SIBILLA ALERAMO
ENDIMIONE

MCMXXIII
ALBERTO STOCK-EDITORE
ROMA.





SIBILLA ALERAMO

ENDIMIONE
POEMA DRAMMATICO
IN TRE ATTI

ROMA—ALBERTO STOCK—EDITORE
VIA DELLA COLONNA, 35
1923

PROPRIETÀ LETTERARIA Copyright by Alberto Stock

Roma, 1923—Grafìa, S. A. I. Industrie Grafiche

QUESTO PICCOLO DRAMMA
PERVASO DA UN'ANSIA DI TENEREZZA UMANA
E INSIEME DA SOMMESSI PRELUDI D'OLTRETOMBA
CHE ASPIRA A COMPORRE IN ARMONIA
I MESTI INGANNI DEL SONNO E DELLA VEGLIA
ED È VELATO PIANTO E LUNARE CANTO
D'ANIME GIÀ BACIATE DAL SOLE
DEDICO
A GABRIELE D'ANNUNZIO
PER QUELLA SUA BONTÀ
CHE FU COSÌ PROFONDA VERSO DI ME
IN ANNI LONTANI
E TANTO LIMPIDAMENTE FRATERNA
CH'IO N'EBBI LA VITA PIÙ FORTE
PER SEMPRE

S. A.

Assisi, agosto 1922

Rappresentato la prima volta a Parigi il 9 marzo 1923 al Teatro dell'«Oeuvre» nella traduzione francese di Pierre-Paul Plan—interpreti principali M. me Denise Réal e Mr. Allain Dhurtal.

ENDIMIONE

DIANA

LA POETESSA LORENZA

IL DUCA DELL'ARICCIA

LA PRINCIPESSA ANNA

VIOLA

UNA DOMESTICA

Tempi moderni. Tra l'uno e l'altro atto passa una stagione.

Una radura in una Pineta marittima. Nel fondo un sentiero sale e si perde verso una rupe. Dall'altro lato si scorge il mare. A pie'd'un pino, un giovine disteso sul fianco, dorme.

(Entra dal lato opposto Diana: viene sul dinanzi, ha in mano una collana di gemme rosse, con la quale gioca. Si siede su un masso, volgendo le spalle al dormiente. Si passa, sempre per giuoco, la fila delle gemme sulle palpebre e sulle labbra, poi ancora la rimira nella luce del tramonto estivo).

DIANA Assomigliano ai miei giorni più vivi. Assomigliano anche a tutto ciò che ho creato. Sfavillano come veri rubini, preziosi, quasi introvabili nel seno della terra. E sono stati invece soffati, con un poco di rena e di fuoco, levigati, sfaccettati. (voltandosi per trarre un nuovo effetto di luce dal monile, scorge il dormiente. Stupita, si alza, gli si avvicina, lo contempla) È bello. Chi sarà?

(Il Giovine, come destato dallo sguardo di lei, si muove, s'allunga in un'altra posa, che fa anche più valere tutta la snella perfezione della sua persona: sembra riaddormentarsi, poi di balzo si solleva, ritto dinanzi alla donna. Un momento di silenzio.).

IL GIOVINE Mi hanno svegliato i raggi di questa collana, od i vostri occhi, Signora?

DIANA Dormivate, in verità, molto profondamente. Forse avete sentito che vi invidiavo. Quanto tempo che a me non accade di gustare il sonno a mezzo il giorno, nella luce filtrata degli alberi!

IL GIOVINE E quanto tempo che a me non accadeva d'esser guardato nel mio abbandono!

DIANA Prima di me, c'era già la falce della luna, ecco, là…

IL GIOVINE Voi sorridete, Signora?…

DIANA (con squisita lentezza) Come in un favore del cielo riposavate… Credevo che di lassù Diana stesse per chiamarvi: «Endimione!»

ENDIMIONE (dopo un istante di silenzio) È la vostra grazia che mi investe. Che il bel nome che in questo momento assumo possa farvi rammentare dime, povero mortale. (si fissano profondamente) Una strana luce emana da voi, come se il giorno si prolungasse attorno a voi sola. Sono tentato di fuggire, e intanto vorrei pregarvi di trattenermi… Chi siete?

DIANA Sorridete a vostra volta. Il mio nome è Diana: ma ne ho altri anch'io, che dimentico quando voglio. (pausa)

ENDIMIONE Il fatto è che, in questa vostra atmosfera, desto ormai come sono, mi sento tratto a non ricordar neppur io tante cose… No, non è questo; ma intendo quale dolcezza proverei a non ricordar più nulla, io, che non ho mai desiderato tale dolcezza…

DIANA Mi sembravate giovine, ed invece mi dite cosa che è d'un'anima già stanca. Mi piace scoprir così un essere sconosciuto. Sembriamo approbati ad epoche remote.

ENDIMIONE (con slancio, cedendo al fascino, le tocca un lembo della veste) È siamo vicini… Quanto mi siete vicinal La vostra voce, il vostro filo di voce, non c'è altro nell'aria, e la sera attorno a voi sembra l'alba, e questa piccola mano (gliela prende) è dessa che mi tiene, forse… e forse, ho paura… ma restiamo.

DIANA (sottovoce) Restiamo… Che sappiamo dell'ora che tinge il mare? (pausa) Le vostre vene battono violente. Un istante prima che vi vedessi, io guardavo questa collana: è bella, nevvero? Ma è di vetro. È cosa d'arte. Voi, eccovi, siete cosa viva. Che senso d'eterno in un polso che scande l'attimo!

ENDIMIONE Io non m'intendo di queste differenze che dite. Qualcosa del vostro soffio mi riesce misterioso più del vento tra le fronde. Indovino nel lampo di codesti begli occhi, non so quale voluttà che ignoro…

(Entra di corsa, in pigiama rosso e cuffietta da bagno, e si ferma sullo sfondo, la Principessina Anna, figura leggiadre e fine di ventenne.)

ANNA Diana, vado all'arrivo del battello, e tu?

DIANA Ti raggiungerò, Anna.

ANNA Sta bene, mia Regina! (fugge via leggermente)

ENDIMIONE Regina?…

DIANA (sorridendo) La mia giovine amica ha la passione dell'iperbole, ed insieme il senso della gerarchia: siccome possiede, lei, un titolo principesco, si diverte a chiamar me Regina; oh! ma del più inafferrabile dei regni, quello del Colore…

ENDIMIONE (incuriosito) Non comprendo…

DIANA Dipingo: ho dipinto, di tempo in tempo, qualche rosa, qualche specchio d'acqua, qualche volto…

ENDIMIONE Dove vivete? Non certo abitualmente in quest'isola.

DIANA Nè qui, nè altrove. Non ho una casa mia.

ENDIMIONE Il vostro viso si è oscurato.

DIANA C'è più d'un luogo al mondo ove avrei voluto fermarmi: e il ripensarlo m'è triste.

ENDIMIONE Non v'hanno trattenuta mai? Siete molto bella.

DIANA Sono sola.

ENDIMIONE Devono avervi invidiata e fatta soffrire dovunque siete stata. Regina, vi piace questo mare? Tacete? Che singolare donna! Volete che vi parli di me? Ma non può interessarvi. Conoscete bene la città laggiù, che è la mia? Vi avrei incontrata qualche volta. E le altre isole? Là, la più grande?

DIANA Sì, vi fui una volta.

ENDIMIONE Io non vi metto piede da sei anni.

DIANA Ah!…

ENDIMIONE La guardo ogni giorno, ma non avrò forse l'animo di tornarvi più mai. Perchè, tra quei pini, che somigliano a questi… Signora, io sono stato felice.

DIANA (con volto commosso e voce grave) Anch'io, proprio in quell'isola là, e proprio nell'anno che avete detto.

ENDIMIONE (sussultando) Non è credibile!

DIANA Perchè?

ENDIMIONE (guardandola stupito) Quanta pacata sapienza nella vostra domanda! Come se pensaste che le cose più strane sono le più vere… (silenzio) Dunque, senza conoscerci, eravamo nello stesso tempo beati, nella stessa vigna del Signore… Che notti, quell'estate! Ricordate i mirti in fiore tra le lave? Io penetravo cauto nel recinto della casa. Mi veniva incontro la figura bianca, tenendo al guinzaglio, perchè tecesse, il gran cane fedele. Uscivamo, ci perdevamo tra i cespugli…

DIANA Le stelle in alto lente navigavano. Io le guardavo dalla mia terrazza, così chiare! E chiaro era il mio amore, che non aveva necessità di nascondersi.

ENDIMIONE Il mio pareva dovesse superare ogni divieto anche celeste. Invece…

DIANA Anche il vostro finì?

ENDIMIONE Dovemmo staccarci, poco dopo. Ella dovè partire. E non è più tornata, d'oltre Oceano. (pausa) Lettere, lettere, e poi silenzio. Quanto ho interrogato il mare! E forse aspetto ancora. Non può avermi dimenticato. A me ogni distrazione è riuscita vana, ogni altro volto di donna che m'è piaciuto non ha potuto tuttavia mai veramente smagarmi… È una povera storia, Signora.

