ALESSANDRA MACINGHI NEGLI STROZZI

LETTERE
DI UNA
GENTILDONNA FIORENTINA
DEL SECOLO XV
Al FIGLIUOLI ESULI
PUBBLICATE
DA CESARE GUASTI

IN FIRENZE
G˙ C˙ SANSONI, EDITORE
1877

Tip˙ e Lit˙ Carnesecchi, Piazza d'Arno

ALLE DONNE ITALIANE
LE QUALI PREGO
LEGGANO QUESTO VOLUME
COL CUORE



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio˙ A dì 24 d'agosto 1447.(*) Ricevuta il 15 di settembre. Risposto a' 28.

Carissimo figliuolo. A' dì passati ebbi una tua de' 16 di luglio, alla quale farò per questa risposta.

E 'n prima t'avviso come, per grazia di Dio, abbiàno allogata la nostra Caterina al figliuolo di Parente di Pier Parenti, ch'è giovane da bene vertudioso, ed è solo, e ricco, e d'età d'anni venticinque, e fa bottega d'arte di seta; e hanno un poco di stato,1. Per avere lo stato intendevano, Partecipare agli uffici ed onori del Comune. Quindi statuale si disse il cittadino che aveva il beneficio della città (lat˙ municeps, cioè particeps munerum); perciò detto ancora beneficiato. ch'è poco tempo che'l padre fu di Collegio.1. I dodici Buonuomini e i sedici Gonfalonieri di Compagnie formavano quell' ufficio che si chiamò de'venerabili Collegi, e si adunava co' Signori. Essere di Collegio valeva quindi Risedere in quell' ufficio. E sì gli do di dota fiorini mille; cioè, fiorini cinquecento ch' ell' ha avere di maggio nel 1448 dal Monte; e gli altri cinquecento gli ho a dare, tra danari e donora,2. Erano le donora ciò che oggi diciamo corredo. E gli esempi nel Vocabolario dovrebbero cominciare molto prima del cinquecento; nel qual tempo dicevasi più comunemente corredo. quando ne va a marito; che credo sarà di novembre, se a Dio piacerà. E questi danari sono parte de' vostri e parte de' mia. Che s'io non avessi preso questo partito, non si maritava quest'anno; però che, chi to' donna vuol danari; e non trovavo chi volesse aspettare d'avere la dota nel 1448, e parte nel 1450: sicchè, dandogl'io questi cinquecento tra danari e donora, toccheranno a me, s'ella viverà, quegli del 1450. E questo partito abbiàn preso pello meglio; che era d'età d'anni sedici, e non era da 'ndugiar più a maritarla. Èssi trovato da metterla in. maggiore istato e più gentilezza,3. Il Petrarca disse gentilezza di sangue (son. 225) quella che Dante (Parad˙, XVI, 1) chiamò nobiltà di sangue. Ma lo stesso Alighieri (Conv˙, 69) ne diede questa definizione: « Federigo di Soave. ultimo imperadore degli Romani, domandato che fosse gentilezza, rispose: che era antica ricchezza e be' costumi ». ma con mille quattrocento o cinquecento fiorini; ch'era il disfacimento mio e vostro: e non so come la fanciulla si fussi contentata; che, dallo stato in fuori, non v'è grascia,1. Intendi: tranne il benefizio di poter sedere ne' magistratì (il che portava onore e utile), quanto al resto non c'erano belle cose; anzi, debiti e aggravi, che sono i soprossi. che ci è de' soprossi assai. Ed io, considerato tutto, acconciar bene la fanciulla, e non guardare a tante cose: e parmi esser certa la starà bene come fanciulla di Firenze; che ha la suocera e'l suocero che ne sono sì contenti, che non pensan se non di contentalla. O! Non ti dico di Marco, cioè il marito, che sempre gli dice: Chiedi ciò che tu vuogli. E come si maritò,2. Oggi diremmo si fece sposa, si fidanzò. gli tagliò una cotta3. La cotta era una sopravveste; la roba o giornea, il vestito. di zetani vellutato chermisi; e così la roba di quello medesimo: ed è'l più bel drappo che sia in Firenze; se lo fece 'n bottega. E fassi una grillanda di penne con perle, che viene' fiorini ottanta; l'acconciatura di sotto, e' sono duo trecce di perle, che viene4. Cioè, viene a costare. fiorini sessanta o più: che quando andrà fuori, arà in dosso più che fiorini quattrocento. E ordina di fare un velluto chermesi, per farlo colle maniche grandi, foderato di martore, quando n'andrà a marito: e fa una cioppa rosata, ricamata di perle. E non può saziarsi di fare delle cose; che è bella, e vorrebbe paressi vie più: che in verità non ce n'è un' altra a Firenze fatta come lei, ed ha tutte le parti,1. Illustri un' altra donna questa maniera che, stando a' Vocabolari, non si sarebbe usata che un secolo dopo: « La fanciulla à dua buone parti, ch' è grande e bianca, ec˙ ». Parla Lucrezia Tornabuoni della giovine Clarice Orsini, che si voleva dare in moglie a Lorenzo de' Medici. (Tre Lettere di Lucrezia Tornabuoni a Piero de' Medici ec˙ Firenze, 1859.) al parere di molti: che Iddio gli presti santà e grazia lungo tempo, com' io disidero.

Del mandare Matteo di fuori, non vorrei per ora; pero che, perchè sie piccolo, pure ne sono più accompagnata, e posso mal fare sanz' esso; almanco tanto la Caterina ne vadia a marito: poi mi parrebbe rimanere troppo sola. Per ora non ho il capo a mandarlo: che se vorrà esser buono, lo terrò qua; che non può esser preso per le gravezze insino a sedici anni, ed egli ebbe undici di marzo. Hollo levato dall'abbaco, e appara a scrivere; e porrollo al banco, che vi starà questo verno: dipoi vedrèno quello vorrà fare; che Iddio gli dia quella virtù che gli fa bisogno.

De' fatti del Comune, t'avviso che ho debito fiorini dugento quaranta, e sono istata molestata da no' meno di quattro Ufici, che hanno a riscuotere pel Comune: da se' mesi in qua non ho mai avuto a fare altro, che andare ora a questo Uficio e ora a quest'altro. Ora, per grazia di Dio, mi sono accordata co' loro per ensino a febbraio; che pago, tra tutti, il mese fiorini nove o circa. Aspettasi che la gravezza nuova esca fuori per tutto ottobre; che se mi fanno il dovere, come dicono, di non porre albìtro1. Sorta di gravezza, detta così appunto per essere posta ad arbitrio su' cittadini, o « per coniettura » (come dice il Varchi, Stor˙, III, 25) « di quel che eglino potevano guadagnare l'anno coll' industria loro ». Ma lo Storico sbaglia dicendo che « si pose la prima volta l' anno 1508 ». a vedove e pupilli, non arò duo fiorini; che forse non farò tanto debito. E poi che'l Duca è morto, istimasi non se ne pagherà tanti, se già il Re di Ragona non ci dessi noia; che già ha cominciato presso a Monte Varchi, a un castello che si chiama Cennina. Dicevasi, quando l'ebbono, che si riarebbe l'altro di, chè non vi potevano istare. Sonvi già stati tre settimane, e ancora sono atti a starvi; che v'era drento tal contadino, che solo del grano e della roba vi lasciò si dice ne viverebbono un anno. Dicesi che innanzi si riabbia, si spenderà più che quaranta migliaia fiorini. Iddio provvegga a'nostri bisogni.

Dice la Caterina, che tu faccia ch'ell'abbia un poco di quel sapone; e se v' è niuna buon'acqua o altra cosa da far bella, che ti prega gliele mandi presto; e per persona fidata, chè se ne fa cattività.1. Temeva che qualche tristanzuolo di vetturale non barattasse, la merce, o l'alterasse, o non la recapitasse nemmeno.

Non ti maravigliare s'io non ti scrivo ispesso, che sono infaccendata ne' fatti della Caterina. Ristorerotti quando Matteo arà apparato a scrivere: ma non guardare a me. Fa' che per ogni fante mi scriva, se no' dovessi dir altro che tu sta' bene, e Niccolò. Non so come tu ti porti nelle faccende che tu hai a fare, come se' sollecito: che Iddio il sa, il dispiacere ebbi quando intesi non potevi venire quando fusti a Livorno; perchè tal cosa si dice a bocca, che non si dice per lettera. Che a Dio piaccia vi rivegga sani enanzi ch'io muoia. Fa' sopra tutto, figliuol mio, che tu ti porti bene en modo, che dove l'anno passato mi desti tanto dolore de'tua tristi modi, tu mi dia consolazione:. e considera allo stato tuo, e quello che Niccolò ha fatto inverso di te, che se' degno di baciare la terra dove e' pone e piedi.2. Il modo, anc'oggi vivo, è non se' degno ec.; ma forse s'ha a intendere, devi, ti s'addice, baciare ec. in segno di rispetto. E dico quello medesimo per tuo amore, chè se' più obrigato a lui che a tuo padre o tuo'1. Il popolo dice to' madre; cioè toa, tuoa. madre, quando penso quello ha fatto di te, che niun altro l'arebbe fatto; sicchè fa: ne sia conoscente, e non essere ingrato del benificio hai ricevuto tu e' tua, e ricevi tu continovamente. Non mi voglio distendere in più dire; che mi debbi oggimai intendere chè non se' un fanciullo; che di luglio n'avesti diciannove, e bastiti. Fa' soprattutto masserizia;2. Noi diremmo: metti da parte qualcosa, fa' economia. che ti bisogna, chè sta' peggio non ti credi. Nè altro per questa m'accade dirti. E Dio di male ti guardi. None scrivo a Niccolò della Caterina, che n'è stato avvisato da Giovanni e Antonio. Raccomandaci lui. E se se' cassiere, portati en modo abbia onore; e tieni le mani strette, ch'io n'abbia3. La n' sta per non ne. Parlando, anc'oggi il popolo dice ch' i' u' n'abbia. avere più dolore ch'io abbia avuto.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 4 di novembre 1448.(*) Ricevuta il 28 di novembre.

Ne' dì passati ebbi una tua de' dì 8 d'agosto, alla quale non ho fatto prima risposta perchè ho auto male di scesa1. Oggi, costipazione, infreddatura, reuma; e scesa la dicevano per la opinione de' medici antichi, che il catarro scendesse dal capo nelle membra. più d'un mese; e rincrescemi oggimai lo scrivere, chè forte invecchio, e divento poco sana plu l'un dì che l'altro. E ancora non ho sollecitudine a scriverti, perchè fo iscriverti a Matteo; e sì perchè s'avvezzi a dettare un poco le lettere; chè quando iscrive adagio, e che ponga il capo a quello ha fare, iscrive bene: e così dice Antonio Strozzi, e Marco (che ho mostro loro de' fogli ch'egli scrive), che ha buona forma di lettera: ma quando iscrive ratto, diresti che non fussi di suo' mano; e tal differenza è da l'una a l'altra, quanto, il bianco dal nero: e no gli posso tanto dire, che voglia iscrivere adagio. Fa', quando gli scrivi, ne 'l riprenda, chè gioverà; e che sia buono e riverente; chè pure teme quando tu gli scrivi: e scrivigli ispesso, acciò che abbia cagione di scrivere a te. E quando tu scrivi a Marco, raccomandagliele; e così a Antonio degli Strozzi: chè ciascuno di loro gli può dare buono ammaestramento; e temerà più loro che me. Che Iddio a tutti dia quella grazia e virtù ch'io disidero.

Da Lorenzo a questi dì ebbi una lettera de' dì ventotto di settembre, e l'apportatore ne fu Pagolo Salterelli, elle mi dice che Lorenzo si doveva partire a' dì 21 di settembre per Londra, e la compagnia che doveva andare con lui si partì e no gli fece motto, sì che rimase a piè: e così mi scrive Lorenzo, e che crede vi starà buon pezzo innanzi che truovi compagnia; e anc'ora siàno nel verno: che se non è partito, potrebbe istare tutto il verno a partirsi; chè è cattivo tempo a cavalcare sì lungo viaggio: e non so come s'ha il modo a stare a Vignone insino a primavera, bisognando. E malvolentieri, potendo istare altrove, lo manderei a Londra, perchè sento v'è la morìa, e Bruggia; chè, secondo iscrive Iacopo, ve ne muore otto e dieci per dì; si che v'è mala istanza per ora. Iddio gli dia a pigliar buon partito. Insino d'agosto ci venne Granello da Ricasoli, e domanda'lo molto di Lorenzo. Dissemi infine, ch'era di buono sentimento; ma che aveva bisogno di persona sopra capo,1. Persona che gli stia sopra; cioè, dalla quale dipenda e n'abbia soggezione. che lo tenessi in paura, chè farebbe bene. Io ho scritto a Iacopo quello mi pare sia di bisogno; e quando sentirò sia partito per andare a Londra, iscriverrò a Lodovico e farogli scrivere a Antonio quello fia utile: chè non mi pesa però tanto la penna, che quando s'ha scrivere cosa che sia utile per voi, ch'io nollo faccia; e de' fatti tua e de' sua ho provveduto al tempo, quando è stato di bisogno. E basti.

In questa state mi venne a vedere Piero de' Ricci; che l'ebbi molto caro, e domanda'lo di te. Dissemi che tu stavi molto magro della persona ma che eri sano; e che tu non avevi desto, come bisognerebbe; e che Niccolò si portava così bene di te,2. Cioè, verso di te. che mi piace. E priegoti ne sia conoscente de' benifici ha' ricevuti da lui, e siagli ubidiente più che se fussi padre; chè non potresti fare mai tanto bene, che lo meritassi di quello ha fatto a te: sicchè giusta tuo' possa, non essere ingrato inverso di chi t'ha fatto uomo. Che Iddio di te e degli altri mi faccia contenta.

Del lino non t'ho mai scritto alcuna cosa, chè te l'ho fatto iscrivere a Matteo; e parmi che se hai 'l capo a mandarlo, ti sia troppo indugiato a comperarlo, che no l'arai a sì buono mercato come l'aresti auto già fa uno mese: nè ancora, chi mi l'avessi arrecare, n'arei migliore mercato della vettura; chè un mese fa mi promisse il Favilla vetturale recarme in dono:1. Cioè, senza spesa. or non so come si farà. Avvisamene quanto n'ha' fatto.

I'ho 'vuto lettere da Roma, d'Andrea Bizeri, come t'aveva mandato il finocchio. Ara'lo dipoi auto: avvisane, a ciò possa ringraziare chi te lo mandò.

El Re si dice ch'è tornato costà: avvisane qualche cosa. Che Iddio metta pace per tutto. Fa' di scrivere a Lorenzo; che mi dice è assa' tempo non sentì novelle di te. Fa' di scrivergli duo versi; e sempre gli ricorda il ben fare, chè non fia altro che utile.

La morìa ci fa pur danno, da quattro a cinque per dì; e a' dì 29 del passato si disse che n'era morti undici di segno:1. Nell'antico linguaggio de' medici segno ebbe il significato, si trova ne' Vocabolari, di orina degli ammalati: ed ebbe pur quello di pestilenza, che dalla Crusca non fu registrato, nè da' posteriori Dizionari. ch'è mala novella per noi, che non abbiàno il modo a fuggire. A Dio piaccia provvedere a' nostri bisogni.

Avvisoti come pel Comune si vendè una casetta di messer Palla a Niccolò d'Ainolfo Popoleschi, la qual casa confina colla nostra da duo latora, che è in sul canto della via dirieto, cioè tra la stalla e la camera terrena nostra, e 'l muro di detta casa è in sulla corte nostra; Che da lato ritto all'entrar della corte v'è la nostra casa vecchia, e da lato a l'uscio dirieto v'è la stalla nostra, come tu sai, e da lato manco v'è il muro di detta casa. Ora di nuovo il detto Niccolò Popoleschi l'ha venduta a Donato Rucellai, fratello di Giovanni; e lui ha mandato a me, ch'io gli debba dare parola2. Cioè, acconsentire; e più sotto, parola per consenso, permesso: era modo tutto legale, come si ha dalle carte anche latine dei notai antichi. che comperi detta casa, chè no ne può far carta sanza la parola mia, perchè non v'è altri ch'io a' confini. Hogli risposto, c'ho veduto che la casa è mia compera prima che altri,1. Vuol dire: io debbo esser preferita, quando mi piaccia comprare quella casetta, perchè sono la sola confinante. e ch'io lo voglio iscrivere a' mia cognati2. Niccolò, Filippo e Iacopo Strozzi erano cugini di Matteo suo marito: ma ella li chiama cognati nel modo che i cugini si dicevano fratelli. e a te, e quello diliberrete se ne faccia, se ne farà: e dicoti che s'io avessi il modo a danari, non m'uscirebbe delle mani; però che se altri la compera e volessi murarvi, ci toglie il lume a la cocina3. Coquina, e anche Cocina, i Latini; e naturalmente da cocere si fa cocina. Ha esempi d'altri antichi. terrena e alla corte e a tutto il terreno dirieto; che non varrebbe nulla questa casa, ogni volta perdessi il lume della corte. Sicchè te l'ho voluto iscrivere; e mostra questo capitolo a Niccolò, che intenderà meglio, e ricorderassi di questa casetta meglio di te. Sarebbe la spesa in su' settanta florini, però che se n'ha fiorini sei di pigione: e non ti posso iscrivere appunto il pregio, chè insieme con questa ha venduta quella ch'era di madonna Maddalena o vero del Conte da Poppi; sicchè di questa non ci è pregio, ma vassi secondo la pigione. E s'i' fussi nel 50 come i' sono nel 1448, non me la lascerei uscir di mano, che la pagherei de' danari s'hanno a riavere dal Comune; che gitterebbe un grande acconcio a questa casa. E nollo dico per me, che poco tempo ci ho a vivere; nia per voi, o per chi di voi uscissi; Che sempre non si starà in tante fatiche: Che con quella casetta s'acconcerebbe questa, che sarebbe la più bella casa di questo quartiere. Io non arei lasciato per cosa del mondo ch'io non ve n'avessi iscritto. Avvisate ora di vostro pensiero; ma fa' di rnostralla a Niccolò che intenderà me' di te tutto. Che Iddio vi dia della suo' grazia. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua1. Comune uso di sottoscrivere le lettere; dov'è sottinteso scritta, e il per la ha forza di dalla. Allesandra, in Firenze.

No' siàno per grazia di Dio sani.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. Al dì 13 di luglio 1449.

Per Soldo ebbi l'ultima tua, che fu de' dì 3 del passato; e non ho fatto prima risposta, aspettando farla per Matteo: farolla per questa. Avvisoti come Soldo giunse qui a' di 15 del passato, ed era di malavoglia. Anda'lo a vicitare più volte, e ragionammo insieme del mandare Matteo, come ero contenta di farne la volontà di Niccolò e tua, veduto il gran disidèro avete di tirarlo innanzi e farlo da qualche cosa non guardando a la consolazione mia, ma all'utile vostro, come sempre ho fatto, e così farò insino al fine. E pensa se m'è dura cosa, quando penso come io rimasi giovane allevare cinque figliuoli, e di poca età come savate1. Due sole voci, savamo, savate, rimangono, negli antichi scrittori, dell'imperfetto dell'indicativo del verbo Sare, forma antiquata di Essere. E questo Matteo mi rimase in corpo, ed òmello allevato credendo che altro che la morte no 'l partissi da me; e massimamente, di tre, avendone due di fuori, mi pareva fussi a bastanza. Ora veggo quanto me n'avete iscritto, e mostromi le ragioni che questo è l'utile e l'onore vostro; e simile me n'ha detto Soldo: ho diliberato non guardare che di tre figliuoli niuno n'abbia a' mie' bisogni, ma fare il ben vostro. E si t'avviso come l'ho messo in punto d'ogni cosa; cioè, un mantello nuovo in quella forma mi disse Soldo, e un gonnellino pagonazzo, e un farsetto di quello medesimo, e camice, e altre cose che mi pare sia di bisogno; e simile e coltellini,2. I coltellini, che per lo più avevano il manico d'argento, ricorrono spesso nei documenti domestici di quel tempo; e facevano anche parte del corredo delle fanciulle. Si davano pure ai magistrati che uscivano d'uffizio. e pianelle fratesche,3. « Portavansi cotali pianelle aperte, come portano i Frati Minori », dice Franco Sacchetti, Op. div., 133. e palle, e tutto quello ha' chiesto a Matteo, è comperato. Ebbi da' Capponi, con parola di Soldo,4. Cioè, dal banco de' Capponi, che tenevano conto corrente col banco degli Strozzi. Qui parola equivale a mallevadoria. per comperare quello e' fa di bisogno, fiorini otto.

Ora, dovendo partire a questi dì, il fanciullo è ito a vedere e a far motto a questi mia e vostri parenti. Infine, tutti m'hanno gridato ch'io ho poco caro questo fanciullo, e ch'i' sono una pazza a rnandallo per questo tempo; sì per la morìa ch'è per tutto, e sì pel gran caldo ch'è, che le persone grandi e che son usi a cavalcare, è loro ispiacevole il camminare, non che al fanciullo, ch'è di gentile compressione: che se pella via non ammalassi di morbo (che non sare' gran fatto), per gli alberghi che hanno a fare, son certa nol condurrebbe sanza una febbre; chè conosco la natura sua: e seguendone men che bene pella via, non riuscirebbe il pensier tuo, ed io non sare' mai più contenta, e detto mi sarebbe Ben ti sta.1. Anche Rinaldo degli Albizzi (Commissioni, 1, 465): « E per fuggire il Ben gli sta, che sempre è apparecchiato, facemo le vie larghe, scostandoci da Furlì il più si potè » ; cioè, scansando i pericoli del campo nemico. Che insino a Neri di Gin Capponi mi mandò a dire ch'i' ero una sciocca a mandallo. E più iermattina ci venono dua Frati dell'Osservanza di san Francesco, ch'erano molto amici di vostro padre, e sì mi sconfortorono del mandarlo ora; ch'è troppo gran pericolo. E tanto m'hanno detto loro, e gli altri che ci voglion bene, ch'io iscrissi duo versi a Soldo, che per verun modo non volevo mandallo ora; ma più qua a settembre che sarà migliorato la cosa, e passato il caldo, lo manderò. E non avendo altra compagnia, manderò Agnolo da Quaracchi, o Pagolo che stette con Niccolò quando era qua. E pertanto abbiate pazienza, pella salute sua, un mese e mezzo o due, il più; chè quando fussi morto, noll'aresti nè tu ned io. A fine di bene fo tutto; sicchè dillo con Niccolò, che gli è 'n punto, e non ha se non a salire a cavallo: e altra ispesa non bisognerà fare, dal cavallo in fuori: che abbia pazienza do' mesi, che certo lo manderò. Che Iddio gli dia della suo' grazia, com'io disidero.

Mandoti sotto lettere di Marco una procura, che in quel modo la faccia fare; e togli notaio intendente, e in carta di pecora vuol essere: sicchè falla fare più presto che puoi, e mandala sotto lettere o, di Marco o d'Antonio Strozzi, . in quel modo venga più sicura; chè è di nicistà adoperarla pe' mia e vostri fatti.

Della casa non s'è fatto nulla; chè Donato Rucellai non è a Firenze per rispetto della' morìa che ci fa danno, che ci è dì ne va venti o ventiquattro: ed io ancora me ne vo a Quaracchi; e non sendo quivi buona stanza, n'andrò in quel di Prato. Si che per ora non si ragiona di casa; e non perdiàno le ragioni nostre: la casa non ha uscire di noi, s'io vivo.

Avvisoti come è morto Antonangiolo di Carlo Macigni, di morbo, in duo dì. Iddio gli abbia fatto perdono.

La Ginevra di Niccolò Soderini dice ti scriverrà una lettera quanto vorrà faccia del lino.

Ragionerò con Soldo di certi danari s'hanno a riscuotere per voi a Pesero: si che domandanelo, chè, troppo lungo sarebbe a scrivere. E ancora ti ricordo che quando Matteo verrà, o vero sarà costà, elle tu no gli faccia come ho sentito facevi a Lorenzo. Sieti raccomandato, chè non ce ne riman più. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi.

Raccomandaci a Niccolò. Non gli ho fatto risposta, che ho 'vuto tanta faccenda tra ordinare Matteo e accordarmi con que' delle Vendite1. Cioè, gli Ufficiali sopra le vendite. e ordinare d'andare in villa, che ma' più non v'andai, ch'io non n'ho 'vuto agio. Poi Matteo è stato in villa, e sono stata sola. Abbiatemi per escusata. Per la tua Allesandra, in Firenze.

Domattina, se a Dio piacerà, n'andrò in villa. Iscrivimi ispesso, e dove sete.



A Filippo degli Strozzi, in Salerno.

Al nome di Dio. A dì 26 dicembre 1449.(*) Ricevuta il 15 dì di gennaio.

Ho 'vuto più tue d'agosto in qua, e mai a niuna l'ho fatto risposta: e la cagione ne fu, prima il male mio, che mi cominciò a dì nove settembre. Poi a dì 26 di detto, cominciando la morìa a Quaracchi, allato a noi, ne mandai Matteo in Mugello alla Caterina e a Marco, ed èvi stato più di duo mesi: sicchè però non t'ho risposto alle tue, chè io non potevo, e Matteo non era meco. Farotti risposta pell'avvenire, se a Dio piacerà.

Da Marco fusti avvisato come i' ebbi el mal de' pondi, e com'io dovevo fuggire in Mugello a casa sua la moria, che già s'appressava a Quaracchi; e venendomi el male, non mi pote' partire: e mentre avevo male, ne comincio a morire quivi, come t'ho detto di sopra. E non sendo migliorata en modo ch'io potessi andare in Mugello, Zanobi mio fratello mi mandò a dire mi levassi di quivi, e andassi a stare co' lui a l'Antella, che v'era sano e buona stanza: e così feci: che stavo in modo, ch'a fatica mi vi condussi; e per grazia di Dio i' guari'. E trovandovi buon essere, e sendo nel prencipio già del verno, e presso a Firenze; istimando che la cosa ci migliorassi, come ha fatto; e ancora sentendo Niccolò voleva passare di qua; io non mi parti' di quivi, e sonmivi stata insino a di 16 di questo, che siàno tornati in Firenze per cagione della venuta di Niccolò; che mi vi sare' stata ancora duo mesi, tanto che qui fussi netto a fatto, che non ci morissi più niuno di segno; che ancora ne va quando quattro, e quando cinqu'e sei per di. Vero è, ch'è di otto non ci ène ito più d'uno il dì: e perchè ha fatto altre volte a questo modo, non ci s'assicura la brigata. A Dio piaccia liberar tutto1. Cioè, il paese. da questa pistolenza.

Fu' avvisata da te, e prima da Soldo degli Strozzi e da Matteo di Giorgio, della morte del nostro Filippo; che n'ebbi un gran dispiacere, ed ho, considerando il danno che getta a noi prima, e poi a tutta la casa; che la virtù sua era tanta, che a tutti dava riputazione. Non si può riparare a questa morte: convienci avere pazienza a quello vuole Iddio. Ancora mori F. della Luna; che n'è stato un gran danno. E qua morì Antonangiolo Macigni, e molti altri nostri parenti degli Strozzi. E a questi dì è morto la Margherita di Pippo Manetti con dua figliuoli: sicchè questa volta ci è tocca la nostra parte. A Dio piaccia per suo' misericordia far fine. E po' rispetto della morte di Filippo, ho tue lettere e da lacopo, come Niccolò e lui s'hanno accozzare a Barzalona: che Iddio dio loro buon viaggio. Avvisimi ch'io faccia onore a Niccolò, che iscavalcherà in casa nostra; e come ne menerà Matteo seco a Barzalona, e ch'i o lo metta in punto. Così ho fatto, e aspettolo co' letizia; chè ho gran voglia di vederlo. Io m'ingegnerò di fargli quello onore che a me fia possibile. So non potrei nè saprei fare quello onore che merita; ma arammi per escusata quando farò quello ch'i o potrò, e fia volentieri: che Iddio lo conduca a salvamento. Ieri senti` ch'era a Roma: istimo si partirà di là fatto le feste, e qui l'aspettiàno a dì 4 o 5 di gennaio.

Per Soldo ti mandai due palle gonfiate e un paio di coltellini e una dozzina di penne;1. Trovando i coltellini rammentati qui con le penne da scrivere, vien fatto di pensare che fossero come i nostri temperini; e forse erano a due lame. Quindi paio vai qui una cosa sola; nel modo che si dice un paio di forbice, un paio di molle, di calzoni, di stadere ec.; cioè, cosa composta di due parti non divisibili. chè veduto che Matteo non veniva, le die' a lui. Avevo ordinato di mandarti le pianelle fratesche, e gli sciugatoi e' fazzoletti, tutto per Matteo: ora conviene le mandi per altri. Avvisami se di costà ci viene vetturali. E ancora -ti manderei del finocchio, vogliendone. El panno per le camice è ordinato di farlo; che insino a ora abbiàno penato a filarlo, perchè n'ha 'vere l'Alessandra le camice. Sarà in tutto braccia cento dieci o dodici; ed è fine, forse troppo per camice; che quando sarà fatto, e bianco, vogliendolo vendere, arò grossi quattro del braccio; che così si vende: ma nollo puoi avere prima che aprile o maggio, per rispetto dello 'nbiancare. Quel fino mi mandasti, m'ha fatto una bella riuscita. Vendenne libbre 12 e mezzo grossi 25. Quando t'abbattessi averne del buono, e dell'altro a buon pregio, to'lo per me, e avvisami del costo: e dove vogli e danari, e darogli. To'ne insino a libbre dugento. Credo quest'anno che viene, qua se ne ricorrà poco. Io non ho però fretta; ma quando ti venissi alle mani la buona derrata, te lo ricordo.

Sono avvisata che vorresti ch'io ti mandassi per escritta ciascuno debitore da Pesero, e le chi avere ch'i' n'ho:1. Intendo, le partite dell'avere. e farollo ora ch'i' sono tornata a Firenze. E quando Niccolò sarà partito di qua, tutti gli leverò in sun un foglio, en modo lo 'ntenderai: e' mallevadori di detti debitori ancora ti leverò; e tutto ti manderò.

