L'AFFANNATORE,
COMMEDIA
DI
TERENZIO;
TRADOTTA IN VERSO SCIOLTO
DA
LUISA BERGALLI,
FRA GLI ARCADI
IRMINDA PARTENIDE.
E di nuovo dall' Autrice riveduta, e corretta.

IN VENEZIA,
APPRESSO CRISTOFORO ZANE.
Con Licenza de' Superiori, e Privilegio.
MDCCXXXVII.

QValche tempo innanzi che Voi mi faceste degna della vostra prege vole amicizia, m' era manifesto il merito vostro, e fu il proposito mio anche allora di farvi qualche dichiarazione di quella stima in che eravate da me tenuto. Adunque al presente che maggior invito mi fanno i vostri cortesi procedimenti verso di me, e nel vero mi danno anche maggior animo, non mi sembra di voler soprattenere più oltre questa mia volontà e per indizio di essa intitolo a Voi questa ter za Commedia di Terenzio da me già tradotta, e ora nuovamente data al pubblico, perchè l'ho con diverse correzioni quà e là riveduta.

Tra le degne e le nobili Città dell' Italia piacemi d' avere comunicazione con Vdine vostra, la quale sempre ho sentita nominare non solamente come Città di cortesie, di gentilezze, di nobili atti e magnifichi; ma come albergo di virtu, e di belle studiose inclinazioni, e di mia opinione può essermi prova un' altra publica testimonianza data da me con la dedicazione temo fa di un' altra di queste mie traduzioni al Signor Conte Francesco Berretta, da tutti gli ottimi ingegni riputato lume e ornamento d' Vdine Patria Vostra. In effetto non so come meglio l' onore e la gloria al luogo del suo nascimento si possa accrescere, che coltivando l' intelletto nelle bell' arti, avvenendo perciò che il nome, e lo splendore che altri aumenta a se ed a' suoi, è cagione che la sua Patria altresì venga celebrata; e tra gli uomini sia chiara e famosa. Quinci ottimamente eleggono que'Gentili uomini, i quali, come Voi fate, ne' loro anni giovenili si danno interamente alle scienze, cercando piu tosto laude che piacere; e pessimamente quelli che fanno il contrario. Lo intrattenersi nelle cose piene di vanità non conduce la giovinezza a poco male; ma sovente a vestir l'animo di costumi non buoni, e tal volta anche, a dichiararsi nimica a perta della virtù e spesso addiviene che non si reca a vergogna il mostrar maligno animo a qualunque bada a'buoni libri ed a fatiche scientifiche, e cerca essere per tale strada commendato. Con gran consolazione certamente presento a Voi questa mia traduzione, essendo certa nell' animo mio che vi piacerà trascorrerla, e trovando i suoi difetti, a vere per iscusata me, come uno di coloro i quali hanno a grado tutto ciò che allo studio si appartiene; e conoscono con quanta difficoltà si possa dar in luce componimento perfetto. Dirò tutta via che questa difficoltà fu sormontata da Voi, il quale con molte belle Opere di Poesia fate altrui chiaro di giorno in giorno con che buon ammaestramento siate in tale facoltà allevato, e andate acquistando fama e gloria, quanto ogni altro che in somigliante esercizio sia a' nostri dì mentovato; e certamente che con gran piacere ho uditi leggere e ricordare i vostri versi, come pieni di vivacità, e ornati d' infinite vaghezze e del sapore del nostro linguaggio. Sarebbe fuor di ragione ch' io vi dessi animo a proseguire il viaggio che a vete cominciato, mentre non credo che dell'altrui parole abbia bisogno una voglia ardentissima com'e la vostra, di rendersi illustre e celebre tra tutti gli uomini Letterati. Non anderò dunque più innanzi; ma solamente vi pregherò ad aggradire il buon voler mio, e a conservarmi nella vostra grazia, offerendomi per sempre.

Di V. S. Illustriss.

Di Venezia adì 3. Giugno 1737.

Umiliss. Devotiss. Obbl. Serva
Luisa Bergalli.

Antifila,Meretrice.
Bacchida,Meretrice.
Cremete,Vecchio.
Clinia,Giovine.
Clitifone,Giovine.
Dromone,Servo.
Menedemo,Vecchio.
Nutrice.
Frigia,Serva.
Sostrata,Matrona.
Siro,Servo.

Persone mute.

Arconide,Vecchio.
Critone,Vecchio.
Fannia,Vecchio.
Fanocrate,Vecchio.
Filteria,Vecchia.
Simo,Vecchio.
PErchè nessun di voi si maravigli, Ch' abbia il poeta dato a un vecchio, come Son' io, l' offizio del Prologo, che Si conviene ad un giovine; lasciate Prima ch'io dica un'altra cosa, e poi Tosto vi salderò di questa. Io sono Oggi per recitarvi una Commedia, Tolta del tutto da una Greca, che è Detta l' Affannatore; e così questo Soggetto, avanti maneggiato in una Sola lingua, or lo è in due. Vi mostrai dunque Com e' stata tradotta con un nuovo Metodo, e come essa si chiama. Mi Resterebbe egli a dirvi chi la scrisse In Greco, e chi in Latino, se non ch'io Credo, che ciò sia noto alla più parte Di voi. Però brevemente ora voglio Darvi contezza per qual fine io siami Assunto questo impegno. L' Autor volle, Ch' io la facessi da avocato, e non Da prologo, e che voi giudici foste, E me per recitarla ha destinato. E spero, ch' io sarò tanto facondo, Quant'egli fu ingegnoso al tavolino, Scrivendo ciò ch' or sarò per esporvi E poichè i suoi malevoli hanno sparso Voce, ch' egli ha sfiorato molte greche Commedie per farne poche latine; Egli non nega che così non sia, Nè di ciò se ne pente; che anzi pensa Farlo anco in avvenir; poichè ha l'esempio In ciò de' buoni Autori, con la cui Scorta pensa di far quel che han fatto eglino. Di più potrete giudicar col vostro Purgato intendimento una calunnia Disseminata da un maligno e rancido Poeta, ed' è, che egli all'improviso A versegiar si sia dato, fidandosi Non nella sua disposizion, ma nello Ingegno degl' amici. Ond'io vi prego, Che presso voi non vaglian più le voci De' tristi, che de' buoni. Siate giudici Benigni, e date in tal guisa coraggio A coloro, che dannovi di buone Commedie, acciò ne scrivano di nuove. Nè pensi più quel tal, che pochi giorni Sono introdusse nelle sue commedie, Che il popol si levasse, e desse loco A un servo, che correva; non si pensi Dico, che io parli in suo favore: o, ve' S' io vo servir ad uno sciocco! Or su Il nostro Autor gli scoprirà più ancora L'embrice, se costui non metterà Le pive in sacco. State dunque intanto Di buona voglia, e mercè il vostro grato Silenzio, permettetemi ch' io reciti Questa commedia, perciò che non sempre Io abbia a contraffar con alta voce, E con fatica di schiena un famiglio Affaccendato, ed'un vecchio stizzoso, Un parasito mangione, e un maligno Sfacciato, ed un ruffiano avaro. Voi Vedete, ch' essa è cosa giusta, ch'io Alle volte ne reciti di tali, Ch'egli è dover che mi si alleggerisca Alquanto il peso; che non son più d'oggi Non s ha riguardo a recitanti vecchi Se alcuna è faticosa a me si corre, E s'ella è piana, si dà a recitare Ad un'altra brigata. Or in questa avvi Una para favella; sicchè avrete Occasion di provar quanta sia La facoltà ch'io ho sì nelle parti Agevoli, che nelle strepitose. E vedrete, s'io mai per solo fine Di guadagnare eferciti tal' arte, Ch'anzi ho stimato mio sommo guadagno Il dilettarvi. Fate che il mio umore Sia di modello a quei, che vengon su In tal mestier, perchè cerchino prima La vostra grazia, che acquistar danari.

Il Fine del Prologo.