DIANA Sì.

ENDIMIONE (stupito) Avete detto sì?

DIANA (lo guarda fissamente)

ENDIMIONE (non sostiene che per un momento lo sguardo, si scuote, s'alza)

(Ricompare la Principessina Anna, che ha gettato un mantello sulle spalle. È seguita da due marinai scalzi che portano una cassa. Un po' discosto il Duca Dell'Ariccia, bel viso stanco, si ferma a guardare.)

ANNA (scherzosa e carezzosa s'inchina a Diana) Poichè la Regina non veniva, ho io, sua damigella, vigilato su tutto… Ma ora…

DIANA (l'interrompe, ugualmente tenera e ridente) Ora eccomi, Principessa! (le accenna di precederla)

ANNA (si allontana, dopo aver posato uno sguardo di curiosità su Endimione)

DIANA (rivolgendosi scorge il Duca, che nel frattempo s'è avvicinato ad Endimione e gli ha battuto amichevolmente la mano sulla spalla)

DUCA (avanzandosi verso Diana) Seguivo una ninfa e m'imbatto in una dea. (le bacia la mano).

DIANA (nascondendo con signorilità un intimo turbamento) Il vostro madrigale, Duca, vorrebbe intonarsi con la sera, ch'era poco fa stranamente venata di richiami mitici, ed invece, ohimè, mi rimbalza nella realtà mondana…

DUCA (con una punta d'amarezza) Vi chiedo perdono.

DIANA (gentilmente) Io celio… Ma… vi conoscete voi due? (fermando col gesto la parola al Duca) Non ditemi ancora il suo nome. L'ho trovato sotto quel pino, mentre dormiva un sonno che pareva di millenni: s'è svegliato, abbiamo discorso sotto la protezione di quel filo di luna…

DUCA (con lieve sarcasmo) Tra etene il soggetto per uno dei vostri grandi affreschi: la Pineta, il mare, la giovinezza che si ridesta sotto lo sguardo del genio… (ad Endimione) V'invidio, amico!

ENDIMIONE Non mi lusingo di poter suggerire un'immagine di poesia. Voi sapete quale insignificante personaggio io rappresenti nella vita…

DIANA Tacete, Endimione! Ora debbo salutarvi, ma credo che ci ritroveremo. (gli dà la mano a baciare) Voi, Duca, volete attendermi qui? Ritorno in breve. (un cenno della mano, e rapida s'allontana per dove è scomparsa la Principessina).

ENDIMIONE (segue con l'occhio Diana. Il Duca si mette a sedere su un tronco d'albero)

DUCA Quella donna opera prodigi, perchè ela stessa è un miracolo. Vede ogni cosa sotto specie di bellezza. Non è Circe, non è Titania, ma una che indovina in ciascun uomo la sua realtà migliore, seppellita nel profondo, e non è paga sin che non l'abbia suscitata alla luce.

ENDIMIONE E poi?

DUCA Poi… taluno si stanca, presto, giacchè nulla è tanto faticoso quanto l'esser belli. Oppure è lei che si stanca, come d'un dipinto a cui non abbia altro da aggiungere…

ENDIMIONE Nessuno la trattiene!… Una così fiera creatura!

DUCA State in guardia, giovinotto.

ENDIMIONE Oh, così fosse! (ha un sorriso disincantato, poi, mutando tono) La conoscete da molto tempo?

DUCA L'ho riveduta d'improvviso ieri, dopo vari anni, sì. La gloria non le ha tolto quel che fu sempre il suo fascino più grande, quella luminosa innocenza nel mezzo dello sguardo. Ma l'ha straordinariamente abbellita; o sono io che la vedo con occhi diversi, oggi.

ENDIMIONE (pensoso) Può dunque accadere?…

DUCA Che cosa?

ENDIMIONE Che i nostri occhi ritrovino diverso ciò che abbiamo creduto di custodire nella memoria…

(Passano sullo sfondo due donne: una dall'aspetto imponente, capelli bianchi, mantello bianco; l'altra, cameriera. La signora fa per avanzarsi, ma, vedendo i due, prosegue e scompare tra gli alberi)

DUCA Abbiam fatto fuggire la grande Lorenza.

ENDIMIONE La poetessa? Ma questo piccolo promontorio quante donne illustri aduna mai?

DUCA Forse ciascuna cerca, ed invano, quel che il genio non dà.

ENDIMIONE La pace!

DUCA (fissandolo con una punta di curiosità) Siete più intelligente di quanto supponevo, non vi offenda!

ENDIMIONE (con l'inchino corretto dell'uomo di mondo) Anzi! (breve pausa) E voi, Duca, che voleste aggiungere al vostro antico nome la gloria dello scienziato, voi studioso e mago, non potete nulla per il loro bene?

DUCA (lentamente) Io… io son uno che ha tradito un giorno miseramente sè stesso per vanità… No, non vi farò delle confidenze, qui, al morir della luce. Ma per non so quale bizzarra necessità d'umiliarmi, che stasera provo, voglio dirvi che tutta la mia scienza è una buffonata dinanzi alla imagine di anime in pena…

ENDIMIONE (ironico) Speravo sapeste curar quelle almeno, poichè non vi riesce di salvare il gregge dalle condanne fisiche!

DUCA Neppure i corpi posso guarire, avete ragione. Quanti ragazzi come voi, tornati dalla guerra irrimediabilmente colpiti!

ENDIMIONE Io reco il mio male dalla nascita. La guerra l'ha soltanto aggravato un poco. Da quando ero bambino mi sono divertito a fare ciò che i dottori e tutti quanti mi proibivano.

DUCA Cocciuto e folle!

ENDIMIONE Per chi mi sarei risparmiato? Non ho famiglia. E non ho rimorsi. Ho vissuto con frenesia, non ho rinunziato a nulla, anzi, ho cercato tutti i rischi, ho sforzato ad ogni ansia questo cuore che voi dicevate dovevo salvaguardare da qualunque turbamento. Ho amato. Ho viaggiato. Son andato volontario: e neppure fra lo scoppio delle granate mi s'è fermato in petto questo pendolo balzano. Dio sa se lo desideravo!

DUCA Ecco! avete sempre violentato la vita, evidentemente perchè non c'è mai stato in voi un profondo senso di quel ch'essa è. Siete un caso tipico, di leggerezza in margine alla tragedia.

ENDIMIONE Stasera è la seconda volta che sento negare la serietà della mia pena. Poco fa, anche quella donna, bella di mistero, l'ha giudicata una povera cosa… È vero che a lei non dissi ch'io son malato. Come a voi non dico il perchè non mi sarebbe importato di morire, lassù nella mischia… Purtroppo, questa duplicità del mio destino triste mi fa superiore al verdetto vostro e a quello della Regina del Colore… alla quale piuttosto che a me, potreste susurrare: «in guardia» Eccola che ritorna. Mi piace. Addio, Duca e Dottore! State lieto. (coglie un ramoscello verde, lo getta di lontano, con bel movimento, ai piedi di Diana che sopraggiunge, e rapido scompare)

DIANA (segue con gli occhi il giovine.)

DUCA (si è alzato) Non avrei mai supposto in colui tanta grazia spirituale. Merito vostro, di certo!

DIANA Ma no. Avrà avuto semplicemente l'occasione di palesarsi. Talune esistenze non l'hanno mai, l'occasione.

DUCA Insomma, vi siete piaciuti. In verità è un bellissimo ragazzo.

DIANA Questo sì: bello quando dorme, e più bello ancora con gli occhi aperti. (si siede e accenna al Duca di fare altrettanto)

DUCA Come certe bambole. Vi sarebbe per caso venuta la voglia di trastullarvi? Me ne rallegrerei per voi. Avevate, una volta, la grave colpa di non saper scherzare mai…

DIANA Quanti difetti, avevo, nevvero, Duca? Quanto tempo fa?…

DUCA Siete molto più giovine d'allora. È sorprendente.

DIANA Già. Gli è che allora avrei provato un ingenuo ribrezzo a metter un po'di rosso sulle labbra… Portavo i capelli lisci, vestivo quasi monacalmente, quasi sempre in bigio, tuniche diritte, soltanto un po' di collo mostravo, così: (parlando s'accomoda come dice) …io era, per voi, un essere preistorico, con le sue fisime di naturalezza, di semplicità, con il mio disdegno delle apparenze—io, l'artista!—e anche colla mia ostinazione a non perseguire nè il successo nè la ricchezza, io che ero nata bene e che d'ogni bene materiale m'ero spogliata per essere in accordo con la mia sete d'assoluto… Sì, prendevo troppo il mondo sul serio; e l'amore anche, ed ero noiosa, me lo ripetevate, Guido!

DUCA (grave) Non m'avete mai perdonato?

