' armi loro il sapere de' più schifi e severi filosofanti. Anzi a me pare, che privilegj sì grandi conceduti alle Donne, vengano a renderle in qualche modo oltre alla condizione degli Uomini fortunate, se si vuole riguardo avere, quanto, per grazia d' esempio, debba sudare, quanto affaticarsi, e diseccarsi il cervello un giovane, anche d'alto lignaggio, per giugnere a poter piacere all' amata sua Donna, e quanto poco dall' altra parte debba spender la Donna e di tempo, e d' industria, per guadagnarsi l'amore di chiunque la vede. Quegli dee saper ben parlare, giucare, armeggiare, danzare, starsi a cavallo; e cento altre cose apparare gli bisogna, sotto grave pena di comparire uno zotico, e un milenso, altrimenti operando: questa all' incontro nasce guernita di tutto ciò che si richiede ad impadronirsi delle altrui volontà. Ella senza far motto, standosi anche mutola, con una semplice occhiata, e talvolta con un sogghigno, con un vezzo, con un sospiretto tratto a tempo dal petto, tanto può, quanto molte fiate non possono eloquentissimi dicitori.11
[11 se dunque) Per tenere a questa foggia bilanciate le parti della Repubblica, bisognerebbe non fare studiare i più ingegnosi, acciocchè non soverchiassero gli altri. A. S.]
Se dunque il tener bilanciate le parti che un tutto compongono, sicchè l'una dall' altra soverchiata non sia, è la salute di quel composto;
[p. 34]
non potranno mai a buona equità lamentarsi le Donne, parti anch' esse, e principalissime, della Repubblica, come se rimanessero inferiori a gli Uomini, perchè12
[12 manchi loro) Un bel far le parti! A. S.]
manchi loro la dottrina, e la scienza; quando senza questa, d' armi sì fine son provvedute, quali sono la leggiadria, e la bellezza, che da per tutto si fanno luogo e il dimandare quel che a noi fu dato dal Cielo, perchè potessimo resister loro, sarebbe un pretender troppo, anzi un volere opprimerci affatto. Confesso ancor' io, che dolce cosa sarebbe il vedere, alla foggia13
[13 dell'antica Sparta) Se questo fu costume degli Spartani, non sarà antica usanza che le Donne non sieno state ammesse agli studj. A. S.]
dell' antica Sparta, andarsene a prender lezione nelle Università, e nelle Scuole più basse, insieme co' garzonetti le verginelle; e forse allora i fanciulli non fuggirebbono, come ora i veggiamo fare, il maestro; anzi verrebbero a scuola più volentieri, e talvolta senza merenda; ma non so poi, quanto profitto negli studj e gli uni, e le altre si facessero allora; e sembrami d' aver cagione di dubitare, che spesso gli occhj leverebbon dal libro, e svanirebbe loro nel recitar la memoria. Che se detto mi fosse, potersi le Donne addottrinare separatamente da' maschj, io dimanderei, come si dovrebbe in tal caso custodire il maestro, acciocchè peravventura non insegnasse loro qualche cosa fuori del bisognevole: senza che verrebbe a mancare ad esse lo stimolo14
[14 della emulazione) La stessa emulazione sarebbe tra le femmine, che ora è tra' maschi, A. S.]
della emulazione, che in paragone degli Uomini potrebbe aver forza d' accenderle a maggior desiderio
[p. 35]
di sapere. Ma, per lasciare15
[15 gli scherzi) Scherzi, che intaccano. A. S.]