CREMETE, MENEDEMO. Cre.QUantunque sia fresca di molto questa Conoscenza fra noi, ch' è fol da quando Comperaste il poder quì a me vicino Nè forse prima d'or siami accaduto Altro, di che trattar insieme; pure O la tempra del buon vostro costume, O sia la vicinanza, che ancor ella Fa, com' io penso, una gran parte delle Amicizie, m' induce ad ammonirvi Fuora de' denti, e alla buona domestica. Dappoichè mi par egli che facciate Cosa, che l'età vostra, e che la vostra Fortuna non richiede. Deh, sì dite Che razza di pensiero è il vostro? Cosa Cercate? Avete un sessantanni, o più, Come a me sembra, nessu più di voi Tien in questi paesi nè un più fertile Poder, nè di più prezzo, voi avete Pur famigli parecchi, e tuttavia Come se non ne aveste nè men uno Fate da voi gli uffizj loro; senza Prender fiato. Non esco mai di casa Tanto per tempo, e non torno mai tanto Tardi, ch'io non vi vegga quì nel campo, O trar la zappa, o arar, o affaticarvi. Non perdonate alfin nè a tempo, nè A stento: e pure io son certo, che queste Cose non vi ritornano in diletto. Voi mi potrete dir: e' mi rincresce, Che i servi non m' avazano lavoro: Ma se quel tempo, che perdete oprando Qui, lo spendeste a spronarli, fareste Vie più. Men.Hai tu, Cremete così pochi De' fatti tuoi, che vuoi prenderti briga Di que' degli altri, e di cose, che a te Non appartengon per nulla? Cre.Io son uomo E perciò penso, che mi si appartenga Ogni cosa, che è d' umanita; E quando vi avviso, o vi domando Di qualche cosa, pensate, ch'io nol fò Per farvi mutar vezzo a forza, ma Perch' ei mi par conveniente. Men.A me Giova di far così: tu fa pur anco Ciò che ti torna. Cre.Or chi mai è colui Cui giovi il tormentarsi da se? Men.Io. Cre.Ed io, se avessi qualche spina al core, Affaticarmi non vorrei. Ma quale Sventura è questa mai? deh, qual delitto Avete contro voi commesso? Men.Uh, uh. Cre.No, non piangete; e che che sia cotesto, Deponentelo in me, nol vi tenete In petto, e non vi dubitate, fatemi Fidanza dico: o co' conforti, o col Consiglio, o co' fatti di qualche fondo Vi caverò. Men.Volete voi saperlo? Cr.Si, ma per le ragioni or ora dettevi. Men.Vel dirò. Cre.Intanto posate cotesto Rastro, e non travagliate. Men.O questo no. Cre.E perche no? Men.Lasciatemi, che senza Affaticarmi non mi passi un punto Di tempo. Cre.Nol permetterò, vi dico. Men.Ah, voi mi fate oltraggio. Cre.Oime, con questo Rastro così pensate lavorate? Men.Così merito io. Cre.Via dite. Men.Io ho Un unico figliuolo giovanetto, Ah, che dissi d' averlo! anzi l'ho avuto, Cremete: ora s' io l'abbia, o no, non so. Cre.Perchè ciò? Men.Lo saprete. Avvi qui una Povera vecchia di Corinto, della Cui figlia egl' era proprio pazzo, e come Moglie teneala, ma senza saputa Mia. Quand'io ne fui chiaro, incominciai A trattarlo, non con dolcezza, e non Come si deve maneggiar un giovine Appassionato; ma aspramente come Usanza è pur de' padri. Riprendevalo Ogni giorno, e dicevagli: Eh, ti credi, Che la ti vada fatta, sin ch'io vivo Tenerti a lungo in vece di mogliera L'amica? Oh, se' in error, se così pensi. Non mi conosci, o Clinia. Tanto io voglio, Che tu sia detto mio figliuolo, quanto Farai opre di te degne; ma se Tu terrai altra strada, io ben saprò Trovarti il verso. Questo non avviene, Se non dal troppo buon tempo. Quand'io Era dell' et à tua, sai, non faceva Mica all'amor: ma andaimi in Asia, spinto Da povertade, ed ivi nella guerra Coll' armi in mano m'acquistai la roba, E la gloria. Qui al fin la si ridusse, Che il giovinetto continuo sentendosi Bravar; stancossi, e pensando, che per la Etade, e per l'affetto, alle sue cose Sapessi, io preveder meglio di lui, Passò, Cremete, in Asia ad assoldarsi Nelle truppe del Re. Cre.Cosa mi dite! Men.Sene partì da me nascostamente, E di già son tre mesi. Cre.Ambi due siete Da riprender, benchè ciò risolvendo, Egli die segno d'un animo nobile, E coraggioso. Men.Allor che fui' chiarito Del successo da quei, che lo sapevano; Mesto, e turbato torno a casa, fuori Di me medesmo pel dolor. Mi pongo A seder, e mi corrono d' intorno I servi, e mi traggon le scarpe. Veggo Alcuni altri solleciti porre ordine A letti sterni, ed a prestar la cena; Ciascun alfin dal canto suo studiava Modo di temperarmi quell' affanno. Alla vista di ciò, fra me medesmo Presi a pensar: Ve', per me solo tanti S' affatican! per dar gusto a me solo! E soffrirò, che tante serve vestanmi? Io solo farò in casa tante spese? E un unico mio figlio, che dovea Goder di queste cose al par di me, E forse più; che l'età sua ne va Più al verso, fu scacciato via di quì Il poverello, per la mia stranezza. Sarei ben degno d' ogni mal, se più Usassi de' miei comodi: però Finch'egli viverà povero, ed esule Per l'ingiurie, che gli ho fatte; tuttora Gli pagherò la pena del mio fallo, Stentando, desiando, risparmiando, Per amor suo. E così, come dicovi, Mando ad effetto questo mio pensiero. Nulla in casa lasciai nè argenterie, Nè apparamenti; tutto ho fatto netto; Messo ho sin all' incanto e serve, e servi; Eccetto quei, che con opere rustiche San guadagnarsi facilmente il vitto. Subito appigionai la casa; e venni A ridur presso nove mila scudi. Comprai questo poder, e qui mi macero. Così m'intesi far alquanto manco Di torto a mio figlio, o Cremete, stando In miseria, e a non darmi nessun gusto; Sinchè non torna salvo egli, che debbe Esser a parte della mia fortuna. Cre.Io per me credo, che voi siate di Buon core verso il figlio, e ch'egli sia Rassegnato: ma co' discreti, e dolci Modi, bisogno era di torlo. Non Vi sapeste no, andar pel verso l'uno Dell' altro: e questo avvien, dove non si Pessa di buon concerto. Voi non feste Mai veder quanto ei vi premeva, ed egli Non osò mai di confidarvi quelle Cose, che pur denno saper i padri Lo che se si facea, non v'accadevano Cotesti mali già. Men.La cosa è come Dite, il confesso; un grande error fu il mio. Cre.Con tutto ciò, Menedemo, io ne spero Bene, e confido, ch' egli in breve sia Per ritornarvi salvo. Men.Il Ciel lo voglia. Cre.Lo vedrete. Or vorrei, s'egli v'è a grado, Giach'oggi è carnovale, che veniste A farla meco. Men.Non posso. Cre.Perchè? Deh, respirate un poco; vostro figlio, Benchè vi sia lontan, brama lo stesso: Men.Non è giusto, che avendo io spinto lui Alle fatiche, ora io per me le fugga: Cre.Siete fermo così? Men.Così. Cre.Restatevi Dunque in pace. Men.Ancor voi. Cre.Mi cavò egli Le lagrime, e mi fa compassione; Ma avanti, che rabbuj, è ben, ch'io avvisi Questo nostro vicin Fania, ch'è tempo, Ch' ei venga meco a cena: Ora vedrò S'è in casa. E' non vi fu bisogno, ch'altri Lo chiami: dicon già, che da un buon pezzo E' gito a casa mia: tanto ch'io stesso Tengo a disagio i convitati. Voglio Entrarmene però. Ma perchè s' apre L' uscio? Chi è, che vien fuori di casa Mia? io voglio tirarmi quì da un canto CLITIFONE. CREMETE. Clit.TU non hai giusta cagione per anco Di temer, Clinia, e non può star che arrivino; Verrà oggi: e però dà un calcio a questa Tua grave smania senza fondamento. Cre.Con chi parla mio figlio? Clit.Oh, appunto ecco Mio Padre: vo' parlargli. Padre, voi Mi date innanzi a tempo. Cre,Che cos'è? Clit.Conoscete voi questo Menedemo Nostro vicin? Cre.Si bene. Clit.V' è palese, Ch'egl'abbia un figlio? Cre.Ho inteso dir, ch'è in Asia. Clit.Non è in Asia altrimenti, o Padre; è in casa Nostra. Cre.Che mi dì dù? Clit.Tosto, che giunse, E che smontò di nave, io lo condussi Con noi a cena; che grande amicizia Io ho avuta con lui sin da ragazzo. Cre.Tu mi dì cosa, che mi allegra molto. Oh, avess' io almen con più caldezza fatto Invito a Menedemo, che oggi fosse Con noi, per esser primo io ad arrecargli In casa mia questa consolazione Inaspettata. Evvi però ancor tempo. Clit.Guardate di non farlo anzi. Non torna Ben questo, o padre. Cre.No? perche? Clit.Perchè Il giovine non sa per anco prendere Di fe partito. E' giunto or ora, e teme D'ogni cosa; dell'ira di suo padre, Del come sia l' animo di sua donna Verso lui; ch' egli ardentemente l' ama, E per cagion di lei successe questo Rumore, e la sua andata. Cre.Il so. Clit.Egli ha Mandato ora il suo servo alla Città Da lei, col nostro Siro, ch' io mandai Seco. Cre.Ora cosa sa dir Clinia? Clit.Cosa Sa dir? Ch' egli è infelice. Cre.E' infelice? Si potrebbe egli dir cosa che fosse A creder meno? deh, che manca a lui Di tutto quello che dal volgo chiamasi Bene? egli ha padre, madre, patria libera, Amici, nobiltà, e parentado E ricchezze. Benchè son tali queste Cose qual' è l' animo appunto di Chi le tiene: a chi ben n' usa, son buone; Ed a chi mal, cattive. Clit.Anzi quel vecchio Sempre è stato nojoso; ed ora o Padre, Temo, che irato piucchè mai non facciagli Un qualche brutto scherzo. Cre.Ei forse?… Ma Voglio tenermi di parlar; che giova A Menedemo, che suo figlio stia Con questa tema. Clit.Che dite fra voi? Cre.Dirò; comunque andasse la faccenda, Egli non si dovea partir, che s' anco Il padre riusciva alquanto aspro Incontro a sue lascivie, e' bisognava Averne sofferenza. Deh, chi mai Comporterà, se non comporta suo Padre? Cos' era più giusto, che il figlio S'accomodasse al padre, o il padre a lui? Nè gli convniene dir, ch' egli importabile Fosse, perche ne ha il torto; che i riprenderi Che fanno i Padri a' figli di tal fatta, Son quasi tutti di un medesmo peso. E non permetton pratiche di Donne, Nè continui banchetti, nè son loro Larghi a' danari; e in ogni modo tutto Ciò giova a trarli sulla buona strada. Così sai, Clitifon, se in capo salta Qualche voglia stravolta, egli bisogna Volgersi a chi ne fa la esperienza: Che bella cosa imparar all' altrui Spese, ciò che di far ci giova. Clit.Il credo. Cre.Ma entrar voglio, e veder cosa abbiamo In pronto per la cena, e tu, giacchè E' tardi, non andar lontano, sai.

Il fine dell' Atto Primo?