DIANA Ebbene, forse no. Altri uomini, prima o dopo di voi, m'hanno fatto soffrire, vili o stolti, tutti feroci, e li ho dimenticati, ho saputo dimenticarli, non onorarli del mio rancore; ma voi, nella storia dei miei rapporti con l'umanità virile, siete rimasto a rammentarmi la crisi della mia fede, crisi dalla quale scampai, chissà, perchè era destino, ma dove forse ogni altra donna si sarebbe perduta. Voi mi faceste dubitare di tutto ciò in cui è necessario credere per essere creature libere. Voi, in cui eran tuttavia manifesti il forte ingegno e la nativa gentilezza. Voi, che amavo.

DUCA Anch'io vi amavo, Diana.

DIANA Occultamente a voi stesso, sì, e lo sapevo. Ma non volevate esser «debole». Avevate l'ossessione della potenza, del domino, un miscuglio d'istinti ereditati e di teorie acquistate, la superbia ingenua della vetusta casata e quella acre dell'uomo di scienza moderno. E la donna ch'io ero, appassionata e candida, sotto il vostro ostentato disprezzo, al colmo della pena, un giorno che l'avevate anche più derisa, perchè, giovine e bella, si «sprecava» lontana dal mondo, finì per chiedersi se forse non avevate ragione… (pausa. Il Duca la guarda affascinato) Volete ridere? È un racconto d'altri tempi, puerile, e non l'ho detto mai ad alcuno. A Parigi, ricordate? Si viveva, voi nel vostro piccolo, signorile albergo de la Place vendôme, io in un'umile locanda del Quartiere Latino. Quel giorno, non possedevo che qualche decina di franchi… Entrai da un grande parrucchiere… (trae uno specchietto, una matita rossa, lo scatolino della cipria, e continuando a parlare in tono leggero, si ritocca un po' la maschera) Per una pittrice non fu difficile imparare. Quando mi vidi nello specchio, così trasformata, i capelli rilevati mollemente, la bocca vermiglia, mi ammirai, (con accento grave) accoratamente mi ammirai… Ma nello stesso tempo, sentii che non vi avrei più cercato, Guido. Perchè io volevo amaste il mio volto nudo… (silenzio; si alza; fa qualche passo) Uscii, col borsellino vuoto e l'anima che mi pareva anche più vuota. Che cosa avrei fatto in quel nuovo aspetto? Potevo tentar l'avventura, no?… (Il Duca ha un sussulto ansioso) Tremate? Strano!… A distanza di tanti anni!… (breve silenzio) Incontrai, lungo la Senna, un vecchio amico, cuore fedele e fedele bohémien: mi guardò sorpreso, ma non disse nulla. Camminammo vicini, poi si entrò in un caffè d'artisti. Proprio quella sera, per caso, c'era capitato il grande mercante di quadri lombardo, il grande usuraio; voi ne sapete il nome. Si fece presentare, evidentemente impressionato da quella mia povera maschera… Miserere di me, di lui, di tutti quanti! Accettai la sua proposta per un'esposizione dei miei lavori. E fu finita per sempre l'anonima povertà in cui m'ero compiaciuta di vivere e di creare… Colui sperava, e sperò anni ed anni, in un compenso per sè. Non soltanto di denaro è avido! E da tutti, o quasi, è stato pensato e detto che l'abbia ottenuto, il compenso in baci… Forse anche voi lo credeste?…

DUCA No, vi dò la mia parola. No.

DIANA Vi ringrazio. (cambiando tono, parlando quasi a sè stessa, soavemente) Quanti tramonti, belli come questo, ho contemplato da allora, in quanti paesi! Come ho lavorato, e come ho anche oziato! Lunghe, sante malinconie per le strade e per i cieli! E mai più ho atteso dagli uomini il riconoscimento intimo del mio vero valore. Mi son rassegnata ad esistere soltanto per me, con coscienza selvaggia, proprio dal momento che il mondo mi cercò, ed ebbe di me il brillante simulacro. È stata una nuova, più aspra libertà…

DUCA …Che vi ha resa infinitamente superiore, malgrado il cuor vostro…

DIANA Forse. Non è cosa certa. Forse mi sarei ugulamente accresciuta, e con quanta minore amarezza!

DUCA (cercando di nascondere la propria commozione coll'abituale ironia, senza tuttavia riuscirvi) In fondo, siete ancora la sentimentale insoddisfatta, che io volevo difendere da se stessa… Quel po' di maschera—deliziosa—non conta. Son io che ho cambiato, ahimè! (grave) Non seppi, allora, cogliere il bene che era in voi. Oggi… (ad un moto di Diana) Oh! rassicuratevi. Oggi sarei ridicolo se vi parlassi d'amore. E anche soltanto se vi dicessi quanto vi ho rimpianta, via via che la mia vita, più o meno stoltamente, si sciupava… (silenzio; con voce che trema) Diana, ma siete troppo bella, non posso sopportarlo: parto. (le prende una mano. Giungono nello sfondo sulla rupe, due bimbi di pescatori, cantando. Riappare tra gli alberi Lorenza, sola, che si ferma a guardare i fanciulli) Voglio farvi ancora un'esortazione, prendetela per quel che vale. (pausa) Procurate di non innamorarvi più!… (Diana ha un gesto di fierezza) …soprattutto, ricordatevi che la gioventù è feroce, e spesso gode di far soffrire.

DIANA (sdegnosa) Non ho mai temuto il dolore.

DUCA (s'inchina, le bacia a lungo la mano) Possiate esser felice! (con rapido cenno d'addio scompare nel fondo della pineta)

DIANA Resta assorta, fissando a terra. Lorenza viene innanzi, la guarda in silenzio. Diana solleva gli occhi, la scorge.

DIANA Lorenza, voi che siete la Poesia! Mi è stata augurata stasera la felicità da un fantasma. Tenetemi un momento nelle vostre braccia.

LORENZA (la stringe maternamente al petto; poi tacendo, di nuovo si allontana, e lenta dispare.)

DIANA (appoggiata ad un tronco, resta diritta e assorta. È quasi notte, e la falce della luna risplende. I fanciulli proseguono il canto a mezza voce. Dal viottolo in discesa, Endimione si profila e Diana lo scorge mentre cala la tela).

Nello studio di Diana. Giorno d'autunno e di pioggia. In grandi vasi stanno lunghi fasci di tuberose e altri fiori tutti bianchi: crisantemi, garofani, rose. L'arredamento è moderno, di semplicità estrema. Ampie vetrate, un caminetto acceso.

LORENZA (sul divano, presso il caminetto, accarezza piano i capelli di Diana, stesa sul tappeto ai suoi piedi)

DIANA Parliamo d'amore, Lorenza.

LORENZA (con sorriso di pacato consentimento) Parliamo d'amore. Non c'è discorso più vasto, e più arioso.

DIANA Ma anche non ve n'ha di più vorticoso e pauroso!

LORENZA Pensate, Diana, all'indentità di fascino che hanno gli elementi; avete mai veduto cadere la neve in alta montagna? E come guardare a lungo questa fiamma. (Eaccenna al caminetto) La stessa lenta vertigine vi coglie.

DIANA Così.

LORENZA E lo stesso senso d'ineffabile. Appena movete le labbra, vi sopraffà uno strano sgomento, e un desiderio acuto di silenzio. (pausa) Per questo, s'è fatta sempre così poca poesia d'amore, nel mondo.

DIANA Siete molto unile, Lorenza.

LORENZA Volete dire, cara, che io ho saputo, un tempo, tradurre in alcuni ritmi commossi l'incantesimo che trascolora per un giorno almeno ogni vita? Ah, povere cose! allora come oral Ciò ch'era in me più divinamente rimase sempre inespresso, rimase segreto.

DIANA Anche per voi!

(S'affaccia dal fondo una cameriera attempata)

CAMERIERA La Principessina.

DIANA Permettete, Lorenza?

LORENZA (accenna di sì col capo. Diana si alza. La cameriera esce)

(Entrano Anna e Viola. Quest'ultima è una giovane signora, di aspetto delicato e pensoso. Anna è vestita con semplicità di grande stile)

DIANA Anche Viola! Benvenute! (tende una mano a ciascuna; poi, mentre Anna s'inchina a baciar quella di Lorenza, ella cinge col braccio Viola, e la presenta alla poetessa) Una cara creatura.

LORENZA (stringe la mano a Viola, le sorride con tutta la grazia della sua sovrana spiritualità)

ANNA Vedi se hai fatto bene, Viola, a lasciarti trascinar qui! (rivolta a Diana) Era in una botteguccia che anche tu conosci, piena di tesori; sceglieva merletti per il corredino, non finiva più!

LORENZA Il corredino?…

DIANA E sposa da un anno, sarà mamma fra qualche mese.

ANNA (che'è rimasta in piedi mentre le altre sono in gruppo sedute presso il caminetto) Diana, che cosa sono tutti quei ceri spenti? (accenna ai fiori che biancheggiano sulle mensole)

DIANA Hai ragione! Ma ieri, nell'ultimo sole di novembre, eran fiori, e festosi pur nel loro candore; oggi, contro il grigio…

ANNA Una malinconia! E tu non ne hai bisogno! Tu, che sei fatta per la gioia! (rivolta a Lorenza) Dico bene, donna Lorenza? Ci vogliono grandi mazzi rossi, oggi, per accompagnar le fiamme del camino.