gli scherzi; se le Donne a filosofar cominciassero, o perpetua verginità serbar vorrebbono, ovvero al giogo del matrimonio si lascerebber sommettere. Io farò veder chiaro, che e nell'una, e nell' altra maniera le Donne scienziate, quando il numero grande ne fosse, all' uman genere, non che alla civil compagnia, danni gravissimi apporterebbero. E quanto al primo stato di vita; chi non intende, la natura a questo solo fine aver prodotta la Donna, perchè col mezzo di essa venissero a conservarsi le schiatte? destinandola a concepire in sè stessa la prole, a nutrirla della propria sostanza, sopportando (in pena dell' originale peccato) il tedio ben lungo di nove mesi di gravidanza, ne' quali e lassezza di membra, e languori di stomaco, e sfinimenti, noja e fastidio le arrecano; poscia a partorirla con atroci dolori, e con rischio evidente di morte; indi a cibarla del proprio latte, e ad averne cura fin tanto ch'ella esca degli anni della fanciullezza; pesi tutti ed incomodi presso che intollerabili, e in riguardo a' quali la congiunzione dell' Uomo, e della Donna piuttosto da questa, che da quello, chiamata fu Matrimonio. Ora se le Donne datesi alle speculazioni, il fiore di lor verginità serbare intatto volessero; guai alle umane cose. Non conseguirebbe la natura l' effetto preteso nel farle nascere. E pure la cognizione stessa delle miserie alle quali suggettasi qualunque Donna prende marito; la qual cognizione nelle scienziate più viva verrebbe ad essere; le sarebbe agevolmente abborrir le nozze; e d' altra
[p. 36]
parte il piacer degli studj consiglierebbele a vivere in libertà, seguitando in tal guisa l' esempio d' alcune16
[16 famose antiche) Nuova conferma della sapienza delle Donne antiche. A. S.]
famose antiche, e d'altre moderne ancora, che invaghite dell 'amor di sapere, d' altro sposo non si curarono: delle quali potrei noverare qualche decina, se il tempo mel permettesse, senza verun timore di tradir la mia causa; giacchè non intesi mai di negare assolutamente, che qualche volta non nascano Donne virili, e segnalate, e per conseguenza ammirabili; ma solamente sostengo, che tal pregio non sia da comunicarsi al vulgo donnesco. Veggiamo altresì, che molti Filosofi attendendo unicamente a pascer l' animo di belle e rare cognizioni, gran fatto non si curano d' ammogliarsi; e per tal cagione, credo io che gli antichi favoleggiatori fingessero, le Muse esser17
[17 Vergini) Vergini con de' Figliuoli. A. S.]
Vergini, e viversi ne' boschi, e ne' monti, lontane dallo strepito popolare. Ma diasi pure, che le nostre erudite zittelle il giogo maritale non isdegnassero: o allora sì, che gli affari del mondo andrebbero pessimamente. Aristotile ne' libri dell' Economia, e Platone in quei delle Leggi, e nell' Alcibiade primo; ma che dico io costoro? la stessa Divina Scrittura ne' Proverbj al trent' uno, assegnano alla Donna maritata, come proprio suo mestiere, il reggimento della famiglia, la buona disciplina de' servi, la guardia del vitto e delle vesti, il trattar la conocchia e l'ago, e finalmente il tenere in assetto la casa tutta: avendo a tal fine il Creatore fatta la Donna non iscialacquatrice, non troppo animosa nello spendere, ma piuttosto
[p. 37]
ritenuta, e sottile.18
[18 Dove per lo contrario) Sciocca stoicità, il più delle volte affettata: A. S.]
Dove per lo contrario gli studj rendono di lor natura le persone circa gli affari domestici, negligenti e trasandate; poco prezzanti il guadagno, e tutto ciò che dal comune degli uomini grandemente viene stimato; non punto attillate, non sollecite, e assai volte bisognevoli di chi ricordi loro il tempo del mangiare, dell' andarsi a dormire, del cambiar panni, e d' altre cose di simil genere. Se del Poeta (le applicazioni del quale son tanto meno severe di quelle del Filosofo) ebbe a dire Orazio con verità:

(Epist. 1. lib. 2.)