CLITIFONE. Clit.DEh quanto mai sono indiscreti giudici I Padri contro tutti i giovanetti! Pensan, che appena nati dobbiam farla Da vecchi, e non partecipar di quelle Cose le quali stan con l' esser giovani; Prendon misura dalle loro voglie Presenti, non dalle passate. Ma S' io avrò mai nessun figlio, per certo E gli avrà a far con un Padre benigno: Saprò le tresche sue, perchè saprolle Compatir: nè farò come fa il mio, Che accenna agli altri, e vuole, ch'io l'intenda: S' alza poi egli il gomito un po più Del bisogno, che belle, orrevolezze Di se stesso non mi narra? ed or vuole, Ch' io impari all' altrui spese ciò che mi Giova di fare. Oh egli è volpe; ma non Sa, che predica a' porri. Altro può in me La mia donna, qualor mi dice: dammi Questo, recami quello: ed io non so Che risponderle: poichè son in fondo Della ruota. E benchè Clinia, ne meno Stia in zucchero, pur pure ha egli a fare Con una, che fu bene, e onestamente Allevata; nè sa l' arte di queste Così fatte. La mia è gran Signora, Sfacciata, altera, splendida, famosa; E alfin convienmi aver, che darle. Poi Non mi vergogno dir, ch'uno da me Non ne canta. Ah, mai più non ebbi tanto Travaglio; e pur ancor nol sà mio Padre. CLINIA. CLITIFONE. Clin.SE la fortuna in questo amor mi fosse Propizia, già sarebbero venuti; Ma temo, che nel tempo, ch' io fui lunge, Questa Donna mi sia stata distolta. Si uniscon molte cose, che mi fermano In sospetto: l'occasione, il loco, L' età, la madre scellerata, sotto A cui vive, ed a cui nulla è più caro Del soldo. Clit.Clinia. Clin.O me infelice. Clit.Guarda Che uscendo alcuno di casa tuo padre Non t' osservi. Clin.Il farò; ma sento il core A dirmi non so che di male. Clit.Tu vuoi Dunque pensar al mal prima, che e' venga? Clin.Se non ci fosse intoppo, essi dovrebbono Esser giunti. Clit.Verranno tosto. Clin.Quando? Clit.Non pensi tu che sta lontana? e poi Non conosci il costume delle Donne? Sino ch' elle s' assettano, e s' acconciano Passa un anno. Clin.Tant' è, per me ne temo, Clitifon. Clit.Stà di buon animo: ecco Dromone, e Siro che vengonti incontra. SIRO, DROMONE, e detti. Sir.DI il vero? Dro.La è così. Sir.Ma mentre noi Parlavamo, le son restate addietro. Clit.Vien la tua Donna: odi tu, Clinia? Clin.Or sì Bene; ch'io odo, veggo, e torno a vivere; O Clitifon. Sir.Non è stupor, perchè Elle son tanto imbarazate. Menano Un nugolo di serve. Clin.Oimè, son morto; Come tien tante serve? Clit.A me ne chiedi? Sir.Non bisognava perderle di vista Con le robe, che portano. Clin.O me misero! Sir.Han oro, han vesti, e si fa sera, e non Sanno la strada. L' abbiam fatta grossa. Va, Dromon, corri loro incontro. Cosa Stai tu guardando? Clin.O di quanta speranza Son caduto! Clit.Perchè? che più ti affligge? Clin.Che mi affligge? Non vedi tu le serve, Gli ori, le vesti? mentr' io la lasciai Con una fanticella. Da che pensi, Che venga questo? Clit.Ah, ah, t'intendo. Sir.O buoni Dei, oh quanta ciurmaglia! Se capiscono In Casa è assai. Che mangeranno? che Beveranno? Chi più del nostro vecchio Sarà mal arrivato? Ma ve' appunto Chi cerco. Clin.O Dio! dove è andata la fede? Mentre io per te vo traviato, e della Patria mi privo pazzamente, in cambio Tu t' arricchisci, Antifila, e mi lasci In questi affanni, che per te son fatto Più là che obbrobrioso; e son a mio Padre disubbidiente, al cui cospetto, Ora non oso comparir. Mi spiace Nel cor, che predicandomi l' usanza Di costoro, gettate egli abbia le Parole, e che non gli sia stato mai Possibil di staccarmi da costei; Ma ora lo farò, giacchè non volli Farlo, quand' egli avermene potea Merito. In fatti nessun è più misero Di me. Sir.Costui pel parlare, che abbiamo Fatto, per certo prende un granchio. O Clinia, Voi la credete mal de vostri amori: Che per quanto arguir potemmo dal Fatto, la vostra Donna tien lo stesso Tenor di vita, e la stessa premura Per voi, che tenea prima. Clit.Che di tù In grazia di ch' io non bramo altro al mondo Se non, che pensar falso in questo. Sir.E acciò Che la sappiate dall' a al z, udite: La vecchia, che passava per sua madre Non l' era, e già tirò le calce, come A caso intesi dir per strada dalla Vostra Donna ad un' altra. Clit.Chi mai è Quest' altra? Sir.Mo lasciate, ch' io vi saldi Di quel, che ho cominciato a dirvi, e poi Verremo a questo, Clitifon. Clin.Via spacciati. Sir.Ben, pria di tutto quando fumo giunti A casa sua. Dromon picchia alla porta, Ed ecco esce una vechia, che ci apre; Subito egli entra, ed io lo seguitai Ella non fece altro, che riporre Il chiavistello, e ritorna al pennecchio. Da quel poi che dirovvi, e non altronde, Clina, venir si puote in chiaro del Modo, col quale, essendo voi lontano, Se la passò la vostra Donna; mentre Fu colta alla sprovvista, e tanto diedeci Da giudicar di sua continua usanza; Dalla qual poi si scopre chiaramente L'indole di ciascuna. La trovammo Fissa al Telajo, e vestita alla buona, E a bruno, credo pel corrotto di Quella sua vecchia. Era ella senza alcuno Abbigliamento d' ori, e comme quelle, Che per piacer a se sole si acconciano, Non avea tocco il viso d' alcun liscio Ch' usin le Donne, andavanle i capelli Rabuffati e distesi, avvolti intorno La testa negligentemente. In somma Era tutta aria netta. Clin.O Siro mio, Non far ch' io mi rallegri in fallo. Sir.Un'altra Vecchia filava trama, ed una fante V' era pur che tessea seco. Ma tutta Cenciosa, transandata, e lorda. Clit.Quando Son vere, o Clinia, queste cose, come Cred' io, chi è di te più avventurato? Sai, che vuole inferir la serva sordida, Sordidissima? questo egli è un gran segno, Che la padrona non ha macchia, quando I suoi sono lasciati così male In ordine da un canto; perocchè, Chi brama farsi strada alle padrone, Usa prima alle serve unger la mano. Clin.Seguita, te ne prego; e avverti ve', Non affettar di darmi gusto. Cosa Diss' ella, poichè tu mi nominasti? Sir.Quando dicemmo, che ripatriaste, E che la pregavate di portarsi Da voi, piantò tosto la tela, tutto Bagnò di pianto il viso, a tal, che bene Vi potete chiarir che questo fu Desio di rivedervi. Clin.Se Dio mi Salvi io non capisco nella pelle Tanto è il timor, che superai. Clit.Ma io Lo sapea, Clinia, che non era nulla. Or via, Siro, dì su, chi è quell' altra? Sir.Meniam la vostra Bacchida. Clit.Che Bacchida? O briconaccio, ove la meni tu? Sir.Ove la meno? a casa vostra, ve'. Clit.A casa di mio padre forse? Sir.Appunto Clit.O grande sfacciataggine ha costui! Sir.Ma non si fa mai cosa memorabile Senza qualche pericolo. Clit.Bisogna Saper, o tristo, che sulla mia vita Fabbrichi la tua lode, e che per poco, Che tu m'esca di sotto, io sarò messo Al fondo. Allor, che farai tu? Sir.Ma se… Clit.Che mai, se? Sir.Se mi lascierete dire Dirò. Clin.Lascialo dir. Clit.Dì su. Sir.La cosa E' così appunto, come, se costei… Clit.Che girandole in sua malora trova Fuor! Clin.Siro, ha ragion egli. Metti Le ciarle a monte, e narra di proposito La cosa. Sir.In verità, ch'io non ho paglia In becco, e convien dirla? Siete troppo Stizzoso, o Clitison; e non si può Più sofferirvi. Clin.Egli è ben ascoltarlo; Sta cheto. Sir.Voi volete amarla, voi Volete averla, voi volete, ch'io Vi trovi che donarle; e non volete Mettervi a nessun rischio per goderla. Oh, vi so dir, che l' intendete bene; S' egli è intenderla bene il voler quello, Che non si può ottenere. Or fate vostro Conto, o di aver il dolce coll' amaro, O di lasciar coll' amaro anco il dolce. Ora vedete pur quale di queste Due v' accommoda più: benchè so io Di certo, che il partito ch'io ho preso E' buono ed è sicuro, poichè vienmi Fatto, che voi senza paura, in casa Di vostro padre, stiate presso alla Dama, e di più troverovvi i dinari, Che voi le prometteste, per li quali A forza di preghiere già m'avete Quasi tolto l' udito. Or che cercate Voi più oltre? Clit.Che la sia poi così. Sir.Che la sia poi così? voi la vedrete. Clit.Ma su via, qual è mai cotesto tuo Partito per tua fe? Sir.Noi fingeremo Che questa vostra amica sia di Clinia. Clit.Bene. Ma dimi un poco, che dovrà Far egli della sua? Diremo, che anco Questa è sua amica, se l' averne una Sola gli è poco onor? Sir.Ma fatto sia, Ch' anco la condurrem da vostra madre. Clit.E che fia egli? Sir.E' lungo da narrarvi Il gioco, o Clitifon; ma basta, che Anderà bene. Clit.Le son fanfaluche. Io non ci veggo fermezza, onde io debba Espormi a questo risico! Sir.Fermatevi, Se non avete fermezza di questo, Io tengo altro partito per le mani, Il quale tutti e due confesserete, Ch' egli è più che sicuro. Clit.O, si di grazia Trovane un'altro. Sir.Volontieri. Io me Ne anderò incontro ad essi, e lor dirò; Che ritornino a casa. Clit.Oh, che hai tu detto? Sir.Così vi leverò d'ogni timore, Perchè dormir possiate in pace i vostri Sonni sopra qual banda vi parrà. Clit.Or cosa deggio far? Clin.Cosa? attenerti Al meglio. Clit.Or, Siro, dimi il vero… Sir.Eh, fate Così; ch'e'si fa sera; e se vorrò Dir, mi darete sulla voce. Clin.Godila Insin che puoi; che non sai tu, se ti Verrà in acconcio di più averla. Clit.Siro. Sir.Chiamate pur quanto volere. Intanto Io la vi faccio bella. Clit.Affè costui Non ride. Siro, Siro, dico, o Siro. Sir.Il caldo, alfine in lui lavora: Cosa Volete? Clit.Torna in qua, torna. Sir.Son quì, Che avete a dirmi? direte, che a fangue Nè men questo mi va? Clit.No, Siro, che anzi Io rimetto in tua man me stesso, il mio Amor, ed il mio credito. Tu fanne A piacer; guarda sol, che non te ne Venga biasmo. Sir.Oh, per certo il bell'avviso Mi date, Clitifon, quasi che in questo Affar ci vada manco del mio pelo, Che del vostro. Se la non mi riesce Netta, per voi saran parole, per Me bastonate; onde mi torna bene, Ch' io la misuri da ogni parte. Voi Però pregate Clinia, che la faccia Credere amica sua. Clin.Certo la cosa E' giunta a tal, che mi bisogna farlo. Clit.T' amo, o Clinia, a ragion. Poi non vacilli. Sir.No, ch' ella è avvertita Benissimo. Clit.Di questo maravigliomi Ben, come tu l'abbia sì facilmente Persuasa a venir, ch' ella disprezza Tutti. Sir.Io colsi bene il tempo: primo Vantaggio di chi vuol grazie, poichè Ritrovai seco un soldato, che misera. Mente pregava lo accettasle questa Notte: ed ella con arte il tenea in ponte Per farlo entrar più in voglia, e per mostrarsi Presso voi tutta merito. Ma voi Vedete, Clitifon, di non procedere Alla pazzesca. Conoscete, già Che vostro padre, è uomo di squadrarvi; Ed io so quanto voi siete incapace Di freno; riguardatevi da gerghi, Dal voltarvi ver lei, dal sospirare, Dallo sputar, dal tossire, dal ridere. Clit.Ti loderai di me. Sir.State in cervello. Clit.Tu stesso tene stupirai. Sir.Ma come Ci han giunti presto queste donne? Clit.Dove Son elle? A che mi fermi? Sir.Ora non è Vostra costei. Clit.Quando ci fosse mio Padre lo so; ma ora… Sir.Ora nè meno Clit.Lasciami fare. Sir.Vi dico di no. Clit.Un pochetto di grazia. Sir.No, non voglio Clit.Almen, ch'io la saluti. Sir.Eh, andate se Avete sal in zucca. Clit.Vado, ma Che farà Clinia poi? Sir.E resterà. Clit.O felice costui! Sir.Nettate via. BACCHIDA, ANTIFILA, CLINIA, SIRO. Bac.NAffe, Antifila mia, vi lodo, e vi Stimo felice, che vogliate avere Costumi somiglianti a questa vostra Bellezza, e non mi maraviglio, in fede Che ogn'uno sia di voi pazzo, poichè Dal parlar vostro conobbi di quale Tempra voi siate. E mentre fra me stessa Noto il tenor di vostra vita, come Quello dell'altre vostre pari, che Non usan darsi al volgo, non mi pare Gran fatto, che voi siate, come siete; E noi altre al contrario; mentre l'essere Di vita onesta a voi giova, ed a noi Lo vieta chi ci pratica. Gli amanti Dalle nostre bellezze in certo modo Tratti ci voglion bene; ma poi quando Cedono queste, in altra parte girano Anch' essi: e intanto, se in serbanza non Ci è nulla, restiam povere. Dall'altro Canto scegliete voi di starvi unite A un solo amante d'animo conforme Al vostro. Questi tali affatto si Danno a voi altre, e con la forza del Vicendevole affetto vi stringete Così, che nulla il vostro amor può sciogliere. An.Non vi so dir dell' altre, vi so dire Di me, che certamente studiai sempre Di misurar dal suo piacere il mio. Clin.O sempre cara Antifila; tu sola Sei, che alla patria mi richiami; che Essendo io lunge da te ogni travaglio, Che ebbi a sostener mi fu leggero, Fuori, che quel di dover starmi senza Te. Sir.Il credo. Clin.O Siro, che infelice stato E' il mio: misero me! sarà possibile, Ch' empier non possa il desiderio mio Di starmi presso a questa buona giovine? Sir.Anzi per quanto vidi, ora è per farvela Saper amara vostro padre. Bac.Chi E' quel giovine, che ci guarda? An.Oimè, Di grazia sostenetemi, Bac.Deh, cosa Avete? An.Oimè! Bac.Meschina me: su Antifila, Di che restate? Ant.Veggo Clinia, o no? Bac.Chi mai vedete? Clin.Il Ciel ti salvi, anima Mia. An.Mia speranza, addio. Clin.Come stai tu è. An.Godo, che salvo, e san tu giunga. Clin.Sei Pur tu mia è vero ne, o mia cotanto Desiderata Antifila? Sir.Via entrate; Ch'è buona pezza, che il vecchio vi aspetta.

