LETTERE INTIME

DELLA

CONTESSA LARA



MDCCCLXXXVII - MDCCCXCVI

CONTESSA LARA:

LETTERE INTIME

(1887-1896)



RACCOLTE E PUBBLICATE A CURA

DEL

Tenente EZIO BOTTINI

… ce n'est pas devant toi que je

m' incline: mai sje me prosterne devant

toute ta souffrance…

F. DOSTOJEWSKY



ROMA

TIPOGRAFIA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI

1897

PROPRIETÀ LETTERARIA

**

QUESTO SCRISSE

L' ANIMA DE LA POVERA AMICA TUA

= MAMMA =

ED IO A TE = RAPSODE DOLOROSO =

LA DOLOROSA RAPSODIA

CONSACRO



**

LASCIA la spada per la penna. Grave risoluzione, che solo un desiderio pio come questo, di affidare al mondo le Lettere Intime della povera contessa Lara – può decidermi a farle precedere da queste pagine mie che – dichiaro – non hanno e non possono avere alcuna pretesa letteraria. Scritte in una dolorosissima notte d' inverno – di guardia – non appena ricevutta la più dolorosa notizia – e scritte come spontaneo sfogo dell' anima mia (chè allora l' idea di simile pubblicazione non era sorta ancora) risentiranno forse troppo di quella familiarità e di quella semplicità, tanto disapprovata dai nostri critici moderni – le quali per chi non è nato all' arte dello scrivere sono dogma e dogma indiscutibili.

Cosicchè prevengo.

Considero però queste pagine – come la voce o l' espressione più vera dal mio dolore – e ciò non per quella inconsiderata superbietta di molti giovani odierni – ma perchè sento che se volessi dare a queste Lettere una vera prefazione (come meritatamente richiederebbero) o cadrei negli artigli troppo acuti della critica o sarebbe deficiente di quella spontaneità con la quale sorgono d' un tratto le memorie di un passato alla tristissima realtà di una tragedia umana.

Perdonatemi.

Così ho scritto e questo ho scritto nella notte dolorosissima d' inverno – di guardia – alla novella più dolorosa ancora:

* *


… Avevauna di quelle voci armoniose, ineffabili che udite una volta non si dimenticano più; un dolcissimo nome: dolce come il cuore, dall' anima più d' ogni altra sensibile e pronta ai grandi affetti quanto ai grandi sacrifici. Tutto ciò che al mondo risuona sventura e dolore, trovava in Lei, Povera Morta, una eco profonda e passionale che ripercotevasi nelle pieght più intime di tutto l' essere suo. Angiolo consolatore accorreva ovunque fosse un derelitto e, trovando nel dolore de la sua vita l' amore della carità, tutta si adoperava a lenirne le angoscie invocando quelle grazie e quella misericordia Divina – forse a Lei sempre mancate – con le preghiere più ardenti e disponendo per i bisogni materiali quei piccoli risparmi che le lunghe veglie laboriose, le permettevano una elargizione continua e pietosa.

Ella deceva, (oh! come m' è dolce nella memoria) che il miglior modo di sollevare le sventure non è solo con il sopperire umanamente ai bisogni della vita, ma bensì con il far rinascere la Fede, la Fede, la grande Fede cristiana.

« Iddio – diceva ancora – accorda a noi i beni materiali perchè uniti alla voce della conscienza, possano servire per coloro a cui – non Egli – ma la società – toglie ogni cosa. » –

E l' amore suo era infinito. Comprendeva tutto – ogni cosa – Dall' amore ai suoi simili – all' amore di tutti gli esseri viventi Ella viveva e nulla poteva opporsi. Questo amore è proprio alle grandi anime ed ecco come questa grande anima è morta.

Ecco la Gentile, che un volgare ha tolta all' affetto di chi aveva il dolce bene di conoscerla e di accostarla; ecco l' anima che una materia ha violata senza darle il tempo di un ultimo addio alle cose sue spirituali. Volgare che una sete insaziabile di oro ha trascinato al più delittuoso dei delitti – volgare che non amore, che nulla legava a questa Donna o con la mente o con il cuore.

* *


Conobbi la povera morta nel 1882.

Bambino ancora non comprendeva la dolorosa esistenza che gravava su quest' anima e su questa mente nate in un raggio di sole e per tutti gli incanti di una vita spirituale ed intellettuale. La rivedo ancora – tanto è sereno nella memoria il ricordo suo – nel suo piccolo studio grazioso; ricco di ninnoli e di fiori – sempre – Ella come una vaporosa fata seduta allo scrittoio ingombro di libri e di carte. Così io la conobbi la prima volta. Un maestoso cane danese se ne stava accoccolato ai piedi della buona signora, mentre « Paolo » l' elegante pappagallo moveva smorfiosetto dallo scrittoio alla spalla della Contessa chiamandola con i nomi più soavi. Però, in questo nido orientale – chè il piccolo studio realmente ne dava l' illusione – viveva tristissima la bionda poetessa, e della sua tristezza ne fanno fede i versi gentili.

Io non conosceva allora – ancora – il melanconico e disperato grido di Leopardi:

« Fantasmi intendo son la gloria e l' onor
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Non ha la vita un frutto, inutile miseria! »

Non conosceva ancora che la Povera Morta ebbe una giobinezza simile al fiore che sbocciato alla rugida si chiude – morendo – al sole che brucia; non sapeva ancora che nata come dissi negli incanti non appena ne ebbe l' incantesimo si chiuse per lei una dolorosa tragedia. Non sapeva ancora che, trascorsi appena pochi anni dal suo sogno realizzato di anima amante e innamorata, era partito un grido, un angoscioso grido di passione che basterebbe egli solo a dimostrare al mondo triste quanto, quanti un' anima possa soffrire, possa amare e possa sperare:

« Oh! se il primo uomo che amai m' avesse compressa!… » Grido umano e divino, grido che poche anime hanno lanciato a Dio e che solo un Byron poteva ripetere nella solitudine sua di Newstead.

E pianse allora, come aveva mai pianto, la povera mamma sua; e lo sconforto ha più volte tradotto in versi, raffiungendo in questi la massima tensione:

« Ma egli è il desio d' una manuccia bianca che vi scompigli un dì, nella parola cercando questa offesa anima stanca. La man che chiude gli occhi e che consola quando la vita nella madre manca. Voi, carte, ingiallirete, io morrò sola!…

È morta sola, è vero, ma le carte sue non ingialliranno mai! Ardito io paleserè al mondo di quali e per quali affetti Tu, bionda creatura, vivevi; sfatando l' orribile menzogna che il volgo, irriverente al dolore e alla morte, ha creduto di creare. Morta sola, è vero, ma la memoria e l' anima che non muoiono – vivranno qui, in queste pagine, per queste Tue pagine.


* *


Era ancora fanciullo – ripeto – quando la Povera scrittrice – divenne parte carissima della famiglia mia.

Per noi – figlioli – « zia »; per la mamma e per il babbo « sorella ». Non era già la creatura bizzarra e misteriosa, priva di cuore e avida solo di mieter vittime con i doni di una fatale bellezza classica – come la calunniosa voce fece sentire. Era invece modestissima e nè gioielli, nè costumi ricchi, nè di alcuna di quelle molteplici eccentricità muliebri Ella si adornava.

Dal girno in cui si ruppe per sempre l' incanto e si spense il suo sogno ardente – quello di una famiglia – la Contessa – non ebbe per il mondo che la forma e la presenza. Dolori aggiunti a dolori, alle angoscie aggiunte an goscie cercò – ultima lotta nell' ultimo tentativo – una famiglia non per legge di natura ma per vincoli di cuore ed io – orgoglioso – adesso dichiaro che questi vincoli di cuore negatigli dal mondo, dalle menti e da tutti coloro che ebbero occasione di accostarla nella fiorente primavera della vita sua – li trovò potentissimi in seno alla mia famiglia – non ricchi di vane manifestazioni ma di onestissimi principî. E visse così con noi più tempo – alternando ai giorni di ritiratissimo studio, giorni di compagnia inenarrabili. Dalla triste memoria di un peccato – se pur peccò – ebbero sorgente tutte le sue pagine d' amore e di dolore e di questo affidamento umano delle cose spirituali non rimane ora a me che il più semplice ed il più alto dei mezzi: l' asta sotile di giunco con la quale – strumento insensibile – sì eternano le cose sensibilissime.

Ricordo anzi – a proposito di questo che io – il più piccolo dei figli – aveva maggior diritto di tenerle compagnia nelle sue ore di studio serenissimo. Così, Ella passò parecchi anni; vissuti nella tranquilla intimità domestica, assimilando le nostre affezioni, le nostre speranze, le nostre idee con la Povera Gentile; vissuti nelle più dolci armonie domestiche senza che una nube fosca ne maculasse la purezza.