— — —- — — vatis avarus19
Non temere est animus: versus amat, hoc studet unum;
Detrimenta, fugas servorum, incendia ridet,
Non fraudem socio, puerove incogitat ullam
Pupillo, vivit siliquis, & pane secundo;


[19 vatis avarus) Queste massime il Poeta le imparò nella scuola della Filosofia, che affranca gli animi per disprezzar la fortuna, gli fa abborrire il vizio, e vivere frugalmente. Buon per noi, se per mezzo dello studiare arrivassimo a questo segno. A. S.]
trista potremmo chiamare quella famiglia, dove Donna Letterata, e vaga di sempre più sapere, mettesse il piede; perchè dirò col Petrarca:

— — —- — — Come (Canz. 29.)
Tien caro altrui, chi tien sè così vile?

lo concedo, che una discreta Matrona debba essere istruita in tutto ciò che s'appartiene all' uffizio suo, e talvolta ancora per via di libri che ciò le insegnino; dico nondimeno, che non dee voler toccare le stelle col dito, e abbandonata la casa
[p. 38]
all' arbitrio delle fantesche, starsene come20
[20 astratta da' sensi) Non si pretende che le Donne studino tanto, che debbano andare in estasi. A. S.]
astratta da' sensi in contemplazioni di cose a sè stessa sovente inutili, agli altri di sua famiglia sempre dannose. Ma non istà qui tutto il male, Signori miei; c' è di peggio. Tutti, credo, m' accorderete di buon grado, che la felicità di una casa in gran parte consista nella concordia tra 'l Marito, e la Moglie, Ora, dovendo il Marito per legge naturale, e divina, signoreggiare, e la Donna ubbidire,21
[21 quai dispareri) Il Marito debbe comandare cose giuste, e la Donna che sà, non solamente le conosce, ma previene il comando. A.S.]
quai dispareri, e litigj tutto giorno non s' udirebbono tra l' uno e l' altra? non volendo più la Donna, invanita del saper suo, ciecamente ubbidire, e mettendosi ad ogni tratto22
[22 a piatire) L' ignorante piatisce spesso senza sapere il perchè. A. S.]
a piatire col suo consorte, e ad esigere la ragione de' suoi comandi; quando pure ella non volesse arrogare a sè stessa o tutta, o in parte l' autorità. Ma che dirò io della crudel gelosia, che facilmente nascer potrebbe in cuore di Marito idiota, che per sua disgrazia in Donna Filosofa s' avvenisse? quanti sospetti (e non sempre irragionevoli) di pratiche, di corrispondenze,23
[23 di malizie) Considerate quanto saranno maliziosi gli Uomini, che sono sì dotti. A. S.]
di malizie, d' inganni! Il vederla corteggiata dalla erudita gioventù, applaudita nelle celebri adunanze, riverita, e forse desiderata da' più potenti, quanta inquietudine non susciterebbe nell' animo del meschino? Che quando ancora il fin qui detto niente montasse, il guastamento solo dell' armonia, che vien prodotta nel
[p. 39]
vivere dalla gravità dell' Uomo, e dalla piacevolezza della Donna, il quale di necessità a cagionarsi verrebbe, se si ammetessero comunemente le Femmine agli studj delle Scienze, non sarebb' egli per sè solo un disordine molto considerabile? E pur, così è, miei Signorì. Fu creata da principio la Donna, non solamente perchè servisse d' ajuto all' Uomo, ma di ricreazione altresì, e d' innocente delizia; il quale tornando a casa tutto affaticato o da' pubblici, o da' privati maneggj, avesse un conforto per cui potesse deporre i fastidiosj pensieri, e ristorarsi dalle sofferte noje. Ma qual riposo, quale alleggiamento troverebbe egli mai in una Donna, che in vece d'accoglierlo umanamente, gli si facesse incontra con qualche24
[24 spinosa quistione) Sarebbe difetto di giudizio, non di sapere, produrre sì fatte quistioni fuori di tempo. A. S.]