VIOLA Te li manderò io, Diana!

DIANA Cara Viola!

ANNA (va a sedere su di uno sgabello presso il tavolo e sfoglia una raccolta di incisioni)

DIANA (a Lorenza) Io ho acquistato questa amica tre anni fa, in un paese di rocce e di rovi. Oh, Lorenza, come vi sarebbe piaciuta!

LORENZA Mi piace molto anche ora.

DIANA Ora è un'altra cosa. Ti ricordi, Viola, la mia sorpresa. Scoprivo ogni giorno, sotto questa giovinezza lieve e carezzevole, (mette una mano sulla spalla di Viola) un'anima sempre più profonda e attenta, dove pareva si sfaccettassero secoli di vita spirituale, Orfeo e Confucio, Guido Cavalcanti e Beethoven… (chiudendo la bocca con la mano a Viola, che ha arrossito e vorrebbe protestare) Non si poteva dire se in lei fosse maggiore la coltura od il miracolo intuitivo. E con quale splendore intenso godeva d'ogni forma bella, e disinteressatamente, senza quel tormento della creazione, che rende meno puro l'entusiasmo mio e, perdonate, anche il vostro, Lorenza, non è vero?

LORENZA Certo. Ma voi parlate di questa gentilissima come se più non esistesse, mentre è qui, e doppiamente viva…

VIOLA Signora, forse in questo Diana non erra. Io appartengo così poco a me stessa, ormai! La mia forza fisica è sempre stata scarsa: oggi, vigilando a farla bastare, mentre cresce in me quella che avete ben chiamata doppia vita, non mi rimane più tempo ad altro: forse neppure tempo di pensare… Com'è bizzarro, vi pare? E neache di averne rammarico, quasi. E una lezione, aiutatemi a dire, Signora! una lezione essenziale al mio orgoglio d'un tempo, seppur n'ebbi, quando non respiravo se non per le energie della mente… (silenzio).

LORENZA Ecco, dette in tono semplice, parole religiose e luminose. (Viola, fa per baciarle la mano; Lorenza l'abbraccia) Sono felice di sapervi amica di Diana. Diana ha bisogno di giovinezza vera intorno a sè, di quella giovinezza che reca in salvo il domani.

ANNA (dal suo posto ha alzato gli occhi dalle stampe, e ascolta, pensierosa).

LORENZA (si volge a Diana) Guardate, là nello specchio: siamo le tre età! Voi nel centro. Amor del destino! (rimangono un istante in silenzio)

ANNA Amor del destino! (si alza, viene verso il gruppo) Posso essere indiscreta? Vorrei pregar Diana di lasciarmi stare qualche minuto sola con Donna Lorenza, s'ella me lo concede.

DIANA (alzandosi, a Viola) Vieni, ti mostrerò i disegni dell'ultimo mio lavoro, ch'è già di molti mesi, tanto tempo è che non ci si vede… (escono, abbracciate)

LORENZA Ebbene, bambina?

ANNA (giocando con le molle del caminetto) Due cose, Donna Lorenza: una riguarda Diana e una riguarda me.

LORENZA Cominciamo da te, Principessa bella.

ANNA Perchè, Donna Lorenza? Se credete che mi prema maggiormente la sorte mia che non quella di Diana, forse v'ingannate. (mutando tono) Voglio tanto bene a Diana. Ma è così mutata dall'estate in qua… Ve ne siete accorta?… Sono inquieta… C'è qualcuno che non è abbastanza buono non lei, con lei che, forse, l'ama tropp… (mutando di nuovo espressione) La compiango, ed insieme l'invidio… Vorrei addossarmi il suo tormento, e intanto penso che sarebbe, non carità, ma avidità…

LORENZA Sottile è il tuo spirito, bimba, sottile come la tua persona… (silenzio)

ANNA Donna Lorenza, (esitante, a bassa voce) vi stupireste molto se… fra qualche tempo… venissero a dirvi… che io mi sono tolta la vita?

LORENZA (dopo un attimo di pausa, la guarda con gravità e tenerezza insieme) No… forse non mi stupirei.

ANNA (ha un piccolo grido fra terrore e riconoscenza)

LORENZA (con ferma dolcezza) Ma non avverrà.

ANNA (assorta in sè) Senza un motivo d'amore, uccidersi, per solo disgusto della volgarità, per vertigine del vuoto…

LORENZA (con forza) E vero? Mi dai la tua parola? Non ami nessuno?

ANNA (le mette una mano sulla spalla) Che cosa avete temuto, mentre dicevo d'invidiare Diana? Rassicuratevi. L'invidio semplicemente di essere innamorata com'è, con tanta veemenza e tanto candore, essa che ha molto più di me vissuto… Nè il suo bello ed impassibile Endimione, nè altri giovani buoni e cari hanno mai turbato il mio cuore. Donna Lorenza, potrei dirvi che sono stanca di mondanità e di sport, e anche di libri, stanca della insistenza della mia famiglia perchè accetti di sposare uno qualunque dei miei pretendenti… Ma la verità è che la mia desolazione ha radici più fonde… Mi pare, a tratti, d'essere investita da non so qual dolore che venga di sotterra… quello che m'è destinato nel tempo? O quello degli altri tutti, il vostro e di Diana e del mare?… Allora, disprezzo la felicità, che anch'essa di sul limitare mi guata… Donna Lorenza, voi l'avete detto: voi non vi stupireste s'io la finissi…

LORENZA Piccola Anna… E la prima fase della tua giovinezza che s'è compiuta, oggi, con questa tua sommessa confessione… (pausa) Le creature veramente vive, quante e quante volte sono condannate a morire e a rinascere! E v'ha chi è crocifisso dinanzi a tutti e chi dinanzi a sè soltanto.

ANNA (trepida ed impetuosa) Voi m'annunciate una trasfigurazione?

LORENZA Sei di razza generosa! Che Iddio ti aiuti! Non fuggirai. (pausa) Non fuggirai, perchè il male e il bene della vita vogliono essere non soltanto intuiti da una sensibilità raffinata come la tua, ma patiti, con integrità. (silenzio) E poi, son così rari i modelli di bellezza, al mondo… (le carezza i capelli) Bisogna tenerne conto… bisogna, Principessina, avere per te medesima, per la freschezza e la grazia del tuo sorriso, un poco di umile riconoscenza, l'attenzione dolce che si deve anche ai più tenui motivi di gioia…

ANNA (desiderosa di cullarsi) Un giorno, Donna Lorenza, eravamo assieme sedute su uno spalto d'orto, ricordate? C'era un sole mite d'autunno—è già un anno, come si invecchia!—e voi mi donaste una foglia di vigna selvaggia, staccaste la superstite foglia rossa dal ramo, per me… (le bacia la mano lungamente)

(Si affacciano all'uscio laterale Diana e Viola)

DIANA E finita l'intervista secreta?

VIOLA Vi chieggo perdono, Signora, ma debbo congedarmi, sono attesa.

LORENZA (si alza, scambia qualche parola sottovoce con Viola, mentre Anna s'avvicina a Diana.)

ANNA Addio, Reginella. Un'altra volta intervisterò te. (l'abbraccia, poi torna verso Lorenza, mentre Diana accompagna Viola all'uscio di fondo) Donna Lorenza, (a bassa voce) vi prometto che ci rivedremo. Ora, fate un po' di bene a Diana. (raggiunge in un salto la compagna ed esce con lei)

LORENZA (va al tavolo grande, guarda i titoli di alcune riviste d'arte, mentre Diana ritorna verso il caminetto e aggiunge alcuni ceppi alla fiamma) Non riprenderemo il ritratto neanche oggi?

DIANA (inginocchiata dinanzi al camino, si volge verso la poetessa, e accenna di no col capo)

LORENZA Dovrei farvi una predica contro la pigrizia…

DIANA Lorenza, no; sapete bene che non si tratta di questo! Sgridatemi, se volete, è sempre buono sentirsi sgridare da chi è maggiore di noi, ma prima guardatemi con i vostri occhi d'indovina…

LORENZA (torna a sedere sul divano. Diana le porge il proprio viso, ch'ella tiene un momento fra le palme) Bella; triste ma bella.

DIANA (impetuosa) Ah, ditemelo! se sapeste come ho sete di sentirmelo dire!

LORENZA (l'interroga con lo sguardo)

DIANA Nel passato, talora m'infastidiva sentirmi chiamare bella. Oggi, oggi assurdamente vorrei essere Venere…

LORENZA (cercando con lo scherzo di placarne la pena, ma senza sviarla) E le armi allora, le armi della prode Artemide, vorreste gettarle?

DIANA A che mi valgono? Hanno perso ogni virtù. Che favola puerile, amica mia!

