FRAGMENTI
Di alcune Scritture

DELLA SIGNORA
ISABELLA ANDREINI
Comica Gelosa, & Academica Intenta.

Raccolti da
FRANCESCO ANDREINI
Comico Geloso, detto il Capitano Spauento,
E dati in luce da Flamminio Scala Comico,
e da lui Dedicati

ALL' ILLVSTRISSIMO
SIG. FILIPPO CAPPONI.

Con licenza de'Superiori, & Priuilegi.

IN VENETIA, M DC XXVII.

Presso Gio. Battista Combi.



DIrà V. S. Illustrissima, Patron mio, che hà che far Flamminio Scala, con Francesco Andreini? & io le risponderò, che ambidue si accordano nell'esserli deuotissimi seruitori, onde non è merauiglia, che hauendomi egli dato facoltà di disporre di questi Fragmenti, io à lei gl'inuij, & sotto la sua protettione gli faccia vedere; essendo questo tanto più ragioneuole, quanto ella hà fauorito sempre benignamente l'arte Comica à spada tratta, protegendo chi l'essercita. Signor mio picciol dono, è inditio di molta cognitione dell'humanità di chi deue riceuerlo, & segno euidentissimo, che maggior cosa non hà, che donare

seruo deuoto; io per me vorrei poterle donare vn Regno, & per interesse di V. S. Illustrissima, & mio molto più: Souengali mio Signore, che il mare non sdegna il tributo de i piccioli ruscelli, onde ella coll'immensa vastità della cortesia, & benignità sua, accetti la deuotion mia, & conseruandomi quella gratia, della quale per sua bontà la mi hà fatto degno, assicurisi, che io le viuo affettuosissimo, & affettionatissimo seruitore, & le fo riuerenza, desiderandole da Dio somma felicità.

SOpra la dignità de gli amanti. 11

Sopra le passioni dell'odio, e dell'amore. 17

Se ogni amato conuien che ami. 23

Sopra il Medico, & il Leggista. 28

Sopra le morti d'Amore. 36

Sopra l'arme, e le lettere. 41

Sopra la febre amorosa. 48

Sopra il cambio dell'anime. 54

Sopra la Comedia. 58

Sopra il fascino de gli occhi. 64

Sopra la Tragedia, & il Poema Heroico. 69

Sopra il modo di disamare. 73

Sopra l'amor coniugale. 77

Sopra la forza d'amore. 82

Sopra i giuramenti. 86

Sopra l'amor honesto. 89

Sopra il biasimo d'Amore. 95

Sopra, che non è Amor senza godere. 103

Sopra il vedere, & pensare in amore. 109

Sopra il seguire, & fuggire amore. 114

Sopra del vero amore. 119

Sopra l'amar più altrui, che se stesso. 124

Sopra i pensieri amorosi. 129

Sopra la gelosia in Amore. 134


Sopra i rimedij d'Amore. 139

Sopra i saluti amorosi. 144

Sopra la sospetione amando. 149

Sopra l'amare altamente. 153

Sopra il finger d'amar vna, & amare vn'altra. 161

Sopra l'idolatrare amando. 168

Sopra vn'amoroso suenimento. 174



ATtilio, e Diotima. Tacito, & Amasia. Furio, & Istrina. Arturo, & Erinna. Manlio, & Eudosia. Alessandro, e Corinna. Amilcare, e Diotima. Curio, e Nicostrata. Diomede, & Ersilia. Pompeo, & Artemisia. Eurialo, e Sapho. Eurimaco, e Lesbia. Tarquinio, & Hippodamia. Leocrito, & Arianna. Telamone, & Helena. Lissandro, e Prasilla. Tiberio, e Criseida. Celio, e Tullia. Aurelio, e Geneura. Pirro, e Mutia. Pario, e Talesia. Claudio, e Targelia.

Flessippo, & Aspasia. Eliodoro, e Teossena. Troilo, e Marcella. Mario, e Costanza. Euandro, & Eudosia. Liuio, e Deianira. Valerio, e Fedra. Aristomene, e Martesia. Palamede, e Cleopatra.



BEnigni Lettori, sò, che non mancheranno lingue alquanto pungenti, intorno a queste mie poche fatiche, lequali non sapendo altro, che dire, diranno, che non sono tutte mie, e ch'io doueua lasciar stare le fatiche altrui: Alche rispondo, e dico, che con le mie sono annesse alcune poche scritture, auanzate alla felice memoria d'Isabella Comica, et Academica Intenta, mia moglie; dellequali m'è parso seruirmene a gloria sua, per non lasciarle in poter della Fortuna; Queste mie poche fatiche sono tutte amorose, e d'honesto amore sempre ragionano, per non apportare al mondo, & per non introdurre cattiui costumi, e perche sopra delle Scene, e nelle Comedie si tratta sempre

con qualche piaceuole scherzo, e piaceuole metafora per dar diletto; hò voluto à quella sembianza andar honestamente scherzando in questi miei Amorosi Contrasti; liquali potrete alcuna volta per diporto leggere alla presenza delle vostre honoratissime Gentildonne; & quando pure cotai lingue non volessero quietarsi, potrete loro dire in mia diffesa, che i morti sono quelli, che fanno parlar' i viui; e ch'io mi sono ingegnato d'hauer vita da loro, come tutti gli altri scrittori fanno, togliendo da questo, da quello, e da quell' altro, & leggiadramente applicando, e tanto basti. Viuete lieti, e felici.

Di Mantoa il dì 28. d'Aprile 1616.

Vostro affettionatiss. seruitore

Francesco Andreini Comico Geloso,
detto il Capitan Spauento.



Attilio, e Diotima.

Att.BEn trouata la Signora Diotima la bellezza di cui mette in fugà tutti gli amorosi miei tormenti nell'istesso modo, che il giorno mette in fuga i sogni della notte.

Diot.Ben venuto il Sign. Attilio, all'apparir della cui bramata presenza sento, che tutti questi miei spiriti si mettono in punto per andarsene a lui, nè sò, chi prima di loro aprirà le porte del mio sen oper lasciarmi.

Att.O care, o grate parole, che mi fanno con ragione desiderar d'esser quella terra, doue ponete il piede, & me felice se fatto terra, potessi sostenerui, che all'hora potrei dire di sostener più nobil peso, che non sostiene Atlante.

Diot.Deh cara mia vita, perche bramar questo, quando non potete hauer forma a me più grata di quella, che il ciel vi diede, con tanto vostro honore, e con tanta merauiglia, e contento di chi vi mira? A che bramar d'esser terra per non esser huomo; quando per benefitio dell'huomo, e la terra, e tutte le cose, che nella terra sono, furono create? Se terra foste, & voi, & io sariamo priui di contento: Voi perche sendo terra sareste priuo di senso, e di ragione onde non potreste sentir quella infinita allegrezza, che dite di sentire per l'amore, ch'io vi porto: io perche sendo voi terra non potrei esser da voi cambieuolmente amata, ilquale amor cambieuole, m'è di tanta consolatione, che in questa vita non posso hauer la maggiore, e di tal consolatione sarei priua, perche le cose inanimate (come meglio di me sapete) possono ben' essere amate, ma non possono mai esser'amanti.

Att.Con le vostre parole, Signora mia, voi m'aprite così ben l'intelletto, ch'io voglio interamente dar bando a così fatto desiderio. Non posso già, e non voglio bandirne vn'altro, che in me viue continuamente.

Diot.Si può saper per gratia questo desiderio, al quale non volete, e non potete dar bando?

Att.A voi, che siete ogni mio bene non debbo io celare alcuna cosa: sappiate, ch'io desidero, che tutti gli huomini sieno e ciechi, e sordi, perch'io non vorrei, che altriocchi, che i miei godessero della vostra bellezza, nè altre orecchie, che le mie delle vostre parole.

Diot.Troppo inhumano, e tropp'empio è questo vostro desiderio: onde non men del primo douete da voi sbandirlo: anzi che doureste a mio giudicio, bramar, che tutti gli huomini, che mi vedono, e che m'odono, hauessero più occhi d'Argo, e più orecchie della Fama.

Attil.Questo sarebbe vn bramar'il mio male, e la mia morte.

Diot.Anzi questo sarebbe vn far conoscere il vostro giuditio, & vn'accrescer le vostre contentezze.

Attil.In che modo Signora?

Diot.Ogni volta, che molti con molti occhi mi vedessero, confessandomi bella (come dite, che ogniuno, che mi vede, è sforzato di confessare) bisognerebbe insieme, che vi dessero lode di giuditioso, amandomi, per la qual cosa ue ne seguirebbe honore, & contento: Similmente vdendomi ragionar accortamente (per dir quello che vi piace dir di me) n'acquistereste altretanta lode, & altretanto contento.

Attil.E ben vero Signora; ma voi non considerate, che tutti quelli, che vedendoui, & vdend oui per bella, & per giuditiosa ui conosceriano: onde mossi dalla cognitione di tanta eccellenza, che in voi si scopre, sariano sforzati ad amarui, e come foste amata da tanti, io viuerei in continuo tormento; sapendo che vna cosa, che a molti piace, difficilmente si può guardare.

Diot.Se gli huomini per conoscermi bella, & eloquente potessero farsi del merito vostro, forse ci sarebbe qualche pericolo: ma come non sarà mai, che appresso di me alcuno meriti al paro di voi, così non sarà meno, che io ami altr'huomo che voi.

Att.Se babbiamo a parlare di meriti, Signora Diotima parliamo de vostri: ma che dich'io? chi sarà tanto ardito, che voglia entrare in cosi vasto Oceano? io nò: poiche son certo, che prima sarebbe possibile ritrarre il numero delle stelle, che fregiano i cieli; De gli augelli, che popolano l'aere: De pesci, che vanno scherzando per l'onde, e de i fiori del cui il vago, e ridente Aprile dipinge la terra, che mai ritrarre il numero di quei meriti, che nascono dalle sùe virtù innumerabili, & incomparabili.

Diot.Se alcuno ha da spauentarsi per ragionar de i meriti altrui, io debbò spauentarmi a parlar de vostri; Poiche i vostri meritisono tali, che l'intelletto considerandoli, dentro vi si smarrisce; la fantasia imaginandoli, nel souerchio dell'oggetto si perde: la memoria rimembrandoli, tutta vi si confonde: l'occhio v'abbaglia, l'orecchio vi stordisce, la voce suanisce, e la lingua diuenta mutola; Sì, ch'io non posso mai meritar tanto, che voi d'auuantaggio non meritiate.

Attil.S'io merito più di voi Signora, non merito come Attilio, ma come amante; poiche l'amante è più degno dell'amata.

Diot.Piano Sign. Attilio, perche cosi parlando veniremo all'armi, come Attilio mi contento, che meritiate più di me, e sò che e vero: ma come amante non voglio acconsentirlo, perche io porto openione, che l'amata sia più degna dell'amante, si come è più degno l'esser amato che l'amare.

Attil.In questo il mio parere è contrario a quello di V. S. & credo quanto a me, che sia migliore: Vdite la ragione: Tutte le cose agenti sono più degne delle patienti, l'amante in amore è l'agente, e l'amata la patiente, dunque l'amante è più degno dell'amata.

Diot.Confermo la maggiore, e nego la minore: Io sò che gli agenti sono più degni de i patienti: ma non voglio già dire, che l'amante sia agente, & l'amata patiente; anzi al contrario vi dico, che l'amata è l'agente, e l'amante il patiente; E si come non è dubbio, ch'è più nobilissimo quegli, che moue, che quello ch'è mosso; cosi non è dubbio, che l'amata è quello, che moue, e genera l'amore nell'animo dell'amante.

Attil.Ditemi Signora chi merita più nel regno d'amore quegli che per amor continuamente s'affatica, e quegli che ne'suoi seruitij otioso si viue?

Dioti.Forse, che chi viue otioso è di maggior beneficio ad Amore, perche s'ei nasce d'otio, chi viue nell'otio, non lo fa per altro, che per dar vita ad amore, & accrescer la sua possanza.

Attil.Qual Protagora v'insegna ragioni tanto sofistiche?

Diot.Io burlo Signor Attilio: Quegli più merita, che più s'affatica di viuer'otioso? E qual cosa è più biasimeuole dell'otio? certo che si come l'acque stagnanti, se non sono mosse, putride diuentano, & il ferro per lungo otio diuenta ruginoso, cosi s'arruginisce, e si putrifà quella mente che nell'otio sepolta si viue; Nell'otio non risplende mai raggio alcuno dell'ingegno nostro; anzi ch'egli è la morte dell'istesso intelletto, & più biasimo debbono bauer gli otiosi, che i vitiosi: Perche se i vitiosi si spogliano della ragione, & adoprando col senso si fanno simili a gli animali brutti, gli otiosi si spogliano, e della ragione, e del senso, & a i sassi, & a tutte le altre cose inanimate nello stupore, e nella pigritia si fanno conformi.

Attil.Confessando questo, confessate ancora, che sia più nobile, e più degno l'amante, che l'amata, come quello che sempre s'affatica per amore, & l'amata non mai.

Diot.Auertite Signore, che quelle de gli amanti non sono attioni, ma passioni: E posto, che fossero attioni, non sapete voi che tutto quello, che l'amante pensa, dice, & fà: lo pensa, dice, & fa in virtù della cosa amata? Ah Signor Attilio volete dunque, che sia più nobile il seruo del padrone, e l'effetto della cagione?

Att.In fine, non si può contrastar con voi, Signora, io mi confesso perditore.

Diot.Nè voi hauete perduto, nè io hò vinto, la vittoria è comune, Perche ogn'vno di noi in virtù d'Amore è tanto amante, quanto amato, anzi amandoci noi cambieuolmente, come facciamo, veniamo ad esser vno, e quattro. Vno per la conformità de i pensieri, duo per gli oggetti differenti, & quattro, perche seno ogn'vno di noi, & amante, & amato, veniamo veramente ad esser quattro: Dunque se ognuno di noi è amante, & amato tanto è meriteuole l'vno quanto l'altro.

Att.O cara vnione, o gloriosa vittoria, che non meno honori il vincitore, che il vinto.

Diot.Orsù sia terminato il ragionamento, e non termini mai l'amore, à dio.

Attil.Conseruatemi vostro.

Tacito, & Amasia.

Tacit.SIgnora: ecco il vostro fedele, & infelicissimo seruo, che humilmente vi chiede pietà delle sue pene.

Amas.Dite più tosto (e direte il vero) Amasia ecco colui, che sotto sembianza d'amico, t'è mortalissimo nimico.

Tacit.Ohimè anima mia, perche chiamate voi nimico colui, che v'ama più della pupilla de gli occhi suoi?

Amas.Chi procurasse di leuarui la vita, non l'haureste uoi per nemico Sig. Tacito.

Tacit.Signora sì:

Amas.Mentre che voi m'amate, non mi amate voi con intentione, ch'io v'ami?

Tacit.Ogn'vno, che ama, ordinariamente procura d'esser riamato: ond'io seguendo l'vso di tutti quei, che amano, altro non desidero, & altro con fatica non procuro, ch'esser amato da voi.

Amas.Se così è, (come sò che è) voi vi dichiarate molto maggior nimico, che non si dichiarerebbe nemico colui, che cercasse di leuarui la vita.

Tacit.Fate digratia cara Signora, ch'io intenda la ragione di questo vostro sottillissimo argomento.

Amas.La ragion è in pronto: la libertà è vn dono tanto singolare, che viene anteposto alla vita; Tosto, che amor'entra in noi, tiranneggiando vccide la nostra libertà: Hora desiderando, e procurando voi di farmi dar luogo ad amore desiderate, e procurate insieme, che la mia libertà rimanga morta; per la qual cosa ne segue, che mi siate nimico, e nimico tanto più crudele, quanto è più degna la libertà della vita.

Tacit.Gran sottigliezze v'insegna la crudeltà Signora mia.

Amas.Anzi pur la verità mio Sig. la quale molte volte risplende ancora nella bocca de gli ignoranti.

Tacit.Di niuna cosa siete ignorante, saluo, che della mia passione, la quale non volete mai, che venga a vostra notitia per non ricompensarmi.

Amas.Le cose, che si formano con l'imaginatione non appariscono: la vostra passione è vna passione imaginata, e s'ella è imaginata non apparisce, e s'ella non appare, io non posso vederla, e s'io non la vedo non posso crederla, e se non la credo, non son tenuta a ricompensarui.

Tacit.In fine Signora in tutte le vostre parole si conosce l'odio grande, che mi portate, se l'odio non è minore passione, che l'amore, volendo voi dar luogo ad vna passion d'animo, che non lo date voi più tosto a quella dell'amore, che a quella dell' odio?

Amas.Quando fosse vero, che l'affetto, ò la passione dell'odio (come dite) fosse cosi grande com'è quella dell'amore, forse, che in vece d'odiarui v'amerei: Ma perche la passione dell'odio è molto minore, che la passion dell'amore, e leggend'io di duo mali il più leggiero, parmi, che l'elettione sia fatta con giuditio.

Tacit.Io hò detto, che la passione dell'odio non è minore di quella dell'amore: Ma hora meglio discorrendo dico la passione dell'odio esser molto maggiore di quella dell'amore: E che sia vero, l'amore molte volte si conuerte in odio, e l'odio non mai in amore: Dunque se l'odio vince l'amore, l'odio è d'amor più possente.

Amas.Par bene, che diciate il vero: ma realmente voi dite il falso: non è l'odio, che vinca amore: ma è l'istesso amore, che vince amore, perche nessuno quand'ama rimane giamai d'amare, che per cagione d'amore.

Tacit.Se mai fuoco per fuoco non si spense, nè fiume fù giamai seco per pioggia, com'esser può, che si possa disamare amando? Credetemi Signora, che per disamare bisogna odiare.

Amas.Non dite così Signor Tacito: perche è cosa tanto brutta, quanto grande l'odiar quelle cose, che si sono altre volte amate. Non con l'odio si vince amore; ma con l'istesso amore. Perche ognuno, che rimane d'amare lo fà solo in virtù d'un maggior' amore, il quale sia uolto, o uerso se stesso, ò uerso altrui, nell'istesso modo, che un luogo illuminato non può esser priuo di luce, se non per mezo dell'istessa luce, che quando parte in luogo da lei illuminato per lei diuien'oscuro.

Tacit.Riduceteui per gratia in memoria quanti, e quali terribil'auuenimenti nà prodotti, e tuttauia produce l'odio, e trouerete, che egli s'oppone sempre ad amore, e quasi sempre lo uince.

Amas.Non lo vince mai, se non nel modo, ch' io v'ho detto: l'ombra, il male, l'odio, e simili sono per loro stessi niente, e niente operar non possono, e tutto quèllo, che sono, & operano, sono, & operano in uirtù de i loro contrarij, e senz'essi non si trouano: Ecco senza il corpo non è l'ombra: senza il bene non si conosce il male, e senza l'amore non si può sapere ciòche sia l'odio, poiche l'odio derriua dell'amore, da sua cagione, onde ne segue, che l'amore sia molto maggior dell'odio.

Tacit.Con vostra pace Signora Amasia non credo, che ogn'odio derriui d'amore, come dasua cagione, poi che si trouano di quelli, ch'odiano persone, che non hanno mai vedute, non che amate.

Amas.Sono varij gli amori, ond'è da sapere, che quest' odio ancora derriua d'amore; il quale è amor di se stesso: i nostri Genij si conoscono in un subito trà di loro, e conoscendosi contrarij si sforzanó quasi ad odiar molte volte persone da noi non più vedute.

Tacit.Se questi Genij hauessero quella forza, che dite, ogni odiato odierebbe; il che non segue: anzi al contrario si uedono molti, che odiati à morte, amano sopra tutte le cose quelle persone dalle quali sono odiate, & non occorre (miserome) ch'io uada mendicando essempi lontani.

Amas.In quanto alla contrarietà de i Genij, veramente sì, ch'ella dourebbe cagionare, che ogni odiato odiasse, e se ciò non segue cred'io che sia perche l'huomo, ben che inclinato dalle stelle, (che sono in noi questi Genij) non è però sforzato l'huomo anzi può quando vuole sforzar le stelle; Et vno, che si veda odiato, se si risolue di non curar l'odio dell'amata, e d'amarla sempre con lealtà, e seruirla fedelmente, viene à poco, à poco à vincer quella mala inclinatione, & à disporre l'amata ad amare: ouero se amando è odiato; conuien che sia, perche i corpi celesti alcuni sono imperanti; & altri obedienti; Se vno ama, & in vece d'esser amato è odiato, conosca subito quel tale, che i suoi segni sono obedienti, e quelli dell'amata imperanti: Ma perche le Sfere si volgono, e stanno in continuo moto, girando i cieli, quei segni ch'erano prima imperanti si fanno obedienti; onde se l'amante perseuera nell'amare in virtù della sua perseueranza, e di questa mutatione de gli Orbi celestine viene cambieuolmente amato.

Tacit.Queste vltime, & valide ragioni m'hanno tutto consolato: Dunque io non mancherò d'amare, e di seruir sin tanto, ch'io superi la contrarietà di quella stella, che m'è nemica, e che i miei segni hora obedienti, si facciano col girar delle sfere imperanti, si che voi mia bella, e cruda nemica siete costretta col tempo ad amarmi.

Amas.Io son donna, e non sfera, hò il cor di carne, e non di marmo, e s'egli è vero, che. Non è si duro cuor, che lagrimando. Pregando, e amando tal'hor non si moua. Nè si freddo voler, che non si scalde. conuerrà, ch'anch'io ceda ad amore: Ma se per esser i miei segni imperanti, & i vostri obedienti voi amate me, & io odio uoi, per l'istessa ragione, quando i vostri saranno imperanti, & i miei obedienti amand'io voi, sarò da voi odiata, il qual odio mi sarà tanto più acerbo da sopportare, quanto che l'esserciterete contro di me, e per inclinatione fatale, e per desio di vendetta.

Tacit.Chi hà fatto l'habito ad amare non può odiare: Non v'affanni questo dubbio Sign. mia, che non sarà mai, ch'io non v'ami, & siate certa, ch'io non serberò mai memoria dell'offese, & s'io me ne ricorderò, non potrò meno hauer pensiero di vendicarmene.

Amas.Se cosi ha da essere, io prego Amore, che volga di sua propria mano le Sfere, & faccia il lor corso più veloce, che quello del primo Mobile, affine che nel breue spatio di ventiquattro hore, ò meno, io diuenga amante, e voi si ate felice.

Tacit.Che occorre cara Sign. che Amor le volga, quando, che voi con la forza del vostro volere potete volgerle.

Amas.Orsù Sig. Tacito, io non voglio più tormentar me stessa, ne i vostri tormenti: eccole volte affatto, & eccoi miei segni obedienti, & i vostri imperanti: Dunque i vostri commandino.

Tacit.Non commandano, ma supplicano, che siate mia.

AmasE vostra sono, e credetemi certo, che hora, non comincio ad esser vostra poich'è gran tempo, che uostra mi fece il vostro merito: E se mi vi sono mostrata contraria, non l'hò fatto per altro, che per far proua della vostra fermezza.

Tacit.Proua troppo pericolosa Signora, con tutto ciò sempre mi sarà cara, poi che nella consideration del perìcolo ci è la sicurezza d'amore.

Furio, & Istrina.

Furio.BEn trouata la Signora Istrina, che si può veramente chiamare il bello della bellezza.

Istrin.Ben venuto il Sign. Furio, che si può con ragione chiamare il perfetto della perfettione.

Furio.Egli è vero Signora mia, ché si come il forte Alcide pose Abila, e Calpe all'Oceano per segno, che non si poteua passar più oltre, cosi Natura pose nella tranquilla, e serena vostra fronte quei duo begli occhi, oltre la bellezza de quali non è chi possa passare.

Istrin.Confesserò per non vi far bugiardo, che si come Alcide pose quei due monti per termine all'Oceano, cosi Natura pose nella mia fronte quest'occhi per termini di bellezza: ma si come infiniti Nauiganti hanno varcato oltre quei termini, cosi molte, anzi infinite donne hanno passata quella bellezza, che la Natura mi diede.

FurioBenche molti habbiano passatii termini di Alcide, non è però ch'altra donna habbia possata la vostra bellezza: Bellezza che m'hà indotto di maniera ad amarui, ch'io posso dir con ragione d'esser fatto la vera Metropoli d'Amore, il quale sprezza ogn'altro albergo per habitar nel cuor mio, conoscendo ch'egli è più d'ogni altro fido, & più d'ogn'altro amante.

Istrin.Se le parole, che m'hauete più volte dette non son false, quest'honore che vi ascriuete non è vostro, ma mio; perch'io sono la vera Metropoli d'Amore.

Furio.Io v'hò detto sempre il vero: Ma realmente noi siamo duo come siamo, non può essere che Amore habiti in voi, & in me; Perche vn Prencipe non può essere in duo luoghi in vn medesimo tempo.

Istrin.Se vogliamo considerar Amore come vn Dio possente, e diuino com' egli è, diremo, che può a guisa del Sole esser in vn sol punto in ogni parte: ma se vogliamo considerarlo altramente, non può essere in più d'vn luogo in vn sol tempo: ma voglio tornarui in mente quello che m'hauete detto, e poi vi farò conoscere, ch'io sono la vera fede d'Amore: Ditemi Signor Curio, non mi hauete voi mille volte detto, che mi portate nel cuore?

Furio.L'ho detto, lo dico, & lo dirò sempre, perche è così.

Istrin.Me ne allegro, e ve rendo gratie; voi dite, che siete la Metropoli d'Amore, perche Amore si compiace più di voi che de gli altri suoi fedeli, à guisa d'vn Rè, ò d'vn Prencipe, che per molte Città che possegga, si compiace più d'vna, che di tutte l'altre; onde quella è chiamata sua Metropoli, non è così?

Furio.Signora sì, ma veniamo al punto.

IstrinHora benche il Rè, od il Prencipe sia nella sua Metropoli, non però l'occupa tutta: ma solo alberga nel suo Palazzo, e di quel Palazzo non scieglie se non vna stanza, vero è che scieglie la più degna, & la più commoda per sua particolar habitatione; Hora albergando Amore in voi, non tutto occupa; ma solo si viue nella più bella, e degna parte, che in voi sia, & a lui più conueniente; la quale senza dubbio è il vostro cuore; Hora viuendo io nel uostro cuore, e quiui fermata l'habitatione mia, perche Amore senza l'aiuto mio albergar non vi potea, io gli apersi il seno, oue egli postosi felicemente, & viue, & regna, ond'io posso con ragione chiamarmi la vera Metropoli d'Amore.

Furio.Questa dolce gara, questa cara tenzone mi fà chiaramente conoscere l'amor, che mi portate, benche di questo io non sia mai vissuto in forse, perche dall'hora, ch'io cominciai ad amarui, fui certo, che in virtù dell'amor mio sarei stato cambieuolmente amato, essendoche io sò che ogni amato necessariamente riama.

Jstrin.Si finge, che li duo Amori, Erote, & Anterote procurano, gareggiando, di leuarsi la palma di mano, non per altro, che per auuertir l'amante, e l'amata a procurar la palma del ben'amare: Ma s'io u'amo, non vorrei, che credeste, che forza alcuna mi spingesse a farlo, perche il douere non si ritroua in amore: Sono bene alcuni, che affermando quello, che credono, dicono di sì, fondando principalmente le loro oppenioni sù quel verso di Dante, che dice.
Amor a nullo amato amar perdona.
Perche non si ritroua Giudice in amore che punisca quelli, che amati non riamano.

Furio.Amore nasce dalla similitudine, & la similitudine non è altro, che vna medesima natura in più cose; Dunque la medesima similitudine, che inuita, e sforza l'amante amata, inuita, e sforza l'amata ad amar l'amante.

Istrin.Queste vostre ragioni hanno alquanto del verisimile, ma dubito che non sia il verisimile d'Agatone, il quale dice, che hà del verisimile, che possa alcuna volta auuenir cosa, che non habbia del verisimile, alle quali rispondo, e dico, che doue hà luogo l'esperienza non occorrono altre ragioni. Quanti ci sono che ardentemente amando, non solo non sono riamati, ma mortalmente odiati? infelicità, che trappassa tutte quelle, che in amor si sopportano. Se ogni amato riamar douesse, non si sentirebbono tutti i Poeti di tutte le lingue lamentarsi, non meno delle loro Donne che d'Amore.

Furio.Tutti gli amanti hanno l'immagini delle donne amate scolpite nel cuore, talche l'animo dell'amante, anzi l'amante istesso è quasi vno specchio dell'amato; e da questo nasce, che riconoscendo l'amata se stessa nell'amante, è forza, che lo riami (ohimè) se noi amiamo vna tela, vn marmo, vn legno, vn bronzo, o simili, oue sia l'imagine nostra, o dipinta, o scolpita, quanto maggiormente ameremo vn cuore, & massimamente vn cuor gentile, in cui non finta, ma vera uediamo la sembianza nostra?

Istrin.Per mostrar, che ogni amato non sia sforzato a riamare, dice lo Stagirita, che quando l'amante ama solo, quello si chiama amor semplice, e morto; E che quando ama accompagnato quello si chiama amore cambieuole, & viuo, e che all'hora l'amante uiue con due vite, per le quai parole conosciamo, che si può amar solo, & accompagnato.

Furio.L'amar alcuno non è altro, che un torre se stesso a se mèdesimo, e darsi ad altrui, cioè all'amato: Dunque gli amanti non sono di lor proprij, ma de gli amati; Dunque gli amati amano gli amanti, nè si può dire in contrario, perche ogn'uno naturalmente ama, e tiene care le cose sue.

Istrin.Questa conditione Signor Furio passa tra l'amico, & l'amico, e non tra l'amante, e l'amata: E che sia vero tra l'amore, e l'amicitia non ci è altra differenza, se non che l'vno non richiede l'amor cambieuole, & l'altra sì, nell'amicitia bisogna necessariamente, che l'uno amico ami l'altro; ma nell' amore questa necessità non è necessaria.

Furio.Io voglio confermar quanto V. S. dice, & rallegrarmene insieme, conoscendo, che l'amore (che bontà vostra mi portate) nasce non dall'obligo, non dalla forza, ma dalla uostra volontà, e dalla gentilezza, a cui sarò perpetuamente obligato.

Istrin.Dalla mia volontà, e dal vostro merito insieme è nato l'amor mio, e credete, che questa mia nobil fiamma viuerà ancora nelle ceneri miè, poiche la bella cagione, che l'accese sarà sempre l'istessa.

Arinna, & Arturo.

Erin.BEn trouato Signor Eccellente: ben trouato colui, che d'altro non gioisce, che della miseria mia, e del mio male.

Artu.Di gratia Signora lasciatemi stare, ch'io per me v'hò tanto in fastidio, che se voi haueste la febbre non vorrei ne anche toccarui il polso.

Erin.Questo m'importerebbe poco, perche ne trouerei de gli altri, che me lo toccherebbono: Ma l'importanzaè, che della mia amorosa infermità solo voi Medico mio pietoso potete sanarmi.

Artu.Se così è, voi per me sarete sempre inferma.

Erin.Maggior fasto, o maggior alterezza uoi non potreste hauere quando ancora voi foste Leggista, non che Medico.

Artu.Non sò tanti fasti, nè tante alterezze, Signora, sò ben questo, che son più nobile essendo Medico, che s'io fossi Leggista.

Erin.Meglio sarebbe per me, che voi foste Leggista, che forse hauereste pietà de' mei tormenti.

Artu.S'io fossi Leggista vi condannarei alla morte, perche non mi deste più noia.

Erin.Sì quand'io fossi rea di morte, e che le leggi a ciò mi condannassero; Ma ritornando a quello che hauete detto intorno all'essere come Medico più nobile, che se voi foste Leggista, diccui, che voi come interessato portate questa opinione: ma che altri con voi la porti, non lo posso credere: Perche se l'antichità arguisce nobiltà, non è dubbio, che il Leggista è più nobile dell'Artista, essendo più antico: imperoche innanzi la creatione dell'huomo furono discacciati, i superbi dal Cielo; il che non fu altro, che vna essecutione di giustitia, & perche l'essecutione, e la punitione soppongono la legge, bisogna dire che sin'allhora hauesse hauuto origine la legge, come fu creato il Mondo fu data la legge al Mare, alle Tempeste a i Venti; Subito poi, che fu creato l'huomo li fu data la legge, vietandoli di gustar i frutti, che gustar non doueua, sotto pena della morte; E tuttauia in quei tempi non haueua hauut' origine la facoltà de gli Artisti, non la Medicina, perche non era ancora introdotta l'infermità, nè u'era bisogno di conseruarsi in sanità, non essendo all'hora di temer del contrario, bastando solo per la conseruatione d'ogni bene d'osseruar la legge data: Non faceua meno dibisogno in quei tempi la Filosofia, perche non era necessario l'andar considerando dalla causa all'effetto, essendo ogni cosa manifesta all'huomo primo; Dunque la scienza legale per l'antichità delle leggi debbe esser più nobile.