Fine dell' Atto Secondo.

CREMETE, MENEDEMO. Cre.GIà sia fa dì, che bado, che non picchio All' uscio del nostro vicino? voglio Essere il primo a dirgli ch'è tornato Suo figlio; benchè ciò non acconsenta Il giovine: ma poichè veggo questo Pover uom tanto affliggersi di sua Partenza; perchè mai gli celerò Una allegrezza così inaspettata? Se ciò manifestando vessun danno Vien al giovine? Vò dirlo; che dove Potrò mai voglio aiutar questo vecchio. Come mio figlio s'interessa pel Suo amico d' età pari, ed entra a parte Di sue faccende; così è di dovere, Che noi vecchi l'un l' altro ci prestiamo Servigio. Men.O ch'io senza dubbio son nato Propriamente per essere infelice, O non è ver ciò, che vien detto, che Il tempo levi la gravezza agli uomini, Che certo in me sempre vie più s'accresce Quella, che provo per mio figlio, e più Tempo, che sta lontano, e più lo voglio, E più lo bramo. Cre.Ma veggo, ch'egli esce. Appunto: vo a parlargli. Oh, Dio vi salvi Menedemo, io vi porto una novella, Che voi desiderate al sommo. Men.Udiste Forse, o Cremete, qualche cosa di Mio figlio? CreCerto; egli sta bene; e vive. Men.Oh, dove è mai di grazia egli? Men.Mio figlio? Cre.La è così. Men.Egli è venuto? Cre.Certo. Men.Venuto è il mio Clinia? Cre.Vi dico Di sì. Men.Andiam; conducetemi, vi prego Da lui. Cre.No, ch' ei non vuol, che voi sappiate Di sua venuta. Egli si schiva ancora Per l' errore commesso, e di più teme, Che sia fatta peggior l' antica vostra Severità. Men.Non gli diceste voi Di qual pensiero io sia? Cre.No. Men.Perchè no, Cremete? Cre.Perchè mal provedereste, E per voi, e per lui mostrando un animo Tanto facile, e debile. Men.Eh, ch'io non Posso: pur troppo fui padre severo Per lo passato Cre.Ah, Menedemo, voi Non conoscete mezzo: e siete troppo Stretto, o ver troppo largo; e in questa guifa Concedendo, cadrete nello stesso Error in cui negando già cadeste. Voi da principio voleste più tosto Spaventarlo, e scacciarlo via di qua, Che comportar; ch'ei praticasse una Donna, che allor d'ogni poco era paga; E che ogni cosa aggradiva. Or che a forza Ha ella già fatto di se mercato A tutti, ed or che senza vostro sommo Danno la non si può più aver, volete Spender a man forate. Ma per farvi Capir quant' ella sia fatta maestra In rovinar altrui, sappiate prima, Ch'ella hà menato seco più di dieci Se ve cariche d'oro, e di gran vesti Talchè, se il suo amatore fosse un principe Non potrebbe star saldo a queste spese; Non che voi. Men.E' qui ella in casa vostra? Cre.Se ci è domandate? Il so be' io, Che ad essa, ed alle sue compagne diedi Una cena, che se dovessi darne Un' altra sarei gito: che lasciando L' altre cose da parte, o quanto vino In assagiarlo solo non mi si Consumò? Questo, diceva mio figlio, E' brusco alquanto, o mio padre; quest'altro E'troppo dolce: di grazia, guardate Per meglio. Ho messo mano a tutte le Botti, ho voltato tutti i fiaschi; ed ho Tenuti a bada tutti i servi, e questo Si è fatto in una sola notte. Or cosa Pensate, ch' abbia ad essere di voi, Che di continuo vi saranno addosso? Così mi ajuti Dio, come in me sento, O Menedemo, pietà della vostra Roba. Men.Faccia egli a piacimento suo Pure: spenda, consumi, mandi a male; Ho fermo di soffrir tutto, purchè Io l' abbia presso. Cre.Se disposto avete Così, penso, che almeno importi assai Dargli il danaro, senza farlo accorgere Mai del vostro consenso. Men.Che farò Io? Cre.Tutto ciò che volete, più tosto Che quel, che in mente ora vi passa: dategli Per terza man; lasciate imbeccherarvi Dal servitore: e già m' accorsi, ch'eglino Vi lavorano sotto, e che in ascoso Trattano. Siro con quel vostro servo Va bisbigliando, e i giovani confrontano I partiti. Fa più per voi di perdere Secento scudi in questo modo, che Dieci in quell'altro; ch' ora non si tratta Del soldo, ma della maniera manco Risicosa di darlo a questo giovine: Che s'egli giunge a capir, che voi siate Tocco così da perder vita, e roba; Anzi che lui; deh qual mai strada gli Aprirete al mal far? Da vero quella Volta sarà per voi nojoso il vivere, Che il nostro mal talento vien peggiore Se il fren vi si rilascia. Ei vorrà tutto Ciò, che gli salterà nel capo, senza Pensar se sia lecito, o no l' averlo. Voi non starete saldo a veder perdere Così la vostra roba, e vostro figlio Stesso; e se v'opporrete, darà subito Egli di mano a quell' armi con cui Saprà di avervi a vincere. In sul fatto Minaccerà di abbandonarvi. Men.Parmi, Che questa sia la verità, e che voi L'intendiate. Cre.Sta notte in coscienza Non ho preso mai sonno per andare In traccia d' un partito, col qual rendervi Potessi il figlio. Men.Datemi la mano; Che anch' io vi prego di farlo, Cremete. Cre.Son già disposto: Men.Sapete, che cosa Ora bramo da voi? Cre.Dite. Me.Che essendovi Accorto, come son eglino dietro A giuntarmi, facciate, che si sbrighino; Ch' io bramo dargli ciò ch'ei vuole, e bramo In somma di vederlo. Cre.Io lo farò. Ma mi bisogna coglier Siro, e moverlo A questo. Oh, esce non so chi di casa Mia; entrate voi pur nella vostra; che Non si avveggan del vostro convenirci. Un' affaretto or m' occupa, Simone, E Criton quì vicini nostri sono Pei lor confini in lite, ed hanno scelto Giudice me. Vado dir loro, che Li servirò, ma ch' oggi non poss'io Farlo; e son tosto di ritorno. Men.Si Di grazia. O buoni Dei; com'è possibile, Che sia così disposta la natura Nostra, che meglio e si vegga, e si giudichi Le cose altrui che delle proprie? Avvien forse Ciò perchè nelle nostre c' impedisca Troppo allegrezza, o troppo pena? O quanto Cremete, è più avveduto nelle cose Mie di me stesso. Cre.Ve', se mi son io Sbrigato presto per servire a voi. SIRO. CREMETE. Sir.COrri quà, corri là, bisogna alfine Ritrovar i danari, e truffar il Vecchio. Cre.M'ingannai forse a dir, che studiano Costor la trama? Quel servo di Clinia Certo è un da poco, onde a costui sarassi Data l'impresa. Sir.Chi parla di quà? Oimè, sentì questo, egli forse? Cre.Siro. Sir.Oh. Cre.Che fai quì? Sir.Nulla di male. Mi Maraviglio ben'io, Cremete, che Voi vi siate levato pertempissimo, Poichè jersera molto ben traeste Il molle delle fiasche. Cre.Eh non gran cosa No. Sir.No dite? pareami, che voi foste, Come suol dirsi un aquila invecchiata. Cre.Va via. Sir.Ma in fatti questa cortigiana E' una donna trattabile, e faceta. Cre.Anco a me certo parve tal. Sir.Ma è anche In verità bella assai. Cre.Quel, che basta. Sir.Non come eran le donne al vostro tempo, No, ma per quel, che corre adesso è bella Certo, ma non ho nessun stupor, se Clinia Spasima per costei. Ma ei tiene un padre Stretto, misero, stitico; egli è questo Nostro vicin, nol conoscete? e come S' egli non s' annegasse nell' abbondo, Se la battè suo figlio per disagio. Voi non sapete; che la cosa stà Come vi dico? Cre.Perchè non ho io Da saperlo? Oh ben degno d' esser messo A menare il mulino. Sir.Chi mai? Cre.Questo Servo di Clinia dico. Sir.Io me la vidi Per me. Cre.Che il sopportò. Sir.Che far dovea Egli? Cre.Che far? Egli dovea trovare Qualche partito, qualche inganno, per Trar dinaro, onde il giovine potesse Darne all' amica, e tor a suo dispetto Questo vecchio bisbetico di pena. Sir.Burlate voi. Cre.Così gli conveniva Di far, o Siro. Sir.Oh ditemi di grazia, Lodate voi que' servi, che l' attaccano A' padroni? Cre.Se il fanno a tempo, e loco Si che gli lodo. Sir.O bene in verità. Cre.Perche questo impedisce molte volte De' gran travagli; e così già sarebbe Rimasto in casa a questo vecchio l' unico Suo figlio. Sir.S' egli scherzi, o s' egli dica Da vero io non lo so; so ben, che mi Sprona il cor a giuntarlo più che mai Volentieri. Cre.Ma ora cosa aspetta Egli? Siro? ch' ei parta un' altra volta Per non poter mantenere costei? Perche non tende qualche aguato al vecchio? Sir.Oh, che egli è una civetta. Indrizzarlo per amor del povero Giovine. Sir.In buona fè, che il posso fare Ridendo, se pur voi mel comandate; Che in così fate cose io son maestro. Cre.Ben, tanto meglio. Sir.Non è mio costume Dir una cosa per un'altra. Cre.Fallo Dunque. Sir.Ma voi legatevela intanto Ben alla mente; che se a caso mai, Come va il mondo, vostro figlio stesso Avesse qualche appicco anch'egli… Cr.Spero, Che non bisognerà. Sir.Lo spero certo Anch' io, nè il dico già, perch' io avvedutomi Sia di nulla; ma pure, s'egli fesse Una qualche scapata, che vedete Portarlo l' età sua; vi avviso acciò, Che ad un bisogno, Cremete, io la possa Solennemente far a voi. Cre.All'uopo Discorrerem: per ora attendi, a questo Sir.Non ho più inteso parlar il padrone Con tanta discretezza; e non credo io Di poter far nessun male con manco Timore. Chi vien fuor di casa vostra? CLITIFONE, e detti. Cre.CHE è questo, che usanza, Clitifone, E' questa tua, così si fà? Clit.Che ho fatto? Cre.Non t' ho vist' ora a por le mani in seno A questa cortigiana? Sir.Oh, la è finita, Son rovinato. Clit.Io forse? Cre.Ti ho veduto Io con questi occhi; nol negar. Tu fai Un grande smacco a Clinia in non tenendo Le mani a te. Di fatto ella è insolenza Accoglier un tuo amico in casa, e poi Far con sua donna i niscondelli: e jeri Quanto non fosti tu smodato a cena? Sir.La cosa è chiara. Cre.Quanto insidioso Non fosti! certamente, e se mi salvi Dio, che temetti di quel che potea Intervenir. Conosco io la natura Degli amanti? la guardano fil filo In quelle cose, che non penseresti. Clit.Eh, che di me si fida, e sa che offendere Nol posso, o padre. Cre.Che la sia così; Con tutto ciò fa buon che tu da loro Alquanto ti discosti: perchè il caldo D' amor ci muove a qualche scherzo, e tu Con tua presenza leghi loro le Mani. Da me medesmo io prendi esempio, Che non vive oggi nessuno de' miei Amici, sotto la cui vista osassi Mettere, o Clitifon, tutto il mio intrinsico. Appresso uno dariami ombra la sua Dignità, appresso un' altro mi saprebbe Male, ch' egli il sapesse, per non essere In conto o di leggiero, o di cattivo. E credi pur, che Clinia si raffrena Per questo. Ma a noi tocca, sai, conoscere Il tempo, e il loco di piacer altrui. Sir.Perchè dice egli ciò? Clit.Son rovinato. Sir.Io, Clitifone, anch' io v' ingiungo questo; Che so per prova cos' e' l' esser di uomo Proprio, ed onesto. Clit.Eh, taci tu. Sir.Di troppo Tacci io. Cre.Siro, mi rincresce, ch' egli Nè a me, nè a te voglia badar. Sir.Lo credo, E ne avete ragion; ch' el mi dispiace Anco a me. Clit.Non la vuoi finir? Sir.Ma io dico Per certo quel che mi par vero. Clit.Non Andrò io dove son essi? Cre.Oh, senti Evvi una sola via di andarvi, ed' è La via dell' onestà. Sir.Non ci è più caso; Costui si scoprità prima, ch' io cavi I soldi al vecchio, Cremete, volete Farla a modo di un pazzo? Cre.Che ho a far io? Sir.Fate, che Clitifon in qualche parte Diradi via di quà. Clit.Dove andarò. Via di quà? Sir.Dove volete, finchè Un po di spazio diate loro. Andate A spasso. Clit.Dove a spasso? Sir.To su, quasi Vi mancassero luoghi. Andate di Quà, e di là. Cre.Dice ben egli, ed io penso, Che tu la faccia. Clit.O che gli Dei ti spiantino, Siro, che via di quà mi scacci. Sir.E voi Poter di Dio per l' avvenir tenete A voi codeste mani: Ombe' pensate Ch' ei sia mascagno? come parvi, ch'egli Vi possa riuscir, Cremete, quando Con tutta attenzion non gli terrete Ben gli occhi addosso, e nol castigherete, E noll' avvertirete? Cre.Io vi userò Diligenza. Sir.Ma farlo el vi bisogna, Padron, adesso. Cre.Lo farò. Sir.Si se Farla da uom vorrete; ch'egli omai Le più volte non bada a me. Cre.Ma cosa Hai fatto, Siro, di quello che poco Fa t' accennai? trovasti ancor partito, Che ti garbeggi, o non ancora? Sir.Dite Dell' inganno? si bene. Adesso adesso Ne ho ritrovato uno. Cre.O tu vali oro. Di sù, qual' è. Sir.Vel dirò; ma siccome Di cosa nasce cosa… Cre.E perciò, Siro? Sir.E' molto astuta questa cortigiana. Cre.Così mi par. Sir.Se la sapeste tutta. Oh, vedete a che trappola sta dietro. Era quì una certa vecchia di Corinto, a cui ella prestò cento Scudi. Cre.Or che ne seguì? Sir.Che mori la Vecchia, e lasciò una piccola figliuola, La qual fu data pel denaro in pegno A costei. Cre.Bene. Sir.Or la ha menata quì Seco, ed è quella, che adesso si attrova Con vostra moglie. Cre.Che vuoi dir per questo? Sir.Che Clinia or prega Bacchida, che voglia Dargliela; ma gli chiede ella duegento Scudi. Cre.Da vero glie li chiede? Sir.O chi Ne ha dubbio? Cre.Ell' era da saper. Ma cosa Pensi di far? Sir.Io? Andrò da Menedemo; E gli dirò, ch' è stata costei presa In Caira, ch' ella è ricca, ch'ella è nobile, E che s' ei la riscatta, è per tirarne Grosso guadagno. Cre.Oh la ti falla. Sir.Come? Cre.Di Menedemo in vece adesso io ti Risponderò: Io non compro. Che dici? Sir.Mo state in tuono. Cre.Ella non fa per me. Sir.Non fa per voi? Cr.No certo. Sir.Perchè dirmi Così? mi fate voi restar. Cre.Adesso Il saprai. Ma sta saldo: che vuol dire, Che s'apre l'uscio nostro con tanto empito?