E passarono anche così i miei anni giovanili, sino a che entrato nel collegio militare di Modena – dovetti per periodi di tempo non brevi separarmi dalla mia buona « zia » affettuosa. Oh! come ricordo adesso, come ricordo, in questa mia notte di guardia – ancora attonito dell' infausta novella – il giorno del distacco! Il dolore della « zia » fu immenso e tentò di riversarlo in un grazioso suo bozzetto letterario. E poi, chi dimenticherà mai quale e quanta impressione m' arrecò la lontananza della Gentile Antima che trovavasi a Sestri e da Sestri rimpiangeva dolcemente la sua » famigliuola? » Chi dimenticherà le lunghe e spiritualissime passeggiate sulla spiaggia del cerulo Tirreno, a' vesperi alti, mentre la Capraia e la Gorgona sembrava naufragassero in un mare di fuoco, di luci, di bagliori o sorgessero da le tenebre alla voce poderosa delle acque che risuonano echi misteriosi dei naufraghi, di tanti naufraghi? Chi dimenticherà il ricordo delle soblimi lontananze, osservate insieme, della Meloria – radiosa del suo fanale che par voglia ricordare adesso e sempre l' immane battaglia e vegli come rispettoso omaggio dei secoli a coloro che dormono negli abissi insondati, ravvolti nel proprio gonfalone?

E i suoi sogni pirissimi di oceani infiniti e di miraggi si chiudevano sempre con la triste sua frase: « Miei cari perdonatemi. Io l' amo e l' odio questo mare! Voi verrete con me a Sestri – perchè anch' essa è bella e pittoresca – ci verrete nel prossimo anno, è vero? Picheè siete la mia sola famiglia: se sapeste come ho sognato e pianto su quella spiaggia lontana … »

Oh! come, come si può dimenticar questo, tutto questo, in questa notte cupa d' inverno, que in questa cameruccia silenziosa – di guardia?


* *


Fu stabilito – ricordo – che Ella si sarebbe recata a Roma a dar sesto a parecchi suoi affari – per tornare quindi per sempre dopo una breve assenza – tra noi – a Livorno. Continuamente, Ella, ripeteva che la sua presenza in quella città diveniva ogni di più necessaria; ma non sentiva mai la energia sufficiente di abbandonare la « piccola famiglia » sua. Era forse il presentimento di una sventura? Oh! gli inespilicabili misteri della vita umana! …

Un giorno però – si fece animo e partì. Quale stretta al cuore sentii allora, difficilmente potrò dimenticarla. A me non legavano alla Povera Morta che gli affetti della vita in comune, e per di più della vita puramente domestica.

Sentii nel suo distacco quanto poteva sentire la « sorella » suo – mia madre –; e quanto avrebbero potuto sentire le anime non cattive presso le anime buone.

Partì, e … da noi partì per sempre …

Al ricordo di questa dolorosa partenza s' unisce il ricordo d' un rimorso; rimorso che d' altra parte, ne' momenti di riflessione e di calma si tempera alquanto. Pochi giorni prima di partire, l' Infelicissima, m' offrì come ricordo il piccolo revolwer – gingillino artistico, dalla fine impugnatura cesellata. Per quanto il dono mi potesse riuscire lusinghiero – la pregai a non privarsene, chissà &hallip; « potrebbe giovarti a qualche cosa – le dissi – tanto più che sarai sola e debole. »

– « Ebbene, soggiunse Ella allora sorridente, tu, come pratico della armi, avrai la complacenza di pulirlo, così … potrò meglio sevirmente.

E a Lei rimase.

Ora, fu appunto con quel piccolo strumento di morte – che io rifiutai – che la Povera « zia » fu tolta agli amici; fu appunto con il « gingillo artistico » che forbii che, un' anima artista e grande mancò a noi – quaggiù …

Questo è il pensiero doloros che turba la memoria serena dell' Amica nostra; pensiero d' un rimorso che non avrebbe nè scusa nè perdono se, ripeto, riflettendo non cercassi di persuadere la voce della coscienza, con il ripetere che l' assassino « sì sarebbe provveduto d' un' altra arma per ucciderla. » Assassino, che la bionda addolorata aveva più volte strappato alla indigenza assoluta e completa – strappandolo al fango a cui Iddio lo aveva giustamente condannato …


* *


« Vieni, muoio! Lina. »

E questo telegramma laconicamente disperato, che rappresenta l' ultimo suo alito di vita – chiamò mia madre presso la moribonda.

Ora Ella è morta – Morta lontana dalla piccola «l; famiglia » sua – sola, sola, dolorosamente sola.

E levisi ora unanima il compianto, poichè la sua morte ha data una angoscia inenarrabile alla famiglia che considerava sua; un dolore che non si potrà concellare alla patria; una tristezza a tutto il mondo buono e gentile, chè di buoni e di gentili ancora ve ne sono; e fioriscano sulla sua tomba e rose e viole, simboli del pensiero, delle speranze nobili e degli ideali sublimi puranche fra i tormenti, i sacrifici e i delirî di una estenza brevissima.

Anima Santa, ti saluto; e salga a Dio per te la preghiera de' miei e la mia, adesso e sempre!

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

* *


Ed ora a queste mie pagine modeste di memorie e di dolcissimi rimpianti che – m' auguro – sorgeranno anch' esse come sincere testimoni di quanto in vita soffrì la Povera Amica; cancellando così l' odiosa accusa che non giova il ricordare, mi sento in dovere di esprimere a tutte le anime pietose, emuli nel voler disciogliere da queste « Lettere » l' enigma addolorato di una addolorata esistenza, d' essermi permesso lo stralcio di quei brani che in alcun modo potevano illuminare l' anima de la Morta Gentile o che troppo da vicino si riflettevano a quelle questioni domestiche, che sono inevitabili nella maggio parte delle amicizie contratte da tempo non breve.


Tenente Ezio Bottini.

(1887-1896)

Roma, 14 aprile 1887.

Pina mia,

Domani il nostro caro Ferruccio compie 15 anni. Che Iddio, buono e misericordioso, lo protegga, gli dia forza di compiere sempre il suo dovere e di mantenersi ognora buon figliulo e buon cittadino. Il vostro cuore, miei adorati, deve più che mai esultare: alle vostre preghiere, al giubilo che voi provate, unisco le miei preci e i miei augurî. Caro Ferruccino, egli pure è molto buono e intelligente; e tu, Pina mia, puoi esserne felice, poichè nel loro amore trovi la ricompensa dei tuoi sacrifici.

Ma perchè Iddio, che ho sempre implorato con fervore e che ho sempre amato perchè ha voluto negare a me questa felicità? Perchè privarmi di una famiglia? dell' unica gioia, della vera beatitudine che all' uomo vien concessa? Eppure la mia anima sensibile e mite avrebbe tanto bisogno di affetti! Ma non siete forse voi i miei cari, la mia famiglia? Oh, grazie, grazie, miei adorati, per il conforto che arrecate al mio cuore triste. Esso è tutto per voi, credetelo! E voi, o Signore, perdonate ad una povera anima afflitta, che ha tanto bisogno di affetti buoni e dolci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Spedisco a Ferruccino un regaluccio. È poca roba, semplice, è vero; ma egli, che mi vuol molto bene, lo terrà per mio ricordo. Del resto, dagli tu per me tanti bacioni affettuosi, che meglio potranno esprimergli il bene che gli porto. A te, Pina mia, e al buon Colonnello, auguro tutto ciò che il vostro buon cuore può desiderare e quel che per voi sente e desidera l' anima mia tutta a voi devota.

A Ezietto pure, il 2 di agosto, suo compleanno, farò lo stesso regalo.

Spero, allora, di essere in seno « alla mia famigliuola » sulla riva del bel mare adorato. Ezio ieri è uscito con me. Credi che, nella sua semplicità e nel suo linguaggio laconico e sincero di « militarino », mi disse molte cose buone e gentili che mi hanno colmato di gioia. Egli ama tanto il suo fratellino e, dopo aver ricordato i bei giorni in cui insieme giuocavano e vivevano presso di noi disputandosi i baci cari e affettuosi della mamma e del babbo, mi ha detto, con le lagrime agli occhi: « Vorrei mandare qualche cosa a Ferruccio; ma … non so: quasi quasi compro un augurio … Eppure, credi zia mia che ti voglio molto bene; ed egli ne vuole a me. L' anno scorso, il giorno del mio compleanno, egli era a Cadice per il viaggio d' istruzione: ebbene mi ha scritta una lettera così bella, così affettuosa … ». Caro fanciullo, come vi ama!

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Le mie bestiole, grazie a Dio, stanno benissimo. Tutte le mattine, allorchè entro nello studio, Paolo, sempre buono e carino, mi dice: « Buon giorno mamma, », e, agitando il corpo, mi fa cenno di avvicinarmi. È abituato a stare continuamente sulla mia spalla quando scrivo e, se non lo contento, grida, urla e, arricciando le penne, mi dice: « Cattiva mammà, Povero Paolo! » È geloso di « Isa; » non vorrebbe che io la carezzassi: questa, invece, poverina, sta sempre ai miei piedi, colla testa sulle mia ginocchia e, di tratto in tratto, mi guarda con i suoi begli occhioni, come per attestarmi la sua affezione. Anche i miei canari stanno bene e sono allegri. Se vedessi quanti ne ho e di che belle razze! Questa è la famigliuola datami dalla natura, una famiglia poco rumorosa e buona. Ma la vera famiglia, quella che Iddio mi ha concesso, è la tua, Pina cara.

Salutami con affetto il buon Colonnello. A Ferruccino un bacione e mille cose buone e care. Ti stringo al cuore, mia adorata, e ti copro di baci.