spinosa quistione, e lasciandolo appena respirare, curiosa l' interrogasse delle faccende civili, come adeguate alla capacità dell' intender suo, non rifinando mai di garrire, e di rompergli il capo con racconti di storie, o con esami di nuovi teoremi; quand' egli ad altro attender vorrebbe, forse più vago di trastullarsi, che di leggere, o di studiare. Se in una cetra le corde tutte saranno gravi, od acute, perirà il numero, e la dolcezza del suono: se nel mondo gli elementi vorranno tutti sovrastare, non appagandosi del proprio lor sito, ritorneranno le cose alla confusione di prima: se le membra d' un corpo pretenderanno a gara d' esercitare gli uffizj più nobili, sdegnando gli altri inferiori, ma pur necessarj, una tal sedizione distruggerà la vita in quel corpo, disturbandone
[p. 40]
le funzioni. Ma ben m'accorgo, Signori miei, che, avendo io finora fatte parole intorno al pubblico bene, ed essendomi a tutto mio potere ingegnato di fare apparire molto assennati i maggiori nostri nel compartir da principio all' uno e all' altro sesso gli uffizj; saracci peravventura in sì gran frequenza di ascoltatori chi dirà, essere bensì da me state addotte quelle ragioni che possono lusingare, e tenere in riputazione il genio, e l' ambizione degli Uomini; ma essermi uscito di mente il dovere appagar l' altra parte, secondo la mia promessa. Chiunque però vorrà giudicare dirittamente, e senza ingombro di passione, confesserà, per mio avviso, che della pubblica utilità, risultante dal mantenimento, e dalla osservanza delle consuetudini già stabilite, vengono a partecipare oltre agli Uomini, le Donne ancora; ridondando in ogni membro della Repubblica il bene goduto da tutto il corpo. Ma benchè ciò sia verissimo, intendo nulladimeno di soddisfare all' aspettazione, e di adempire la mia promessa, valendomi d' altre ragioni.25
[25 Io son certissimo) Ne dubito assai. Pare che lodi le Padovane, ma le offende, stimandole tutte incapaci di conoscere il torto che esso fa loro. A. S.]
Io son certissimo, che se dovesse la presente Quistione esser decisa, non dirò dalla nostra Accademia, o dal degnissimo e dottissimo Principe di essa, ma da un' Assemblea di tutte le Giovani più civili e ragguardevoli che sono in Padova, io ne partirei vincitore. Imperciocchè, se alcune poche ne trarrem fuori, cui la natura, di magnanimo spirito, e generoso dotar volle nel nascimento, quali sono appunto le26
[26 nobilissime Dame) Solita adulazione. A. S.]
nobilissime
[p. 41]
Dame che ora m'ascoltano, l'altre tutte, senza dubbio, udirebbono mal volentieri, che dallo specchio, e dal fuso, e dall' arcolajo, o da una vita menata all' ombra, e tra le delizie, si trattasse di condurle ad udire i precetti della Filosofia, e ad apprendere, come sia fatto il mondo, quai siano i veri principj delle cose, quale l' essenza dell' anima, e mille sottigliezze sì fatte, intorno alle quali studiando noi lungo tempo, poco più finalmente arriviamo a saperne di quello che gl' idioti ne sappiano; e che recano bene spesso rincrescimento anche a molti degli27
[27 Uomini, i quali) Questi tali Uomini sono i più biasimati da chi ha fior di giudizio. A. S.]
Uomini, i quali del mangiare, e del bere, e del sonno, e del giuoco, e della caccia, e in somma del darsi bel tempo, e del godere, prender veggiamo diletto maraviglioso; e che per divenire in una sola notte, quando ciò fosse possibile, o Platoni, o Demoseni, non ispenderebbono forse dieci quattrini. Io per me, in pochissime Donne abbattuto mi sono, che al prime introdursi in loro presenza ragionamento di lettere,28
[28 non isbadigliassero) Giusto perchè sono ignoranti, questo suole accadere. A. S.]