Il fine dell' Atto terzo.

SOSTRATA. CREMETE. BALIA. SIRO. Sos.SE non ho le traveggole, per certo Questo è l' anello, ch' io dico, con cui La mia figlia fu esposta alla ventura. Cre.Cos' è questo parlar, Siro? Sost.Che dì Tu! sembrati egli quello? Bal.Io il dissi subito, Che mel mostraste, ch'era quello. Sos.L'hai Guardato poi ben, Balia? Bal.Vi dico, Che l'ho guardato benissimo. Sos.Entra Dunque, e avvisami, s' ella ancora siasi Levata, ch'io fra tanto aspetterò. Qui mio marito. Sir.Ella cerca di voi; Vedete un poco ciò che vuole. Non Saprei, perchè stia conturbata: senza Ragion non sarà già. Temo di qualche Male. Cre.Di male? Affè, che dee beccarsi Il cervello, perch'io bea qualche ciancia. Sos.O, mio marito. Cre.O, mia moglie. Sos.Voi cerco Appunto. Cre.Dite su quel che volete. Cos.Prima di tutto, vedete, vi prego A non voler credere, ch'io abbia osato Far nulla contro del comando vostro. Cre.Volete, ch'io vi creda ciò, benchè La sia cosa incredibile? Lo credo. Sir.Io non saprei vedere qual magagna Tenga sotto coperta questa scusa. Sos.Vi ricorda d' avermi, essendo io gravida, Terribil mente minacciato, affine Che s' era il parto una fanciulla, io non L'allevassi? Cre.M'immagino quel che Hai fatto; l' allevasti. Sir.Se ciò è vero, Padrona, voi serbaste al padron una Pilola per lo scrigno, come va. Sos.Non l' ho allevata altrimenti; ma ci era, Qui una buona vecchia di Corinto, A cui la diedi, perchè la esponesse Alla ventura. Cre.O Dio, come può essere, Che regni in quel cervel tanta sempiaggine? Sos.Oimè, che male ho poi fatto? Cre.Che male? Sos.Se ho dato in qualche error, il mio Cremete, Il fei sconsideratamente. Cre.Eh, se anco Tu mel negassi, io so di certo, che Fai ogni cosa scioccamente, e senza Discorso. Or comincia ad osservare Qual catena di colpe è questa. In prima, Se tu volevi ubbedirmi, egli era Vopo farla morire e non già fingere Con le parole ch' ella fosse morta E poi nutrir co'fatti là speranza Di sua vita. Ma lasciamo andar questo; Pietade, affezion materna; via Concedo. Come le hai tu provedute Bene? qual fu il tuo pensiero? considera Un poco; certo certo, vè, l' hai data In man a quella vecchia o affine, ch' ella La mettesse a guadagno per te, o affine, Che la vendesse in pubblico; che credo, Che tu abbia detto fra tuo core: Avvenga Di lei ciò che si vuol, pur ch' ella viva. Or che hassi a far di quella gente, che Non sa nè cosa sia raggion nè cosa Sia ben, nè cosa sia equità? che non Discerne il meglio dal peggio, nè l' utile Dal danno, ma quel solo, che le piace? Sos.Ho errato, il mio Cremete, vel confesso; Mi vi arrendo: ma priegovi ben'io Instantemente, che quanto più siete Ornato di prudenza, tanto più Siate facile a perdonarmi; affine, Che in vostro intendimento arrechi qualche Compenso alla ignoranza mia. Cre.Or su, voglio, Che a questo omai si dia passata: ma L' esser mio troppo bonario, Sostrata, Vi avvezza mal. Però cos'è? perchè Cadeste in tal ragionamento? dite. Sos.Come noi altre donne siamo tutte Sciocche, e superstiziose, quando diedi A quella vecchia la fanciulla da Espor, mi trassi di dito un'anello, E le ordinai, che gliel lasciasse addosso; A fin che se moria non fosse affatto Priva de nostri beni. Cre.O con giudizio: Così metteste in salvo, e voi, e lei. Sos.Or questo è quell' annello. Cre.Donde lo Aveste voi? Sos.Da quella giovinetta, Che menò seco Bacchida. Sir.Oh. Cre.E cosa Dice ella? Sos.Quando andò a lavarsi diemelo A tener. Prima io non andai già dietro Aquello; ma subitamente, che Gli diedi l'occhio, lo connobi; e corsi Da voi. Cre.Che sospettate ora? che indizio Di lei avete? Sos.Io nol so già. Vorrei Ben io, che voi le domandaste, donde L' ebbe, s'egli è possibile saperlo. Sir.Oimè, ch'io qui ci veggo più speranza, Che non vorrei: la è nostra, s' egli è vero Questo. Cre.E' più viva colei cui l' avete Data? Sos.Non so. Cre.Che mai vi disse ella Di averne fatto? Sos.Quel, ch'io le ordinai: Cre.Ditemi il nome della Donna, acciò Ch' io possa ricercarne. Sos.Filiteria. Sir.E' dessa via; non c' è dubbio, ella è salva, Ed'io son rovinato. Cre.Entrate meco, Sostrata. Sos.O come accade questo fuori D' ogni speranza; O come io mi vedea Disperata, che foste della stessa Durezza d'una volta in non intendere Di allevarla, o Cremete. Cre.L'uom non può Sempre volerla al modo suo; se nol Permettono le sue forze. Or è tempo, Che mi sia cara la figlia; e una volta Mi dovea dispiacer, che nulla più. SIRO. Sir.SE il cor non falla io sento andarmi intorno Qualche flagello; a così stretto passo Poter di Dio, son ridotto, se non Trovo qualche arzigogolo, onde il vecchio Non se ne avvegga, che questa è l'amica Di suo figlio. Che quanto alla speranza. D'imbeccherarlo, e di cavargli i soldi Io son a piedi. Oh faccio assai se posso Cacciarmi in qualche buco, o fuggir via. Ma mi sa molto mal però, che vengami Tanto improvvisamente tolto di Bocca il pan masticato. Or che farò? A che debbo appigliarmi? El mi bisogna Pensar di pianta qualche inganno. Cosa Non v' ha tanto difficile, che col Fantasticar la non si trovi. Or come Riuscirà, se la porto per questa Strada? No non vien bene: e per quest' altra? Siam al medesmo: ma penso, che farla Potrò così: no non si può. Benissimo Anzi: ne ho pur trovata una ch'è ottima. In verità, ch' io spero, che ritornino A noi que' soldi che volea fuggirsene. CLINIA. SIRO. Cli.E' non mi può accadere in avvenire Tanto travaglio e così grande ch'io Lo risenta, cotanta è l' allegrezza, Che or vien di botto ad inondarmi. Or sì, Ch'io mi rimetto in mio padre, per essere Più galantuom ch'egli non brama. Sir.Non M'ingannai; ella è riconosciuta, Per quel che dice costui. Mi rallegro Che la cosa sia andata a vostro gusto. Cli.O Siro mio, dì per tua fè l'udisti? Sir.Vè, se l'ho udito? Io son stato presente Ad ogni cosa. Cli.Hai tu sentito dire, Che a nessun' altro accadesse un tal bene? Sir.A nessun altro. Clin.Così Dio mi ajuti, Come non mi consolo tanto per Me, quanto per amor di lei, che so Ch' è degna d'ogni ben. Sir.Lo credo. Or via Clinia, però dateci il cambio. E' bene Procurar, che sia in salvo anco l'affare Dell' amico; che il vecchio non si avvegga Della sua donna. Clin.O Giove! Sir.Via, chetatevi. Clin.Sarà pur la mia Antifila mia moglie. Sir.Così ne voi mi interrompete? Cli.Cosa Ho a fare, Siro mio? Non son in me Per l'allegrezza, e scusami. Sir.Vi scuso Si bene. Cli.Io sono giunto al sommo d' ogni Felicità. Sir.Per quel che veggio, io faccio La zuppa nel panier. Clin.Parla, che ascolto. Sir.Ma poi voi nol farete. Clin.Lo farò. Sir.E' giusto, dico, procurar, che sia In salvo anco l' affare dell' amico, Imperciocchè, se voi partite; e che Lasciate qui Bacchida, il nostro vecchio Se ne accorgerà subito, ch' è amica Di Clitifon: ma, se voi la menate Via, la cosa starà segreta; come E' stata fin adesso: Clin.Sì, ma nulla V' ha, o Siro, che s'opponga alle mie nozze Maggiormente; poichè con qual mai fronte Mi porterò da mio padre? sapresti Tu cosa io avessi a dirgli? Sir.Cosa? Clin.Si Cosa? che scusa ho a ritrovar? Sir.Io voglio Anzi che non gli diciate una menoma Bugia: narrate il fatto, come stà. Clin.Che mi dì tu? Sir.Mi contento, che amiate, E che bramiate Antifila per moglie, E che diciate, che Bacchida è amica Di Clitifon, Clin.Tu mi richiedi cosa Propria, giusta, ed agevole. Vorrai Anco ch' io preghi mio padre a non dirlo Al vostro vecchio. Sir.Anzi vorrei, che gliela Dicesse netta per ordine. Clin.Oh, sei Fuor di te? sei ubbriacco? In questa Forma tu lo tradisci apertamente. Dimmi un po, come potrà egli essere Al sicuro in tal modo? Sir.Egli non è Al mondo il più bel partito di questo, E mi glorio altamente di aver io Tanto possesso, e tanta autorità Sopra l' astuzie, che dicendo il vero Io inganni entrambi, e che s'anco dal vostro Vecchio si dirà al nostro, che costei E' amica di suo figlio, egli non creda. Cl.Ma siamo sempre a questo, che mi togli Ogni speranza delle nozze; poi Che supponendo, che costei mi sia Amica, non vorrà Cremete darmi Sua figlia. Ma tu forse curi poco Di me, purchè tu serva a Clitifone. Sir.Ma, che credete in malora, che voglia Io simular un' età? tutto batte In un sol giorno, tanto ch'io gli cavi I soldi, tanto appunto, e non di più. Clin.Così ti basta? ma dì, che sarebbe Poi, se il padre sapesse questo? Sir.E che Sarebbe poi, se rovinasse il Cielo? Clin.Ho il mio timor: Sir.E ne temete? quasi Che non sia in poter vostro il liberarvene, E far la cosa chiara quando vi Piacerà? Clin:Or via, si conduca qui Bacchida. Sir.Appunto, ella è qui, che viene fuori. BACCIDA. CLINIA. SIRO. DROMONE. FRIGIA. Bac.IN verità, che quel Siro m'ha tratta Qui a suo modo impertinentemente Con sue promesse. Disse di contarmi Cento scudi. Ve', s'egli me l' ha carica; Verrà dell' altre volte a pregar ch'io Ci torni; ma lecherà marmo; o se Gli dirò di venire, e gli darò La posta, quando aurallo riserito Per cosa franca; quando Clitifone Starassi a bocca aperta, il gabberò, E non ci verrò già, e le sue spalle Allora me la pagheranno. Clin.Sai, Che ella ti promette qualche cosa Di buon. Sir.Pensate, che la scherzi? S'io Non me ne guardo, lo farà. Bac.Costoro Dormono, ma farolli muover io. Dì, Frigia, hai messo mente ove sia posta La villa di