Della casa di Donato Rucellai no s'è fatto per questa morìa, che non ci è stato a Firenze: avvisandoti che l'è mie' compera,2. Ved. la nota a pag. 37. e può tenere sanza mia licenza; e a me non termine, che ho tempo parecchi anni a comperalla aspetto il termine de' fiorini cinque della dota della Caterina: come tu sai, viene il primo dì d'aprile nel 1450; allora potrò fare col nostro, e vedrèno quello che vorrà dire quando arò e danari en mano.

Credo che da Marco se' avvisato come la Caterina è grossa; ed ha a fare il fanciullo a mezzo febbraio. A me parrebbe, essendo in quello stato, pigliarne sicurtà che no si perdessi que' cinquecento fiorini s'hanno avere dal Monte;3. Cioè, dal Monte delle doti. che si perderebbe l'avere e la persona a un'otta: che se Iddio facessi altro di lei1. Per non dire, se la morisse. innanzi aprile, ce gli perderemmo. I' l'ho detto con Antonio degli Strozzi: in ogni modo gli pare si spenda fiorini 12; che così costerà di sicurtà per questi tre mesi, cioè gennaio e febbraio e marzo. Aspetterò Niccolò, poi ci ha essere tosto, e farò quanto me ne dirà. Marco no gli pare si faccia; che, dice ch'ella istà si bene della persona, che, no gitterebbe via questi parecchi fiorini: e a me pare di volègli gittare, e stare nel sicuro. No gliene iscrivere però nulla, a ciò no l'abbia per male; ch'è faccenda tocca a noi. Priego Iddio ne la tragga al tempo debito con salute dell'anima e santà del corpo, come disidero.

Ho pensiero, piacendo a Dio, qua d'aprile venire2. Dice venire, non andare, per rispetto a Filippo, ch'era a Napoli, e per quel tempo l'avrebbe desiderato in Roma. per quel santo Perdono3. Cioè, il Giubbileo ch'era cominciato il giorno di Natale del 1449. a Roma: e se per niuno modo tu potessi fare di venirvi, a ciò ch'io ti vedessi innanzi ch'io morissi, mi sarebbe una gran consolazione; che vedi ch'io non ho altro bene in questo mondo che voi tre mia figliuoli; e per la salute vostra mi v'ho levati a uno a uno dinanzi, non guardando a la mia consolazione: e ora ho tanto dolore di levarmi dinanzi questo utimo, ch'io non so come mi viverò sanza lui; chè troppo gran duolo sento, e troppo amore gli porto; chè somiglia tutto il padre, ed è fatto un bello garzoncello in questo tempo è stato in villa; elle avendol veduto prima, e vedendo ora, è rimutato. Piaccia a Dio n'abbia consolazione. E per tanto ti priego, Poi ch'i' rimango così isconsolata, darmi un poco di rifrigiero in questa mia venuta costà a Roma: che Iddio mi presti tanta vita ch 'io vi rivegga tutti, come disidero.

Da Lorenzo ho lettere d'ottobre, che sta bene: iscrivigli spesso, che faccia bene. I' ebbi la procura mi mandasti: quando bisognerà altro, te n'avviserò. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 8 di febbraio 1449.(*) Ricevuta il 23 di febbraio.
Edita dal professore Isidoro Del Lungo per le nozze Forteguerri-Guicciardini, con questo titolo: Una lettera d'una gentildonna fiorentina del secolo decimoquinto. Firenze, coi tipi dei Successori Le Monnier, 1874.

A' dì 30 del passato per Niccolò ebbi una de' dì 4 di dicembre, e dipoi a' dì 7 di questo ebbi un'altra tua de' dì 24 passato. Farò questa appresso risposta.

Veggo Niccolò alla partita sua t'ha lasciato carico del governo di costì,, e tutto ha rimesso in te: che mi pare abbi usato inverso e una gran liberalità, e grande onore t'ha fatto, e grande amore veggo ti porta; e hanne fatto ora tale isperienza ch' è noto a ciascuno: e, secondo le parole tue, mi pare tu lo conosca. E pertanto i'ti ricordo che tu faccia onore a chi n'ha fatto a te: che, secondo m'ha detto Niccolò, che portandoti bene a questo punto, e faccendo il debito tuo come t'ha ordinato, ti darà ta' luogo e aiuto, che tu rileverai la Casa tua, e me fara' contenta. E m'ha detto molti pensieri ha fatto sopra, a' fatti tua; che n'ho preso assa' conforto. Ed è cosa ragionevole, che faccendo 'l debito tuo, adoperando la virtù, che faccia quello che dice: si che tutto sta in te, l'utile e l'onore tuo, e la consolazione mia. E pertanto ti priego, consideri i' luogo dove se' rimaso, e lo 'ncarico t'ha lasciato Niccolò, che tu governi en modo abbia- onore; chè ora si coglie il fatto tuo, e ha' fare pruova di te in questo tempo Niccolò non v'è. Che se farai il contradio, mi dice se' spacciato, e che ma' più, gliene dica nulla, ch'i' perdere' tempo. So che conosci il bisogno tuo: e sopra ciò non dirò altro, se no che l'opera loda1. Cioè, fa conoscere la bontà o bravura ec. il maestro. Priego Iddio che ti dia quella grazia e virtù che ha' di bisogno.

Niccolò per grazia di Dio si condusse, come ho detto di sopra, qua a' di 30 passato, e qui en casa iscavalcò. Non ci è stato continovamente a mangiare, ch'è ito duo dì a casa Antonio degli Strozzi, e una mattina a casa Francesco della Luna, e una sera a cena co' Lionardo Mannelli: tutto i' resto del tempo è stato qui a mangiare e abergo continovamente. E così ci è stato la Lena sua sirocchia, e la moglie di Bernardo Tanagli, e la Ginevra d'Antonio da Ricasoli, e la Checca; e tutto il parentado ci è venuto a vedello: e Marco ancora ci venne di Mugello; che v'è la Caterina in parto, che ha fatto il fanciullo, e sta bene. Sì che gli è stato fatto grande onore da tutto il parentado: ed ècci venuto a vicitallo de' maggiori cittadini di Firenze. Io gli ho fatto in tutte le cose quello onore che m'è stato possibile, e volentieri: e quello non s'è fatto, è suto per non potere nè sapere più. Aràmi auto per escusata. Èmi stato la venuta sua di consolazione: e dispiacere m'è suto la partita del mio Matteo; che ancora non sono in me. Non mi distendo sopra il fatto suo per ora, che nulla ne potre' dire; ma per altra te n'avviserò. Partironsi di qua a' dì 6: che Iddio die loro buon viaggio e conducagli a salvamento.

La sicurtà ti scrissi fece Antonio degli Strozzi insino a' dì 7 del passato, costò fiorini dodici larghi, e grossi otto diè al sensale. Tutto pagò Antonio, sicurò e Quaratesi e' Capponi pe' tutto di 16 d'aprile nel cinquanta, e allora è il termine della dota della Lessandra, che oggimai è il tempo da tranne le mani. E ci è stato delle cose e de' ragionamenti per lei;1. Intendi, di maritarla. ma non è paruto a Niccolò. Èssi ordinato alcune cose, che piacerebbono a tutti: ma Antonio Strozzi si va a Roma, e Marco è ritornato in Mugello: che non credo niuno di loro ci sia prima che a mezza quaresima; e par loro s'indugi tanto che tornino. Così farò, e quanto ne seguirà sarai avvisato.

Dell'andata da Roma,2. Cioè, d'andarvi essa medesima pel Giubbileo. Niccolò me n'ha molto isconfortata, e dice che 'niun modo non vi vada: e per ora n'ho levato il pensiero. Se altro diliberrò, te n'avviserò.

Della casa di Donato Rucellai s'è ragionato con Niccolò, e medesimamente Donato s'accozzò co' lui, e no ne furono daccordo; che ne chiede più che cento fiorini, e non se ne viene quaranta. Abiàno fatto por mente che nolla può comperare nè lui nè altri sanza mia licenza, ed ho termine a comperalla anni trenta. E pertanto abiàno diliberato lasciarla istare, non perdendo le nostre ragioni, tanto che si rechi a le cose ragionevoli.

Chiesi el lino, e dissiti de' danari, perchè è mio pensiero rivenderlo e trarne il costo : e se mi venissi la libbra come quello mi mandasti, si raddoppierebbe e danari, essendo buono come quello dice Niccolò; che 'l mio non fu del vantaggiato: e qua pare bello, che 'l più grosso vende' duo grossi la libbra. Io no n'ho per ora bisogno; ma quando ti viene a le mani del buono e a buon pregio, fa' ch'i' n'abbia almeno libbre cento. Vorrò, quando l'Allesandra mi sarà fuori di casa, fare delle cose per voi. Che se Iddio mi dessi grazia che niuno1. In forza di alcuno, qualcuno. di voi tornassi qua a casa vostra, abbiate delle cose vi sarà di bisogno. La Ginevra di Niccolò Soderini mi dice che vorrebbe libbre dugento di lino vantaggiato, che tu gliele comperassi, e mandassilo 'Andrea Bizeri a Roma, e a lui escriverrà ti mandi e danari che ti costerà posto a Roma. Niccolò ti scriverrà una lettera fra pochi dì, di quello che vorrà; e simile a Andrea Bizeri, che faccia il pagamento dove tu dirai. Intenditene, prima che lo mandi, con Andrea; ed egli è uomo sodisfarà a quanto ti prometterà. E fa, se lo comperi, sia meglio che 'l mio, se ma' può essere, a ciò si chiami ben servita da te. I' n'ho comperato del grosso da quegli m'hanno a dare a Quaracchi,1. Per fitto di terre o pigione di case. che m'è costo la libbra soldi 3, denari 4, là in villa. Hovvi speso lire 30, tanto n'ho tolto: sì che del grosso son fornita per ora; e libbre 30 ho di quello mi mandasti: e per ora no n'ho bisogno di costà; si che piglia il destro tuo2. Vuol dire, che aspetti l'occasione di comprarlo a buon mercato. di comperarmelo.

Matteo andò con Niccolò, e andò volentieri, e bene a punto. Grande amore gli dimostrò, in, questi parecchi dì che ci è stato, el fanciullo: molto gli piace l'aspetto suo, e credo gli piacerà più l'un dì che l'altro. Prego Iddio che gli dia tal virtù e grazia, ch'io ne sia consolata.3. Senz'averlo letto nel Dante, o certo almeno senza ripensarci, il cuore dell'Alessandra s'incontrò in quelle parole che il Poeta, con espressione di tanto affetto, pone in bocca alla Donna di virtù (Inferno, II, 67):
L'aiuta sì, ch'i' ne sia consolata.
Fa' di scrivere ispesso a Lorenzo. Nè altro per questa. Iddio vi conservi nella grazia sua, come disidero. Per la tua Allesandra, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 5 di giugno 1450.(*) Ricevuta il dì 26 di giugno.

A dì 25 passato fu l'utima ti scrissi. Dipoi 'ho una tua de' 16 del passato. Farò per questa risposta. D'Antonio degli Strozzi e da me se' avvisato quanto è seguito de' danari del Monte, di quegli s'è rimessi come ordinasti, e di quegli si sono ritenuti: che per l'accordo ho fatto col Comune mi bisogna de' fiorini novanta, che a questi di ho fatto levare il debito ch'i' ho da giugno 1449 indrieto; che sono presso a fiorini 400, che, secondo me, n'arei a pagare da ottanta; e po'v'è di spesa da otto o dieci fiorini, che sarebbono circa di fiorini ottantotto o novanta. Fra pochi dì credo si pagherà, chè siàno presso al termine; e 'Antonio Strozzi ho detto che faccia la ragion mia, e così il pagamento, e di tutto ti mandi el conto. El resto de' danari riserbai, fu più per amore di Marco che per altro; che più volte mi disse che da te aveva avere danari, e vidi no gli seppe bene, di quegli s'avevano a rimettere a te, no gli serbai quegli che diceva avere da te. Risposigli, che s'erano serbati e danari pella casa di Donato; che ogni volta tu mi scriverrai quello ch'egli ha avere, e ch'io gliele dia, ch'io gliele farò dare 'Antonio. Lessemi un capitolo d'una tua lettera, che dice m'aresti scritto ch'io gliele dessi di questi; ma dubitavi non fussi contenta. Dissi ch'i' ero contenta di quello ti contentavi tu, che da te aveva a uscire il pagar lui e 'l comperare la casa; sicchè io la rimettevo in te, che quello tu mi scriverrai ch'i' faccia, quello farò. Fa' d'avvisarmene. Ancora s'ha a trarre di questi danari fiorini 12 larghi e grossi otto per la sicurtà si prese sopra' detti danari, e braccia otto di panno pagonazzo mandato alla Caterina quando fece il fanciullo; che così s'usa per tutte: che debbon essere fiorini dieci. E tutti questi ha 'vere Antonio; che in tutto debbon essere fiorini 23. Poi si ritenne per certe ispese si fanno a voler riavere e danari dal Monte; cioè un danaio per lira, e per la partita che montorono da sei fiorini. Credo d'Antonio ne sia avvisato a punto; che lui e 'Marco l'hanno fatte queste spese.

Da marzo in qua non ho auto lettere da Matteo, che ne sto co maninconia. Ècci stato lettere da Niccolò, che l'ha 'ute Antonio; ma di Matteo non dice nulla; che non mi pare buon segno. I' ho sentito che o corriere o fante si sia, ch'è venuto da Barzalona, dice e' gli trovò a camino presso a Barzalona; sì che ora vi saranno. Iscriverrogli una lettera, a Matteo, e dirogli quello mi parrà sia di bisogno: ed ho pensiero iscrivere a Niccolò, che se 'l fanciullo non facessi per lui, e che non facessi buona riuscita, come l'uomo istimava, non lo mandi ad altri e'a me, e che di fatto lo rimandi in qua. Priego Iddio me ne mandi quelle novelle disidero; che 'niuno modo posso alle volte accordarmi a esser contenta averlo levato da me.

Delle mandorlo mi mandasti ne feci quanto mi scrivesti, e 'l lino serbai per me, come per altra t'ho detto.

Ho caro abbi preso amicizia cogli 'mbasciadori, che sono uomini molto da bene; e così dell'avere ritrovato il parentado con Giannozzo: che ha' fatto bene. Quando sarà tornato, andrò a vicitarlo, che so mi dirà novelle di te: che Iddio me le mandi buone.

La moria ci è cominciata, ed enne morti alcuni che hanno isbigottito la brigata: assai ne muore di questi forestieri che vanno e tornano da Roma. Fassi stima de' terrazzani, chè sono persone da bene.1. De' forestieri non si facevano caso, ma si de' cittadini; tanto più ch'erano persone agiate. Non si potrà quest'anno fuggire pelle ville, chè quasi per tutto il contado fa gran danno, e massimo in questo nostro piano; che da Peretola insino a Prato non è villa che non ne muoia; eccetto che a Quaracchi non v'è nulla ancora; ma a Campi fa gran fracasso. t cinqu'anni affittai il mio podere a un buono lavoratore e ricco, ed erano tra uomini e donne' e fanciugli diciassette, che n'è morti dodici: evvi rimaso un uomo, di tanti, e quattro donne. E ancora non ha fine; che ve n'è degli ammalati. E tanto la gente che vi muore, e le case si sono vote, che de' poderi assai ne rimarranno sodi: che così rimaneva il mio, se non ch'e parenti loro m'hanno detto che faranno la ricolta, e lavorrannolo per quest'altr'anno. Che se non avessino fatto così, non trovavo chi vi volessi andare, tanto è la gente impaurita. E ancora ho avere una brigata di fiorini da loro, che me gli credetti perdere: pure m'hanno promesso darmegli ora alla ricolta. Che Iddio provvegga a' nostri bisogni.

I' mi credetti quest'anno poter estare a Firenze; e se la seguita come ha fatto dal primo dì di questo in qua, non ci si starà troppo. Non ho fatto ancora diliberazione d'andare più in un luogo che un altro: quando la farò, ne sarai avisato. Che Iddio mi dia a pigliar buon partito. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra che fu di Matteo Strozzi, in Firenze.

Ricordoti iscriva ispesso a Lorenzo.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 22 d'ottobre 1450.(*) Ricevuta il dì 8 di novembre.

L'utima ti scrissi fu a dì 5 di giugno, e per allora t'avvisai quanto era di bisogno. Dipoi ho 'vuto più tue, e a niuna ho fatto risposta, perchè tu vegga che Matteo non ci è, e che oramai è di bisogno uno di voi torni qua; che i' sono oggima' d'età da volere essere governata, e son poco sana, e fatica mi pare lo scrivere. E poi questo andare pelle ville fuggendo la morìa, m'ha ancora isviata dallo scrivere. Ma ho detto alle volte a Marco e 'Antonio Strozzi ti scrivino due versi per mie' parte. Ora di nuovo ho due tue, l'una de' dì 23 dì settembre, l'altra de' dì 4 d'ottobre. Farò risposta. Veggo che 'l pensiero di Niccolò è di me narne seco di costà Matteo; che l'ho caro, chè di meglio ne sarà assai a essere presso a te. Ma fa' che tu no gli dia busse: fa' che abbia discrezione di lui; che, a mie' parere, ha buono sentimento: e quando errassi, riprendilo dolcemente; e farai più frutto per questa via, che colle busse. E questo tieni a mente. E' m'ha iscritto molte lettere, e così 'Antonio e a Marco, che sono si bene iscritte e dettate, che basterebbe a un uomo: che me ne conforto assai di lui, e vorre'lo presso a me. E se Niccolò facessi la via di qua alla tornata sua a Napoli, non so s'io mel lasciassi uscire tralle mani. Che Iddio dia lor grazia, che piglino buon viaggio.

A Giovanni Lorini veggo ha' dato un sacco di lino di mazzi trenta e di peso di libbre cento cinquanta, e che debba riuscire al peso di qua cento settanta. Per ancora no l'ho avuto, che dice era molle, e hallo tratto a Pisa del sacco e sciorinatolo; che l'ho 'vuto molto per male. Che se i dieci mazzi del vantaggiato fia più bello che quello di Giovanni, dubito non mi sia iscambiato dell'altro mezzano. Ne darò libbre cinquanta alla Ginevra, e faròmi dare fiorini due e mezzo di suggello,1. Prendendo una delle leggi più vicine agli anni di queste Lettere, cioè la provvisione del 24 dicembre 1442, si trova che i fiorini larghi del nuovo suggello dovevano valere meglio di fiorini dieci il cento sopra i fiorini correnti del vecchio suggello; mentre gli stretti, che allora costavano più dì sei fiorini e due terzi il centinaio, sarebbero quind'vinnanzi valutati alla ragione di sette fiorini, rispetto a que' del vecchio su suggello. Ved. Vettori, Il Fiorino d'oro antico illustrato ec., pag. 303, 387. come mi scrivi. E quando l'arò avuto, te n'avviserò, e la spesa arò fatta. Questo di ho da Francesco di Batista vetturale il lino mi mandi; cioè mazzi diciannove, sono a peso libbre cento cinque. Parmi sia bello. Die' gli di vettura un fiorino istretto, cioè lire quattro e soldi quattordici; che disse Batista così aveva avere: se avessi avuto più che 'l suo dovere, fattegli dare costà al detto Francesco, che viene costì. E a lui ho dato uno sacco, cioè due sciugato' cuciti insieme, e drentovi libbre tredici di finocchio, che sono più di settanta mazzi, e ventidue marzolini. Sono piccoli, ma credo fien buoni, chè sono di buon paese, e qua hanno gran nome i marzolini da Cavagliano:1. Ne' poggi della Vai di Bisenzio, a tre miglia circa da Prato. Ma Lucardo ebbe poi più grido pe' suoi marzolini, che il Redi chiama « delicatissimi ». ma non sono ancora fatti; che n'ho partiti alcuno, e veggo hanno buona cera. Ancora n'ho comperati venti da Lucardo, che sono grandi e begli, e credo buoni; che pesa l'uno libbre due e mezzo. E per non pagare vettura, no gli die' a quel Francesco reca il finocchio. Non costerà nulla di vettura quello ti reca ora; e se ti chiede nulla, contentalo di buone parole a ristorallo.1. Cioè, gli dirai che un'altra volta sarà ricompensato. E così m'ingegnerò mandarti quest'altro, che non se ne paghi nulla. Le camice farò e' fazzoletti di mandarti più presto che i' potrò: e se Soldo a suo ritorno costà le vorrà recare nelle bisacce, potrà; chè fia poco vilume. Io no l'ho ancora veduto poi ci venne, che ero in villa; e quando lo senti' che ci ora, venni a Firenze; trova' er'ito a Pesero. Dipoi ci fu' un'altra volta, e lui era malato, e ancora non è guarito. Vedrollo innanzi si parta di qua; e mosterrogli quelle scritture de' debitori di Pesero. Non è tempo ora a farvi nulla, rispetto la moria che v è. E quando fie tempo, v'è uno ch'era grande amico di Matteo, che m'avviserà di quello arò a fare: ch'è poco il figliuolo mi fece motto.2. L'amico pesarese aveva mandato il figliuolo a visitare la vedova del povero Matteo, che morì a Pesaro.

Al ritorno di Franco farò quanto mi di': ma e' ci è di quegli che non fanno carestia di parole; e chi vuole degli amici assai , ne pruovi pochi.3. Perchè alla prova, i più non reggono.

Tu sai più volte t'ho scritto da giugno a drieto dell'andare a Roma: e questo era mio pensiero; prima, per avere il perdono; e poi, che speravo vederti, credendo avere in questo tempo l'Allesandra fuor di casa, e la morìa fussi cessata; che, essendo nel verno, non si stimava facessi più danno che la state, come fa. E pertanto soli consigliata da chi bene mi vuole, per queste due cagioni, cioè l'Allesandra e pella moria, ch'io farò il meglio a starmi a casa. E cosi farò, se altro non venissi di nuovo. Agnolo da Quaracchi vi va, fatto Ognissanti: e dice se troverrà da venire costà a te per acqua, lo farà; chè ti vuole vedere prima che muoia, se a Dio piacerà, che glie ne dia la grazia. Dell'Allesandra non bisogna ragionare mentre è la morìa, che le genti dabbene1. Anche qui vale agiate. son tutti fuori di Firenze. Alle volte ricordalo 'Antonio Strozzi, chè non può altro che giovare.

La Caterina istà bene, e 'l suo fanciullo; e Marco e Parente si portano benissimo di lei, e pella suo' persona non gli manca, se non ch'ha mala suocera. Ma ben ti dico non sono parenti da farne conto di servigio niuno; ma a noi basta che lei istie bene. Priego Iddio a tutti dia di suo' grazia. Istannosi in villa presso a Giovanni Portinari; ed io mi sto all'Antella con Zanobi, chè v'è sano. Alle volte vengo a Firenze, quando ho faccenda, per due dì. Ora ci sono istata tre di, aspettando il lino desti a Giovanni Lorini. Non è giunto per ancora. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra, in Firenze.

La morte di Francesco sanza dubbio è danno a tutta la Casa. Iddio gli perdoni. E la tratta d'Anton de' Signori è stata molto utile. Iddio lodato di tutto.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 6 di dicembre 1450.(*) Ricevuta il 19 di gennaio.

A dì 28 del passato ti scrissi, e manda'tela per Bartolommeo Serragli, che so ne farà buon servigio. Dipoi ho una tua de' 10 del passato. Farò per questa risposta; e ad alcun'altra parte di lettere m'ha' iscritte più tempo fa; che non ho fatto risposta per non mi fidare di chi i' l'ho date.

In prima, ti mando pel Favilla vetturale, nostro debitore di circa 2 ducati, quattro camice, sei fazzoletti da mano, uno sciugatoio: tutto ben rinvolto, come vedrai. Le camice tagliate e cucite a modo nostro, e, così e fazzoletti e lo sciugatoio, come s'usa qua. Non ho fatte più camice, chè non so se queste ti piaceranno; e così l'altre cose: che non sendo a tuo modo, le serberò al mio Matteo: e se le ti piacciono, avvisera' mi di quello che tu vuoi, e te ne manderò. Che se Iddio mi presta vita qualc'anno, e la Lesandra m'esca di casa, vi fornirò sì di pannilini la casa, che starete bene: chè in vero, mentre s'ha le fanciulle in casa, non si fa altro che per loro: sicchè quando ne sarà fuori, non arò attendere ad altro che a fare per tutti a tre voi. E quando mi sarò fornita un poco meglio a masserizia, vorrò che tu faccia pensiero a tornare a casa; con tutto che ce n'è in modo non aresti da vergognarti; che potresti fare onore a un tuo amico, quando ti capitassi a casa: ma di qui a due o tre anni sarà tanto meglio. E sì vorrò darti donna; che se' oggimai d'età da sapere governare la brigata, e a me darai consolazione; che no n'ho niuna, se non ch'i' vivo a speranza d'averne di te e degli altri: che Iddio per sua misericordia me ne conceda la grazia disidero. Niccolò, quando fu qua, mi disse che presto voleva tu tornassi di qua, e che tu togliessi donna: e loro1. Cioè, Niccolò e il fratello Iacopo, che teneva seco Lorenzo. ti darebbono avviamento ci potresti istare, che vorrebbono più tosto che tu facessi le faccende loro che altri; e che ti darebbono tale aiuto e favore, ch'io mi chiamerei molto contenta. E molte altre parole, che dimostrava portarti grande amore. E certo, credo ti farà ogni bene, se nella stanza che ha fatta a Barzalona tu abbi governato bene costi, e che truovi le cose in modo s'abbia a lodare di te: che Iddio gliene dia la grazia.

Per una lettera mi scrivesti più tempo fa, che messer Giannozzo, che fu costà imbasciadore, ti disse che volle ch'io dessi la Caterina al fratello di Franco, e ch'io non volli: ed è vero, perchè io non ne fu' consigliata da chi ben ci vuole; però che sendo fratello di Franco, non ha di molte parti di quelle c'ha Franco, le quali non bisogna narrare. E quando l'uomo si rimette nelle mani o va per consiglio a gran maestri,1. Come oggi diremmo, a pezzi grossi. Nè vi manca, forse, una certa ironia; come in quello di Michelangelo Buonarroti (Lettera I): « con questi gra' maestri bisognia andare adagio » ; ed era un Cardinale, che gli aveva a pagar del danaro. ti convien fare quello che vogliono, o bene o male che si sia; e se tu non lo fai, dicono quello che disse a te messer Giannozzo. E così quando ci fu Niccolò, m' arrecò innanzi pella Lesandra uno, che poco si vede del suo, e niente fa; confortandomi molto ch'io gliele dessi. Niccolò ti potrà dir tutto. So che Giannozzo l'ebbe per male, e però ti disse quelle novelle. I' m'ingegnerò quanto sarà possibile dargli buon capitale,1. Intendi, al marito della figliuola. che faccia qualche cosa. Così ho detto a Giovanni Luna e 'Antonio degli Strozzi, che trovando d'allogarla bene, e bisognassi, oltre a' mille fiorini ch'ell'ha in sul Monte, arrogerne cento o dugento fiorini, che i' sono contenta; pure che sia persona che 'l meriti, e che sia d'averne aiuto e favore: altrimenti non vo spendere più un danaio che quegli ch'ell'ha. E per ancora non c'è alle mani cosa buona: che quando ci sarà, ne sarai avvisato. Che Iddio gli apparecchi buona ventura. Quando scrivi a Giovanni della Luna e 'Antonio Strozzi, raccomandala loro; e così a Marco.

Credo se Agnolo potrà tanto camminare, ch'è pur vecchio, verrà a vederti; che n'ha voglia, ed io ne l'ho pregato: e se viene, domandera' lo di nostri fatti, e saperatti dir tutto, chè fa tutte nostre faccende. Io gli do fiorini due larghi per ispese da Roma costà; e così quando viene in qua, fa' che abbia da spendere, e dàgli buona compagnia. Se none starà troppi dì a Roma, verrà col Favilla. E ancora per detto Favilla ti mando coppie quattro di marzolini begli; e quattro coppie te ne mandai a dì 5 di questo, per un vetturale manda costà l'Avveduto che istà qua in Dogana. Non ho saputo il nome del vetturale, ma son certa ne farà buon servigio. Pesò col sacchetto libbre quindici di buon peso.1. Nella lettera seguente, ritornando su questi marzolini, dice « ch'era bello peso libbre quindici ». Non ha aver nulla di vettura. Qua gli die' un grosso per gabella: promisigli di scriverti gli dessi guadagno. Francesco di Batista non è tornato; e però ti mando questo marzolino per duo persone, acciò non si paghi vettura. Vorrei mi mandassi pel Favilla., se tu ha' attitudine, libbre venti di mandorle e dieci libbre di capperi, se di costà vengono: non più che per trenta libbre, mi recherà il detto Favilla sanza costo. Fàllo, acciò i' l'abbia a tempo della quaresima.

Come per altra ti dissi, ebbi da Giovanni Lorini libbre cento cinquantaquattro di lino col sacco, cioè mazzi venti del grosso e nove del più fine: e a dirti el vero, non ci è stato il più vantaggiato che il primo mi mandasti, che fu cento venticinque libbre; che ancora n'ho parecchi mazzi.