Lina tua, tutta tua.

Roma, 1889.

Pina mia cara,

Ieri ho condotto meco Ezietto. Ho pregato il colonnello comandante il Collegio di concedergli di ritardare alcune ore la suo rientrata. Questi, dapprima, ha mosso alcune difficoltà, ma allorquando gli dissi che Ezio è mio nipote, acconsentì ad accordargli il permesso. Io non ho detto una bugia, è vero Pina cara? Non sono, forse, anch' io della vostra famiglia? I nostri fanciulli non mi han sempre chiamata zia? Oh, te fortunata, che hai dei figli buoni, i quali ti adorano! A me fu sempre negata una tale felicità sconosciuti pur sempre dovranno restarmi gli affetti, le gioie di una vera e propria famiglia. Credi, Pina mia, da che mi ha rapita la mia buona e santa nonna, che ho sempre ciamata « mamma », la mia sorella adorata, che tu sai quanto ho amato, il mio cuore ha sempre sofferto. Oh, santa e dolce fissazione della famiglia! Oh! se il primo uomo che amai non mi avesse trascurato e se Iddio mi avesse protetto! Ma perchè rievocare questi ricordi assai dolorosi, che mi dilaniano l' anima e mi fan versare amare lagrime?

Quanto vi son riconoscente per l' affetto che mi dimostrate! Oh, sì, voi siete la mia famiglia, l' unica mia affezione! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Compatiscimi, cara, il mio cuore ha tanto bisogno di sfogo: e a chi potrei confidare la piena dei miei dolori se non a voi che tanto mi amate?

Salutami caramente il Colonnello; al nostro Ferruccino dà tanti baci per me. Pina mia, ti stringo al cuore e ti bacio, piangente, con immenso affetto.

Tutta vostra Lina.

Roma, 1889.

Pina mia cara,

Torno ora dal Collegio Militare, ove ho riaccompagnato il nostro Ezietto; anche oggi l' ho avuto con me. Quanto è buono, poverino! mi vuole molto bene; mi chiama sempre la « sua zia » e mi dà tanti baci, come ai bei tempi in cui era presso di noi. Però, come è cambiato, come è diverso da quel di prima! Ti ricordi che, già da alcun tempo, ci eravamo accorti di un brusco cambiamento nel suo carattere: prima gioviale, biricchino, tanto da attirargli il nome di « folletto »; ora serio, pensieroso. Rammenti, Pina mia, il giorno, assai doloroso per entrambe, in cui l' accompagnammo in collegio, onde lasciarvelo per sempre? Mentre i suoi superiori lo conducevano da questo a quel guardaroba per vestirlo da « soldatino », tu ed io nel « parlatorio » piangevamo. Volevo consolarti, lo ricordi? ma ero anch' io sì addolorata! Allorchè ci comparve, dopo circa un' ora, infagottato in abiti non certo fatti per lui, con un paio di scarponi in cui i suoi piedini si smarrivano e, quel che più ci afflisse, col capo rasato. Gli avevano tagliato i bei capelloni cresputi, oggetto costante delle nostre cure. Quanto piangemmo quel giorno!

Ebbene, ora, te lo ripeto, lo trovo molto cambiato. È un vero uomo prematuro e diviene ogni giorno più serio e avvilito. Non si direbbe che ha appena tredici anni! Che non stia volentieri in Collegio? Gliene ho domandato più volte, ma non mi è mai riescito di farlo parlare in proposito; sente già, tutta intera, la potenza della disciplina: è nato soldato e somiglia molto a suo padre, ha lo stesso suo carattere fermo. Iddio, forse, gli ha dato un' anima troppo sensibile. Spero di ingannarmi, anzi lo desidero, chè diverrebbe, al par di me, un infelice: quando l' anima sente molto, il cuore si riduce presto in brani.

Però, non è cosa molto seria. Egli è ancora bambino e può modificare il suo carattere e, fors' anco la sua indole. È molto buono, caro il mio fanciullo! In questi giorni è un po' in orgasmo per gli esami; però questo suo timore mi fa sperare bene perchè mi mostrerebbe, se già non lo conoscessi, che ha dell' amor proprio, quindi, si porrà in grado di superarli con onore.

Oggi l' ho condotto in campagna e ho potuto godere nel vederlo svagarsi con i vari amici nostri. Abbiamo fatto una piccola merenda all' aria aperta, in mezzo al verde.

Senti, Pina mia, la campagna è molto bella, specialmente in questa stagione; ma io adoro il mare. Come lo amo questo elemento! Ferruccino ha ultimato gli esami? Che Iddio lo protegga e lo aiuti! Del resto, egli è molto intelligente e, ne son convinta, riuscirà tra i primi. Dagli tanti bacioni per me.

Seio proprio fortunata e felice, Pina mia, di possedere questi due tesoretti. Debbo dirtelo che la notizia che mi dai mi ricolma di gioia? Vedi, vorrei, egoisticamente, che gli esami di Ezietto si anticipassero di un mese per poterti riabbracciare domani.

Tu sei una buona mamma, fai molto per i tuoi figliuoli; ma credi che non mi interesserei a loro, che amo forse quanto tu li ami? No, vieni, Pina mia, ad assistere agli esami del nostro ragazzo, così potrò coprirti di baci e dirti molte, ma molte cose. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Un bacio a Ferruccino e tante belle cose al « mio colonnello brontolone ».

Amami sempre, Pina mi cara.

Ti abbraccio col cuore

Lina tua.

Firenze, le 6 ottobre 1896.

Mia buon amore,

Sono qui per affari, ma vorrei rimanervi il meno possibile. Ieri venendo dalla mia benamata Liguria, avevo una voglia matta di pigliar il treno a Pisa e correre ad abbracciarti. Più del desiderio fu forte il dovere: noioso come sempre. … e venni a Firenze.

Appena sbrigate le cose che mi vi trattengono, vengo da te per qualche giorno, però, a due patti: il primo è che accetto la camera (« quella che ebbi l' ultima volta che fui da te ») ma che assolutamente intendo di far pensione. Senza di ciò non mi vedrai. Dunque ti è giocoforza accettare, se è vero che m' ami tanto come dici così dolcemente. Il secondo patto è che tu non dica ad alcuno che sono lì, voglio star con voi altri SOLI, perchè sono di un umore intrattabile, e soltanto tu, amata mia, puoi vedermi e capirmi e compatirmi. Se vien gente a trovarti, scappo come un razzo, a rinchiudermi in camera. Va bene? Accetti, cuore mio? Vedi che dobbiamo trattare d' un mondo di cose. Dio, come vorrei esserti utile, prodigarmi per te, mostrarti coi fatti il bene che a te mi lega! Farò tutto il mio possibile perchè mi riesca. Sai che io sono, co' tuoi angioli di ragazzi, chi più ti adora al mondo. Andremo insieme, sole, te ed io, sul mare, davanti a quella immensità ch' è il mio eterno desiderio, il mio sogno di tutti i momenti; e ci diremo tutto quel che il cuore affettuoso e sanguinoso contiene. Vuoi, Pina mia? Ti bacio mille volte con Ezio e il colonnello.

Lina tua, tua, tua.

Roma, 27, via Sistina, 23 ottobre.

Amati miei!

M' alzo dal letto per scrivervi. E vi abbraccio devotamente, con ogni più rispettoso e tenero affetto; figurandomi di essere ancora nella vostra dolce casa, fr quelle mura dove soltanto, dalla morte materna in poi, ho gustato pienamente e santamente l' amore della famiglia.

Ringraziarvi? Non lo saprei. Come si ringraziano tre essere amati e venerati, che, ciascuno per conto proprio, sembra voglian dedicarsi tutto al bene di una persona cara? Il cuore, soltanto il cuore può ringraziare. Il labbro no; e molto meno la penna.

Nell' ultimo istante, fu provvidenziale quella fretta straordinaria, quell' addio precipitoso; altrimenti avremmo fatto delle scene singolari; e il mondo non è degno di conoscere ciò che ci passa nel cuore.

Appena mi foste scomparsi tutti e tre dinanzi agli occhi, mi gettai giù in un angolo del mio vagone, e diedi sfogo alle lacrime che mi soffocavano. Quanto ti voglio bene, Dio mio, quanto! Il mio Colonnello mi è sempre dinanzi, mi parla con la sua voce vibrante di soldato; mi fa l' alto onore — di cui sono tutta superba — di raccontarmi la suo nobile vita, le sue battaglie gloriose, gli episodi vari, interessantissimi, emozionanti cui prese parte. Io lo amo, lo ripeto, lo ammiro, come non amai, non rispettai, non ammirai finora nessuno al mondo; e sono grata dall' anima alla mia adorata Pina, a' miei adorati Ferruccio ed Ezio, se con le parole benevoli dette intorno a me allo sposo e al padre, seppero inspirare a quell' eroe, a quell' uomo superiore, davanti a cui tutti, cominciando dal Re, dovrebbero inchinarsi, un senso di simpatia per la mia povera anima devota e amorosa.