Carin, che poco fa M'ha insegnata colui? Fri.Si bene. Bac.Presso Questa possession qui a destra? Fri.Il so. Bac.O vattene correndo: troverai Là un capitano, che fa carnovale Con esso lui. Sir.Cosa vuol far costei? Bac.Digli, ch'io sono qui contro mia voglia E che mi fan la guardia, ma che in qualche Maniera io gl' ingarbuglierò, e verrò Via. Sir.Stò fresco; po far! Bacchida, state Salda. Dove mandate voi costei Per vita vostra? Ditele, che si Fermi. Bac.Cammina. Sir.In verità, che il soldo E' in pronto. Bac.E in verità, ch'io resto. Sir.Or ora Vi si darà. Bac.Quando ti piace. Faccioti Forse nessuna istanza? Sir.Ma sapete Cosa vorrei, che voi faceste? Bac.Cosa? Sir.El mi convien andar adesso a casa Di Menedemo con tutto lo seguito Delle vostre fantesche. Bac.Che vuoi fare, O scellerato? Sir.Io ne? batto il dinaro Da darvi. Bac.Ti sembro io donna da essere Presa a gabbo? Sir.So come io la rimesto. Bac.Patteggiai forse teco di far anco Questa? Sir.Nol dico: ma vo' darmi ciò Che v'ho promesso. Bac.Andiam dunque. Sir.Seguitemi Di quà, Dromon. Dro.Chi mi chiama? Sir.Egli è Siro Dro.Che ci è? Sir.Mena quì dal tuo padrone Tutte le serve di Bacchida; subito. Dro.Perchè? Sir.Non cercar altro, E' sa, che portino Seco lor tutto ciò ch'hanno recato In casa nostra. Il vecchio spererà Di allegerir la spesa per l' andata Di costoro, e non sa qual danno debba Recargli questo poco di guadagno. Tu, Dromon, se vuoi farla come va, Fingi di non saper quel che tu sai. Dro.Odi a tua posta spacciami per muto. CREMETE. SIRO. Cre.SE Dio mi guardi, ch' egli mi rincresce, Che accada a Menedemo un simil danno. Ha egli dunque a mantenere quella Donna con tutta quella genia appresso? Benchè so io, che per alquanti giorni Non gli sembrerà nulla, tanto è grande Il desiderio di veder suo figlio; Ma quando poi s' avvedrà, che le larghe Spese non sono per cessare, e che Non vi si trova nè fine, nè fondo, Si sentirà voglia, che un altra volta Vada a stargli suo figlio da lontano. Ma ecco Siro a tempo. Sir.Che sto a fare, Che non gli dò l' assalto? Cr.Siro. Sir.Oh. Cre.Cosa Ci è? Sir.Bramava appunto da un buon pezzo Incontrarvi. Cre.Tu m'hai cera di avere In qualche modo colto il vecchio. Sir.Circa Quel ne che poco fa voi mi accennaste? Mi riuscì dal detto al fatto. Cre.Dici Da vero? Sir.Vè, certo che sì. Cre.To, ch'io Non posso a men di non mi ti mostrare Piacevole. Vien quà, Siro; vogl'io, Che ti ritorni qualche ben per questa Cosa, e il farò di cor ve'. Sir.Se sapeste, Che gustoso partito è quello che Mi venne in capo. Cre.Ah, ah, ti vanti ne Perchè la ti andò fatta? Sir.Io non mi vanto Altrimenti; la narro come stà. Cre.Dì, cos'è? Sir.Clinia diè a credere a suo Padre, che questa Bacchida è l'amica Di vostro figlio, e che la trasse seco, Perchè voi non ve ne accorgeste. Cre.O bene. Sir.Eh, dite il vero. Cre.Bene assai, ti dico. Sir.Egli è il bisogno; ma sentite il resto; Gli disse anco, che vide vostra figlia, E che considerata ben, gli andò A genio, e che la brama in moglie. Cre.Quella, Ch' ora si è ritrovata! Sir.Appunto: e senza Dubbio ve la farà ricercar. Cre.Ma Perchè mai questa cosa, io non ci veggo Il dritto mica. Sir.O siete duro. Cre.Forse Che si. Sir.Così gli si darà il dinaro Per le nozze, e perchè proveda gli Ori, e le vesti. Or la intendete? Cre.Gli ori, E le vesti? Sir.Si certo. Cre.Fatto sta, Che a lui non voglio nè darla, nè manco Prometterla. Sir.Ho eh? perchè? Cre.Perche? Ho a darla dunque a un vagabondo? Sir.Fate Come vi piace. Non diceva io mica Però, che gliela deste affatto; ma Che fingeste di dargliela. Cre.Non son io Uom da fingere no. Tu in fatti volgila Come vuoi, ma di mezzo non ci mettere Me. Se non voglio dargliela, perchè Gliela prometterò? Sir.Mi figurava Di si. Cre.No sai. Sir.El si poteva fare Benissimo, ed io presi ad ordir questo, Perchè voi poco fa mel comandaste, Con tanta istanza. Cre.Tel credo. Sir.Io facealo Per bene in verità, Cremete. Cre.Voglio Ben io, che tu sia caldo in questa pratica; Ma con un altro mezzo. Sir.el si farà, Si cercherà qualche altra via. Ma circa Quel soldo, ch' io vi dissi già, che vostra Figlia doveva a Bacchida, bisogna Darglielo adesso; e non vi starà bene L' uscire a cornacchiar. Che ci ho a far io? E' forse stato dato a me? diedi ordine Io di questo? potè colei dar in Pegno mia figlia senza mio consenso? Imperciocchè, Cremete, egli si dice, Che una ragione rigorosa somma Mente è una somma ingiuria. Cre.Io nol Farei già. Sir.Dico ben, che se anche questo Fosse lecito ad altri, non sarebbe A voi, che da ciascun siete tenuto Per una coppa d' oro. Cre.Io vo portarglieli Ora in persona. Sir.Anzi fate, che vostro Figlio li porti. Cre.Perchè? Sir.Perchè credasi, Ch'egli siasi l'amante. Cre.Ciò ch'importa? Sir.Importa, che la cosa aurà più faccia Di vera, s'egli darà i soldi a lei; E così insieme condurrò più presto Affine un mio pensiero. Eccolo qui: Andate, e portate i danari: Cre.Io portogli. CLITIFONE. SIRO. Clit.NOn vi ha cosa al mondo così agevole, Che fatta per dispetto, non riesca Difficile. Deh quanto non mi fu Nojoso questo andar attorno, che Pure è per se indifferente: nè d' altro, O me infelice, ora temo, che di essere Novamente di quà, scacciato, affine Ch' io non vada da Bacchida. Mal aggia Te, Siro, e questi tuoi ritrovamenti. Tu la vuoi sempre meco con si fatti Scherzi per fare di me strazio. Sir.Oh andate Via di quà, che con la vostra insolenza Mi avete quasi messo in precipizio. Clit.L'averei voluto in verità, perchè Lo meritavi. Sir.Io il meritava eh? Come? affè, ho gusto di saperlo, prima Che abbiate i soldi, ch' ora io dovea darvi Clit.Cosa vuoi, ch'io ti dica? tu vai, mi Guidi la mia donna, e poi non posso Starle da presso. Sir.Orsù non son io in colera No; ma sapete ov'è la vostra Bacchida? Cli.In casa nostra. Sir.No. Clit.Dov'è? Sir.La è in casa Di Clinia. Clit.Oimè. Sir.state allegro; che or ora Le portarete il dinaro promessole. Clit.Burli tu; donde l' hai avuto? Sir.Da Vostro padre. Clit.Orsu via, tu me la dai. Sir.Dall'effetto il vedrete Clit.Affè ch'io sono Avventurato. Oh il grande amore, che Ti porto, Siro mio. Sir.Però, guardatevi Di non mostrar nessuna meraviglia Del perchè ve li dia. Ecco vien vostro Padre; andategli a' versi, e fate ciò, Che vi comanda, e parlategli breve. CREMETE. CLITIFONE. SIRO. Cre.DOve è ora Clitifone? Sir.Eccomi Dite su. Clit.Eccomi qui a servirvi. Cre.Hagli tu detto, come sta la cosa? Sir.Gli ho detto quasi tutto. Cre.Prendi questi Scudi, e portali a lei. Sir.Dormite forse? Su, palo, cosa fate, che non li Prendete? Cre.Farò quel, che comandate. Sir.Subito per di quà venite meco. Voi ci potete attendere, sin tanto Che ritorniam; poichè non vi è già cosa Che trattener si possa molto. Cre.Ho dato Già cento scudi per mia figlia, che Faccio io conto sieno andati per L'alimento, ne vogliono altrettanti Per gl'addobbi, ne vogliono poi mille Dugento per la dote. Oh quante cose Ingiuste, e prave vengono introdotte Dall' uso! Ora lasciata ogni altra cosa, Convienmi cercar uno, al quale io dia Ciò che acquistato ho col mio sudore. MENEDEMO. CREMETE. Me.OR parmi esser felice sopra ogni altro Uom, figlio mio, perchè conosco che Ti ravvedesti. Cre.O come egli s' inganna. Me.Cremete, io cerco appunto voi. Salvate Per quanto egli vi è dato, il figlio mio, Me stesso e la mia casa. Cre.In che volete Di grazia, ch' io m' adopri? Me.Oggi trovaste Una figlia. Cre.Per ciò? Me.Clinia la brama In moglie. Cre.To! che razza d'uom mai siete? Me.Perchè? Cre.Non vi sovien di ciò che noi Abbiam parlato dell' inganno? per Cavarvi a questo modo i soldi? Me.Il so. Cre.E questo è quel ch' ora si fà. Me.Deh, cosa Dite, o Cremete? or via, che andaimi errato; Non ci è rimedio. O come perdo tanta Speranza. Cre.Anzi san dirvi, che costei, Che in vostra casa si attrova è l' amica Di Clitifon. Me.Così dicono. Cre.E voi Lo credete? Me.Per me credo ogni cosa Cre.E san dirvi, che vuol moglie, perchè Quando io l' abbia promessa, voi gli diate Da comperar gli ori, le vesti, e l' altre Cose, che fan bisogno. Me.Ella è così Certamente, e darà tutto all' amica. Cre.Non v'ha dubbio nessun. Me.Ah, dunque, o me Meschin, mi rallegrai fuor di proposito. Ma pure io voglio far tutt' altro, prima Che perder questo figlio. Or che risposta, Cremete, gli dirò di aver avuta Da voi, perch' egli non s' avvegga, ch'io Mi son chiarito, e non gliene rincresca? Cre.Rincrescer? Menedemo, il secondate Troppo. Me.Lasciate; giacchè per voi diedesi Principio a favorirmi, seguitate Sin alla fine. Cre.Orsù, ditegli di Avermi dato cenno delle nozze. Me.Io gliel dirò; ma poi? Cre.Ditegli, ch'io Son per far ogni cosa, che il partito Mi va ad animo; e al fine se volete Ditegli ancora, ch'io ve l'ho promessa. Me.O questo è quel, ch'io voleva. Cre.Acciocchè Tanto più presto ei vi dimandi il soldo, E tanto più presto possiate voi Dargli ciò che volete. Me.In fatti io lo Bramo. Cre.Per verità che a quel ch'io veggo Di lui vi sazierete presto; ma Comunque la si sia, se aurete voi Cervello gli darete cautamente, E a poco a poco. Me.Così voglio fare. Cre.Entrate intanto a veder cosa sanno Chiedere. S' egli vi occorresse nulla, Io sarò in casa. Cen.Si di grazia; che Senza di voi non voglio alzar un dito.