Tu sai che più tempo fa comperai la Cateruccia nostra ischiava; e da parecchi anni in qua, poi no gli ho posto le mani a dosso, s'è portata tanto male di me e di questi fanciugli, ch'è stato una cosa da nol credere, se no chi l'ha veduta: e Lorenzo nostro te ne potrebbe dire assai; e così Matteo, se a Dio piacerà venga costì, te ne dirà il vero di sua portamenti con esso noi. Ho sempre sofferto, perchè i' non posso gastigarla; e ancora credendo che tu ci venissi una volta per un mese; chè, sendoci, se ne piglierebbe partito, o veramente si ridurrebbe un poco meglio. Ora da parecchi mesi in qua ha detto e dice non ci volere istare; ed è tanto la diversità1. Vale stranezza, e anche perversità; com'è diverso in Dante. sua, che niuno può co lei: e se non fussi per amore della Lesandra, t'arei detto di venderla; ma vorrei trarmi di casa prima la Lesandra, per la mala lingua ch'ell'ha.2. Temeva che, per vendicarsi, costei screditasse la fanciulla da marito. Ma io non so se me la potrò tenere tanto: ma ben ti dico, poi me la leverò dinanzi; chè non vorrò questa battaglia: che fa quel conto di me, che s'io fussi la schiava e ella la donna;3. Cioè padrona. e tutti ci minaccia di far male, en modo che la Lesandra ed io abbiàno paura di lei. Zanobi mio si torna meco qui: ella no lo vorrebbe, e fa pazzie: ed io ho diliberato si stia meco per mia compagnia; e ancora egli è governato, chè all'Antella era solo e stentava; sicchè l'ho ridotto meco. Non è uomo che la gastigassi; che gliene farei dar parecchi, ma no lo farebbe. Sicchè, veduto e modi sua, s'io ne pigliassi partito, non ti sia maraviglia; che tutto farei per estare in pace. E priegoti quanto so e posso, che alla tornata di Niccolò tu pigli licenza per due mesi; no dico pel fatto della schiava, ma per consolazione di me; che mi credo morire con questa voglia di vederti; e credetti venire a Roma pel Perdono, e per vederti: ora, per amor della Lesandra che non è allogata, non mi vo' partire di qui: e sie' certo, che s'io fussi venuta a Roma, e tu non vi fussi venuto, credo sarei venuta insino a Napoli per vederti. Sicchè, fa' quanto tu puoi d'avere licenza da Niccolò, e vieni a vedermi.

Ara' sentito la morte di Soldo, al quale Iddio abbia fatto perdono; che gran danno n'è stato. Son ita a vicitare la donna, e molto m'ha detto la raccomandi a Niccolò e a, te, che avete le scritture e tutte le ragioni di Soldo nelle mani, e che s'ha a riscuotere costà da cotesti Signori tanti danari, che sarebbe bene se si riscotessino: e molte novelle dice. Ha fatto suo procuratore Niccolò a riscuotere costà. Fate d'aiutare que' popilli; ch'è mercè, chè qua estanno alidamente.1. Anche nel Sassetti, un secolo dopo; per poveramente, meschinamente. Oggi, per denotare scarsezza di danaro, si usa asciutto. Raccomandala a Niccolò quando è t'ornato : che Iddio die loro buon viaggio.

Avvisoti come Macigno di Giovacchino ha tolto donna la figliuola d'Agostino Capponi e sirocchia di Luca Capponi: è vedova, che a'uto duo mariti; ma è d'età d'anni 25, con fiorini mille di dota. Iddio presti loro lunga vita.

Avvisami qual marzolino è migliore, o quel piccolo o questo grande, acciò sappia, per quest'anno che viene, di quello m'ho a fornire; che a buon'otta te lo manderò. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 11 di dicembre 1450.(*) Ricevuta il 21 dicembre.

Pel Favilla vetturale, che viene costà con some di Ghezzo della Casa, ti mando dodici marzolini de' più begli s'è trovato qui in Firenze; e credo saranno buoni, secondo il saggio n'abbiàn fatto: e quattro coppie te ne mandai a di 5 di questo pel garzone dell'Avveduto, ch'era bello, peso libbre quindici: sicchè t'ho mandato de' grandi e de' piccoli. Avvisami quali sono i migliori, e l'anno nuovo mi fornirò a buon'ora; che te gli manderò al tempo. A volergli conservare, si vogliono tenere o veramente in un saccaccio unto d'olio, o vero in un vaso dove ne sia istato dell'olio buono. Così dicono che gli tengono questi di qua.

Ancora ti mando pel detto Favilla quattro camice e sei fazzoletti e uno isciugatoio. Guarda se le camice e l'altre cose ti piacciono; e se staranno a tuo modo, potrò farne un'altra volta più, e mandartene. Tutto ti portano sanza costo di vettura, che così m'hanno detto lui e quello dell'Avveduto. Questo Favilla è fedel persona, ed era grande amico di vostro padre, e restò a dare insino a Pesero1. Intendi, fino da quando gli esuli Strozzi stavano a Pesaro. parecchi ducati; che n'ha dato parte, e credo sia il resto ducati dua. È pover uomo: non voglio gliele faccia ritenere ora: ma domandalo se è nostro debitore di nulla. E se tu avessi da dargli soma niuna per di qua, digliele che voglia iscontare que' due ducati, e sarà contento, che altre volte me l'ha detto, che volentieri gli sconterebbe in vetture. Sicchè se lo puoi adattare a guadagno niuno, fàllo; no lasciando a drieto Francesco di Batista, che ti serve volentieri. E' tornò qui a dì 6 di questo, e recommi una tua de' 14 passato, che2. Cioè, nella quale ec. mi di' ch'io ti mandi le cose chiestemi pel detto Francesco; e così mi disse a ogni modo volerle recare. Io l'avevo promesse, prima che tornassi, al Favilla, che a ogni modo ti vuole venire a far motto; che s'io no gliel'avessi date, are' fatto pazzie. È buon segno quando l'uomo è servito volentieri. Vorrei che al ritorno loro in qua mi mandassi libbre venti di mandorle e dieci di capperi, se di costà vengono, a ciò ch'io gli abbia a tempo alla quaresima; e dànne a ciascuno parte, che nulla costerà la vettura: ma fa' non sieno più che libbre trenta in tutto; che assai mi basterà, e loro volentieri lo recheranno.

Ancora ti mando con quelle camice due chiavicine avute dalla donna fu di Soldo; che l'ho messe nel fondo di quella taschetta del cuoio, ove sono le dette camice.

La fanciulla d'Iacopo, che era con Filippo a Barzalona, l'aspetto ogni ora qui, chè a dì 8 giunse la galea di Giovenco della Sfufa in Porto; sicchè presto ci doverrà essere. Mandala Iacopo a me, ch'io la tenga insino si mariti; e così mi priega Lorenzo. Hogli risposto che l'ho cara, e faronne come se fussi mia: che volentieri gli farò vezzi per amor suo e di voi; chè a loro sono troppa obrigata, tanto si sono portati bene inverso della mia famiglia; che mentre istarà meco, no gli lascerò mancar nulla di quello mi fia possibile. Iddio ci presti pur vita e sanità a tutti lungo tempo, se 'l meglio debb'essere.

A dì 6 ti scrissi, e l'ho data al Favilla. Credo ara' prima questa, che viene pel fante. Iscrissiti sopra al fatto della Lesandra, come avevo dato commessione a Giovanni della Luna e Antonio Strozzi che, trovando cosa buona, e bisognassi arrogere fiorini dugento, ch'i' sono contenta, pure che sia uomo lo meriti: e quando il caso fussi che oltre a' mille, ch'ell'ha in sul Monte, s'avessi arroger questi, m'ingegnerò tràgli di qua del mio, e conservare voi, s'io potrò: chè 'n niun modo non vorrei darvi esconcio di danari. Preghiamo pure Iddio che gli apparecchi buona ventura: e se nulla seguirà, ne sarai avvisato.

Da Niccolò da Barzalona ci è lettere de' 20 del passato, che pel primo passaggio ne verrà di costà:1. Per la prima occasione di galere passerebbe a Napoli. che Iddio gli apparecchi buon viaggio e conduca a salvamento. Ricordati, quando il mio Matteo c'è, che tu gli faccia vezzi, e faccia istia netto e pulito; chè ancora ha bisogno gli sia ricordato. E se non è peggiorato della condizione e de' modi, so che ti piacerà l'aria sua: ch'era grazioso fanciullo, e ben si faceva volere a tutti. Priego Iddio me ne dia consolazione, come disidero. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra, in Firenze.

Avvisoti come a dì 30 passato Francesco di messer Arnaldo Mannelli, suocero di Franco Sacchetti, colla donna e un fratello di lei d'età d'anni 22 e dua figliuoli, ch'ell'aveva d'un altro marito, andando a spasso passavano Arno, e tutti affogorono: ch'è stato una iscurità.1. Cosa da far compassione. Oggi diremmo orrore; ma credo viva sempre scurità in quel senso fra contadini. Avvisotene acciò vada a vicitare Franco; chè la donna sua è figliuola del detto Francesco.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 10 d'aprile 1451.(*) Ricevuta il dì 20 d'aprile.

L'utima ti scrissi fu a dì 11 di dicembre, e non t'ho iscritto poi, che ho 'vuto male di stomaco, e non ho potuto istar chinata a scrivere. Sommi medicata un mese, e assa' bene sono migliorata; e se non fussi la quaresima,1. Pe' digiuni, che mal s'accordavano colla salute cagionosa. credo sarei guarita. Verranne la pasqua, se a Dio piacerà: penso guarire.

Del mese passato, d'Antonio Strozzi fusti avvisato come abbiàno maritata la Lesandra a Giovanni di Donato Bonsi, ch'è giovane dabbene e virtuoso e dassai, ed ha tante buone parti in sè, che i' tengo certo ch'ella istarà bene quanto io. Per quello sento di lui, e quanto n'ho veduto in questa state passata in villa di Riccardo Macigni, molto ne sono contenta; e benchè sieno sette frategli, lui sta di per sè dagli altri. Truovasi ora a Roma per certe faccende o vero compagnia aveva col Castellano di Castel Sant'Agnolo, che mori. Non sarà qui insino a otto dì di maggio. Ha di dota, tra danari e donora, fiorini mille. So che d'Antonio se' avvisato di tutto, di questa materia.

Pel Favilla ebbi la cesta, drentovi libbre 36 di lino e un sacchetto di libbre 51 di mandorle, libbre 24 di capperi, 3 alberegli1. Vasetti, ma che specialmente servivano agli speziali e ai pittori. di confezioni; ogni cosa buono e bello. Vennono a tempo rispetto il mal mio, che te ne fo onore. Mandai delle mandorle e de' capperi alla Caterina la suo' parte; e così Antonio Strozzi, parecchi; elle non potevo far di meno: che molto caro l'hanno avute, chè non n'è stato qua quest'anno. E più, pel detto, mandasti a Marco cento dieci libbre di lino. Dissemi detto Favilla ch'era rimaso daccordo teco avere di vettura, di tutto, lire quattordici, e che da te aveva un ducato e mezzo, ch'erano,2. Per la differenza della moneta tra Napoli e Firenze. secondo disse lui, lire 6 e soldi 18. Restò avere lire 7, soldi 2: volli ritenègli queste lire 7: pregommi che pel caso suo, ch'io gli dessi lire 4; e lire 3 soldi 2 iscontassi: e così feci. Ho posto a suo conto lire 3, soldi 2; che tanti gli ho ritenuti. Marco mi die' la suo' parte della vettura, cioè lire 7; che tanti gliene toccava. Di nuovo ho 'vuto 12 coppie di buttarage,1. Specie di caviale. Più comunemente bottarga. molte belle. Fa' bene a ricordarti di me, che oggimai ho bisogno di vezzi'2. Oggi dicono attenzioni. Ma quanto è più cara l'antica parola! Si provi a cambiarla qui nella moderna, e vedremo dove va l'espressione dell'affetto materno, ch'è tanta in questi pochi versi. da voi: ma vorrei fussi presso a me! Priego Iddio ci die grazia siàno sì presso, che insieme abbiàno consolazione, come desidero.

Della giunta costì di Niccolò e Matteo sono allegra: chè non ti potre' dire la maninconia ho 'uto già duo mesi, non sentendo niuna novella di loro, e sempre mi die' a 'ntendere che qualche fortuna gli avessi fatti mal capitare: sempre ne domandava Antonio o Marco, se di loro sentivano nulla: dicevammi di no. Ora sentendo son giunti sani e a salvamento, m'hanno detto il caso intervenne loro; che Iddio sia ringraziato, che gli liberò di tanto pericolo. E fece bene Antonio a non mel dire: tra ch'io avevo male, credo di dolore sare' morta. Fa' lor vezzi, e massim'a Matteo, che non se ne sa fare da sè; che debba esser consumato: e se vedi abbia bisogno d'alcuna cosa di qua, avvisami e manderò tutto; che Iddio vi dia della suo' grazia. Fa' che mi scriva ispesso. Arei ora gran bisogno di lui, rispetto e bisogni della Lesandra, e del rispondere alle lettere, che non posso tanto iscrivere. Non guardare ch'io non risponda a tutte le tue: fate pure di scrivermi ispesso; e ora che v'è Niccolò, attiemmi la promessa del venire in sin qua: e se possibile fussi ci venissi innanzi la Lesandra andassi a marito, ci sarebbe a tutti una gran consolazione tu ti ci trovassi: che Iddio te ne dia la grazia, se debb'essere il meglio.

Per ancora non ho preso partito nè diliberato nulla della Cateruccia, che poi ci venne quella ischiavetta da Barzalona è migliorata, e sta assai in pace. Di quella1. Cioè, la schiavetta venuta da Barcellona, dove stava Iacopo Strozzi. di Iacopo, fo pensiero tenella tanto la Lesandra vada a marito: poi se ne piglierà partito: di tutto sarai avvisato. Nè altro per questa. Raccomandaci a Niccolò, e a te raccomando Matteo. Che Iddio di male vi guardi. Per la tua, in fretta, Allesandra, in Firenze.



A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.

Al nome di Dio. A dì 27 di febbraio 1452.(*) Ricevuta il 5 d'aprile.

A questi dì passati, per Piero Borromei, ebbi una tua de' 31 di dicembre, e prima una de' 14 di detto; poi, per Bagnacavallo, una de' 9 di gennaio. A tutte per questa risposta.

Secondo ho da Matteo nostro da Roma, t'ha !scritto della giunta di Niccolò e sua quivi; che fu a di 8 di gennaio: e così istimo t'arà detto la cagione del restare Filippo a Napoli; che era sì piccola faccenda quella restava a fare, che, se altro non v'è di nuovo, tosto l'attendo qui; che mill'anni mi pare di vederlo, e bisogno ce ne sarebbe della venuta sua rispetto Anton Macigni e Niccolò Soderini, che in ogni modo mi vogliono torre il podere fu di Zanobi, e forte minacciano di disfarmi; e molte novelle dicono: e ben che le ragioni sieno per me, pure ci è anche alcuno dubbio, dove mi posson dar noia, non con ragione, ma colla forza di Niccolò Soderini: e credo, per meno ispesa e per far più brieve, si riduceranno in Palagio con darmi pitizioni: e se la forza sua potrà più che la ragione mia, lo tirerà a sè; ma se la ragione arà luogo, che non mi sie fatto torto, sarà mio. Aspetto ognora cominci a farmi qualche richiesta, ed io m'apparecchio alle difese: e così farò quanto mi fia possibile. E se Filippo ci venissi, sarèno tanto più a dire le ragioni mie: che Iddio ne lasci seguire il meglio di tutto. Come seguirà, sarai avvisato.

Delle ragne non ho fatto nulla, però che me ne sono informata, e truovo che volere una da uccellini, bella come vorrebbe essere, a mandarla costà non costerà manco di sei fiorini. E per questo mi sono istata; che mi par tempo da non ispendere i danari in simile cose, che se n'ha a fare cose di maggiore bisogno: però che ci è il Comune che m'ha a consumare, che già hanno posto su questa gravezza nuova, che si scoperse1. Cioè, pubblicò. Ed era parola propria delle gravezze. Così Vespasiano nel Commentario della vita di messer Giannozzo Manetti (Torino, 1862), a pag. 74: « Iscopersesi la gravezza essendo lui in Firenze, e venne uno a lui, e gli sì disse : Voi avete centosessantasei fiorini di gravezza ec. ». a dì 20 di questo, gravezze 32, che m'hanno posto fiorini 5, soldi 16, denari 10 a oro: sicchè fa, tu il conto, quello me ne tocca a pagare; che puo' fare sieno, tra spese di partite, altri fiorini sei per gravezza. Fa' il conto, se' vie trentadua, quante sono: e questi shanno a pagare in pochi mesi, che di marzo se n'ha pagar sei, e così mese per mese; e già è passato el termine di sei gravezze. Sicchè avendo a pagare il Comune, e piatire co Niccolò Soderini, mi pare dovere lasciare indrieto le ragne. Abbi il capo alle cose che sono di maggiore importanza, che per te si farà.

L'età di Filippo è anni ventiquattro, compiè a dì 4 di luglio passato; e a dì 7 di marzoche viene, farà anni dodici che si partì dì Firenze. E tu avesti a dì 21 d'agosto che passò, anni venti; e fa ora di questo mese anni sette ti partisti di Firenze. E Matteo arà il primo dì di marzo anni diciassette, e a dì 7 dì questo fece anni tre si partì di qua. La Caterina ha anni ventidue a maggio che viene: la Lesandra compiè diciotto d'agosto che passò. Sicchè se' avvisato di tutti.

E torniàno al fatto tuo. Che se' d'età da governarti in altra maniera non fai, e oggimai doverresti correggerti, e dirizzare l'animo tuo al ben vivere; che insino a qui è stato da riputar fanciullo: ma ora non è così, e sì pell'età e sì perchè non si può mettere gli error tuoi per ignoranza, e perchè non conosca quello che tu fai; che se' di tale intelletto, che conosci il male e 'l bene, e massimamente quando ne se, ripreso da' tua maggiori. Io intendo che tu non fai e portamenti ch'io vorrei; che n'ho dispiacere assai, e con gran paura istò, che tu non abbia un dì una gran rovina di capitare meno che bene: chè chi non fa quel che debbe, riceve quello non crede. Che oltre agli altri affanni ch'i' ho, m'è il tuo il maggiore. E avevo fatto pensiero che per uscire di spesa e di noia, e ancora per aiutarvi far bene, di vendere il podere dell'Antella; che, pagato gli obrighi che vi sono, ne traessi fiorini ottocento netti; e trecento n'ha Filippo: e facevo conto tra tu e Filippo gli avessi a trafficare, acciò voi cominciassi avanzare l'anno qualche cosa. E per quello senta di te, comprendo se' più tosto da sapere gittar via, che avanzare un grosso: ch'è il contradio del bisogno tuo. E veggo certamente ha' far danno e vergogna a te e a noi; Che intendo tu hai costumi che non sono buoni.; e riprenderti non giova nulla: che mi dà mal segno, e fammi tirare indrieto d'ogni buono pensiero che mi viene inverso di te. E non so perchè tu seguiti le tue volontà; conoscendo, prima ne fai dispiacere a Dio, ch'è sopra tutto; poi a me, che gran passione mi s'è a sentire e mancamenti tuoi; e 'l danno e la vergogna che ne seguita, lascio considerare a te: e dispiacere ne fai a Iacopo, e grande. E se tu cominciassi ora, sarebbe d'averne isperanza; ma egli è anni che tu cominciasti a fare delle cose non ben fatte, e per amore di me se' stato sopportato. Ma i' credo che se tu non rimuti e modi tua, ch'e prieghi mia non faranno più frutto per te. E bastiti questo. Sie savio, chè ti bisogna, e farà per te.

Da Bagnacavallo ebbi tremila spilletti. La Caterina e la Lesandra ha la parte sua; e caro gli hanno auti.

Io non ho trovato a questa gravezza nuova voi siate a nulla: e così alla passata non avesti nulla. Ma avete debito, come altre volte t'ho scritto, di gravezze vecchie: ch'è degli anni quattordici, fiorini 200; che si chiamò la Settina1. Nome che prese una delle tante Prestanze, dall'esser distribuita in ogni gonfalone da sette settine, cioè da sette compagnie composte ognuna di sette abitanti della contrada. Ved. Pagnini, Della Decima ec., I, 16. quella gravezza. Di poi avete debito qualche fiorini 70. E le due gravezze utime non avete nulla. Sieti avviso.

La imagine mandai alla Nunziata, come per altra tho detto. Fa' di scrivere a Filippo, e a Matteo a Roma; e manda le lettere a me, che le manderò.

Tedeschino è stato qui; e simile uno che dice està costì in casa. Non so il nome, chè no lo intendo. Ma Tedeschino dice, va innanzi alla Lugrezia quando va alla chiesa. E lui fia apportatore di questa; e che no la dia in altra mano che la tua. Avvisami se così arà fatto.

Ricordoti non ti getti drieto alle spalle le mie riprensioni, che sono con amore e con lagrime. E priego Iddio che ti disponga a fare quello ch'io disidero. Nè altro per questa m'accade dirti. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra fu di Matteo Strozzi, in Firenze.

Avvisoti che Iacopo e Niccolò ha di gravezza fiorini 39 e soldi: Donato Cavalcanti, fiorini 4 o circa: Francesco Strozzi, fiorini 8 e soldi: la redità di Zanobi, fiorini l. Ècci di maleposte, e grida assa'. Fessi lo sgravo; si dice saranno cinque uomini per tutta la terra.1. Intendi, vi sono aggravezzati parecchi che non possono pagare, e si dolgono; e parecchie sono le istanze per lo sgravio. Quindi la elezione di cinque per regolare lo sgravio, cioè far ragione agl'impotenti e reclamanti. Nè altro.



A Matteo degli Strozzi, in Roma.

Al nome di Dio. A dì 9 di settembre 1458.(*) Ricevuta il dì 16 di settembre.

I' ho ricevuto più tue, ed è parecchi mesi non ho scritto nè a te nè a Filippo. Sodisfarò a parte per questa, non ci si trovando Lorenzo; che ho una tua a lui de' 2 di questo. Risposta.

I' ho messo in ordine le camice, cioè sei; e braccia quattro di panno lino pelle mutande, che a tuo modo le fara' fare; e mazzi cento o più, se quello vuogli, di finocchio, e bello: e come arò persona fidata, lo manderò.

Lorenzo si partì di qui a dì due, e andò a stare duo dì en Mugello colla Caterina: e di là si partì a dì 4 per la via di Bologna. Honne assa' pena; più perchè none stava della persona come vorrei. Da altra parte, sono rimasa molto sola. Priego Iddio che l'accompagni, e conducalo sano e salvo.

Veggo che da Filippo non hai mai auto il tuo dovere: hogli scritto che non ha fatto bene, e che ti provvegga di tuo dovere più presto può, acciò non abbi da dolerti di me nè di lui. I' gli fo ritenere fiorini 200 per mia bisogni; che n'ho auti parte, e del resto ciascuno abbi rerrata1. Intendeva dire la rata. sua. Così gli ho scritto: vedrèno che farà. Di' che per tutto questo 'avere2. Intendi, hai a avere teco, o presso di te, in Roma dentro questo mese. Ho pur dubitato che lasciando, come talvolta suole, qualche lettera, volesse scrivere ha venire. Filippo costì, e forse che farà un passo insin qua: sia alla buon'ora. Da lui ho, per una scrive a Lorenzo, che se s'ha abboccare co' Niccolò, forse si distenderà insin qua. Iddio gli dia a pigliare quel partito che sia el meglio.

Ara' sentito come a dì 7 morì Benedetto Strozzi, dal martedì sera al giovedì, a ore 17. Benchè alcun dì prima avessi chiocciato, non era in modo, che sempre andò per casa, e non pareva che avessi male. Dicono che aveva una posta3. Posta è nel Boccaccio; ma anche in antichi si trova postema: ed è quello che oggi diciamo più comunemente tumore. nel corpo; ma pe' segni che ebbe, si tiene morissi di pistolenzia. Non so ne fa guardia, e tutti v'andiàno. Ène stato grandissimo danno, prima alla stia brigata, poi a noi e a tutta la Casa; che era il ricorso d'ognuno, e non è in Casa uomo, che tanto danno gittassi la morte sua, quanto di lui. Bisogna avere pazienza; e che Iddio abbia dell'anima misericordia. A dì 12 si fanno le messe. L'ha tre fanciulle e duo maschi, e la donna grossa di mesi sette.

Giovanni Bonsi è stato anche lui a gran pericolo di morire, che cadde della mula: vogliendo salire a cavallo, la mula lo scagliò a terra; ebbe una gran picchiata nell'anca. Pure, per grazia di Dio, è migliorato; non però che se ne possa andare in villa, che v'ha la brigata: sicchè ho sempre che fare.

La mia ischiavetta feci tornare, e non ebbe di quelle cose: lo 'nfiato tornò adrieto: dicono era esciesa.1. Cioè, isciesa, scesa; oggi, infreddatura, catarro. Qui pare si parli di un ristagno d'umori. Iddio lodato. Gran paura avemmo tutti. Nè altro per questa. Siàno al presente sani: e così spero sentire di voi. Che Iddio sia ringraziato di tutto, e mantengavi sani come disidero. Per la tua Allesandra, in Firenze.

Manda la sua a Filippo, che sia in questa.



A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.

Al nome di Dio. A dì 19 di febbraio 1458.(*) Ricevuta il 31 di marzo 1459.

A dì 20 passato fu l'utima mia; ho dipoi la tua de' 19 dicembre, che m'è suta di consolazione, veduto che del caso occorsovi pigli tutto per lo meglio: che ha' preso buon partito, chè non ci ha rimedio. Di poi hanno appressato e confini miglia 50, e abbiamo auto licenza di potere iscrivere sanza mostrare le lettere agli Otto, le vostre e le mie. E così ha 'vuto Batista, e degli altri, di potere scrivere, da' fatti di stato in fuori, ciò che l'uom vuole.

Egli è di nicistà, veduto e casi vostri, e per la salute vostra, provedere che s'io mancassi, che quello che pervenissi a voi di mio, non vi fussi tolto per le gravezze vostre; fra e quali sarebbe el podere da Pazzolatico. E a salvare questo, bisogna che tu faccia qua un procuratore a fare e disfare ogni lodo e compromesso fatto: e fa' la procura in Matteo di Giorgio o 'n chi ti pare. Filippo e Matteo l'ha mandata a questi dì; e perchè non ci è la tua, non si può far nulla: sicchè mandala più presto che puoi, e 'nanzi che facciate troppo debito col Comune.

Presi partito di vendere el podere da Campi, e bisogna che si sodi; e perchè non ci è altro dubbio che 'l vostro, chi ha comperato vuole el sodamento di tutti a tre voi, e la ritificagione, come facesti a messer Otto: ed ho preso1. Intendi, ho preso impegno, mi sono obbligata. che fra un anno sarà fatto detta ritificagione e sodamento, se no ne rimango condannata. E per tanto bisogna che tu facci fare detta procura; e mandala presto, e per buon modo. E così arò da Filippo e Matteo; che di questa di già glie n'ho scritto; e la prima ho auta due dì fa. Estimo ancora di vendere dell'altre terre; chè, veduto come e fatti nostri vanno, so che queste mie cose s'hanno a consumare non pigliando questa via, che è più l'utile vostro. E per tanto fa', alla avuta di questa, el bisogno: so che da Batista sarai avvisato di tutto.

Avvisoti come a dì 9 si maritò l'Isabella a Marco di Giovanni di Marco, setaiuolo e merciaio e setaiuolo minuto: e non ha più, el padre, de' maschi, ma ha sette fanciulle; una maritata, e sei en casa, che cinque hanno la dota al Monte: ècci detto che stanno bene di roba, e sono le migliori persone; che temono Iddio, che è buona parte. Abbiamo fatto le nozze; e per quello vegga di loro, mi pare ch'ell'abbia auto una gran ventura; essendo della qualità ch'ell'è, e 'l mancamento della vista corta ch'ell'ha, come tu sai; che nell'allogarla non abbiàno guatato tanto a metterla in roba, quanto a metterla en luogo sia amata e ben trattata: che è questo el bisogno suo, secondo si vede. El garzone ha ventun anno; e Pierotto, che fia apportatore di questa, ti dirà com'egli è fatto, che iarsera lo vide in casa di Francesco Strozzi a cena. Abbiàgli fatto più onore che non si fece alla mia, per amore d'Iacopo: e così farò per l'avvenire. So che Batista avviserà Iacopo di tutto, e de' danari ch'i' ho auti da lui, e di quegli torrò per bisogno suo; chè voglio fornirla delle cose ha di nicistà, ch'ella paia fanciulla da bene, chè tanto più sarà riguardata. Non ho tempo di scrivere a Iacopo, ma so che da quest'altri sarà avvisato.

L'alberello dello arimatico ti manderò: ma la migliore medicina che sia allo stomaco è il guardarsi della bocca. Così ti ricordo: e così, poichè abbiamo licenza di scrivere l'uno all'altro, fa' di scrivere ispesso, e come tu stai della persona; che n'arò piacere. Nè altro. Raccomandaci a Iacopo: che Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 20 di luglio 1459.(*) Ricevuta il 10 d'agosto.

A dì 29 passato fu l'utima mia. Di poi ho due tue: l'una de' 19 di detto, e de' 5 di questo: e quella piccola, di' mi scrivesti, della giunta costì d'Antonio, questa non è comparita. Risposta alle due.

Dicerto, che Bernardo ha fede in te, e grande; e prima che ti mandassi el figliuolo, e tanto più poi te lo mandò. La Gostanza ne sta sanza pensiero di lui, ed io ne l'ho confortata. Pochi dì fa la vidi, e dissemi ch'io ti scrivessi che tu dicessi 'Antonio ch'ella stava bene, e che per quest'anno non vuole ire al Bagno. Andonne in Mugello; sicchè non si maravigli Antonio se non ha suo lettere. Salutalo per mia parte.

Niccolò veggo era in ordine di venirne in costà. Secondo sento da Francesco Strozzi, non arai bisogno di più fanciugli per ora: e così sete forniti di schiave; e se Matteo n'è il gastigatore, arà faccenda, e non piccola. Sarete una bella brigata!

Marco ebbe la tua; e perchè ser Niccolò dì Francesco è nel letto colle gotti, non s'è fatto, o vero lodato:1. Intendi, non si è potuto fare il lodo. chè voglio ser Niccolò m'ordini in che modo e's'ha a fare, acciò che la ragione abbia el luogo suo. E niuno partito s'è preso dell'altre cose: quando se ne piglierà, lo saprete. E libri si stimorono, come ti dissi; ma no ci è ancora comperatore. Quando troverrò, gli darò via. Lucco se n'ebbe, come per altra ti dissi, fiorini 12 larghi e soldi 4; hottene fatto creditore al Libro mio.