Sono malata di voi altri, del desiderio di voi altri. Dio mi aiuti. Vedi se aveva ragione il Colonnello di dire che dovevo considerare di partire per la guerra! Sono stata 25 ore in viaggio per una rottura di ponti e interruzione di via. Partii alle 8 da Firenze, ma non giunsi a Pisa: soltanto ad Empoli, d' onde presi la via di Chiusi, Orte, ecc. Tutta la campagna allagata. Pareva di viaggiare su di una nave. Dormii (che dormire quieto!) su la tavola di marmo del buffet a Empoli, dove rimasi 5 ore, al freddo, all' umido, nella solidutine. Lorita mi baciava ogin tanto, benedetta! A mezzogiorno del dì dopo quello che vi lasciai, giunsi a ROma, inaspettata. Mi misi in letto, e la febbre m' è sopravvenuta violenta. Bisogna domandare il possibile a un organismo umano: non già l' impossibile a me, consumata ormai da troppo sentimento e troppo dolore patito nella vita e in tutte le più difficili sue lotte.

Sono addirittura esausta. Ma coraggio: e avanti! Mi sostiene il pensiero che sono tanto amata da delle anime buone e nobili: le vostre.

Dirai, mia Pina, al Colonnello che io ho tutte le sue bontà sincere e dolci nel cuore. Appena sto meglio penserò a tutto quel che può interessarvi e ch' è doventato vivissimo interesse mio. Ezio stia di buon animo, senza malinconie, povero angelo; la vita, massime per chi è tanto giovine, ha bruschi, inaspettati mutamenti e speriamo che questi siano in meglio, sempre, sempre, in meglio.

La tua salute, come va, mia dolcissima Pina? Non affaticarti troppo. Te lo raccomando a mani giunte. Di Ferruccio caro non so nulla più Egli mi trascura in modo che non merito: almeno così credo. Comprendo che abbio da fare; ma un istante per scrivere un rigo solo a qualcuno che si sa attendere con tanta ansia, si dovrebbe trovare. Pazienza; avrà meglio da fare, e lo capisco benissimo, povera creatura.

OGgi, malata, triste, ho mandata via la donna.

Scrivimi, amatemi molto, e pensate che vi penso di continuo. È una fissazione ormai: dolce, santa fissazione di famiglia.

Abbraccio tutti e tre. Il mio COlonnello non prenda questo abbraccio come una confidenza, ma come un segno d' alto rispetto e d' affezione ch enon ha l' eguale al mondo. Se scrivi a Ferruccio digli quanto bene gli voglio. A Ezio cento cose particolari; e a te? A te tutta la tua.

Lina.

Roma, 30 ottobre 1896.

Illustre colonello e mia buona amica cara!

Oggi ho ricevuta la cassetta co' tanti doni gentili, belli e supremamenti graditi. Se Lei fosse stato dietro una portiera, all' arrivo della cassetta da casa, la dolce, dolce casa mia, avrebbe detto che io davvero non sono un forte soldato ma una debolissima donnina senza valore … ma con un cuore più grosso di un cannone Krupp. Dunque come posso ringraziarla di tutto? L' anima riconoscente, ringrazia, ma la penna è così deficiente, Dio mio! Basta: Ella, ormai ne' colloque, intimi e cari, che avemmo insieme, conosce l' anima; e questa spiritualmente La ringrazierà per ogni pensiero affettuoso e infinitamente confortante. Serberà con geloso amore ogni oggetto racchiuso in quella cassetta: pure le graziosissime scatoline di paglia colorata, che sembra raso. Ma il dono principale è quello del ritratto. Mi duole, però, che esso non sia come io lo avrei voluto. Osservi, mio Colonnello: il petto è dove la luce batte meglio; e sebbene il punto sia interessantissimo, perchè è il petto d' uno degli uomini più valorosi che esistano, e coperto di rare medaglie, pure bisognava pensare anche all' effetto della testa (che resta sfumata in alto), e alla somiglianza del viso.

Poi ch' Ella non ebbe la pazienza di attendermi un momento – ed io giunsi puntuale come un soldato – mi ascolti; faccia venir Agrippina nostra a vedere la posa: non accetti questo ritratto, appunto perchè sbagliato come luce e come espressione, e lo rifaccia. Ne ha il diritto, facendo queste osservazioni. Come il ritratto si trova, però, io l' ho posto qui, sul mio scrittoio, accanto a un' immagine di mamma mia. Creda che non posso dire di più! … Non mi mandi più strette di mano, ma un abbraccio; lo preferisco, e spero che lo preferirà anche Lei. Domani scrivo a tutti di casa. Intanto, a Lei il mio cuore grato e fedele per la vita.

Tutta sua Lina.

Roma, 31 ottobre 1896.

Mia buona adorata,

Scrivimi e fammi scrivere sovente. Pensate che nel mio esilio forzato non ho altro conforto. Oggi sto un po' meglio e mi metto in giro per affari; finora non potrei neanche stare a tavolino. È stato un affare serio, un piccolo disastro. Pazienza, rimedierò alla meglia. Spero che domani ti giunga un mio piccolo ricordo; molto povero per il ricco amore che il mio cuore ha per te. Tu sai che questo ricordo tu devi portarlo sempre addosso, nel modo che t' indicai; e sai che reliquie preziose e sante ha da contenere. Mi sembra che guardandolo tu — contro ogni mio merito — confonderai il pensiero di me a quello de' tuoi adorati; e l' idea sola mi rende felice. Grazie in anticipazione. Ieri fui di nuovo al Ministero della marina. Discorsi con un' eccellente persona, il cav. Busata, incaricato speciale della corrispondenza per le navi. Mi disse che Canea e Suda sono una cosa sola; per cui si può considerare la Morosini a Suda quanto la Tribuna l' annunziava a Canea il 25 ottobre. Ci vogliono tre giorni, quattro al massimo perchè una lettera arrivi laggiù; ma loro dovranno servirsi di qualunque mezzo d' invio, perciò la loro corrispondenza può venir sempre. Di qui, mi ripetè che parte il sabato alle 6 pom. È lui stesso che fa il pacco; e fu così buono di dirmi che potevo scrivere alla famiglia — se voleva esser più sicura — di mandare a me tutto quanto spedisce, affinchè io avessi consegnata proprio in mano a lui ogni cosa. Ci vuole un francobollo da 20, non da 25; ero io che mi sbagliavo, mal consigliata da un impiegata della posta. Ora, voi altri potete mandar a me tutto (se credete) il giovedi; che ci penso poi io. È tanto brava persona codesto impiegato. Alzò le spalle e si mise a sorridere quando gli accennai ad una guerro. È certo, certissimo, che, non ostante tutte le voci che corrono e potranno correre, guerra non c' è per noi! Mi assicurò. Dio gli faccia dire il vero! Tu vivi tranquilla. Il tuo adorato ti tornerà sano e salvo e più affettuoso di prima; me lo dice il cuore, e sai che il cuore è buon indovino. Non ho avuto tempo di pensare al feltro. Ma penserò a tutto. Intanto, mi sono ordinata l' abito per presentarmi al Re, quando questo buon Signore tornerà. Ieri ebbi la cassetta, piena di cosine belle, care, graditissime, delle quali vi ringrazio ancora dal profondo dell' anima. Tutte le vostre manifestazioni d' amore mi commuovono e insuperbiscono a un tempo. Avessi, Dio mio! tutte le virtù che la vostra bontà mi trova, e che, pur troppo, non posseggo. Vorrei averle soltanto per essere più degna, Pina mia, di te e della tua amata famiglia.

Dirti che io delle feste non ho visto nulla, è inutile; lo sai meglio di me. Sono cose senza interesse, a parer mio; e mentre auguro un mondo di felicità a tutti gli esseri, ben pochi son quelli cui dedico il mio pensiero.

La mia casa mi sembra vuota, malinconica, afflitta da quando la vostra carità gentile per la povera solitaria mi ha fatto respirare il soffio avvivatore della famiglia, questa esistenza mi è doventata insoffribile; e sto sempre arzigogolando nella mia mente il modo di venirmente al più presto in mezzo a voi. Il Signore mi vi aiuti e faccia che prima ogni nostro buon progetto si realizzi. Ci verrei cento volte più contenta. Per la cameriera mi sono accomodata.

Come va il giardino, il mio bel giardino simpatico e ridente? Manderò i semi al mio Colonnello, cui tu dirai le più amorevoli cose per me.

Ezio scrive per ciò che gli dissi?

Tu non affaticarti, caro amor mio; riguardati per chi t' adora in ginocchio, come tanto meriti. E scrivimi a lungo, a lungo, a lungo. Io scriverò sempre spessissimo, fin quando non potrò piralarvi a voce.

Abbraccio tutti con tutta l' anima devota

Lina tutta vostra.

Roma, 10 novembre 1896.

Illustre Colonnello e mio amico amatissimo!