Artu.Poiche noi siamo entrati in disputa conuerrà pur ch'io vi risponda, e rispondendoui ch'io vi veda più di quello ch'io non vorrei: Ricordateui Signora, che la cognitione delle cose eterne è sempre più nobile di quella che conosce le corruttibile, per tanto son più nobili le cose conosciute perpetue, di quelle, che non sono perpetue: Quella facoltà, che ragiona delle cose eterne è detta scienza, & quella, che ragiona delle cose corruttibili è arte: ma così è, che la facoltà de gli Artisti, e particolarmente le Filosofie sono scienze, e le leggi non sono scienze, considerando le cose particolari, & corruttibili, si come anch'i Leggisti confessano di considerar sempre casi particolari. Adunque la facoltà de gli Artisti è più nobile.

Erin.La Medicina, & altre arti sono nate dal difetto, c'hanno veduto gli huomini nell'humana natura; al quale hanno cercato di supplir artificiosamente; Et perciò si dice, che l'arte imita la natura, anzi supplisce al suo difetto: La Filosofia poi è nata, perche vedendo gli huomini gli effetti, entrarono in merauiglia, & in desiderio di saperne le cagioni; onde la facoltà de gli Artisti è stata inuentione de gli huomini, e quella de i Leggisti de gli alti Iddij da i quali son venute le prime leggi, però segue che la facoltà de i Leggisti sia tanto più eccellente, quanto sono più degni gli alti Iddij de gli huomini terreni.

Artu.Se la Medicina è nata dal difetto, c'hanno veduto gli huomini nell'humana natura, e le leggi sono state trouate per la necessità de i cattiui, tanto che e quella, e queste saranno inuentioni de gli huomini: ma se il soggetto più degno fa ancorala facoltà più degna, si come è chiaro; Perche quella de gli Artisti hà materia più degna, seguiva, ch'ella ancora sia più degna, ilche sarà manifesto se vederemo di che cosa ella ragiona, e circa a che si uersa: Quello di che ragionano le Filosofie scienze proprijssime del Medico si sà, che è tutto il mondo, ilquale e naturalmente considerato dalla natural Filosofia, cioè in quanto mobile, o per generatione, o per corruttione, o per augumento, e diminutione, o per alteratione, o per moto locale; Per ciò considera la natura de i Cieli, circa all'essenza loro, e circa a i mouimenti, fa mentione de gli Elementi, e delle loro mututioni, dimostra come se ne fa il misto perfetto, discorre circa le cose animate d'anima uegetatiua, come le piante; di sensitiua come de gli Animali, d'intellettiua come l'huomo, & più oltre passando và fino alla cognitione de' felici habitatori del Cielo.

Erin.Quietateui Sig. Arturio, & considerate che il dar le leggi è atto di maggioranza, e modo di farsi conoscere per superiore, e la maggioranza arguisce potenza, e la potenza arguisce dignità.

Artu.Se per potenza vale, voi sarete sempre più degna di me, hauendo di me maggior potenza.

Erin.Così haueste uoi tanto naturale, & buono intelletto, che potesse penetrarla a pieno.

Artu.Ben che la natura m'habbia dotato d'assai buono & gagliardo intelletto naturale, non credo però, ch'egli potesse bastare a co sì fatto offitio.

Erin.Et però non uolete metterui all'impresa, certo, e sicuro che ne rimarreste abbattuto, & vinto: Matorniamo a noi; Signor Medico non è da dubitare, che il bene uniuersale è più eccellente del particolare, & che se vna facoltà ha per fine di conseruare il bene vniuersale, eccede indignità quella c'hà per fine di conseruar il bene particolare; ma tali sono le leggi, il fine delle quali è la conseruatione della Republica, che è bene vniuersale; rispetto alla conseruatione, che viene dalla facoltà de gli Artisti; attesoche il Medico introduce la sanità in vn particolare; E ben che paia introdurla in tutta la Republica (e però è detto huomo publico) nondimeno si può dire che l'introduce in particolare poi che riguarda imediatamente il bene particolare, e mediatamente il publico; male leggi riguardano imediatamente ben publico, e mediatamente il particolare: Oltre di ciò si può dire, che il fine del Medico è bene particolare, & incerto, essendoche non sana vniuersalmente, & sempre: ma le leggi sempre, & vniuersalmente conseruano, dunque sono più degne.

Artu.Due parti sono in noi, anima, e corpo, all'vna, & all altra delle quali dà la natura, quella maggior perfettione che può: ma spesso manca in tanto, ch' è di necessità adoperar l'industria humana, e perfettione del corpo la sanità del corpo, & è perfettione dell'anima, la sanità dell'anima. Se la natura da conueniente sanità naturale, bisogna cercar di conseruarla, & s'ella manca naturalmente in qualche parte, bisogna cercar di racquistarla, il che si fà con la Medicina, qual si versa circa il corpo humano in quanto, che può introdurre, e conseruar la sanità: la Filosofia poi (che come ho detto) è propria della medicina, è quella che dà capacità all'anima per mezo dello studio, e l'induce a discacciar il uitio, & introdur la virtù, la qual virtù è vera sanità dell'anima, e conseguentemente uera perfettione: Veggasi vn poco se il leggista è buono a far questo, la prima cosa egli non ha parte nella sanità del corpo; Se dice, d'hauerla nell'anima gastigando i vitij, io dico di nò, perche le leggi, benche spauentino, e benche diano punitione, non per questo fanno virtuoso vn'animo maligno, & vitioso, conciosiache l'astenersi dal vitio per timore, non si può mai chiamare virtù, la facoltà dell'Artista dunque è vna medicina dell'anima, e del corpo.

Erin.E la scienza legale anch'essa è medicina dell' anima e del corpo: dell'anima discacciando il vitio, & introducendo la virtù per mezo della Filosofia, sopra la quale è fondata; del corpo preseruando le Città dalle ingiurie, da gli homicidij, e da altri danni del corpo: Ma concludiamo il nostro duellare, dicendo, che quella facoltà è più da essere apprezzata, ch'è più gioueuole: ma tale è la facoltà del Leggista, dunque è più degna; Et ch' ella sii più gioueuole leggasi Platone, il quale dice ch'era da infonder ài mortali l'amor delle leggi, e della giustitia, percioche senza legge non è Republica alcuna, nè picciola compagnia d'huomini, nè ancora picciola casa, che possa conseruarsi: Et Marco Tullio dice, che la legge è vn vincolo delle Città, vn fondamento di libertà, vn fonte d'equità, la mente, l'animo, il consiglio, il parer della Città. E che si come i nostri corpi non possono senza la mente seruirsi delle membra, del sangue, e dell'altre parti, così la Città non può seruirsi delle sue parti senza le leggi: Et chi non vede, che senza le leggi, l'audacia humana anderebbe tanto vagando, che tra gli empij non sarebbe sicura l'innocenza? Ond' è necessario, che i possenti maligni siano costretti dalle leggi, come da freni, e da ceppi di ferro: Mancando la ragion ciuile, non è alcuno, che possa sapere qual cosa sia sua, ò qual d'altrui, quello che s'hà d'hauer dal Padre, e quello, che s'habbia dalasciar a i figliuoli, & finalmente senza le leggi nessuna cosa rimarrebbe concorde tra noi mortali, & poi non sapete, che i Medici come inutili, anzi dannosi sono stati da certi Popoli discacciati dalla Republica?

Artu.Se i Medici furono già discacciati dalla Republica, come inutili, furono ancora richiamati con loro vtile, & honore come profitteuoli. Signora sò che voi sapete, che la varietà d'alcuna cosa è inditio della sua imperfettione: le leggi variano, e la scienza de gli Artisti non varia, dunque perfetta è questa, & imperfette son quelle. Che la scienza de gli Artisti non varij, non occorre dubitare perch'ella è cognitione delle cose eterne, fatta per mezi eterni, & per ragioni permanenti: la varietà delle leggi si vede chiarissima, poiche secondo i varij Imperatori le istesse leggi Imperiali sono state derogate, e mutate, & l'istesse tutto dì per gli statuti delle città particolari si veggono di molto alterate: Si conosce poi la varietà loro, secondo la varietà de i popoli, e de i luoghi; onde si può senza dubbio dire, ch'elle siano varie, & per conseguenza imperfette, rispetto alla facoltà dell' Artista ferma certa, & perfetta.

Erin.Le leggi, benche varijno, contenute ne i loro principij, e nelle loro regole, sono però sempre l'istesso, & permanenti, come l'oro, il quale benche lauorato diuersamente, è pur sempre il medesimo oro: Ma dato, che la varietà sia inditio d'imperfettione, chi varia più della Medicina, percioche variano i medicamenti secondo la diuersità delle complessioni, dell' età, de i tempi, de i luoghi, e delle occasioni.

Artu.Io m'auuedo, che questo ragionamento non haurebbe che dire, cosi à voi non mancherebbe che rispondere: Per terminarlo dunque vi dico, che con tutto, che voi siate bella, gratiosa, & letterata non sono mai per amarui.

Erin.Voi non volete amarmi come quello, che godete del mio male, & veramente, che non sareste Medico, quando che non godeste dell' altrui male, poiche l'altrui male è vostro proprio bene: Ma io prego il Cielo, che mantenga gli huomini, e le donne sempre sani, & particolarmente in questa città, accioche voi non possiate per l'abbondanza de i poueri infermi arricchirui giamai.

Artu.Et voi possiate esser sempre mai tale, che nessuno vi debba amare.

Erin.Più tosto cieco, che indouino.

Eudofia, & Manlio.

Eud.SIgnor Manlio mi rallegro della uostra sanità, e che non siate morto, come publicamente si diceua.

Man.Fù pur troppo vera la mia morte, & ancora semiuiuo mi trouo, anzi per dir meglio sono morto affatto.

Eud.Voi mi fate venir voglia di ridere, dicendo d'esser morto, poiche i morti non parlano, & non si muouono, & voi pur tuttauia parlate, & vi mouete: hora come può stare questa vostra viuente morte?

Man.L'amante comincia à morire, all'hora ch'egli comincia ad amare, poiche l'animo suo, nel suo proprio corpo si muore viuendo nel corpo d'altra persona.

Eud.Di gratia andiamo adagio con questi vostri termini moribondi, che se bene mi ricordo di quello c'hò sentito dire, mi pare, che questa vostra morte, che andate accennando, sia vna morte dolce, e soaue.

Man.Amore è chiamato dolce, amaro; essendo l'amore volontaria morte, & come morte è cosa amara, ma come volontaria è dolce, & soaue, onde benissimo diceste Signora Eudosia.

Eud.Tanto, che voi siete morto in voi stesso, & viuete in altri di vita dolce, e soaue: felice uoi, poi c'hauete hauuto in sorte di morir così dolcemente, & simile al Cigno, che muor cantando, come si dice.

Man.Signora mia, la cosa non stà come voi l'andate descriuendo, & per scherzo raccontando, poiche a me è interuenuta più trista sciagura.

Eud.Come sarebbe a dire che?

Man.Muore amando chiunque ama, perche il suo pensiero dimenticando se stesso, solo nella persona amata si riuolge, & viue.

Eud.Questa è non meno ridicolosa della prima: Io non hò mai vdito dire, che l'huomo possa dimenticar se stesso, nè morendo viuer in altri come andate dicendo.

Man.Se bene u'andate infingendo di non intendere, tuttauia poiche così volete u'anderò ageuolando la materia per farui in tutto, e per tutto capace di quello, che non volete capire, hora attendete: l'amante che non pensa di se, certamente non pensa in se, & però tal animo non opera in se medesimo, conciosia, che la principal operatione dell'animo è il pensare.

Fud.Se la principale operatione dell'animo è il pensare, come dite; come non può l'animo pensar di se stesso, se il pensare è sua propria operatione?

Man.Colui, che non opera in se, non è in se, perche queste due cose insieme si ragguagliano: poiche non è l'essere senza l'operare, non opera alcuno dou'egli non è, e douunque egli opera iuiè, adunque non è in se l'animo dell'amante poiche in se non opera: S'egli non è in se non viue ancora in se medesimo; chi non viue è morto, & però è morto qualunque ama, od egli viue in altri.

Eud.Comincio à poco, à poco à capir la parte, ma non capisco il tutto.

Man.Se vorrete capirete ogni cosa.

Eud.Sì perche non si dà vacuo in Natura; Ma prima che ad altra dichiaratione si venga, ditemi di gratia, perche vi chiamate voi morto affatto, & come siete morto affatto? A me pare che il morire affatto sia quando l'anima dal corpo si diuide, e che il corpo cadauero rimane.

Man.Vna sola è la morte nell'amor reciproco, e le ressurrettioni sono due perche chi ama muore vna volta in sè quando si lascia; risuscita subito nell'amata, quando l'amata lo riceue con ardente pensiero: Risuscita ancora quand' egli nell' amata finalmente si riconosce, e non dubita di non esser riamato.

Eud.Per quello, ch'io m'auuedo Signor Manlio voi ardete d'amoroso fuoco, per ciò andate cosi minutamente d'amor trattando, e tanto più lo credo, quanto, che, nel principio del nostro ragionamento diceste ch'errauate morto affatto: Il che se cosi è, voi amate d'amor semplice, perche amor semplice si dice esser quello quando l'amante non è riamato; E stando in questo termine non viuendo in voi, non viuete ne anco in Acqua, nè in Fuoco, nè in Terra, nè in corpo di brutto animale: ma meglio sarebbe per voi, che viueste nel fuoco come la Salamandra, che nell' ardenti fiamme si conserua, & viue.

Man.Dunque non prima che hora Signora Eudosia vi siete auueduta dell'amor mio?

Eud.Ogni altra cosa mi sarei pensata in voi, eccetto che passione, & effetto amoroso.

Man.Perche Signora non son'io persona che merita d'esser amata?

Eud.Non dico incontra: ma dico bene che il vero oggetto d'amore si è la bellezza, e questo basti.

Man.Voi m'offendete con la consequenza, & hauete il torto, perche quando io non meriti d'esser amato per bellezza, merito almeno per hauer saputo elegger persona degna d'esser amata per gratia, e per beltade.

Eud.E chi è questa Signora cotanto bella, gratiosa, e cotanto auuenturata?

Man.Voi siete quella: se bene fingete di non auuederui dell'amor mio.

Eud.S'io son quella che voi amate, in confermatione di quanto hauete detto, voi siete morto affatto, poiche non uiuete in me, nè in niun' altra cosa.

Man.M'assicurate voi di questo?

Eud.ve ne assicuro, & ve ne accerto.

Man.Se cosi è come voi dite, io posso giustamente chiamarui ladra, micidiale, & sacrilega: ladra perche m'hauete rapita l'anima, micidiale, perche m'hauete morto non riamandomi, & sacrilega perche hauete profanata la legge d'Amore, la quale vuole che ogni amante riamar si debba, & come rea di morte doureste esser di tre morti condennata, & morta.

Eud.Questo non dich'io: Ma s'io ui riamassi, che ne seguirebbe.

Man.Che ne seguirebbe? ne seguirebbe la mia vita, anzi vna doppia vita, essendo questa restitutione molto debita nel render l'anima à chi la si tolse, & potrei dire: O felicissima morte, alla quale seguitano due vite: O merauiglioso contratto, nel quale l'amante dona se stesso per altri, & ad altri, e se non lascia, & non abbandona: O inestimabile guadagno, quando duo in tal modo vno diuengono, che ciascheduno de i duo per vn solo diuenta duo, e come raddoppiato colui, che vna vita haueua intercedente vna morte hà già due vite; imperoche colui, che sendo vna volta morto, due volte risorge, senza dubbio per vna vita due vite, & per se vno, duo se racquista.

Eud.E s'io non vi riamassi, che n'auurrebbe?

Man.Ne seguirebbe (non dirò la morte amorosa narrata) ma realmente la mia morte: vna morte disperata, anzi vna doppia morte, perche disperatamente vccidendomi, vcciderei in vn'istesso tempo, e l'anima, & il corpo insieme.

Eud.Et s'io vi tenessi sospeso, & in forse, che partito prendereste voi?

Man.Viuerei con speranza d'esser da voi col tempo riamato, poiche la speranza gli amanti gia mai non abbandona, sperando che l'amor nostro debba esser cambieuole, ò per gli ascendenti, ò per i Pianeti benigni ò per li Genij, ò per le complessione tra di noi simili, e concordi.

EudOrsù per terminar questo nostro ragionamento, & per mantenerui in qualche speranza, non essendo di douuto, che in vn subito io mi risolua, & all'improuiso d'amarui, ò di non amarui, dicoui che in questo mentre, che voi anderete trouando la verità di queste vostre platoniche openioni, che io parimente anderò pensando se debbo amarui, ònò.

Man.Non occorrerà, che voi mettiate in dubbio quelle cose, che ci sforzeranno ad amarci cambieuolmente.

Eud.Signor Manlio, i Pianeti inclinano, ma non sforzano.

Man.Se non vi sforzeranno, vi sforzerò io.

Eud.Me ne rido, perch'è passato il tempo de i Paladini, & voi non siete vno di quelli.

Corinna, & Alessandro.

Corin.BEn trouato Sign. Capitano Alessandro: il cui valore auanza il valore di quel Magno, del quale degnamente portate il nome.

Ales.Ben venuta Sig. Corinna, la cui sapienza supera il sapere di quella famosa Greca, della quale meritamente porta il nome.

Corin.Foss'io pur tale, che vorrei col mio sapere, e col mio scriuere renderui immortale.

Ales.Io vi ringratio, Signora, ma senza, che voi duraste questa fatica, sono di già più che humano, anzi fatto immortale, essendo come io sono Capitano d'essercito di soldati a piede, & a cauallo.

Corin.Veramente grande è la dignità del soldato, ma a me pare, che maggiore sia quella del letterato.

Ales.Signora, voi hauete sinistra opinione: Sono i letterati quelli, che non sono così degni come i soldati, perche l'armi (come si sà) sono più antiche delle lettere; E se per l'antichità quelle cose che sono più antiche, sono insieme più nobili, l'Armi furono ritrouate prima, che fosse creato l'huomo, e le lettere dopò, dunque l'Armi sono più degne, & per consegnenza più degno il Capitano del Dottore.

Corin.Hor questo non dich'io; ma si bene, che l'armi cedono alle lettere, come a quelle che sono d'esse più degne; la vera nobiltà è quella che derriua dalla virtù, la quale s'acquista per le lettere, e non per la militia, che hà solamente per fine la vittoria piena di sangue, di rouine, e di morti, & in oltre l'huomo nasce con molte imperfettioni, alle quali rimediano le lettere, e non l'armi, dunque le lettere debbono esser più apprezzate dall'huomo.

AlesL'armi furono ritrouate in Cielo, e le lettere in terra, dunque sono dell'armi più nobili.

Corin.Adago Signor Capitano; mettiamo la contesa nostra in termine, & poi vi diremo sopra; Ma bisogna prima, che occorra alcun patto (come occorse tra Rodomonte, & Isabella) tra di noi, accioche s'io perdo mi tocchi a star di sotto, & a voi di sopra come vincente.

Ales.Che patti hanno da esser questi? Et intorno a che materia hanno da versare?

Corin.I patti sono questi che s'io ui prouerò, che le lettere sieno più degne dell'armi, che voi siate in obligo d'amarmi, oue m'odiate.

Ales.E se voi non me lo prouate, che sarà poi di voi?

Corin.Quello, che piacerà al mio Signor Capitano: il quale tiene assoluto impero sopra di me.

Ales.Larga cortesia è la vostra: alla quale non voglio esser ingrato, cominciate dunque.

Corin.A voi ne vengo Signore, e dico, che i beni, che si acquistano per le lettere sono più degne, che quelli, che s'acquistano per l'armi, perche non ci possono esser tolti, e non soggiacciono all'instabil voler della Fortuna: ilche non fà la militia il fine della quale è incertissimo per esser sottoposto alla fortuna.

Ales.Chi espone la vita per la Patria è più degno di lode, che chi non l'espone: Il soldato s'espone ad ogni pericolo per la patria, & il letterato se ne viue sepolto ne suoi volumi; Dunque il soldato lo supera in dignità.

Corin.Le lettere sono qualità dell'anima, e l'armi sono qualità del corpo, & come il corpo cede all'anima, cosi le lettere eccedono all'armi: la felicità di questo mondo consiste nell'hauer cognitione di tutte le cose, la quale cognitione acquistandosi per le lettere, e non per la militia, ne segue, che le lettere siano assai più nobili dell'armi.

Ales.Quando vna cosa hà bisogno dell'altra, e, che l'altra non ha bisogno dell'vna, non è dubbio, che quella che hà bisogno è inferiore di dignità: perche vna cosa perfetta consiste nel non hauer bisogno di cosa alcuna: l'armi non hanno bisogno delle lettere, ma le lettere dell'armi per acquisto delle hore otiose dello studio, & per conseruatione di quelle, adunque sono inferiori all'armi.

Corin.Il sommo bene s'acquista per lo sapere, il saper s'acquista per le lettere, e non per l'armi, dunque le lettere sono dell'armi più degne.

Ales.Le cose naturali sono più degne dell'artificiose, e non solo perche procedono l'antichità, di tempo, ma ancora perche sono guidate dall'intelligenza della natura, la quale ha per costume di non errar mai: Hora l'armi sono naturali, & questo si vede ne gli Animali bruti, i quali per lo più nascono armati, chi di denti, chi di rostro, chi di artigli, chi di cuoio, chi di squame, chi di veleno, e finalmente chi d'vna cosa, e chi d'vn'altra, e le lettere sono artificiose, dunque l'armi preuagliono alle lettere.

Cori.Io hò sempre udito dire, che non il soldato, ma il letterato è quello che domina le stelle, ilche ci dimostra la maggioranza, che tengono le lettere sopra l'armi.

Ales.Costei comincia a farmi toccar le corde dello steccato; onde bisogna rincalzarla gagliardamente, & abbatterla: Poco giouerebbe a i letterati il dritto, e giusto modo delle leggi, se la spada non lo facesse osseruare: Ligurgo grandissimo legislatore disse non esser cosa più vtile alla Republica della Militia, & per questo egli faceua essercitar gli Spartani in questa nobilissima arte, onde poi si seppero difendere dall'innumerabile essercito di Xerse.

Corin.Questo Capitano è huomo forte, robusto, gagliardo, e di buon neruo, onde durerò fatica a resisterle contra, purè con tutto ciò mi dà l'animo di vincerlo, e di straccarlo: Archita Tarentino dice, che la sapienza è tra tutte le cose humane la più eccellente, & ch'ella è appunto come il veder tra i sensi, nell'anima la mente, e tra le stelle il Sole, & Platone disse, che solo l'huomo sapiente doueua reggere, e gouernar le città, e di più dice, che non possono esser felici quelle città, doue l'huomo sapiente non signoreggia, e l'arte della guerra non solo non ha parte nell'humana felicità, ma più tosto è contraria a quella.

Ales.Nella famosa città di Roma fu dall'Oracolo d'Apoline, eletto Curtio valorosissimo Caualiero per liberar la Patria dalla voragine, & pure in quel tempo fioriuano infiniti huomini eccellentissimi nella profession delle lettere, atteso che Pitagora, e Numa Pompilio vi haueuano sparsa la loro degna filosofia: la degnità dell'armi si può conoscere, se non da altro, almeno da questo, che gli Antichi tanto giuditiosi non vollero lasciarla senza qualche particolare honore: onde elessero Marte, e Bellona per loro Protettori, nè si troua che le lettere habbiano giammai hauute queste prerogatiue: credo Sign. che hormai comincierete ad arrenderui.

Corin.Io non m'arrenderò mai, ma toccherà bene a voi a piegar l'Asta, è cosa chiara, che doue domina la fortuna, iui l'intelletto poco gioua, e, doue l'intelletto non preuale, iui è manifesto segno d'imperfettione; Hora qual cosa è più dominata dalla fortuna della militia; E qual cosa hà più bisogno dell'intelletto, e più lo manifesta delle lettere? Dunque le lettere preuagliono all'armi; Quì bisogna vn gran scanso di vita, a fuggir questa punta Signor Capitano.

Ales.Quella professione è più eccellente, che al suo professore acquista titoli più eccellenti; Vno che attenda alle lettere per molto studio, che vi faccia se non s'addottora non acquista titolo alcuno, & se si addottora acquista nome d'Eccellente, e se publicamente segue leggendo a lettura principale vna quantità d'anni, acquista nome d'Illustre, & questo è il maggior titolo del letterato; Ma il professor della militia acquista subito nome di strenuo, et s'è soldato a piedi, che è il men degno grado della militia in dieci anni si fà nobile, & s'è huomo d'arme in meno: Ad un Capitano, o Colonello d'huomini d' arme si dà dell'Illustre, et a un Generale da Mare, o da Terra si dà dell'Eccellentissimo: onde sono più eccellenti l'armi delle lettere, & per concluder, ui dico, che tanto più vaglino l'armi delle lettere, quanto più vagliono i fatti delle parole: Signora mia parate ben con la vostra Rotella questa imbroccata.

Corin.La mia Rotella gli rinturrà la punta senz'altro: Quelle cose sono più perfette, che da cose più perfette essercitate sono, l'armi s'essercitano per mezzo del corpo, e le lettere per mezo della mente, la quale è chiamata diuina, perch'è diuisa da questi sensi; Dunque l'armi sono inferiori alle lettere, e quelle cose, che si fanno con lunghezza ditempo sono più degne di quelle, che si fanno in breue spatio; Noi vediamo per isperienza, che in vn'hora si fanno cento Caualieri, & a far vn Dottore bisogna durar fatica cinque, sei, & più anni, & per concluder vi dico, che si come l'anima informa il corpo, cosi le lettere informano l'anima: E quell'anima ch'è priua di scienza, si può dire che sia priua di forma.

Ales.Questa nostra questione è alta, e difficile, essendo l'armi, e le lettere due professioni cosi nobili, & eccellenti, che difficilmente si può giudicare a cui si debbe la vittrice palma dell'honore, conciosia che per l'armi si difendono, & s'amplificano le Cittadi, & i Regni, & per le lettere si gouernano, e si conseruano, e tanto l'vna professione ha bisogno dell'altra, che l'vna senza l'altra essercitar non si può giustamente, e l'altra senza l'vna mantener non si può sicuramente.

Corin.Alla fè Signor Capitano, che voi cominciate a lenare, a diuentar pigro, e lento nel menar delle mani, & io all'incontro mi sento più fresca, & più gagliarda nel fine, che nel principio: Nò, nò diciamo pure che se tutti gli huomini del mondo fossero letterati, non vi sarebbe dibisogno nè d'arme, nè di valore: Mase tutti fossero soldati, e non hauessero il dritto, e giusto modo di guerreggiare, non si smirebbono mai l'ingiurie, & il tutto anderebbe in conquasso: Sono cagione le lettere che si fugga il vitio, e s'abbracci la virtù, che s'introduca la scienza, e si discacci la ignoranza dall'intelletto nostro; il che non può fare niun'altra cosa; Onde ne segue, che sieno più degne di che si sia; E certo con ragione; Perche le lettere sono quelle, che c'insegnano a discacciar l'infermità da i corpi, & conseruar la sanità, come si contrasti, & vinca la fortuna, gli accidenti del mondo, e quello che più importa le proprie passioni: oltre di ciò le lettere sono più necessarie, e più vtili all'huomo dell'armi, e non solo giouano al bene particolare, ma all'vniuersale. Il che è in virtù delle leggi, le quali giouano a tutto il mondo, & non offendono alcuno, e l'arme se pur giouano, giouano ad vn solo Prencipe, o ad vn sol popolo, & ciò non possono far senza offender molti; a tale che concluder si può, che sendo la vittoria dalla parte de letterati, che conseguentemente toccherà a voi Sig. Capitano (stando ne i petti) ad amarui.

Ales.Signora Corinna io non voglio far torto, nè all'vna, nè all'altra honoratissima professione, le quali (come dianzi dissi) hanno l'vna dell'altra bisogno, non potendosi l'vna senza l'altra mantenere, & perche la nostra questione rimane del pari, mi contento d'amarui, accioche del pari vadano gli amori nostri, & che pari sieno i piaceri, i diletti, e gli amorosi contenti.

Corin.Et cosi facendo, come mi gioua di credere, farete insieme osseruator de i patti fatti tra di noi.

Ales.La vostra bellezza, la uostra gratia, et il uostro alto sapere hanno forza di farmi vostro senz'altri patti.

Diotima, & Amilcare.

Diot.SIgnor Amilcaro si conosce bene, che la febre v'hà mal concio, poiche non hauete più il solito colore nel viso.

Amil.Le febri mie sono state molte, e diuerse, & è mal commune, poiche ogn'vno è sottoposto a questa infermità; ciascuno ne sente l'eccesso crudele, o più temperato, secondo che gli humori albergano ne i nostri corpi, & secondo che il sangue caldo, ò freddo s'agita, ò si riposa in noi: le cui febre mi pare che habbiano grandissima conformità con le febrid'Amore.

Diot.Hò sempre vdito dire, che i nostri corpi sono ripieni di cattiui humori, che giamai non son sani, che sempre languiscono di qualche sorte di febre lenta, che sono sempre amalati, ancor che non lo sentino, secondo che la flemma soprabonda in loro, ò che il sangue è troppo caldo, ò che l'humor radicale, od il calore vien meno, ò che i quattro Elementi padri del nostro nascimento non li tengono mai in vgual bilancia; anzi come contrarij nimici tra di loro combattono sempre, e si trauagliano sin tanto, che vno di loro riman vincitore: Ma non hò mai inteso, che le febri de i nostri corpi habbiano conformità con le febri d'Amore, come voi dite.

Amil.Bisogna che V. Sig. habbia hauuto qualcuno de suoi, che sia stato buon Filosofo, & eccellente Fisico, e che da lui habbiate appreso, poiche sì dottamente delle febri parlate, e per risponder al vostro dubbio, dico, che l'amor non è mai senza passione, nè senza qualche piaceuol noia, che il cuore è come vn corpo, del quale gli humori sono i nostri pensieri, li quali sono diuersamente della sua fiamma sospinti; onde ne nasce una continua guerra: la speranza, il disire, lo sdegno, il dispetto, il timore, il piacere, la pura, & la gelosia tutti tra di loro differenti, entrano nel campo della nostra fantasia, & guadagnando alcuno di loro la uittoria cagionano che l'huomo non è mai senza febre d'amore.

Diot.Signor mio sono molto differenti le febri de nostri corpi delle febri d'Amore; Perche se bene mi ricordo di quello, che più volte hò vdito dire ad vn mio parente qual'era valentissimo Medico, & vecchio, trouo che le febri si generano in noi per gli accidenti del sangue, dicend'egli, che dal sangue grosso, infetto, e melanconico si generaua la febre quartana; del sangue meno corrotto la febre terzana, e dal sangue caldo, e sottile la febre cotinua, i quali accidenti sono molto diferenti da i pensieri de gli amanti.

Amil.Poich'ella conosce queste differenze, bisogna che habbia prouata l'vna, e l'altra febre, cioè febre di corpo, & febre amorosa di animo.

Diot.Non sò quello ch'io m'habbia prouato, nè son tenuto à d auerne conto.

Amil.Anzi, che siete tenuta à dirlo, accioche ognuno di noi possa ricorrere al Medico per sanarsi del suo male.

Diot.Se voi siete molestato da febre amorosa, in vano potete sperar rimedio al vostro male; Perche questa è quella piaga crudele, & velenosa, alla quale non gioua, nè liquore, nè impiastro, e che per vltimo conduce l'amante à disperata morte.

Amil.Adagio con questo morire, e torniamo al nostro ragionamento, le febri d'amore secondo le loro qualità naturali, sono ancora diuerse, & fanno diuersi effetti in diuerse maniere, e non hanno quel fine miserabile, che uoi dite.

Diot.Se voi sarete uero amante, e che la donna da uoi amata uista sempre crudele, ci conuerrà, uostro mal grado, che ò con ferro, ò con veleno, ò con laccio vi leuiate la penosa uita: Ma seguitate quello, che hauete cominciato sopra le febri amorose.