non isbadigliassero, e non si contorcessero, facendo ancora il viso dell' arme all' autore di tali discorsi, come asciutti, e vizzi, e di niun sapore; allora solamente rallegrandosi, e dispiegando la fronte, che di drappi, e di fogge, e di sagre, e d'amori, e di curiosi e piacevoli avvenimenti menzione fatta si fosse. Qual bisogno adunque, che il mio nobilissimo Avversario tanto s'affanni per farle ammettere a quegli studj, che non apprezzano, e che anzi dolcemente dileggiano;
[p. 42]
mettendo spesse volte in canzone i troppo studiosi Uomini, come austeri, e sgarbati, e non punto a proposito per far seco all' amore? Nè in ciò, al parer mio, vanno errate le Donne; perchè noi veggiamo avvenire, che i lunghissimi studj, e profondi, in luogo di render le persone più atte all' amministrazion de' negozj, e alla civile conversazione, sogliono anzi29
[29 farle salvatiche) Misantrope più ideali, che effettive. A. S.]
farle salvatiche, taciturne, pensose, bizzarre, amanti della solitudine, e in certo modo odiatrici dell' altra gente; cosicchè non di rado la sola prudenza naturale limpida, e schietta, senza mescolamento d' arte o di studio, molti affari più felicemente conduce a fine, che non fa l' acquistata a forza d'impallidir fulle carte.30
[30 Fannoci ampia) Sono cose tra loro troppo disparate, la letteratura de' Greci, e la ferocia de' Romani; quelli benchè soggiogati dalla violenza, mai percio non averanno perduto il frutto della loro Filosofia. Per altro quando i Romani soggiogarono i Greci, non erano più i mal pettinati, e i mal parlanti. A. S.]
Fannoci ampia fede le Storie, che i Romani in quel tempo che maggiormente dilatarono i termini del vastissimo lor dominio, nulla curavano l' erudizione, o la facondia de' Greci; a' quali con tutti i lor sillogismi convenne abbassare il capo alla Maestà di Roma, e riverir colla fronte per terra i fasci de' mal pettinati bensì, e mal parlanti, ma forti contuttociò, e disciplinati Latini Consoli. Furono sempre le Donne favorite dal Cielo di certo improvviso31
[31 accorfmento) Questo accorgimento che mal s' accorda coll' ingegno scarso, e mal provveduto fu egli dato a caso dalla Natura, o perchè fusse coltivato con gli Studj? A. S.]
accorgimento, che noi Uomini in vano ci argomentiam d' acquistare, se ci studiassimo attorno cent' anni. Mi ricorda
[p. 43]
aver letto in Omero nel quintodecimo della Ulissea, che volendo partire dalla casa di Menelao Re di Sparta, loro albergatore, Pisistrato figliuolo di Nestore, e Telemaco figliuolo d' Ulisse, che là era andato per intender nuove del padre; e veduto da loro d' improvviso certo augurio, pregarono Menelao, come uomo di gran prudenza, a voler darne loro la spiegazione. E mentre quegli molte cose andava rivolgendo nell' animo, per non errare nella risposta, fu prevenuto da Elena sua moglie quivi prefente, che illuminata da subita32
[32 ispirazion) Per ispirazione fino l' Anna di Balaamo raziocinò. A. S.]
ispirazion degli Dei, sciolse a perfezione ogni dubbio, e predisse agli ospiti ciò che in virtù di quell' augurio dovea succedere circa il ritorno d' Ulisse. Ora chi non vede, che senza frequentare le scuole, ha questo Nobilissimo Sesso tanti privilegj di presagire, e di consigliare senza punto pensarci sopra, che perduta opera sarebbe il volerle indurre ad acquistarsi con isborso di prezzo, ciò che ricevono in puro dono nelle occasioni liberalmente dal Cielo? A che dunque cercare di sottoporre la dilicata complession delle Donne, e la gentil tessitura de' corpi loro, alle vigilie, alle fatiche, a i sudori, a i travagli, che a qualunque va in traccia di molto sapere, indispensabilmente soffrir bisogna? Conservino quelle Amabili Creature illibato e fresco il fiore di lor bellezza, tanto da esse, e dagli Uomini, non senza gran ragione, apprezzato: nè si pongano a rischio di perderlo miseramente, contraendo un colore smorto, e dilavato, una guardatura bieca,
[p. 44]
un costume ritroso, un' andamento goffo, un parlare affettato, e che33
[33 odori di scuola) Non si vogliono Pedantesse, ma erudite. A. S.]