LORENZA (pensosa) Appunto perchè puerile ha sentor di lagrime, mia povera creatura! (Diana rompe in singhiozzi, le nasconde il capo in grembo) Piangete, dovete averne bisogno… (attende in silenzio che Diana un poco si calmi e risollevi il viso)

DIANA Perdonatemi. In verità, non mi riconosco più. Che cosa v'ha detto Anna? Deve avervi parlato di me, chiesto se mi trovate diversa…

LORENZA Siete voi, ora, l'indovina.

DIANA Tutti quelli che mi vogliono bene mi trovano cambiata, anche se non osano dirmelo.

LORENZA Anna è in pena per voi e nello stesso tempo afferma che v'invidia.

DIANA (si alza; sembra più alta, il capo soavemente gettato verso l'invisibile) Sì, forse sono da invidiare, pur nel mio tormento… (pausa, poi con voce ardente) Sono innamorata di due occhi. Com'è semplice, e terribile! Due occhi, tutta la luce dei cieli in quello sguardo, e tutto il mistero! (fa qualche passo, va ad uno dei mazzi di rose bianche, vi tuffa la fronte, ritorna a Lorenza, che continua a guardarla ammirata) E più nulla mi tocca di ciò che nella vita aveva valore e splendore. Non ho più arte nè orgoglio. Sono una piccola cosa che langue e trema, e mai, mai nella mia vita, che pure già seppe l'amore, i giorni si sono avvicendati così miserandi e così ricchi… Lorenza, Lorenza, guai a me se finissero! (ricade sul tappeto, spossata)

LORENZA (carezzandola piano) Non conosco donna più spontanea e dolce di voi. Vi si direbbe nata soltanto per la felicità, veramente: quella intera e sana delle belle età primitive… (Diana di nuovo singhiozza) No, ora basta. Voi che volete restar bella! (Diana risponde tra le lagrime al sorriso materno) Non vi siete mai risparmiata. Avete tanto combattuto in passato, avete fatto tanto cammino, e non c'era nessuno a sorreggervi, lo so. E miracoloso che abbiate serbato tanta dovizia di calore. Quanto vi dovette costare la volontà appassionata di viver libera!

DIANA (crollando leggermente le spalle) Seppi anche sorridere, poi.

LORENZA Sì. E d'un sorriso senza rancore. Non siete caduta nello stagno dell'ironia. Anche in ciò vi ha salvata la qualità genuina dell'anima. (pausa) Diana, ma perchè, ora, annientarvi così? (pausa) Per amor d'un uomo, anzi, d'un fanciullo! E d'uno che in vero potrebbe esser contemporaneo del pastore amante della dea: imagine di grazia, giunco nel vento, che il cielo lo assista! Vi piace, e capisco. Avete diritto a godere di qualche bel frutto, con semplicità. Ma soffrire? Soffrire, no! Piangere ancora, voi! Spezzarvi la fronte per fare entrare in un'altra quel che probabilmente non le è destinato. Questa vostra magnifica fronte! (ne tocca le belle linee) E forse sottomettervi, vivere d'attesa, d'umiltà! So, so come è capace d'umiliarsi una donna della vostra tempra, quando ama! (silenzio)

DIANA Mia grande Lorenza, in voi ha parlato l'amica generosa, non il poeta. (si alza dal tappeto, va a mettersi a sedere di fronte a Lorenza) Altre voci tentano, come la vostra, di trarmi da questo che sembra smarrimento. Ancor ieri, là dove voi siete, un uomo, un giovine, mi ha ugualmente detto che non devo dimenticar mai il mio potere d'artista. Il suo accento severo m'ha percossa. Era là, proteso, sensi e spirito…

LORENZA (interrompendo) Forse uno che vi ama.

DIANA Fors'anche no. Ma dinanzi alla tristezza che non riuscivo a nascondere, egli ha dominato ogni pena sua, per rivendicare, con parole ferme, l'essenza della mia vita, in una lucente asserzione, quasi una proiezione nella posterità…

LORENZA (le prende i polsi) Ma dunque, dunque!

DIANA (svincolandosi, con passione profonda) Tanto cammino ho fatto, è vero! E non per la gloria! I motivi dominanti nella mia anima sono stati pochi e semplici: la libertà, sì, la fierezza. E l'altro ancora, più sommesso e altrettanto tenace, che è consistito nella vana volontà di salvar gli uomini che amavo dagli errori della loro sorte… Duello eterno fra il mio istinto di carità e il mio intelletto spietato… Iddio, dov'è Iddio?

LORENZA (in un soffio) Forse è nella tragica coscienza della fatalità di quel duello.

DIANA Sì… (cambiando tono) Ma come tutto questo è lontano, oggi, disciolto in mito!… Oggi, voi dovete sentire ch'io son fatta preda d'uno di quegli elementi di cui parlavate dianzi. Una forza crudele e sacra m'ha distrutta e insieme rinnovata, meravigliosamente. L'amore doveva nella mia vita assumere lo stesso volto silenzioso della natura. Così bello. Così indifferente, o sembra, al mio tremore. E che importa dunque se quegli che impersona tale forza, con il suo sorriso fuggevole, con la sua ambigua seduzione, ora di fanciullo viziato, ora di larva, che importa se egli così poco vive la mia giornata, e mi fa soffrire, per una sua aspra legge? Soffre anch'egli, di una nostalgia che non sa vincere, e da cui io non so guarirlo… Più il suo dolore patisco che non il mio…

LORENZA (con un largo gesto della mano verso l'alto e voce profonda) E l'amore.

DIANA (con voce velata) E siamo, l'uno e l'altra, affidati al soffio così fragile di quel suo cuore malato… S'egli una sera chinasse il capo sul mio petto per non più rialzarsi?… (si nasconde il viso; silenzio; risolleva gli occhi in quelli di Lorenza) Se recasse con sè nella notte senza alba quella certezza di amarmi che non mi dà ora, nè mi darà mai? (altra pausa; Lorenza le accarezza adagio una mano, con infinita tenerezza) Una cosa sola io posso contro tanta insidia oscura: farlo certo, in ogni istante che vivo, d'essere, lui, amato. (rimangono in silenzio. Un colpo all'uscio di fondo)

(Entra Endimione con un gran fascio di fiori rossi tra le braccia. Sorride, ma vedendo Lorenza ha un'espressione di lieve contrarietà, subito repressa. Bacia la mano a Diana, le rimette i fiori, s'inchina a Lorenza)

ENDIMIONE Faccio un'entrata un po' teatrale, recando fiori; ma la correggo avvertendo che i fiori non sono miei: li ho trovati nel vestibolo. (bacia la mano alla poetessa) Come state, Donna Lorenza?

LORENZA (trattenendo la mano del giovine nella propria con intenzione cordiale, mentre Diana va nel fondo a disporre i fiori) Come sapete sorridere gentilemente, anche quando non siete contento! Evvia, non arrossite! Forse che non avreste preferito non incontrarmi? (ad un tentativo di protesta del giovine) Voi evitate il più possibile di trovarvi con le persone che vogliono bene a Diana; non molte, ma degne.

ENDIMIONE Se fosse vero ciò che credete, Donna Lorenza, dovreste attribuirlo semplicemente alla consapevolezza della mia nullità, di fronte a voi.

LORENZA Nullità? Mi pare dimentichiate quel che siete per una donna come Diana.

ENDIMIONE (a voce più bassa, guardando fissamente Lorenza, e con tristezza) Voi volete dire: quello che potrei essere, e che non sono.

LORENZA (dopo un breve silenzio, rispondendo indirettamente) Avete un nobile, onesto sguardo. (si alza) Il vostro ritratto avanza?

ENDIMIONE No… E neppure il vostro, mi sembra! Peccato!

LORENZA Bisogna rispettare, e tacere.

ENDIMIONE Voi dite?…

LORENZA L'arte della nostra amica ha valore d'intensità, come ogni suo atto, del resto (parlando si avvicina a Diana, che sta terminando di cambiare i fiori) Avete notato ch'ella, è, in fondo, una timida?

ENDIMIONE Ma sì, stranamente.

LORENZA Beati i timidi, perchè, quando superano la loro natura, compiono prodigi grandi, cose di bellezza vera, colme di vita. Non si deve mai disperare della loro riserva di forze.

DIANA (ha sentito, si volge, le porge una rosa) Vi voglio bene, Lorenza!

LORENZA (l'abbraccia) Cara. (al giovine) Salve! (il giovane s'inchina. Diana accompagna la poetessa, e rientra dopo qualche istante, seguìta dalla Cameriera che prende e porta via i fiori di prima)

(Vengono avanti, vicini. Endimione è pensoso, come chi nasconde una preoccupazione. Diana lo sente ed ha sul viso un'ansia, che, a sua volta, reprime. Sono ambedue tuttavia belli e luminosi, nell'istintiva gioia degli sguardi)

ENDIMIONE Si sta bene qui. La vagabonda Regina, quando un poco si ferma, sa farsi bene la sua piccola tenda.

DIANA (accennando al caminetto acceso) Hai visto?