Amil.Le febri amorose cagionano ne gli amanti diuersi effetti, come vdirete. Se la febre d'amore rincontra a sorte qualche ualor grosso, quel tal uapore rende l'amante mesto, tristo, dolente, solitario, pensoso, & mal contento; il quale d'altro non si pasce che di vana speranza, di sogni vani, fabrica i suoi disegni nell' aria, piglia la menzogna per uerità, diuenta muto, non sà parlare, & se pur parla, parla, con se medesimo, porta le ciglia basse ha il color pallido nel viso, la morte su la fron e, la languidezza ne gli occhi, e solo delle sue miserie è testimonio, e segretario.

Diot.E per finirla un'amante come siete voi.

Amil.Ve ne siete pur finalmente auueduta, & se auueduta ve ne siete, perche non rimediate al mio male?

Diot.Io non ho ancora compresa la febre, che vi tormenta, & per questo non vengo al rimedio, ditela, fatela palese, ch'io non mancherò di porgerui qualche medicamento.

Amil.Altro non brama il febricitante, che hauere innanzi; Alquale per l'alteratione del sangue il polso batte gagliardamente, & è alterato fuor dell'ordinario.

Diot.Non mancherà rimedio per farli abbassar l'orgoglio, e l'alterezza souerchia.

Amil.La febre mia in breue la saprete: mentre andrò con voi discorrendo sopra la febre d'amore; Di già v'hò accennata la febre quartana del miserello amante. Hora vi dico, che altri amanti sono poi più gagliardi nel loro male, e che non sono tanto trauagliati dalla tristezza, e dalla noia, che sono volubili, che hanno la franchigia in fronte, e che di falso sembiante sanno ricoprir le loro fintioni, & questi tali hanno la febre terzana d'amore, i quali sono da essa tormentati tanto quanto l'oggetto che amano se la rappresenta inanzi, & souente per spasso, & per diletto si fingono appassionati amanti.

Diot.Così cred'io che siate voi Sig. Amilcare, poiche sapete cosi ben parlare, & cosi ben fingere: Hora ueniamo alla febre continua d'amore, & poi vi dirò l'animo mio.

Amil.Quelli poi che sono accesi d'vn' ardente calore, che non in fronte sentono, ma si bene nel cuore l'amoroso ardore, che amando non amano nella loro giouanezza, perdendo male accorti il loro più sano intelletto, quelli dico hanno la febre continua, doue l'eccessiuo ardore giamai non minuisce, anzi sempre sono in fuoco, il cui ardore sfauilla ne gli occhi, & li conduce a morte: Questa incurabile malatia non gli abbandona mai, amando solo quello, che li tormenta, cibandosi d'incerta speranza, gloriandosi per tutto di cosi strana, & auuenturosa sorte; (lasso cosi son'io) il dolore, che m'hanno fatto i vostri bellissimi occhi, è cosi duro, e cosi forte, & cosi graue è la mia pena, & il mio fuoco cosi ardente, del quale amore m'abbruccia, che d'vna febre continua in breue tempo deurò finir la miserabil vita.

Diot.Tanto; che voi siete ancora infermo di febre continua.

Amil.Così è Signora, solo per mia fiera suentura, che s'io fosse ammalato di febrè terzana potrei sperare con longhezza di tempo sentirla men graue, ma la sua forza rabbiosa non si vedrà mai moderare, ma più tosto il tempo l'anderà accrescendo, & il tempo, che tutto diuora, e tutto frange, và sempre sforzando l'amor mio ad essere immutabile, s'ella fosse febre quartana, e che per auuenturarsi, d'amar in altra parte io mi potessi guardare dalla mia propinqua morte, mi potrei porre a simil'impresa, & per nouella fiamma, come d'asse si trahe chiodo con chiodo, spegner simil'incendio, e liberarmi dal presente male: Ma che mi giouerebbe simil impresa, poiche spesso paragono i vostri begliocchi, i vostri saggi discorsi, la vostra singolar bellezza, alle bellozze ch'io vedo, & cosi paragonando l'imperfetto al perfetto, diuengo come morto allo splendor del vostro vago viso, & son costretto ad amarui: Cosi voi sola siete il paradiso del mio cuore, l'Idolo della mia vita, il Dio de miei pensieri, la chiarezza de gli occhi miei, lo scettro delle mie mani, il sole del mio cielo, il cielo dell'amor mio, la facella delle mie fiamme, l'oggetto de miei desiri, lo specchio dell'anima mia, & cosi felicemente amandoui, felicissimo sara il mio morire.

Diot.Signor Amilcare hora ch'io conosco il vostro male, & qual sorte di febre amorosa vi tormenta, e che à me chiedete rimedio alla vostra infermità, datemi tanto tempo, ch'io possa far distillare alcune cose à tal bisogno douute, accioche voi possiate fare vna buona purga.

Amil.Signona Diotima fate che gli ingredienti de miei pensieri siano posti nella bocca della vostra pietà, e che passiamo per lambicco dell'amor mio, accioche le parti si riduchino al tutto, & se ne caui vn' Elemento elementato, vna quinta essenza, & vn succo dolce, e soaue, che mi consoli, & sani di questa amorosa febre continua, & sopra tutto guardate à non darli il fuoco tanto gagliardo, che la boccia crepi, & il recipiente vada in pezzi, che il lambicco s'imbratti tutto.

Diot.Il fuoco sara temperato in modo tale, che l'opera venirà perfetta, & con questo vi bacio le mani.

Amil.Seruitor di V. S.

Curio, & Nicostrata.

CurioSIgnora Nicostrata, Signora, e padrona della più nobil parte che alberga in me, anzi di quella parte che alberga in voi, con nobile scambio dell'anima vostra, che alberga in me; Ditemi in cortesia; hora che l'anime nostre hanno cambiato albergo, e che ognuno è fuora di casa sua, che è dell'anima mia, che nella vostra casa alberga, e soggiorna?

Nic.L'istessa dimanda fò anch'io à Vostra Signoria Signor Curio.

Curio.L'anima vostra nel picciolo ristretto della casa dello spirito mio alberga, & soggiorna.

Nic.Questo vostro ristretto, e modo di parlare genera in me confusione, poiche non v'intendo; Ricordandoui ch'io non sono Diotima Sacerdotessa greca; la quale inspirata da furor diuino, trouando Socrate Filosofo, dato in tutto per tutto all'amore; li dichiarò che cosa fosse quell'ardente desiderio: E per qual via si possa cader nel sommo male, e per qual via salire al sommo bene: però parlate più chiaro, & lasciateui intendere.

Curio.Hora m'intendete: La casa del pensiero humano è l'anima, la casa dell'anima è lo spirito, & la casa dello spirito è il corpo: Hora ciascuno di costoro per amore esce di casa sua; perche ogni pensiero dell'amante si riuolge più tosto al seruitio dell'amato, che al suo bene, & lascia addietro il ministerio, e la cura del corpo suo, e sforzasi di trapassare nel corpo dell'amato: lo spirito, che è il carro dell'anima, mentre, che l'anima attende altroue, anch'egli altroue s'inuola: Si che di casa sua esce il pensiero, esce l'anima, & esce lo spirito.

Nic.Comincio à poco, à poco à capire, & intendere queste dolci tramutationi dell'anime innamorate: Hora se l'anime sono quelle che informano i corpi, io vengo con voi à far vn grandissimo guadagno, poiche di donna, ch'io era sono huomo diuentata nello scambiar dell'anime, & voi siete diuentato Donna per l'istessa cagione, ond'io non più Nicostrata, ma Curio sono, & voi non più Curio, ma Nicostrata siete.

Curio.E vero Signora: ma à V. S. manca quello che fà Curio esser Curio.

Nic.Facciamo pur senza quello, poi ch'egli non hà parte nell'amor nostro.

Curio.Come ch'egli non v'hà parte, anzi che à me pare, che v'habbia il tutto poiche il tutto è quello, che dà perfettione all'opera d'amore.

Nic.A me pare, che intorno à questa trasformationi l'oppenione del Filosofo sia à bastanza: la quale è che l'amante cerca di trasferirsinella cosa amata, imitandola ne i gesti, e nelle parole, la onde pare che donna diuenti per vsar gesti, e parole feminili, & alla donna pare che auuenga l'istesso; ma che realmente possino i corpi l'vno nell'altro trasformarsi non si trouerà mai.

Curio.Come che non può essere? Facciaui di ciò fede Tiresia indouino, che di maschio femina diuenne, rendendo poi ragione come ne i piaceri di Venere la femina sente maggior dolcezza, che il maschio non sente.

Nic.Questa è trasformatione fauolosa: Ma diciamo realmente la cosa com'ella stà: le porte dell'anima sono gli occhi, & gli orecchi: per la porta de gli orecchi entrano molte cose nell'anima, & gli affetti, e costumi dell'anima chiaramente per gli occhi si manifesta no: Quindi auuiene, che gli amanti consumano il più del tempo nel badare con gli occhi, e con gli orecchi intorno all'amata, e rare volte la mente in loro si raccoglie, vagando spesso per gli occhi, e per gli orecchi, come hora facciamo noi, spendendo il tempo in parole, e nel rimirarsi l'vn l'altro.

Curio.Io v'intendo Signora Nicostrata: meglio sarà dunque, che ognuno di noi rimanga con l'anima, con lo spirito, e col corpo suo, accioche meglio si possa sodisfare à gli amorosi nostri desiderij.

Nic.Meglio sarà per certo.

Curio.Che stiamo dunque à fare? A che si tarda? entriamo hormai nell'amoroso certame.

Nic.Adagio Signor Curio, perche io non l'intendo come l'intendete voi.

Curio.E come l'intendete Signora?

Nic.Hora lo saperete: Chiara cosa è Signor Curio, & noi siamo generati, & alleuati con inclinatione all'vna delle tre vite, cioè vita contemplatiua, vita attiua, & vita voluttuosa; Per la contemplatiua, subito per l'aspetto della forma corporale, c'innalziamo alla consideratione della spirituale, e diuina; Per la voluttuosa, subito dal vedere cadiamo nella concupiscenza del tatto, & per l'attiua, e morale solamente perseueriamo in quella dilettatione del vedere, e del conuersare, & questa terza, & vltima vita, è la vita de gli honesti amanti: per tanto contentateui, come honesto amante del vedere, e del conuersare, e non cercat e altro da me.

Curio.Dura legge d'amor, ma ben che obliqua seruar conuiensi, come dice il Petrarca: Poi che cosi volete, cosi sia: Ma che occorre ch'io vi brami per moglie, e ch'io v'ottenga, se poi tutto il tempo nostro si debbe spendere nel riguardarsi come l'oche fanno.

Nic.All'hora, che voi sarete mio marito, dalla vita contemplatiua, e dalla morale passeremo alla voluttuosa, e diletteuole d'honesto matrimonio, in aspettando i dolci frutti delle nostre nozze, che saranno i dolci, & amati figliuoli.

Curio.Hora m'hauete ritornato in vita: poiche per lo vostro dire era di già morto a gli amorosi contenti: Viuiamo dunque con sicurissima speranza d'esser felicissimi amanti nella vita diletteuole, e gioconda, come detto hauete: Io vò hor hora a chiederui per moglie a vostro Padre, ilquale credo, che senz'altro mi ui concederà.

Nic.Siatene pur certo, perche di già me ne hà ragionato andate felice, & felicissimo sia il vostro ritorno.

Curio.Così spero, che debba essere: Voi fra tanto Signora Nicostrata mia, entrate in casa a dar lume, e splendore col raggio della vostra bellezza, alle camere vostre, le quali senza di voi sono oscure, e tenebrose.

Nic.Io entro, adio sposo mio caro.

Curio.Adio moglie mia cara, e diletta.

Ersilia, e Diomede.

Ersil.SIgnor Diomede io intendo, che in questa città sono arriuati molti Comici, quali giornalmente recitano comedie publicamente, & per quello ch' io m'imagino credo che Vostra Signoria vada ogni giorno ad ascoltarli.

Diom.E vero Signora, & ne riceuo grandissimo diletto.

Ersil.Credo che il vostro maggior diletto sia nel veder quelle Signore Comiche, lequali intendo esser molto belle, & gratiose.

Diom.La natura non è stata auara nel dar loro quelle parti, che più a donna conuengonsi.

Ersil.Et poi intendo, che vanno riccamente vestite, che suol'essere di grande accrescimento alla bellezza feminile.

Diom.Così è veramente.

Ersil.Guardate pur Signor Diomede a non v'innamorar di qualcuna di loro: perche nella loro dipartenza sentirete poi grandissimo dolore come intendo essere interuenuto a degli altri della nostra città.

Diom.Signora non vi sono questi pericoli per me.

Ersil.Di questo ne lascio il pensiero a uoi: Ma che comedia hanno promesso di recitar hoggi?

Diom.Il loro cartello, inuita all'amante ingrato comedia bellissima.

Ersil.Bella intitolatione; poiche per lo più gli huomini sogliono esser alle donne ingrati; E veramente che in ciò si debbe andar consideratamente: Perche colui, che si propone di comporre vna comedia, debba prima considerar ben bene tutta la fauola, la quale (come vuole il filosofo) è l'anima del Poema, & quella tutta come in vn corpo ridotta darle vn titolo conueniente.

Diom.Sauiamente ragiona Vostra Signoria perche il titolo conueniente è cosa di non poca importanza, poiche Poeti d'honorato nome nel dare alli loro poemi titolo conueneuole hanno errato grandemente.

Ersil.Io per me credo, che la maggior parte di questi Comici erranti, e mercenarij, ponghino titoli a caso alle loro comedie, non guardando più ad vn nome, che ad vn'altro, pur che sia strepitoso, & per inuitar gli ascoltanti, per far maggior guadagno.

Diom.Lo credo anch'io, saluando sempre l'honore di quelli, che sono intendenti, come tra di loro ve ne sono: Ma secondo il vostro giuditio, come si douerebbe intitolar la comedia?

Ersil.Io mi sono compiaciuta di legger, e di rilegger più volte la Poetica d'Aristotele, come principale di tutte l'altre poetiche, & hò trouato, che il titolo si debbe pigliare dal nome della persona principale, intorno la quale è il soggetto di tutta la comedia, o d'alcuna persona introdotta nella comedia insolitamente, o vero d'alcuna persona, che condisca tutta la fauola con burle inganneuoli, ancor che in essa non cada nè la Peripetia, nè la Ricognitione; ma che però sia cagione, che la Peripetia, & la Ricognitione cada sopra d'altre persone.

Diom.V. Sig. mi fauorisca di darmene qualche essempio, se cosi le piace.

Ersil.Gli essempi sono molti, gli quali (volendo) potrete vedere in Plauto, in Terentio, nel Piccolomini, nel Trissino, in Aristofane, nel Caualier Calderari, nel Pino, e da quello, che dice il dotto Scaligero, per non esser noiosa nel raccontarli.

Diom.L'intitolatione della comedia (com'ella sà) è molto più libera che non è quella della Tragedia, e del poema heroico, poiche la prima sempre s'intitolò dalla persona principale tragica, sopra la quale cade la Peripetia, e la Ricognitione: l'altro è solito prender il titolo, o della persona principale ch'è suggetto del Poema heroico, ouero dal loco oue succedono le cose appartenenti alla principale attione.

Ersil.Si conosce bene, che il Signor Diomede intende benissimo, e possiede tutta l'arte poetica, poiche cosi dottamente ne tratta, e ragiona, e forse che a quest' hora debbe hauer alla stampa qualche cosa degna del suo nobile ingegno.

Diom.E' vero Sign. & come gli altri scrittori fanno vò cercando la via più facile, & più nobile per gionger in Parnaso, & accostar le labbra a quella fonte tanto dolce, e soaue per trarmi l'amoresa sete.

Ersil.La maggior parte de i Poeti cercano questo, & come si suol dire, il verace Poeta è sempre amante; la onde mi pare che la conseguenza cada ancora sopra di voi.

Diom.Io non uoglio negar d'esser amante: ma amante suenturato, perche quanto più m'auuicino per bere a questa fonte da me tanto amata, e desiderata, tanto più ella si và da me allontanando, la onde rimango infelicissimo Tantalo arso, & abbrucciato d'amorosa sete.

Ersil.Tentate, tentate Signor Diomede come gli altri Poeti fanno, o col poema comico, o col tragico, o con l'heroico componendo, far che questa bramata fonte getti per voi qualche soaue stilla d'acqua per rinfrescarui l'amorosa arsura.

Diom.Io voleua tra l'altre mie compositioni comporre ancora vna comedia, & intitolarla l'Ersilia dal nome vostro essendo voi la persona principale dell'amorosa mia fauola: sopra della quale doueua cadere la Peripetia, o tramutamento, e la Ricognitione dell'amor mio.

Ersil.Buon pensiero era il vostro, poiche la comedia non si discosta da precetti della Tragedia, con la quale ella molte cose ha communi: come la rappresenatione, con tutto il resto dell'apparato, il Ritmo, e l'armonia, il tempo limitato, la fauola drammatica, il verisimile, la ricognitione, & il riuolgimento; Benche nell'attione, ne i personaggi, ne i costumi, e nella dittione sia da lei molto dissimile, ma come la voleui uoi scriuere in prosa, o pure in versi?

Diom.Io voleua hauer la mira alla fauola, ch'è l'anima principale del Poema, perche lo scriuerla in prosa, o in versi questo poco importaua: ma è ben vero, che per leuar il tedio a gli ascoltanti da quella cantinela del verso, l'haurei composta in prosa per esser più accommodata all'orecchie de i recitanti, e de gli ascoltatori, & perche più grata sarebbe stata l'amorosa mia fauola.

Ersil.Si come la comedia debbe esser tutta fauola nulla prendendo dall'Historia, cosi credo, che fauoloso sia l'amor uostro, poiche nulla piglia dal uero: la Tragedia per lo più si caua dall'Historia (come sapete) prendendo ancora alcuni nomi dall'Historia, nomi veri, e sopra tutto de i più principali personaggi: A tal che per significar meglio l'amor uostro meglio sarebbe stato comporre vna Tragedia, che ne hauereste acquistato ancora maggior honore.

Diom.Nò, nò Signora, il comporre una comedia, che sia buona non è cosi facile come la persona si crede, & il Poeta, che la compone, debbe fare come fa il Pittore (che vien nomato Poeta muto) il quale prima abbozzala figura, ch'egli intende di fare, poi fa quella perfetta, dandole i lineamenti con i colori, cosi il Poeta prima debbe formar la fauola, e poi addattarle i costumi, che la fanno perfetta: così io nell'amor mio, che si può dire ancora abbozzato, vò cercando con i colori della mia fede, e della mia speranza darli i veri lineamenti per render lo più perfetto.

Ersi.A voler comporre questa vostra amorosa comedia ui bisogna aggiungere ancora di molti Episodij, liquali mi credo, che sarebbono stati quelli amanti che voi hauereste hauuti per concorrenti nel vostro amore.

Diom.L'Episodio nella Tragedia, e nella comedia s'intende quell'attione, che si aggiunge alla principale attione per aiutarla ad hauer la sua grandezza conueneuole, che dimostri la natura del fatto che si propone di scriuere sin che si gionge alla tramutatione, & al suo fine: Auuertendo habbia la sua grandezza conueneuole (come ho detto) sia marauigliosamente intrecciata di Peripetia: di riconoscimento affettuosa, & non Episodica: a tale che nell'amorosa mia fauola non occorreuano Episodij d'amanti concorrenti, e riuali nell'amor mio, come hauete detto.

Ersil.Voi voleui, che la vostra amorosa fauola, come si ricerca, hauesse il principio trauagliato, il mezzo turbulento, & il fine lieto, e giocondo, senza ornamenti, e senza altri Episodij.

Diom.Tale era la mia intentione.

Ersil.Voi sapete Signor Diomede, che la comedia sino alla tramutatione, e scioglimento suo, suol sempre esser piena di molti affanni, e trauagli, che la fanno affettuosa molto; (benche non habbia quell' attrocità in se, che ha la Tragedia) per tanto sopportate con patienza questi affanni, e trauagli dell'amor vostro, li quali faranno molto più affettuoso l'amor vostro, e degno, & per conseguenza più perfetto, & più meriteuole di ricompensa.

Diom.Io m'era apparecchiato a dir de i costumi della comedia, della sentenza, e della dittione: ma poich'io m'auuedo, esser opra d'Aragne, mi quieterò a queste vostre vltime parole, sperando di ridurre a buon termine questa mia amorosa comedia intitolata l'innamorata Ersilia.

Ersil.Intitolatela pure lo suenturato Diomede, che sarà meglio.

Pompeio, & Artemisia.

Pom.SIgnora Artemisia con tutto ch'io sappia che voi mi habbiate rubata l'anima, e che m'habbiate morto, con tutto ciò sono sforzato ad amarui, e d'accostarmi sempre a voi.

Art.Officio contrario a quello, che si debbe: Voi doureste esser sdegnato meco, e portarmi odio mortale per hauerui (come dite) rubata l'anima, e data morte; Ma vi scuso, perche voi non sapete quello, che vi dite, nè quello che vi fate.

Pomp.Io sò quello, che dico, sò quello che fò, & sò di far bene amando voi, che tanto meritate d'esser amata, e quindi nasce ch'io non mi sdegno contro di uoi se bene mi hauete rubata l'anima, e data morte.

Arte.Mi fate compassione, ma non voglia di piangere: Io per me credo che voi siate come quell'amante, che và cercando se stesso fuori di se medesimo, e che si và accostando a colei, che l'hà rubato per veder di liberarsi da quella prigione, ou'egli viue imprigionato: Voi vorreste col vostro dire distorui dall'amor mio, ma non sapete trouarui la strada.

Pomp.O questo non dich'io Sig. Artemisia.

Arte.Signor Pompeo io intendo benissimo quello che voi non sapete dire, cioè voi non vorreste amare, perche non vorreste languire, & ancora non vorreste non amare, perche giudicate di seruire a bellezza, che vi serue per scala all'imagine delle cose celesti, a tale, che voi siete vn' astuto platonico.

Pomp.L'amore (come vuole il Filosofo) piglia origine dal vedere: il vedere è posto in mezo tra la mente, & il tatto; e di quì sempre nasce, che l'anima dell'amante si distrahe, & hora in sù, & hora in giù, scambieuolmente si getta; Hora sorge alla cupidità del toccare, & hora brama, hor l'vna, & hor l'altra bellezza: E quando auuiene, che l'anima da raggio di singolar bellezza rimanga ferita; subito l'amante ricorre al refrigerio, & alla medicina; come interuiene a me, che sendo dalla vostra vnica beltà ferito, ricorro a voi per medicina, & refrigerio.

Arte.Io non son Medica da purgarui.

Pomp.Se non siete Medica siete Maga, & hauete forza magica in voi.

Arte.S'io son Maga, voi siete Sofista, e come tale siete acciecato dalla nebbia d'amore, pigliate le cose false per le vere, mentre che voi vi stimate esser più bello, più acuto, e più buono, che voi non siete, & anco a voi medesimo contradite per la violenza d'amore, imperoche altro consiglia la ragione, & altro il senso.

Pomp.S'io son Sofista come dite, io dico che senz'altro voi siete Maga, che con opera magica tirate l'vna cosa all'altra per similitudine di natura, onde ne nasce il commune tiramento nomato amore, & forza magica.

Arte.Secondo il mio parere voi siete il Mago, poiche a voi stà il tiramento magico: ma dubito che voi non vogliate pigliarui questa impresa, perche non ui debbe dar l'animo di tirar la cosa per similitudine di natura.

Pomp.Alla proua si scorticano gli Asini.

Arte.E perciò uoi uorreste uenire alla proua, ma non ne sarà altro.

Pomp.In somma se uoi non siete Maga, hauete senz'altro il Fascino negli occhi, & affascinate con lo sguardo chiunque ui mira, come hauete affascinato, & ammaliato me.

Arte.Pouero bambino a cui è stato fatto mal d'occhio, & ammaliato; correte donne a dare un poco di pappa a questo bambino, che non può poppare.

Pomp.In uece di pappa, meglio sarebbe un poco di poppa, e delle uostre, che sono due poma ritondette acerbe, e pur d'auorio, fatte come dice il Poeta.

Arte.Questo sarebbe troppo.

Pomp.Non è troppo a chi molto desidera: E di nuouo torno a dire che siete Maga, che conuersate con spiriti, che fate incantesmi, e stregarie, la uolete più chiara?

Arte.Con questo uostro modo di dire, uoi mi andate tanto stimolando, che è forza dire quello, che dir non vorrei: E poiche uolete ch'io sia maga, mi contento d'essere per compiacerui: Hora per trattar dell'arte mia, & per quello, che mi mostrano le car e, che di ciò ragionano, dico che l'arte magica fù da gli Antichi attribuita a gli spiriti, ò demoni che dir uogliamo, perche essi intendono qual sia la parentela delle cose naturali tra di loro, e qual cosa son qual cosa consuoni, & come la concordia delle cose si possa ristorare: Hora uno spirito amoroso mi dice, che tra uoi e me non è parentela, nè consonanza alcuna, & che per tanto potete leuarui da questa impresa, l'intendete Sig. Pompeo pouero bambino ammaliato.

Pomp.L'intendo Sig. Artemisia. Ma non credo a questo uostro spirito, perche tutti di natura sono falsi, e bugiardi: E parimente non credo, che uoi habbiate quella domestichezza con loro, come haueua Zoroastro, Socrate. Appollonio, e Porfirio, alli quali vigilando porgeuano segni, uoci, e cose mostruose in segno, e riuelationi, e uisioni, e per questo non credo quello che hauete detto.

Arte.Voi non hauete nè fermezza, nè stabilità: perche quando uolete ch'io conuersi con gli spiriti, e quando lo negate: A tale ch'io giudico, che uoi siate fiora di uoi stesso, e che non sappiate sotto qual clima, nè sotto qual cielo voi vi viiuate.

Pomp.Io viuo sotto il cielo de bei vostri occhi, di quegli occhi dico, che m'hanno affascinato.

Arte.E pur di nuouo torniamo al fascino: Voi fareste meglio a far vn fascio d'herba, e darla a mangiare a quel vostro Asino, che hà tanta fame, e così poca discretione.

Pomp.Foss'io pur l'Asino, e fossi l'Asino d'Apuleio, l'Asino d'oro, che buon per me.

Arte.Senza bramar d'esser'Asino, credo che di già possiate farui comprar vn basto, metter vna cauezza al collo, e portando la soma farui dar di buone bastonate, che ciò sacendo, non anderete raggiando per amore, come fanno gli Asini il mese di Maggio, & non mi sarete così importuno, nè così molesto; Io non vi voglio, non v'amo, e non vi desidero: m'intendete, ò siete sordo?

Pomp.Piacesse al cielo, ch'io fossi sordo, perche non sentirei sì cruda, e dispietata sentenza; pronunciata da ingiustissima Tiranna; onde m'appello di così ingiusta sentenza al Tribunal d'Amore giustissimo legislatore, e giustissimo Giudice.

Arte.Meglio sarebbe pelarsi, che appellarsi, e che vn Medico valente ui confinasse dentro una stuffa per quaranta giorni, a purgarui del morbo gallico, del quale credo che ne siate pieno; Andate dunque a pelarui quanto prima, & poi tornate doppo la purga, che forse ui darò altra risposta.

Pom.O questa sarebbe bella, ch'io hauessi il mal Francese, e ch'io non me ne fossi auueduto, e ch'io mi scusassi come molti fanno dicendo hauere catarro salso: horsù patienza. Adio.

Sapho, & Eurialo.

SaphoRIngratio V. S. Sig. Eurialo del Sonetto inuiatomi per la vostra fidata Messaggiera; il quale è bello, ancorche lontano dalla verità, essendo fauoloso, e pieno d'adulatione: ma per picciol Poema può passare.

Euria.Sò bene, che à V. S. Sig. Sapho, sarebbe stato di più gusto vn Poema grande, che vn picciolo, com'è il Sonetto, tuttauia la prego contentarsi di quel poco ch'io le porgo, e non di quel molto ch'ella vorrebbe.

Sapho.Come voi non date di mano à cose grandi non farete nulla, e sempre sarete vn Poeta da farne poca stima.

Euria.Le cose picciole più volte reuiste, e maneggiate sogliono accrescer grandezza all'esser loro.

Sapho.Voi non farete mai, che vn Pigmeo diuenti Gigante: Orsù sia come si voglia; io mi contento ancora del poco, pur che habbia in se qualche sostanza, perche ancora nelle cose picciole si troua qualche gusto, e qualche diletto, come ne i madrigali, nelle canzonette, nelle sestine, ne i sonetti, & altre simili compositioni che suol produrre l'arte poetica.

Euria.Io comincio auuedermi, che il mio scriuere, e le mie compositioni dirette à V. Sig sono appunto, come si suol dire, vn portar vasi à Samo, Nottole Athene, e Cocodrilli à Egitto; essendo voi così versata nella poesia.

Sapho.Per natura e non per arte hò qualche picciola vena di poesia.

Euria.Et io credo, che la vena sia grande da introdur ogni gran Poema.

Sapho.Come sarebbe à dire, qual sorte di Poema?

Euria.Vn Poema come quello dell' Ariosto, ò del Tasso, i quali hoggidì sono la gloria, e lo splendore della poesia.

Sapho.Qual giudicate voi, che debba essere il primo Poema?

Euria.Il Poema Heroico detto Epopeia, il secondo la Tragedia, & il terzo quello della Comedia.

Sapho.Lasciamo la comedia in disparte della quale Aristotele ne fà pochissima mentione, essendo cosa picciola, e di poco rileuo.

Euria.E pur tornate su le cose picciole, & poiche tanto le hauete in odio, tratterò con voi delle grandi; Ma qual frutto ne cauerà poil'amor mio di si fatto ragionamento, & in questo trattare con V. S. del poema heroico, e della Tragedia.

SaphVi dirò, mentre che sopra di ciò anderemo breuemente trattando, veniremo in cognitione quelle di questi duo Poemi preceda, & conosciuto questo, tireremo al nostro senso, quello che più farà per noi: Maper meglio mettersi in contesa, diuidiamo le parti, cioè vno di noi serua per lo Poema heroico, & l'altro per la Tragedia: Et perche il Poema heroico e nome mascolmo; e la Tragedia feminino, voi come maschio vi appiglierete a quello; & io come feminino a quest'altro.

Euri.Sono più che contento perche dal Poema dell'amor mio, si conosceranno gli Episodij della mia fede, e della perseueranza, liquali essendo verisimili, sono anco annestati in modo tale con la fauola dell'amor mio, che leuatone via vno, rouinerebbe tutta la fabrica dell'amoroso mio Poema.

Saph.Benissimo ragione il Poema heroico, alquale la Tragedia risponde, e dice, che tutti i Poemi imitano, ma sono differenti trà di loro per tre conti, o perche imitano con cose diuerse di spetie, ò perche imitano cose diuerse, ò perche imitano in modo diuerso, e non in vn medesimo: Hora questa vostra imitatione amorosa, in quale di questi modi và ella imitando?

Euri.Saggiamente propone la Tragedia onde le dico: che l'imitatione del Poema si fà ò col verso, ò col verso mescolato, e di più sorti, ouero con quello, che sia d'vna sola spetie: Hora l'amoroso mio Poema và imitando con versi lamenteuoli accompagnat i, da cocenti sospiri, e da lagrime di dolor calde, & amare, l'angoscioso suo stato.

Saph.La Tragedia antica, e prima, era d'vna sola persona; Eschilo Poeta fù il primo di tutti, le accrebbe il numero delle persone d'vna in sino in due: Et Sofocle di poi vi aggiunse il numero in sino a tre: A tale che questa Tragedia che voi amate, non è d'vna sola per sona come voi vorreste, ma si bene di due, anzi di tre persone insieme.

Eurial.E quali sono i fortunati amanti, che sono introdotti nell'amorosa mia Tragedia?

Sapho.Tragedia vostra non già: ma si bene del mio genitore, della mia genitrice, e del marito, che da loro mi sarà dato: Queste sono le persone graui, che ragionano in me con versi heroici, con sentenze grauissime, senz'altri Episodij, senz'altre mutationi, e senz'altri riconoscimenti: Hora che ne dite Signor Poema heroico?

Euria.Dico, che la Tragedia debbe creder'l Poema heroico, e starle sotto.