Matteo ha pagato dipoi tre catasti per me: ha 'uto da me, per quattro catasti, fiorini 24 larghi e lire 4 e soldi 9 denari 4; e lire 25 per un moggio di grano ebbe da me. Se tu ne vuo' fare ricordo, tu puoi; ed io ne fo ricordo al mio quadernuccio, e 'nfilzo le polizze che mi manda. Vanno a Monte nel 1462: bisogna pagarne pochi, chè rimarrei tosto al verde.

Da Iacopo d'Ariano avesti le cose ti mandai. Trist' a quegli uccelli che innanzi v'arriveranno. Non aver pensiero si venda lo scacchiere.

El finocchio e' marzolini ho a mente; e assaggerò meglio el finocchio quest'anno che 'l passato, che sento l'avesti amaro.

Da Lorenzo ho più lettere, e non mi dice cosa d 'importanza. Ben dice che per un garzone che andò con lui, che torna in qua, e che per lui mi scriverrà di più cose; che è persona fidata. Aspettolo ognora. Fia in questa una sua a te, e una di Niccolò, che no la mando a Roma; che, sendo partito, non vorrei capitassi male: e però la mando a te. Se da Lorenzo, arò lettera, che sia di suo' fatti, te la manderò.

A Giovanni Bonsi ho fatto lasciare la casa teneva a pigione, ed hollo ridotto qui perchè non abbia quella spesa. Da altra parte, non volendo appigionare questa, estarà meglio abitata che serrata: e standoci io drento, mi passerò meglio, avendo la Lesandra meco, che star sola. E ancora quando i' non pagassi così el Comune, non sarei gravata; che lui ha poca gravezza. Sicchè, considerato tutto, l'ho messo qui, per lo meglio.

Francesco Strozzi mi dice, che un suo amico (e non vole dir chi si sia) gli ha detto che l'erede di Lionardo e di Piero e Matteo, per ragione della bottega dell'arte della lana, ha 'vere da Tinoro Guasconi circa di settecento fiorini, e che se n'ebbe una volta la sentenzia contro a Tinoro; e che questo suo amico gli ha mostro la via da ritràgli. Dice avere escritto a Niccolò che gli segni e libri della bottega, e che Niccolò gli dà parole. Entenderai da Niccolò, venendo costi, che cosa ell'è. Non m'ha però detto ch'io te lo scriva: ma dice, Niccolò non ha el capo se ne tragga nulla;1. Niccolò credeva che non vi fosse ragione o modo di riscuotere questi fiorini dal Guasconi. e non sa a che fine se lo faccia. Non siàno ora in termine da riscuotere. A mio parere, doverrai sentire da Niccolò quello che Francesco scrive. Va cercando noia, e tiene l'anima co' denti, chè ogni di ha male.

L'Arcivescovo entrò en Firenze a dì 15, e non ha fatto niuna onoranza2. I Vocabolari non hanno questa voce che nel significato di pompa funebre. Qui sta per quello che oggi dicesi ingresso o entratura solenne. Il Poliziano, nella Lettera XXVIII (edizione procurata dal professore Del Lungo). « Oggi facciamo l'onoranza al Piovano ». E il Piovano era lo stesso messer Angelo. per ancora. Dicesi la farà, ma io, nol credo; che è pover uomo, e non vorrà espesa. E per voi si fa: che sentendo che voi avete avere la sella e freno, è uscito fuori uno Andrea di Signorino, e dice aveva avere da questo prete, che vi lasciò questa redità, da 80 fiorini. Ora Francesco dice, noi non siamo reda. Non so come si faranno, chè da fare ci è assai. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Saluta la brigata per mie' parte. Per la tua Allesandra, Firenze.

Avvisoti, che capitando costà una schiava, che qui era de' figliuoli di Guglielmo di Guarta, che in costà si manda per vendere, è ladra pessima: sì che no te ne venissi pensiero di torla.

Ara' sentito del parentado della figliuola di Piero di Cosimo a Guglielmo de' Pazzi: e ancora de' figliuoli di Benedetto di Peraccione degli Strozzi. El maggiore ha la figliuola d'Agabito de'Ricci, e Pagolo ha questa di Filice Brancacci: sicchè si vorrà fare pensiero per una per te ; che Iddio, ci metta innanzi qualche cosa di buono, se 'l meglio debb'essere. Che Iddio vi mantenga sani lungo tempo, e in filicità dell'anima e del corpo.

Siàno a dì 21, e di nuovo non v'ho altro a dire, se no che stiate sani.



A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.

Al nome di Dio. A dì 21 di luglio 1459.(*) Ricevuta il 22 d'agosto.

A dì 29 passato fu l'utima mia: di poi ho due tua; l'una de' 7, l'altra de' 19 detto. Risposta al bisogno.

Per ancora non s'è auto el costo del contratto da Mariotto Rucellai; e lui non ha auto la ratificazione ha fare co Marco Parenti: e lui dice ne lasci l'affanno; sicchè non me ne do pensiero: che se la vorrà, la ratificazione, bisognerà che paghi.

Avvisoti come parlai a Tommaso Soderini per que' candellieri: disse me gli manderebbe: per ancora no gli ho auti. Quando gli arò, ne sarai avvisato.

Le galee sento pure si sono costì condotte: Iddio ne sia ringraziato. Hanno auto assai tribolazioni, e di morte e d'altre fortune: sono delle cose che dà il mondo. Arò piacere abbi trovato le cose ti mandai: avvisa in che termine le truovi.

Gerardo aspetto ognora con disiderio, per sentire di te novelle di bocca, e come della persona se' ridotto: che Iddio me ne mandi quelle ch'io disidero.

Delle mie faccende non ho poi tratto a fine altro, per buono rispetto: quando ne seguirò più una cosa che altra, te n'avviserò: che Iddio el meglio ci dimostri.

Anche dispiacere assai n'è l'avere grande gravezza, e più dispiacere n'è la mia che la vostra, che getta maggior danno: chè, volendo pagare, ci ho a mettere del capitale; non pagando, avere noie assai: e 'n ogni modo ch'i'fo, vo a star male. Engegnerommi di pagare mentre ch'io potrò; e quando non arò danari, aranno pazienza; e farèno el meglio si potrà.

El conto dell'Isabella non ho fatto a punto; ch'è difficile a fare a me, benchè sia piccola cosa. È in assai, partite, e non so fare tante ragioni: e quest'uomini hanno che fare de' lor fatti

Avvisoti che ho fatto lasciare la casa a Giovanni Bonsi, ed è tornato qui colla brigata, e hacci messo le sue masserizie. Hollo fatto a fine che non abbia quella ispesa: e poi, s'io diliberassi d'andare a stare altrove, la casa starà meglio abitata che serrata; e s'i' pure ci stessi, sarò accompagnata, e passerommi tempo con manco maninconia. E ancora non pagando le gravezze, non sarei gravata per rispetto delle cose sua: sicchè m'è paruto el meglio di far cosi.

L'andata per te a Santa Maria in Pianeta si farà; e se a rinfrescare dell'aria mi sentirò da potervi andare, ch'io soddisfaccia al tuo obrigo, lo farò: quanto che no, e' ci è Pagolo, che v'andrà volentieri: e porterò il torchietto d'una libra, come di'. Non te ne dare pensiero; mettilo per fatto.

Le lettere di Giovacchino manderò; e viciterò le sorelle per suo amore: estanno bene. Nè altro m'accade. Raccomandami a Iacopo; e tu t'ingegna di star sano, e di governarti bene: e così ti conforto al ben fare, che te ne seguirà utile e onore: e i' so quello ch'io mi dico.

Avvisoti che due de' figliuoli di Benedetto di Peraccione hanno tolto donna: Niccolò ha la figliuola d'Agabito de' Ricci, e Pagolo ha tolto la figliuola di Filice Brancacci, quella che teneva la Caterina di Piero Ardingelli; che s'è auto a dispensare in Corte1. Quello che oggi diciamo Curia, parlando così della Papale come della Vescovile. pel parentado ch'era tra loro. E Piero di Cosimo ha dato la figliuola a Gugliemo de' Pazzi.

Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Alessandra, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 27 di luglio 1459.(*) Ricevuta il 21 d'agosto.

A dì 21 fu l'utima mia. Ho questo di la tua de' 14 detto. Risposta al bisogno.

Veggo el difetto non fu tuo, del non fare risposta alla mia così presto come disideravo. Poco portava; ma a me pareva essere estata un anno sanza vedere vostre lettere, non che un mese. E questo m'interviene perchè ho poca consolazione, o vero ne piglio, dell'altre cose: pure quando ho duo versi o da te o dagli altri, mi consolo un poco.

Le cose da Quaracchi, per buona cagione, non se n'è preso ancora partito; che stimo fare la ricolta del vino. Quando se ne piglierà, lo saprai. Al fatto di quello ha' in mano di mio, fara'ne quello ti pare o discrezione o quel modo sia la pace tra voi. Scrissi a Lorenzo, che i' non avevo terminato ancora quello s'avessi a fare del danaio; ma che la mia entenzione era che, s'i' vendevo e beni in su ch'i' ho la gravezza, ch'i' ne fussi aiutata per potere soprire a questa stribuzione,1. Intendi, sopperire alla distribuzione delle gravezze. acciò non avessi enpaccio chi ha comperato da me. Sì che altro per ora non bisogna dirne. Vorrei m'avvisassi quanti furono e danari ti dissi mi serbassi per espese nella malattia di Lorenzo, quanti furono, e quanti i' n'ebbi; chè te ne farei creditore al Libro: e ancora vedrei come i' resto. Si che fàllo quando hai agio, chè non è di fretta.

La Gostanza di Bernardetto està sanza niun pensiero d'Antonio; e i' ne l'ho molto confortata. Enne più contenta l'un dì che l'altro, della venuta sua costì, e niuna tenerezza n'ha dell'averselo levato da sè: che così potessi fare io!

Ha' preso buona volta a scusarti dello scrivere mala lettera, benchè a me pare che tu la faccia buona. Accetto che tu dica vero; che a me enterviene che rade volte, per ben ch'io le 'ntenda, e ch'io no le legga parecchi delle volte; chè tanto mi pare esser con voi.2. Vuol dire: Sarà vero che tu scriva male; ma di rado avviene che io non legga e rilegga le tue lettere, anco quando non trovo nel decifrarle difficoltà; perchè, leggendole, mi pare di parlare co' miei figliuoli.

È vero che l'amicizia tra Bernardo e te ha fatto ritrovare el parentado: e quando la Gostanza è a Firenze, espesso mi fa motto qui in casa. È molto amorevole e da bene.

Se del lino non v'è quest'anno migliore che quello mandasti, no ne mandare più, chè ho, del migliore qui. El finocchio e' marzolini ti manderò, e 'ngegnerommi tu sia ben servito.

Ho inteso che la Caterina vende le possissioni, eccetto la casa da Spicciano con due poderi. Quello sento riserba per sè. Accozzossi con Niccolò suo al Bagno, e doverono rimanere in questo di vendere. Luigi era più duro al vendere. Sento che hanno voglia di venire a Bologna, e che là hanno mandato assai cose. E se là n'andassino, la Caterina e mona Ghita dicono n'andrebbono a stare co loro: che è comoda istanza e presso a Firenze; che le donne potrebbono andare e venire. Evvi Francescoloro fratello; e arebbe, se questo faranno, gran consolazione insieme. Ha' fatto e fa' bene aiutargli e servirgli di quello puoi: e Niccolò è molto benvoluto qui da molti.

Di' che ha' 'iutato ritrarre danari a Giovanni di messer Manno, e che l'hai convitato a mangiare: che ha' fatto bene per ogni rispetto, e massimo per amore di Vanni. El ben fare non si perde mai.

Niccolò veggo pure ne viene costà. Ha 'vuto questa sua venuta una gran lunghezza. Che Iddio salvo ve lo conduca. Arete faccenda tra le schiave e' fanciugli.

Vende' lucco, e posi e danari a tuo conto. Al fatto del Catasto, piglierò quel modo ci parrà meglio. Noli ce n'è posti più per ora: non so come si faranno.

La Ginevra se n'andò; ed io andai pochi dì fa a Quaracchi: non feci nulla: evvi gran caldo, e disagio assai v'ho in questo tempo. Tornerovvi quando l'aria sarà più rinfrescata, se a Dio piacerà.

A Matteo scriverrò, poi che da lui non viene lo scrivere a me; che non viene se non da straccuraggine. Avvisami se giova lo scriver mio.

L'Arcivescovo entrò una mattina a buon ora, e sanza onoranza niuna. Va questa nostra onoranza della sella come l'altre.1. Cioè, male. Hollo sia per lo meglio.

Da Lorenzo non ho poi altro. E se Niccolò viene costi, e di lui abbiate ragionamento, en modo che tu creda abbia avere effetto, me n'avvisa per buon rispetto. Nè altro per questa; se no che, se v'è Niccolò, di' che quest'anno m'ingegnerò di mandarvi el finocchio dolce, poi che l'anno passato fu amaro. La brigata istà bene di qua. I' mi sto pure trista, e massimo questa mattina, che sono un poco ravviluppata.1. Intendi, si sentiva male; ma più dell'animo che dei corpo: chè tanto valeva essere avviluppato o ravviluppato Iddio, che può, vi mantenga sani. Per la tua Allesandra, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 6 di settembre 1459.

Figliuol mio dolce. Ensino a dì 11 del passato ebbi, una tua de' 29 di luglio, come el mio figliuolo caro e diletto Matteo s'era posto giù ammalato: e non avendo da te che male si fussi, senti' per quella una gran doglia, dubitando forte di lui. Chiama' Francesco, e mandai per Matteo di Giorgio, e intesi d'amendue come el mal suo era terzana: che assai mi confortai, però che delle terzane, non s'arogendo altra malattia, non se ne perisce. Di poi, al continovo da te son suta avvisata come la malattia sua andava assottigliando; che pur l'animo, ben che avessi sospetto, mi s'allegierava un poco. Dipoi ho come addì 23 piacque a Chi me lo diè di chiamallo a sè, con buon conoscimento e con buona grazia e con tutti e sagramenti che si richiede al buono e fedele cristiano. Per la qual cosa ho auto un'amaritudine grandissima dell'esser privata di tale figliuolo; e gran danno mi pare ricevere, oltre all'amore filiale, della morte sua; e simile voi due altri mia, che a piccolo numero sete ridotti. Lodo e ringrazio Nostro Signore di tutto quello ch'è sua volontà; chè son certa Iddio ha veduto che ora era la salute dell'anima sua: e la sperienza ne veggo per quanto tu mi scrivi, che così bene s'accordassi a questa aspra e dura morte: e così ho 'nteso per lettere, che ci sono in altri, di costà.1. Intendi, da lettere di Napoli, venute ad altri in Firenze. E bene ch'io abbia sentito tal doglia nel cuore mio, che mai la senti'tale, ho preso conforto di tal pena di due cose. La prima, che egli era presso a di te; che son certa che medici e medicine e tutto quello è stato possibile di fare per la salute sua, con quegli rimedi si sono potuti fare, si sono fatti, e che nulla s'è lasciato indrieto per mantenergli la vita; e nulla gli è giovato: chè era volontà di Dio che così fussi. L'altra, di che ho preso quieta, si è della grazia e dell'arme che Nostro Signore gli diè a quel punto della morte, di rendersi in colpa, di chiedere la confessione e comunione e la strema unzione: e tutto intendo che fece con divozione; che sono segni tutti da sperare che Iddio gli abbia apparecchiato buon luogo. E pertanto, sapendo che tutti abbiàno a fare questo passo, e non sappiàno come, e non siàno certi di farlo in quel modo che ha fatto el mio grazioso figliuolo Matteo (chè chi muore di morte sùbita, chi è tagliato a pezzi; e così dimolte morte si fanno, che si perde l'anima e 'l corpo), mi do pace, considerando che Iddio mi può far peggio: e se per sua grazia e misericordia mi conserva amendua voi mia figliuoli, non mi dorrò d'alcun'altra afrizione. Tutto el mio pensiero è di sentire che questo caso tu lo pigli pel verso suo: chè sanza dubbio so che t'è doluto; ma fa' che non sia en modo che t'abbia a nuocere, e che non gittiàno el manico dirieto alla scure:1. Cioè, buttar via quel che resta. Il che non è a rigore, come dice la Crusca, Sprezzare il meno, perduto il più. chè non ci è ripitío niuno nel suo governo:2. Vuol dire: non abbiamo noi da rimproverarci di aver--trascurato nulla della cura, ec. anzi è suto di volontà di Dio ch'egli esca delle sollecitudine di questo mondo pieno d'affanni. E perchè veggo, per la tua de' 26 detto, avere di questo caso tanta afrizione nell'animo tuo e nella persona; che3. Intendi, questa cosa ec. m'è suto, ed è, e sarà insino ch'io non ho tue lettere che tu pigli conforto, tal pena, che m'ha a nuocere assai. E non piaccia a Dio che i' viva tanto ch'i' abbia aver più di queste! Considero che avendo auto el disagio delle male notti, e la maninconia della morte e dell'altre cose, che la persona tua non de' stare troppo bene: e tanto mi s'avviluppa questo pensiero el dì e la notte pel capo, che non sento riposo. E vorrei non avere chiesto consiglio a persona; anzi, aver fatto quello che mi pareva, e volevo fare: chè sarei giunta a tempo ch'io arei veduto e tocco1. Non so qual parola potesse esprimer più affetto. el mio dolce figliuolo vivo, e are' preso conforto, e datone a lui e a te. Voglio riputare tutto pello meglio. Vo'ti pregare (s'e mia prieghi possono in te, come i' credo) che tu ti conforti avere pazienza per amore di me; e attendi a tutta la salute della tua persona, e poni un poco da parte le faccende della compagnia. E sare' buono a purgarti un poco, pure con cose leggeri, e massimo con qualche argomento; e poi pigliare un po' d'aria, se per niun modo potessi: ricordandoti, che abbi più caro la tua persona che la roba; chè, vedi, tutto si lascia! Ed io, madre piena d'affanni, che ho a fare sanza voi? Ch'è a me sentire facciate della roba assai, e per essa vi maceriate la persona vostra con tanti disagi e sollecitudine? Duolmi, figliuol mio, ch'i' non sono presso a te, che ti possa levare la fatica di molte cose, che aresti di bisogno: che dovevi, el primo dì che Matteo malò, dirmi en modo ch'i' fussi salita a cavallo, che 'n pochi di sarei suta costì. Ma i' so che per paura ch'io non ammalassi e non avessi disagio, nollo facesti: e i' n'ho più nell'animo,1. Sottintendi, del disagio. ch'io no n'arei auto nella persona. Ora di tutto sia Iddio lodato, chè per lo meglio ripiglio tutto.

Dello onore che ha' fatto nel seppellire el mio figliuolo, ho 'nteso che ha' fatto onore, a te e a lui: e tanto più ha' fatto bene a onorallo costì, chè di qua non si costuma, di quegli che sono nel grado vostro,2. Agli esuli non concedeva il Comune che si facesse onoranza di mortorio in patria! farne alcuna cosa. E così ne sono contenta che abbi fatto. Io di qua, con queste due esconsolate figliuole, della morte del lor fratello ci siàno vestite:3. Cioè, preso bruno per la morte ec. e perch'io non avevo ancora levato4. Oggi pure si dice levare; ma più comunemente, staccare. el panno per farmi el mantello, l'ho fatto levare ora; e questo pagherò io. E braccia tredici di panno do per una di loro; che costa, a danari contanti, fiorini quattro e un quarto la canna; che sono in tutto canne sei e mezzo. Questo farò pagare a Matteo di Giorgio, e da lui ne sara' avvisato.

La copia della sua volontà1. Cioè, il testamento. ho veduta; e così si vuole mettere in asseguzione, più presto che si può, quello che è per soddisfacimento dell'anima sua. L'altre parti più a bell'agio si possono fare; e di così ti priego che faccia, e me avvisa se nulla posso far qua; che ci è una sorella del tuo ragazzo che avesti di qua, che è maritata, e none può andare a marito, che è una gran povertà la sua. Per altre te l'ho raccomandata, e mai n'ebbi risposta. Ora essendo questo caso, si vuole aiutarla: che sono in tutto fiorini quindici: e non voler mancare. E in caso che del suo non vi fussi tanto, che si potessi fare quello che lascia e questo, vo'lo fare di mio, o vo' fare del tuo; chè tanto è una medesima cosa. Sieti avviso, e avvisa come sta,2. Intendi, le sostanze lasciate da Matteo. e quello si può fare.

Veggo Niccolò era malato di terzana; che, oltre alla pena mia, ho auto dispiacere per più rispetti. A Dio piaccia per sua misericordia liberarlo.

Da messer Giannozzo ho per sua benignità una lettera, che n'ho preso assa' conforto, veduto l'affezione e amore ti porta, e con quanta carità e con quanti assempri m'induce aver pazienza. Che Iddio gliene renda merito. E perch'io non mi sento di tale virtù, ch'io sapessi e potessi fare risposta a un tanto uomo quanto è lui me ne starò; ma tu per mia parte gli fa' quel ringraziamento che t'è possibile. E me avvisa, e spesso, come ti senti: che Iddio me ne mandi quello disidero; chè, perch'io sia usa avere delle avversità pe' tempi passati, questo mi fanno più sentire. Ancora ringrazia per lettera Bernardo de' Medici; chè non ti potre' dire con quanto amore mi venne a vicitare e confortare, e quanto si duole del caso e della passione nostra. Non dirò più per questa, per non ti dar tedio a leggere; se no ch'io aspetto tue lettere che1. Intendi, le quali mi dicano che tu ti conforti. ti conforti, e di sentire che tu sia sano: che Gesù benedetto ce ne conceda la grazia, come disidero. Per la tua poverella Madre, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 13 di settembre 1459.(*) Ricevuta il 27 di settembre.

A dì 6 fu l'utima mia; e benchè gran doglia fussi nel cuor mio a fare risposta a tal novella, pure mi feci forza a farti que' parecchi versi: chè, oltre al dolore e la grande passione ch'i' avevo della morte del mio dolce figliuolo, avevo ancora gran pena di te; chè consideravo, e considero al continovo, come la tua persona debba stare 'avere sopportato tanti affanni nell'animo e nella persona, come tu hai. Dipoi ho la tua de' 30 passato, che mi fu un poco di rifrigiero alla mia passione. Risposta per questa.

Non dubitar punto che i' ho sentito un gran duolo; e son certa che se tu avessi per alcun modo potuto fare ch'io non avessi per lungo tempo sentita questa novella, l'aresti fatto; ma non era possibile a farlo, e però fu di bisogno la sentissi prima da te che da altri. E non è dubbio, a mio parere, che ne ricevi danno assai, e più ancora di me: però che a me è danno per l'amore materno, che è grande quanto dir si può; e a te è l'amore dell'esserti fratello, e al modo tuo ne traevi frutto, ed era presso a te a poterti aiutare della1. Cioè, secondo la sua .possibilità. sua possibilità, e, confortare l'un l'altro al bisogno: chè è gran consolazione, quando l'uomo ha delle fortune,2. Qui per sventure. avere de' sua presso a sè; ed io ne so ragionare, che sono escussa3. Proprio nel senso del latino exscussa, spogliata, privata; anc'oggi viva parola, sotto la forma di scusso. d'ogni consolazione; e credo che più te n'avvedrai di qui a un anno che ora, chè di più in più t'arebbe levato della fatica assai. Ora questa è materia che quanto più se ne ragiona, tanto è di più pena a chi tocca; e pertanto ti priego pigli buon conforto; chè, secondo tu di', non gli è mancato alcuna cosa, nè per l'anima nè per el corpo: ch'è da starne paziente, considerato ch'è suto volere di Dio chiamarlo a sè così giovane: chè quanto a migliore otta ci partiàno di questa misera vita, minore fastello di peccati ne portiàno1. Così la madre cristiana rendeva il concetto del greco pagano: hon hoi theoi filousin apothneskei neos. E così io mi conforto a pazienza; che non ci è rimedio a questa morte; e veduto el governo che ha 'uto, per una lettera tanto dolce e confortativa, che ho auta da Fra Domenico di Santa Maria di Monte Uliveto, che lo confessò, e di passo in passo mi dice come si governò a quello istremo punto; che è quello che mi fa dar pace e mitica un poco el mio duolo. Ora si vuole porre questo da canto; e la prima cosa, che si sodisfaccia agli obrighi che ha lasciato per l'anima sua; e quello che tu ha' promesso tu, ancora si soddisfaccia. Di' che lo botasti qua all'Annunziata, di porlo di cera: avvisami se s'ha a fare più in un modo che 'n altro, che la farò fare. La pianeta non so dove ti botasti di farla; e non sendo obrigato di porla più in un luogo che 'n un altro, mi parrebbe, e così mi contenterei, la facessi costà, acciò che di lui vi fussi qualche memoria. E 'ntorno all'onore del corpo, per la mia de' sei dì t'avvisai di quanto aveva seguìto, di vestire queste due fanciulle,2. Le figliuole, che sebbene maritate, per la giovinezza chiamavano fanciulle. che altro di casa loro non hanno avere. Iddio lodato.

A la parte dell'esser o vero lasciatomi reda, non me ne sono informata che sia da fare; ma secondo mia voglia, è di non pigliare questo carico, che mi sarebbe di danno, secondo mio credere. A questo piglierò consiglio da Tommaso, che duo dì fa tornò d'ufficio: e tu arai veduto dipoi come stanno e suo' fatti, e avisera'mi e dirotti di mio parere.

Tu di' che ti pare necessario di fare pensiero d'accostare Lorenzo in qua più presso a noi. A questo ti dico, che tu sai che la voglia mia era questa, e scrissitene duo versi: rispondestimi cota' ragioni, ch'io restai paziente; sì che a questa parte lascerò pigliare el partito a te: chè non avendo io a stare dove voi, tanto mi fa che istia a Brugia, quanto a Napoli o in Catalogna; chè a un modo ne arò consolazione: sì che a te tocca a pigliare partito di quello s'ha a fare; e conosci meglio el bisogno di questo, che non fo io; però che l'amore e la passione mi vince tanto, che forse non vederei così tutto. E pertanto non dirò altro sopra di ciò.

Avvisa se Niccolò è guarito; che mi piacerà sentire di sì. La nostra Checca è stata da diciotto dì ammalata di febbre continova; ora gli è scemata, che n'ha piccola cosa, secondo el medico. A me pare abbia maggior male non dicono, però ch'è molto lassa, che non vorrebbe fare altro che giacere; ch'è cattivo segno, quand'uno enfermo megliora, e sta giudicato nel letto.1. Cioè, non può levarsi. « Si giudicò » dice il Davanzati in una sua postilla al Tacito, significa « si fermò nel letto, senza più forza ec. ». Poi ha lo stomaco, che spesso non ritiene el cibo. O che sia la paura ch'i' ho di nolla perdere, o quello si sia, a me pare che abbia gran male. Iddio l'aiuti; chè s'ella mancassi, mi mancherebbe un gran conforto.

Non bisogna raccomandare la vita mia a me per vostro amore, ma a voi bisogna raccomandarvi la vita vostra per amore di me, che vivo della vita e sanità vostra: che a Dio piaccia per sua misericordia mantenervi amendua lungo tempo con quella sanità ch'io disidero per l'anima e per el corpo.

Da Lorenzo ho lettere de' sette del passato, ch'era a Brugia, e fra pochi dì si partiva e andava fuori per due mesi.

Fra Domenico ringrazia; che s'io arò tempo gli risponderò; e se pure non gli facessi risposta alla sua, farai tu el bisogno e mia scusa. Per la tua madre Allesandra, in Firenze.

Tenuta a' dì 15. Perchè non pigli ammirazione dello scriver mio in questa, che dico, s'io non ho a stare dove voi; per tuo avviso, i' non dico questo perch'io non disideri con tutto el cuore e l'anima mia di stare sempre ch'i' vivo dove voi, e non ho altra paura se non di non morire prima ch'io ne rivegga niuno di voi; e perchè està a te el diliberare l'andar mio e lo stare, dissi così: che veggo per quest'utima tua el pensiero avate fatto, che in questa quaresima venissi a Roma, e voi ne saresti venuti per duo mesi; chè mi stimo che a quelle parole non fussi tuo pensiero ch'i' venissi a stare con voi: sì che, figliuol mio, avvisa se l'animo tuo è ch'i' venga o ch'i' stia, chè sappia el certo della tua volontà; che così seguirò. Che Iddio ti dimostri quello debb'essere el meglio per voi e per me. La Checca è dipoi meglio.



A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.

Al nome di Dio. A dì 2 di novembre 1459.

A dì 24 di settembre fu l'utima mia. Ho dipoi la tua per Gherardo; che piacere ebbi della sua venuta, che a bocca mi disse buone novelle di te, e come stavi benissimo della persona, e che eri ritornato nell'esser tuo di prima innanzi che avessi male: che ringraziato sia Iddio che t'ha renduto buona sanità. Risposta per questa alla tua.

Se' avvisato per più lettere come piacque a Dio insino a dì 23 d'agosto chiamare a sè quella benedetta anima del mio Matteo, al quale Iddio abbia fatto misericordia. E stimo che da Filippo sia suto avvisato quanto e' fece de' suo' fatti, e come lasciò quel poco che aveva: che mi scrisse che, come avesse recato al netto, t'avviserebbe, e così me, quello vi fussi di suo, tratto quello aveva da me. Ora al fatto della morte non bisogna pensare, chè non ci ha rimedio. Àmmi dato e darà insino al fine assai amaritudine; e più perchè non mi vi trovai a dargli aiuto nè conforto niuno. E bench'i' sappia che nulla gli mancassi, pure ho pena ch'i' non mi vi trovai. Or alle cose che non è rimedio non è da pensare, e recarsi a pazienza: chè tutto fa Iddio per lo meglio dell'anime nostre. Confortoti a pazienza, e pregare Iddio per lui: e apparecchianci avere dell'altre;1. Sottintendi, disgrazie. che ci percuote Iddio, e le gente del mondo. A tutto ci bisogna preparare a portare en pace.