Avrei voluto trovarmi a Livorno, se non altro da venerdì in poi, tristissimo giorno in cui mi sono messa in letto e ho sofferto quanto nostro Signore potè soffrire sul Calvario. Forse l' avrò meritato; e sia a sconto de' miei tristi peccati. Basta, dico egoisticamente che avrei voluto trovarmi a Livorno, perchè costì è la mia famiglia adorata, la mia casa, il mio costante desiderio immenso. Grazie dall' anima del ritratto con la dedica; ma la dedica era troppo pomposa. La povera piccola Lina adora l' amore a non la gloria; non crede alla gloria e … vorrebbe credere all' amore. Per cui tre parole « alla mia Lina » le avrebbero fatto un piacere assai maggiore di tante lusinghiere espressioni ch' ella, ricca soltanto d' infinito affetto, sa di non meritare. Ma la tenerezza che dettò quelle parole troppo elogianti virtù che non esistono, sono pur care! E quel ritratto è lì, testimonianza d' una benevolenza che mi fa venir lacrime di gioia negli occhi.

L' altra fotografia l' ho mandata subito a Ferruccio nostro, e spero che la riceverà sana e salva. Ora, senta, mio Colonnello. Ecco qua dei disegni colorati per calcomania. Sono dei più fini ch' esistano, e spero faranno buona figura. Se queste cosucce le piacciono, Ella ha soltanto da scriverlo a Lina sua. Ma se mi dice che « mi bacia la mano » anzichè darmi un abbraccione, magari da soffocarmi, non le mando più nulla di scelto da me.

Le voglio bene, bene, bene, a Lei e a' suoi; un bene che domanda soltanto di dar prove di sincera e completa devozione. Lei, soltanto, mi capisce.

Scriverò a Pina mia prestissimo. Mi perdoni quella buona, che sa comprendere tante cose, se per oggi taccio. Sto così male! Da venerdì in poi a letto. Pazienza.

Se Lei, mio illustre e amatissimo amico, mi ama, e mi crede della suo degna famiglia; il mio cuore avrà tanta luce!

L' abbraccio con devoto amore, con tutti i Suoi. Il mi pensiero è sempre nella mia adorata famiglia.

Lina tutta sua.

Roma, 15 novembre 1896.

Adorata mia,

Ti scribo dirigendo a Ezio nostro, onde tu riceva questa mia in tempo, per eseguirmi una piccola commissione. Ti scriverò più a lungo fra qualche giorno. Intanto ti dico che io domani sera andrò dal cav. Silvagni per dirgli che appena torna il marchese Di Rudinì, ho necessità di parvagni, mio buon amico, onde interessarlo alla tua faccenda. Non ho bisogno di riperti, perchè tu lo sai, lo senti, che lo cose tue sono mie. E scrivendoti queste sante e tenere verità, mi vengono le lacrime agli occhi, tanto potente è il legame d' amore che mi stringe a te e mi fa tutta, senza restrizione alcuna, tutta devota. Dirai al mio buon Colonnello che farò ciò che egli desidera e che è pur desiderio mio. Se tutte queste belle cose mi riescono, morirò più tranquilla, perchè proprio, il riposarmi finalmente nella morte, è il mio supremo desiderio.

Sono andata per te, al Ministero della marina ed ho parlato proprio col sig. Bosato che è quello che si occupa di spedire le lettere agli ufficiali che sono via, e mi ha detto che non bisogna affatto allarmarsi se la corrispondenza di Oriente o per l' Oriente subisce ritardi inespicabili; figurati, tesoro mio, che le navi della squadra sono sempre in movimento per quelle isole e quelle coste. Se per disgrazia la posta giunge a Syra mentre la Morosini non c' è, la posta non può seguire la nave; di qui ritardi infiniti e forse anche smarrimenti. Ma perchè non mandate sempre a me, le vostre lettere per Ferruccino nostro? Pensando di disturbarmi, offendete il santo e vero affetto che ho per tutti voi, miei carissimi; dunque mandatemele che le porterò io stessa al Ministero della marina e le consegnerò nelle mani del sig. Bosato che è persona tanto buona e gentile.

Non pensare alla guerra, Pina mia: io ti compatisco e ti ho nell' anima. So quanto ami i tuoi figli, povera e santa creatura mia: sì lo so che tu li adori con tutto il tuo gran cuore generoso e nobile; ma Dio proteggerà sempre quei tuoi due angeli, tanto buoni e cari. Grazie Pina mia delle parole dolci e affettuose che mi hai scritte; esse mi hanno confortata: lo so che tu mi ami tanto, me l' hai sempre provato, in ogni circostanza della mia via; e io prego Dio che mi faccia dimostrarti coi fatti, se ti corrisponde con usura, la sincera anima mia.

Vorrei scriverti un volume di cose intime, ma debbo fare un lavoro per Treves di Milano e mi sono ridotta alla porta coi sassi, perchè le fiere e sciagurate lotte che sto sostenendo, mi accasciano e mi tolgono la volontà. Dio mi protegga nella sua grande misericordia.

Qua abbiamo avuto un sol giorno di sole. È poco davvero, dopo 4 mesi di cattivo tempo. E la pioggia, e il cielo di un grigio sporco e il freddo che è sopraggiunto, fanno anche loro star peggio. Oh! Poveri noi che roba (come dice il mio pappagallo).

Spero trovar miglior tempo, quando verrò a Livorno per passare il Natale con voi, amati miei; credi, Pina mia, che affretto col pensiero e col desiderio le Sante feste di Natale che mi riuniranno alla tua, che è pur mia, famiglia: vorrei poter partire in questo stesso momento, ma non posso, ho tante cose da sistemare qui.

Ci vuol pazienza, e aspettare, aspettare, aspettare: avere, come dice Alfredo de Musset, « cette sagesse d' enfant qui consiste à viellir » ma è così triste e a volte lo dico, la pazienza non basta.

Tu che hai un poco il mio stesso carattere, la penserai come me.

A rivederci presto, si presto.

Amatemi molto Nessuno al mondo vi ama come la vostra povera Lina. Abbraccio te, il COlonnello e Ezio, mille e mille volte, benedicendovi dal profondo del cuore, per il bene che mi fate.

Lina tua.

Roma, 27 novembre 1896.

Mio illustre ed amatissimo Colonello,

Non ho parole per ringraziarla della sua lettera. Ogni espressione umana, ahimè! è così misera davanti alla potenza del sentimento. Lei e Pina mia mi hanno fatto versare lagrime di consolazione; e ognuna di quelle mie lacrime era una benedizione per Loro tutti.

Io non ho più che Loro al mondo; se ne ricordino; come io me ne ricorderò in qualsiasi circostanza della vita.

Sto meglio di salute. Ma il cuore è quanto esiste di più malinconico.

Spero star meglio per Natale.

Domani perterò le lettere di loro al Ministero della Marina. Mando a Ferruccio nostro regolarmente i giornali come sempre tante altre cosette: libri che abbiano rapporto colla Marina (ora ne ho ordinato uno splendido a Parigi su la marina francese, del ministro Lockroy, che parla anche assai della nostra). Gli ho preso, iersera, un calendario tanto bello e nuovo, con auguri e benedizioni per ogni giorno dell' anno nuovo. Speriamo gli porti fortuna, povero caro! A Lei, mando a Lei questo mio ritratto del dicembre passato. Non mi piace, ma non ne posseggo altri; ancora non avendo fatto quello che ho in mente, perchè troppo malata per posare. Verrò a Natale: tanto più che i ragazzi non ci sono, pur troppo! Non è che io pretenda di sostituir quegli adorati, ma … riuniremo le nostre solitudini e berremo ai fanciulli assenti dal sospirato tetto paterno. Un mondo di baci e di amore a tutti.

Tutta e per la vita,

Lina.

Metta in camera sua la mia fotografia.

Roma, 30 novembre 1896.

Adorata mia!

Penso che domani dovrete separarvi da Ezietto nostro, e il cuore mi si stringe forte e gli occhi mi si riempiono di lacrime, come si riempiranno i bellissimi occhioni tuoi. Ha il mio fanciullo ricevuto alcune mie righe? Mi meraviglio che non me ne abbia detto una sola parolina fin ora. Oh, preghiamo Dio (io davvero lo pregherò e farò pregare), perchè Ezio stia sano e più sereno ch' è possibile. Gli scriverò spessissimo anch' io', tanto per distrarlo. I suoi scritti letterari sono già dati: uno alla Roma Letteraria, l' altro alla Gazzetta del Popolo della Domenica, bel giornale di Torino, dove scrivo ancora io. Spero ottenergli qualcosetta. Scriva ancora; tanto più in distaccamento. Avrà tempo colà. Voglio darti una buona notizia che mi diedero sabato al Ministero: Ora torna la prima divisione della squadra attiva; poi presto verrà via anche la seconda; che, ormai non ha più ragione di rimaner là giù in Oriente. Ma chi sa se Ferruccino sarà qui per Natale? Forse quell' epoca è troppa vicina; dovendo, anche dopo l' ordine di rimpatrio, la squadra toccar diversi porti di Levante. A ogni modo rallegriamoci, dopo aver tanto palpitato, persino con lo spauracchio orrendo della guerra. Ma vedi che avevo ragione io quando ti dicevo che nulla sarebbe accaduto? Sono una buona indovina, eh? Allora qua un bacione d' amore, che mi consoli l' anima. Avrei mille e mille cose da dirti ma oggi, per la ressa di occupazione, me ne manca il tempo addirittura. Questa, dunque, tesoro mio buono, tu non devi considerarla come una lettera, ma come una carezza soltanto.

La lettera, (con mille altre carezze, s' intende), verrà poi prestissimo.