Sapho.Et io vi rispondo, che il Peripatetico contra tutte le obiettioni, hà terminato, che la Tragedia sia Poema più bello, è più perfetto del Poema heroico: Et come quella che precede vi dico, che non ne sarà altro: Andate, andate Signor Poema heroico, a trattar con le vostre molte fauole, che ponete per ornamento dell'amor vostro, & me lasciate nella grandezza mia, e nello stato mio reale.

EuriaSia maladetto il Poema heroico, la Poesia, l'imitatione, il Verso, gli Episodij, le Peripete, le Agnitioni, le Tragedie, le Comedie, e chi l'ascolta ancora: poiche to mi rimango quà vn Poema abbandonato, derelitto, mal veduto da voi, e da tutti, mal composto, e malamente stimato: Et forse, ch'io non mi credeua d'essere l'Odissea d'Homero, l'Eneida di Vergilio, Orlando furioso dell' Ariosto il Goffredo del Tasso. Et hora chiaramente conosco ch'io non sono, ne anco Dama Rouenza, nè Drusian dal Leone, ne Morgante, e Margutte; Orsù patienza: Adio Signora Tragedia.

Sapho.Adio Signor Poema heroico, andate farui ricorreggere, e ristampar'di nuouo, perche così non valete niente.

Eurimaco, & Lesbia.

Euri.SIgnora Lesbia, poiche l'amor mio, e la mia fede appresso di voi non trouano nè pietade, nè ricompensa alcuna: mi delibero in tutto per tutto d'abbandonare questa per me mal cominciata impresa, & rimanere d'amarui.

Lesb.Se cosi farete, mi darete occasione di volerui bene, cosa che non hebbi giamai in pensiero di fare.

Euri.Mi piace questa vostra buona volontà; poiche non volendo venirò ad esser riamato da voi: imperoche, se bene mi rimarrò d'amarui, non perciò uorrò odiarui; onde vedendomi poscia amato da voi, ritornerò di nuouo come prima ad amarui.

Lesb.Cose lunghe sono le Picche, disse il Fiorentino: Quando saremo a questo, qualche cosa sarà: Ma volendomi disamare: Quale strada trouarete voi per non amarmi?

Euri.Venga da voi per saperla: poi che voi, che mi feriste, potete ancora risanar l'amorosa mia ferita.

Lesb.Io non hò la virtù che haueua l'hasta d' Achille, che da vn capo feriua, e dall'altro sanaua: Però bisogna trouar' altro rimedio a questo vostro discioglimento d'amore.

Euri.Come sarebbe a dir quale? cominciate a dirne qualcuno acciò ch'io possa eleggere il migliore per vscir d'impaccio.

Lesb.Per quello che hò più volte vdito dire, mi pare che il modo di disciogliersi dall'amoroso laccio, sia di due ragioni, l'vno della natura, e l'altro dell'arte.

Eur.Quello della natura credo, che sia il migliore, e con essa vorrei liberarmi dall amore.

Lesb.Voi sareste come l'Orso che gustato vn poco di dolce mele, non vi sapreste partir dal fauo di quella dolcezza.

Eur.Sarebbe facilissima cosa, ch'io diuentassi famelico amante, e ch'io non mi satiassi mai: Hora per dirui che duo sieno i modi da disciogliersi, e non dir' altro, io non sò come fare, nè a quale mi debba appigliare, se voi non me lo dite.

Lesb.Quello della natura, o naturale che vogliamo dire.

Eur.Dite pur naturale, perche è più proprio della donna, e vi tornerà meglio.

Lesb.Meglio sarà, che voi ne trattiate poi che siete tutto naturale: Ma per tornar a noi: Vi dico, che il modo naturale è quello, che con certi interualli di tempo, fà l'opera sua: E questo modo è comune a questa infermità, & a tutte l'altre ancora.

Eur.Quanto più m'andate dicendo, tanto meno v'intendo: bisogna parlar più chiaro Signora Lesbia mia.

Lesb.Voglio dire, che tanto dura il pizzicore nella pelle quanto dura la feccia del sangue nelle uene, o la flemma salsa ne i membri, poiche chiarito il sangue, & ammortita la flemma si ferma il pizzicore; e la rogna si parte.

Eur.Il mio pizzicore è talmente internato, e và talmente rodendo, ch'io dubito di non sanarmi mai.

Lesb.Come voi credete di non guarir giammai, non occorre ch'io m'affatichi nel raccontarui gli ottimi rimedij.

Eur.Seguitate pur Signora, e non vi pentite.

Lesb.Tra molti rimedij vogliono i Medici, che il cauarsi sangue, l'vsar'vino chiaro, & odoroso, & anco spesso inebriarsi si a modo attissimo a sciogliersi dall' amore: accioche trahendo il sangue vecchio, qual era contaminato si rifaccia nuouo sangue, e nuouo spirito: Però potrete cominciar a farui cauar di molto sangue, beuer' buonissimo vino, & imbriacarui spesso, che così vi libererete dall'amore.

Eur.Se il rimedio dell' imbriacarsi valesse, i Todeschi non sarebbono mai innamorati, poiche il più delle volte sono imbriachi: Et pure se ne trouano tanti, e tanti di loro, che ardono d'amore tra le gelate neui dell'agghiacciato Settentrione, la onde mi pare che questo rimedio non sia buono per me.

Lesb.Se questo non vi piace, prouate quest' altro: Cominciate vn poco a pensar' intorno a qualche difetto della cosa che amate, o nell'animo, o nel corpo, & andateuelo spesso riuolgendo per la mente, ouero applicate l'animo vostro a varij negotij graui, & importanti, che questi forse vi gioueranno.

Eur.Signora Lesbia mi pare che V. S. faccia come quel Medico mal pratico, che non sapendo il vero rimedio, ne tenta di molti per risanar l'infermo, & il più delle volte non volendo l'vccide, così uoi mi andate insegnando di molti rimedij per sanarmi, & perche non sapete il vero rimedio, in cambio di sciogliermi dall'amore più mandate annodando, essendo ch'io non trouo nella donna ch'io amo, difetto, nè mancamento alcuno.

Lesb.Horsù voglio diruene vno, che vi sanerà senz'altro.

Euri.Sì di gratia, Signora, speditemi, sanatemi, e ritornatemi in pristino, perche ne hò grandissimo bisogno.

Lesb.Bisogna Signor Eurimaco, che voi habbiate cura grande di non guardarmi, in modo tale, che gli occhi uostri si rincontrino con li miei, per leuar la forza a quegli spiriti, che dentro v'albergano, li quali hanno grandissima forza di far' amare; che ciò facendo rimarrete sano: & quest'è afforismo di Platone.

Euri.O questo è quel rimedio ch'io non lo posso, nè debbo fare; Ch'io non vi guardi? ch'io non vi miri? che gli occhi miei non facciano l'usato loro, cioè di fruire la corporale bellezza, che regna in voi? ch'io non guardi quella bellezza, la quale, è quello splendore, che l'animo rapisce, & inuola? Et che io non ammiri la bellezza dell'animo vostro, quale è fulgore nella consonanza di scienze, e costumi? questo non si trouerà mai.

Lesb.Io v'intendo: Voi siete vn' amante furioso: siete caduto in questo furore, siete acceso di collera, & vi affliggete nell' humor melanconico. E chiunque così ama, come amate voi, d'huomo diuenta bestia, & così bestia vi lascio.

Euri.Et così piano piano posso and are alla stalla a mangiar fieno, e biada come le bestie fanno.

Tarquinio, & Hippodamia.

Tarq.SIgnora Hippodamia essendo venuto il giorno delle nostre nozze, da noi tanto bramate, e tanto desiderate, vengo con Vostra Signoria a rallegrarmi delle nostre comuni contentezze, atteso che nella nostra patria, credo che non vi saranno più di noi sposi felici.

Hip.Questo vostro dire così felici, mi fà dubitare, poi che come sapete non si dà felicità in terra, pur' voglialo il cielo.

Tarq.Questo vostro parlare così languido, e con questo vostro modo di dire par quasi, che voi non vi rallegrate di questo nostro matrimonio, & per conseguenza pare che dal canto vostro l'amore si sia raffreddato, & che voi più non mi amiate.

Hip.Non è, che io non v'ami, e ch'io non ui desideri: Ma, ma basta.

Tarq.Cotesto vostro replicato ma, mi reca grandissimo sospetto: per tanto vi prego a dirmi quello che voi sentite.

Hip.Si suol dire per diuulgato prouerbio, che chi si marita in fretta, stenta adagio. Dubito di quello, che mi potrebbe interuenire, & per questo me ne stò cosi dubbiosa, & irresoluta.

Tarq.Ditemi vna volta di quello che dubitate, e leuatemi di sospetto.

Hip.Dubito per hauer' a venire in casa di vostro padre, e di vostra madre, sapendo essere l'ordinario delle suocere non veder troppo uolontieri le nuore loro: del padre di V. S. non dubito molto, poiche per lunga proua si sà che le nuore sono da i suoceri loro molto amate, & accarezzate, con tutto ciò vi sarebbe che dire.

Tarq.Signora mia, sò quanto voi siete amatrice delle belle lettere, e come tutto il giorno altro non fate, che studiare, la onde dubito, che nel leggere habbiate incontrata qualche materia strauagante, e che con quella vi siate sposata per non esser mia.

Hip.La mia dubitatione è fondata sopra buonissima dottrina.

Tarq.Non lo diss'io, O quanto meglio sarebbe, che le fanciulle attendessero all'ago, & al fuso, che alla lettura de i libri, che se ciò fosse, non succederebbono tanti disordini, & il negotio starebbe solamente tra il fuso, e la conocchia.

Hip.Sarebbe meglio senz' altro; Hora per dar principio alla mia dubitatione accennata intorno alli vostri Genitori, vi dico che conoscend'io per lungo studio fatto da me; la diuersità de gli stati, e de i gouerni, & come per similitudine l'istesso si troua nelle proprie case ancora, fa ch'io viua con qualche sospetto.

Tarq.Lasciateui intendere vna volta; Et particolarmente sopra gli stati, che voi accennate.

Hip.Signor Tarquinio, come voi sapete meglio di me, tre sono le specie di stato, & altretante de i contrarij, che sono trapassamenti d'esse, li quali sono come distruggitori, che danno la morte alle prime specie: la prima è il Regno, la seconda gli Ottimati, e la terza dello stato popolare, che da molti è detto Republica: Il trappassamento del Regno è tirannide, e la ragione è, che nell'vna, e nell'altra sorte di stato, sempre v'è vn solo che commanda.

Tarq.Bene stà: ma sono però tra di loro molto differenti: imperoche il Tiranno hà per fine il commodo proprio, & il Re hà per fine il commodo de sudditi suoi, non si douendo chiamar Re, se non chi è per se stesso sufficiente, & che non auanza gli altri in tutti i beni.

Hip.Non nego quello, che dite; Perche vn' huomo tale, che non hà bisogno di nullo, non fà di mestiero considerar l'vtile suo proprio, ma si bene quello de sud diti; E chi è fatto altramente, più tosto si debbe dir Prencipe a caso, che Re. Hora veniamo alla compagnia del padre con i figliuoli, la quale hà somiglianza col Regno, essendo tutti i figliuoli sotto la cura del padre, non essendo altro il Regno, che vn principato paterno.

Tarq.Che volete voi concludere con cotesto vostro modo di ragionare?

Hip.Hora lo saperete: E perche la compagnia che è tra padre, e figliuoli, il più dellevolte (anzi souente) è tirranica, per la ragione ch'egli vsa con loro tenendoli quasi per seruire, dubito che vostro padre tale non diuenga con voi, & peggiore con meco: Della madre non dirò altro, poich'ella non debbe hauer imperio sopra la nora se non tanto quanto la nora se ne compiace: ma veniamo vn poco all'altre compagnie.

Tarq.Non vi rimane altra compagnia, che quella che è trà padrone, e seruo, la quale si chiama imperio tirannico; ma questo non fa per noi, poi che in casa nostra, i serui son ben trattati oltre il loro salario, che non l'hanno a contendere.

Hip.Hor doue lasciate voi la compagnia del marito, e della moglie?

Tarq.La compagnia del marito, e della moglie, è simile allo stato de gli Ottimati, come vuole il Filosofo.

Hip.Si quando in tal compagnia il marito, comanda secondo che richiede la sua dignità, e quelle cose, che a lui stanno bene di comandare alla moglie: ma doue il marito ogni cosa vuol comandare, quiui si fà lo stato de pochi possenti.

Tarq.Buono; Ma doue lasciate voi di dire, quando la moglie vuol comandar assolutamente, facendo poca stima del marito suo, come di molte se ne trouano?

Hip.Questo si trouerà alcuna volta, ma non sempre, & in alcune mogli le quali per l'heredità, e per la robba che hanno, diuentano tali, qual cosà non caderà mai in me; poiche hò di molti fratelli come hauete voi, la mia dote è bella, & apparecchiata, et nessun'altra cosa posso pretendere, si che dal canto mio potete star sicuro di quello che hauete detto; ma non posso già io assicurarmi di non esser tiranneggiata dal padre, dalla madre, da i fratelli, e dalle sorelle.

Tarq.Non occorre hauer tante dubitationi, perche come si suol dire, che nulla fà, chi troppe cose pensa: mio padre è huomo ciuile, e di buona natura, ilquale v'amerà come figliuola, e non come nuora; mia madre farà il simile, essend' ella carica d'anni, e voltata tutta alla cura dell' anima, le mie sorelle hanno le doti loro in pronto, lequali non haueranno se non occasione d'amarui, l'istesso fanno i miei fratelli vostri cognati, poi che sanno quello che hanno d'hauere doppo la morte del padre, non essendo alcuno di noi, nè diuiso, nè mancipato, perche tale è il voler di mio padre per conseruare, e mantenere l'imperio suo, che hà sopra i suoi figliuoli, et in questo lo lodo: a tale, che voi potete veniruene tutta allegra, e baldanzosa a casa di mio padre, là doue sarete da tutti amata, riuerita, & honorata.

Hip.Il cielo lo voglia; pregandoui in questo mentre a non tener'memoria di quello che hò detto, ch'io per me mi contento, che a voglia uostra possiate meco trappassare al regno della tirannide, e che sempre tiranneggiate la moglie vostra.

Tarq.Sarò tiranno secondo i tempi, & a certi altri lascierò la tirannide, renuntiandoui in tutto per tutto l'assoluta potenza.

Hip.O questo nò: io non intendo d'esser sola in potenza, ma voglio che voi sempre concorriate con l'atto.

Tarq.Hor sù sarà quello, che vorrete voi: fratanto metteteui all'ordine di fare vna bella entrata in casa nostra, anzi per meglio dire in casa vostra.

Hip.Non mancherò di far quello, che è più debito vostro, che mio.

Arianna, e Leocrito.

Ari.EPur di nuouo siete quì Signor Leocrito: e che pensiero è il vostro.

Leoc.D'amare, e di seruire Amore giustissimo Signore.

Ari.Perche chiamate voi Amore giustissimo?

Leoc.Perche doue è vero, & intiero amore, iui è scambieuole beniuolenza, la quale non patisce, che si faccia ingiuria, nè di fatti, nè di parole: & è tanta la forza di questa carità, ch'ella sola può conseruare la generatione humana in tranquilla pace: & questo non lo può fare, nè la Prudenza, nè la Fortezza, nè forza d'armi, nè di legge, nè d'eloquenza, se già la beniuolenza non l'aiuta.

Ari.Benissimo hà detto V.S. Ma perche non chiamar' amore temperato, così come l'hauete chiamato giusto?

Leoc.E perche temperato?

Art.Perch' egli tempera e doma, i non giusti appetiti, cercando sempre la bellezza, la quale consiste in vn certo ordine, e temperamento; egli hà in odio le cose vili, & immoderate voglie; e doue regna Amore, tutti i mal nati appetiti si disprezzano.

Leoc.Come noi caminiamo per questo sentiero non faremo buon uiaggio.

Ari.Strano viaggio fà, chi molte cose pensa.

Leoc.Il pensare è proprio di persona prudente: ma ditemi di gratia cara Signora, a che pensate voi, quando non pensate a niente?

Ari.A risponderui quando non direte niente.

Leoc.Galantissima risposta; hora ricordateui Signora Arianna, che Amore oltre l'esser giusto, e temperato (come s'è detto) è ancora fortissimo Signore.

Ari.Io per me credo, ch'egli non habbia forza alcuna, poiche non mi sforza ad amarui.

Leoc.Sapete voi perche? Perche Amore non vuole mostrar con voi l'audacia sua: che s'egli mostrar la volesse, vostro mal grado mi amereste, poiche non si troua cosa più forte dell'audacia.

Ari.Quando mi ricordo d'hauer libera la volontà, non credo, che Amore mi possa fare forza, nè violentarmi.

Leoc.Questo è vn passo molto difficile da passare, però domando tempo di poterui rispondere.

Ari.Son contenta, ma sopra tutto siate breue, e non parlate troppo a lungo.

Leoc.Così farò, se bene vorrei esser lungo, lungo nel trattar seco.

Ari.Le cose lunghe sono noiose, & bisogna alle volte smozzarle, & farle più corte.

Leoc.Sì quando la parte contraria se ne contenta.

Ari.Voi siete sù gli scherzi, & io non voglio scherzare: Ma rispondetemi intorno al violentar la volontà mia come voi prometteste.

Leoc.Son contento: ma datemi tempo ch'io mi metta al l'ordine come vidissi.

Ari.Ancora non siete all'ordine? stiamo freschi, aspetta cauallo, che l'herba cresce.

Leoc.Signora voi hauete errato nel genere mascolino.

Ari.Ogni parola non vuol risposta: cominciate pure a scioglier l'obligatione vostra.

Leoc.Eccomi Signora, e dico: che Orfeo Poeta più che humano cantò duo Imperij in duo Hinni, l'imperio della Necessità nell'hinno della notte: dicendo la Necessità signoreggiar tutte le cose: l'imperio d'Amore nell'hinno di Venere, dicendo, tu comandi a tre Fati, ne i quali la necessità, consiste: hora se Amore comanda, necessità, e sforza tutte le cose, come non sforzerà la vostra libera volontà: Hora che dite Signora Arianna? Darauui l'animo di star salda questo gagliardo argomento?

Ari.Io mi rido di così fatti argomenti: Et non voglio entrar con voi per hora nel genere giudiciale, per che saprei benissimo diffendermi, & accusarui: con tutto ciò voglio leuarmi da questo impaccio, & risponderui, al che venendo dico, Amore altro non essere, che desiderio di bello, essend'egli bellissimo di corpo, & ottimo in bontade, che solo ama le cose belle simili a se: Hora se così è, come potrà Amore sforzarmi a volerui bene, & amarui, se voi non siete nella bellezza simile alui, nè simile a me?

Leoc.Amore le cose disuguali adegua, e le fà simili tra di loro.

Ari.Queste sono fauole de Poeti; come voi non mutate aspetto, e che non facciate vna bella Metamorfose starete molto male.

Leoc.Bisognerebbe ch'io hauessi quell'unguento, che diede Venere à Faone, che di brutto barcarolo lo fece bellissimo garzone, onde fù poscia amato dalla dotta Sapho.

Ari.Senz'altro: & ancora non giouerebbe.

Leoc.S'io fossi bello com'era Faone, sarei da voi amato, ò mia dottissima.

Ari.Noi ce ne andiamo in girandole, ne si viene al punto e mi vò imaginando, che voi habbiate in animo di darmi quello, che temeua di dire Alceo Poeta à Sapho da lui cotanto amata.

Leoc.Vna cosa simile: l'hauete indouinata alla prima.

Ari.Et io vi rispondo com'ella rispose ad Alceo: e dico, che se voi haueste in animo di dirmi cosa honesta haureste la lingua libera, e sciolta, nè per vergogna gli occhi bassi tenereste: ma perche voi bramate dirmi cosa meno, che honesta, perciò temete, e non hauete ardire di palesarla: la onde come disonesto amante, vi discaccio dalla mia presenza per sempre: nè crediate mai vedermi piegata alle vostre voglie, che se ciò auuenir douesse, più tosto eleggerei di morire, che d'esser mai vostra.

Telamone, & Helena.

Tel.SIgnora Helena vengo da V. S. per sapere se gli è vero, che habbiate giurato di non amarmi gia mai come ciascuno dice.

Hel.Egli è pur troppo vèro: & alla presenza vostra raffermo il giuramento.

Tel.E giuramenti, e le promesse vanno per l'aria sparse (come dice l'Ariosto) à tale, che non ne sarà altro, & vi muterete di parere.

Hel.Questo non dich'io, anzi sarà da me inuiolabilmente osseruato.

TelNon sò come voi habbiate potuto far questo vostro giuramento, senza non offender la conscienza vostra: se già voi non haueste (come dir si suole) vna conscienza pelosa.

Hel.La mia conscienza è bella, e netta, & non occorre starui à dar dinaso: & non occorre prentender' cosa alcuna da me, perche sò di non v'andar' debitrice.

Tel.Così dicono tutti coloro, che non vogliono pagare i propri debiti: voi non siete debitrice, mi negate il debito; onde vi cito innanzi al tribunale della ragione à diffender la causa vostra.

Hel.Senza ridurmi al foro oue concorre la moltitudine de i litiganti per arricchire i Notarij, & i Procuratori, saprò ben'io diffender la causa mia senza partirmi di quì essend'io alquanto instrutta nelle leggi ciuili, ammaestrata da vn mio fratello maggiore qual'è Dottor di Collegio.

Tel.Poiche così volete me ne contento.

Hel.Voi che siete la parte, che pretende, cominciate vn poco a dire quello, che pretendete da me, e di che cosa vi sono debitrice.

TelQuì di giusta ragione bisognerebbe, che fosse il Giudice sedente per poter dare giustamente poi la sentenza, come ricerca la ragion ciuile.

H-elL'animo mi dà, che voi vogliate fare come quel Procuratore, che vedendo la legge scritta esser contra la causa, ricorre alla legge commune, & all'equità: ma credetemi, che voi non farete nulla.

TelChi giudica rettamente non vsa in tutto la legge scritta: l'equità dura sempre, e la legge commune non si muta mai per esser'naturale.

Hel.Horsù a noi, & finiamola vna volta: ma doue sono i testimonij, che facciano fede del debito, che voi dite?

Tel.I testimonij sono in pronto: & sono tre, come ricerca la causa pendente, & il terzo è il più gagliardo di tutti.

Hel.Credo che tutti rimarranno chiariti, e più de gli altri quel terzo, e che gli bisognerà andarsene con la testa bassa: ma doue sono le scritture?

Tel.Nell'archiuio d'Amore, nè si possono hauerle per hora.

Hel.Ditemi il contenuto della scrittura.

Tel.Me ne contento Signora mia: e la scrittura fatta di vostra mano dice così. Io Helena Gentile per questa mia scritta, e sottoscrita di mia propria mano; confesso, d'hauer riceuuto dal Signor Telamone fedele, vn core tutto ferito, e piagato d'amorosi strali, il quale prometto di renderlo ad ogni sua richiesta, presenti li sotto scritti testimonij: questo Dì 28. Aprile 1616. in Venetia.

Helen.E chi sono i testimonij sottoscritti?

Telam.Sono questi, ch'io vi nomino: amore, fede, speranza con lealtà congiunta.

Helen.Nego d'auerla fatta: e che questo vostro cuore douete hauerlo dato à qualche strozziero, perche ne cibi qualche ciuetta, o qualche barbagianni simile à voi.

Telam.Orsù la intendo: & poiche negate le scritture, & i testimonij, bisognerà venire al giuramento, & bisognando anco, à i tormenti.

Helen.I tormenti credo che li prouerete voi, & maggior di quelli, che prouate amando non essendo riamato.

TelamI tormenti sono quasi testimonij: e pare che si dia lor fede per esserui dentro vna necessità di crederli.

Helen.Bisogna terminar questo nostro tedioso ragionamento: onde vi dico, che tutto il giusto, & l'ingiusto si termina col rispetto hauuto à due leggi, & à gli huomini: cioè la legge propria, e la legge commune; legge propria è quella, che è determinata à ciascuno verso se stesso; & questa si diuide in legge scritta, & in legge non scritta: legge commune è quella, che è secondo la natura, come sarebbe à dire per essempio, il dar sepoltura à i morti, essendo cotal giusto naturale: hora se nessuna di queste raccontate leggi non sforzano à pagar quel debito, che non appare, e che non si vede; io non sò vedere, perche ui uogliate esser pagato da me di quello, ch'io non vi debbo, e che non appare.

Telam.Voi tirate la cosa doue la non và Signor mia.

Helen.Siete pur voi, che non tirate al giusto, & all'honesto, la onde doureste andare alla campagna a tirare a qualche Gazza, a qualche cornacchia ouero a qualche cornacchione come voi siete.

Lisandro, & Prasilla.

Lisan.SIgnora Prasilla mia s'io potessi con parole significarui il mio tormento mi rendo sicuro, che vi mouerei a pietà dell'infelice mia sorte.

Prasil.Le cose, che volontariamente si fanno, o nulla o poco molestano, le uostre pene nascono dalla vostra volontà, dunque, o nulla, o poco u'offendono; se cosi uolete, perche vi lamentate? Non sapete, che non debbe dolersi chi al suo mal consente.

Lisan.La natura ci insegna a schermirsi dal male, ond'io da quella ammaestrato non'lo procuro, non lo cerco, non lo consento, anzi bramo fuggirlo; mala uostra crudeltà inaudita, è quella; che cagiona il mio male, che lo brama, e che ne gioisce.

Prasil.Se voi non m'amaste poco importerebbe, ch'io fossi o crudele, o pietosa.

Lisan.Sarà dunque Amore cagione del mio tormento: Amore, che per sua natura è sempre cattiuo.

Prasil.Ah Signor Lisandro così fatte bestemmie vi escono di bocca? non parlate mai più così. Voi non penate per amore, nè per amare, ma per non saper' amare: Non sapete uoi, che le cose naturali son sempre buone? l'amore è cosa naturale, dunque è sempre buono, e non può esser cattiuo se non per accidente, cioè bisogna che il mancamento venga dalla persona, che ama, che non ama di quell'amore, & in quel modo, che debbe: onde se voi m'amaste di quell'amore, in quel modo, che douereste, non sentireste passione alcuna: anzi prouereste con vostro piacere quel bene, che dalla bontà d'amore continuamente derriua. Dunque non per amore, nè per amare, ma per non saper' amare penate. Talche voi solo siete artefice della vostra infelicità.

Lisan.Io vi dico Signora, che u'amo di quell'amore, & in quel modo che debbo: perche l'amor mio non s'allontana da i termini dell'honestà, & s'io sapessi così ben parlare, come sò ben'amare, ue lo farei senz'alcun dubbio conoscere, e confessare.

Prasil.Se voi sapeste così ben parlare, come sapete ben' amare, dite, che mi fareste conoscere, e confessare, che infinitamente m'amate?

Lisan.Signora sì.

Prasil.Voi dite il vero, perche è proprio di chi ben'ama il parlar con voci tronche, con parole interrotte da sospiri, & altre cose simili, che non lasciano ben significar quel tormento, che ben si chiude nel seno.

Lisan.E da questo mosso, disse l'innamorato Poeta, Così poress'io ben chiuder' in versi I miei dolor, come nel cor li chiudo.

Prasil.Dico anch'io con uoi, che chi ben'ama mal ragiona; non male che dica male, ma male perche non può parlar come vorrebbe, conciosia che passione ben sentita non fu mai ben narrata: hor non diremo noi per lo contrario, che chi ben parla mal' ama? Voi non solamente parlate bene, ma parlate così bene, che l'istessa Dea Suada, Dea della persuasione, & l'istessa Pitho Dea dell'eloquenza ragionano con la vostra lingua: dunque quanto meglio parlate tanto meno amate, tanto meno siete degno di ricompensa.

Lisan.Bel modo è questo di fare, lodarmi come eloquente per non premiarmi come amante; perch'io parli bene (per confermar'il detto di V. S. e non per lodarmi) non è però ch'io ami male, o poco come vi piace d'intendere; souuengaui Signora, che il dolore hà grandissima forza per far eloquente vn' appassionata lingua.

Prasil.Dunque benche eloquente, siete nondimeno amante; perdonatemi s'io dissi in contrario, perch' io fui mossa dalle vostre prime parole.

Lisan.Son'amante Signora, della bellezza vostra, & sarò mentre ch'io viua; ma mi duol bene di consumar tutti i miei giorni senza prouar'amando alcun diletto.

Prasil.Come, che amando non prouate diletto? non mi amate voi d'amor honesto?

Lisan.Signora sì.

Prasil.Se voi m'amate d'amor honesto non potete amar senza piacere, poiche l'amor honesto non s'allontana mai dal piacere.

Lisan.Sò ben, che l'amor mio è honesto, ma non sò già d'hauer amando piacere alcuno, & sò ancora di sostenere in amore molti, anzi infiniti affanni.

Prasil.Signor mio, o voi siete bugiardo, o siete poco conoscitor del piacere; poiche mentre lo godete non lo conoscete: amar d'amor honesto, e non gioire, questo è certo impossibile: perche nell'amor honesto, non solo v'è un piacere, ma ve ne son molti; & che sia vero, il primo piacere è nell'istesso amore, quando si conosce d'amar persona degna, il secondo quando si vede l'oggetto amato, il terzo quando seco si parla, il quarto quando s'ode qualche grata risposta, & il quinto quando s'è amato cambieuolmente, ch'è il più importante, & il maggiore, che si possa dar'in amore: nessuno quando si conosce, che la donna amata gioisce, e si reputa felice d'hauer' un cosi fatto amante: ecco dunque, che non vn solo, ma molti piaceri si trouano nell'amor honesto.

Lisan.Io non posso non confessar, che nell'amor honesto non si troui piacere, ma non posso giàdire di prouar'il maggiore, essendo che voi crudele non volete amarmi.

Prasil.Forse auerrà col tempo, che prouerete cosi fatto piacere, il quale nascerà dalla vostra fermezza, e dalla uostra perseueranza.

Lisand.Quando per mia auuentura auuenisse, che voi vi degnaste d'amarmi, n'haurei quel maggior contento, che imaginar si possa, e l'anteporre a qual si voglia vtile, ancorche grande.

Prasil.Non dite antepor'il cor contento all'vtile, perche l'vno, e l'altro vanno del pari; e come l'amor honesto non è senza diletto, cosi non è senz'vtile. Ditemi di gratia qual maggior vtile si può trouar'amando, che sentirsi a poco, a poco rapir dalla bellezza della donna amata, a tutte le attioni virtuose per farsi degno di lei, e dell'amor suo? qual maggior vtile, che lasciar tutte le cose indegne riempendosi tutto di pensieri leggiadri per farsi alla sua cara donna somigliante, alla qual mentre studia di piacere piace ad ognuno, qual' vtile più grande si può finalmente desiderare, che vnirsi e trasformarsi dolcemente in lei?

Lisan.Certo nessuno Signora mia. Ma questo utile pare a me, che ritorni solo in beneficio dell'amante. E quando per mia ventura uoi m'amaste non sarebbe già conueneuole, che done l'amore fosse commune, l'utile douesse esser particolare.

Prasil.V. S. non discorre male; ma bisogna considerare che in amore ci è più d'una sorte d'utile, e che i belli tengono per utile grandissimo il poter far parte della loro bellezza ad altrui, senza menomarla, anzi che accrescendo senza loro perdita il numero de i belli imitano quasi la beltà celeste, dalla quale ogni beltà derriua, e senza la quale i belli istessi diuenteriano diformi: ecco dunque, che l'amor honesto èsempre accompagnato dall'vtile, e che l'utile dall onesto disgiunto diuiene inutile.

Lisan.Che vn brutto di volto, e di corpo praticando con vn bello d'aspetto, e di presenza diuenga bello; Signora con pace vostra parmi impossibile.

Prasil.Se essendo brutto di volto, e di presenza, praticando con persona amata, e bella non potrà farsi bello di quella bellezza, che voi intendete, si farà bello di costumi, e d'opere, che è la bellezza di che parl'io, molto più degna, e molto più durabile, & amabile insieme, poiche la bellezza del corpo s'ama vn tempo, e quella dell'animo s'ama sempre.

Lisan.Non si può negare quello, che V. Sign. dice; fatemi dunque gratia Signora mia, ch'io possa conuersar con voi a fine, che rendendomi adorno di quelle parti di che io son priuo, possa riceuer quell'vtile, ch'io bramo, & per mezo di esso rendermi degno dell'amor vostro: fatelo cara Signora Prasilla, poi che voi ancora n' acquisterete vtile accrescendosi la bellezza dell'animo nel comunicarla, & la persona sapiente si fa sempre più dotta nell'insegnare.