Avvisoti come Antonio Macigni è stato malato bene un mese di terzana, e ora pareva guarito e sanza febbre: mossesegli a dì 20 del passato uscita, e fra duo di calò forte; en modo che Niccolò Soderini, era podestà di Prato, subito ci venne e sì gli fece far testamento, e fecesi lasciare, per più cagioni e ragioni mostrò avere contro al detto Antonio, ciò ch'egli ha. Di che n'è seguìto grande iscandolo tra la Caterina di Giorgio e' Macigni contro a Niccolò; e han tratto fuori el testamento che fece nostro padre, che dice che lascia reda Zanobi e Antonio; che mancando l'uno, redi l'altro; e mancando amendue sanza reda, che la redità torni a Giovacchino e Carlo, o loro figliuoli: sì che, essendo morti Zanobi e Antonio sanza reda, dicono che ciò che rimase di loro perviene ne' detti Macigni. Ora s'ha a vedere se gli hanno ragione; che avendola, ci bisognerà por su e danari s'ebbono da messer Otto. Aiuterommi quanto sarà possibile, adoperando amici e parenti come bisognerà. Se pure la ragione fusse per loto, bisognerà avere pazienza. E torto non ci hanno a fare. No mi mancava altro per ristoro delle mie fatiche! che a Dio piaccia porvi fine, se è di sua volontà. Sieti avviso. La retificazione1. Anche Michelangelo (Lettere, 436, 437 ec.) scrive retificagione per ratificazione. ebbi: èssi fatto quello bisogna: e riebbi le spese: tra la tua, che fu uno ducato e mezzo, e quella di Filippo fu mezzo ducato, en tutto s'è auto grossi 31 ; che mi diè meno grossi 2 che non vi costorono. Sia al nome di Dio, che se n'è uscito delle sue mani.

Delle possissioni da Quaracchi non ho preso ancora partito per buona cagione. Sono cose buone, e il luogo,2. Cioè, terreni buoni e luogo tale, che ec che sempre si troverrà comperatore.

La gravezza mia è grande, e non posso fare di non pagare; chè ho doppia ispesa non pagando, e vanne in tante noie di me e d'altri, che ho cominciato a pagare; e perensino a questo dì i' n'ho pagati cinque catasti, che sono fiorini 45. E della gravezza vecchia, n'ho pagate tre gravezze, che son fiorini 24. E così farò, mentre arò da pagare: quando non n'arò più, farò sanza pagare. Ragionasi, che non si può fare di manco che uno catasto il mese.

E candellieri non sono per ancora compariti. Aspetterò che Tommaso Soderini torni da Pisa; che ci sarà per tutto questo mese; e vedrò se gli potrò avere, e te n'avviserò.

Piacemi abbi trovato el corbello en buon ordine: e per questa galea d'ora die' a Batista un corbello piccolo, drentovi un mezzo staio dì ceci tra bianchi e rossi, e dieci marzolini, duo alberegli d'uve secche, e finocchio, e onde dieci d'aromatico rosato vantaggiato:1. Cioè, del migliore. e abbi cura di no ne pigliare pel caldo, che è troppo di spezie; e quando ne pigli, fa' piccola presa,2. Così correggo l'autografo, che ha presta. chè è di grande sustanza; e fanne masserizia,3. Oggi diremmo fare a miccino, tener di conto. chè si conserverà uno anno buono.

A Giovanni ho detto del panno: attende a chi l'ha a domandare. E gli spilletti saranno co' guanciali di Francesco, e a1. Superflua quest'a. Forse ebbe in mente darò o simile verbo. mona Maria e la Checca per tuo' parte aranno la parte loro.

L'andata da Santa Maria Impruneta è fatta; che vi mandai Pagolo a dì 21 passato; el portò torchio d'una libbra.

Veggo che poco ha' da fare costì; e la pratica di Niccolò è tornata in acqua: che tutto si vole pigliare per lo meglio.. Ho più lettere da Filippo poi che fu el caso del mio Matteo; e sì gli parrebbe ch'io t'avessi escritto che ti dovessi ritrarre di costà, e venissi a Napoli. E ancora gli parrebbe ch'io lo dovesse iscrivere a lacopo, acciò che se si volessi provvedere d'un giovane, che possa. Non te n'ho mai volato direi alcuna cosa, perchè essendo la guerra nel Reame, come v'è, e ancora s'aspetta maggiore per mare e per terra, non mi pareva che per nessun modo ti parta per ora di costi; che ho pena che lui vi sì truova. Da altra parte conosco la natura di te e di lui, e non so come v'accordassi ensieme. Sicchè per questo non te n'ho iscritto. Ora i' t'ho avvisato di quanto mi scrive ch'è suo pensiero: avvisandoti ch'io non so come l'aria di là ti comportassi; che per Matteo v'è stata cattiva, e si me lo menò.2. Intendi, e pur troppo me lo porto via. Sicchè fa' tuo pensiero, e tieni questo a te, nè a Filippo no ne dire nulla: chè se lo diliberrà, te n'avviserà: che gli ho detto, ch'io non te ne voglio scrivere nulla. E pensaviti su coll'animo riposato prima che pigli partito: e tieni tutto a te.

Niccolò è 'guarito, e per tutto el passato doveva tornare a Roma.

Questa mattina ho lettere da Filippo; è mi dice ch'io ti scriva che ti ritragga in qua; e che i' lo scriva a lacopo: e che ha scritto a te e a lacopo quello gli pare che tu facci. Sì che da lui intenderai, e sarai avvisato del suo pensiero; ed io sarò contenta a quello farete. Pensa pure a quello. che fai, ennanzi che pigli partito: che Iddio ti metta innanzi quello che debb'essere el meglio. A me escrive che in questo verno pigli partito delle possissioni e d'alcune masserizie; e che passando tu in qua, o per mare o per terra, ch'i' fussi in luogo atto a venirne teco. Ora el tempo mi consiglierà; e se diliberrai passare di qua, me ne darai avviso: e io alsì a te di mio pensiero. Nè altra per questa. Iddio vi mantenga sani e 'n suo' grazia, come disidero. Per la tu' Allesandra, Firenze.

El corbello arai, secondo mi disse Batista, per Esmeraldo Boni.

Sono a dì 3, e ho da Filippo come a dì 25 passato fu a Napoli l'armata de' Franzesi, che sono diciotto galee, una galeotta; e fecionsi vedere. La terra esparò loro di molte bombarde; ma andavano sì discosti, che nolle temevano. E ancora dice non s'erano ispiccati di que' mari; e che loro di qui1. Cioè di lì; ma parla come se dicesse Filippo. hanno auto poca paura, perchè la terra era molto bene fornita. E questo ho da Filippo. Ancora m'avvisa come è morto messer Giannozzo Manetti, che aveva male in una gamba, e per saldarla andò al Bagno, dove la ristrinse, e la febbre gli diè a dosso grande; in pochi dì si spacciò.

A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.(*) Ricevuta il 10 di febbraio.

Per Gherardo fu l'utima mia, che arò piacere che Iddio l'abbia condotto a salvamento. Ho dipoi una tua de' 9 d'ottobre, che n'ho preso conforto, e si perchè eri sano, e perchè della perdita grande che abbiàn fatta del nostro Matteo veggo che la pigli en pazienza; che me ne dài assa' conforto. E poi che a questo non è rimedio, si vuole por fine allo scrivere di questa materia; e solo a pregare per l'anima sua, e attendere a star sani, e a vivere mentre che a Dio piace: chè lo scrivere de' fatti sua è da dar pena ad amendue. E però porrò fine; ed altro non c'è da dire di sue faccende.

Avvisa'ti del pensiero aveva fatto Filippo che tu ti rappressassi en qua, e da lui ho lettera che te n'ha avvisato, e così lacopo.1. Intendi, avvisato anche Iacopo col quale Lorenzo stava. Ben mi dice che tu non pigli partito, se non hai prima di mio parere. Così mi scrive aver detto a Iacopo e a te. I' te ne dissi, per la lettera che ti portò Gherardo tuo, un poco di mio parere, che si vuole pensare più di sette volte2. Dice sette come dir cento; chè nella Scrittura si prende per un numero indeterminato. en sulle cose, ennanzi che se ne pigli partito; e chi va con pensato,3. Più che pensiero vale pensamento, considerazione. fa alle volte meglio che chi corre a furia. E pertanto a me non pare che per uno anno si debba ragionare di levarsi di costi; chè essendo la guerra grande nel Reame, non vi s'ha a far nulla: ed io en questo mezzo potrò assettare le cose di qua: chè mi pare pure Filippo si dirizzi ch'io vadia a stare dov'è lui. Essendo la guerra, non è per ora da ragionarne; chè non vorre' che lui solo4. Cioè, che neppur lui. vi si trovassi. Niccolò se n'è venuto a Roma; che gittò un bel tratto:5. Vale l'azzeccò, ebbe fortuna; e la fortuna fu, che potè passare prima che per la guerra si chiudessero le strade, come dice poco dopo. ed è sano, e sta bene.

Ara' sentito come l'armata de' Franciosi giunse ne' mari di Napoli, e non si poterono appressare alla terra per rispetto delle bombarde che trassono que' drento; e stettono una brigata1. Detto di cose, appena si trova nei Vocabolari; ma lo dicevano comunemente nel trecento, e credo d'averlo sentito in contado. di dì, en modo che mancava la vettuvaglia. Dipoi Giovan Coscia iscese en terra è del Prencipe di Rosano, che è cognato del re Ferrando, e si fece el parentado; che el detto Prencipe diè una sua figliuola a un figliuolo del Duca di Calavria, cioè del figliuolo del re Rinieri che è governatore di Genova: e fatto el parentado, e dato loro recitto tra nelle terre del Prencipe di Taranto e di questo di Rosano, alcune castella sì sono rubellate, ed è enpedita la strada che viene a Roma; che da Napoli a Gaeta non si può venire per terra, e poco per mare. E da Filippo non ci è lettere espesso come suole. Ònne da lui de' 7 del passato, e dice che non può avere che danno di questa guerra; ma che è parecchi mesi ch'è ito a tentone nelle faccende, e atteso a ritrarsi; e che non è troppo avviluppato: e così mi dice Matteo di Giorgio, che è duo mesi non v'ha rimesso danaio. Ora si sta a vedere che seguiteranno; chè el Re si dice è a Capova con le genti sue dell'arme, e che gli è bene in punto. Che a Dio piaccia metter pace per tutto; che assai dispiacere ho che Filippo vi si truova: che Iddio lo guardi l'avere e la persona.

Sentisti la morte d'Antonio Macigni, e come e figliuoli di Giovacchino e Carlo si preparavano a volere questa redità d'Antonio per vigore del testamento di nostro padre, che lasciò reda costoro, dopo la morte di Zanobi e Antonio, morendo sanza reda. E sonsi volti per ora a' beni d'Antonio, che sono nelle mani di Niccolò Soderini; e si piatiscono al Palagio del Podestà: e dicono, ed è chiaro, che se vincono e beni d'Antonio, che sono convinti1. Cioè, vinti i beni di Zanobi con quelli di Antonio. e beni di Zanobi; e bisognerebbe che noi ponessimo su2. Cioè, rimettessimo fuori. e danari s'ebbono da messer Otto. E per ancora non sono tanto ennanzi el piato, che si vegga quello c'ha essere el fine: che stimo sarà piato lungo, e arà che fare l'una parte e l'altra. Iddio, che può, ci aiuti: che mai ho avere riposo! Pure, quando bisognerà, in questo caso adoperrò gli amici; che pure ce n'è alcuno; en modo ch'io non ho paura d'inganno niuno. E se per via di ragione del Podestà non vincono, per altra via non tireranno a loro nulla. Iddio ne tolga loro la forza. E di quanto seguiranno, ne sarai avvisato.

Batista tolse donna, e ha fatto bel parentado, e n' è tutto lieto: sì che co lui te ne rallegra.

Fia in questa una lettera ti manda Niccolò. Nè altro per questa; se non che ti ricordi di star sano e di buono governo: che a Dio piaccia mantenervi lungo tempo, come disidero. Per la tua Allesandra, in Firenze.

Giovanni Bonsi aspetta per le galee el panno, e a chi l'abbia a chiedere quando giugneranno a Livorno.



A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.

Al nome di Dio. A dì 28 di febbraio 1460.(*) Ricevuta il dì 31 di marzo.

Del mese passato fu l'utima mia. Ho poi dua tue de' 3 e 24 passato. Risposta al bisogno.

Per la mia di novembre ha' 'nteso quale è 'l pensiero e l'animo mio; e veggo che se' contento ch'i' faccia la mia volontà, e che i' pigli el partito mi pare: che mi piace che tu sia di queste cose, che son di qua, contento a quello farò; però ched io non ho altro pensiero, nel finireIntendi, vendere. le possissioni ed acconciare le cose ci resteranno, se no di fare l'utile e salvamento vostro: ch'è mio debito far così, e non ci ho maggiore interesso che 'l vostro. I' ho 'nteso e del consiglio di Tommaso e d'altri, e tutto s'acconcerà per miglior modo, e più sicuro si potrà: che presto si farà quello s'ha a fare. Le possissioni per ancora non sono vendute; che non siamo, del pregio, dove vorremo.1. Cioè, vorremmo; e intendi, non ho offerte che soddisfacciano. Ora di queste non se ne ragioni più: lasciatene el pensiero a me, e quando saranno finite v'avviserò.

Le carte,2. Di carta per dipinto, o piuttosto miniatura, ved. il Vocabolario della Crusca. o vero panni dipinti, ebbi duo mesi fa, e per più mie ne se' avvisato: che la sua diedi a Iacopo, come m'avevi avvisato più volte. Dimostrò d'averla molto a grado, e gran profferte ci fece. L'altre due ho in casa.

La ritificagione facesti a messer Otto, per non averne trovato ricordo, non n'ho potuto dimostràgli le bugie sue: che già me ne ricorda a me, che tu lo facesti; ma dicendo di no lui, no gliel'ho potuto provare. Ma ora che i' ho 'vuto la picchiata co' Macigni, è cancellata. Chè, come ti scrissi, avemo una condannagione di fiorini cinquecento; cioè, che cento, che ebbe Francesco Macigni di que' di Zanobi, s'intendino in questi cinquecento; che restono a pagare a noi fiorini quattrocento. E di questi abbiàno a pagare in duo paghe: l'una a mezzo questo, che di già n'hanno auti fiorini 75, e l'altra a mezzo marzo. Non so se si vorranno indugiare e' resto della prima paga insino al termine utimo, cioè di marzo. Arroto a' vostri affanni avete questa picchiata, che non è a voi piccola. Iddio lodato di tutto, e con pazienza bisogna portare e nostri danni.

Io disiderrei che tu non t'obrigassi a partito nessuno in coteste parti per verun modo; però che l'utile e 'l ben vostro mi pare sia di stare presso l'uno all'altro; e che di più consolazione sarebbe a voi e a me l'essere in luogo di potere dare aiuto e favore l'uno all'altro, per molti casi che possono avvenire: che stando tu in coteste parti, mi pare averti mezzo perduto. Sete ridotti a sì piccolo, numero, che a ogni modo e per molti rispetti mi piacerà che tu pigli partito d'andare a trovar Filippo, e di far quel che per più sue t'ha detto. I' non mi distenderò sopra di ciò in altro dirti, perchè nostre faccende non si sentan per tutto: chè istimo le lettere mie ne sia fatto el servigio che delle tue, che poche n'ho che no sieno istate aperte. Donde si venga el difetto, non so. Insino alle tue che vanno a Filippo, sono trassinate. Sicchè cose che fussino d'importanza non mi scrivere, se no per persona fidata: e così farò a te. Filippo mi se n'è doluto più volte, che le sono state aperte. E gran mancamento di chi lo fa: e bench' e nostri fatti no sono di troppa importanza, pur è mal fatto.

Piacemi Iacopo avesse la mia: attendone risposta. Veggo è stato malato di male di fianco, e che migliorava: così piaccia a Dio liberallo in tutto, e conservallo lungo tempo a' sua figliuoli.

Non m'accade altro per ora. Filippo e le nostre fanciulle sono sane per ora; Iddio lodato. I' mi sto pure chioccia; che sono nel tempo che ci appressiamo al nostro fine: che Iddio me lo dia con salute dell'anima. La Checca ti manda mille salute. Che Iddio t'allumini del meglio dell'anima e del corpo: e fa' di star sano. Per la tua Allesandra, in Firenze.

A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.

Al nome di Dio. A dì 6 di marzo 1460.(*) Ricevuta il 31 di marzo.

A di 28 passato fu l'utima mia, e l'ho di già data a Lodovico, che la mandassi sotto le sue; chè aspettava el fante da Roma parecchi dì fa, e non è venuto. Ora ho la tua per Coppino; che m'è stata di consolazione, sentire novelle di te a bocca; che mi dice tu se' in buon punto della persona: che assai mi piace; e così piaccia a Dio conservarti lungo tempo, con salute dell'anima e del corpo, come disidero.

Veggo la venuta tua a Bruggia n'è suto cagione la malattia di Iacopo; che ha' fatto bene a venire a vicitarlo e a provvedere che abbia el governo suo; benchè essendovi la donna e Tommaso suo nipote, no gli doveva mancare governo; e così Giovacchino e degli altri, che debbono aver fatto quanto è loro possibile: e così tu dipoi ara' fatto la tua diligenza per la santà sua. Dicemi Coppino, che gli ha 'uto gran male, e che è assa' disfatto della persona; e che pure migliorava: che mi piace; e tu mi di' ch' e medici dicono non porta pericolo, che debba migliorare: e così priego Iddio che gli renda buona sanità. Viene inverso la primavera, che è buon tempo a riaversi della persona, se farà buona guardia della bocca: e così lo conforta per mie' parte.

Ricordoti el metterti in ordine ed assettare le tue faccende di costà, e di ritrarre quel poco che tu hai di costà, e ridurti di qua con Filippo, che mi dice avertene iscritto più volte; e così dice a me, ch'io te lo scriva: che per molti casi che possono avvenire, estate meglio l'uno presso all'altro: che se venissi caso nessuno (che Iddio ce ne guardi), si perde l'avere e la persona a un tratto. E poi che Iddio v'ha privati di casa vostra, essendo voi ensieme, e non estando io della persona peggio ch'io mi stia, forse diliberrei venire a vivere e morire con voi. Ora Iddio vi dia a pigliare el partito che debb'essere el meglio.

Avvisoti ch'e dua panni dipinti1. Gli arazzi fiamminghi, de' quali parla nella Lettera precedente. ch'i' ho, l'uno è de' tre Magi che offersono oro al Nostro Signore; e sono buone figure: l'altro è un pagone, che mi pare gentile, ed è adorno con altre frasche. A me paiono belli: serberonne uno, come di'; perchè a quello di' per altra tua che costano, non se ne trarrebbe qui fiorini tre dell'uno; che sono piccoli panni. S'i' trovassi da vendergli bene, gli venderei tramendua. El Volto santo serberò; che è una divota figura e bella.

Le possissioni mie, non ho ancora fatto altro.1. Intendi, di venderle.

Avvisoti che non mi scriva cose d'importanza, e così farò a te, se no quando le puo' mandare per persona fidata: chè tutte le tue mi sono aperte; e così quelle tue vanno a Filippo, che mi se n'è doluto. Così debbano fare delle mie. E pertanto sieti avviso.

I' ho lettere questo dì da Filippo, che sta sano: dice che ha lettere da te di rado: sicchè fa' di scrivergli più spesso che non fai. Consumasi che, non potendo tornare a Napoli per rispetto la guerra, perde el tempo suo e spende assai. Non si può quello che uomo vorrebbe. A Dio piaccia metter pace per tutto.

La Caterina e la Lesandra stanno bene, e così gli altri; Iddio lodato! Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi.

A Iacopo degli Strozzi, in Bruggia.

Al nome di Dio. A dì 10 di marzo 1460.(*) Ricevuta il 2 di aprile.

Carissimo quanto maggior fratello. Più tempo fa non t'ho scritto per no esser suto di bisogno. È questa perchè ho sentito tu ha' 'vuto gran male; che m'è assai dispiaciuto. Pure, per grazia di Dio, mi dice Lorenzo che cominciavi molto bene a migliorare, e che eri fuori di dubbio: che molto mi piace, Iddio lodato. Aspetto con disiderio di sentire sia in tutto libero e sano. Così te ne conceda Iddio la grazia, come tu disideri.

I' ho scritto più tempo fa a Lorenzo, ched io voglio a ogni modo che si rappressi in qua, veduto non essere altri che lor due: ch'io mi contento che stia più presso a noi, che non è; e che s'accozzi con Filippo; e che elegghino una stanza che faccia per loro, e che fussi comoda ancora a me; che, s'i' vivo, vorrei vivere con loro, piacendo a Dio. E così ho detto a Filippo che gliene scriva più volte, e che ne scriva a te, che tu lo solleciti di questa tornata di qua. Ora ho lettere da lui, e del partirsi di costà non me ne dice nulla; che me ne fo maraviglia, sappiendo che è la mia volontà che venga accozzarsi con esso noi. E facevo pensiero che ora al maggio andare a trovàgli a Roma tramendua, ed e mie' fatti e' loro s'acconciassino en modo, che quel poco del tempo ch' i' ci ho a vivere ne stessi contenta; e da altro canto, s'i' mancassi, acconciargli ensieme en modo non avessino a quistionare, anzi avessino a stare come buon frategli e vivere en pace: che tocca a me a farlo, e acconciargli ensieme mentre ch' i' vivo. Ora i' ti priego, Iacopo, che se vedessi che lui non avesse el pensiero a fare questo passo, che per mio amore gliele dica, che non mi voglia disubbidire di questa domanda, che è lecita, e gli fia d'utile e d'onore. Avvisandoti, che se non mi dà questo contento, che non farà per lui.1. Cioè, gliene verrà danno. E questo ti dico perchè lo dica a lui. Fàllo, e confortanelo in mio servigio.

Fusti avvisato come la tua Lisabella fece la fanciulla femmina, e che stava bene; che è grassa e fresca. Così la mantenga Iddio lungo tempo.

A Coppino dissi che per mie' parte ti confortassi, e sopra tutto a far buona guardia della bocca e d'ogni altra cosa che t'avessi a offendere la persona; che vieni in buon tempo a riavere le forze e ridurti in buona sanità. Così piaccia a Dio che sia come disidero. Nè altro per questa. A te, alla Lugrezia, mi raccomando; e mille salute a Lionardo e a la Margherita: che Iddio presti a tutti buona vita. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.



A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.

Al nome di Dio. A dì 11 d'aprile 1461.(*) Ricevuta il 6 di maggio.

A dì 2 passato fu l'utima mia. Non ho da poi tua, che quella de' 8 di febraio, che ne fu apportatore Coppino. Per quella tua intesi della malattia di Iacopo: el simile mi disse Coppino; ma poselo fuori di pericolo della morte. Dipoi ho sentito da molte persone come a dì 13 di marzo egli era piggiorato en modo che, rispetto la malattia aveva, pochi dì poteva durare: per la qual cosa ho 'uto gran dispiacere per molti rispetti, e massime per la sua famiglia; che sono e primi che ne ricevono danno. Iddio sa el bisogno nostro; e non fa se non bene, e per salute dell'anima nostra: così arà fatto per salute dell'anima sua, se l'arà chiamato a sè, ed arà fatto el passo suo: che così abbiàno a far noi. Estimo che arà acconci e fatti sua: e trovandosi fuori di casa sua, e fuor di sua parenti; da voi en fuori, non so a chi si lasci carico di suo' fatti. Se a te avessi lasciato a nulla, per mio consiglio nollo accettare, e rinunzia a ogni governo che t'avesse lasciato; perch'e fatti delle redità sono di gran pericolo, e di noie e briga assai, e non farebbe per te; e sopra tutto fa' che non t'obrighi a nulla, nè a persona, e sia chi si vuole; chè sai non puoi obrigare se no la persona. E a questo sia savio, e ti sia detto per tutte le volte. Non dico che, mentre istai costà, non facci quel buono che puoi; ma sanza obrigo niuno. E questo ti basti intorno a di ciò. Ricordoti che di que' pochi danari ha' di mio, che tu, non avendo ritratto,1. Intendi, non gli avendo ritirati, ossia levati dalla ragione d'Iacopo. gli ritragga, e facci quanto per altra ti dissi. Ho da Filippo che Niccolò scrive che, seguendo la morte di Iacopo, Lionardo si mandi a lui a Roma ; sicchè non potrebbe avere miglior compagnia che la tua. L'apportatore di questa sarà Batista Strozzi: sara' co lui. Che Iddio vi dia a pigliare el partito debb'essere el meglio; che Iddio lo conduca a salvamento. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.

A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.

Al nome di Dio. A dì 25 d'agosto 1461.(*) Ricevuta il 30 di settembre.

Di poi partisti da Roma non t'ho iscritto per non essere accaduto el bisogno. Ebbi poi la tua da Bologna, che ne fu apportatore Lodovico Strozzi: eriti condotto sano tu e la compagnia; che mi piace: Iddio lodato! Dovevi partire di quivi a' dì 20, per essere a Vinegia, e poi per la più pressa tirare costi a Bruggia. Così arò piacere abbi fatto: che Iddio per tutto v'abbia fatto salvi. Tommaso se n'è venuto teco: è buon compagnone, e portati grande amore. Attendo novelle della giunta vostra costi; che Iddio me ne mandi le buone disidero.

El trebbiano ho comperato per mandare al Governatore di Perugia per tuo' parte; e Giovanni ha cerco per migliore che ha trovato; e questo dì lo debba mandare. Costa lire 8 el barile; e' fiaschi, lire 4, sol. 13; e per vettura, fiorini 2 larghi. Pagherassi della Veronica, vendendola:1. Cioè, il panno, o l'arazzo, del Volto santo. Ved. la lettera XXII. se none, Giovanni gli trarrà da Filippo. Sopra di ciò non accade altro. E marzolini, queste fanciulle gli mettono a ordine, e darannosi a Matteo Buonaguisi, come per altra ha' detto.

Da Filippo ho lettere di quanto è seguito tra voi de' fatti vostri, e in che appuntamento sete rimasi; che alla buon'ora sia tutto: e così ho visto come la facesti co' Niccolò; che ogni omo faccia per sè. Sete oramai d'età di non avere balia sopra capo,2. Se balia o balìa, ne sono stato incerto. Essere uomo di sua balìa, per Aver libertà di fare e disfare, si disse, e qui parmi ci quadri. della discrezione ch'è lui; che un altro non credo se ne trovassi di sua condizione: e non che inverso di voi, ma veggo come la va sottilezzando per le nipoti: per ancora non ha fatto loro nulla en dosso; e simile alla Lugrezia. Duolsene la madre forte; che per la malattia della Margherita, e per altre spese, tutto hanno fatto del loro; chè nulla anno auto da lui. Ha proferto lo panno per le cioppe molto escarso; e delle gamurre, che hanno nicistà d'una per uno quelle duo fanciulle, no ne vole per ancora udir nulla; che dice ha da te, che l'hanno buone en dosso: e non è così, che sono di già consumate, e sono per ogni dì per casa: e' panni che sono a cammino,1. Cioè, in viaggio; chè da Bruggia facevano venire le robe della eredità d'Iacopo. di loro, dice la Lucrezia che non sono buone2. Aveva in capo cioppe o gamurre, e scrisse buone; ma qui parlava di panni. a rifare, tanto sono miseri. Ora i' ho scritto a Niccolò, che non me ne dia carico;3. Intendi, non m' incarichi di nulla ec. chè altro che malavoglienza non arei o da lei o da lui. E così m'ingegnerò di fare: chè sono diferenziati l'animo di Niccolò da lei.4. Cioè, son grossi gli animi, non s'intendono fra loro.

Avvisoti che la lettera tu mandasti ch'io gli dessi in suo' mano, della Lugrezia, come si facessi5. Vuol dire, in qualunque modo avvenisse ciò ec. (secondo dice la Lucrezia), che la gli cadde, e la madre la lesse, e forte era crucciata. Andandovi a vedere dipoi la Margherita, che ancora non è del tutto libera del male, e la madre cominciò forte a dolersi di te, che tu avevi escritto che la guardassi, che la dota sua, Donato non vi ponesse su le mani. E di questo non ti potre' dire quanto isdegno n'hanno preso, e non pote' mai con buone parole raumiliarla.1. Cioè, abbonirla. Dipoi, da me e la Lucrezia, dissi: tu non dovevi mostrare la lettera a mona Lena, avendo veduto che v'era su cosa ch'ella n'avesse dispiacere. Ella rispose en più modi; che comprendo lei medesima ne fu cagione, ch'ella la vedesse. Mostrò di no ne fare caso delle parole della madre, nè di quello tu gli dicevi della dota; ma faceva caso del dire, ch'ella s'era per rimaritare: e questo dimostrò che gli dolesse; ma che sapeva che tutto veniva da quella buona lingua di Tommaso Ginori, e che nel pagherebbe a tempo. Ora i' non so vostre trame:2. Cioè, rigiri. dissegli che ti scriverei, che attendessi a fare e fatti tua, e a lei lasciassi fare del suo a suo modo. E bene dimostrassi3. E benchè ella dimostrasse ec. ta' parole non esser contenta ch'i' te le scrivessi, te lo dico di nuovo, che lasci fare a lei del suo, e non te ne impacciare; chè sono cose di poco onore. Credo di costà ne sentirai novelle da Carlo, chè stimo la madre glie l'arà iscritto. Tommaso è lo 'ncaricato della chinea e della sella e del pigliare marito: digliele per mie' parte, ma non gliene scriva però nulla. E attendete a fare e fatti vostri, e sbrattarvi di costà presto. E a lei non è di bisogno scrivere. E' ricordi ti die' Filippo della donna, abbi a mente.