Sto un po' meglio, grazie al cielo. Se sapeste il bene che mi fanno le pagine vostre, vi compiacereste con lo stesso vostro gran cuore che ve le detta.

L' altro giorno, quando ebbi il foglio tuo e del mio amatissimo Colonnello, piangevo di gioia. Siate benedetti! Baciami Ezietto nostro; digli che mi scriva, che lavori, che stia di buon animo, da bravo soldato e da figlio e fratello coraggioso. Noi tutti lo adoriamo quel fanciullo. Se ne persuada e se ne conforti. Ti getto le braccia al collo e ti stringo con quanta forza mi rimane. A rivederci presto! Dopo le nuvole viene il sole. Ed è tempo che venga un bel raggio anche per noi, poveretti. Abbraccio te e il Colonnello cento volte, amor mio santo!

La tua Lina.

Pina mia cara, dolce sorella del cuore,

Come ti sono riconoscente per l' affetto che ogni giorno mi dimostri! Il mio cuore straziato e sanguinoso è pieno dell' immagine tua e dei cari bambini, tutto vi appartiene! Qual merito ho per godere della vostra affezione? Sì, avevo gran bisogno di sentirmi assai amata, di incontrarmi in persone care che mi facessero, con il loro affetto, scordare le miserie della vita, i miei dolori. Oh, la famiglia! Credi che è questa per me una fissazione santa e dolce: eppure, una tal gioia mi sarà per sempre negata. In questo momento, come spesso mi accade allorchè mi siedo per iscrivere, gli occhi stanchi si posano sulla mia bambola.

È questa l' ultima che la nonna adorata, la madre mia adottiva, mi diede. L' ultima! e poi morì! Buona e santa creatura, tu che mi amavi tanto, perchè mi hai lasciata sola, senza affetti e senza guida in un mondo pieno di insidie e in cui tutto risuona menzogna? La mia anima afflitta si smarrisce e soccombe sotto il peso di tante sventure: eppur tu mi hai lasciata! Oh, no, perdonami, adorata nonna, perdona alla tua figliuola infelice, chè dal mio cuore triste possono partire solo dei gemiti.

Però, non tutti al mondo sono cattivi e bugiardi; no, vi hanno delle persone buone e sante; tu ne eri una, mia povera vecchia, ed io ti ho amata con la stessa forza con cui adesso ti venero: e nel sangue, una famigliuola dolce e cara: la tua Pina dolce. Gli altri, non sono cattivi, no, perchè è il cuore che li dirige e questo non può esser mai perverso quando si ha avuta un' educazione, sia pur semplice e primitiva: coloro sono degli infelici, le cui sventure mi muovono a pietà.

L' ultimo tuo regalo, o nonna, posa al disopra del mio scrittoio, in una paniera colma di fiori e, ai suoi lati, stanno i due quadrucci dell' « Addolorata » e della « Cresima » e del candore. Oh, giorni beati, perchè sì rapidi ve ne fuggiste?

Ed essa, la bambola fredda e insensibile, mi guarda e mi sorride: i suoi occhi, melanconici e progondi, rimangono sbarrati, come privi di espressione; e sulla fronte stanno immobili alcuni riccioli biondi, ribelli alla folta e cresputa capigliatur. Ma perchè non ho io la potenza di fondere questa cera? Di squarciare quel petto gelido e senza affanno, per togliere i pochi stracci colorati, che tengono il posto del cuore insensibile, e sostituirsi col mio, con un frammento di questo cuore sanguinoso e tenero? Oh, potessi imprimere il soffio della vita a quella materia fredda e viscida e far muovere quegli occhietti buoni e docli; aspirare da quella bocca, tutta sorrisi, l' alito caldo di un vero angelo. Potessi crearne un bambino mio, frutto delle mie viscere, e cogliere su quelle labbra il bacio dell' amore! … Ma ella si muove: i suoi capelli, che io ho così bene inanellati e profumati, si agitano; la sua bocca si schiude in un mesto sorriso, pronunzia una parola, un nome: « mamma » … Oh, Dio mio, abbiate compassione di me! Perdonate ad una misera creatura vostra, che solo commise un peccato d' amore, dolce e grave sì, ma crudelmente espiato. Vedete, io piango, soffro e imploro una grazia, una sola che potrà farmi dimenticare dolori e sventure, tutto … È vero, son molto colpevole e non posso levare fino a voi i miei pensieri! Ma tu, nonna adorato, madre mia santa, che dal cielo mi guardi e mi assisti, intercedi per me, e fa che le mie preci possano levarsi fino a colui che affanna e che consola, fino a colui, che sì pietosamente, elargisce a noi povere anime le sue grazie.

Pina mia, come soffro! eppur quanto bene mi fa il tuo amore, l' affetto innocente e dolce dei nostri bambini adorati. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Addio, Pina mia, ti abbraccio, insieme ai bimbi, con tutta la forza del mio cuore afflitto e vi bacio con l' anima appassionata.

Lina tua, per sempre tua.

Pina mia cara,

Dolce sorella mia, quale sventura! L' ultimo stame, che ancor teneva la mia esistenza dolorosa. … Oh, Dio, quanto mi sento male! Non ho neppure la forza di reggere la penna; dai miei occhi, bruciati per il lungo pianto, cadono continue lagrime cocenti, e tu ne vedi le tracce sulla carta; ogni lagrima è una goccia di sangue, che cola dal mio cuore. È questo il più forte, il più atroce dei dolori che Iddio mi ha voluto far provare. Qual mai spaventoso peccato ho commesso? E, se la mia colpa esiste, non l' ho forse espiata abbastanza? Non basta l' aver percorso l' intiera esistenza fra torture e strazi inenarrabili? Perchè dar la vita ad una creatura, allorchè di lei vuol farsi una infelice? Non è crudele tutto ciò?

Pina mia cara, tu sai quanto io sia religiosa: eppure, vedi, in alcuni momenti la mia fede vacilla. Trovar conforto nella religione! E come può darmene essa? Che posso sperare, dappoichè il dolore più grande che io potessi provare nella mia vita sventurata Iddio me l' ha dato? Oh, pietà, pietà di me; il cuor mio è straziato, l' anima e la mente più non ragionano! Il dolore mi uccide! Oh, se ciò si avverasse! La calma, la felicità che, invano, cerco da più anni, e per un solo istante, sol nella morte potrei goderla, nell' istatnte ultimo di mia vita! Signore nostro, buono e misericordioso, concedetemi almeno questa grazia, sarà l' ultima che il mio cuore infelice vi chiederà, toglietemi da questa vita di lotta e di continuo pianto, fate che io spiri, così china e rassegnata, sul corpo esanime della mia nonna adorata, gli occhi miei lagrimosi fissi nei suoi e con la bocca schiusa al nome Vostro e della dolce e santa anima che Voi mi rapite! Pietà di me, o Signore!

Ella è morta. Morta, oh mio Dio! Non udrò più la voca sua cara, nè la dolce parola, che faceva così bene il mio cuore: « Figlia! » Sì, come una madre ti amavo. Io, che non ho goduto dell' affetto santo e puro della mamma buona, che il Signore mi rapì allorchè la mia ragione cominciava a svilupparsi e il mio cuore si schiudeva a quell' amore ineffabile, io che non ho potuto godere di questa gioia suprema, in te riponevo ogni mio affetto. Come una madre ti ho sempre adorata e come una santa, ora, in ginocchio, ti venero.

Ella è morta, Pina mia, e il mio cuore si è infranto! Gli ultimi istanti furono molto penosi. Per tuto il tempo che durò la sua triste agonia, rimasi inginocchiata presso il capazzale; piangente e quasi fuori di me, la supplicavo a non lasciarmi, ad aver pietà di sua figlia, infelice e sventurata. Ella mi pose una mano sul capo e levò al cielo gli occhi ormai spenti; le sue labbra si agitarono; mormorava, benedicendomi, una preghiera per la salvezza della mia anima, e mi confidava al buon Dio affinchè mi proteggesse ora che restavo senza appoggio e senza guida. Poi, debolmente, mi attirò a sè e, toltosi un medaglione raffigurante l' immagine della « Vergine addolorata », me lo pose al collo, sorridendomi, poi reclinò il capo. Il mio cuore in quel momento ebbe uno schianto. Mi chinai su quella bocca adorata per deporre e riceverne un bacio. Ahimè, fu l' ultimo, come l' ultima era stata la sua preghiera; Ella spirò fra le mie braccia, sempre sorridendomi.

Il suo volto è atteggiato a suprema e dolce beatitudine; i suoi occhi sbarrati mi fissano! Ah, nonna, madre mia adorata, perchè non mi parli? perchè non mi chiami col dolce nome che eri solita rivolgermi? Non vedi che la figlia tua in ginocchio t' implora? Tu sei morta! Mi hai abbandonata, è vero, ma il sacro tessoro che mi hai posto al collo non mi lascerà giammai; nelle battaglie dolorose della vita, la premerò sul cuore e le mie labbra, allora, mormoreranno la santa pregiera che tu m' insegnasti bambina. Che la tua anima santa goda eternamente le dolcezze del « Paradiso ». Madre adorata, veglia sopra di me.