Prasil.Quand'io saprò tanto, ch'io conosca di poterui insegnare, all'hora farò volentieri quanto V. S. dice, sapendo, che la donna amata mentre incita l'amante alla virtù, gioisce in se stessa, conoscendo, che le ricchezze dell'amante sono, i suoi propri thesori vsciti del suo errario senza impouerirlo, così l'vna bellezza per l'altra maggiormente fiammeggia, e risplende, & cosi l'vno, e l'altro honesto amante riceue piacere, & vtile grandissimo; attendete uoi dunque ad amar honestamente, ch'io in tanto attenderò a studiar diligentemente, perche poi conuersando V. S. meco possa com'ella brama hauer, e piacer, & vtile dalla mia conuersatione.

Lisan.Tanto farò Signora Prasilla, quanto m'imponete; viuendo con speranza, anzi con certezza di sentirli tali quali voi gli accennate.

Tiberio, e Criseida.

Tiber.SIgnora Criseida, io conosco, che quanto più vò celando la mia pena, tanto più m'auuicino alla mia morte, poiche le brace più coperte ardono, & abbruciano con maggior forza: la onde douendo morire son costretto lamentarmi con voi, facendole sapere come i begli occhi vostri cagionano la mia pena, & il mio tormento.

Criseid.Io non ho mai vdito dire, che da bella cagione nasca brutto, e cattiuo effetto: ma perche conoscendo il vostro male, non cercate di sanarui come gli altri infermi fanno?

Tiber.Fui consigliato da molti amici, di ridurmi a i Bagni di Pozzolo, le cui acque hanno molte virtù secrete, miracolose, e che giouano a tutti i mali; v'andai, e trouai, che per la mia infermità non haueuano niuno effetto, che gioueuole fosse.

Criseid.Et a che mali sono buone, e salutifere quell'acque?

Tiber.Quelli, che sono afflitti da qualche intemperie, che hanno il sangue troppo alterato, le reni tutte renose, & vlcerate, che per arte non possono esser sanati, trouano alla fine per la virtù di quell'acque, il vero rimedio assicurato: quelli parimente che hanno il corpo pieno d'humori pesanti, & che si riempiono di crudità, e di vento, e che languendo conducono la uita loro miserabilmente alla morte, trouano alla fine, anch'essi la salute loro: ciascuno riceue beneficio da quell'acque io solo non hò potuto trouare rimedio alcuno al mio male, & il Medico che mi cura, conosce bene la natura mia, e la mia complessione, ma non conosce (misero me) la natura d'amore.

Criseid.Al mal d'amore siete ridotto? State fresco, & è possibile, che cotesto vostro Medico, come Filosofo non conosce la natura d'amore?

Tiber.Egli non la conosce certissimo.

Criseid.Se non conosce la natura d'amore non sà nulla, & io, (ancorche donna) mi vanto di saperne più di lui.

Tiber.Se cosi, è (come mi gioua di credere) spero da voi, conoscendola trouar qualche rimedio a questo mal che mi tormenta.

Criseid.Hor poich'egli non conosce la natura d'amore, o che nega di uolerla dire, ve la dirò io; sappiate dunque, che amore altro non è che vn falso pensiero, che per vane ragioni inganna il nostro giuditio; il pensiero è nostro, dunque in noi si forma questo Dio senza ragione, e questo diforme mostro.

Tiber.Il mio Fisico hà fatto giuditio dal color del mio volto, che vnsangue troppo riscaldato mi và seccando a poco, a poco, mi ha ordinata l'acqua, per uso commune, poiche ciascuno corre all'acqua per spegnere il fuoco: (ma misero me) egli s'inganna, e non conosce di doue procede il fuoco, che cagiona il mio morire; essendo che il fuoco d'amore trapassa la scienza, ne potrebbe tutta l'acqua del mare spegnere una minima fauilla del mio fuoco.

Criseid.Io uoglio breuemente descriuerui la maligna natura d'amore; accioche uoi sappiate come gouernarui: Voi dunque, che lo seguitate, e che hauete lasciato ogni uostro diletto, e perduta la uostra libertade, ascoltate le humane dolcezze, & l'humana natura di questo uostro Dio, che uoi chiamate amore: egli è un tiranno accorto, un Re senza fede, un Prencipe senza honore, un Monarca infedele, un falso Dio senza giustitia, un Profeta bugiardo, amico finto di chi lo segue, l'essempio del male, il modello del uitio, la regola, & il compasso della malitia, impatiente, audace, imperioso pieno di sospetto, di crudeltà, d'audacia, malitioso ingannatore, i suoi piaceri non sono altro, che uento il suo riposo non è altro, che paura, & per ricompensa di ben seruire dona ad altrui la perdita di se medesmo accompagnata da un lungo pentimento.

Tiber.L'acque son per le fiamme un rimedio ordinario, con tutto ciò questo rimedio non mi può soccorrere: egli è ben uero, che per li contrarij si guariscono i mali, & il mio male può solo esser sanato da chi lo fece: la fiamma mia, che esce di si degno fuoco, che mi fà consumare sotto le ceneri de' miei tormenti, si potrebbe spegnere per l'acqua delle mie lagrime, se l'acqua hauesse forza d'estinguer le fiamme d'amore; la cagion principale del mio male (come da principio dissi) viene da bei vostri occhi, liquali auuentano in vn colpo per la loro chiarezza, l'amore dentro l'anima, & l'ardor dentro il core.

Criseid.Tanto che voi siete per quello, che dite innamorato di me; io non mi doglio, per voi m'amiate, ma mi dispiace solo di non poterui amare.

Tib.Bisogna, che V. S. si moua da qualche cagione.

Criseid.La cagione principale, è che io non voglio seruire, come vi dissi, ad vn'accorto tiranno, ad vn Re infedele, ad vn Prencipe senza honore, & ad vn Monarca senza fede.

Tiber.Per dire, che amore è tiranno, infedele, senza honore, & senza fede, & non proceder'più oltre; il dire è senza i suoi fondamenti; bisogna ricercarne la verità, & conoscere se la cosa è, e per quello ch'ella è.

Crised.Signor Tiberio, quando saperete più oltre intorno alla sua maligna natura, forse, e senza forse ancora, che voi cercherete di leuarui al suo tirannico imperio, essendo che l'huomo fà quello, che vuole; e per tornar di nuouo ad amore dico, (come molti altri dicono) ch'egli altro non è, che vn Porto senza riposo, vn riposo senza piacere, un piacer senza solazzo, un solazzo senza piacere, una Naue senz'acqua, una barca senza remi, un Verno, senza freddo, un Estate senza calore, un uero laberinto, una oscura prigione, un bosco di tradimenti, & una deità senza pietade.

Tiber.Io non confesso tanto male d'amore, come voi dite Signora, nè hauerei giamai tanto ardire di biasimare vna cosa celeste, e diuina.

Criseid.S'egli fosse cosa diuina haurebbe in se pietà, perche gli Iddij hanno pietà de gli huomini: ma perche l'origine sua vien dall'inferno, quindi nasce, ch'egli si nutre, & pasce de i sospiri de gli amanti, del sangue, delle lagrime, de i tormenti, e di tutte le attioni mortali; chi lo fornisce d'arco, di faretra, e di strali, se non le vostre segrete passioni, & i vostri segreti desiderij, ch'escono fuora da vostri innamorati cori? Se dunque se voi sapete, ch'egli nasce di uoi medesimi è, ch'egli non hà il suo potere dalla volontà suprema, come a ragione direte uoi, ch'egli sia cosa diuina, et insieme disceso da gli alti cieli?

Tiber.S'egli non hà pietà (come voi dite) habbiatela uoi, Signora Criseida, & non oscurate il raggio della vostra bellezza con nube di crudeltà.

Criseid.L'amor del corpo, è cosa molto vana, e poco durabile, pigliando l'essere suo da vn debile oggetto: ma l'amor dello spirito non è tale, poich'egli piglia delle qualità dell'anima, ch'è immortale, facendosi immortale, perche delle loro cagioni sempre participano gli effetti come ciascuno sà; doue voi dite, che egli trahe l'origine sua dal cielo, io vi rispondo e dico, che tutto quello, che viene dal cielo, al cielo ne conduce: e quello che procede dall'inferno, all'inferno ne guida, amore hebbe origine tale, & voi che lo seguite, a casa caldo ve ne anderete.

Tiber.Per seruire, & seguitare amore, io non anderò mai all'inferno, e se pure ui anderò, ui anderò solo per la vostra crudeltà, la quale m'indurra ad esser'micidiale di me stesso.

Criseid.Sapete di donde derriua questo? derriua dalla vostra cecità, la quale vi auuiene, perche seguitate vn cieco, e come cieco amate le tenebre, e fuggite la chiarezza; come significa quella benda, che gli vela tutti duo gli occhi, misterio occulto della cecità de gli amanti infelici, e miserabili.

Tiber.In fine io non posso dir'male di chi m'hà fatto innamorate delle vostre bellezze.

Criseid.Amore non hà che fare nelle mia bellezza; la quale è dono di Natura, alla quale se volete potete hauer qualche obligatione, e non d'amore, che non v'hà parte alcuna.

Tiber.Mi volterò dunque alla natura, che ui fece tale, & insieme dirolle vn mancamento grande, ch'ella fece nel formarui il quale fù, che in uece di farui il core di carne tenero, e molle, lo ui fece di durissimo sasso, e perciò armata siete di durissima crudeltà contra chi u'ama, & ui desidera.

Criseid.Non sò che farui, prouate a disamare, date ricetto allo sdegno, che forse ui giouerà.

Tiber.Strano abbattimento ueramente fanno nell'anima mia amore, e sdegno; lo sdegno souente uiene per trarne amore, & amore in un'istesso tempo ralluma la sua fiamma; lo sdegno mi fà credere un'amante infedele, & l'amore mi fa uedere pieno di fedeltà: lo sdegno mi dice, che uoi amate un'altro amante, e l'amor m'assicura, che uoi m'amate, e ch'io debba osseruar la fede: lo sdegno mi agghiaccia, & amor mi rinfiamma, à tale, ch'io non hò in me altro di certo, che l'incerto.

Criseid.Mi dispiace d'ogni vostro trauaglio; & quì conosco come questi duo Auuersarij v'hanno tolto in mezo; e che per pigliarsi scherzo, e gioco di voi, vi trauagliano di questa maniera, e giorno, e notte, per tanto bisogna, che voi facciate vna bella risolutione, ò d'abbandonare vno di loro, ouero di sbandir l'vno, e l'altro in vn medesimo tempo da voi, & liberarui da questo tormento, essendo certo, e sicuro, che da me non siete mai per esser riamato, non perche voi non meritate, ma perche non voglio viuere sotto l'imperio di questo tiranno amore, e tanto vi basti, senza alcuna replica.

Tiber.Poiche lo sdegno, e l'amor mi tormentano, e godono del mio male, e non altra cosa: & che perciò si sono accordati insieme per darmi maggior trauaglio; io alla presenza vostra, lascio lo sdegno, e discaccio l'Amore per poter poi viuere senza alcuna noia. Sgombra dunque dal mio seno, e dal mio core, ò sdegno, furia d'Auerno, e dentro al tenebroso Regno vatti à nascondere, e tù ò Amore, ò amore crudele, e perfido tiranno, và e prendi per tuo albergo il negro Cocito, & colà trà le tenebre ve ne viuete in compagnia de gli altri mostri infernali poiche senza di voi nessuna cosa mi può più molestare: hora, che ve ne pare Signora Criseida, non è stata la mia vna bella, & vna gagliarda resolutione a liberarsi in vno istesso tempo da duo fieri inimici?

Criseid.Bellissima, non che bella, pur che questi spiriti à qualche tempo non ritornino a darui vn nuouo assalto e non si risentino.

Tiber.Io non dubito più di loro, perche di già mi sento libero affatto, & scarico dell'vno, e dell'altro assetto: rimanete felice Signora mia, perche io non sono più innamorato ne più ardo per voi.

Criseid.Et io quasi, quasi, ch'io cominciaua, à sentire vn certo stimolo d'amore, e di pietà verso di voi, ma poiche siete libero non voglio più trauagliarui.

Tiber.Dite pur Signora Criseida, non vi pentite, perche io sono ancora à tempo di poter'riamare.

Criseid.Non vi diss'io, che gli spiriti si risentirebbono? io burlo con V. S. andate pure, & andate felice.

Celio, e Tullia.

Celio.SIgnora Tullia mia, si come le stagioni sempre si rimouano, così miei desiri l'vn l'altro si richiamano, e sempre ritornano nel lor primiero stato. Gli occhi vostri così pieni d'ardore, doue i miei desiri s'accendono, fanno, che i miei caldi desiri giamai non si consumino, se non per la mia morte.

Tul.Noi siamo sempre alle medesime contese, & mai non vi lasciate intendere, nè pronunciate quello, che voi vorreste da me.

Cel.Io credo, che non vi sia cosa al mondo, che nutrisca, e che ritenga più l'amante nella sua seruitù, che la bella speranza di quel piacere, che se gl' aspetta.

Tul.E che piacere è questo, che voi sperate amando?

Cel.I marinari combattutida i venti, e dalle procelle del mare, nella maggior fortuna, e nella maggior tempesta dell'onde, hanno la speranza, che loro porge qualche conforto, di riueder le case loro, e li fà viuer costanti: gli agricoltori trauagliano, e da i lor campi riceuono alla bella stagione l'vsura delle lor pene, & i miseri amanti rimarranno, dunque senza raccogliere il frutto douuto del loro amore, e della loro fedel ser uitù? questa mi pare vna pena da non poter sopportare.

Tul.Se la speranza è quella, che da gli amanti mai non s'allontana, a che dolerui? a che lamentarui? sperate, e tanto basta.

Cel.Amore, quando vuol saettar'vn'amante tira diritto à gli occhi, doppo alla fantasia, e per vltimo al senso commune, dou'egli si vuole accampare: e seguendo alla vittoria, dà vn generoso assalto all'anima innamorata, in quella parte accesa, oue i nostri desiri s'infiammano; per la qual cosa amore non viene ad esser' altro, che desiderio, e l'amare altro non è, che desiderare; il desiderio corre sempre alle cose possibili, accioch' elleno potendo si rendino piaceuoli, & amicabili, e la speranza con la sua forza ne punge, proponendosi nel fine vn qualche effetto: à tale, ch'io concludo, che l'amore, il desiderio, la speranza, & l'effetto siano vna cosa istessa.

Tul.Questa vostra conseguenza (negando) si potrebbe gettar a terra, senz'altro; ma seguitate pure quello che volete dire.

Cel.Dico così, Signora, che l'amore senza fauore non è altro, che corroccio; lamento, furore, confusione: vn'aria piena di tempeste, & vna sospettosa guerra; vn caualliero errante vàcercando la sua auuentura, il piacere è il punto, e l'effetto d'amore, & fà che sempre l'amor dura, per tanto non è douere, che vn'amante ami, & serua senza mercede, e senza ricompensa alcuna.

Tul.Io v'intendo Sig. Celio mio galante, voi aspirate al godimento delle bellezze corporali, e non hauete riguardo alcuno all'honor mio, à quell'honore, che si debbe alla vita anteporre io vi ringratio del fauore, che voi mi vorreste fare.

Cel.L'honore è la scusa delle semplici donne, che non fanno altro che dire, ma per disingannarui, Signora, vi dice, che l'amore, e l'honore sono vna cosa istessa, o tra di loro poco differenti: gli Sauij dicono, che l'honore non è altro, che un'artificio mascherato di equi à, di uirtù sopra il vitio, & vn laccio inganneuole, che si tende alle donne ignoranti; il nome dell'honore è bello a pronuntiare, & mi piacerebbe assai quando l'effetto suo non fosse miserabile, e che la cagione sua non fosse piena di mille tiri, che ci vanno ingannando, & breuemente le dico, che l'honore è solo vna parola, che si troua in la bocca, & il piacere, si vede, si sente, e si gusta, & il piacere, è vn corpo, e l'honore altro non è, che vento.

Tul.Se tutte le donne fossero del uostro parere, non occorrerebbe, ch'elle fossero tanto ritrose, ma che liberamente ad ogni richiesta di loro amanti si dessero loro in preda.

Cel.Signora là doue io dissi, che l'honore non è altro, che vento, dissi male: perche non solamente non è vento, ma è vna cosa meno, che uento; e quel meno, mi diuora, vi fa perdere la vostra giouentù, & u'inganna, come nimico d'ogni vostro bene, ch'è dunque questo honore? vn niente, che la persona s'imagina; vn niente, che da niente hà l'origine sua, e per dirlo breuemente l'honore è meno, che niente, e quel niente meno è vna cosa non conosciuta, vn sogno, vna chimera, vna fantasma, vna nube, vn'ombra che nell'aria serue per spauento, e come vn picciolo fanciullo, che nella notte si spauenta tosto ch'egli uede la sua ombra: alla fine io conosco, che l'hono e altro non è, che la discrettione d'vn'amante fedele, che sà tacere appresso il fatto, il contento, & il diletto, che ha riceuuto con la cosa amata, & poi come si suol dire, l'error celato, è mezo perdonato.

Tul.Bella diffinitione intorno all'honore hauete fatta, Signor Celio: tanto che al vostro dire semplice, & ignorante, è quella donna, che lascia, e perde vn ben che la contenta, per seguitare vna speme ingannatrice d'vn'honor finto, e simulato; e ch'ella deurebbe sciegliersi vn'amante discreto; fedele, e saggio, al quale facendo copia di se stessa punto non perderà dell'esser suo: e tanto più, quanto che l'error celato non è errore, non è così Signore?

Cel.Signora sì.

Tul.Questa bella, gratiosa, e dotta lettione doureste voi leggere sera, e mattina alla vostra moglie, & alle figliuole, e sorelle, se ne hauete, per inanimirle a così degna impresa: Ah Signor Celio così biasimate l'honore, tanto amato da ciascuna persona? hor non sapete voi, che come la donna hà perduto l'honore, che non li rimane più che perdere, che degno sia: mutate, mutate pensiero, & insieme parole alla presentia mia, perche se non lo farete, lo farò io col dirlo a i miei parenti.

Cel.S'io fossi certo di quello, che voi dite, lo farei, ma perche io ne stò in dubbio, seguiterò l'impresa, & ve ne darò molti assalti, talmente, che vi bisognerà arrendersi, o per amore, o per forza, & per dar principio a nuouo assalto: vi prego, che non vi piaccia l'amorosa mia perdita, e di vedermi tormentare con la vostra crudeltà, perche ciò facendo, guastate tutti i miei disegni, li quali stanno per dirmi l'vltimo Adio, e che pensate voi di fare con l'essermi crudele? ricordateui, che uoi leuate ad Amore la sua natura immortale, & che è grandissima crudeltà a far morire vn Dio: l'amore senza il gioire si nutre della speranza, la speranza di timore, il timor d'impatienza, l'impatienza conduce vna mutatione, la mutatione spesso guida l'incertezza, e doppo l'incertezza si fa l'ingratitudine: a tale, che il gioire, o il piacere, che si hà con la cosa amata serue per fondamento dell'istesso amore.

Tul.Se questo assalto, che dato m'hauete non hà maggior forza, credo che vi bisognerà fare vna bella ritirata: e già mi par di sentire la vostra perdita, e sonar a raccolta.

Cel.Piano Signora, non ve ne andate tanto altiera: perche con la batteria da più parti finalmente si rompe ogni durezza.

Tul.Potete batter quanto uoi uolete, perche le vostre palle sempre daranno in nulla, e non di punto in bianco.

Cel.L'ingratitudine, che voi m'vsate, è la peste, & il veleno d'amore: il ghiaccio, che lo gela; la semenza dello sdegno; la balia del dolore; la madre della crudeltà, regina delle discordie, il fonte dell'obliuione, rouina de gli amanti, & inferno della loro mala fortuna: credetemi Signora, che la perfettione d'un vero amore, non è solamente l'affettione, che per vna bellezza s'imprime nell'anime nostre, ma bisogna, che duo raggi egualmente vincitori, si percuotino insieme in vn medesimo tempo per far bruciare i nostri cuori, in quella guisa, che da duo sassi vediamo vscir la fiamma, & il fuoco; e perche credete voi, che ad Amore si diano due ali, due corde all'arco, e due freccie? non per altro se non per dinotare la sua forza cambieuole: l'amore non è amore se duo cuori non son'vno, & il vero amore con amor si merta.

Tul.L'ingratitudine mia, e la mia crudeltà sono le diffese della rocca della mia pudicitia, e dell'honor mio, & sin quì questi vostri debili assalti non fanno cosa alcuna: credete a me, che voi non pianterete mai lo stendardo della vostra vittoria sopra le mura della mia fermezza, e della mia costanza.

Cel.Quando non gioueranno gli assalti, si venirà alle vie sotterranee, alle caue, alle mine, e per forza d'amorosa poluere s'acquisterà la fortezza della vostra ingratitudine.

Tul.La mia fortezza è fornita di buona monitione, & al suo bombardiero non mancano, nè palle, nè buoni pezzi.

Cel.Cercheremo di rimboccarli il pezzo migliore, e più gagliardo.

Tul.Il pezzo è bene ingabbionato, & è riposto in loco, che non se li può fare offesa, e tira più di notte, che non fa il giorno.

Cel.Tenteremo con qualche gran donatiuo d'esser padroni della fortezza, che per vn pugno d'oro, rompe qual si voglia durissima porta.

Tul.La porta è fortissima.

Cel.V'attaccheremo vn petardo.

Tul.Meglio fareste attaccarui ad vna corda, e dar l'vltimo crollo. Andate in mal'hora, ch'io non voglio più ascoltarui.

Aurelio, e Geneura.

Aur.BEn trouata quell'vnica donna, la bellissima presenza di cui manda nel fondo dell'oscuro oblio tutti quei noiosi tormenti, ch'io amaramente sostengo da lei lontano.

Gen.Ben uenuto quel uirtuoso giouane, che frena, e regge con dolcissimo impero tutti gli amorosi miei pensieri.

Aur.Sogliono Signora Geneura mia, tutti gli altri viuenti distinguere il giorno dalla notte dallo spuntar del Sole, e dal nascer dell'ombra; ma io altra notte non conosco, che quella della vostra assenza, nè altro giorno, che quello della uostra presenza, onde per discacciar le tenebre de gli occhi miei (colpa del non vederui) vengo a goder di quella amata presenza, che è sola, e mia vita, e mia luce.

Gen.Essendo la uostra bellezza, Signora, e Padrona del cuor mio, è giusto ancora, che la uostra volontà sia Signora, e Padrona della mia. A voi è piaciuto di visitarmi per goder della mia presenza, & io per vostro compiaccimento ne godo, si che io antepongo il vostro ad ogni mio piacere: ma per gusto mio sarebbe stato molto meglio, che voi non foste comparso.

Aur.Ohimè Signora mia, che u'odo io dire? questo procede forse perche poco m'amate.

Gen.Anzi perche molto, & infinitamente io u'amo.

Aur.Se infinitamente m'amate, perche dunque non u'è caro il vedermi?

Gen.Io non dico, che non mi sia caro il vederui, dico solo, ch'io godo più non vedendoui.

Aur.Deh vita mia, che nuouo, e particolar priuilegio è questo, ch'Amor' ui concede. Voi lontana da me sentite contento, quand'io priuo di voi son l'istesso dolore?

Gen.Antico, & vniuersal priuilegio è quello, che Amor vi concede, poiche quel piacere di cui io godo fu sempre, & è conceduto a chi gustar lo vuole.

Aur.Sò pure, ch'io sono fido seruo d'Amore di lunga mano, e non solo non hò mai prouato questo piacere: ma non hò meno saputo, che alcun'altro amante goda o possa goder più non vedendo la cosa amata, che vedendola.

Gen.Questo che dite, è così incredibile Sig. Aurelio, che non deurà dispiacerui s'io nol credo: ditemi per vita uostra quando non mi uedete pensate voi alcuna volta a me?

Aur.Sempre, ch'io non ui uedo, Signora mia, penso di voi.

Gen.Se ogni volta, che non mi vedete di me pensate, voi mostrate di goder di quel bene ordinario de gli amanti, benche in me vi paresse insolito, poiche non si può pensare alla cosa amata senza diletto, anzi ch'egli è tanto grande, ch'io sono sforzata a chiederui se voi prouate maggior contento nel pensar di me, che nel uedermi.

Aur.Son sforzato a confessare, ch'io sento diletto mentre vi sono lontano pensando di voi, tuttauia io sento (e credo, che ciò interuenga ad ogni altro amante) molto maggior piacere nel vederui, e non può essere altramente, perche la cosa amata quanto più è ueduta tanto più diletta.

Gen.Et io prouo (e credo, che infiniti altri amanti meco prouino l'istesso) molto maggior diletto nel pensar di voi, che nel uederui, perche mentre, ch'io penso di voi, tutti questi miei spiriti egualmente godono, cosa che non m'auuiene nel uederui, perche vedendoui solo il senso del vedere gode, e gioisce, e gli altri sensi, e spiriti s'accendono tanto d'amoroso desiderio di goder' anch'essi, che a pena sostener lo possono.

Aur.Signora io dirò con pace vostra, che siate sola in questa openione, niuna bellezza è mai tanto amata quanto quella, che si gode col senso del vedere, per la qual cosa possiamo conoscere quanto sia maggior il diletto del vedere, che del pensare. Ogni sauio afferma, che gliocchi sono le finestre dell'anima, talmente, che per mezzo di quest'occhi gode l'anima anch'essa l'oggetto amato.

Gen.Se gli occhi sono fenestre dell'anima, & i pensieri sono radici dell'anima; ond'è che pensando alla cosa amata senza impedimento alcuno, e l'anima, e la mente dolcemente si bea, credete Sign. Aurelio, che tanto è più degno il pensare del vedere, quant'è più degno il contemplar del mirare: e che sia più degno quello, che questo, si conosce per tanti huomini prudenti, che per meglio contemplare si priuarono volontariamente de gli occhi conoscendo di quanto impedimento erano alla vera contemplatione.

Aurel.Quelli, che si priuarono della luce erano amanti di bellezza inuisibile, & incorporea, che se hauessero amata bellezza visibile, e corporea, non solo non si sarebbono priuati de gli occhi, ma haurebbono procurato di torre i suoi tant' occhi al cielo per meglio vederla, come vorrei far'io.

Geneu.L'amante virtuoso deue amar sempre più la bellezza dell'animo, che quella del corpo, qual non potendosi godere se non per mezzo della mente è forza, che colui, o colei, che virtuosamente ama senta maggior diletto nel pensare, ond'io, che v'amo di così fatto amore desidero che ui partiate, a fine ch'io possa con maggior contento di quello che al presente prouo, pascer la mente di più cibo.

Aurel.Reputo esser uirtuoso amante anch'io mia Signora, poiche u'amo con puro affetto, e con intentione castissima.

Geneu.Quand'io non fossi certa di questo non u'amerei, ma poi c'hauete goduto a bastanza nel vedere; lasciate ch'anch'io goda nel pensare, partiteui dunque Signor Aurelio.

Aurel.Io uoglio partirmi senz'altro Sign. Geneura mia, ma prima ch'io parta vorrei, uorrei.

Geneu.Che uorreste? ditelo arditamente Sig. mio.

Aurel.Vorrei vn pegno del vostro amore.

Gen.E qual pegno vi sarà caro.

Aur.Vn saluto d'Amore.

Gen.E come saluta Amore quando saluta?

Aur.Come saluta? Saluta quando da due rosate, e dolci labbra soauemente sugge la Dolcezza, e'l colore, il che è d'Amore saluto, vita, spirito, & anima.

Gen.Volete dunque ch'io vi dia vn bacio?

Aur.Io lo desidero in estremo, poiche vn bacio da voi dato, e da me reso, può rendermi il più felice di quanti amanti sono in terra.

Gen.Se così è non solo vn bacio, ma dieci, e cento, e mille io son pronta a concederui; e se Amore hà ne suoi baci, e suoi ricchi pegni, & i suoi cari saluti, io son pronta a baciarui quanto volete.

Aur.O felice Aurelio.

Gen.Anzi ò felice Geneura.

Aur.Auertite, Signora, che quello è pegno, e saluto di Amore, che baciato ribacia, e quanto piglia soauemente rende.

Gen.Io credo, che sia vero quanto voi dite, perch'io hò vdito dire più volte, che mentre si toglie, e si rende il bacio, è proprio vn seminare, & vn raccorre in vn medesimo tempo. E che passando il bacio per le labbra al core, con le labbra d'amor, v'imprime amore.

Aur.O mia vita io sò, ch'egli è vero quanto voi dite.

Gen.Se così è, perche spendiamo il tempo in parlare, e non in baciarsi?

Aur.O fortunato, ò felice, anzi felicissimo Aurelio, io vengo Signora mia. Fermateui Sig. Aurelio.

Aurel.Ohimè, e perche questo Sign. Geneura.

Geneu.Perche non ci è alcuno, che ci vegga.

Aurel.E questo è bene.

Geneu.Anzi questo è male.

Aurel.E perche di gratia.

Geneu.Perche non è douere, che tanto nostro diletto segua senza testimonianza: aspetteremo dunque, che ci siano molte, e molte persone presenti a i nostri baci, perche da molti, e molti sia fatta al mondo fede di tanta nostra felici à.

Aurel.Se cosi è bisognerà, ch'io la baci in piazza: or sù patienza.

Pirro, & Mutia.

Pirro.ECco Signora mia il vostro infelice Pirro. Ecco colui, che può giustamente chiamarsi misero mostro d'infelice amore.

Mut.I mostri sono difetti di natura, se uoi siete mostro d'amore, questo è difetto dell'istesso amore, tal che non hauete a dolerui se non di lui.

Pirro.Non per colpa d'amore, ma per colpa della vostra fierezza son tale; onde non d'amore; ma di voi doler mi debbo.

Mutia.S'io son cagione del uostro male, perche non mi fuggite?

Pirro.Perche non uoglio, che si dica, ch'io fugga per viltà, & veramente, ch'io sarei indegno del core, quando questo cor mio non sapesse quei martiri sostenere, che sostengono gli altri amanti.

Aut.Gli altri amanti quando veggono di penare, e di seruire infruttuosamente come fate uoi, con giuditio gouernandosi lasciano la mal incominciata impresa, e cosi deureste far voi.

Pirro.Tolga il cielo, ch'io faccia questo Signora: può ben essere, che alcuno impatiente faccia quello, che dice V. S. ma gli essempi cattiui non si debbono imitare: io per me reputo molto più degno di lode quell'amante, che benche infelice in amore, armato di costanza, e di fede non rimane di seguitar la cominciata impresa, che quello, che vedendo di non poter trar frutto dell'amor suo si rimane d'amare.

Mut.Io per me reputo più degno di lode, colui, che fugge il suo male, che colui, che ostinatamente lo segue. Fuggono gli animali priui di ragione quello, che lor nuoce; e non lo debbe fuggire l'huomo animale dotato di ragione per esser da meno delle fiere?

Pirro.Vn'amante, che per non sopportar gli amorosi tormenti lascia d'amare, è a guisa d'vn' ardito guerriero, cho sendo andato ad vna gloriosa impresa, se ne sia poi per viltà fuggito.

Aut.Dunque volete, che vno, che sia offeso, potendo difendersi non si difenda? a me pare, che sia grandissima lode il fuggir da quel luogo, e da quelle persone, dalle quali si riceue ingiuria a torto.

Pirro.E'molto meglio il morir combattendo, che per viltà fuggire, i codardi non sono accetti ad amore, nè meno sono amati dalle donne.

Mut.Al vostro dire, quel nocchiero, che vede il suo legno in gran tempesta cinto da gli scogli, e combattuto dal furor del mare, e della rabbia de i venti non prende buon consiglio, se procura di ritirarsi in porto prima, ch'egli perisca.

Pir.Altro è l'onde solcar, altro è l'amore Sig. mia.

Mut.Anzi, che non è altro amore, che vn procelloso mare di tormenti, e d'affanni, il sottrarsi al graue giogo amoroso, e rihauer la libertà comunque si sia è sempre bene.

Pir.Colui, che senza temer'il nemico segue coraggiosamente il suo disegno, sprezzando ogni pericolo, merita nome di forte, di valoroso.

Mut.Chi non teme l'auuersario, si debbe chiamar più tosto forsennato, e bestiale, che forte e valoroso; Parmi, che sia grandissima prudenza, il temere de i possibili danni, & il fuggirli ancora.