El famiglio tuo venne da Roma, e giunse colla febbre, che tre dì l'ebbe a cammino: tennilo qui tre dì, governandolo bene, e col pollo pesto sera e mattina, credendo la febbre passassi; ma ella cresceva. Quando vidi questo, con buon modo lo feci contento che andò a Santa Maria Nuova; e là lo raccomandammo al medico, e no gli è mancato nulla. Che se guarisce, e torni costà, si loderà di noi. È migliorato; ma dubito che none stia un pezzo con un poco di febbre; e se si mette a cammino, che non sia ben guarito, dubito no rimanga su pell'abergo. Terròlo qui el più ch'io potrò, tanto che riabbia, le forze, e poi si ritorni costà: che Iddio gli renda la santà presto, se 'l meglio debb'essere: che dispiacere ho 'uto del mal suo per tuo amore, che lo menasti teco. El cavallo, Giovanni l'ha governato, ed è guarito del dosso.

L'apportatore di questa Ha Antonio di Bernardo de' Medici, che viene a stare nella compagnia di Cosimo: è a te singulare fratello; e sai quanto tutti noi siàno obrigati a Bernardo, e simile a lui; che siàno tenuti di baciare la terra dove Bernardo pone e piedi, per l'amor grande ci porta, e quello ha fatto per noi, e fa continovamente; ed è molto affezionato a' fatti nostri. Sì che, per ogni rispetto, li sete troppi obrigati. E pertanto fàgli quello onore t'è possibile, e quella buona compagnia che si richiede. Non dico che gli dia aiuto nè consiglio; però che l'ha da sè el consiglio, ched è un giovane di tal vertù, che pochi se ne truova de' suo' pari, e l'aiuto ha da più possenti di te. Pure te lo raccomando, che fia costà più forestiero dite. È molto amorevole; e poi tornò da Napoli, m'è venuto a vicitare espesso: e così ora che s'aveva a partire, m'è venuto a vicitare con tanto amore, come se mi fussi figliuolo: e certo i' gli porto grande amore, e troppo mi duole la partita sua, che ne venga tanto in là. I' t'ho raccomandato a lui, e così lui raccomando a te, che ne faccia quello, bisognando, come se fussi Filippo: chè grande amore porta a tutti noi, ed è giovane che merita ogni bene, ed ha una buona maniera e graziosa. E duol bene a Filippo la partita sua, chè stimava ridurselo presto a Napoli: e' glie ne diè avviso tardi, che di già aveva preso partito per costi. Tutto sia per lo meglio; e Iddio gli dia buono viaggio, e per tutto l'accompagni e conducalo sano e salvo. E così disidero sentire di voi siete giunti a salvamento; che grazia ve n'abbia concesso Iddio; come disidero.

È dipoi tornato el famiglio a casa; e fògli fare buona vita, che si riabbia della persona.

Siàno a dì 28. Questo dì torno.1. Intendi, il famiglio. Ieri ebbi la tua de' 20 dì da Bologna, e quella di Filippo oggi la manderò: è stata assai a cammino. Veggo non se' ito a Vinegia, rispetto le novelle avesti di costà, che presto era di bisogno fussi costà. Tutto per lo meglio. El trebbiano andò per buon modo: e' marzolini ci sono quest'anno tristi, che ne mandàmo a Niccolò Strozzi a Roma, erano de' più belli si trovassino, e dice Filippo che no riescono buoni. Pure ti se ne manderà, come t'ho detto. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.



A Lorenzo degli Strozzi, in Bruggia.

Al nome di Dio. A dì 15 di marzo 1461.(*) Ricevuta il 14 di maggio.

Dei mese passato ti scrissi, e ne fu apportatore Giannino. Dipoi ho la tua de' dì 5 passato. Risposta al bisogno.

Piacemi che sia tornato a salvamento della persona, e che attenda a uscire di noie con dare espaccio alle faccende della redità; e di' che pensi fra un mese esserne fuori: che quando fussi esbrattato in due, mi parrebbe tu ne fussi a buono mercato. Non estò però molto sicura che tu n'esca netto e sanza danno: quando e' fussi che tu non vi mettessi del tuo, altro che 'l dispiacere e la fatica, mi parrebbe avessi fatto un buon passo per te; chè ragione sarebbe, per far bene, non ricever male. Così piaccia a Dio che sia. Di Niccolò no me ne maraviglio punto, che sia in quella forma; chè è la natura sua così, che sempre inverso di voi è stato meno conoscente che negli strani. Lodate Iddio, che v'ha dato tal virtù, che sanza lui potete fare.

Altro espasso vo' che pigli che delle duo lettere, che non te le vo' mandare, acciò non vengano in man d'altri; se già non vedessi di mandarle per man sicura, che solo tu l'avessi. Bisognerebbe capitassino in man di Tommaso Ginori: sono di mano del suo1. Cioè, padre. Francesco a mona Checca: no l'ho mostre; ma dissigli quello tu mi scrivi. Dice, tu ha' buon tempo; che vorrebbe poter essere a ragionare teco delle damigelle, come faceva quando tu eri qua; che quando se ne ricorda, non può fare no rida. Raccomandasi a te.

L'amicizia e benivolenza che ha' preso co' nostri embasciadori, e massimo co Bonaccorso Pitti e co' lor giovani, assai mi piace. È Bonaccorso molto estimato sì per la virtù sua e per rispetto del padre; ha 'cquistato gran nome. in quest'andata, d'essersi governato molto sodamente. Delle pratiche tenute con messer P˙2. Piero de' Pazzi, certamente. consigliatene con Filippo, ma attendi prima a sbrattarti, e poi sarai consigliato di quello arai a fare. Ha' fatto bene a dar carico della donna per Filippo e per te a Bonaccorso; ma no ne fia nulla, perchè vorresti fare le nozze dove non piace a chi può. Iddio sia quello che metta pace negli animi di chi n'ha bisogno, e buono amore, e carità per la innocenza vostra. Di' che quelle lettere erano sotto lettere d'Antonio de' Medici. Non ve n'era niuna di sue: ebbi el mazzo da Matteo di Giorgio, e le lettere feci dare tutte.

Ieri entrò messer Piero de' Pazzi en Firenze con gran trionfo e magnificenza, più che 'ntrassi cavaliere già gran tempo. Non è però da farvi su gran fondamento; chè alle volte a Firenze si dimostra una e fassi un'altra. Hanno detto miracoli de' tuo' fatti, e Donato e messer Piero non se ne possono saziare di dire bene dite. Non ho enteso che se ne dica Bonaccorso per ancora; che ne doverrà dire el simile. Ancora Montelupo, donzello della Parte, m'è venuto a vicitare, e m'abbracciò per tuo' parte, e gran festa mi fece per tu' amore, e dissemi come tu eri molto a grado agli embasciadori: che m'è stato di consolazione sentire tale novelle dite da tutti. Ringrazione Iddio, che da lui abbiàno tutte le virtù e le grazie: che noi, per no' medesimi, non possiàno nulla; da lui solo abbiàno tutto. E per tanto lodo e ringrazio el Signore, e priego ci dia grazia che noi ne siàno conoscenti, de' doni che ci dà. Del ben fare non se n'ha che bene da Dio e dal mondo. Così ti conforto sempre avere timore di Dio, e a far bene; che così piaccia a Dio sia. Ricordoti, secondo sento, che chi sta co' Medici sempre ha fatto bene, e co' Pazzi el contradio; che sempre sono disfatti. Sieti avviso.

Da Filippo ho lettere, che vuole andare per duo mesi a Napoli, non vedendo le cose en modo vi si possa fermare: ma trovandole che al tempo nuovo prosperassino, come e' crede, vi si fermerà: se no, tornerà a Roma. Iddio per tutto l'accompagni.

Giovanni della Luna duo dì sono gli cadde la gocciola: ha perduto tutto il lato ritto, e non favella, e sta male: Iddio l'aiuti.

Bernardo de' Medici è tornato da Mellano, che v'è sta' imbasciadore; e sta bene. Piacemi che Antonio e tu v'amiate come frategli; e così vi mantenga lungo tempo Iddio: raccomandami a lui. Di Tommaso non sento nulla; e la Lucrezia a questi dì mi domandò quello che n'era, che nulla ne sentiva: sicchè avvisa come gli sta. Di' 'Antonio, ch'i' ho 'vuto una sua, che è stata di consolazione. Non accade altro. Siàno a dì 26, ed ho la tua per Pieretto, de' 26 passato. Risposta.

Attendi a dar fine alle cose di costà quanto t'è possibile, chè mi piace; e tanto più, quanto non credi averne danno. Ho 'nteso quella pratica hai con messer P˙: hotti detto in poche parole; con Filippo te ne 'ntendi, che sa meglio di me quello è da fare. Ma, per quello ho sentito per altri tempi, non è da 'mpacciarsi con loro, per avere delle traverse, che n'ha' 'vuto assai. Poi non ha qua la riputazione tu credi, per rispetto ch'è amico de' Franciosi; ch'è contradio a chi può più di lui. Ha in quest'andata più perduto che acquistato; e bastiti. Questo no ne ragionare con altri, che non potrà essere nollo senta. A Bonaccorso per Giovanni gli mandai la lettera, e molto ti lodò; e disse a Giovanni, che della licenza, tasterebbe s' ella si potesse avere, pognendo il caso in altri che in te. Son cose di carico1. Cioè, d'importanza, e anche di pericolo, di odiosità e simili. assai: da lui ne doverrai essere avvisato. Le lettere tutte si dierono bene.

Giovanni Bonsi finì2. Anche qui sta per vendè. parte della casa, e parte ne restò, come per altra ti dissi: aspettiàno risposta da te, che s'abbia a fare di quel prezzo di 20 ducati e di que' duo imbrattimi.3. Le lettere precedenti, che mancano, ci avrebbero chiarito di che imbrattimi si parli: forse, pitture? Usa imbratto in questo significato il Sacchetti.

A dirlo a te, Lodovico si frammette malvolentieri per G˙ co messer Zanobi; chè altro che nimicizia non se n'acquista. Scriva a Macigno; chè a lui starà meglio che noi. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi.

Al nome di Dio. A dì 17 di dicembre 1463.(*) Ricevuta il 30 di dicembre. -- Di questa lettera si danno alcune parti; il resto della carta è corrosa.

. . . . . . . . . . . El finocchio e 'l marzolino avesti: di' che sono ventitrè marzolini, ed è vero; chè uno parti' per saggio; che erano ventiquattro, sì che restorono ventitrè. Hai auto la ragione tua: el partito fu mio. El finocchio non fu bello nè buono; ma poi ch'i' l'avevo, te lo mandai così fatto com'io l'avevo, acciò che non dubitassi ch'io non te ne volessi mandare. Ha' fatto bene a fare masserizia del vecchio; che veggo fate più masserizia non credevo, e fate bene.

Del fratello di Nofri veggo, per le ragioni che di' non ti pare di torlo, possendo averne un altro: sia col nome di Dio. Quello di Niccolò di Barla non è ora in età da ciò, e di lui non bisogna parlare per ora. Altre volte ti dissi del figliuolo di Lotto Lotti, che debba avere in su' 14 anni; e vogliendo tu un fanciullo di casa,1. Cioè, d'un qualche ramo degli Strozzi. si restò indrieto questo. Allora e' m'aveva buona vista: el maggiore è un dassai garzoncello, en modo che lo tiene presso a sè. Questo che ci voleva dare, pareva isperto, ma non come il maggiore. Ora i' non so se tu t'avessi el capo a questo, vogliendolo Lotto mandare; chè è parecchi mesi non vidi la Lorenza, ch'è in uficio:2. Intendi, il marito è fuori di Firenze, in ufficio per il Comune; e seco è la moglie. e fanciugli estanno qui a bottega. Sì che avvisa di tuo pensiero: e se non fussi per le cagioni che mi di', che non està bene dua frategli ensieme, ti direi togliessi questo di Sandro, che è da farne più a suo modo che di quest'altri; e da altra parte è povero, ed è mercè a fargli del bene. Pure rispondime; e in questo mezzo i' m'informerò di questo di Lotto, che cosa egli è; che, di casa, no ne so più niuno dal fatto vostro.3. Intendi, non conosco altri giovinetti Strozzi, che possano fare per te. Di quello de' Giacomini, altro non accade dirne; che son certa non diranno di no, che volentieri te lo manderanno.

Avvisoti come gli Strozzi hanno fatto parentado co' Pitti, e questo si è una figliuola di Benedetto di Pieraccione,1. Le parole in corsivo supplisco co' documenti o col contesto. che ha 'uto duo mariti: è d'età d'anni da 49 a 50: ha tolto Ruberto è 'l terzo marito. Essene fatto festa di questo parentado, che dicono è così buono .... Tanto più sarà da stimare questo parentado, che in questa pasqua vi sarà .... cavaliere: chè il Popolo di Firenze, veduto la sua gran virtù e la sua buona fama,....ha deliberato fare questo magno Cavaliere; che ben gonfierà la vescica: e se ha fatto bene pel passato, farà bene e meglio per l'avvenire. Ancora ha tolto donna un figliuolo di Benedetto di Piero Strozzi, che ha nome Filippo, s'i' ho buo' ricordo; e stette en Catalogna co Matteo di Giorgio....povero .... Ha tolto una figliuola di Giorgio Buini: ha mille dugento fiorini di dota; ma non v'è altro, chè sono....

Io scrissi a Luigi, o vero risposi, che Giovanni no m'aveva voluto dire che faccenda era la vostra; ma credevo era del dare e dell'avere, che non era cosa s'appartenessi a me; ma ch'egli era stato servito da te ne' sua bisogni, e non ti voleva fare il dovere; e che questo era mai fatto: che seguitandone tra noi meno.... onore, come mi dice, ch'i' prieghi Giovanni, che abbia riguardo a l'onore suo e tuo, che lui ne sarà cagione, per non volere fare il dovere a chi esconciò sè per servirlo; e alcun'altre parole buone. En questo punto n'ho risposta, e mi ringrazia, e mandamene una a Giovanni, che in effetto dice, fargli fare una promessa di cento cinquanta fiorini per tutto ottobre, e dargli ora 20 tappeti; e pure si gli raccomanda che aspetti Niccolò, che certo farà il dovere. Altro non dico, perchè da Giovanni ne sarai avvisato della concrusione della sua lettera: i' per me none gli risponderò più, chè non sono cose da me. Che Iddio v'allumini la mente di fare il dovere l'uno all'altro; e guardivi Iddio di male lungo tempo. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze, vi si raccomanda.



A Filippo degli Strozzi.

Al nome di Dio. A dì 22 di marzo 1463.

A dì 15, per Francesco di Sandro Strozzi ti scrissi; e per non aver tempo, non feci risposta alla tua de' dì 6 di detto: farolla per questa.

Sarà di poi arrivato costi el detto Francesco, e vedrai la vista sua, se somiglia Nofri: che a me non pare. Hogli detto che io sono quella che te l'ho dato, e che l'onore di lui ha esser mio; chè t'ho pregato lo tolga: e così l'opposito; che non si portando bene, i' n'aro il carico da voi; e lui n' arà danno e vergogna e che in qua sarà rimandato. Risposemi, che aveva pensiero di farmi onore, e simile a tutti gli altri. Così mi piacerà che faccia.

Dissiti come da Miraballa m'avevo fatto dare fiorini 4 di suggello, e a lui dissi ti portassi el conto di quello che spendeva; che lire 7 pagò qua per vettura d'una bestia insino a Roma, come da lui sentirai: credo ne facesse ricordo a un suo libricciuolo portò seco: sì che di tutto ti fa' render conto. E così se avessi preso danari da Niccolò Strozzi.

Raccomandotelo;1. Torna a parlare del giovine Francesco. chè 'l padre l'ha dato a mie' caldo,2. Oggi, a riguardo mio. e raccomandato a me: dissi, che l'opere sue, essendo buone, si farebbono essere raccomandate per loro medesime: sicchè, poi che se l'arrecano da me d'averlo mandato,3. Cioè, pensano d'averlo potuto allogare con te Filippo per dato e fatto mio. quando ti paressi, ch'io avessi a ricordàgli più una cosa che un'altra, avvisamene, e gli farò duo versi, e riprendendolo del mancamento; e alle volte gli farò un verso, ricordandogli che mi faccia onore. Così gliene dia Iddio la grazia.

Da Lorenzo ho lettere de' 3 di febbraio, che l'arrecò Francesco di Sold Strozzi: non so per che via s'è venuto, che non l'ho veduto ancora. Estimo Lorenzo all'auta di questa sarà tornato costi; che mi piacerà sia con salute dell'anima e onore del corpo. Concedagli Dio buon viaggio.

Veggo, sopra il carico ch' io ti scrissi che t'era dato, e simile Matteo te ne scrisse, puossi considerare en buona parte donde viene; ed ho molto caro che le sieno bugie, più che l'opposito. Iddio rallumini la mente a chi dice quello che non è; ed è d'avere compassione a tali nature. La verità ha sempre suo luogo. Attendete pure a far bene; e guardatevi, come tu di', di non fare torto a persona; chè facendolo, offenderesti Iddio e l'anima vostra, ch' è il tutto. Ennanzi men roba, che offendere quel Signore che ci ha a giudicare l'opere nostre. E in questo mondo è brieve questa nostra vita; e ci bisogna adoperare che nell'altra vita, che non ha fine, viviàno co riposo. E una delle cose che ci dannano, si è il non fare il debito al prossimo; chè lo dice il Vangelo: Fa' al prossimo tuo come vorresti fussi fatto a te. E questo ti scrivo, so che lo sai; ma ve lo ricordo, perchè sete della mia carne e sangue, e grande amore ne porto all'anima e al corpo; ed è mio debito ricordarvi el ben vostro. Sono molto contenta della buona fama e dell'esser tuo, e honne gran consolazione e piacere, che per le parole1. Intendi, nonostante le parole ec. de' maldicenti sempre vada diritto, sempre con salute dell'anima. Così priego Iddio che ve ne dia la grazia. Di Tommaso Lottieri, mi disse Giovanni che a lui l'aveva detto, e che si lodava così di te; e che tu avevi una schiava che sapeva così ben fare, e ne disse molto bene; e del desinare che tu gli avevi fatto così alla sprovveduta, che sare' bastato a molti forestieri: sì che ne disse bene a Giovanni. Se ad altri ti diè carico, non so: questo mi disse Giovanni aver da lui. Non è in questo fatto farne più caso si bisogni, sentendoti netto. E così di quello de' Mannegli non è da por mente a sue parole.

Per altra ti dissi delle terre vendute, e de' danari rimessi a Roma a Niccolò Strozzi, cioè fiorini 134, ensino a dì 10 di questo: e ancora ti dissi de' duo pezzi di vigna mi restano a vendere; e poi è spacciato Quaracchi.

La morìa ci è pure un poco ritocca, ma in gente manuali:1. Più sotto dice, con modo anc'oggi vivo, di bassa mano, cioè popolani. ma ci si fa una gran guardia, e sta alle volte dì quindici nulla si sente: poi ritocca, pure in gente di bassa mano. E non ci si sta sanza sospetto: per ancora e cittadini ci si stanno. Credo bene che fatto pasqua, chi arà villa che vi sia buona istanza, vi s'andrà a stare, tanto si vegga quello che fa. Giovanni quest'anno s'è stato colla brigata in villa, e starà mentre che v'è sano. Lui ci viene alle volte, o per mia fatti o per sua; e sta duo dì per volta, secondo el bisogno suo e mio. Marco ha comperato un podere in Mugello presso al suo, con un poco di ceppo di casa; che sendoci morìa, e là fussi sano, forse vi s'assetterebbe. Ha speso fiorini 400. Di' che per ogni via faccia pensiero di partirmi, essendoci morìa: farèno quello erederrò che ben sia. Che Iddio m'ammaestri del meglio.

Della Marietta non sento altro. Aspettasi la madre ogni dì, che è a Bologna, stata già uno anno. A buon fine credo l'abbia fatto. Se a 451. Questa cifra significa Lorenzo: e a stare un anno, sottintendi a prender moglie. pare di stare a vedere ancora un anno, sia alla buon'ora. Pure, quando cosa buona ci capitassi, saranne avvisato di tutto.

Sono a dì 23, ed ho la tua de' dì 10. Risposta al bisogno. Se' avvisato della vendita de' duo pezzi di terra, e de' danari rimessi a Niccolò; e questo di ho lettere da Roma, come e danari se ne farà la tua volontà; e di già dice Niccolò avertene iscritto. Di' che teco non bisogna pigli escusa del pigliare il danaio ho di bisogno, ma ch'io gli spenda pure utilemente. A che ti dico, che i' ti scrissi bene per avere materia di darti che leggere: ma più lo feci perchè sapessi quello che volevo fare de' danari, perchè non crediate ch'io me gli spenda in altro. E s'io mancassi,1. Cioè, venissi a morte. voglio che sappiate ch'i' non ho danari nella cassa; ma questi s'hanno a spendere nella più utile cosa ch'i' abbia, ch'è l'anima mia. E delle male ispese mi guardo, e di spendere inutilemente. E sopra di ciò non n'accade altro dirne. Farò sempre quello crederrò sia bene per me e per voi.

Sono molto contenta d'avere inteso che abbia soddisfatto a quanto ti lascio2. Accenno agli obblighi che Matteo aveva lasciato da soddisfare per testamento. el mio figliuolo; che ha' fatto bene, e ricorditi dell'anima sua.

Di Niccolò Magalotti, entendo l'ha' mandato fuori per tue faccende. Doverrassi riconoscere de' sua mancamenti, che n'ha auto una grande esbrigliatura.3. Noi diremmo strapazzata. Del padre di 32, si tornò, come ti dissi, a sedere, e sta bene.

Di Batista non ho poi domandato nè sentito altro. Da Lorenzo ha' lettere più fresche di me. Dirò a Giovanni s'informi che mercatanzia v'ha su Niccolò, e che quantità: che te ne dia avviso. Aspèttallo la madre e la donna al maggio.

Entendo che 'l lino della Caterina tu l'abbia in casa, e mandera'lo per terra: vienne ora de' vetturali, secondo sento. El lino mi restò di tuo, pòllo a mie' conto, cioè libbre 42.

A Giovanni Bonsi farò comperare gli occhiali e de' più fini, come tu di', e per primo si manderanno.

Questo dì si comperorno gli occhiali, e ti si mandano sotto lettere di Niccolò Strozzi a Roma pel fante: sì che fa' d'avergli. Nè altro per questa m'accade. Raccomandomi a te; che Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.

Da Ruberto Mannelli, che viene di Levante, mi disse1. Superfluo il Da; ma il pensiero le diceva ebbi, seppi, intesi: la penna poi, come fa la lingua ne' parlanti, vario forma. novelle di Lorenzo, che stava bene; e che del zucchero non ve n'ha trovo, e però non ve n'ha mandato. E così mi dice Ruberto, che non ve n'era; non enporta.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 7 d'aprile 1464.(*) Ricevuta il 20 di aprile.

A di 23 del passato fu l'utima mia. Ho poi una tua de' 20 di detto, e di' che ne fia apportatore Giovanni del Mugnaino vetturale, pel quale mandi un sacco di 25 mazzi di lino alla Caterina en luogo di quello t'ha chiesto: e più di', che al vetturale si paghi, per vettura o passaggi, fiorini uno larghi. Così si farà quando el lino giugnerà; chè la lettera venne sì presto, che nolla recò el vetturale, ma venne pel fante: ebbila da Miraballi. Ora aspetterò el vetturale, che fra pochi dì ci doverrà essere. Farò d'avere quello della Caterina, che non si scambi con quello mandi alla comare. Arà ben caro tal presente, più che se avessi fatto presenti di confetti. Da Giovanni credo sia avvisato della spesa si fece nel cero, che glie l'ho fatti buoni; e così e danari degli occhiali, tutto ho pagato.

Ancora di' che se' contento, che quello mandi alla Caterina nolli costi danaio. Questo voglio detto, perchè mi par troppo lino a donare a Marco, che ha el modo a pagare; e quando gliene donassi dieci mazzi per volta, era assai, e innanzi, tra duo volte.1. Intendo, più che bastante per due volte. Quando volessi donargliele, i' no gli dirò altro ensino non ho risposta da te; e auta, ne seguirò la tua volontà.

Per una tua a Giovanni Bonsi di' che 'l fanciullo di Sandro era a dì 25 giunto costi: che Iddio lodato. Arai dipoi veduto se l'aria sua ti piace, e me ne di' quello te ne pare. Avete costi Andrea, che se ne dice miracoli della virtù sua, e massimo Tommaso Ginori, che venne el dì della pasqua, e me n'ha detto molte cose delle virtù ch'egli ha: e così della Marina, de' vezzi ch'ella ti fa. E sentendo tante cose, non mi maraviglio che vogli endugiare ancora un anno, e che si vada adagio al darti donna. Fai come colui che voleva endugiare la morte e 'l pagamento el più che poteva. Non hai più ch'una femmina per casa, e se' ben governato; e se to' donna, n'arai parecchi, e non sai come ti starai. Sicchè mi pare tu sia savio a pigliar tempo, e del buono, quando lo puoi pigliare.1. Non dice questo senza ironia, perchè voleva vederlo ammogliato. E difatti soggiunge, di tener in vista parecchi cose cioè, partiti per lui. I' ho detto a Tommaso parecchi cose a che avevo el pensiero: non so che si seguirà.

È vero che la morìa pur segue, ma non tocca de' buoni: abbianne qui en vicinanza dirimpetto al Pescione.2. Anc'oggi presso il palazzo Strozzi è la via de' Pescioni. Iddio ci aiuti.

Arai auto dipoi e fiorini 134, che mi scrive Niccolò avertegli rimessi: avvisa quando gli hai auti. E così per mano di Niccolò ara' gli occhiali: se a salvamento si conducono, credo l'amico tuo sarà ben servito. Avvisa come son giunti sani.

A Lorenzo non escrivo perchè non so che sia tornato di Cicilia. Ruberto di Ramondo e Francesco di Soldo, che vennon di Levante, me ne dissono novelle, che gli stava bene. Iddio lo rimandi sano, e lungo tempo vi mantenga, com'io disidero.

Tornò qui Giovan Tornabuoni, e non sento dire nulla della figliuola di Lorenzo. È ben grasso, ed ha presso al 40, al modo tuo.3. Cioè, ha press'a poco anni quanti ne hai tu. Non credo Giovanni lo facessi: e quando pur volesse la madre non è di quel volere, se non si rimuta d'animo.

Ara' sentito della galea perduta en Fiandra, che è stato grande scurità: perduto tante persone e la roba. Iddio abbia 'vuto misericordia di loro. Estavo prima co pensiero di Lorenzo quando sento che va in mare: ma ora ne starò con maggiore paura quando saprò abbia andare o tornare per nave: che l'Agnol Rafaello l'accompagni. Avvisa se è tornato, o quando l'aspetti: che di male vi guardi Iddio. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.

Raccomandoti Francesco: se non è con tante virtù come Andrea, abbi pazienza, e 'nsegnategli, chè ha buon sentimento, e credo apparerà.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 9 d'aprile 1464.(*) Ricevuta il 20 d'aprile.

A dì 7 ti scrissi quanto m'accadeva allora; e credendo Tommaso partissi quel dì, essendo soprastato alcun dì, è scaduto che, vogliendo acconciare e fatti mia, truovo che, vogliendo fare testamento, non posso fare ch'io no lasci mia ereda universale: e perchè, non sapiendo questo, mai n'ho auto teco ragionamento, te n'avviso che ti pare da fare; e considerare bene a tutto, che chi io lasciassi mia reda è obrigato a' mia debiti di gravezze o d'altro; benchè altri debiti non ci è di mio: e così avendo danari, ancora sarebbe di detta reda: e così le masserizie si trovassino di mio. E pertanto a me parrebbe che, rispetto e danari avete o dandovene più, per non mettere confusione tra voi e altri, di lasciare voi mie' erede universale; e non aresti avere a fare con altri: e quando el caso della morte mia venissi, rifutare la redità, essendovi dannosa; e le masserizie farne danari, del meglio; con tutto che, togliendo donna, pure se ne scemerà qualcuna; e avendomi a partire di qua, se ne trarrebbe: e la casa e el podere alla Lesandra, come altre volte abbiàno ragionato. Sicchè fa' pensiero a questo fatto come ti pare el meglio; avvisandoti che, essofatto ch' i' ho l'avviso da te di questa reda, farò quello arò a fare. Sicchè avvisami di tuo parere, più segreto che si può; che non si sappi per altri che per voi: chè ci è chi v'ha a dar noia. E questo è Lodovico e Batista, che a questi dì hanno minacciato Lorenzo, e vennonmi a dire molte novelle, come da Tommaso sentirai, chè li ho detto tutto. E infine mi dicono, che innanzi espiri el compromesso che hanno co Lorenzo, vogliono cercare di fare qua che non perdino le loro ragione: e che se mai se ne potranno valere o qui o altrove, lo faranno. E mi dissono ch'io lo scrivessi a Lorenzo e a Niccolò; che loro avevano iscritto a tutti e a te, e che voi davate parole; e che Niccolò scriveva loro, che non poteva avere niuna cosa da Lorenzo; il perchè facessino el fatto loro: sì che i' te n'avviso. A Tommaso ho detto più particularmente, chè ve lo dirà a bocca. Quando m' ebbono detto tutto, dissi loro, che di questo fatto non sapevo risponder loro; ma ben sapevo che Lorenzo, per questa redità d'Iacopo, aveva messovi la persona e l'avere e l'onore; ch' i' non sapevo quello volevano che si facessi. E così alcun'altra parola che accadde. Dipoi mi dolfi che tra loro avessi a sequire discordia, e che se vedevano ch'io mi potessi adoperare a nulla di buono in questo fatto, che me lo dicessino, e lo farei volentieri. Dissono di no, ch'io non ero da questo; ma che me lo venivano a dire acciò che, sequendo nulla contro a Lorenzo, ch'io ne fussi avvisata, ch'io non mi maravigliassi di loro. E a te ne scrivo, perchè non so se Lorenzo s'è tornato: e poi gliele dirà Tommaso a bocca.