Questa sera, Pina mia, la porteranno al Camposanto! Potessi almeno seguirla anch' io nella tomba e dormire con Lei il sonno eterno.

Non posso più reggere alla disperazione: due volte mi sono svenuta nello scriverti questa lettera, che ti mando bagnata di lagrime e piena del mio dolore.

Forse, nel vostro amore potrei avere un po' di conforto; ma neanche ciò mi è dato provare: lo strazio dev' essere intero e crudele.

Pina mia cara, ti stringo al mio cuore addolorato e ti bacio con tutta l' anima afflitta.

La tua Lina.

(1888-1896)

Roma, agosto 1888.

Ferruccino caro,

Finalmente è giunta la tua lettera desiderata, e l' arrivo suo m' è stato sì caro, che di gran cuore ti perdono il dispiacere che mi cagionò la tua aspettazione. Immagina quanta consolazione non abbia arrecata alla povera anima mia la novella del tuo ritorno! E tu bambino mio caro, non gioisci di questa certezza, non senti in cuore una strana, miracolosa impressione di felicità?

Lontano sì lungo tempo da noi tuoi cari, dalla patria tua diletta, vivissimo devi sentire il desiderio di ritornartene. E la mia Pina e il mio caro Colonnello quanto lieti non saranno del tuo arrivo? Quanta consolazione non arracherà il bacio tuo alle anime affettuose de' tuoi amati genitori? E il caro Ezietto, il dilettissimo fratello tuo, così dolcemente buono, quanto commosso non si sentirà nel rivederti, nel ricevere l' affettuoso abbraccio che gli darai!

Immagina Ferruccio mio la gioia di tutti noi — anche della « zietta tua » in quel giorno desiderato e dimmi dimmi se al mondo può esservene una più soave e cara?

Non ti scrivo molto perchè non sto bene, ma ti serbo nella memoria con ogni cura e premuroso affetto.

Affretti il ritorno tuo l' ardente ardentissimo desiderio nostro.

Lina « la zietta tua ».

Roma, settembre 1888.

Ferruccio cattivo!

Tu m' hai allontanata dalla memoria ed io « la povera zietta tua » ne soffro molto e inenarrabilmente. Non varanno a giustificarti i piccoli graziosissimi pretesi tuoi. Questa volta « la zietta » è meno indulgente del solito e non accetto scuse nè giustificazioni. Non sonon esigente io, mi accontento di poche righe e poche righe — a meno che tu manchi affatto di buona volontà — avresti dovuto scriverli. Non sai tu, che le tue lettere con quelle de' tuoi amati genitori sono l' univo balsamo del mio cuor piagato? Cattivo, mille volte cattivo! Ma ti punirò come meriti; ti priverò delle notizie mie, riterrò i libri che avrei dovuto — per la promessa che te ne feci — spedire in questi giorni e mai più, mai più sarò la buona « zietta tua ».

Sono inquieta, inquietissima della noncuranza tua e non so fidirti l' immenso, infinito dispiacere che esa mi cagiona! …

Vorrai tu, senza pretesti, ma con affettuose parole farmi dimenticare la poca premura tua di questi giorni? Lo spero, anzi, lo desidero con tutto il cuore.

Lina tua.

Roma, 2 marzo 1895.

Bambino mio dolce,

Spero di esser la prima a darti la lieta notizia. Sei stato destinato al 31&dag; reggimento fanteria, di stanza in Livorno. Esulta, bambino mio, chè Iddio ha volunto appagare i tuoi voti. Se l' egoismo dirigesse le mie idee e s' impadronisse dei miei affetti, avrei dovuto sperare che tu venissi destinato ad un reggimento che ha la guarnigione in Roma, perchè, ciò avverandosi, la tua famiglia cara ti avrebbe seguito e io vi avrei potuto avere ancor tutti vicino. Ma tu sai bene che il mio cuore, sebbene straziato, è tutto vostro, per cui non può che provare gli stessi palpiti, le stesse ansie che voi provate e godere delle vostre gioie.

Non ti dò consigli ora che stai per entrare in una vita affatto nuova, nè ti sprono a far bene: so quanto siano buoni i tuoi sentimenti, il cuore leale e devoto alla Patria; sei figlio di un soldato valoroso e non puoi a meno di seguirne le orme. La tua famiglia è ricordata in più circostanze nella storia, e il sangue dei Masi e dei Bove non può che germogliare santamente.

Rammento la preghiera che, in Collegio, ogni mattina, recitavate; che Iddio ti illumini e ti dia « forza acciò la tua vita raggiunga il fine per il quale Egli te l' ha data; perchè la Patria abbia in te un buon cittadino e i tuoi genitori un buon figliuolo, e perchè giammai ti venga meno la costanza di compiere il tuo dovere. » In queste parole semplici, ma pensate, sta scritto l' avvenire tuo, che io ti auguro cosparso di fiori e lieto per le felicità che il cuor tuo merita e desidera. Ama sempre e fortemente i tuoi genitori; questi han fatto molto per te; e se oggi puoi andare orgoglioso di rivestire la divisa onorata dell' ufficiale italiano, a loro lo devi, come i nobili sentimenti che nutri nell' animo e che fanno di te un buon soldato e un cittadino onesto. Ama sempre con la stessa forza d' oggi, la madre tua buona e santa e non dimenticarti mai della « zia » che ti vuol molto, ma molto bene.

Sestri, 2 settembre 1895.

Bambina mio dolce,

La tua lettera, e così pure quella dei tuoi cari genitori, mi son giunte in ritardo perchè ho lasciato ROma da due giorni. Oggi stesso, quantunque le casse e le gabbie delle mie bestiole aspettino con impazienza le mie cure, avevo deciso di scrivere alle tua cara mamma.

Credi che la tua lettera mi ha procurato una grande consolazione. Finalmente! Ma faceva d' uopo che io ti pregassi tanto per indurti a scrivere un bozzettino? solo poche pagine? È questo il bene che vuoi alla tua « zia, » dolce bambino mio? Quella che mi hai mandato, è una bella descrizione, una cosettina riuscita; certo, è necessario trovarsi a contatto immediato con questi rozzi ma buoni soldati per descriverne la vita.

Le descrizioni che tu fai della « sveglia al campo » sono molto poetiche.

Lascia, pertanto, che ti dia un consiglio: nei bozzetti, specialmente in quelli d' indole militare, non tenerti sulle generalità, ma prendi a dipingere un personaggio solo, il più caratteristico; allora, potrai scrivere più facilmente con maggiore effetto.

Mandami spesso i tuoi lavoretti; penserò io a farteli pubblicare. Ricordati, però, che se brami essere conosciuto devi sempre firmarti col tuo nome e cognome; lascia i pseudonimi ai giorni, che prossimi ti auguro, in cui la tua carriera letteraria potrà dirsi realmente iniziata. Forse, ciò non ti sembrerà giusto perchè ti priva dell' aureola di modesita di cui vuoi circondarti e perchè temi, come tu stesso mi dici, di subire dispiaceri da parte dei tuoi superiori. COstoro non potranno farti un carico per le cosettine semplici e originali che scrivi, e tanto meno della brama che ti spinge ad istruirti. In quanto alla modestia, sono del tuo parere; ma, d' altra parte, penso che, esser troppo modesti, nel mondo significa perdere assai terreno. L' esempio vero e splendente lo trovi in me.

Non ho meco i libri che tu mi chiedi e credo che non esistano manco nel mio studiolo di Roma. Ti assicuro, pertanto, che scriverò in quella città ad alcuni miei amici; spero, così, di poterteli procurare. Però, non ingolfarti soverchiamente nella mitologia. È bene che tu prendi conoscenza di alcune storie e leggende; ma sarebbe dannoso ai tuoi lavori il parlarne troppo spesso.

Nel venturo mese, purchè Iddio mi conservi sempre in questa vita dolorosa, verrò a passare alcuni giorni con voi. Credete che sento, or più che mai, quanto mi siete cari e come sia di conforto al mio cuore il vostro affetto. Oh, la famiglia, la famiglia! Quanto sei felice tu, bambino mio, di avere ancora dei genitori ed un fratello, che ti amano. Come son dolci le cure affettuose della mamma! La loro necessità, il bisogno di questo affetto unico al mondo, maggiormente si fa sentire allorchè essi ci mancano.

Quanto sono riconoscente al buon Dio di avermi dato in voi una « famiglia » cara, una famiglia che amo con tutta la passione dell' anima mia torturata.

Voglimi bene, Ezietto caro. Ti abbraccia la tua zia.

Lina.

Roma, 3 novembre '96.

Bambina mio,

Mi domandi perchè non rispondo? Sono ammalata, caro fanciullo mio, e seriamente. In questi giorni sono stata colta da accessi di convulsioni e da frequenti svenimenti: ed anche ora sento la memoria indebolirsi, le idee confondersi.

Riprendo la lettera che ho dovuto interrompere questa mattina. Mi ha colto una dei soliti sbaldordimenti, che spesso mi venivano a Livorno allorchè ti accompagnavo la mattina in quartiere; e tu lo sai quanto io mi senta male in tali istanti. Forse l' anima è più malata del corpo! Il cuore mi sanguina; sento che l' esistenza mi verrebbe meno se non mi confortasse l' affetto vostro. Come siete buoni con me e quanto ve ne sono riconoscente. Ah, se il « mio vecchio colonnello brontolone » mi scorgesse in uno stato così pietoso, certo proverebbe gran dolore, egli, che durante i bei giorni che ho trascorso ultimamente con voi, mi diceva sempre che la mia anima era stata creata per comprenderlo. Bravo e buon soldato che la patria non ha rimeriato degnamente!