Pir.Dite quel, che vi pare Signora, che non sarà, ch'io non v'ami, e non vi segua sin tanto, che non vi risoluiate d'esser mia.

Mut.Non sarà mai ch'io sia vostra.

Pir.Signora se voi prouaste vna volta i piaceri, & i diletti de gli amanti; io mi rendo sicuro, che cangiereste pensiero.

Mu.Che piacere, che diletto possono mai prouar gli amanti?

Pir.Che piacere, che diletto? pigliatemi per marito, e lo saperete.

Mut.Non lo voglia il cielo.

Pir.Per qual cagione vi dispiace tanto il dolce nome moglie, e di marito.

Mut.Perche ben, ch'io non habbia prouato mai, che cosa sia marito, non sò nondimeno, che'l giogo del matrimonio è grauissimo.

Pir.Sig. voi mi fate credere, che non siate composta di carne, nè di senso come son l'altre donne.

Mut.Et perche credete questo? io credo pur d'esser donna come l'altre.

Piro.Perche se voi haueste carne, e senso prouerste gli acuti stimoli della carne, e del senso, & haureste pietade della carne, e del senso.

Mut.Sapete voi, perch'io ricuso di maritarmi Signor Pirro?

Pir.Signora nò.

Mut.Perche essendo io crudele, come voi dite, & essendo nemica d'amore, com'io sò d'essere, dubiterei di partorir figliole più crudeli di me, & più nemiche d'amore, ch'io non sono.

Pir.Quando vi maritaste sò certo, che diuerreste pietosa e deporreste ogni odio, & ogni alterezza.

Mut.S'io diuenissi vostra moglie, sò che frà pochi giorni bramareste anco voi quello, che brama la maggior parte de i mariti.

Pir.E che brama la maggior parte de i mariti.

Mut.Di tener la dote per se, e di rimandar la moglie à casa.

Pir.Questo non auuerebbe giamai.

Mut.Quando questo non m'auuenisse, non mi mancherebbe almeno vn perpetuo cruccio, poiche il marito non è altro, che martire della moglie.

Pir.Anzi la moglie, è maglio dèl marito.

Mut.Perche dunque volete prender moglie?

Pir.Perche ogni suentura mi sarebbe grata, pigliando voi, che cotanto amo.

Mut.Io ho vdito dire da mille lingue, che amore accompagna marito, e moglie insieme, & poi lascia, che la discordia, la rabbia, e'l vano, e tardo pentimento stringa il durissimo nodo, ilquale per loro estrema infelicità non è disciolto, se non per morte: si che lasciate ogni speranza d'hauermi per moglie.

Pirro.Sareste voi mai per mia suentura la porta dell'inferno, sopra della quale è scritto, lasciate ogni speranza, o voi ch'entrate?

Mut.Peggio, se peggio si può credere.

Pirro.Se cosi è come voi dite, mi fate credére d'essere vna Dea d'Auerno priua d'ogni pietade.

Mut.Credetelo pure.

Pirro.Ma com'è possibile, che vna tanta bellezza come la vostra, possa habitar l'oscurissime tenebre dell'inferno?

Mut.E'pur troppo possibile.

Pirro.Io stò per dire che la vostra bellezza faccia sì, che l'inferno rassembri vn paradiso.

Mut.Noi ce ne anderiamo nell'infinito: meglio sarà che da voi io mi parta, per leuarui l'occasione dell'andar fauoleggiando come fanno la maggior parte de gli amanti.

Dario, e Talesia.

Dar.PErche il costume de gli huomini, Signora Talesia, e di pregar le donne a mostrarsi loro cortesi, non douerà parere strano à V. S. s'io la pregherò a concedermi la sua gratia.

Tales.E perche il costume, & il debito delle donne è di negare, non douerà dispiacerui, s'io negherò di concederui il mio amore.

Dar.Deh cara Signora mia non sapete voi, che vano è il possesso senza l'vso? à che vi serue il posseder tanta bellezza quando non la godete voi, & non volete, ch'altri in voi la goda? quest'è vn disprezzar'il thesoro di che il cielo vi fece, e la natura herede.

Tales.Per non disprezzar quei doni, che il cielo, e la natura mi diero Et per non parer così ignorante, & auara ch'io non sappia, ò non voglia, valermene, ò che altri per me se ne vaglia, dite, che posso, ò che debbo fare?

Dar.La terra, l'acqua, il cielo, il Sole, la Luna, le stelle, & altre cose molte non sono create per loro, ma solo per vtile, e sodisfattione delle genti, così la bellezza della donna, non è creata per se, ma perche l'huomo sua vera compagnia lo goda à voglia sua.

Tales.Horsù quando à vostra persuasione io vi lasci goder quella bellezza, che dite splendere in me non sarete voi contento?

Dar.Sarò contento in guisa, che s'altro in terra sarà più contento di me, certo non sarà mortale.

Tales.Non sia mai, che per me vi sia tanta felicità contesa: Se voi Signor Dario non v'ingannate nell'amare, e nel chiedere, voi siete il più fortunato amante, che viua. Voi bramate di goder la bellezza mia: hora bisogna vedere ciò, che sia bellezza, e come si diuida: si diuide la bellezza in tre parti, & in queste tre parti la bellezza è conosciuta; Bellezza di corpo, bellezza d'animo, e bellezza di voce: queste tre parti di bellezza si godono col vedere, con la mente, e con l'vdito: voi mi vedete spessissime volte, e spessissime volte m'vdite: alla mente poi non può mai esser vietato il suo piacere, dunque se con gli occhi, se con l'orrecchie, e se con la mente godete la bellezza del corpo, della uoce, e dell'animo, e se la bellezza non consiste in altro, uoi a uoglia uostra la godete, onde siete pienamente felice.

Dar.Se quì hà da fermarsi il godimento dell'amata bellezza, parmi, che molto poco mi concediate, e parmi insieme, che questa sia vna infelice felicità.

Tales.Non ui diss'io Signor Dario, che uoi guardaste il non u'ingannare nell'amare, e nel chiedere? Non son'io, che vi concede poco, siete voi, che desiderate troppo, e chi non si contenta del poco, non hà mai tanto, che li paia à bastanza. Colui, che possiede il bene, e non lo conosce, può dir senz'altro di non possederlo.

Dar.Ogni volta, ch'io potessi a voglia mia, e toccarui, e bacciarui, mi chiamerei felice; ma nel modo, che voi dite non mai.

Tales.Se voi m'amate honestamente (come io credo) non douete chieder questo, perche nell'amor honesto, nè la bocca, nè le mani u'hanno parte.

Dar.Questo uostro amor honesto, Sign. Talesia, è troppo sterile, bisogna al parer mio accompagnarlo con l amor diletteuole, accioche l'uno mantenga l'altro.

Tales.Voi siete vno di quelli amanti, che desidera l'amor dall'animo, & il frutto dal corpo: dissi ben'io, che molti amano, e pochi conoscono amore, & interuiene a questi, come a colui, che in acqua fetida vede qualche bella imagine, che sia dietro a lui, che senza considerare, od hauer patienza di guardarsi addietro, si getta in quell'acqua pensandola vera habitatione di così bella sembianza, e senza ritrouarla ci perde la vita. Così interuiene a coloro, che vogliono amare senza considerar bene, che cosa sia l'amare, e doue, e come bisogna cercar'il vero amore, e la vera bellezza, chi ama come deue, troua senz'altro nell'amor honesto, l'amor diletteuole.

Dar.Credete a me, Signora, che i baci, gli abbracciamenti, & i godimenti amorosi sono la vera perfettione, e la vera immortalità a'amore: e che sia vero, per questo mezo si perpetua la specie humana, senza laquale il mondo, e l'istesso amore in poco tempo finirebbe.

Tales.Chi vuol'amar perfettamente, bisogna che ami con intentione di dare, e non di riceuer gusto, e certo, che colui, che ricerca così fatte cose, e ricerca per dar piacere a se, e non ad altrui; onde si può dubitare, se questo tale sia amante, o nò; troppo si disdice ad huomo dotato di ragione il non bramar' altro in amore, che quei piaceri, che son' ancora communi a i bruti, e chi gli brama non ama.

Dar.Anzi, che (perdonatemi se dico tant'oltre) chi non li brama, non ama: come può hauer piacere vn'huomo baciando, & accarezzando una donna, ch'egli non ami? credete a me, che non possono dilettar questi contenti, se non a colui, che ama.

Tales.E'uero, che questi piaceri non dilettano, se non a colui, che ama, e che grandemente ama: ma vorrei, che mi diceste, che ama colui, ch'altro non desidera, che questi contenti, e questi godimenti?

Dar.Questo è facile a dirui: egli ama quella persona, ch' egli accarezza, o che vorrebbe accarezzare.

Tales.Questo lo dite voi.

Dar.Lo dico, perch'è vero.

Tales.Amate uoi così me?

Dar.Signora sì.

Tales.Se m'amate così, voi non amate me: ma voi medesimo.

Dar.Come questo?

Tales.Se qualche donna giurasse d'amarui infinitamente, standosi in dolce trattenimento con voi, & poi per qualche accidente non potendo hauer'altro godimento di voi che sguardi, e parole lasciasse di amarui, e se medesima ui togliesse, direste voi, che ella u'hauesse amato?

Dar.Ne starei in dubbio.

Tales.Non direste voi colei non m'amaua: ma solo amaua se stessa, non bramando altro, che trar da me quel piacere, ch'ella più desideraua per se medesisima?

Dar.Veramente sì, ch'io lo direi Signora.

Tales.Dicendolo direste il vero. Ma ditemi di gratia non può la donna con la medesima ragione dir l'istesso dell'huomo, c'habbia pari intentione?

Dar.Signor sì: voi m'hauete tanto aggirato, che m'hauete ferito con l'armi proprie: onde non posso dir'altro, se non c'hauete mille ragioni.

Tales.Hor poiche finalmente hauete pur confessato, che amate uoi stesso, date voi stesso il premio a voi medesimo di quell'amore, che vi portate; che quand'io conoscerò, che amiate me, all'hora procurerò di ricompensarui: conoscete dunque, e confessate in tanto, che l'amor di così fatti godimenti non è amore, ma voluttà, e se pur'è amore è amor di se stesso, & andate a studiar meglio le vostre lettioni.

Dar.Io le hò studiate benissimo, & voleua di già addottorarmi, & far la mia prima amorosa lettione sopra la vostra catedra.

Tales.La mia catedra vuol'altro Dottore, che voi, e di già quello, che debbe leggerui sopra, hà preso i punti: si che rimanete, & andate addottorarui altroue.

Claudio, e Targelia.

Clau.SIgnora Targelia è così grande l'amor, ch'io ui porto, che non sò trouar parole, che sieno atte per esprimerlo: s'io dico d'amarui al paro de gli occhi dico poco, perche questi occhi me li trarrei, quando che fosse in vostro seruitio. S'io dico d'amarui al pari della vita, dico medesimamente poco; perche questa vita non stimerei, quando porgesse occasione il tempo, che per la mia si saluasse la vostra: dunque, che debbo dire? Dirò, che u'amo più, che me stesso, & voi, perche più, che me stesso v'amo, doureste hauermi compassione, & ricompensare il mio amore.

Targel.Voi dite così, non perche sia vero, non perche lo crediate: ma perche vi sia creduto; non sarò già io così sciocca nè così credula, che voglia creder cosa, che per se stessa è incredibile. Non è persona tanto inesperta, che non sappia naturalmente ognuno amar più se stesso, che qual'altro si voglia.

Claud.Anzi, che fa errore colui, che ama più se stesso, ch'altrui, e che sia vero nessuno amore è più biasimato, nè più ripreso di quello, che amase stesso. Di ciò ne rende testimonianza Narciso. Ohime Signora non sapete, che dall'amor di se stesso nascono tutti i vitij?

Targel.Questo nostro ragionamento hà bisogno di distintione: quel primo amor di noi stessi, che ne induce a lasciar'il bene, & a seguir'il male (ch'è l'amor del senso di che al parer mio trattate voi) è quello veramente, ch'è tanto biasimato in noi, in vece, & in scrittura: il secondo amore, col quale amiamo noi stessi, ch'è l'amor ragioneuole di che parl'io, è quello, che sprezza tutti i pericoli, e sottentra a tutte le fatiche per acquistarsi gloria, & honore del qual'amore non si può mai dir tanto bene, che non sia poco: e quanto più vno è virtuoso; tanto più ama se stesso di questo amore: Hor voi, che non hauete pari in virtù, di giusta ragione amate più voi, che me.

Claud.Queste vltime parole, Signora, si come da me sono state vdite con rossore così sono passate con silentio. Vengo alla mia verità, e dico, che molti, anzi infiniti huomini valorosi, e nobili in tutte le nationi, & in tutti i secoli hanno volont ariamente detto di morire, o per la patria, o per i parenti, o per gli amici, laqual cosa ci fa chiaramente conoscere, che questi tali amarono più la patria, i parenti, e gli amici che loro stessi.

Targel.Quei Decij, quei Fabij, quegli Scipioni, e tanti altri, di cui m'hauete rauuiuata la memoria, che sprezzando la vita s'offersero a volontaria morte, furono mossi da quell'amor virtuoso, che già v'hò detto, ilquale quanto più è volto verso se stesso, tanto più è lodeuole, perche si come dall'altro vengono tutti i mali, così da questo procedono tutti i beni.

Claud.V. S. non hà voluto farmi valida la ragione, ch'io le ho detta: ma se non hà voluto confessar quella, bisognerà confessar quest'altra: Ditemi Signora, qual'amante si troua ilqual non dica, non creda, e finalmente non ami più la cosa amata, che se medesimo? voi non potrete già arguirmi contro, poiche tutti gli amorosi Poeti altro non cantano, & io che che amante sono, sò che v'amo più che me stesso.

Targel.Io credo, e sò di non creder'il falso, che uoi, e tutti gli altri amanti amate per compiacimento di voi stessi, che se questo non fosse uoi non amareste: ognuno ama quello, ch'egli ama per cagion di se stesso, dunque ama più se stesso, ch'altrui: ese non volete credere all'esperienza di voi, o d'alcun' altro, credete all'istessa ragione: tutte le cause sono migliori de i causati, & i principij de i principiati, l'amor di se stesso (come dice il Petrarca) è cagione, e principio di tutti gli altri, dunque è migliore; dunque deue ognuno amar più se stesso, che altrui. Oltre di ciò chi ama vna cosa per cagion d vn'altra, ama più l'altra, che quella: come per essempio amando voi me, per fine delle vostre contentezze, amate più le contentezze uostre, che me; intorno poi a gli amorosi Poeti ui rispondo, ch'essi cantano quello, che credono forse uero: ma non quello, ch'è vero in effetto: perche la Poesia non è altro, che un sogno di quelli, che non dormono, come i sogni non son'altro, che poesia di quelli, che non sono desti.

Claud.Voi uorreste confondermi, ma non sarà cosi: quanti sono stati, che si sono vccisi da loro, o lasciati morir di disagio per amore? Hor chi sarà colui, che vedendo alcuno eleggere per altrui di morire, non dica quel tale amar'più altrui, che se stesso?

Targel.Io lo dirò, e lo dirò con verità: poiche nessuno eleggerà di morir per persona, che non ami di core, e chi ama di core stima assai maggior dolore il viuer senza l'amato, bene, che morir per lui, similmente, chi per altra cagione s'vccide, o si lascia morir di disagio, lo fa solo, & principalmente per l'amor di se stesso, cercando con la morte, o di conseguir'alcun bene, o di fuggir'alcun male.

Claud.E quale è maggior male della morte? non sapete, ch'ella è l'estremo mal di tutti i mali?

Targel.Il lasciar di far bene per far male, il mancar del debito d'huomo da bene, come fate voi con pace vostra molestandomi tutto il giorno, & il perder l'honore è peggio, che mille morti, e poi non sapete voi, che la morte, a chi è misero non è pena, ma fine della pena?

Claud.Due parole ancora cara Signora Targelia; potrei dir molto; ma dirò poco: nessuna cosa può amarsi, laquale non sia veramente buona, o tenuta buona: quanto dunque vna cosa è migliore, tanto maggiormente si deue amare: dunque ciascuno deue amare più i migliori di se; che se medesimo: voi siete miglior di me, dunque vi amo più, che me stesso: ciascuna parte ama più il suo tutto, che se stessa: e che sia vero; se alcuno vi tirasse vn colpo al capo, il braccio, ch'è parte s'esporrebbe a perdita manifesta per saluar la vita, ch'è tutto: il buon Prencipe ama più il bene del suo popolo, che il suo proprio, e molti padri esponendosi a pericoli per i figliuoli, hanno mostrato d'amar più i figlioli, che loro stessi.

Targel.Voi dite d'amarmi perche son migliore di voi, non è cosi Signor Claudio.

Claud.Signora sì.

Targel.Voi sapete, che la similitudine è cagione d'amore, procurate d'essere buono quanto me, che poi v'amerò: se queste uostre ragioni Signor Claudio fossero vere, i padri, e le madri amerebbono più gli altrui, che i propri figli, ogni volta, che quelli fossero de i loro migliori, la qual cosa è falsissima; perche ognuno ama più le cose sue ancorche vili, che l'altrui benche pregiate; amando il buon Prencipe più il bene del suo popolo, che il suo proprio, viene ad amar più il suo, perche il vero bene, e la vera ricchezza del Prencipe è l'amor del suo popolo: se il braccio cerca di difender la testa, non è perche ami più il tutto, che sè, ch'è parte, ma perche mancando il tutto, mancherebbe ancor la parte: l'amore si fonda sopra la cognitione, sopra l'vnione, e sopra la similitudine: ognuno conosce meglio sè, è più vnito a se, & più simile a se di nessun' altro: dunque ognuno ama più se, che nessun'altro: chi vuol conoscere per chiara esperienza, che ognuno ama più se stesso, ch'altrui, lo conosca da questo, che se stesse a noi di poter dare il maggior bene che sia, a cui volessimo, ognuno eleggerebbe di darlo a se, e perche il maggior bene, che si possa desiderare è la felicità, nessuno può eleggere di far più tosto felice altrui, che se stesso, et per concluder ui dico, che tutto quello, che da tutte le nationi, in tutti i tempi, & in tutti i luoghi, si fà solo, e principalmente per l'amor di se stesso.

Claud.Voi m'hauete vinto con la bellezza, conuiene ancora, che mi vinciate con la virtù.

Flessippo, & Aspasia.

Fless.CHe fate voi Signora Aspasia padrona mia cara?

Asp.E ch'altro posso far'io, che amare, e desiderare il Sig. Flessippo.

Fless.Certo hauete ragione d'amarmi, poiche io son tutto vostro: non sò già come potete desiderarmi, essendo il desiderio ordinariamente riuolto alle cose, che non son possedute.

Asp.Benche'l desiderio possa star senza l'amore, non è però, che amore possa star senza desiderio: le cose, che si posseggono ueramente s' amano, ma non è però quest'amore senza il suo desiderio, essendo, che l amante desidera di conseruar le sue gioie, i suoi piaceri, e sopra tutto desidera di conseruar la cosa amata, e la sicurezza dell'amor suo. Dunque il desiderio dura tanto, quanto dura l'amore, onde si conosce, che le cose, che si posseggono s'amano, e si desiderano ad un tempo, e quelle, che non si posseggono solamente si desiderano. Dunque Sig. Flessippo se uoi siete mio u'amo e desidero di perseuerar in quest'amore: oltre, che bramando van gli amanti d'vnir così i corpi, come sono uniti gli animi, & essendo questo impossibile, è forza ch'amore sia sempre congionto col desiderio.

Flessip.Io conosco in virtù delle vostre saggie & accorte parole, ch'io son molto più felice di quello, ch'io mi riputaua: mi riputai felice per esser'amato da voi, e felicissimo hor mi confesso, poiche voi mio bene desiderate di perseuerar nell'amore: ond'io ui giuro, che di quanti pensieri nasceranno in mè, la maggior parte sarà sempre la uostra.

Aspa.Et io soprauazando la vostra cortesia vi giuro, che tutti i pensieri, che nasceranno in me saran vostri, anzi che prima, che sien concetti voglio, voglio, che sien vostri, e vostri saranno doppo l'esser concetti, e dopò nati.

Flessip.S'io ho detto, che la maggior parte de'miei pensieri sarà vostra non l'ho detto, perch'io non brami di dedicarui ogni mio pensiero, ma per dubbio, che trà tanti non ce ne sia alcuno, ehe non meriti di uenir'a uoi, ilquale come indegno voglio, che stia in disparte.

Aspa.Hor ditemi ui prego, come farete a conoscer i degni da gli indegni (per dir come uoi dite) ch'io per me reputo, che non possa nascer pensiero del uostro bel seno, che non sia degnissima.

Fles.Io dirò, che tutti i pensieri, che in me nascono, per non far V. S. bugiarda sien degni: ma quando ciò sia uero, non sà la Signora Aspasia, che iu tutte le cose si dà il più, e'l meno. Quei pensieri in me dunque, che son più degni son'inuiati a lei, e quelli, che sono men degni si rimangono addietro.

Asp.Come fate uoi a conoscergli?

Flessip.Per mezo dell' esperienza uera maestra di tutte le cose.

Asp.Deh di gratia ditemi come gli esperimentate.

Flessip.Molto uolontieri Signora, l Aquila quando ha i figli nel nido, benche gli uegga dotati di rostro, d'artigli, e di penne come lei, non per questo uuole assicurarsi, che sien suoi sin tanto, ch'ella non fà proua della lor uista: li fà dunque affissar nel Sole; chi non sostiene quella chiara luce, uien da lei come non suo figlio discacciato dal nido: chi regge il nobil lume uien da lei come sua uera prole accolto, & accarezzato. Cosi benche tutti i miei pensieri habbiano (per dir come V. S. dice) un non sò che del gentile, non per questo li reputo degni di uoi mia uita, sin tanto, che non sostengano con lo sguardo il lucidissimo Sole della uostra bellezza, e delle uostre uirtù.

Aspa.Duolmi, che nelle lodi, che vi piace di darmi, io ui discuopro molto più eloquente, che veracea ma godo, che dal uostro direhò imparato anch'io a far esperienza de miei pensieri: anch'io per mezo della proua (ancor che differente) conoscerò qualde miei pensieri sarà degno del Signor Flessippo mio.

Fless.Come proua differente.

Aspa.Signor sì.

Fless.E qual sarà affine ch'anch'io possa impararla?

Aspa.Non per insegnarui, ma per obedire dirò, ch'io farò esperienza de miei pensieri in quel modo che faceuano esperienza i Celti figli loro.

Fless.E qual'era l'esperienza di quei popoli.

Aspa.Quando nasceua loro un figlio, per conscer s'era legitimo, o naturale, subito nato lo gettauano nel fiume Reno, s'era naturale (fama è così) andaua al fondo, s'era legitimo staua di sopra: I pensieri, che nasceranno in me, porrò io nel fiume del mio pianto, s'anderanno à fondo come greui d'indegnità, gli lascierò perire, e li conoscerò indegni di voi, se staranno nella superficie dell' acqua, come eleuati, e sublimi li conoscerò meriteuoli del mio Signore, onde a lui solo saranno dedicati.

Fless.Come, che ponerete i uostri pensieri nel fiume del vostro pianto, Signora, il pianto nasce dal dolore, & io sò pure, che non ve ne dò, come ne anco vi darò giamai occasione di dolerui.

Asp.Amore non è mai senza dolore, e conseguentemente non è mai senza lagrime: Non sapete, che ordinariamente si dice, che nè di riui i prati, nè le Api di fiori, nè le Capre di frondi, nè di lagrime Amore si vider satij giamai. Dunque benche uoi non siate (bontà vostra) per darmi occasione di doglia, non perciò rimarrò di piangere, oltre che versano ancor gli amanti lagrime di contento.

Fless.Sien lagrime di contento le uostre, Signora mia, ch'io ne goderò, ò se pur di duolo, siano solamente per quel tributo, ch'Amor chiede a gli amanti, e non per mio mancamento: ma per mio mancamento non sarà, hauend'io fisso nell' animo di non daruene mai vna minima occasione: ma uoi diceste, che quei pensieri, che non anderanno al fondo, saranno a me riuolti; ò mia uita, pure, che lo star a gala nella superficie dell'acqua, non denoti leggierezza, e conseguentemente volubilità, ogni cosa anderà bene.

Asp.Saran leggieri sì, ma non però volubili, quanto più saranno lieui, tanto più saran degni: le cose graui, quanto son graui, tanto più facilmente scendono al centro, così le leggiere quanto più son leggiere, tanto più facilmente poggiano al cielo: dunque i miei pensieri, quanto più saranno leggieri, tanto più saranno celesti.

Fless.L'argomento è buono; ma io per me goderei più, che fossero graui, perche li riputerei stabili.

Asp.Orsù farò esperienza di loro in altro modo, è forse vi sarà più caro.

Fless.Facilmente, ma qual sarà la seconda esperienza?

Asp.Farò esperienza de miei pensieri come faceua la minor Thet i de figli suoi.

Fless.Come faceua ella, Signori.

Asp.Questa essendo Dea, & essendo maritata in Peleo, ch'era mortale ogni volta, che partoriua per conoscer se i parti haueuano la qualità del padre, ò della madre li gettaua nel fuoco: se ardeuano, le conosceua mortali, e sdegnandoli lasciaua consumare: hauendo partorito Achille, parimente l'abbruciaua, ma Peleo se ne auuide, & la impedì, ond'ella poi per farlo almeno impenetrabile (poiche non nacque immortale) lo tuffò nel fiume Lethe, e perche lo prese per vn piede, e si scordò di bagnarglielo, Paride poi l'vccise, saettandoli quella parte. Se dunque per conoscere i pensieri mortali da gli immortali, li metterò nel fuoco del mio seno, se li conoscerò mortali, gli lascierò incenerire, se immortali saranno destinati alle vostri immortali virtù.

Flessip.O felicissimo cambio d'amorosi pensieri: O felicissimo Flessippo, à cui sarà dato in sorte di pensar' alle attioni sue con pensieri immortali dell'immortal sua donna.

Aspa.In virtù di questo gentile, e gradito cambio di pensieri, Signor Flessippo mio, l'vno potrà assicurarsi dell'amor dell'altra, & l'altra dell'amor dell' vno, perche i miei pensieri come miei, non lascieranno mai, che voi pensiate ad altra, che à me, & i vostri non consentiranno, ch'io d'altrui, che di Flessippo pensi.

Fless.A dio dunque ricetto di tutti i miei pensieri.

Aspa.A dio pretiosa conserua de'miei.

Eliodoro, & Theossena.

Elio.HOr sì ch'io posso dire vedendoui, ecco l'Aurora, che sponta dalla dorata porta d'Oriente.

Tess.Veramente sì, che potete chiamarmi Aurora, poi ch'io col vento de gli amorosi miei sospiri, spente le facelle della notte, vengo messaggiera felice di voimio lucidissimo Sole, che con lo splendor de begli occhi consumate i vapori dell'amorose mie pene.

Elio.E non può essere Signora mia, ch'essendo insieme come noi siamo, voi siate l'Aurora, & io il Sole, perche l'Aurora, e'l Sole non sono amanti.

Teoss.Poiche l'Aurora, e'l Sole non sono (come veramente non sono) amanti, bisognerà dire, amarui io come v'amo, che voi siate, o Cefalo, o Titone; guardate quale de i duo vorreste essere.

Elio.Signora, Cefalo era giouene, e Titone vecchio: in amore è miglior la giouentù, che la vecchiezza, dunque sarebbe meglio ch'io fossi Cefalo.

Teoss.Se volete esser Cefalo; non mi sarete amante, ma nemico: poi che Cefalo fù così contrario all'Aurora, ch'ella fù sforzata a rapirlo & io vorrei, che douendo seguir contentezza tra noi, seguisse per volontà, e non per forza.

ElioDunque sarò Titone, Signora.

Teoss.Come Titone sarete vecchio, e conseguentemente geloso, essendo la vecchiezza proprio albergo della gelosia.

Elio.Toglietemi Titone ne suoi prim'anni, e toglietemi in ogni modo geloso, essendo buona la gelosia in Amore.

Teoss.Anzi che non è cosa più cattiua in amore della gelosia; essend' ella appunto in lui come il loglio nelle biade, le rughe nelle spiche, e'l tarlo nel legno, la gelosia e come l hedera, che serpendo intorno al cuore de gli infelici amanti va rouinando quanto Amor vi fabrica

Elio.Sì la disperatione, Signora, e non la gelosia. Io sono amante, & essendo amante non posso far di meno di non esser geloso, poiche chi ama teme, e la gelosia non è altro, che timore. Dunque chi ama naturalmente teme, e naturalmente è geloso.

Teoss.Argomento, che in sembianza di vero, è tutto falso, alquale rispondendo dico, che non è necessario a chi ama l'esser geloso, chi è geloso veramente ama, ma ognuno, che ama non è geloso. Così ciò che è gelosia è ben timore, ma ciò ch'è timore non è gelosia: com'ancora ciò che è huomo, è animale, ma ciò ch'è animale non è huomo; conoscasi la differenza, ch'è tra'l timore, e la gelosia in questo, che'l timore conserua, & accresce l'amore, e la gelosia lo scema, e lo trasforma in rabbia: ecco Scilla da Circe per gelosia, conuersa in can rabbioso, ci dimostra, che i cuori de gl'infelici gelosi vengono sempre deuorati da famelici cani, cioè da rabbiosi pensieri, che gli distruggono.

Eliod.S'io fossi di souerchio geloso, potrebb'esser, che mi auuenisce quel che V. S dice, ma essendo geloso temperatamente (è forza contradirui Signora) la gelosia quando non è molto grande, è come l'acqua, che si getta sopra la calce, che s'è poca, maggiormente l'infiamma, e s'è molta l'estingue.

Teoss.La gelosia suppone mancamento o in se stesso, o nella cosa amata, in se di merito, in lei di fede. In voi non e mancamento di merito, dunque secondo questa openione, sarà in me fede, & ogni volta, che mi riputerete infedele, voi non m'amerete.

Eliod.Signora io v'amo, e più tosto, che creder'in voi mancamento di fede, voglio confessar'in me mancamento di merito (& così non fosse, com'è pur troppo vero) onde mancando di merito, temo che altri meriteuole non mi vi tolga.

Teoss.Discacciate pur Signor Eliodoro mio questo pauroso sospetto, essendo che non vi è alcuno a mio giuditio, che di merito vi pareggi, non che vi superi: dunque date bando interamente a questa furia d'Auerno, che nascondendo le sue ceraste tra i fiori dell amorose contentezze gl'infetta, & gli consuma.

Eliod.Di quanto Vostra Signoria a mio honore s'è compiaciuta di dire, le rendo gratie, e serberò nel cuore l'obligo pari alla gentilezza; in quanto poi al non esser geloso, io non m'acqueto, sapendo, che amore, e gelosia sono tra loro come il raggio, e la luce, il baleno, e'l folgore, lo spirito, e la vita; eh Signora, che sempre la gelosia è segno, & inditio d'amore.

Teoss.Ancor l'aceto è segno del vino, e la febre inditio della vita; ma non mi negherete già, che il vino non possa star senza l'aceto, e la vita senza la febre, così ancora molto meglio può stare, e stà amore senza gelosia, l'aceto guasta il vino, e la gelosia guasta l'amore; la febre entrando nella vita u'entra più tosto per ridurla a morte, che per altro, e la gelosia entrando in amore, u'entra più tosto per distruggerlo, e ridurlo in rabbia, che per accrescerlo, & annentarlo.

Eliod.Non sia vero Signora Teossena, ch'io sia vccisore (consentendo alla gelosia) d'vn' amore così bene impiegato, e dico bene impiegato, hauer riguardo all'eccellenza delle vostre virtù: dunque darò bando ad ogni molesto pensiero.

Teoss.Fatelo, Signor mio, sì perch'io lo merito come fedele, come perche non si conuiene ad huomo tanto perfetto, e amarmeno, che perfettamente, & certo, che non amereste perfettamente ogni volta, che fosse geloso, perche la gelosia è difetto, doue è difetto, è imperfettione, edou'è imperfettione, non può esser'amor perfetto.

Elio.Per vbbidirui negherò a me stesso la propria volontà, fra tanto ricordateui di chi vi porta scolpita nel cuore.

Teoss.Et voi siate ricordeuole, di chi vi porta nell'anima.

Elio.O me felice, poiche raccolgo sì buon frutto delle mie lunghe fatiche.