Il fine del Atto Quarto.

MENEDEMO. CREMETE. Men.IO per me so benissimo di non Esser nè astuto, nè sottil d'ingegno Quanto mi basti; ma questo Cremete Che attende a sovvenirmi, a consigliarmi, E a far ch'io tutto antivegga, gli è grosso Più di me: che se a me stan bene tutti Quegli epiteti, che si danno a un tondo Di pelo, come egli sarebbe a dire, Zucca vota, intronato, allocco, palo; Non si adattano a lui no, perchè la Sua bessaggine merita assai peggio. Cre.Oh finitela via, non state più A rompere la testa agli Dei, moglie, Con ringraziarli di aver ritrovato La figliuola, se pur non giudicate, Ch' eglino sieno, come voi, che non Intendano una cosa, se non ci Dice lor cento volte. Ma perchè Si trattien tanto mio figlio quì dentro Con Siro? MenChi si trattiene, o Cremete? Cre.O Menedemo, voi siete quì? Ditemi Un poco: avete detto a Clinia ciò Ch'io vi dissi? Me.Ogni cosa. Cre.Che disse Egli però? Men.Cominciò a rallegrarsi; Come chi appunto brama moglie da Vero. Cre.Ah, ah, ah Me.Di che vi ridete? Cre.Egli mi vien in mente l' astutezza Di Siro. Me.Si ne? Cr.In fatti la malizia Ha forza sino di mutar l'aspetto Agli uomini. Me.Che sì, che dite questo Perchè mio figlio si mostra festevole? Cre.Certo. Me.E questo stesso ho in testa anch'io. Cr.Ah volpone. Me.Direste voi di più, Se voi di più lo conosceste. Cre.Dite Da vero? Me.Udite pur. Cre.Lasciate; prima Bramo saper quanto cavato v' abbiano Di man, ch'io so, che appena riferiste Al figlio, che la sposa gli è promessa, Che Dromon senza dubbio v'intuonò Come per lei bisognano vesti, ori, E serve, perchè voi gli diate i soldi. Me.Eh, nò. Cre.Come nò? Me.No vi dico. Cre.E vostro Figlio nè anco? Me.Per nulla, o Cremete. Anzi mi serpentava egli, perchè Si facesser le nozze oggi. Cre.Voi mi Dite un gran che. Ma come si contenne Siro? Non fè parola egli nè pure? Me.Nò. Cre.Ma perchè? Me.Nol vi so dire io già. Io stupisco di voi, che nol sapiate, Dacchè vedete l' altrui cose tanto Appuntino. Ma andate, che quel vostro Siro mutò l'aspetto, come va Ancora al figlio vostro, il qual non diede Menomo indizio, che costei sia amica Di Clinia. Cr.Che mi dite? Me.Non vi narro Nè le accoglienze, nè gli abbracciamenti, Considerandoli poco. Cr.Ma cosa Resta da finger più? Me.Ah. Cre.Che cos'è? Me.Udite, ho in fondo dell' appartamento Un certo loco ritirato. Quivi Fu portato, e accomodato un letto. Cre.E poi, che nè seguì? Me.Che Clitifone In un battere d' occhio si cacciò La dentro. Cre.Solo? Me.Solo. Cr.Oh io temo. Me.E Bacchida Gli andò subito dietro. Cre.Sola? Me.Sola. Cre.Oimè, meschino. Me.E tosto, che fur dentro, Chiusero l'uscio. Cre.Oh, e Clinia vedea egli A far simili cose? Me.Perchè no? Osservavale meco. Cre.Ah, Menedemo, Son rovinato. Me.Perchè? Cre.Potrò appena Per dieci giorni mantenermi. Me.Come? Tanto temete, perchè ajuta egli Il suo amico? Cre.Anzi temo, perchè ajuta L' amica sua. Me.Se fosse vero. Cre.Restavi Qualche dubbio? Pensate, che si dia Nessuno di natura sì domestica E facile, che innanzi agli occhi suoi Possa soffrir, che la sua donna?… Me.Ah, ah, Ah, perchè no? L'avranno fatto per Meglio imzampognar me. Cre.Voi mi beffate? Ma la mi monta contro di me stesso A ragion. Quante cose eglino non Han fatte, onde avedermene dovea, S'io non era un balordo? Che non ho Veduto o me infelice? ma s' io vivo Certo, che non la porteranno fuora Netta, che or ora… Me.Oh non sapete voi Raffrenarvi? non avete riguardo Voi a voi stesso? Non vi basta avere Me per esempio? Cre.Menedemo, io sono Fuor di me pel corruccio. Me.Come si Può dar, ch'escan da voi cotesti detti? Non è vergogna egli, che diate altrui Consiglio, e che per gli altri siate un'uomo Di garbo, e per voi nò? Cre.Che ho a fare? Me.Fate Quel, che secondo il parlar vostro, io non Sapea far: date a lui prove di padre Discreto, e tal, ch'egli osi cofidarvi Tutto il suo interno, e chiedervi ciò che Gli occorre; affin, che non prenda egli pratiche Strane, e non vi abbandoni. Cre.Se ne vada Pure dovunque più gli piace, prima, Ch' egli abbia con le sue ribalderie A metter in rovina il padre; che S'io seguitassi ad empiergli la voglia Di spender ben davvero, o Menedemo, Mi ridurrei a zappar. Me.Quanti sconci Vi accaderanno in questa cosa, se Non prendete consiglio. Or vi mostrate Duro, ed al fin poi gli perdonnerete Vostro mal grado. Cr.Ah, non sapete quanto Sia il dolor mio. Men.Fate come vi piace; Ma, che sarà dell' avervi pregato, Che deste quella vostra figlia a mio Figlio? Se pur non avete voi qualche Miglior partito per le mani. Cre.Eh, ch' anzi Mi vanno a grazia, e genero, e parenti. Me.Or che dote vi piace, ch'io per voi Prometta al figlio mio? Perchè non mi Rispondete? Cre.Che dote? Me.Si. Cre.Ah. Me.Via Non dubitate, Cremete, che non Avendo voi comodo, non mi curo Punto di dote. Cre.Rispetto alle mie Forze, ho pensato, che sia convenevole Il dar a lei mille dugento scudi: Ma se volete porre in salvo me, La mia roba, il mio figlio, el vi bisogna Dire, che vi ho promesso tutto il mio. Me.Che cosa vi pensate far? Cre.Fingete Pur d' averne stupore, e ricercate Mio figlio del perchè. Me.Ma in verità Ch'io non saprei, perchè vogliate farlo. Cre.Perchè? per metter freno al suo mal animo, Ch'è immerso tutto ne'bagordi, e nelle Lascivie, e per ridurlo, ch' ei non sappia Da qual parte abbia a volgersi. Me.Ma che Pensiero è il vostro? Cre.Non cercate altro; Lasciate un poco, ch' io la faccia questa Volta a mio modo. Me.Io vi lascio operare. Volete voi così? Cre.Si. Me.E così facciasi. Cre.Or via, fate, che Clinia si disponga Alle nozze, e si metta in punto. So come Si dee far verso i figli, avvilirò Intanto questo mio con le parole; Ma contro Siro… Me.Che farete a lui? Cre.Che gli farò? Se Dio mi dona vita Lo concierò, e lo aggiusterò in modo Che avrà da ricordarsi in vita sua Di me, poichè così mi ha tolto a gabbo, E pel suo passatempo. Se mi guardi Dio: non avrebbe osato fare a alcuna Donniciuola quel, ch'egli fece a me. CLITIFONE. MENEDEMO. CREMETE. SIRO. Clit.DEh, come può egli esser mai possibile O Menedemo, che così in un punto Abbia mio Padre scacciato dal core L' affetto natural, che aveami? per Qual cagione? Che grave error commisi? O me infelice! Quel, che io feci, fassi Comunemente. Me.Io so, che la vi debbe Pesare, e saper male al sommo, poi Che a voi la tocca; ma credete, che io Non mi risento men di voi, benchè Non ne so nulla, e non ho di dolermi Altra ragion, se non quella che vi Desidero ogni ben. Cli.Non dicevate, Che mio padre era quì? Me.Eccol. Cre.Di che Mi tacci, o Clitifon? Ciò ch' io a far tolsi In questa cosa, e' fu per provedere A te, e alla tua pazzia Sì tosto Ch'io ti conobbi per un rilasciato, E per un, che sol penfa di godere Presentemente, e l' avvenir non vede; Mi son portato in modo, che tu non Sia per restar mendico, e per mandare A mal questi miei beni: e poichè il tuo Proceder non permisemi, ch' io gli Lasciassi a te, cui prima convenivano: Andaimi a ritrovar i tuoi parenti, E in mano lor tengo raccomandata, E fidata ogni cosa. Quivi avrà O Clitison, la tua pazzia continuo Ricorso: avrai vitto, vestito, e tetto. Clit.O me infelice! Cre.Egl' è pur meglio assai Così ch' essendo tu l' erede di Queste cose, ne fosse la padrona Bacchida. Sir.O meschinaccio me, di quanti Mali, senza volerlo, sono stato Io la cagion. Clit.Desidero morire. Cre.Eh, prima impara a vivere, e se poi El ti fia grave allor brama cotesto. Sir.Padron, posso io dir due parole? Cre.Dille. Sir.Ma con sicuro animo? Cre.Di su. Sir.Che ingiustizia è mai questa, che disordine. Che l'error mio danneggi Clitifone? Cre.Va via di quà, non ci entrare; nessuno Parla contro di te, Siro, ne ti Bisogna preghi, o