ENDIMIONE (la cinge col braccio, la conduce a sedere sul divano. Ogni suo gesto è lieve, e nello stesso tempo misurato) Che toni caldi la fiamma ti mette in viso! Scopriti un poco più le spalle. (le apre delicatamente lo scollo, la fa piegare verso il riflesso del fuoco) Senti il tepore? Se chiudi gli occhi puoi immaginare di essere stesa al sole. (la bacia; ella si abbandona, rosea, felice)

DIANA (sollevandosi adagio) Tante sere che non ti vedevo!

ENDIMIONE (seguitando a contemplarla ed a carezzarle la nuda bellezza della gola, con senso d'imperio, ma sempre con grazia) Tu, hai le tue grandi amiche, il tuo grande lavoro…

DIANA (pronta, prendendogli il viso tra le mani) E tu, che cosa hai dietro questo tuo bianco volto, sempre fingendo d'ignorare ch'io vivo ormai di te soltanto?…

ENDIMIONE (col suo sorriso stanco, che non si fa decifrare) Ma se non per altro ti piaccio, forse! Perchè non mi credo a te necessario… (la bacia piano sugli occhi, poi, con altro tono) Dì, anche le mie labbra, così, ti fanno pensare ad un raggio che ti si posi sulle palpebre?

DIANA (rimanendo cogli occhi socchiusi) Come sai farti amare! E come sai farmi vivere, mentre la speranza d'essere amata continua a fluttuare nel mio cuore, così, senza certezza nessuna…

ENDIMIONE (staccandosi quasi impercettibilmente, e con un'ombra negli occhi, mormora:) E ben anche la sorte mia.

DIANA (si solleva, lo guarda, appassionata e sconsolata) La certezza che ti vien da me non conta, nevvero?… (si prende il capo fra le mani. Endimione la riattira a sè confuso. Stanno un momento in silenzio. Diana riprende a parlare, con voce più velata e lenta) Sempre sei rivolto al tuo passato? S'anche mi sorridi e mi carezzi? Nulla è cambiato nella tua realtà profonda, da che m'hai incontrata? (Endimione non risponde, guardando a terra) Ma perchè allora, se così lieve è il mio potere, feci, il primo giorno, il miracolo d'attrarti?

ENDIMIONE Non parlare di questo, Diana. E un segreto del cielo. Il tuo viso appassionato era chino sul mio—credetti destarmi da lungo incubo—la sera mi parve un'aurora nel color di perla che ti stava intorno…

DIANA (in sogno) Tu eri come nato allora… uscito appena dalla terra ardente…

ENDIMIONE (preso dall'evocazione) E la notte che seguì, ricordi? (Diana gli si stringe addosso) La terra era lontana, sì, forse incediata nell'ultimo tramonto…

DIANA Ma avevi su te la freschezza di tutti i suoi prati! Endimione! Endimione! E con gli sguardi, e con le carezze, componesti la più pura sinfonia di gioia ch'io mai avessi nei lunghi miei sogni presentita…

ENDIMIONE Tu m'ispiravi!

DIANA (sempre in un trasognamento spasimoso) Notte senza ritorno! Immensa delizia d'ogni vena, senso sacro d'un dono che ci veniva chi sa da quale remota volontà, accordo perfetto delle due nostre vite così diverse, e fino allora ignote l'una all'altra!

ENDIMIONE Nelle spire della tua chioma stavi distesa, falce lunare, Diana!

DIANA E l'ombra intorno, d'acqua marina profonda, aggravava il silenzio… Su questo tuo volto quasi di fanciulla, correva un grande brivido…

ENDIMIONE Tu avevi negli occhi una luce tanto sovrumana che t'implorai: « chiudili »!

DIANA Nel silenzio, ascoltavo il battito frenetico del tuo cuore… Il tuo cuore batteva adorando, quella notte!

ENDIMIONE E vero.

DIANA Notte senza ritorno! All'alba, tu dolcemente dormivi, io silenziosa piansi. Piansi di ritrovarmi viva. E cominciò l'amore.

ENDIMIONE (insensibilmente si scosta, come ritrovandosi nella realtà, e la voce ridiviene opaca) Lacrime ch'io non raccolsi.

DIANA (quasi gemendo) Fossi fuggita, quell'alba, poi che non ero morta! Ma dovunque sarei stata inseguita dal dubbio d'aver sognato… Ho voluto trattenerti, toccarti con queste mie mani ancora… (gli riprende il viso fra le palme) Soltanto nei tuoi occhi, nel loro fondo silenzioso, riluce la prova che fummo felici!… (nasconde il capo e singhiozza)

ENDIMIONE (dominando a fatica il contrasto interno che lo strazia) Non soffrire così, cara, mi fai male!

DIANA (con impetuosa sommissione) Amor mio, perdonami!

ENDIMIONE (le prende una mano, l'appoggia al proprio cuore perchè ne senta il battito disordinato, e risponde con un sorriso rassegnato allo sguardo dolente di lei)

DIANA (con infinite sfumature di tenerezza nella voce e nei gesti) Perdonami. Dimentico sempre. Potessi prendere il tuo male per me! Non so che dico, perdona, ma ti appartengo tutta, sentimi, sentimi! (s'alza, s'appoggia alla spalliera del divano, impone le mani sul capo del giovine) Amo te, intendi, non me!

ENDIMIONE (getta all'indietro il capo, quasi ad aspirare il profumo delle parole che la donna dice, ma quasi immediatamente si riscuote e, a sua volta, s'alza. Un momento di silenzio. Si pone a camminare su e giù per la scena, mentre Diana resta ferma in piedi) E una condanna senza scampo. (cupo, con viso duro) Altre donne ho torturato freddamente, ma su te, no, giuro che su te non mi vorrei vendicare di ciò che continuo a subire da parte di quel fantasma… (disperatamente) Diana, Diana, non voglio essere io la tua espiazione, se mai tu facesti qualche male nel tuo passato!

DIANA (rigida) Certo ne feci, s'anche senza colpa. E non è l'espiazione, meritata o no, che m'impaura. Ogni giorno ha con sè la sua pena.

ENDIMIONE (fermo in piedi al lato opposto) Libera è la tua anima, e grande. Come hai potuto illuderti d'infondermi la forza che è in te? Come non ti persuadi ch'io non sono se non un povero malato, un meschino incatenato a una sorte due volte traditrice?

DIANA (impetuosa) Non è vero! Non dire! Trasfigurammo insieme il mondo, di già. E tu sei quello che fra le mie braccia vidi creatore di bellezza, puoi far della tua vita e della mia per sempre una cosa sovrana, se vuoi!

ENDIMIONE Sempre! Parola in cui credevo!

DIANA (con mutamento improvviso di tono, guardandolo di lontano fissamente) Talora penso che la tua sia tutta una bella menzogna, guarda, che tu abbia inventata per me, e forse per te stesso, cotesta storia di sortilegio che ti fa invicibile…

ENDIMIONE (con grido rauco) Invincibile e miserabile! (silenzio) Oh, Diana, cara donna che vivi, tu, nell'irreale! Purtroppo la mia non è finzione, no! Il passato che t'ho detto è esistito. E inserito nel presente. E la caparra di domani… (si getta a sedere, spossato, lo sguardo nel vuoto)

DIANA (assorta) Dover così piegarmi ad una specie di adulterio con quest'ombra invisibile e greve… io che non mi son mai trascinata nulla alle spalle, che ho sempre gettato senza esitare ciò che le mie mani non potevano più sollevare in alto!…

ENDIMIONE (accoratamente) Ti lasci a tua volta irretire dall'assurdo! Vedi? Non ci si salva più. Si rimane distrutti. Sono tanti anni che io avrei dovuto, e forse voluto, andarmene lontano, dal lato opposto della terra ove lei è andata, e invece, come avevo promesso, sono rimasto ad aspettarla, ad aspettarla… E ora…

DIANA (ansiosa) Ora?…

ENDIMIONE (riprendendosi) Nulla. (pausa) Avessi avuto da lottare per il pane, o per un'arte qualsisia!

DIANA (con infrenabile amarezza) Ma c'eran sempre donne che t'aiutavano ad aspettare…

ENDIMIONE Mi disprezzi?

DIANA (di nuovo umilmente) No. Ti voglio bene come sei, allucinato e contradditorio, singolare e banale, così assente e così pressente! (si curva a riattizzare il caminetto. Il Giovine ritorna al divano. Diana si siede sul tappeto) Voglio bene al tuo viso, alla tua voce che inconsapevole dice cose crudeli. Voglio bene all'ora che passa mentre tu sei qui. (Il Giovine fa per baciarla, ma essa si sottrae) Non ti giudico, ti sento. Ti sento come una cosa preziosa nella luce della vita, una cosa che non posseggo, su cui non ho poteri, ma che è qui, davanti a me, e l'ora che passa, sì, è mia, è dell'anima mia, ed io te ne fo dono pieno. Amore, prego perchè tu sia felice. (rimane colle mani giunte, con espressione d'estasi intensa)

ENDIMIONE (accosta alle labbra il lembo della veste di lei; silenzio; poi, con voce sommessa) La felicità! E in te, in questa tua ardente bontà. Io non potrò ottenerla mai… Io son fatto di fibre sterili… E bastata un'unica delusione a stroncarmi e inaridirmi… Come lo comprendo, dacchè ti ascolto e ti guardo! (pausa) Diana, che accadrà? Perchè vi sono istanti, vedi, che la pura benedizione della tua tenerezza mi fa paura più di urlo di rivolta disperata… Diana, non presentisci nulla?… Se un giorno… (l'amante gli afferra le mani, lo interroga fissamente con lo sguardo) Se un giorno lei tornasse?…

DIANA (rimane irrigidita un momento, poi, riscotendosi, a voce bassa) Ti ha scritto?