Teoss.Sin'hora hauete goduti i fiori dell'amorosa primauera, con speranza, anzi con certezza di raccogliere i frutti, nell'amoroso Autunno; & così sarà piacendo ad Amore.

Elio.Amore tutto lieto, e festoso alberga nella vostra gentilissima gratia, e nella vostra innata bontade, adio anima mia.

Teoss.Adio mio cuore.

Marcella, e Troilo.

Mar.BEn trouato il Sig. Troilo, la crudeltà di cui accresce continuamente il numero de gli amorosi miei tormenti.

Troilo.Se la mia crudeltà (per dir come voi dite) accresce il numero de vostri amorosi tormenti, e la speranza vostra a me noiosa è cagione, ch'io senta infinito dispiacere, talmente, che voi stessa fate le vostre contro di me.

Mar.Così acerbamente mi rispondete Signor Troilo? così poco ui curate di chi tanto u'ama? Ah crudele non possono dunque le mie parole mouerui a pietà del mio dolore? non possono dunque le mie lagrime intenerir quel duro smalto, in cui stà inuolto il vostro cuore? non possono dunque i miei sospiri riscaldar quel petto, che già fatto per me tutto di ghiaccio il lor calor non cura.

Troilo.Credete pure Signora Marcella, che nè vostre parole, nè vostre lagrime, nè vostri sospiri sono mai per vincer l'animo mio: Si che lasciate hoggimai per vtil vostro d'amarmi.

Mar.Ohimè, Sign. Troilo, che non è in mia facoltà di lasciar quello, che non fù in mia potestà d'eleggere.

Troilo.Come nò? credete pur Signora, che si può disamar quando si vuole, & se voi vorrete disamarmi, il potere non anderà disgiunto dal volere.

Mar.Eh mio Signore, può bene alcuno per auuentura guardarsi di non ammalare, o di non essere ferito, ma ammalato, o ferito, ch'egli è, non può a sua voglia risanare; così può facilmente alcuno, guardarsi nel principio di non s'innamorare, ma innamorato, ch'egli è, non può a sua voglia disamare.

Troilo.Signora, Amore nasce nel campo de nostri voleri, senza i quali, si come pianta senza terreno, egli non può hauer luoco giammai: Se dunque Amore nasce (come nasce) dalla volontà nostra, ogni volta che vorremo non amare, potrem farlo.

Mar.La passion d'Amore è differente da tutte l'altre passioni, conciosia che tutte l'altre perturbationi de gli animi lasciano libera la uolontà: ma questa perturbatione amorosa lega subito la uolontà nostra, o tiranneggiando la fa serua in modo, che chi ben'ama, come fò io, non può uolere se non quello ch'amor vuole.

Troilo.Il cielo istesso non sforza la nostra volontà, e la sforzerà Amore? chi non sà dispor di se stesso non merita di viuere, conosco ben'io molti, che sanno amare, e disamar' a lor voglia, & io per me sarei vno di quelli quando volessi.

Mar.Potreste chiamarui felice, poi che felice è colui, che può amare, e disamar asua voglia: ma come non si dà felicità tra i mortali, così al parer mio non si troua alcuno, che possa amare, e non amare a suo piacere, credetemi Sig. Troilo, che chi può a suo piacere disamare non ama; come può alcuno non voler quel ch egli vuole? come non essere doue egliè, o partirsi da se stesso?

Troilo.Molti sono i modi per liberarsi dall'amore, come sarebbe il non vedere la cosa amata, il non conuersar con lei, & allontanarsi da quella.

Mar.Quel, che nel cor si porta in uan si fugge. Non sapete voi, che non si toglie al core, quel ch'a gli occhi si toglie?

Troilo.Credetemi, che la fuga è il uero rimedio per sanar l'amorose ferite.

Mar.Chi può sperare di saluarsi con la fuga da vn Signore c'hà l'ali? Ma posto, che si possa fuggir' amore, non si fuggirà il tormento da lui cagionato: fugge il ceruo il cacciatore, ma non fugge però la ferita; può bene alcuno amando desiderar di non sentir dolore, ma di non amar non già.

Troilo.Quando la fuga non sia possente rimedio per liberarsi dalla tirannide d'Amore, uon mi negherete già, che il pensar a i difetti della cosa amata non vaglia. Pensate dunque a i miei difetti, che sono infiniti, e per mezo di quelli procurate di rihauer la libertà, ch'io per contento uostro ne goderò.

Mar.Se uoi haueste caro il mio contento m'amereste. Deh mio Signore, come poss'io pensare a vostri difetti, se in uoi non ce n'è alcuno? E quando alcun difetto uoi haueste, non sapete, che i difetti a chi ama paion gratie? Oltre, che quando ardentemente s'ama, si giudica la cosa amata, l'istessa perfettione, e questo essendo non si può pensar a i difetti, perche nella perfettione difetto alcuno non cade.

Troilo.Non viue alcuno in terra per compiuto ch'ei si sia, che non habbia qualche mancamento, & il mancamento non è altro, che difetto, ilquale credo, che in quel feruor d'amore non si conosca: Ma quando la passione amorose dà luogo alla ragione si conosce chiaramente ogni minutia.

Mar.Chi trouasse Amore, e Ragione vniti insieme potrebbe dir d'hauer trouato maggior mostro, che non era il Minotauro in Creta.

Troilo.Secondo i Medici amore è vna passione molto simile all humor melanconico, onde vi pongono la cura come all'altre indispositioni, per la qual cosa si conosce, che l'infermità d'amore si può risanare.

Mar.Non è alcuno, che possa dubitare, se amore è infermità della mente, e del corpo; ma sono ben molti, che dubitano, s'ella può sanarsi. Se vogliamo credere al Toscano Poeta, che tanto seppe, diremo, che non, poiche anch'egli lo dice in questi versi che dicono. Quando che'l primo strale Fece la piaga, ond'io non guarrò mai. Apollo fu pur Dio della medicina, e non però potè sanar se stesso dalla febre amorosa.

Troilo.Secondo voi in vano dunque, & Ouidio, e Lucretio scrissero de' rimedij d'amore.

Mar.Micale donna della Thessaglia essendo intendentissima scrisse anch'ella con valide ragioni de i rimedij d'amore, ma il cielo sà quel ch'ella fece, e sofferse per amore. Ouidio amò grandemente Corinna. Lucretio poi, ben ch'egli scrisse de rimedij d'amore è chiaro, che per sua cagione prima diuentò pazzo, e poi s'vccise.

Troilo.Costui fu più tosto bestiale, che amante. Souuengaui Signora, che leuando l'otio si spezza l'arco di Cupido.

Mar.E'vero: ma questo si debbe far nel principio, e prima ch'altri sia ferito: ma poiche siamo feriti è vano. Piaga per allentar d'arco non sana.

Troilo.Non può negar'alcuno, ch'amore non se ne vada per lungo oblio.

Mar.Questo e poco meno, che dire, chi vuol guarir dall'amore non ami; Quella fiamma, ch'amore accende con la sua forza in noi, null'altra forza ammorzar può, che amore.

Troilo.Amore al giuditio mio non può esser fine d'amore: ne hà del verisimile, ch'egli estingua il proprio fuoco; lo spegne ben lo sdegno, onde con ragion fu detto. Ch'vn giusto sdegno ogni gran foco ammorza.

Mar.Par bene, che sia lo sdegno che spegna il fuoco d'amore: ma è però l'istesso amore, perche non si lascia il primo amore se non per mezo del secondo, o sia volto verso se stesso, o uerso altrui; Dunque si discaccia amore con amore, Come d'asse si trahe chiodo con chiodo.

Troilo.Amate dunque per vtil vostro più voi stessa, od altra persona, che mè, accioche possiate uincer' amor con amore, che così haurete trouato rimedio al vostro male.

Marc.Non sia vero, ch'io ami altr' huomo più di voi ben che mi siate crudele, e fiero, atteso, che m'è più caro di languir per uoi, che per altro esser contenta; ne men sia, ch'io giammai ami più me stessa, che voi; v'amerò dunque mentre haurò vita, più di ogn'altro, e più di me stessa, & prima, ch'io rimanga d'amarui, si fermerà l'Auoltoio di Titio, il sasso di Sisifo, la ruota d'Isione, e l'altre pene tutte de gl'infelici dannati.

Costanza, & Mario.

Cost.CHe siete voi venuto a far quì, o sempre molesto, & importuno Sig. Mario?

Mar.Son venuto per salutarui, o sempre bella, e cruda Signora Costanza.

Cost.In fine vn bugiardo hà sempre bisogno di buona memoria: Non m'hauete voi mille volte detto, e giurato, che per colpa della mia crudeltà non solo non hauete salute alcuna, ma che ne anco la sperate?

Mar.Signora sì.

Cost.Come dunque non hauendo salute in voi, vi date a credere di poterla dar ad altrui? Niuno può dar quello, ch'egli per se stesso non possiede.

Mar.Possono far molte cose gli amanti in virtù d'Amore, che non possono far gli altri, Signora mia.

Cost.Sig. Mario quello, che non può fare alcuno, non possono far meno gli amanti: Troppo sarebbono priuilegiati, quand'essi potessero far quello, che non possono fare tutti gli altri viuenti.

Mar.Perdonatemi, Signora, non è così; perch'io sò certo di darui quello, che per me stesso non posseggo; & sò parimente, che voi (ben che non amante) mi date quello, che per voi medesima non hauete.

Costan.Sarete vn gran Logico, & vn gran Sofista, se per mezo di sillogismi, e di sofismi mi farete conoscer questo.

Mar.Non sò quello, che io mi sarò, sò bene, che dirò il vero.

Cost.Per dar più tosto fine, date principio.

Mar.Hora comincio: Signora voi siete tutta ghiaccio contro di me, e nondimeno accendete co' bei uostri occhi di questo mio seno ardentissimo fuoco: Io non hò vita, poiche son morto, e sepolto ne i martiri, e pur dò vita a uoi, che d'altro, che de miei tormenti non viuete: Ecco dunque, che ognuno di noi dà al suo vicino quello, che per se medesimo non possiede. Dunque benche in me non sia salute per la medesima ragione posso pure a V. S. darla.

Cost.Questo è quel verisimile d'Agatone; dir cose, che non essendo habbiamo sembianza di poter essere; Certo gli amanti sono (come diceste) priuilegiati tra gli huomini, poiche possono dir molte bugie, e giurando affermando per verità senza pericolo di punitione, o pregiuditio d'honore, non tenendosi conto alcuno delle bugie, e de i giuramenti de gli innamorati, a beneficio de quali i molini macinano continuamente, e giuramenti, e menzogne; io dunque son di ghiaccio, e desto nel vostro seno il fuoco, a guisa del Sole, Ch'altrui riscalda, e non è caldo in esso. Io non dirò già, che non hauendo voi vita, diate vita a me co' vostri martiri, perch'io non intendo di pascermi di cosi amaro cibo; ma ritornando a i saluti, mi sarà caro l'intendere, come non hauendo voi salute potete darmi salute.

Mar.Vi darò salute ancor, ch'io non l'habbia, salutandoui come salutano gli augeli il Sole.

Cost.Volete voi salutarmi come Rosignolo, o come Canario? cioè piangendo, o cantando?

Mar.Vi saluterò cantando come canario, perche il pianto è di troppo mal'augurio.

Costan.Il canto nasce da letitia, se volete salutarmi cantando, voi non sentite passione, e se cosi è, come conuien, che sia, non è giusto, che finto dolore desti uera pietade.

Mar.Non sapete come dice l'innamorato Poeta Signora mia. Però s'alcuna volta io rido, o canto Facciol, perche non ho se non quest'una Via, da sfogar'il mio angoscioso pianto.

Costan.Si, si, è bene alcuna volta simular quel, che si sente con effetti contrarij: l'istesso Petrarca dice ancora, che. Cesare, poi che il traditor d'Egitto, Gli fece il don dell'honorata testa Pianse per celar l'allegrezza, & Annibale hauendo la fortuna contraria, rise frà gente lagrimosa, e mesta per occultar la doglia; hor poiche pur volete come augello salutarmi, salutatemi come fa il coruo il maltempo.

Mario.Vi saluterò come coruo, poiche cosi volete, ma non vorrò già dire, che voi siete il mal tempo.

Costan.Anzi ch'io sono l'istesso mal tempo per voi, poiche per me dite, che non hauete mai buon tempo: noi sogliamo dire quando il cielo è coperto di nubi, ch'egli è mal tempo, e voi mille volte m'hauete detto, che'l mio viso è vn cielo angusto, ma che le mie ciglia torue di sdegno son quelle nubi, che lo rendono fosco, & oscuro; l'oscurità cagiona mal tempo, dunque sono il vostro mal tempo.

Mar.Si troua, che vn coruo in Roma salutò Cesare Imper atore dicendo: Aue: C&ecedil;sar; poiche volete, ch'io vi saluti come coruo, il farò, non come mal tempo, ma come Imperatrice, dicendo: Aue Costanza.

Costan.S'io hauerò il Coruo tanto fauoreuole, bisognerà, ch'io mi chiami Costanza Coruina come fece Marco Valerio, che guerreggiando, & vincendo il nimico suo col fauor d'vn coruo, si chiamò poi Marco Valerio Coruino.

Mar.Sign. Voi scherzate, & insieme mi burlate, & io vorrei far da douero: concedetemi la gratia, e lasciamo le burle in disparte.

Costa.Se non fosse caro l'esser amata da voi potrei far quanto mi dite; ma essendomi caro l'esser amata non debbo farlo.

Mar.Che ragioni son le vostre Signora? Anzi se v'è caro l'esser amata da me, douete amarmi, poi che amore con amor si premia, e si mantiene, e che sia vero souuengaui, che quel primo amore, che parto rì Venere non cresceua, e che bisognò, ch'ella parto risse il secondo, a fine che l'vno conseruasse l'altro.

Cost.Amore non è già altro che desiderio.

Mar.Signora sì.

Cost.Se così è, come veramente è, voi sapete che il desiderio non nasce se non dalla priuatione, non potendosi desiderar quello che si possiede: Ecco non desidera la sanità se non l'infermo: non desidera il porto se non colui, che n'è lontano: e non desidera la libertà se non colui ch'è prigione, o schiauo: così non desidera la donna, se non colui che non l'hà, s'io fossi uostra, uoi non mi desiderereste, e conseguentemente non m'amereste, non essendo amore altro, che desiderio: Dunque perche sempre habbiate ad amarmi, conuien che sempre mi desideriate, e perche habbiate sempre a desiderarmi non bisogna, che mai vi conceda, nè l'amor mio, nè me stessa.

Mar.Amore veramente non è altro, che desiderio, e'l desiderio non attende ad altro, che a posseder la cosa amata: ma perch'egli la possegga, non rimane però di desiderare, e conseguentemente d'amare: perche desidera la perseueranza dell'amore. Ecco dunque che ben che foste mia non rimarrei di desiderare, e d'amare in vno.

Cost.I godimenti cagionano satietà, o la satietà è il fine d'amore. Dunque chi vuol esser amata bisogna, che non si lasci goder giamai; però uoglio mantener in voi il desiderio, col desiderio l'amerò: ma voglio che il desiderio sia non di perseueranza, ma si bene di necessità.

Eudosia, & Euandro.

Eud.SAranno dunque i miei pianti, & i miei gridi, per voi ingrato, e disleale amante, messi in dispregio? Saranno dunque le mie giuste preghiere, l'amor mio, e la mia fede per voi ingrato poste in oblio? Voi dunque, voi medesimo hauete sciolto quel nodo, che vi teneua legato, e stretto? Voi dunque hauete spente, & ammorzate le fiamme di quel fuoco sì perfetto? Et le vostre mani hanno spezzate, e rotte quelle saette, che dolcemente l'anima vi piagauano? Hor poiche così è; io mi risoluo d'acconsentir' alla mia morte più tosto, che sentire vn'altro amore, e che altra donna goda, e gioisca delle mie lunghe fatiche.

Euan.Signora Eudosia non correte così in furia alla morte, perche al vostro morire non mancherà mai tempo.

Eud.In somma io voglio morire: non voglio, che mai più strale m'offenda, e mi saetti, se non lo strale ineuitabile della morte.

Euan.E qual cosa potete voi sperare da quest'vltimo fine delle cose terribili?

Eud.Spero che gli Dei giustamente sdegnati per la vostra ingratitudine, debbano diuentar' furiosi, e darui castigo tale, che dentro il monumento oue io sarò rinchiusa, sarò astretta a tremare d'vn così spauentoso horrore.

Euand.Et in oltre, che credete voi, che sia per essere?

Eudos.Sarà di voi quello che fù del Troiano Enea, il quale per l'ingratitudine vsata, all'infelice Dido fù condennato all'inferno, la doue sente doppio dolore del suo male, vedendo Leandro, che si ride di lui, mentre egli lieto, e giocondo se ne viue ne i fortunati campi dell'anime innamorate.

Euand.E poi?

Eudos.E poi vorrò ombra infelice mostrarmi sempre à gli occhi vostri per tormentarui in quella guisa, che già fù tormentato Horeste dall'ombra spauentosa di sua madre.

Euand.E doppo questo sarauui altro che fare.

Eudos.Non mancheranno modi di tormentar l'anima vostra ingrata.

Euand.E perche tanto male?

Eudos.Per hauer'io tenuto nell'anima mia per vn Dio, vn'huomo ingrato, & il più ingrato, che trouar si possa: il quale finalmente m'ha fatto conoscere, & sapere, (ahi trista rimembranza) che mala cosa è l'ignoranza, ma peggiore il sapere: misera mè, che più mi resta di sapere? poi che quello per lo cui ardo, e sospiro, ma vn' altra donna, e per lei muore? potrò io dunque soffrire, che vna medesma donna viua signora, & padrona dell'anima mia, e serua di quella d'altrui? Nò, nò più tosto il cielo mi trasformi in qualche statua di freddo sasso, accioch'io più non veda, e più non senta cosa alcuna.

Euand.Quando haurete finito d'essaggerare: vorrò pur anch'io dir qualche cosa sopra questa materia d'ingratitudine.

Eudos.Io non hò à pena cominciato, non che finito di querelarmi; Donna qual tù ti sia che ti sei fatta cosi tosto si nora, e padrona di lui, non lodar tanto la buona ventura di questo tuo nouello amore, habbilo non dal suo giuditio, ma solo dalla sua inconstanza, e dalla sua volubilità.

Euand.Voi m'offendete troppo con questo chiamarmi, tante, e tante volte ingrato, volubile, & inconstante, la onde sarò sforzato à farne qualche graue risentimento.

Eut.Fate quello, che volete, perche à mè poco importa, essendo dalla disperatione fatta sicura: donna di nuouo à tè ritorno, e dico, che à qualche tempo potrà auuenire che questa tua ventura, (che ti par cosi estrema) ti vedrai cader di mano; perche la donna e come vna città, che quanto più la presa e facile, tanto piùe difficile da guardare.

Euand.Quando volete voi darmi tempo, ch'io possa rispondere? Questa vostra mal nata openione mi par la legga falsa e bugiarda di Mahometto sopra la quale non si può disputare, ma solo credere quello, ch'ella dice.

Eudos.Ancora non siete satio d'hauermi ingannata? di nuouo vorreste tradirmi, come fatto hauete? Quel core quella bocca, e quegli occhi ladri, e traditori hanno pur conseguito l'intento loro; & forse ch'io non credeua, che i sospiri fossero veri, le lagrime non finte, e la fede non simulata; ma lassa con mio graue dolor m'auuidi poi, altro non essere, che acqua, e vento: oh quanto m'ingannai credendo, che le lagrime, che vi bagnauano il seno con la loro humidità, fossero due viue fontane, e che dentro hauessero vna tocca di fede, è di fermezza, ma in breve tempo m'auiddi come quei sospiri altro non erano che vento rinchiuso nel vostro ceruello, il quale ridotto in pioggia se ne vsciua per gli occhi conuerso in lagrime: ma da questi vostri inganni hò imparato anch'io, come per l'auuenire debba gouernarmi: farò la guerra a gli occhi, starò su le difese, e su la mia, amerò, secondo ch'io sarò amata: e non mi obligherò se prima non conoscerò esser' vero, e prouato; essendo, che la vostra infedeltà, mi rende più saggia, più accorta, e più scaltrita.

Euand.Quando dite di voler morire, e quando dite di voler' viuere: quando dite di volere amare, e quando dite di voler' far proua, dell'amore, della fede, e della costanza del vostro nouello amante: a tale, che io non vi sò intendere, nè sò da qual capo cominciare a disciogliere questa matassa di seta: con tutto ciò voglio dirne quello, ch'io sento, quello ch'io sono, quello, ch'io sono stato, e quello ch'io sarò sempre per voi: & cominciando vi dice: O bellissima Signora Eudosia, a cui sono offerti i voti della mia costanza, perche non giudicate voi l'effetto dell'apparenza, senza formarui vn vero nella mente contra la verità? Voimi chiamate ad ogn'hora infedele, attribuendomi (senza ragione) il nome di volubile, d'instabile, e di leggiero: souuengaui Signora, che voi siete cosi bella, che l'huomo non può, se non con graue offefa di se stesso cambiarui per altra, che sia di voi men bella: diconlo i Poeti, che Gioue ne gli Amori suoi fù volubile, è leggiero con molte ninfe, e Diue; ma credete a mè che s'egli hauesse prouata la dolcezza de i vostri dolci sguardi non sarebbe stato tale; ma si bene fermo è costante: io dunque che sono tutto pieno della dolce influenza donde i vostri occhi, & il mio core hanno fermato vn cosi grande amore potrò con vn colpo di vento d'incostanza, spegnere l'amorose facelle cosi bene accese? Grandissimo errore è il pensare, che vna bellezza sopranaturale habbia per numero di giorni il suo termine limitato, poiche il tempo non può disporre delle cose celesti, e diuine; cosi quel viuo fuoco, che si accese nell'anima mia caduto da bei vostri occhi diuini mi scaldi il seno di cosi viua fiamma, ch'ella non può morire più di quello, che si possa morir'un Dio.

Eudos.La pianta del creder mio non si suelle per uento si leggiero, & non cade per colpi d'accetta, che non taglia.

Euand.Il fuoco mio, e la mia fiamma è simile a quel fuoco, che dalle vergini vestali era caramente custodito: le mie passioni sono le lampade accese innanzi alla vostra bellezza ardono inestinguibilmente: Nò, nò Signora mia, non dubitate più dell'amor mio, perch'io sono di tal sorte dall'oro delle vostre chiome schiauo ritenuto, i ferri sono si duri, e le catene cosi forti, che la morte solo ne può romper'i nodi, & ancora che il vostro vigore vi dia qualche speranza di poter rompere questa vostra prigione: la sappia o mia Signora che nessuna cosa può ammollire la rocca della mia costanza, & una simile suentura non è portata dalla ragione. scacciate dunque da uoi questi debili pensieri, e quelle strane openioni, per le quali ui mouete all'ira, & allo sdegno, perche troppo graue offesa fate all'amor mio: con tutto ciò perdono alla vostra impatienza, scusando il vostro errore, & la vostra cecità, ricordandoui per fine, che vn'amore percosso dalla violenza, suole il più delle volte a i troppo risoluti amanti il giuditio leuare.

Eudos.Assicurata dalle vostre non simulate parole, comincio a maledire quello sdegno insensato, e folle, che consigliò l'anima mia per lieue offesa, a spegner quell' amorosa fiamma, nella quale io dolcemente ardeua; io all'hora era vna viua facella d'Amore & f$un priuarmi della luce del giorno, e mettermi in sepoltura; ma voglio di nuouo rauuiuare l'amoroso mio incendio se bene io fossi certa. di ridurre il mio corpo in fredda cenere; Voglio, che la ragione cessi di dolersi, e di querelarsi di me; io lo uoglio, & ella lo vuole; Sù, sù dunque cor mio, di nuouo getta fuoco da tutte le parti, poich'io conosco, ch'ei faceua guerra a me stessa, e di tal sorte teneua incatenata la ragione, che mi pareua d'hauer acquistata la monarchia di tutto il mondo.

Euan.Il fuoco, che leuemente s'accende, il più delle volte si spegne al più debile, & al più vile obietto, che amore li mostra, & questo era per auuenirui certo: e sallo il cielo se voi haureste trouato vn'amante così fermo, e costante, come son'io nel vostro amore, & se la pianta delle vostre rose, che con le vostre belle mani, nel nostro core piantaste, (horto d'infedeltà) hauesse hauute le radici bene abbarbicate, e che voi alcuna volta l'haueste bagnata con l'acqua delle uostre lagrime, amore haurebbe souente fatto nascere i fiori, onde non sareste stata astretta a credere alle spine: hor sia quì fine all'amoroso pianto, al uostro sospetto, al uostro sdegno, manon già al vostro amore; amatemi, ch'io u'amo, di uero, e non di finto, & simulato amore.

Eudos.Et uoi per accertarui dell'amor mio, apritemi il seno, cauatene il cuore, e mostratelo alla luce del giorno, che voi conóscerete all'hora, ch'egli è il più fedele di quanti habbia nel suo regno amore.

Euan.Conseruatelo pur nel uostro candido seno, nell'horto Esperio, doue sono quegli aurati pomi, sotto la guardia di me uostro uigilantissimo Drago, bacioui le mani, viuete felice.

Eudos.Et voi per sempre felicissimo uiuete. Adio.

Liuio, e Deianira.

LiuioIO ui prego Sig. Deianira a non volermi accusare, perch'io uada idolatrando, i begli occhi uostri da i quali vscirono quegli amorosi dardi, che penetrando dentro al cor mio, hanno d'un'amorosa morte vccisa l'anima mia; perche sendo i loro raggi pieni di diuinità, il non adorarli è maggior impietà, che non è l'idolatria nell'adorarli, et chi non adorerebbe a'raggi di sì begli occhi, quella eterna beltà, che anima tutte le cose create? quella beltà, dico, figurata da gli antichi Egittij con quella piramide, sopra della quale era un occhio solo per Gieroglifico?

Deian.Se voi andaste Sig. Liuio minutamente pensando intorno a questo vostro amore, voi trouereste, che trà di noi non è paritade alcuna; e che voi per voi medesimo vi sete inalzato a tropp'alta, e troppo difficile impresa: con tutto ciò per non parer discortese, e mal creata uoglio ascoltarui, per sentire qualche bel pensiero sopra di questo vostro amore, però seguitate.

Liu.Tutti i secreti, che amore insegna a i nostri spiriti, sono scritti a lettere di fuoco dentro de begli occhi vostri, per li quali io volo al cielo sopra l'ali di fiamme, senza l'aiuto de i quali tutti i bei pensieri al mondo sarebbono morti, perche l'anima è vnfuoco diuino, che dona vita a i corpi, & i suoi raggi vn fuoco, che dà uita all'anime: cosi sono quelgli occhi, che amore già soleua possedere, e che di propria mano, ne fece dono alla vostra bellissima fronte, all'hora che tutti gli Dei vi presentarono per farui si bella: e perch'egli conobbe, che per tal mezo ritornerebbe in piedi il suo Imperio abbatuto, persuaso dalla speranza, e dal dono, per regnar per uoi, per uoi uolontariamente elesse diuentar cieco.

Deian.E di quì nasce, ch'egli rende ciechi i suoi seguaci, i quali amando non sanno quello, che amano, se illuminati non sono dallo splendore della bellezza della cosa amata; come fate ancor voi.

Luio.Cosa alcuna non può difenderci da i loro assalti: nessuna anima non può andar sicura da gli amorosi sguardi de gli occhi uostri; la vittoria loro è certissima al Mondo, & in oltre vi dico, che se gli Dei di nuouo volessero mouer la guerra con l'acque alla terra, che la loro libertà se ne fuggirebbe dinanzi a i loro sguardi: Et finalmente credo, che se i vostri occhi slanciassero per tutto i loro dardi, che bisognerebbe senz' altro sbandirli dalla terra.

Deian.Et in qual pate del mondo anderebbono gli sbanditi occhi miei? io credo, anzi tengo per fermo, che loro ritornerebbono nella fronte d'Amore, la onde ne rimarrei per sempre cieca.

Lin.Quei begli occhi, de i quali amore ui fece cortese dono non faranno mai da voi partita, poiche lo mantengono nel suo imperio: quegli occhi che non vanno a ferire i comuni obietti hauendoli ad' isdegno, godendo solo di ferire i diuini spiriti, ne ardere del fuoco loro, che l'anime reali, rassomigliando in ciò il Sole, occhio dell'vniuerso, che non si degna d'accendere di tutti gli obietti, che il letto della fenice, & il fuoco delle sacrate vergini vestali.

Deian.Con questa vostra figura della fenice uolete tassarmi di troppo superba, e di troppo altiera della mia bellezza, come si dice di Marfisa, che tale insegna portaua sopra l'elmo per cimiero.

Liuio.Non dico per aditarui di fasto, e d'alterezza; ma dico bene, che si come non si troua nel mondo altra, che vna sola fenice, cosi non si troua altra bellezza, nè singolar splendore del raggio di quella, che voi possedete, la onde il cor mio conoscendosi tanto auuenturato, si conosce parimente anco indegno di ridursi in cenere per lei, & per che un tanto honore alla morte l'accompagni, come arido tronco si terrebbe honorato, se da quel fuoco istesso fosse arso, e distrutto, che non arde, e non abbruccia se non le cime de gli alti pini.

Deian.Espressa follia, è quella di quello amante, che osa a simil bellezza volger lo sguardo, e l'amor suo poiche tenta cosa impossibile.

Liu.La mia insania, e la mia follia è buona, e bella, & in questo mio amore amo più di parer senza ragione, che senz'occhi, e senza core, & più tosto detto mal saggio, che insensibile.

Deian.Valeteui dunque, dicendo, come accenna il Poeta Ferrarese, Pur ch'altamente habbia locato il core Pianger non dè, se ben languisce, e more.

Liu.Senz'altro Signora; ma se il cielo hauesse voluto, che quel fuoco acceso hauesse consumati gli spiriti del mio demerito, purificando il Tempio doue habitano le loro imagini, e se all'hora, che il cor mio seppe sì bene sciogliere, & eleggere, il cielo m'hauesse donato in vn istesso tempo la gratia del merito mio, come mi diede l'audacia, & il desire (lasso) io non sarei tormentato da vn secreto sentimento della mia indegnità, che fa, che'l mio desire veda la sua gioia imperfetta, e dolente, che la vittoria acquistata sopra il cor mio, non è così gloriosa a quei begli occhi, come la perdita, e la sconfitta dell'anima mia.

Deian.Voi andate figurando una uittoria, & vna perdita tutta a vostro modo; senz'hauer combattuto, esenza hauer dato l'assalto alla rocca dell'amor mio; et per quello, ch'io m'auuedo, uoi non siete molto pratico negli assalti delle fortezze, e delle piazze principali.

Liu.Se cotesta vostra rocca si uedesse, come non si vede, non mancherebbono assalti da valoroso guerriero

Deian.Hor poiche voi non la vedete, ve la voglio descriuere come buona matematica, accioche voi non possiate dolerui, e querelarui: sappiate dunque, che la rocca dell'amor mio, è ritonda, e di poco spatio desiderata sopra tutte l'altre fortezze, laquale è circondata da vn'acqua viua sorgente cosi bene, e cosi bene accomodata, che non teme il romore dell'artiglieria, poiche in tempo di pace, & in tempo di guerra è sempre apparecchiata alla battaglia; ella hà buona fossa, e profonda, che la tiene in sicura difesa, si che nessuno non ne può hauer vittoria: e se pure qualcuno, o per dolcezza, o per furore, si drizzasse all'impresa, in valore i suoi pezzi, & i suoi ingegni si drizzerebbono; $$ale, che chi vorrà fare vn tale acquisto, bisognerà, che molto sudi, e molto peni. Questa mia rocca poi, è posta sopra vna collina diuisa in due parti, ma cosi alta, e cosi ben difesa, che nessuno vi può entrare saluo, che amore: e tanto più quanto, che due colonne bianche, e polite guardano l'entrata, & passaggio: la onde per entrarui bisogna arditamente, e con grand'arte guadagnare i fianchi: hora se vi dà l'animo di darli l'assalto, e di farne acquisto poneteui all'impresa.

Liu.Io sò benissimo Signora mia che in simili assalti bisogna hauer gran lena, e gran forza; e come gionto sù gli orli della porta bisogna spingere audacemente innanzi per far' arrender la fortezza, & ancora sò, che ne gli assalti, e nelle scaramuccie non bisogna mai piegare a dietro, ma valorosamente mostrar la fronte bagnata d'honorato sudore, e ficcarsi dentro, che cosi facendo in pochi colpi si fa il valoroso soldato padrone dell'ostinata fortezza.