odori di scuola; cose tutte che le farebbono in poco d' ora deformi, e disobbliganti. Mettansi avanti gli occhj le disavventure di tanti Uomini letterati, che per soverchia curiosità di sapere, e la quiete dell' animo, e la sanità del corpo, e la vita stessa ne' passati tempi perdettero, e perdono tuttavia. E di vero, altri di loro intisichisce, altri impazza, altri incontra l' odio de' grandi, altri piatisce rabbiosamente cogli emuli, altri sente rodersi il cuore, che certe piante novelle crescano appresso di lui, e ogni giorno più rigogliose divengano; e quinci le inimicizie, i rancori, le diffamazioni, le calunnie, e mille altri bruttissimi vizj, e villani, da' quali è bene che l' umano, e amorevole Sesso Donnesco lontano si stia. Considerino parimente, che non ha gemma orientale così preziosa, nè da guardarsi con tanta cura, e gelosia, quanto una certa nobile verecondia e modestia, o verginale, o matronale ch' ella si sia, che accompagnandosi alla bellezza, rende la Donna un dolcissimo, e maraviglioso spettacolo agli occhj de' riguardanti; la qual virtù vien certamente a scemarsi nelle dispute, e nelle gare di lettere, meschiandosi in cose impertinenti. Pensino ancora, che la Scienza suol gonfiare, e far girare il capo a chi la possiede; e che peravventura le Donne non hanno bisogno di farsi odiose coll' austerità del tratto, e delle maniere, aggiugnendo34
[34 opinione della bellezza) Colla scienza verrebbesi a scemare il fasto della bellezza conosciuta per fragile, e non acquistata per merito. A. S.]
all' opinione della bellezza anche la
[p. 45]
presunzion del sapere. E finalmente riflettano, che il dolce del vivere consiste in lasciarsi portare alla corrente del costume popolare, non impacciandosi gran fatto colla Filosofia, e co' suoi rigidi e disgustosi35
[35 disinganni) Sà delle massime d'Epicuro. La Filosofia, dice Lucrezio, pone l'Uomo in uno stato di tale disinganno, che senza maravigliarsi prende piacere in vedere sè libero da quelle passioni, nelle quali il restante del Mondo si va a perdere; standosi a guisa di chi da luogo sicuro vegga le onde del Mare, che combattono il debol legno, e le aspre vicende d' ostinata battaglia. A. S.]
disinganni: che reca piacere a chi è discreto, il maravigliarsi delle novità che succedono alla giornata, e l'appagare i sensi dentro i confini dell' onestà; e che tutte queste dolcezze inamariscono, e spargonsi d'assenzio, col troppo sottilmente esaminare ogni cosa, e disdorando, per così dire, e smascherando, e levando la buccia vaga e pulita a certi corpi di bella vista, com' è costume degl' inquieti Filosofi, cercarvi dentro bruttura, difetto, e dispiacere. (Petr. Canz. 31.)

I 'l so, che 'l sento; e spesso me n' adiro.

Che se poi tra 'l numero grandissimo delle Donne, alcune se ne ritrovino di contrario parere,36
[36 io lodando) Se queste lodi sono sincere, distruggono in un momento tutto il detto in disfavore delle Donne; credo certo contra coscienza. A. S.]
io lodando queste tali di generosità d'animo, e d'altezza di pensieri, farò fine al mio dire; se non con la sicurezza di rimaner vincitore, almeno col testimonio della buona coscienza, sapendo d'aver fedelmente consigliato il Comun delle Donne ad appigliarsi al suo migliore.


Produced by the University of Chicago Library.
Send questions or comments about IWW to ets@lib.uchicago.edu.
PhiloLogic Software, Copyright © 2001 The University of Chicago.