mediatore. Sir.Cosa Volete far? Cre.Io non la voglio nè Con te, nè con lui; ma non conviene A voi ne men biasmar quello ch'io faccio. Sir.Ei se n'è andato, e chiedergli io vol a… Clit.Cosa? Sir.Dove andar deggio a trarmi la Fame. Giacchè così ci privò egli Di casa, voi per quel, ch'io sento avrete Stanza dalla Sorella. Cli.Ed è possibile, Siro, ch'io sia ridotto a tal, ch' io tema Morir di fame? Sir.Se gli Dei ci danno Vita voglio sperar… Cli.Cosa. Sir.Che non Ci manchi l' appetito Cli.Ah tu mi beffi In tal disgrazia? e non mi dai soccorso Con tuo consiglio? Sir.Anzi sto qui per ciò E macinava fino allor che il vostro Padre parlava, e per quel, ch'io ne posso Capir… Cli.Cos'è? Sir.Non ci anderò di molto Lontano. Clit.Cos' è dimmi? Sir.Ell' è così. Per me penso, che voi non siate figlio Di costoro. Cli.Perchè, Siro, se' tu Pazzo. Sir.Io dirò quel, ch'io ne sento, e voi Trovategli su il verso. Mentre soste Solo, e non avean essi nessun più Dolce attacco di voi; voi eravate Il bello e il caro, e non si avea riguardo A spesa; ma poichè si ritrovò La vera figlia, si ritrovò anco La cagion di scacciarvi. Cli.Sai ch' ella ha Del probabile. Sir.Vi credete forse Che alterato egli sia per questo vostro Fallo? Cli.Nol credo. Sir.E poi vedetene anco Un'altra. E' usanza di tutte le madri Il rimediare alle seapate dei Figliuoli, e il far loro difesa contra L'ira del padre. Questo non si vede Quì. Cli.Tu dì il vero. Dunque, che ho a far io, Siro? Sir.Cercate chiarirvi da loro Stessi di un tal sospetto; e apertamente Parlate loro; che se ciò non è Di fatto, tosto toccherete il core Ad entrambi, o saprete almen la vostra Stirpe. Cli.Tu mi consigli bene, e voglio Far così. Sir.Buon partito che mi venne In testa; or quanto manco questo giovine Avrà speranza d' esser loro figlio, Tanto più facilmente tirerà Il padre dalla sua. Ma chi sa poi, Ch' egli non si mariti, e non me ne abbia Disgrado? Ma ch'è questo? Il vecchio esce Fuor. Me la voglio battere; stupisco Ben, che per questa cosa egli non m' abbia Ancora fatto prendere. Vo' gire Da Menedemo, perch' egli m'impetri Perdon; che del mio vecchio io non mi fido. SOSTRATA. CREMETE. Sos.AFfè. Cremete, se voi non avrete Riguardo, voi farete qualche male Al figlio; ed io mi mara viglio come, Marito mio, vi sia caduto in capo Una cosa così difutile. Cre.Oh, Che femmina nojosa siete? Non Ho mai potuto voler cosa alcuna Senza, che voi, Sostrata, non vi siate Opposta? e poi s'io vi dimanderò Che errore io faccia in questo, e perchè io faccia Questo, non mel saprete dir. Perchè Dunque, o sciocca, con tanta petulanza Mi parlate ora addosso? Sos.Io non lo so? Cre.Eh sapete più tosto tormentarmi, Col cominciar cento volte da capo La vostra intemerata. Sos.Oh siete un'uomo Barbaro, se volete, ch'io non parli In cosa di tal fatta. Cre.Io non vel vieto; Parlate pur, ma in ogni modo voglio Farlo. So.Volete farlo? Cre.Certo. Sos.Non Sapete voi di quanto male siete Cagione, operando in questa forma no? Teme egli di non esserci figliuolo. Cre.Dite il vero? Sos.Certissimo, marito. Cre.E voi gliel dovevate confermare. Sos.Eh scusatemi: un così mal talento Venga a' nostri nimici. Io dirò, che Mio figlio non è mio? Cre.Perchè? temete Di non poter mostrar, ch' egli sia vostro Quando vi piaccia? Sos.Si crederà forse, Ch'io nol supponga, perchè ho già trovata Una figlia? Cre.Per una maggior prova El vi si crederà. Per l' uguaglianza De' costumi potretevi dir sua Madre; poichè vi somiglia a puntino; Nè tiene alcun difetto egli, che voi Noll'abbiate anco. Oltre di che, nessuna Fuor, che voi partorito aurebbe un figlio Di tal fatta. Ma eccolo: vè come Egli è posato; ma so dir, che chi Se lo volesse comperar per lepre Perderebbe tre quarti di danari. CLITIFONE. SOSTRATA. CREMETE. Cli.SE in nessun tempo, o madre, io vi fui caro, Poiche voleste dirmi figlio, priegovi, Che abbiate rimembranza di quel tempo, E che compassion di me meschino Ora vi prenda. Quel che vi dimando, E quello che desidero è sol questo, Che mi manifestate i genitori Miei. So.Di grazia, figliuol mio, non ti mettere In mente d' essere mio figliuol supposto. Clin.Ma se lo sono. So.O povera di me; Questa girella ti è saltata in capo? Così Dio sopravvivere a noi due Ti lasci, come tu sei nato del Nostro sangue; e se pur tu mi vuoi bene; Deh, non far, che mai più della tua bocca Senta questo discorso. Cre.Ed'io all' incontro Ti dico che se punto tu mi temi, Tu non mi faccia più veder cotesti Tuoi fecciosi costumi. Clin.Che fecciosi. Costumi? Cre.Se vuoi tu saperli io te Li diro. Tu se' un'uom da nulla, un pigro, Un furbo, un crapulone, un donnajolo, Un rovina de'tuoi. Credi, che sei, Tale appunto, qual ti ho descritto; e credi, Che sei nostro figliuolo. Clin.Queste non Son parole da padre. Cre.Oh, se tu fossi Nato della mia testa, come dicono Che Minerva sia nata dalla testa Di Giove; non per questo io soffrirei D' esser disonorato per le tue Scelleratezze. So.I Dei non voglian questo. Cre.Non so quel che vorranno i Dei; so bene, Ch' io per quanto potrò, farò il possibile Perchè ciò non avvenga. Tu vai pure Cercando quello, che tu hai; cioè I genitori tuoi, ma poi non cerchi Ciò che ti manca, come tu ubbedisca Tuo padre, come tu conservi quello Ch' egli ha raccolto co' sudori. Fosti Ardito con inganni di menarmi Innanzi agl' occhi; oh Dio, ch'io mi vergogno Di proferir quel nome disonesto Alla presenza di costei; e tu Non ti se' punto vergognato di Farlo. Clin.Oimè quanto a me stesso rincrescevole Son ora, e quanto mi vergogno di Averlo io fatto. Non so io, che strada Ora possa tener per temperarlo. MENEDEMO. CREMETE. CLITIFON. SOSTRATA. Men.UN poco troppo Cremete tormenta Quel giovinetto, e in modi troppo acerbi Lo tratta; io esco dunque fuori affine Di comporli. Ecco che a tempo li veggo. Cre.O Menedemo, e perchè mai non fate Condur la mia citella a casa vostra? E non istabilite quella dote, Che vi ho promessa? So.Deh, marito caro, Non fate, ve ne prego Clin.Padre mio, Abbiatemi perdono vi scongiuro. Men.Perdonategli si, Cremete, e fatemi Questa grazia? Cre.Ch'io doni la mia roba A Bacchida, finchè mi resta ingegno? Questo poi no. Me.Farem, ch'egli nol faccia. Clin.Se mi volete vivo perdonatemi, O padre caro. So.Or via, Cremete mio. Me.Via Cremete, non siate così duro. Cre.Or su, io vo vedendo, che non posso Porr'ad effetto il mio disegno. Me.Voi Fate bene. Cre.Ma io vo' perdonargli Con patto ch' egli faccia ciò ch'io stimo Giusto. Clin.Farò quel, che volete, o padre; Comandatemi pur. Cre.Vo' che ti ammogli Clin.Padre… Cre.Non vo' ascoltarti. Men.Ei lo farà. Faccio per lui fidanza. Cre.Ancor non sento Parola di sua bocca. Cli.Oime son morto. So.Così ti affianni, o Clitifone, a prenderla? Cre.Dica pur egli schietto, o si, o no. Men.Ei farà tutto ciò, che voi vorrete. So.Le cose delle nozze nel principio, E mentre ancor non son provate, sembrano Gravi, ma poscia con un pò di pratica, Riescono leggere. Clin.Il farò, o padre. So.Figlio mio, io vo darti per isposa Una bella fanciulla, a cui tu presto Prenderai dell' amore, ed è la figlia Di Fanocrata nostro amico. Clin.Quella Fanciulla di pel rosso, di occhi bianchi, Con quella bocca grande, con quel naso Aquillino? Non posso mica prenderla, Padre caro. Cre.Ve' come è di buon gusto, Credete, ch'egli abbia pensier di prendere Moglie? So.Or su voglio esebirtene un'altra Cli.Come? se pur io debbo maritarmi, Ho scelto già quella, che voglio prendere. So.Ora ti lodo, o figlio. Clin.Ella è la figlia Di Arconide. So.La mi piace in eccesso. Cli.Padre una cosa sola ora ci resta. Cre.Ed'è? Cli.Che perdoniate a Siro ciò Che per me fece. Cre.Ben. Voi rimanete In pace; e fate segno di allegrezza.

IL FINE.