Deian.Hora se voi tanto sapete della militia, a che tardate, che non date l'assalto? voi non ui mouete? horsù l'intesa: voi siete vno di quei soldati belli in banca, un soldato lasciuo, effeminato, e molle, più ben vestito, che bene armato, armato di bellezza, più che di valore, & vorreste passar per bello, più che per brauo, ma le fortezze hanno bisogno d'altro; bisogna al buon soldato hauer le fiasche piene di buona poluere, & che il suo moschetto tiri giustamente; & prouarsi anco spesso per dar drittamente nel segno; perche ciò facendo bene spesso hauerà vittoria honorata de suoi valorosi assalti.

Liu.Voi discorrete così bene della militia, che par quasi, che siate stata molte volte in battaglia, e che habbiate maneggiati di molti moschetti, anzi di molti moschettoni, cioè di quelli da caualletto, che sono di tiro più gagliardo.

Deian.Signor Liuio egli è tempo hormai di parlar più chiaro; e ritornando a noi, dico che l'egualità, che voi desiderate delle due fiamme nell'anime nostre, non si possono vedere, nè conoscere tra di noi, perche iou amo poco (anzi niente) & voi m'amate in estremo; voi vorreste vedermi soggetta al seruitio d'amore, come voi siete, & questo altro non è, che vn'abbassarsi, e chi potrebbe in vn'istesso tempo essere padrone, e seruo, se già non ritornasse l'età di Saturno, nella quale i serui commandauano? niuno certo, & finalmente s'io vi riamassi, & facessi la mia fiamma eguale alla vostra, sarebbe vn'accender maggior fuoco per arderui, e consumarui: Bastivi solo d'hauer parte della gratia mia, poiche altro non posso concederui, per che il cercar più oltre di quello, che non si conuiene, è propriamente vn far naufragio, e perdere il tutto per troppo dimandare. Adio.

Liu.A Dio Signora, ma non per sempre a dio, hor poiche di giorno non hò potuto acquistar la rocca dell'amor vostro, cercherò d'acquistarla all'hora, che gli astri della notte compagni del sonno, cortigiani della Luna, & vassalli del Sole adornano l'humido manto della negra sorella del placido sonno vero riposo de mortali.

Deian.Nè giorno, nè di notte, non farete questo* Original unreadable. acquisto.

Valerio, & Fedra.

Val.SIgnora Fedra, io potrei bene in me medesimo, (ancora, che l'amor mio sia estremo) dire di non amare: ma finger d'amar'vn'altra, e non adorare i bellissimi occhi vostri, (che fanno inuidia al Sole) come, ch'io adoro, questo tratta dell'impossibile: ma poiche così volete, & commandate, ch'io viua in questa pena, diamare, & non osar di farlo palese, non amare, e giurare il contrario; non posso, se non obbedirui, & se bene si suol dire, che duo contrarij non possono in vn medesimo tempo, essere in vn medesimo luogo; tuttauia, il vero, e finto amore, sono ordinariamente le mie attioni, & questi sono i miracoli, che vengono da voi mia bellissima Dea.

Fedr.Ricordateui Sig. Valerio, che la prudenza maggiore degli amanti, è di tener l'affettione nascosa; ouero di non far mai apparir segno, che inutile sia.

Valer.Se la dissimulatione, alla quale m'hauete costretto, è solo per farmi morire di pena, e di dolore, voi potete più facilmente farlo con vna sola vostra parola: e se per punire il mio troppo orgoglio parimente lo fate, voi siete un Giudice troppo dolce, condannandomi ad vn minimo supplitio, ch'è la morte se voi lo fate similmente per prouare, che possanza hauete sopra di me, perche non cerca e voi un testimonio maggiore, che non è questo del mio morire? ma poiche non uolete, m'allotanerò da uoi, riducendomi in parte soli aria, poiche all'estrema noia, la solitudine debbe essere il suo apparecchio; sendo, che in compagnia l'anima non osa liberamente mandar fuora il ueleno del su male, & insin tanto, che non è scarica, ella non può esser capace di consolatione alcuna per suo rimedio.

Fedr.Se il pregio d'amore, è l'amore istesso; voi non foste mai amato da persona, poiche uoi non amaste giamai, la onde potete bene mercantare più sorte d'amori, ma non mai comperarli, non hauendo la moneta con la quale simil mercantia si paga.

Valer.Come, ch'io non amo? come, ch'io non potrò mercare amore, con amore? Ah Signora Fedra voi m'offendete troppo, non hauendo riguardo al merito vostro, & all'amor mio; ma a che segno conoscete uoi, ch'io non v'ami?

Fedr.Alla vostra poca fermezza, & all'esser voi cosi mutabile come siete.

Valer.Noi siamo d'un'openione molto differente: io ho sempre udito dire, che vn'artigiano si rende tanto più perfetto, quanto più essercita l'arte, della quale ei fa professione: io professo l'amarui, e quanto più v'amo, tanto più mi rendo perfetto nell'amor mio.

Fedr.Si quando la persona seguita le regole dell'arte: ma quando l'huomo fa altramente gli interuiene come a colui, che si troua in viaggio, che quanto più s'affretta più camina, & più s'allontana dal suo camino, e come alla ruota del carro, che continuamente girando sempre s'imbratta cosi la vostra leggierezza può bene acquistar'uergogna, ma non muore.

Valer.Io non ui sò intendere; uoi uolete, ch'io v'ami; ma che non si conosca segno alcuno dell'amor, ch'io vi porto, & in uno istesso tempo volete, ch'io finga d'amar vn'altra, e ch'io non l'ami; queste sono di quelle cose da far perder l'intelletto al maggior sauio del mondo; ma sò ben'io quello, che voi volete inferire, voi non amandomi, volete procurar la mia morte con questi mezzi: hor poiche a questo s'ha dauenire, e che bisogna cauar la profonda radice, che amore (in uedendoui) mi piantò nel core, laquale sin'hora è stata nutrita di tanti desiri, e di tanti tormenti, sia destino ciò che uoi uolete; ma concedetemi una gratia almeno per non vivere in tanti tormenti: leuiamo con un sol colpo, & i fiori, e le spine, scacciamo tutti i nostri desiri, spegniamo tutti i fuochi, rompiamo tutti i lacci serrati da tanti nodi, e pigliamo da noi stessi vn congedo volontario, che cosi facendo, vinceremo questo tirranno amore, e faremo saggiamente di nostra volontà quello, che il tempo alla fine ci sforzerebbe di fare.

Fedr.Non ui diss io, che uoi non haueui fermezza, e vi trouate uolubile, & inconstante? hora lodato sia il cielo, poiche pur' una uolta ui risolueste di confessarlo, hora che dite Signor Valerio.

Valer.Dico, che amore, e la fortuna si fanno beffe, e si ridono della prudenza de gli amanti: e particolarmente di mè, poiche mi fanno offendere da vn nimico, che mi ferisce senza pensarui.

Fedr.Colui, che ferisce per sua difesa, non merita nome di nimico.

Valer.E'vero Signora; ma quegli, che non s' arrestano mai a gli effetti, ma solamente alle parole?

Fedr.Colui che offende come, che si sia, è nimico la onde per questo posso darui questo nome.

Valer.Io non offendo altrui, nè con parole, nè con fatti, nè con pensieri; ma si ben voi offendete, poiche portate amore ne gli occhi, nella bocca, ma non nel core.

Fedr.Io non voglio hauer' amore, ne gli occhi, nella bocca, e nel core per persona viuente.

Valer.Conosco benissimo, che non è elettione d'amore, ma cattiuo influsso del mio maluagio destino, che mi fa esser'vostro.

Fedr.Voi potrete bene a voglia uostra cambiar conditione, ma non farete mai, ch'io muti pensiero, essendo risoluta di non esser meno di me stessa di quella, ch'io sono, per dar luogo à qual si voglia affettione, riccordandoui per vltimo, che amore non può stare con l'honestà di Fedra, e tanto vi basti.

Valer.Tanto, che non volendo, confessate d'essermi nimica: hora siatemi pur nimica quanto volete, ch'io vi fò sapere, che amore non muore giamai in vn cor generoso, sin tanto, che la radice non si suelle, e che vn generoso core, soffre mal volentieri vn disprezzo senza risentimento.

Fedr.La vostra ostinatione trapassa la mia; ma la mia senz'altro sormonterà la vostra; onde vi dico, che se da principio mostrai d'amarui; fù solo per imporui quella legge cosi dura, per farui perdere in tutto per tutto l'intelletto, come credo, che lo perderete senz'altro, come fece Orlando: & quì ui lascio.

Valer.Hora sì, ch'è tornato à farsi notte: hora sì, che le tenebre di crudeltà oscurano l'anima mia, hora sì ch'io son cieco affatto (Ahi) crudelissima donna, tù pur lo dicesti, tù pur lo pronuntiasti: ch'io diuenterei in vn subito il più sauio huomo del mondo, e che à me toccherebbe il gouerno di tutto l'vniuerso; & ecco, che pur'è vero: holà, holà, à chi dich'io? Portatemi il manto reale, lo scettro, e la corona: e leuatemi questi stracci d'intorno, indegni di vestire vn Re, vn'Imperatore, & vn Monarca come son'io: holà, holà, vestitemi tosto: Hora, ch'io sono regiamente vestito, fate comparire tutti i miei cortigiani, fate, che vengano i miei consiglieri, perche voglio consiglio da loro sopra l'amor mio, e sopra le ricotte fresche: holà, ò galant'huomo chi t'hà dato licenza di portar quella pistola carica di maluasia, contra l'editto nostro? Sù, sù pigliatelo, lardatelo, e mettetelo arrosto, perch'io voglio mangiarmelo a guazzetto, stufato, e frito nella padella: Sonatori sonate quel baletto, che comincia il primo d'Aprile, e finisce l'vltimo di Maggio, perche voglio dar da desinare à certi amici miei, che si dilettano di componer versi vestiti alla martingala: chi hauerebbe mai creduto, che quella Scimia hauesse saputo tanto intorno alle ragioni di stato? e pur'è vero: ma se Aristotele non li daua della Politica nel capo, quel campanon della giustitia non si fermaua mai, & le passere mangiauano tutto il miglio del Lodigiano: fermateui madonna, che ve ne sarà ancora per voi: Barbiero fateli quel cristiero di buono inchiostro, accioche la lettera sia di credenza appresso il Re de Tartari: holà, ammazzate quel barbagianni, che si ride di me, ò bene, non ti diss'io, che l'Asino d'Apuleio componeua vn madrigale a cinque voci così galante, che non si scorgeua sula mezza notte alcun raggio di Sole, & l'Aurora non era ancora andata all'Occaso; oh buona sera missier buon giorno, come state voi? Bene, bene disse la Gazza dell'hoste da Francolino: ma se quel Todesco non s'imbriacaua, non si finiua mai la contesa tra Annibal Caro, e'l Casteluetro sopra le fritelle del monte Parnaso: pure come piacque all'Orsa maggiore, la Naue si pose gli stiuali, e gli sproni, e correndo le poste all'indietro, come i gambari, cascò da cauallo, e si ruppe il naso, nel Promontorio Siciliano: ma doue lascio la mia Fedra, la mia cara muletta, che mi portaua così bene quando andaua a toccare il polso a i grilli, & alle cicale, che haueuano la febre maligna? Sì, sì, e ben vero, che il carro di Lezzafusina farà a correre con le tartarughe, e che l'anno bisestile piglierà l'acqua del legno, per purgarsi di quella bastonata, che li dette Giulio Cesare Imperatore: fermateui holà, che io non sono quello, che voi andate cercando: chi sei tù dunque? io sono, quel che non sono: anzi pur sono quel, ch'io sono, Valerio Massimo innamorato della fiera di Bergamo, che per la sua crudeltà non posso andar del corpo: spiegate quello stendardo valorosi soldati, andate innanzi con una bella ritirata, sualigiate quelle gatte, inghiottite quei topi, mangiate quelle rane: basta, basta, hauete fatto assai, a non vi affogare in canal Orfano; holà, holà, galant'huomini, che fate voi a quella tauola così ben'apparecchiata? non fate i bocconi così grandi perche ancor noi vogliamo sonar diribeca, in contrapunto: io dico di sì, io dico di nò: la mia Fedra vi darà delle bastonate, la mia Fedra farà, che il ricolto di quest'anno sarà tanto grande, che non si conoscerà se Caballao vendea, ò menole, ò pur'aghi da pomolo: quando io vò pensando intorno alle matematiche, conosco, ch'io son pureil bel minchione a credere, che le ranocchie habbiano i denti, come volea quel galant'huomo dall'acqua diuita: io vengo, non vi partite; bacio le mani di V. S. quando quà? quando là? quando sù? quando giù? trouai, che la veniua dall'acqua aloò, presila per la mano, baciar la volsi amore? fala là, li là, li là là. A Dio.

Martesia, & Aristomene.

Mart.INtendo Sig. Aristomene, che voi hauete composti alcuni versi sopra d'vna gentildonna, li quali sono giudicati molto belli, & mi farete fauor singolare a darmene copia.

Arist.Io sono in obligo con V. Sig. di cosa molto maggiore, & non mancherò di fargliela hauer quanto prima.

Mar.Si potrebb'egli sapere il nome della gentildonna sopra della quale sono composti?

Arist.V. S. lo sà meglio di me.

Mart.Io non la conosco, nè sò chi ella si sia, se non me lo dite.

Arist.Quando sarà tempo lo saperete.

Mart.Il presente mi piace.

Arist.Et a me il futuro: per hora contentaui Signora, ch'io vi celi il nome suo, pregandoui, che vogliate ascoltar'quello, che son per dirui di lei, che la conoscerete senz' altro.

Mart.Dite quello, che volete, ch'io sono prontissima per ascoltarui: & seruirà per passar l'hore otiose del giorno in questi caldi estiui.

Arist.Saggiamente parlate, Signora, & hora darò principio à raccontarui come, e quando m'innamorai di questa gentildonna.

Mart.Sì di gratia, poiche io ardo di desiderio di saperlo.

Aristom.Dentro il sacrato tempio, adoraua il gran Gioue colei, laquale ordinariamente come Dea, uiene adorata da tutti i cuori, uestita di quella gratia, e di quello splendore, senza della quale il modo non diletterebbe à niuno, ornata di bellissimi occhi, e di dolcissima fauella: & ancor, ch'ella uolesse disarmar'i suoi begli occhi, & lasciar della sua uoce, i dolci accenti, nondimeno quegli occhi, & quella bocca, haueano tal'armi, che l'huomo non la poteua uedere, nè udire, senza non darle uolontario il cuore.

Martes.Voi mi dipingete una donna molto bella, & insieme molto diuota, le cui partisono molto riguardeuoli in chi le possiede.

Aristom.Credete pur Signora Martesia, ch'ella è tale come ue la descriuo: & s'ella alcuna uolta alzaua quei bellissimi occhi infiammati d'un puro ardore uagheggiando il cielo, anima là dentro non era, che non rimanesse infiammata d'amoroso ardore, & se talhora ella abbassaua gli occhi, tenendoli pietosamente mezi aperti rimirando la terra, quei mouimenti, erano tanti amorosi spiriti, che furtiuamente l'anime inuolauano.

Martes.Felice lei, poiche nacque tale; con tutto ciò non posso ancora riconoscerla, nè poco, nè molto.

Aristom.La conoscerete ben tosto: e se alle uolte dal uiuo del cuore (rapita quasi in estasi) dolcemente sospiraua riguardando il cielo, quell aere fuggitiuo della sua bellissima bocca rincontraua altri sospiri mossi da vno spirto molto differente dal suo, i quali amorosamente interrompeuano il suo uiaggio.

Mart.E questi, senz'altro, erano i vostri amorosi sospiri.

Arist.Così è Signora: ma sentite più oltre: ella orando diceua: ò gran padre Gioue habbiate di me pietade: & io, che l'ascoltaua riuolto a lei tacitamente diceua, habbiate di me pietade, perche chi pietade dimanda, deue ancora gli effetti della pietade sentir in se medesimo; e seguitando le sue meditationi diceua; ò fulminante padre, siatemi padre benigno, e non giudicate irato: & io con la lingua della mente diceua; ò potentissimo Gioue, ò altitonante padre, poiche voi volete, che ognuno padre vi domandi, fate padre pietoso, che la nemica mia non mi sia crudele.

Mart.Bellissimo modo d'orare era il vostro, ancorche tra di voi molto differente.

Arist.E'vero, Signora mia, & penetrando più oltre nel suo orare, diceua con gran feruore, ò fulminante Dio, riguardate più tosto alla vostra bontade, che al vostro rigore, quando volete castigare vn'offesa; Et io riuolto a lei diceua, pensate l'istesso ò mia Signora, & che a gli occhi vostri pieni d'humanità, deue ancora rassimigliarsi il vostro cuore.

Mart.Chi potrà mai esser costei cotanto fauorita da gli huomini, e da gli Dei?

Arist.Vna, che voi non ve la imaginareste giamai; udite pure, perche nel fine lo saperete, & è vostra carissima amica, e tanto amica, che si può dire; che voi, e lei siate vna cosa istesta;

Mart.A tale, che anch'io vado a parte di tanta bellezza, e di tanta deuotione.

Arist.Io credo che V. S. n'habbia la parte maggiore.

Mart.Non dite così, perche venite ad offender la Vostra Signoria.

Arist.Non vi rincresca l'ascoltare: Souuengaui (diceua ella) ò sommo Gioue, che io sin dal nascer mio son vostra, e che fra tutti gli Dei voi solo adoro, io misero diceua, sin dalle fasce son vostro, & altra deità ne miei voti adorar non conuiemmi: Misurate ò Rettor del cielo all'amor mio la vostra pietade, & io diceua misurate ancor voi, ò mia bellissima Dea la vostra pietade non con me, ma con l'amor mio. Furono le sue preghiere essaudite e riceuute, & le mie in tutto per tutto ripulsate ella ottenne perdono, & io meschino ne riporto, e la colpa, e la pena, poich'ella allontanandosi da tutte le cose humane, non per altro mi vede, che per fuggirmi, e disprezzarmi.

Mart.In questo ella si porta molto male, e stò per dire, che non la voglio per amica; ma che fine hebbe questo vostro modo d'idolatrare?

Arist.Il fine fù, che io riuolto al gran Padre Gioue dissi, è questo dunque il premio che voi concedete a coloro, che vi adorano? Se io hò errato, hò errato perche gli occhi di lei me l'hanno imposto, e commandato; A lei dunque conuiensi d'vn'irato cuore, vn seuerissimo castigo.

Mart.Tanto, che questo uostro auuenimento fornì in danno vostro, & a salute della donna, che amate; poich'ella ottenne ciò che bramaua, e uoi rimaneste con l'istessa pena: con tutto ciò io non posso uenire in cognitione di questa uostra Dama, se uoi di bocca propria non la nominate.

Arist.Ella è quella che sapete uoi come da principio ui dissi.

Mart.Io non sono indouina.

Arist.Anzi siete vna di quelle, che non obediscono alla deità, che parla per la bocca loro, ma si fanno obedir da quella.

Mart.Come intendete voi questo Enigma?

Arist.Voglio dire, che Amore parla conla vostra bocca, e che perciò le vostre parole sono piene di fuoco, e d'amore, le quali hanno forza d'accender amorose fiamme, e che tuttauia uoi non l'obedite, ancor ch'egli comandi, che chi ama, sia parimente amato.

Mart.A questo vostro dire, par quasi che voi accenniate, ch'io sia quella.

Arist.Quella siete senz'altro.

Mart.E perche non lo dire alla prima?

Arist.Molti rispetti m'hanno ritenuto, & il prinipale l'hauer riguardo a non vi mouere a sdegno.

Mart.Dubitando di che?

Arist.Del mio demerito.

Mart.Se voi non hauete merito, non occorre dunque ch'io v'ami.

Arist.Le cicatrici, ch'io portò nel cuore fanno fede dell'amor mio.

Mart.Il valoroso soldato mostrale sue cicatrici al suo Capitano per esser degnamente ricompensato: Hora s'Amore vostro Capitano volesse vedere le vostre ferite per daruene ricompensa, come fareste voi à mostrargliele?

Arist.Se amore ciò mi cercasse, direi riuolto à lui; O amore leuati quella benda, e riguardo gli occhi della nemica mia, ilche facendo, non haurebbe à pena aperti gli occhi, che sentirebbe l'istesse ferite, ch'io porto nel cuore, e non quelle, che dite voi, & se amore volesse entrar meco à ragione l'haurei più tosto sodisfatto, che voi, prouand'egli quei colpi, che voi non potete sentire, in quel modo, che vn fuoco non può ardere, nè abbrucciar se medesimo: Così non douete voi, ancorche insensibile alla vostra bellezza, esser l'istessa alle lagrime mie, e non vi marauigliate se doue l'armi del merito non possono resistere, quelle della pietà rintuzzano almeno il taglio de vostri rigori, affine che come v'adoro per bella, possa lodarui per humana.

Mart.Se l'amor vostro è tale quale voi dite, il tempo ne darà più conoscimento, che le vostre parole troppo ben dette per proceder dalla vostra affettione: Perche sempre hò vdito dire, che l'affettione non può esser senza passione; e che la passione non può permettere alla mente, nè alla bocca vn cosi libero discorso; Ma quando il tempo me ne hauerà detto tanto quanto voi m'hauete detto, douete credere, che io non sono di pietra, & cosi sconoscente, che i vostri meriti, non conosca, e che il vostro amore non mi smoua: Ricordandoui per vltimo, che quando amore, e la fortuna cominciano à cadere, cadono abbasso del tutto.

Arist.Io v'intendo Signora, & sò benissimo come amore ordina à suoi seguaci, che doppo l'hauer ricercate le amate loro per qualche tempo, & vedute le loro ostinationi, e quasi disperata la fatica loro, debbino cominciare ad intepidir l'ardore, & quelle tosto abbandonate: Ma io non sarò di quelli tanto obedienti, anzi vorrò sino alla morte amarui, & se doppo la morte amar si puote, tenete per fermo, e per sicuro, che ancora doppo la morte sono per amarui: rimanete felice, e tenete memoria d'vno che vi adora in quella guisa, che uoi nel Tempio di Gioue adoraui l'imagine sua, & più se più idolatrar si puote: bacioui le mani.

Mart.Terrò memoria della nostra amorosa idolatria. Adio.

Palemede, e Cleopatra.

Pal.SE gli occhi vostri (bellissima Sig. Cleopatra) fossero così pieni di verità, come sono cagione d'amore, la dolcezza, che promettono me li farebbe adorare contanto contento quant'ella produce in me molte vane speranze: Ma perche sempre sono pronti a sodisfare alle loro false promesse, sono parimente così lontani dal sanar le mie piaghe, che non se ne vogliono confessar gli Autori, ancorche non lo possino negare, considerand, che niuna altra bellezza, che la loro possa farne di coì grandi: E tuttauia, come se voi haueste dissegnato d'adeguare la vostra crudeltà alla vostra bellezza ordinate, che l'affettione, c'hauete fatta nascere mora crudelmente in me: Ma io, c'hò più caro quello, che viene da voi, che la mia propria vita, non potendo soffrire vna così grande ingiustitia, son risoluto portar questa affettione sin dentro del sepolcro, sperando che il cielo mosso alla fine per la mia patienza debba obbligarui qualche volta ad essermi così pietosa, come mi siete in vno cara, e crudele.

Cleo.Poiche voi dite, ch'io hò sopra di voi così intiera possanza, voglio con vostra buona gratia farne la proua, aggiongendo alle mie calde preghiere vn'amoroso commandamento.

Pala.Non è cosa che voi non mi possiate commandare però dite.

Cleo.Dal giorno, che voi m'assicuraste del uostro amore, giudicai sempre in voi questa istessa volontà: la quale m'obligò d'amarui, e d'honorarui più di qual si voglia altra persona, che viua: Hora per quello ch'io vi voglio dire, non voglio che voi crediate, che punto sia menomata la mia buona volontà, la quale m'accompagnerà sino alla morte: Per tanto vi prego ad assicurarmi di far quello che sono per commandarui, & poi ve lo dirò.

Pala.Prometto à V. S. con gioia, e con tremore di far quanto che da lei mi sarà imposto, e commandato.

Cleo.Assicurata dunque dalle uostre promesse non farò altra difficoltà di pregare ma si benedi scongiurare il Sig. Palamade per quell'amore, colquale si degna di fauorire la sua Cleopatra ad obedirla per questa uolta; assicurandolo, che non li sarà commandata cosa immpossibile.

Pala.Poiche voi hanete vn'assoluto imperio di commandarmi, commandate hormai, accio ch'io possa cominciar ad obedirui.

Cleo.Il commandamento è questo, che voi mi mettiate l'amor vostro in vna delle belle gentildonne della nostra città; Voi, direte, che questo è vn officio molto strano per Cleopatra; Tuttauia se considererete, che quella di ch'io vi parlo vi vuol per marito, e ch'ella è la più cara amica ch'io m'habbia, sò che non ve ne ammirerete; questa è la Sig. Herminiona, laquale v'ama al paridella sua vita, nè altri vuole che voi, & altro che questo non vi commando.

Pala.Ah crudelissima Cleopatra, hauete voi sin quì conseruata la mia vita per rapirmela poi con tanta inhumanità? Questo commandamento è troppo crudele per lasciarmi viuere, e la mia affettione troppo grande per lasciarmi morire disperatamente; (Misero me) permettete almeno, ch'io mora, ma ch'io mora fedele, che se non v'è altro rimedio per sanar la Sig. Herminiona, che la mia morte, io uolontariamente m'offrirò in sacrificio per la sua sanità, & in vece di questo commandamento, commandarmi assolutamente ch'io mora.

Cleo.Lasciamo stare queste vane parole; Voi mi darete poca occasion di creder di uoi quello che dite, se non sodisfate alla prima preghiera, che io u'ho fatta.

Pala.Crudelissima Donna, se uoi uolete ch'io cambi questo amore, qual potere ui resterà poi più di commandarmi? Ese non è possible il farlo, perche uolete uoi per proua della mia affettione una cosa, che non può essere?

Cleo.Habbiatemi per quella che uoi uolete, ch'io sono risoluta di non uolerui mai più, sin tanto, che uoi non habbiate effettuata la mia preghiera, e la uostra promessa.

Palad.S'io hauessi meritato un cosi aspro, e rigido commandamento come riceuo da voi, piùtosto, che il non esseguirlo haurei sostenuta la morte; Ma poich'è solo per vostro contento, io lo riceuo con un poco più di piacere, che se in quel cambio voi m'haueste ordinato il morire; Tuttauia perche son tutto vostro, egli è ragioneuole ancora ch'io u'obedisca: Io mi prouerò dunque d'obedirui; ma ricordateui, che in cosi longo tempo, che durerà questa mia pena, bisognerà cancellare ogni giorno un giorno della mia uita, perch'io non chiamerò mai vita, quella che m'apporta più dolore della morte; abbreviatelo dunque, o mia troppo rigorosa signora, se pure ancora regna in voi alcuna scintilla, non dirò d'amore, ma si ben di pietade.

Cleop.Sapete uoi, perche u'hò fatto simil commandamento?

Pala.Signora nò, se noi non me lo dite.

Cleo.Prima per aiutar l'amica mia, che per uoi si more, seconda perche mi bisogna pigliar marito, essendo tale il voler di mio padre.

Pala.E chiui vuol dar per marito?

Cleop.Il Sig. Aristippo da uoi molto ben conosciuto.

Pala.E voi lo pigliarete.

Cleop.Bisogna ben ch'io lo pigli, uoglia, o non voglia.

Pala.Ah bellissima Sig. Cleopatra, con qual'occhio vedrete voi questo vostro nouello amante? con qual cuore l'amerete, e con quali fauori l'accarezzarete, poiche i vostri occhi m'hanno mille volte promesso, & il vostro cuore giurato di non vedere, e di non amare mai altri che me? Hor poiche cosi volete, ch'io vi lasci, lo voglio fare, perche non voglio nel fine della mia uita cominciare a disubidirui; Viuete dunque felice col uostro Signor Aristippo, e riceuete tanto contento, quanto io haueua volontà di seruirui, se i miei giorni me l'hauessero permesso: assicurandoui che il mio fedele amore mi cruderà per uoi gli occhi con estremo duolo.

Cleopat.I commandamenti paterni, che sono leggi inuiolabili, alli quali l'honor mio non permette, ch'io contradicami fa esser tale.

Palam.Dunque (o inconstante Signora Cleopatra) bisogna, che la mia pena soprauiua all'amor mio? Dunque bisogna, che senza amarui, io habbia tante pene per uederui in poter d'vn'altro amante? Non sò se gli Dei mi uogliano punire per hauerui amata più, ch'io non doueua; ouero, perche in questo punto, io mi figuri di non v'amar più, e che tuttauia io senta più d'amore per uoi, ch'io habbia giamai sentito: ma perche u'hò io d'amare, poiche uoi siete d'un' altro? ma come non u'amerò io, poiche u'hò tanto amata? egli è vero: ma io non ui debbo amare, perche uoi siete una donna ingrata, un'anima tutta d' oblio, che non ha alcun risentimento d'amore; tuttauia quella, che voi siete sarete sempre, sarete Cleopatra, e Cleopatra potrà essere senza, che Palamede l'ami? io u'amo dunque, on non u'amo, giudicatelo voi signora, perche in quanto a me, hò gli spiriti cosi turbati, ch'io non sò discernere altra cosa, se non che io sono il più infelice amante, che viua, e con questo vi lascio. Adio.

Cleopat.Ohimè, ch'è quel, ch'io vedo? l'estremo, e subito dolore gli hà, senz'altro, leuata la vita, o infelice amante, a che termine t'hà ridotto l'amor tuo, e la tua fede, o sourana bontade cauami da questa miseria, o leuami la uita: deh rompi per pietade questo crudele auuenimento, o per me troppo fedele amante, che non per altro sei miserabilè, se non perche tu ami questa miserabil amata, il cielo ti uoglia dare, o quel contento, che merita l'amor tuo, ouero leuarmi del mondo, poich'io sono la cagione, per laquale tu senti tante pene, e non le meriti, o come è difficile di ben'amare, & esser saggia insieme, io t'amaua omio fedel Palamede, t'amo, e t'amerò fin, che lo spirto reggerà queste misere membra: ma perche troppo osài, e troppo uolli, c'hò poco saggia ridotto alla morte: perdonami dunque o mio fedele amante, il cielo ti dia tanto contento nel tuo viaggio, quanto dolore tu mi lasci nel tuo partire. Adio.

Pal.Deh non partite ancora anima cara perche partendo rimango qui infelice cadauero d' amare: deh uom partite vita di questo core, spirito di quest' anima, & anima di questo corpo.

Cleop.Ohimè, che parole son queste? siete voi morto, o viuo?

Pal.Io son morto a i diletti, e viuo al duolo, che per voi sola, e per lo fiero commandamento impostomi, sono stato vicino al Regno delle perdute genti, hora qual proua ui resta più di fare intorno all'amor mio & alla mia fede? ditela hormai, accioche io possa di nuouo ritornar' a seruirui?

Cleop.Si suol dire, che l'amore non si fabrica se non d'vna precedente rouina e hora dalla rouina della vostra creduta morte, si fabrica di nuouo l'amor mio, con nodi più forti, e più tenaci, & s'io sono stata mal saggia, & imprudente in guardar la fabrica prima dell'amor mio, riducendoui a cosi estrema necessità, di nuouo ve ne domando humilmente perdono, perche quanto dissi, tutto fu per far proua della constanza vostra, e della nostra fermezza; hora non occorrono altre proue, sono per sempre disingannata delle false openioni, ch'io haueua del vostro amore; vero, fermo, saldo, e costante, fu sempre l'amor mio, e tale sarò mentre, ch'io viua, e di ciò ve ne faccia fede la vostra bellissima imagine, che nel mio core alberga, et viue & per segno, che non và il core diuerso dalla lingua, eccoui la mia destra per segno di fede, e di matrimonio con voi, ripigli ite dunque gli smarriti spiriti, chiedetemi in moglie al padre mio, perche senz' altro voglio esser la uostra.

Pal.Tanto farò quanto imposto m'hauete: riserbando ad altro tempo il ringratiarla d'un tanto dono.

IL FINE.