ENDIMIONE No… Lei no… Ma, per caso, ieri l'altro, ho saputo che forse, forse, tra qualche mese, sarà qui… (nasconde il viso fra le mani)

DIANA (si alza, è tutta un brivido) Ha un nome, dunque! E una creatura viva! (silenzio profondo, la donna si muove per le scene come smarrita in una selva) Esiste! Cammina sotto il cielo. E io non ho chiesto mai di che colore fossero i suoi capelli, e se aveva belle le mani, e bella la bocca… (si ferma presso uno dei fasci di rose, vi tuffa il volto con spasimo, a lungo, si risolleva) Era un patire vasto e muto, senza volto, reclino su di sè, simile al dolore della morte… Ora, un senso d'angustia e di miseria mi coglie… Gli spazi si restringono… Combattevo con il mistero… Ora avrò dinanzi soltanto una piccola donna… (silenzio ancora. Endimione ha rialzato il capo, e la vede, distante, alta, bianca) Non mi dire nulla! Aspetteremo insieme. Quando arriverà, ebbene, sapremo se l'ami ancora… (in un rigurgito selvaggio) Potrebbe accadere, del resto, che la nave naufragasse… (subito, con sorriso dolente) Perdona! Son io che vorrei dormire nel lamento delle onde… (si getta lunga a terra. Il Giovine le balza accanto, s'inginocchia, le prende il capo)

ENDIMIONE Non soffrre! Non soffrire! Vivere, devi tu!

(Cala lentamente la tela)

Mare in fondo, agitato sotto un gran cielo corso da nuvole rosse. Mare aperto da un lato, e dall'altro in scorcio il porto, con le antenne delle navi che ondeggiano. Si ode di quando in quando il fischio delle sirene. La scena è nel giardino d'un grande albergo. Da un lato, sul dinanzi, chiosco con sedili e cuscini. Alberi e cespugli, mossi dal vento. Si respira un'atmosfera di tempesta, che viene dal largo a morire tra le fronde del giardino. Ogni tanto attraversa il fondo qualche comparsa: bimbi, giocatori di tennis, vecchie straniere, camerieri. Pomeriggio inoltrato, di marzo.

(Diana ed Anna, sedute su una panca dal lato opposto del chiosco)

ANNA (timida e dolce) La mia Regina attende qualcuno! E qui venuta perchè attende qualcuno! Dal mare? Dall'Oriente? (per farla sorridere) Con bei doni? Me li mosterai?

DIANA (guardando verso la città) Chi sa se saranno doni…

ANNA Il tuo biglietto, stamane, come mi ha fatto felice! E come sei stata buona a ricordarti ch'io mi trovavo qui.

DIANA Sì, m'è tornato in mente durante la traversata, e anche il nome di quest'albergo…Anna, piccola cara! Io aspetto qualcuno che mi ha preceduta d'un giorno e che è venuto ad incontrare una persona che doveva oggi arrivare dal mare, da lontano, sì…(si alza, fa qualche passo per calmare la propria ansietà, strappa da un arbusto una foglia di lauro, l'assaggia) Amara!

ANNA Gli antichi masticavan così il lauro per indovinar la sorte.

DIANA E poi? A che giova sapere? Io sento turbinare nel vento oggi quel che è accaduto e quel che accadrà, e già devo accettarlo come giusto, benchè ancor sia l'ignoto. (torna a sedere; Anna le accarezza i capelli)

ANNA Io son troppo givoane perchè tu possa confidarti con me…Come recarti sollievo? Sebbene, sebbene talora i giovani sappiano intendere più limpidamente degli altri, no? (Diana fa cenno di sì col capo, le sorride) Dov'è Lorenza nostra? Sempre nell'isola? (ancora Diana afferma col capo) Ti ricordi il giorno che la trovai nel tuo studio, l'autunno scorso, e volli restar sola un poco con lei? Osai dirle…oh, delle sciocchezze, ma che tuttavia per me, allora, erano cose serie, e n'avevo la mente sconvolta… Sai? Pensavo al suicidio!…(Diana si scuote, sorpresa) Già. Un senso di vuoto, di inutilità, la stanchezza preventiva d'ogni cosa. (si alza, cammina agitata dal ricordo, va verso la scogliera, nello sfondo, si affaccia sul precipizio) La morte: un salto giù da qualche rupe paurosa come questa. (pausa, poi, con altro tono) Calma e dolce, Donna Lorenza, con poche parole, ma come delicate, ma come accorte! seppe risuscitare quel povero, povero resto di desiderio di vivere che era ancora in fondo al mio essere…(commossa, dà un'occhiata verso l'albergo, poi ritorna presso Diana) Senti…lo dico a te, e mi pare così di dirlo anche a lei che non c'è. Senti… Forse presto mi fidanzerò! (Diana teneramente le prende le mani, gliele fa battere a plauso, si alza, la bacia, passeggiano a braccetto) Guarda com'è festoso il cielo, malgrado il giorno sia tempestoso! E primavera. Rimarrai, Diana? Mi farai il ritratto in un bosco d'aranci, ch'io so, e lo intitolerai: “La piccola felice”.

DIANA Una piccola che sente come la vita è grande.

ANNA Sì. (le dà un fiore) Ti coglierò tante rose, stasera. (tornano a sedere; silenzio; vento)

DIANA La sorte! Questo annunzio bello, oggi, dopo uno triste, avuto sul battello, per caso…Conoscevi anche tu il Duca dell'Ariccia, lo scienziato?

ANNA S'è spento di malattia, l'altro giorno, lo so, nel suo vecchio palazzo. Era una stanca anima di corsaro… Non proverà più la sferza del vento…(pausa, poi, con impeto) Oh, Diana, come mi sento giovine! (s'alza di nuovo, ritta dinanzi all'amica) Vorrei veder felice te pure, e tanto più di me, perchè sei più grande, e soprattutto perchè sei più buona…

DIANA Che ne sai?

ANNA So! A me non riuscirebbe di tanto perdonare, agli uomini e alle cose, e di conservare, poi, cotesta forza tua d'amore. Come sei bella, mentre attendi e taci!

DIANA Ho un presentimento strano, d'una gioia che non oso sperare, infinita, e insieme tremo, perchè?… Appariranno in due or ora, nel sentiero? O verrà soltanto una parola, per dirmi di non aspettare più?…(s'interrompe, s'alza di scatto, vedendo avanzarsi lentamente, dal fondo, Endimione; rimane ferma; anelante; Anna, lieve e rapida, fugge via)

(Endimione viene sul dinanzi, dominando il turbamento che gli traspare dal viso. Guarda Diana con intensità, in silenzio. Poi va a sedere nel chiosco, e accenna a lei di andargli accanto. Diana esita, ritta sotto l'arco di verdura, indi adagio prende posto sul sedile. Non staccano lo sguardo l'uno dall'altro. L'aria intorno sembra quasi voler placarsi per proteggerli).

DIANA (dopo che Endimione le ha preso una mano) Tu sei pallido…(cedendo all'angoscia) Che hai, che hai? Tu stai male…

ENDIMIONE (con voce velata) No, ora no. (le accarezza una ciocca di capelli. Diana istintivamente vorrebbe sottrarsi, egli le riprende la mano con fermezza) Per strada, dianzi, ho avuto come un capogiro, ma non ti spaventare, ho dovuto fermarmi, ma non è stato nulla, via. Ora mi sento bene. (Diana fa per ascoltargli il cuore, ma egli le impedisce l'atto e le tiene imprigionate le mani. Continuano a non lasciarsi con gli occhi) Vedi, anche il vento s'è calmato un poco.

DIANA Non parlare, ti stanca….

ENDIMIONE Diana, c'era qui Anna con te? Come il primo giorno…Lei ti chiamava Regina…

DIANA (supplichevole) Non ricordare, oggi!