Ancora da Tommaso sentirai come, ragionando co lui di volerti dar donna, egli è uomo da fatti, e presto te n'ebbe una in pratica, e andolla a vedere per recartene novelle. Ragiona'ne più tempo fa con Marco, e non gli va a pelo per alcuna cagione; e dicemi: per ancora non si sa che voglia donna, e no l'abbiamo detto,1. Sottintendi, a Filippo. e per questo non possiamo intendere dove ci abbiamo a capitare. Per che si sia domandato1. Quantunque ec. delle fanciulle per uno di fuori, non s'è nominato Filippo Strozzi; eccetto che, per mano di Ramondo, a Ruberto Pitti. Sì che Marco ha openione che, quando si dicessi per te, di trovar meglio che questa de' Soldani. E pertanto gli pare da cercare se meglio si può fare: e quando non si trovassi meglio, della qualità di questa se ne troverrà, e più belle; che, secondo Tommaso, ella pare troppo fanciullina, e pur v'è el tempo da essere più fatta che non è. Non sono cose d'andare così alla prima che viene altrui alle mani. Marco ha openione di trovar meglio: e dice ci metterà el capo; e trovando nulla di buono, s'avviserà. Chè non è da stare a vedere, chè gli anni passano; ed io ne sono sollecitata per più lettere da Niccolò Strozzi. Pognàno 4 per 34 anni,2. Qui parla di Lorenzo, che ho già notato come stia sotto la cifra 45; il quale aveva appunto circa 34 anni. non è da indugiare, abbattendosi a cosa buona: chè a Dio piaccia di trovare come disidero.

Raccomandoti Tommaso: è fedele persona, e portavi grande amore; sicchè, quando gli potete fare del bene, fatelo. Ancora ti raccomando Franceschino. Voi avete Andrea che ha tante virtù, che gli altri vi parranno e da poco e addormentati. None isbigottite Francesco. Dategli animo, chè credo pure n'arete buon servigio. A Dio piaccia. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Manderotti gli Otto,1. Cioè i nomi de' nuovi Otto di balia, magistrato da cui gli esuli potevano molto sperare o temere. chi e' sono, in questa, o te gli dirà Tommaso. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.

Sabato sera giunse el lino. No l'ha recato quel Giovanni del Mugnaino, ma e' l'ha recato Mariano di Bino vetturale; e vuole più vettura: Marco gli darà quello che scrivi, fiorini uno larghi. No gli ho detto che no gli costa nulla; ma mi domandò s'io era avvisata del pregio. Dissi di no. E' mi disse ch'io te lo dicessi, che ne dessi avviso. Fa' ora che ti pare, e avvisami.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 21 d'aprile l464.(*) Ricevuta il 6 di maggio.

A dì 9 per Tommaso Ginori fu l'utima mia: dipoi ho dua tue, de' 4 e 9 detto. Risposta al bisogno. Condussesi costì Francesco di Sandro; e veggo dipoi l'ha' provato, e ti pare pure da poco ne' fatti di casa: ed è vero; chè procede en buona parte da chi gli allieva. Questo suo padre è buono uomo e favellante, ma non è secondo la vista che mostra; chè l'ho pratico ora, per l'amicizia presi di questo fanciullo, e sommi adoperata al maritare d'una sua figliuola, cioè di confortare e parenti di chi l'aveva a tòrre, en modo che s'è fatto el parentado: sicchè non m'è riuscito come credevo. È la donna da più che non è egli. Hanno gran famiglia, e poca roba, e debbangli allevare grossolanamente. Pure fatene la diligenza vostra; e tu hai Andrea, che gli doverrà ensegnare: e non sendo grosso istormento, doverrà pure apparare. Che Iddio ce ne dia onore. E fiorini 4 ebbe qua, io gli ho fatti buoni a Miraballi per parte.

Facestimi creditore de' fiorini 134, auti da Niccolò, e per me da Miraballi: n'ho ritenuto e fiorini 18 che ebbi per duo catasti: pagherogli ora, che ho venduto uno pezzo di vigna fiorini 10 lo staioro: credo sia staiora sette; pure nollo so a punto: hassi a misurare, e poi ne farèno la carta, e piglierò e danari: sicchè pagherò e fiorini 18 a Miraballi, e cancellerassi tale partita: e del resto de' danari pagherò duo catasti e un mezzo danaio per lira, che s'hanno a pagare per tutto questo. Credo si sosterrà el dì1. Cioè, come oggi si direbbe, si prorogherà il termine al pagamento. ensino a mezzo maggio, che saranno circa di fiorini 23. E il resto de' danari ch'avanzerà serberò, essendoci morìa, come si dimostra essere; che avendo bisogno di qualche fiorino, per avergli a mie' posta; e no n'avendo bisogno d'adoperargli, qua al settembre so che s'arà a pagare qualche catasto, e potrò mettergli quivi, che tanti meno ve ne trarrete di mano: che mai s'ha a fare altro che pagar catasti! che se ci fussi punto di sospetto di guerra, sarèno disfatti (Iddio ce ne guardi!); tanti se ne paga ora, che la terra è in pace e tranquilla: per molti, altro non si può fare. Iddio provvegga al nostro bisogno. Avvisa se così ti pare da fare.

E' mi resta ora a vendere a Quaracchi un pezzo di vigna; che trovandone el pregio ch'i' voglio, la venderò; e non trovando, si resterà: fa buon vino per la state, e se 451. Lorenzo. avessi pensiero di venire mai a berne, sarebbe poi contento ch'io noll'avessi venduta. I' v'ho presso che contenti del finire le cose. Solo mi resta questa vigna, che te n'ho detto mio pensiero: e per altra ti dissi quello mancav'a acconciare e fatti mia. Aspetto tua risposta, e darògli spaccio.

La vigna venduta avete a sodare voi; e perchè la procura facesti più tempo fa in Giovanni è spirata, è di bisogno ne rifacciate un'altra in detto Giovanni, che possa sodare per voi, come stava quella; e noi farèno la carta; e Giovanni e Marco s'obrigherrà per qualche mese, tanto s'abbia da voi detta procura. Ancora mi dice Giovanni, che in su detta procura potete obrigarvi a Giovanni in quelle cose ha sodo per me, o sodassi di cose vendute o che s'avessino a vendere, dove Giovanni avessi a sodare: so che m'intendi, meglio nollo so dire, el bisogno.

La Caterina ebbe i' lino: pare a lei e a Marco buono e bello. No gli ho detto che tu glielo doni. Fagli tu duo versi, e digliele tu medesimo: che pure parrà che tu ti ricordi di lei; e che poi che Iddio l'ha private ditale consolazione, quanto aspettavano di vedere alla tornata vostra ennanzi e vostri casi, che faccendogli duo versi e tale dono di questo lino, n'arà piacere, e no gli parrà in tutto essere privata dell'amor fraternale: e un poco di caldo gli darai di te, che da persona non hanno. Avevoti detto per altra, che Marco aveva el modo a pagare: di poi mi pensai che li è ben fatto donargliele; che pure arà quello di dire: Me lo mandò mio fratello!

Ho visto quello ti scrive 15, che mi piace; ma non è da porvi speranza nelle parole. Trovommi a' dì passati, e fecemi molte offerte. Ringrazia'nelo. Potrebb'esser che si ravvedrebbe: e tu fa' sempre il debito tuo con ogni omo, come ha' fatto per ensino a qui. Altro di lui non accade.

I' ho 'nteso el capitolo auto dall'amico tuo, e la risposta che gli ha' f atta. Piacemi; però che non mi gusta, rispetto el padre e' frategli.

Altro non so; ma così per la prima, non mi piace.

La figlia di Lorenzo si sta così: non ho sentito di poi altro. Aspettacisi la madre. Questa moria dà loro gran noia, alle fanciulle, chè pochi parentadi ci si fa. Veggo che voi di costà n'avete anche sospetto, e di già ve n'è morti alcuni: che n'ho dispiacere assai, più essendo costà che qua, e co più sospetto ne starò. Priegoti quanto so e posso, che tu ti sappi guardare, e non aspettare che la cosa trabocchi prima ti parta: fa' d'essere de' primi: ricordandoti, ch'e nostri passati, tutti sono iti di tale male, da Matteo mio figliuolo in fuori: sicchè stieti a mente. Lorenzo doverrà esservi presto; e di poi pigliate partito, seguitandovi tal male: che Dio e San Bastiano vi scampi di questo e d'ogni altra tribolazione, come disidero. E a campar la vita, è buono a por le faccende e' guadagni da parte. E più rompe e disegni la morte, che altro. Attendete a vivere el più che potete. E morto qui di pesta Piero Piaciti da sabato a ore 22 a lunedì a 20 quattr'ore. Sonsi trovate la madre vecchia, e la moglie col corpo grande, e sei figliuoli, sole e sanza governo d'anima, e male governo del corpo. Non vi si trovò che duo servigiali di Santa Maria Nuova. Non è chi faccia loro un servigio: ensino al pane, non truovano chi lo cuoca loro: ogn'uomo fugge: aveva un ragazzo, e gli Otto l'hanno fatto mandar via. È una iscurità a sentire quello si fa. Iddio ci aiuti.

Morì Giovanni della Luna, tre dì fa, pure della sua malattia. Feciogli grande onore.

Piacemi che abbi cancellato Miniato: come lo veggo, gliele dirò.

Dicevo che mettessi el lino a mie' conto, perchè facendone delle cose per te e per Lorenzo, mai n'avessi aver nulla: ensieme sta meglio a mie' conto. Fallo, come per altra ti dissi. I' credo, secondo l'ordine del passato, che arete bisogno delle camice, ed io non ho ancora in ordine di farle. Do ordine di fare el panno, e per questo soprastò qui: che me ne sarei ita in villa; ma lo voglio mettere in ordine prima. Fia bello di filo come le camice logore. Iddio vi dia grazia logoriate ancora questo, con santà dell'anima e del corpo. Nè altro per questa m'accade.

Non vi sendo Lorenzo, no gli scrivo; chè a te iscrivo a bastanza. Leggi quando non hai troppa faccenda. Che Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze; a voi mi raccomando.

A Filippo Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 28 d'aprile 1464.(*) Ricevuta il 9 di maggio. Scrisse 1463; ma è certamente del 64, che a stil fiorentino era cominciato da poco più d'un mese.

A dì 21 fu l'utima mia. Non ho poi tua: ho per questa manco a dire. Ma solo fo per avvisarti che ieri ci mandorono gli Uficiali della Torre, che sono sopra' confinati, una richiesta a Lorenzo e Giovacchino, che la mandò Lodovico e Batista, che fra cinque dì fussino compariti dinanzi all'Uficio loro. È grande vilume di scrittura; e conta come hanno avuti danari e gioie e masserizie (e conta per nome tutto) della redità di Iacopo; e come Lorenzo e Giovacchino feciono accordo con tre uomini diputati da' creditori, che fra dite anni debbano avere accordato detti creditori de' detti beni di Iacopo, o vero della redità. Ora, noll'avendo fatto, e Sendo el termine di detto accordo, e noll'avendo osservato, si richiama di loro. Ell'è tanta scrittura, ch'io non te ne posso dare notizia per ora; ma farolla copiare, e manderovvi la copia. Altro sopra di ciò non cale dire per ora; che non so altro. Quando sentirò più oltre, ve n'avviserò. Holla mostra a Marco, se a me venissi contro di nulla per averla riceuta: dicemi di no. No so a che si riusciranno.

39 va tuttavia pensando se 55 può far danno '39,1. Cioè, a 39. Cifra che, come altre, non ho modo di spiegare, restando al 29 quel frammento che si trova fra le carte Strozziane. che dice crede di no. Iddio, che può, provvegga al bisogno.

Da Tommaso ne sarai avvisato della proposta mi venne a fare Lodovico e Batista di questo che hanno fatto. 52 m'ha molto detto sopra' fatti di 45; e comprendo nel parlar suo che abbia sospetto che, a tempo, 47 non mutassi animo contro a 45. Non m'ha però detto nè che nè come; ma nelle parole dette, non vi so vedere altro drento. E così 39 di' s'adoperi e truovi 33 a 45.2. Il 45 è Lorenzo: credo che 33 voglia dir moglie. Sì che te n'avviso a ciò che vegga, gli amici di 45 come so'di buon volere inverso di lui. Dicoti questo non perchè sia di bisogno farne risposta, ma perchè sappi tutto. Son cose che poco portano a no le fare.

Da Niccolò Strozzi ho lettere, che Tommaso era partito insino a dì 19 da Roma: doverrà essersi condotto presto costà; chè quando ha far la cosa, non està a dormire. Da lui intenderai molti ragionamenti. E più mi dice Niccolò averti mandato a dire, che morendone costi di pesta, come n'è. cominciato, te ne vada a stare co lui a Roma, e la tua brigata mandi a Castello a mare, dove ha tolto la casa. Se tu facessi questo del venire a Roma, sendovi buon essere, Niccolò are' caro ch'io mi ritrovassi insieme con voi: ed io lo farei volentieri, non mi sentendo della persona peggio mi senta ora; e non avendo altre noie ch'i' m'abbia, verrei a starvi un mese, essendo sano a Roma: che credo di si, poi Niccolò ti manda a dire che vi vada. Avvisa se vi fai pensiero d'andarvi: che Iddio el meglio ci dimostri.

Io non escrivo per ora, la Lorenzo, perchè non ho sentito sia tornato di Cicilia: se fussi tornato, mostragli el capitolo gli tocca.

La morìa da otto dì en qua ci fa poco danno. Non so se si seguiterà questo miglioramento. Iddio faccia el meglio.

Per ancora non s'è fatto la carta della vigna; che abbiàno auto dell'acqua en modo non s'è potuto entrare nelle vigne per misuralle: farassi più presto si potrà. Sento che s'è perduto buona parte del vino pel freddo c'è stato a questi di: che presso a qui è venuto di molta neve; sicchè ho paura che 'l comperatore non sia isbigottito, avendo ricevuto danno le vigne. Pure no ne sento nulla: quando altro seguirà, ne sarai avvisato. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra di Matteo Strozzi, in Firenze.

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 30 d'aprile l464.(*) Ricevuta il 18 di maggio.

Sabato pel fante ti scrissi a bastanza; e questa solo perchè ho fatto copiare la richiesta1. Oggi, nel linguaggio legale, citazione. ha 'uta Lorenzo e Giovacchino, come vedrai. Èvvi su, credo, di molte bugie: fra l'altre, dice Lorenzo ha ritratto per me danari, che non avevo aver nulla. E di questo dice le bugie: sì che così vi dev'essere dell'altre, come vedrai. Mandoti la copia della domanda che fanno: e no sendo tornato Lorenzo, l'addirizzo a te, e sotto questa per Giovanni Arrighi te la mando. Sicchè siate avvisati.

Sento pure la morìa vi fa danno. Se ti se' partito, ara' fatto bene: se non, partiti, e va dov'è sano: chè piacere arò sentire ti sia partito, essendo costi cattiva istanza. Che Iddio vi guardi di questo e d'ogn'altra malattia. Attendete a star sani, e a godere quello che avete guadagnato. Che Iddio di male vi guardi, e ci presti vita, e ci possiamo rivedere insieme, se 'l meglio debb'essere. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.

Nigi di Nerone è gonfaloniere di giustizia.

Della figlia di Lorenzo non si dice ora nulla, e l'amico se ne torna alla stanza sua a Roma.

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 11 di maggio 1464.(*) Ricevuta il di 9 di giugno.

Addì 30 del passato fu l'utima mia, e con essa ti mandai la copia della richiesta che mandorono Lodovico e Batista, e a Giovanni Arrighi la die' , ch'e' mi venne a far motto s'io volevo ti dicessi nulla, che veniva costa: sicchè li dissi come ti volevo mandare una lettera; e gliele mandai a casa. Promissemi di farne buon servigio; che non ti trovando a Napoli, ti verrebbe a trovare a Castello a mare. Piaceràmi n'abbia fatto buon servigio come mi promesse; tu n'avvisa.

Ebbi ensino a' dì 3 di questo una piccola tua; fu coverta d'una di Giovanni Bonsi, e non v'accade risposta; chè da Giovanni fusti servito del meglio che c'era, secondo mi disse, e doverrà essere al tempo che dicesti.

Iermattina venne Girolamo Strozzi, e recommi una tua de' 28 passato: none si fermò, che disse aveva fretta di trovare Lodovico e Batista, e poi tornerebbe da me, che aveva bisogno di parlarmi. Non è per ancora tornato; e ben sai ched io, bench'i' abbia vostre lettere, ho caro di sentirne novelle anche di bocca da chi v'ha veduto, non che da chi è stato en casa con voi: chè gran consolazione m'è l'udirne buone novelle di voi; che sempre aspetto el giovedì con disiderio, che è il dì che 'l fante viene, per sentire novelle di voi; che Iddio me le mandi buone: sicchè, venendoci, l'udirò volentieri; e non venendo) manderò per lui.

De' fatti di Lodovico e di Batista non so che me ne dire, perchè non so quello s'è tra loro; e quando i' bene lo sapessi, non sono cose da me. Ma quelle dua partite che dice Lorenzo ha tratto, l'una di lire 70 di grossi, che dice tu rimettesti a Iacopo e compagni, questi credo fussino e mia che mandasti a Lorenzo; l'altra partita di lire 27 di grossi, dice che gli ha tratti per me, e ch'io non dovevo avere alcuna cosa: comprendo, se gli ha tratti, sieno quegli avevo avere per le spese fatte nell'Isabella: e se queste dua partite ha tratto, come dicono, è ragione ch'e' gli abbia tratti, chè erano mia. Non so se dell'altre si dicono el vero; ma di queste hann'eglino il torto. Ora Iddio gli metta d'accordo e buona pace tra loro, come disidero.

A Tommaso non dissi ch'i' volessi lino, nè ch'io no vi volessi mandar nulla: però che non ho vegghiato tutto el verno se non per voi; e non ho invidia del lino che doni a persona, e massimo alle tue sirocchie; che n'ho più piacere di quello mandi a loro, che s'io l'avessi io: e non te ne chieggo perchè no n'ho bisogno, chè n'ho ancora parecchi mazzi. Poichè mi mandi e nove mazzi, non posso dire i' no gli voglio; ma di comperarne più ora per me, nollo fare, chè no n'ho bisogno: quando ne vorrò, te lo dirò; chè so che del lino o d'altro bisogno, non ho se none a chiedere. Tommaso, se te lo disse, fece per darti noia; che lo disse a me, che in que' dì era venuto el lino, e domandòmi se era mio. Dissi di no: rispose, tu mi trattavi male. Sicchè lo disse da sè, se lo disse. Ho ben caro che motteggiate, e che vi traiate tempo1. Cioè, passiate un po' di tempo burlando. nello scrivere meco alle volte, quando vi manca faccenda. Degli sciugatoi n'ho fatti e bianchi2. Intendi, e sono imbiancati. una pezza: se n'avete di bisogno, lo dite e ve ne manderò: sono pel viso e un poco tondi,1. Si dice del filo, che per esser tondo e non schiacciato fa tela più ruvida. che ne leverà il sucidume. Avvisa.

Escritto insino a qui, venne Girolamo a vedermi, e lo domandai come tu stavi della persona, e così Lorenzo: dissemene molto bene; ch'è cosa che assai mi piace. Era istato con Lodovico, e mi dice gli rispose molto aspramente. Non ci era Batista en Firenze: ma dice, ancora si raccozzerà co loro. Credo ne faranno di sue parole poco conto. A me sa male che si richiamano di Lorenzo in luogo che non può venire a difendere le sue ragioni; ed ho paura per questo no ne segua più inconvenienti. Niccolò ha il loro compromesso nelle mani; e mi dice che rivogliono la scritta o vero copia del detto compromesso. Dice avertelo scritto, e non ha da te risposta. Dice che indugerà el più potrà a darla, ma che non può fare di manco di nolla dare. E' Cambini gliela chieggono per lor giustizia: che mandando questa copia, farà più chiaro l'Uficio ha dare la sentenzia contro a Lorenzo: sicchè te n'avviso, se tu potessi provvedere a nulla, tu provvegga. Ho detto a Girolamo t'avvisi di quello ha da Lodovico e Batista: dice di farlo. Escrivo a Niccolò che soprattenga la scritta; chè dandola, farà danno a Lorenzo assai, per non potere essere a dire le sue ragioni.

La morìa, secondo dice Girolamo, vi fa costà poco danno, e tu hai mandato via la brigata, e tu ancora ti dovevi partire: che fara' bene, chè ti leverai dal praticare colle genti, e parte andrai a spasso alla villa, che ti sarà utile alla persona. Lorenzo veggo soprastarà. un poco al tornare: sia alla buon'ora. Engegnatevi pure di mantenervi la vita con santà. La moria ancora qua, per ora, fa poco o non punto di danno.

Non s'è fatta ancora la carta1. Cioè la scritta, il contratto. della vigna, chè s'è preso errore nella misura: hassi a rimisurare; e perchè i' non ho chi solleciti che si rimisuri, e accozzare le parti, s'è ancora così. Se Iddio vorrà, e 'l tempo non dia noia, chè assai ci piove, si rimisurerà. Abbianvi picchiata,2. Oggi, una bussata, e una buona bussata. chè 'l freddo ci ha tolto el vino di piano, e poco n'è nel poggio. Lodato Iddio di tutto. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi lungo tempo.

Non guatare al mio bello scrivere: e s'io fussi presso a voi, non fare' queste letteracce; chè direi a bocca e fatti mia, e voi e vostri. Pazienza! Per la tua Allesandra, Firenze; siàno a' dì 12.



A Filippo degli Strozzi, in Castellammare.

Al nome di Dio. A dì 19 di giugno 1464.(*) Ricevuta il 7 di luglio.

A' 13 di questo ti scrissi alquanti versi, e con essa uno fardellino di dodici sciugatoi pel viso, per te e pe' Lorenzo; e tutto ho diritto a Bettino a Roma, non trovando vetturale che venga costà, e gli ho detto le mandi a Nofri, e dipoi a te: quando l'hai auto, avvisane. Più dì sono ebbi una tua de' 13, e poi una de' 24 del passato: non ho fatto prima risposta, perchè avendo acconcio e fatti mia, e l'Allesandra e sua, aspettavone copia di quanto aveva fatto lei per vostra chiarezza. No ne vole meno di 4 fiorini larghi: abbialla lasciata, e detto no la levi; chè diliberàmo tu e Lorenzo facciate qua un procuratore, come ti dico a piè della copia del testamento, ch'i' ho fatto, che possiate fare compromesso colla Lessandra di cose liquide e non liquide, e d'ogni ragione eziandio che pervenissi da testamento: sì che potendo fare questo procuratore prima che la tornata di Lorenzo, fàllo; e così la procura, che si possa sodare le vigne; che è tre mesi te lo scrissi, e mai n'ha' risposto nulla. E di questa procura per sodare questa venduta, fàllo come prima puoi; che chi s'obrigò per voi sia isciolto.

Del testamento ch'i' ho rifatto, parve a ser Pagolo che ne fu rogato, e a Tommaso Davizzi, di non fare tanti codicilli, ma di rifare: chè, dalla casa e 'l podere en fuori, è el resto, come vedi, un medesimo effetto di quello di prima; eccetto quello arroto1. Vale aggiunta. alla Marcherita e alla Cateruccia: del resto sete reda voi. Del farvi donagione de' danari auti non so che si bisogni, chè gli avete nelle mani; e così ha essere vostro, e la casa e 'l podere e le masserizie; che di nuovo non mi s'ha a rassegnare el mio; che tutto fie vostro: e non che dopo la vita mia, ma in vita hanno a essere vostre, quando fussimo in luogo da poterle godere insieme; che a Dio piaccia sia a' mie' dì, se è il meglio. E intorno a questa parte non ci è da dire altro, a mie' parere.

I' ho 'nteso el pensiero di 45, e come vole esser fatta la sua mercatanzia.1. Cioè, di qual condizione prenderebbe Lorenzo che fosse la moglie. Cercherassi così pianamente. E' ci è una figliuola di Francesco di messere Guglielmino Tanagli, che credo la manderebbe,2. Intendi, fuori di Firenze. alle parole ha usate di dire. La madre è de' Guidetti. Qui sono tenuti persone da bene: non so di fuori. Farebbelo di mandarla, perchè ha da tredici figliuoli, e vorrebbe gliene fussi cavati qualcuno. Sicchè dillo all'amico, se gli piacerebbe; e piacendogli, mi metterei a cercare delle virtù e delle bellezze. Ma insino ch'io non so se la nazione3. Per schiatta, parentado. gli piace, non vo'cercare altro li questa.

40 andò a vedere 46: ebbelo caro; e disse che si credette potere fare del bene al suo amico 45; e che non può, ma col tempo estima pure s'acconcerà la cosa.4. Vuol dire che, coi tempo, si potranno far ribandire anche gli Strozzi; ma non vivente Cosimo Medici. Forse è un mio ghiribizzo, ma io ci troverei un gergo così: Passando a Volterra (andando sottoterra) il padre (Cosimo) di 32 (Piero de' Medici) ec. Che il 32 denoti Piero mi par certo per altri riscontri che abbiamo nel seguito di queste Lettere. Compresi che passando el padre di 32 a Volterra, che (piacendo a Dio) s'acconcerà tutto bene: ma no credo passi di questo pezzo. Doverra'n e da lui averne avviso, cioè da 46: altro non accade dime.

Da Giovanni Arrighi doverrai avere auto la mia. Di poi ebbi un'altra cedola da 55 e dal fratello: poi non ho sentito altro. Non sanno ch'i' ve n'abbia mandato copia.

La nipote di Giovan Francesco si sta così. Aspettasi la madre da Bologna che se ne la meni. Altro no ne sento: è in villa colla Iacopa. Ègli morto a questi dì, di pesta, dua sirocchie della madre; quella che fu in casa e Salviati, e questa di Giachinotti; che ci hanno molto isbigottiti. A 53 si vorrebbe fare, avendo el pensiero alla cosa: sarebbono pochi quegli che non s'avvedessino ch'io mi ricordo di voi, e nei panno e nell'altre cose. Conosceretemi quando i' non ci sarò: è di nicistà, a mie' parere, che tu tolga chi faccia, che tu non abbia la dozzina delle camice stracciate; ched io ci sono per poco tempo, e massime ora che siàno in sul tavoliere;1. Cioè, stava tanto pi a rischio di morire, battendo in Firenze la peste. chè ci fa la moria pur danno, e cominciaci a morire delle persone da bene.2. Cioè benestanti. Marco e la brigata sono per ancora a Firenze, chè ci è escarso dove andare: chè pe' le ville ne muore. E' faceva pensiero d'andarne in Mugello: ora non ha tanta casa vi possa istare; sì che si sta qui. Non so quello si farà: partito bisognerà che pigli.

Quanto di' de' fatti di 52 ho 'nteso: parmi tu abbia ragione; e 'ntendo a che cammino vorrebbe andare: passerommi co lui di leggiere; e 45 fa bene a star desto con 47,1. Penso che 47 sia Niccolò Strozzi. Ved. a pag. 300. e fare e portamenti per l'avvenire come ha fatto pel passato: Iddio gliene conceda la grazia.

Dissiti del tempo di 45: dell'avere non si ragiona,2. Dice: come stia Lorenzo a capitali, non se ne domanda (forse da chi voleva trovargli donna), perchè credono ec. chè ci è oppenione n'abbia forse più che non ha. Sie pure tutto con salute dell'anima.

Se' di proposito che fra un anno t'abbiàno trovato donna, ed io co lei ne venga a stare con voi: e se così sarà, n'arò piacere. Iddio ci apparecchi qualche buona ventura. E per Lorenzo ci è tempo a pensare, se si farà per lui come per te.

De' marzolini e del finocchio m'ingegnerò di mandartene al tempo, e del migliore ch'io potrò avere. A Manfredi Isquarcialupi mi son fatta pe' marzolini, chè ha l'amicizia dove è de' buoni: dice mi farà servire bene. El panno per le camice non è ancora bianco; chè è tre mesi che ci abbiàno auto tempo molto piovoso e poco sole: come sarà bianco, le taglierò e cucirò, piacendo a Dio, e stando sana. Siàno a dì 2, e altro non ci è a dire. Siàno tutti sani, Iddio lodato.

Hanno posto pel Papa la trentesima, e chi non paga cade 'n iscomunica papale; sì che abbiamo, oltre al catasto, questa di nuovo. Dice Giovanni tu t'ingegni di dar fine a que' drappi, no l'avendo fatto. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.

Fia in questa la copia di quanto s'è fatto.



A Filippo degli Strozzi, in Castellammare.

Al nome di Dio. A dì 15 di settembre 1464.(*) Ricevuta il 28 di settembre.

A dì 2 fu l'utima mia, e apportatore ne fu Iacopo d'Ariano, el quale venne costà alla fiera di Salerno; e per lui ti mandai del finocchio e dodici camice, sei per te e sei per Lorenzo. Avvisa quando l'ha' 'uta, e che servigio n'ha fatto.