Ieri è stato l' anniversario doloroso della morte della mia povera nonna. Ogni anno, tanto è lo strazio che provo, in questo giorno mi ammalo. Credo, però, che sarà l' ultima volta; presto forse, raggiungerò l' anima santa di Lei, almeno se Iddio avrà di me pietà negli ultimi istanti della mia vita. Oh, sì, lo sento, la mia anima fragile e sensitiva non può reggere alle continue torture che la mia esistenza addolorata le infligge.

Senti, Ezietto, recati del gioielliere Caracciolo, che ha negozio in V. Grande, e ritira il cuore d' argento con impresse alcune viole del pensiero e la relativa catenina. Ti ricordi che l' ordinammo insieme. Io l' ho pagato, per cui, l' orefice dovrà nulla richiedere a te. Attaccalo al collo della tua mama adorata! Vorrei passarvelo io stessa, ma la stato in cui mi trovo me lo impedisce. Dalle tanti baci affettuosi, dicendole che li manda la sua Lina, che l' adora; e dille che io la prego a voler tenere sempre questo oggettino per mio ricordo: essa vi potrà mettere i capelli dei suoi cari bambini; e le meste violette le rammenteranno la sorella sua.

Scrivetemi presto che le vostre lettere mi confortano; voi siete la « mia famigliouola ».

Addio, bambino caro, ti abbraccio con l' anima afflitta.

La tuo « zia Lina.

Roma, 28 novembre 1896.

Bambina mio dolce,

Grazie della parte che prendi ai miei dolori. Voi soli, sapendo quanto soffro mi potete scusare ed amarmi: e, tu forse più degli altri, che hai un' anima sensibile e fosti assai provato dalla sventura, mi puoi capire, puoi indovinare le mie angosce.

Mi domandi se quel tale pittore di cui ti parlai a lungo a Livorno è più tornato a importunarmi? Ezietto caro, perchè ti vuoi affliggere per questo? Vorresti venire a ROma e recarmi protezione? Ma a che scopo? Certe persone si mortificano con l' indifferenza. poichè non son degne della nostra collera.

Ti narrai come a costrui avesi fatto del bene e molto, raccomandandolo perfino a S. E. il ministro Di Rudinì, onde procurargli il mezzo di vendere le sue sete, e molto più ancora mi sono mostrata generosa, tu lo sai. Ma questi sembra che non sia pago e mi tormenta di continuo. Certo, non avrei bisogno che altre sofferenze si aggiungessero a quelle che il mio cuore prova, nè che altri dolori mi togliessero le poche forze che ancor mi restano e la fiducia nell' esistenza.

Mio dolce, mio buon fanciullo, non imprecare: chi mi fa star male, chi mi fa morire con la sua crudeltà importuna, non è un rettile, è, te lo ripeto, una persona da trascurarsi. Dio, a volte, si serve degli uomini per punire i colpevoli. E io, senza saperlo, debbo avere terribili colpe da espiare. La tua lettera mi ha fatto pianger tanto, per la malinconia di cui è piena, da lasciarmi un velo fitto sulla pupilla.

Ho avuto ripetute preghiere d' invito a tornar costà dal mio buon Colonnello e dalla tua Mamma bella. Ci verrei subito, se non fosse che sono legata qui da cose che io sola debbio disbrigare. Sai un poco di che si tratta: affari miei e vostri. Ma se Iddio ispirasse a quell' uomo di avere un po' di carità di me, guarirei e farei meglio le cose nostre. Non avevo meritato, no, no, proprio no, questo martirio orrendo. È orribile, e se il Signore non la mandasse Egli stesso, non darebbe neanche la forza di sopportarlo. Come si possa essere così ingrati e crudeli, io non lo capisco, e mi stringo la fronte fra le mani, e capisco ancor meno. Quanto soffro, Dio mio!

Se il Signore mi concederà di tornare presto nella mia famigliuola, potrò nelle vostre carezze trovare un balsamo ai miei dolori. Metteremo su un piccolo studio, simile a questo dal quale ti scrivo, e come questo grazioso e artistico. Ti spronerò a scrivere e, lo vedrai, la fata benefica avrà la possanza di far rivivere nella tua mente le idee che dici di non più trovare. Peccato che tu non voglia occuparti seriamente di letteratura! Oh, ma io to farò scrivere ad ogni costo. E nel nostro studiolo starà, come ora nel mio, il caro e buon « Velox », che ti seguirà la mattina in quartiere e il giorno ci accompagnerà nelle passeggiate che faremo, tutti riuniti, sulla spiaggia di questo mare che « amo e odio » ad un tempo.

Non lasciarti vincere dal dolore e dalla malinconia, fa forza a te stesso e cerca, tu che lo puoi, conforto fra le braccia di quella Santa donna di Mamma tue cara.

Ti bacio con tutta l' anima angosciata, e ti ripeto che le tue lettere insieme a quelle pietosissime dei tuoi genitori son l' unico balsamo che posso ricevere. Il mio cuore è spezzato, lo sai, ma un bricolino de' suoi frantumi ti appartiene. Il resto è dei tuoi cari mdash; dei nostri vari — buono forse, a qualche cosa, benchè rotto. Prega per me! Ancora tante cose buone a tutti voi, miei diletti.

Zia Lina.

. . . . . . . . . .

Ferruccino mio,

Ti ringrazio tanto tanto della commoventissima letterina tua che porta la data del 21 mese scorso; e mi sento così compresa delle tue piccole malinconie che voglio rispoderti subito cercando per quanto mi sarà possibile di sollevarti e di renderti meno dolorosa la lontananza della famiglia e della Patria.

Ricordati, bambino mio, che que — in Italia — hai una mamma che ti chiama ovunque e sempre; hai un babbo che ripone in te ogni sua speranza e un fratello, che ti vorrebbe di continuo vicino a sè. Ricordati che hai una « zia » che ti segue col pensiero sulle acque di lontani oceani, sul suolo di lontani paesi e sotto gli azzurri di lontanissimi cieli; che hai una « zia » compresa di te, de' tuoi ideali, de' tuoi piccoli dolori e che t' augura una esistenza tanto felice per quanto è infelice la sua. Scrivi, scrivi, scrivi Ferruccino mio; affida alle carte l' intimo pensiero tuo e l' intima voce della tua anima giovanile; scrivi, che ti farà bene, assai bene moralmente, e potrai nell' avvenire rivivere in queste tue pagine. Mi parli di mari in fiamme altramonto, — di mari lattei all' alba — di mari tenebrosi nella notte; mi parli di vergini foreste, di miraggi, di sogni … oh! è bella, è tanto bella l' anima tua!

Guarda: Loti è buono ed appunto perchè è buono scrive le finissime sue memorie d' Oriente. Anch' egli come te ha navigato, lungi dalla patria sua, che portava nel cuore. Moralmente è soddisfatto e la patria lo venera.

Perchè non fai anche tu così — bambino mio? —

Non ti mancano i sorrisi dell' anima e i sorrisi della mente, dunque? La lettera, per esempio, che m' hai scritta è nel suo genere un piccolo capolavoro, siane certo, e l' hai scritta — diciam così — in confidenza … Suvvia! Sï forte, sï marinaio, sï uomo! Il pensiero della famiglia tua e della tua « zia » ti accompagni e ti sussurri all' orecchio — abituato alla voce poderosa del mare — le più dolci preghiere e li più dolci benedizioni …

La tua affezionatissima Lina.

Roma, aprile 1896.

Eziuccio mio carissimo,

Giorni sono la tua mamma m' ha inviato da Livorno un giornale sul quale si era pubblicato uno dei tuoi bozzetti militari, e non comprendo come tu — in questa occasione — non abbi per il primo pensato a me.

T' ha recato forse qualche dispiacere la zietta? Dacchè sei partito per Volterra, in distaccamento, non mi hai più scritto — mentre io penso a te sempre come penso sempre alla famiglia intera.

A proposito del distaccamento, perchè non me ne scrivi qualchecosa? Tu lo sai … mi piaccion tanto queste variazioni allegre e spensierate della vita orribile, orribile che si passa e si passerà que — a Roma! Oh! con quale ansia attendo il giorno che potrò ritornare a voi — tra la mia famiglia che amo sovratutti!

Ma tu, ripeto, scrivimi Ezietto mio, e non lasciare la tua povera zia senza una parola affettuosa, poichè le voci delle giovinezze volenterose e laboriose è buona, tanto buona, e fa bene a chi vive fra tante rovine morali e umane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Mammà, ha ricevuto il pacco che le ho spedito il giorno 12 p. p. contenente quelle mie carte manoscritte?

Rendimene se puoi avvisata, bambinuccio mio, ed abbiti, con gli auguri fervidi di tutta l' anima mia, un abbraccio lungo ed affettuoso come mai t' ha dato la

tua zia Lina.