ENDIMIONE Oggi…(con l'antica aria trasognata) Che cos'è oggi?… (riprendendo a fissarla con sguardo sfavillante) Tu vuoi sapere di oggi, Diana. Tu agonizzi nell'attesa, mentre mi preghi di tacere! Ed io mi diverto come sempre, anche oggi, ad assistere al tuo tormento, nevvero? A prolungarlo! Da tante ore tu cerchi di raffiguararti che cosa può esser stato quell'incontro, laggiù in quell'altro albergo, presso il porto… (Diana svincola le mani, si nasconde il viso per l'insostenibile pena. Endimione prosegue, quasi realmente godendo del supplizio che infligge) Quell'incontro ch'io sognavo, da quanto tempo?…(fa per alzarsi, ma ricade sul sedile, con una contrazione di spasimo nel volto, che Diana non vede. Silenzio, durante cui il giovine si ricompone. Diana solleva di nuovo gli occhi. E ancora Endimione le afferra le mani) Sai?…Non è più lei…(Diana sussulta) E entrata, l'ho guardata, impietrito…Era come una forestiera…Lo stesso viso, pure. Forse neanche sfiorato da tutti'questi anni. E la voce uguale. Eppure, non è più lei! M'ha detto qualcosa, tremava, forse non ha mai cessato di amarmi, ma a chi parlava? Diana, Diana, ella parlava come durante il mio sonno di tanto tempo, intendi? Il sonno che chiamavo malìa…Ma io, io non dormivo più, oggi! Io mi son svegliato proprio ritrovandola…(si alza, appoggiato allo schienale. Diana resta rannicchiata, tremante, gli occhi sbarrati) Mi sono svegliato e il cuore s'è messo a battere forte, un po' troppo, e poi a farmi male…Io lo sapevo, questo lo sapevo, che al mio cuore oggi sarebbe accaduto così, che la gioia l'avrebbe soffocato…Ma la gioia, ascoltami, Diana, non era per lei, era per te!

DIANA (con un gran grido) Ah!

ENDIMIONE (con un crescendo d'esaltazione che non gli fa più sentire il male) Te ho pensato, te ho sentito, te sola! Ti amavo dunque, Diana? (le cade ai piedi, le bacia le ginocchia) Ti amavo! (un gran silenzio) Ti ho amata sempre, e lo ignoravo: o volevo ignoralo? Non so più. Quanto strazio, mio e tuo, per quei lacci che finalmente oggi mi con caduti dall'anima! Come può accadere che uno vaneggi per anni e poi d'improvviso rinsavisca? Un uomo, che povera e stolta cosa! E io non ero neppure un uomo, e tu me lo dicevi. Eccolo ora il tuo bimbo, qui ai tuoi piedi…

DIANA (ancora non può abbandonarsi a tanta realtà e chiede in un soffio) E lei?…Non la vedrò? Non verrà da me?…

ENDIMIONE (grave) No, non verrà, non v'incontrerete. Quando ha veduto che le mie mani non si tendevano, ha compreso…Non ha tentato nulla. E bastato. In pochi attimi silenziosi, tutto è stato rievocato e superato. E io non ho avuto bisogno di chiederle conto d'un altro silenzio, nè lei ha sentito di dover domandarmi nulla. E sparita. (tace per qualche tempo, poi, quasi a se stesso:) E stata come l'ultima visione fuggiasca del mondo a cui io più non appartengo…E son corso qui.

DIANA (chinandosi per abbracciarlo e sollevarlo, sente finalmente il battito a stormo del cuore malato) Amore, ma il tuo cuore ha male!

ENDIMIONE Sì. Non importa. Baciami. (la trae imperioso, si baciano in bocca, lungamente, si staccano, pallidi) E…se questo bacio ci ha riportati alla nostra notte nuzial…se tutto il dolore ch'è stato, prima e dopo d'allora, è cancellato da questo bacio che ho potuto arrivar a darti, amore, dì, che importa ch'io muoia?

DIANA (perdutamente) Tacil

ENDIMIONE (con voce sempre più lenta ma dolcissima, il volto estatico) Ah! Ora sei tu la bimba! Cara, cara. Guardami con i tuoi occhi innamorati! Mia Regina! Vedi, sono felice. Cogli sul mio viso la luce di questa sera. Io sono ora quegli che tu hai voluto, sono la creatura tua, non più terrena…

DIANA (le rigano la faccia due grandi lagrime) E vero? E vero? Come sei bello!

ENDIMIONE Due perle sulle tue guancie. Lasciale cadere a terra. Il mare te ne porterà delle altre. Ricordi il primo giorno, quella collana di gemme rosse con cui giocavi? E mi dicesti, cara voce che aveva un murmure così sereno, mi dicesti che povera era la storia mia… Volesti arricchirmi. Quanto m'hai dato! Io prendevo, prendevo…

DIANA (cullata dall'accento amoroso, si abbandona alla dolcezza infinita dell'attimo, sorride, e quasi scherzando interrompe) Non dormiva dunque Endimione?

ENDIMIONE Ecco il tuo divino sorriso sopra al pianto! (le mette rapido un bacio sugli occhi) Dormivo, ma pur sentivo! Ah, potessi ringraziarti in quest'unica ora per tutto il tempo che non lo feci! Potessi avvolgerti di felicità come questo vento tra i rami! E tu sentissi che nulla andò perduto!

DIANA Questa tremenda dolcezza ch'è nelle tue parole, mi prostra, m'annienta…

ENDIMIONE Tu, ch'eri così grande nella sofferenza! Sappi accogliere intero il gaudio sopraggiunto, non ti sottrarre, Amore! E la ricompensa folgorante di tutto il passato. Dammi i tuoi occhi, io non ne ho più paura, vedi, li sostengo…(pausa) Lo sapevi d'avermi così penetrata l'anima? Io, che ero tanto fragile cosa, vicino a te! Io, che avevo un sorriso tanto pallido! E la tua mano, questa piccola odorosa facitrice di meraviglie, non si stancava di additarmi l'intenso lume di bellezza ch'è nell'universa vita…Ma nulla era più bello del tuo tremore, se mi guardavi sperduta, come ora.

DIANA Mio, sei mio?

ENDIMIONE Son tuo. Cosa posso dirti? Lo sono come tu lo eri quando io ti sfuggivo…(È scesa la sera; in cielo s'accende qualche stella. C'è anche uno spicchio di luna, ma essi non lo vedono. Il Giovine reclina il capo sulla spalla di Diana e tacciono un poco)

ENDIMIONE (rimanendo appoggiato a lei) Diana, è vero, che tu, alta contemplatrice delle sorti umane, tu, che fervente riconosci anche nella sventura un'occulta forza armoniosa, è vero che desiderasti morire quella notte nostra lontana?…

DIANA (turbandosi) È vero, ma perchè me lo chiedi?

ENDIMIONE Diana, anch'io penso ora che sarebbe stata una grazia del cielo morire dopo il nostro incontro, nell'alba perfetta del nostro amore…

DIANA Ma anche la vita che poi patimmo fu un dono.

ENDIMIONE Come tale la senti? Tutto mi hai perdonato?

DIANA Mio amore!

ENDIMIONE Diana, e se il mio destino fosse di scomparire dalla tua zona di luce in quest'altra ora benedetta?

DIANA Taci!

ENDIMIONE Perchè? Sarebbe in un'ora benedetta…E tu potresti accettarlo con minor strazio che in qualunque altro istante…

DIANA Taci!

ENDIMIONE Cara. Povera piccola cara. Tutti le chiedono d'essere sempre più grande. Perfino il suo Endimione, che prima non voleva da lei il suo eroico amore, che cosa sta ora per esigere?…

DIANA (cade in ginocchio) Non è vero! Devi tacere! Devi riposare! Non farmi urlare! Anche l'aria s'è chetata. È primavera. Avremo tante rose…

ENDIMIONE Nulla supererà mai la fragranza profonda di questa sera, ricordati, amata. (si stende lungo sul sedile, in atto d'infinita stanchezza. Mette un braccio sotto il capo, nella posa della prima volta che Diana lo vide)

DIANA L'aria è calma, ma con qualche brivido…Le nubi vanno e vengono.

ENDIMIONE (lentamente, come assopendosi) Vorrei vederti nel tuo gran mantello d'argento…L'hai portato? Va a cercarlo. E cerca anche di Anna, tornate qui insieme. (essa fa per muoversi, egli la trattiene, le carezza il capo) Capelli morbidi e cari! Se fossimo nel bosco, li scioglieresti e ci copriremmo con essi… Sorridi, amata!

DIANA (si alza e lo contempla) Riposa, mio Amore! (con gesto dolce della mano saluta ancora, mentre s'allontana tra il verde. Endimione con lo sguardo appassionatamente la segue. Quando più non vede fra le fronde il vestito bianco di lei, si alza lento, si appoggia al sedile, è pallidissimo, respira a stento, viene fuori dal chiosco. Parla, rivolto al punto dove Diana si è dileguata, con voce esile, ma chiara)

ENDIMIONE Ti sia risparmiata la mia agonia…Ch'io ti rimanga negli occhi come mi scorgesti la prima sera! (adunando tutta la sua volontà, si dirige verso la scogliera, sale sul muricciolo di cinta, apre grandi le braccia verso il cielo, e si getta nel vuoto)

CALA, DOPO UN SECONDO, IL SIPARIO

FINE