Duo dì sono ch'i' ebbi dua tua; l'una de' 14 del passato, e l'altra de' 31: risposta al bisogno. Non è dubbio che gli animi d'alquanti cittadini per la morte seguìta non abbino fatto in tra loro nuovi pensieri del governo della terra; ma per ancora non si sente; chè la cosa è fresca, e Dietisalvi è stato ammalato. Non si sente altro, se no che s'attend'a ben vivere:1. Qui intenderei godersela. e de' fatti vostri o di niuno che sia in vostro grado, non se ne ragiona; sicchè ha' fatto bene a non escrivere a nessuno di questa materia. E per questo non bisogna ch'i' stia a Firenze; chè non arei guatato per morìa che vi fussi, quando bene ne fussi iti venti per dì, se io avessi inteso un piccolo accennamento di ragionamento di questa materia: ma nulla se ne ragiona. E cittadini sono, rispetto la moria, per le ville, e non si sente troppo:1. Intendi, non si sente parlare di voler rendere la patria a' confinati. ma da Ognissanti en là si doverrà sentire qualche cosa. E non dubitare che quando sentissi cosa alcuna, che si favellerà dove e con chi bisognerà: e non si lascerà, nè per danari nè per non volere, adoperare amici e parenti; anzi non si lascerà a far nulla. Ma s'aspetta, prima di sentire qualche cosa che l'uomo abbia da parlarne,2. Cioè, che metta conto se ne parli ec. qualche movitiva e qualche indizia di loro pensiero, di chi governa. Come ti dico, Dietisalvi è stato ammalato: Bernardetto non è, secondo sento, da farne troppo conto. el tuo messere A. non è però dove tu credi;3. Cioè, in quel credito, favore ec. e stimo bene che sia di buon animo inverso dite: ma, secondo entendo, non è però el principale: e d'uffici o d'ordini di nuovo non sento, se no d'un bel Prioratico, ch'entrò el primo di questo: che quello che v'è di meno riputazione, fuori dell'ufficio, si è Giovanni d'Anton di Salvestro, che è gonfaloniere di giustizia: evvi parecchi de' Signori che sono uomini maturi, e altre volte suti gonfalonieri di giustizia: sì che questo hanno fatto: altro non so. Dissi a Giovanni che ti scrivessi qualche cosa in questa parte, se sapeva altro. Loderei alle volte che tu scrivessi Duo versi a Tommaso Davizzi, che è in luogo da sentire; e raccomàndategli: ed io anche lo farò, quando bisognerà: e in questa parte non mi peserà la penna, avvisarvi quando vedrò el bisogno. Che no l'ho fatto da dua mesi en qua di scrivervi espesso, perchè non ci è suto cosa d'importanza. La morte di Cosimo stimai lo sentissi più presto che da me, e però no lo scrissi. E di grado, estimo siate più tosto in migliore che piggiore:1. Cioè, morto Cosimo, i confinati potevano più sperare d'essere richiamati. e per ora non è da scriverne a persona; quando sarà el tempo, vi si dirà.

Veggo messer Agnolo ha 'uto signoria di costa.2. Intendi, avuto dal Re di Napoli un feudo nel Regno. Sento che presto vi viene, e da lui entenderai come le cose passano di qua. Sento che s'egli ha signoria, che gli è privato dello stato di qua: chè così ci è l'ordine pe' cittadini; che si fece a tempo del gran Siniscalco degli Acciaiuoli.

Io m'ingegnerò di mandarti del marzolino e parecchi mazzi di finocchio da seme, per la galea di Bernardo Bonsi. Ha il padre che sta male: dubitasi che morrà: non so se questo lo stogliessi della galea. Francesco Bonsi, fratello di Giovanni, anche lui sta male: ècciene per dua dì. Mori messer Piero de' Pazzi: dicesi per loro disordini si perdono la vita. E Niccolò Giugni, anche lui ha male, e se ne dubita: poco danno ne fia.

Di' a Lorenzo che a dì 6 ebbi la sua lettera de' 14 d'agosto, con due lettere: una di Luigi Pitti, l'altra a Zanobi Biliotti; ch'i' l'ho date. Altra risposta non n'accade; nè altro per questa. Iddio di male vi guardi.

Piacemi che siate sani, e stiate allegri: così vi mantenga Iddio lungo tempo, come disidero. Attendete a star sani, chè col tempo s'acconciano le cose.

Anton di Puccio è quasi guarito; che ha 'uto gran paura: ha dato molti danari per Dio, ha tratti prigioni delle Stinche; e tanto ha fatto, e' ha riceuto grazia di guarire. Per la tua Allesandra Strozzi, alle Selve.

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 13 di dicembre 1464.(*) Ricevuta il 29 di dicembre.

A dì 30 del passato fu l'utima mia, e ne fu apportatore Perantonio Buondelmonti. Ho dipoi dua tue, l'una de' 20 passato da Capova, e l'altra de' 2 di questo. Risposta sotto brevità, perchèTommaso soprirà1. Cioè, supplirà. a bocca; che fia apportatore di questa: e co lui ne viene Girolamo di Lotto Lotti, come vedrai. Credo ne sarai ben servito, che è pratico, ed è sanza niuno vizio o di giuoco o d'altro; e mi dice che ,io ti scriva che quando sarà costà, e nel fare delle faccende egli errassi in alcuna cosa, che tu lo riprenda come se ti fussi fratello. E così fate che Giovacchino ne pigli el carico di mostràgli el bisogno.

Del Santuccio n'avete dato lezione2. Intendi, alla chiesa del Santuccio avete eletto per rettore ec. a messer Simone fratello di Bettino: sia alla buon'ora.

E' ci è su molti che dicono averla prima che costui: sentira' lo da Tommaso, se se ne ricorderà; chè molte cose v'arà a dire a bocca, che bisognerebbe avessi l'arte della memoria.1. Parte della Rettorica è la Memoria; e fra le arti, che s'insegnavano nelle scuole, era annoverata.

Per questa tua de' 2 di questo entendo el bisogno che aresti d'avere licenza di potere venire per un mese insino qua per faccende che ti sarebbono d'utile e onore; e a me sarebbe di gran consolazione. E perchè non mi sono sentita molto bene, pezzo fa, del mio male, e non sono ita fuori, lo conferi' co Giovanni e Marco. Parve loro mi forzassi andare a chiederne consiglio a messer Agnolo, piuttosto che a Dietisalvi, estimando entendere da lui quello volevo. E in fine e' mi rispose che voleva parlarne con alcuno cittadino, e che non dormirebbe dua notti che mi risponderebbe. E invero non aspettavo tale risposta: ma l'uomo non sa loro fatti e animi; che istimai che a bon fine la dicessi e per potermene dare più vera risposta; e intendendosi bene lui con Dietisalvi, facemo pensiero che ne volesse conferire co lui. E perchè Dietisalvi è de' tua amici, ci parve, a me e a Giovanni e a Marco, d'andare a chiederne consiglio anche a lui: e perchè è molto di Marco, v'andò lui: e la risposta fu, come da Tommaso intenderai, che a questi Priori che sono al presente non se ne favelli. E' si farà la tratta degli altri all'uscita di questo, e messer Agnolo ha le borse in mano questa volta;1. Gli accoppiatori, nelle tratte, facevano a modo loro. e dicono che ci ha a essere delle cose, pure tra' maggiori; che assa' se ne scuopre de' malori; e hannosi a fare gli Otto di nuovo. Sì che gli pare a Dietisalvi si stia a vedere questo tempo; ed essendo la Signoria a lor modo, che ti si dirà dove el Re abbia a scrivere, prima alla Signoria e poi a cittadini. E questo è il consiglio di Dietisalvi. Essendo la chiesta del Re lecita e onesta, e per suo'fatti, i' n'ho speranza che, scrivendo e chiedendolo cordialmente, riuscirà tutto. Faccia Iddio che debb'essere il meglio.

Qua ci è di grande traverse, tra falliti che ci sono e degli altri che crocchiano.2. Oggi diremmo pericolare; cioè, esser per fallire. Crocchiare è proprio della salute; e anche in questo senso l'usa la Nostra. E malori che hanno covato un pezzo, danno tutti fuori. Forse si sanicherà: a Dio piaccia di provvedere a' nostri bisogni. E a voi vi ricordo il governarvi sodamente, chè veggo si pena poco a perdere quello che per lungo tempo s'acquista; come arai sentito, e da Tommaso sarai informato del seguito insino a oggi.

So' a dì 14, e mi dice Tommaso che messer Agnolo gli ha detto ch'io non rada per risposta; ma l'ha fatta a Tommaso: e questo si è, che egli ha parlato co messer Luca e Dietisalvi, che sono d'accordo. Solo dubitano di Piero; e questo1. Forse, e a questo, cioè Piero Medici. si faccia escrivere al Re, come tu sai che bisogna: e così faccia che gli scriva a messer Luca, a messer Agnolo e a Dietisalvi e a degli altri, come ti doverrà avvisare messer Agnolo. E tu ancora ne scrivi ad altri tua amici. E Lorenzo potre' scrivere a Bonaccorso e a Luigi Pitti e a Tommaso Davizzi: ma pure e principali sono e quattro di sopra. Noi tegnamo per certo, che se il Re iscrive di buon animo, che tu otterrai per suo mezzo la grazia; che è oggi molto istimato el Re da Piero e dagli altri maggiori. È di bisogno che le tue ragioni sieno raccomandate molto affezionatamente: che è pure a pensarvi gran cosa; chè non ne ho mai sentito di 50 tal cosa, se la riesce.2. Credo il 50 significhi confinati. I' ne farò fare orazione a Dio: che se debb'essere el meglio, mi dia questa consolazione con salute dell'anima e del corpo. Nè altro dico per ora, chè fo concetto en brieve tempo dirti e fatti mia a bocca. Concedacene Iddio la grazia, e di male ci guardi Iddio. Per la tua Allesandra, Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. Addì 29 di dicembre 1464.(*) Ricevuta il 15 di gennaio.

A dì 22 e per le mani di Carlo ti scrissi; e di poi a' dì 23 ti feci alquanti versi per Francesco di Giano vetturale; e bench'ella venga ad agio, arò caro ne faccia buon servigio. Ho di poi la tua dell' 11 di questo: poca risposta accade, più perchè abbiate di noi novelle, che per altro.

Veggo Lorenzo era a Gaeta: doverrà di poi essere tornato, e auto risposta da me della sua de' 6 detto; che, come per altra ti dissi, la sua a Luigi non volli dare. Chè, essendosi fatta la 'mpresa per te, non ho parlato di poi ad altri: chè, avendo a fare la 'mpresa d'uno di voi, più tosto la vo' fare per te: e sommi fatta a maggior pesci che a Luigi; che 'n ogni modo Luigi aveva a richiedere quegli a chi si parlò.1. Non consegnò (vuoi dire) a Luigi Pitti la lettera di Lorenzo per due motivi: il primo, che la grazia dei poter venire a Firenze si era domandata per Filippo e non per Lorenzo; l'altro, che per ottenerla ci volevano cittadini più potenti (maggior pesci) del Pitti. E scrivendo come per altra arai enteso, allora sarà buono scrivere a Luigi e agli altri amici: che Iddio lasci seguire il meglio. E, come tu di', non te n'ha seguire altro che grande onore e utile, di costà e di qua.

D'imbasciadori di qui per costa non s'è poi ragionato che quello ti si scrisse: attendono ad altro; chè ci è stato tanti falliti che hanno dato pure di gran picchiate a' cittadini: e massimo el nostro Giovan Francesco, chè avendone auto io qualche migliaio, da voi en fuori, no mi sare' paruto potergli allogare più sicuri:2. Parla del fallimento di Giovanfrancesco Strozzi, che fece gran danno ai mercanti; mentre ella stessa, se avesse avuto da allogar danaro, dopo a' figliuoli, non avrebbe saputo a chi prestare con più sicurezza che a questo parente: tanta era la fiducia sua nella ricchezza e onestà di lui! e tu vedi come l'ha fatta! Sento Niccolò Strozzi v'è appiccato, e di te ho auto sospetto: e' mi dice Carlo di no, che non vi se' a nulla; che ha' uto bella grazia a mie' parere, non essere appiccato a niuno di tanti quanti e' n'è falliti: e Dio sia ringraziato.

El Santuccio è, come tu di', in viluppo, ed ho paura non vada in quello Niccolò Baldovini, che l'ha auta dal Papa: che quando Francesco Strozzi la tolse a messer Zaccheria, la diè a un ser Adamo; e questo non fece gli atti che bisognava, perchè Francesco la volle lasciare al detto messer Zaccheria; sicchè avendonelo prima privato, no gliele ridiè come padrone, ma fece un certo patto co lui, sicchè nè l'uno nè l'altro l'ha con debito titolo de' padroni;1. Intendi, non fu fatta la presentazione nelle debite regole e tempi; quindi la chiesa tornò nella libera collazione della Curia. sicchè la chiesa viene per questo a essere istata sanza padroni, che hanno tempo mesi quattro dopo la vacazione del prete, ed egli è più di quattro anni che Francesco fece questo: e pertanto dicono la chiesa è stata sanza padroni, ed è ricaduta al Papa. E questo de' Baldovini è secolare, e fa e fatti di molti religiosi, di piatire: e subito che mori messer Zaccheria e sentì da messer Piero da Iesi, che fece tutte le scritture di Francesco con messer Zaccheria e ser Adamo, e dissegli non ci era padroni, e essofatto el detto Niccolò Baldovini la 'mpetrò dal Papa; e quando venne per entrare in tenuta, e' vi trovò e Pandolfini. Costui non è legittimo, ed è fratello d'Apollonio parente di Marco. Lorenzo lo conosce, ch'era in Mugello. Pare ch'e' sia una testa ferrata,2. Cioè, che non cede alle altrui ragioni. Oggi diremmo secca. e non è stato en casa del padre nè col fratello già molt'anni, e non attende se non a piatire per preti e per frati, ed ha in Corte grande amicizia. Sicchè i' non so come s'ha a capitare la povera chiesa: e Pandolfini la piatiscono con messer Simone. Iddio aiuti le cose sue che non capitino male.

Sento 52 ha fatto testamento e lascia al nipote tutto; e un tuo amico è asegutore del testamento. Sieti avviso, se no lo sapessi.

I' ho auto una tua de' 11 scritta a Tommaso; e perchè el detto è venuto costà, no l'ho rimandato endrieto, chè a bocca v'intenderete: tutte gliele serberò alla tornata. Del compromesso, non s'è fatto; chè l'Allesandra non è venuta ancora a Firenze: e da altra parte aspetterò se 4 venisse in qua, che tutto s'acconcerebbe bene.

Da Tommaso senti' che Niccolò ti voleva dare Lionardo, che invero ha bisogno di chi lo faccia destare: ma a mie parere sta meglio con Niccolò che con altri. E credo che la stanza di qua gli abbia fatto danno assai, che abbia più tosto dimenticato che apparato, eccetto che a giucare questo ha apparato e dell'altre virtù, come da Tommaso ara' sentito.

Io ebbi e dua fardelli della seta mandata pel Mugnaino ovvero suo garzone vetturale; e Giovanni Ginori la sgabellò, e tutto come da lui sarete avvisati. E così si farà venendo in nome di Tommaso, venendone dell'altra. Nè altro per questa. Iddio ti guardi di male. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.

Questo dì sono tratti e Signori, e sone1. Intendi, ne so. di parte: Gonfaloniere, Tommaso della Rena; e Zanobi Bonvanni, e Carlo Gondi; Mariotto Rucellai, è quello ch'ebbe il podere da Campi: ènne uno de' Giachi, e v'è Francesco di Mainardo Cavalcanti nipote di Donato. Non so gli altri, che stimo sieno gente che no li conosco.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 3 di gennaio 1464.(*) Ricevuta il 18 di gennaio.

A dì 29 passato fu l'utima mia, sotto lettere de' Miraballi, come sono usata: ho di poi una vostra de' 18 detto, che l'ebbi a dì 30. Risposta al bisogno. Della domanda fatta per voi, vi pare grande; ed è vero: e chi disidera ch'ell'abbia effetto, com'io, no gli pare ch'ella debba essere così espaventevole; e massimo conoscendo e portamenti vostri. E da Tommaso, per mie lettere e d'altri, entenderete tutto: che più dì sono che costì dovè giugnere ensieme con Girolamo di Lotto Lotti. Iddio abbia dato loro buon viaggio. Aspetto presto Tommaso ritorni en qua; che a Dio piaccia sia con buone novelle, come desidero. E, come per altra vi s'è detto; non diè la lettera a Luigi Pitti.

Veggo ti duole el caso di Lodovico; e avete fatto bene a profferervigli: dicesi che renderanno soldi 20 per lira, e che rimarranno ricchi. Hanno di molte case, e possissioni si dice e masserizie per 16 mila fiorini: sicchè in questo caso perdono più di riputazione che altro. E dipoi arete inteso di Giovanfrancesco; ha rifiorito la casa nostra.1. Ironicamente detto: perchè il senso è, che il fallimento di questo Strozzi rovinava molti, anche fra i consorti; e poi faceva danno, se non altro, alla reputazione. Hacci debito assai: chi dice che farà il dovere, e chi no: credo per questo la nipote n'arà danno assai. Non se ne sente nulla ragionare di quegli che pel passato si diceva: doverrassi vedere di qui a qualche mese. La cosa di questi falliti per ora pare posata; che da Giovanfrancesco en qua non ho sentito poi d'altri. Hanno fatto ferie tutto questo mese: non so a che fine; che credo sia buono per chi ha debito.

Del fatto vostro avete preso per altra via non vi dicevo; che mi pare lecita e onesta: ed ho piacere el Re vi sia così benivole, come entendo che gli è. E del dono vi scrissi volevo fare a Messere, ne sono isconfortata da Giovanni e da Marco, che dicono ch'io me lo perderei; chè non è in fatti quello mostra nelle parole: e per tanto n'ho levato el pensiero: e costà non viene. Sentendo che altri vi venissi, ne sarete avvisati.

Setevi apposti che, per le cose occorse, e denari del Monte sono escemati; e se manderete la procura, la serberò: e avendola adoperare, s'adoperrà quando vi fia da rinvestire en cosa sicura e soda per lei; e altrimenti, no.

De' fatti di Niccolò, ho caro sieno più tosto bugie che vero, e fa male chi gli ha leva questa boce.

Del Santuccio non me ne darò enpaccio: a Niccolò ne risposi. Iddio e San Giovanni Batista, in che è titolata, la dia a chi meno l'ha a consumare.1. Cioè, un prete che governi meno peggio quel benefizio ecclesiastico, litigato, com'è detto nelle Lettere precedenti.

Entendo che della donna è da stare a vedere. Sia col nome di Dio: e io ancora vo'vedere de' fatti vostri quello n'ha a essere; e poi vi metterò innanzi una di quelle da Vernia, se arà le parti si cerca; che me ne informerò.: e piacendoci, se ne potre' ragionare. L'altra sorella ha Carlo Baroncelli. Avvisate se v'andassi all'animo; chè a me piacerebbe, essendo bella e bene costumata.

Dell'Ardinghello n'ho domandato la madre: da marzo in qua non hanno lettere da lui: portanne assa' pena. L'altro era a Vinegia per questo fatto di Giovanfrancesco, che è a Ferrara: e, come tu di', Tommaso are' fatto poco frutto co lui, essendo seguìto el caso di Giovanfrancesco: chè bene che si stimi abbino a dare, pure non aràn la comodità da lui avevano; e si tiene che l'altro di Levante non abbia fatto anche lui molto bene. Iddio aiuti loro e chi n'ha bisogno.

Del parentado di 46 con 54 non sento ora nulla, nè di sua venuta in costà: non mi par tempo da partirsi ora di qua. Se ne sentirò altro, ne darò avviso.

Io ebbi a dì 30 del passato una lettera de' 22 detto da Niccolò Strozzi, dove mi dice ch'i' dica a Piero e Tommaso Capponi, che non vogliendo rimettere sopra di loro1. Cioè, far pagare al loro banco. e dan ari avanzano loro per detto Filippo Strozzi, gli paghino a me; e pigliandogli io, faccia loro lettera di ricevuto: dove, sendo le feste, non pote' . Ma el primo dì, che fu a dì 2, vi mandai Marco Parenti, perchè Giovanni non er'a Firenze, e mostrò la lettera a Lionardo. Rispose che aveva lettera da Niccolò, del medesimo dì che la mia, e che no diceva, che non vogliendo rimettere e danari sopra di loro, che me gli dessino: e pertanto essendo venuto un fante da Vinegia, e la mattina per tempo si partiva per Roma, chè presto v'aveva a essere, rimise a Roma a Niccolò, per mano di Giovanni Borromei, fiorini cinquecento; e che gli paiono sicuri: e che avendo auto avviso da Niccolò, me gli are' dati: chè sopra di loro no rimettere' danaio; chè, da Medici e Borromei en fuori, non saprebbe dove si rimettessi danaio; e che di Filippo gli avanzava fiorini 350: che di questi aspetterebbe lettere per questo fante, e ne seguirà quanto n'arà avviso.

Siàno a dì 5: ed ho sentito la cagione perchè son fatte le ferie. E questo è, che ci è di quegli che stanno in sul bilico di fare come degli altri, che sono:1. Sottintendi, falliti. e Pazzi triemano, e Baroncelli si dice hanno fatto: e' ci è delle cose; ma stanno sotto, per le ferie che sono.2. Il feriato, vietando di far atti dinanzi ai tribunali, tratteneva i fallimenti. Iddio provvegga al bisogno. Della terra3. Così scrive, ma forse volendo dir altro. di Giovanfrancesco si dice di nuovo, che non pare voglia fare el dovere qua; che se no lo fa, gliene seguirà l'esser rubello, e forse la morte: e sento che a Vinegia e a Ferrara non potrà estare, rispetto e patti hanno col Comune di qua. E la nipote è scesa un grande iscaglione: forse s'arrecherebbono a darla a 45.1. Ch'è Lorenzo suo figliuolo. Iddio lasci seguire el meglio.

Egli è parecchi mesi che quel pizzicagnolo di Borgo Sa' Lorenzo m'ha istimolata di nove fiorini aveva avere da vostro padre. Credo che altre volte l'abbiate inteso, e massimo Lorenzo, che gli parlò quando e' ci era ammalato. I' l'ho sostenuto quanto m'è stato possibile, e con dire non ho a pagare e debiti di vostro padre. E 'n fine, veduto no ne può avere altro, e n'ha fatto ammunizione, e tratta la scomunica:2. La Curia ecclesiastica rilasciava monitorii e scomuniche contro i debitori che si rifiutavano di pagare. dove a questo parendomi che fussi di nostro danno e vergogna, gli ho fatto parlare al nostro prete,3. Il parroco, o rettore (come allora dicevano), della chiesa di Santa Maria degli Ughi, nel cui popolo abitava la Nostra. che è un valente e buono uomo; ed egli ha preso tempo uno mese da lui,4. Cioè, dal pizzicagnolo. con dire ch'io vi scriverrò e avviserò di questo fatto, e aspetterò vostra risposta, e di quello s'abbia a seguire. Egli ha una scritta di mano di notaio, dove Matteo s'obriga di dargli questi danari per Agnolo da Vergereto, cavallaro; che Matteo è suo debitore. Rispondete che è da fare; che quanto per me non posso più co lui, nè sostenerlo più colle parole: e per quello truovo al Libro, Matteo è debitore di quest'Agnolo de' fiorini da 20. Sicchè faccendone iscomunica, aremo voi ed io questo peso addosso, che pure abbiàno di quello di Matteo voi ed io: sì che, quando. cadessimo in questo, i' non crederre' mai capitar bene di nulla ch'i' avessi a fare. Avvisate di vostro pensiero.

E venuto 4 dì fa Antonio di Soldo Strozzi, e dice avere portato non so che bariglione per me, che è ancora a Pisa. Fate bene a rimandarmene qualcuno, che mi disfate di bariglioni e di sacca unte; che ogni volta ho quistione colla Cateruccia, che dice none può iscampare uno sacco innanzi a me.1. Cioè, non può salvare un sacco. chè tutti glieli prendo io, per mandar a voi ec.

Questa mia è scritta cogli occhiali: rileggete e rivolgete più d'una volta, tanto che la intendiate bene.

Per altra dissi, le lettere avevo ritenute di Tommaso, e tutte quelle v'erano drento: serberolle bene alla sua tornata. Siàno a ore 23, e ancora non ci è el fante da Roma, che s'aspetta fra tre dì: fomi ennanzi allo scrivere perchè el freddo mi dà noia, e a bell'agio la piglio. Aspetterò a suggellare, e se 'l fante venissi. Di' che scrivi a Tommaso per questa tua de' 18, del fatto de' danari, quello Tommaso n'abbia a fare: non truovo ci sia suo'lettere; estimo Niccolò l'arà ritenute a Roma, sendo venuto in costà. Ed è vero che gran rovina ci è stata. Ora la cosa s'è raccheta: o che sia rispetto le ferie che sono, o quello si sia, la cosa si sta. Nè altro per ora. Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra, Firenze.

A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 12 di gennaio 1464.(*) Ricevuta il 24.

A dì 5 fu l'utima mia: di poi ho la vostra de' 22 dei passato, che poco a risposta v'accade: pure, perchè abbiate cagione di scrivermi, e perchè di noi sentiate novelle, che la brigata è sana, ed io mi sto come le vecchie, che sempre crocchiano. Ho gran consolazione quando sento voi sete sani, e che fate bene: mantengavi Iddio lungo tempo, con salute dell'anima e del corpo, come disidero.

La procura sotto la tua lettera ebbi a dì 6 di questo; e non dubitate che se il Monte della Lessandra s'arà a vendere, guaterò molto bene si rinvesta en cosa soda e sicura per lei. Per ancora non se ne piglierà partito, però che 'l Monte è scemato, che è a 27 e mezzo; e Giovanni mi dice no ne vuole pigliare partito se non è a 30: sì che per ora starà la cosa così.

La lettera mandai a Lodovico: è da 'ncrescere dei caso loro, chè non sono venuti a questo passo perchè se gli abbino giucati. Ha' fatto bene a confortallo: sento che renderanno soldi 20 per lira del debito hanno qua, o dirò me' vero1. Scrive odiro mevero, che non saprei intendere diversamente. che hanno da rendere: e avanza loro, tra case e possissioni e masserizie, 16 mila fiorini. Resta ora a vedere ci debito hanno in Ponente; che,secondo quello, rimarranno ricchi e poveri. Iddio gli aiuti; che oramai hanno perduto l'onor loro. E di poi ci è stato quest'altra picchiata di Giovanfrancesco, che alla casa ha dato un gran tracollo: e ci è chi gli ha malanimo addosso: se non farà quello che potrà enverso de' creditori, riceverà danno e vergogna, che ancora la Casa ne sentirà; che sono segni che bastano2. Cioè, durano, lasciano per sempre gli effetti. sempre. Iddio provvegga al bisogno d'ogn'uomo.

Attendo risposta di quelle lettere portò Tommaso Ginori; che mi piacerà abbiate adoperato quello che per noi si disiderava: e ogni dì n'aspetto qualche cosa di buono; e vedrèno che seguirà di qua: che Iddio lasci seguire il meglio; che sa el nostro bisogno. Di qua s'attende accordare creditori, e a porre catasti: che tra pel grano a quegli dell'Abbondanza, di nuovo ci Monte, e danar per lira ci è posto per tutto questo, e un altro quarto catasto a Santo Spirito; ch'è un miracolo e danari si pagano! Non ci sendo altre spese si soglino, tutti credo tornino nelle buone borse.1. Enumera i vari balzelli; e conchiude considerando, che per non esserci guerre o spese straordinarie, vien fatto di pensare che il più vada in tasca a pochi e ricchi. Iddio provvegga a questa povera terra!

Per la vostra mi dite vi rimandi la lettera di Tommaso mandata sotto la procura: rimandola in questa. Senti' da Lionardo Mannegli, che ci resto vostro gli rimisse a Roma pel fante passato a Niccolò Strozzi, per mano de' Medici: doverra'n e essere avvisato.

Dicemi Giovanni, che Donato Cavalcanti gli ha detto che Lodovico e Batista si rivolgono sopra di lui, di quello hanno avere da Carlo suo figliuolo; e che non sendo Carlo manceppato, è obrigato el padre: che me ne incresce per amore di due fanciulle grandi ha in casa, che più di vent'anni debbono avere per una. Iddio l'aiuti. Non so altro di nuovo da poter dire. Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.

El bariglione mandatomi per Antonio di Soldo non ho ancora auto; chè ci è stato molto .spiacevoli tempi di neve e vento: che nove dì ci nevicò; e cominciò la sera della pasqua, ensino a dì 2 di questo; sì che non s'è potuto caminare. Se di costà è suto el simile, Tommaso e Girolamo n'aranno sentito alcun dì.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 26 di gennaio 1464.(*) Ricevuta il dì 8 di febbraio.

A dì 12 di questo fu l'utima mia; e dipoi ho due vostre, del primo dì e 11 detto. Alla prima non feci risposta, che ebbi a dì 12 la sera; e scritto ch'i' v'ebbi, ebbi la febbre, e enfiommi el capo e tutta la testa e a piè degli orecchi; e stetti così parecchi dì; Poi, per grazia di Dio, ne sono libera. E questa fu la ,cagione del non rispondere alla vostra: faròla per questa con brevità.

Per altra vi s'è detto della procura auta, e che sendo el Monte escemato, no ne vuole far nulla. E quando altro ne diliberassi, si farà al tutto con salvamento della Lesandra.

Delle lettere escritte a Tommaso voi di costà, quelle mi sono capitate alle mani l'ho ritenute, eccetto che una, che scrivendomi la rimandassi non ci sendo Tommaso, che la rimandai sotto la mia, credo, de' 12 di questo.

Di Lodovico Strozzi non sento altro mi v'abbia detto per altra: tiensi che fallisce chi ha avere: e mentre che sono le ferie, non si può vedere come si fanno, e massimamente per me, che non sento così ogni cosa. Solo sento di Lorenzo Larioni, che s'è rimesso nelle mani di Piero; e lui fa l'accordo, e dicesi che rimarrà più ricco che non era già dieci anni innanzi che s'avviluppassi nelle mercatanzie: sì che per via di roba e' starà meglio, ma non dell'onore. Sento renderà pochi soldi per lira: ci danno è di chi perde el suo. Così credo faranno que' di casa di Giovanfrancesco. Ci è di vari oppenioni: chi dice che dà buone parole e che gli arà cattivi fatti. E Piero Canigiani, che andò a trovarlo, dice che dice di volere fare il dovere: ma che aspetta di Levante e di Ponente e sua fatti, come gli stanno; e che prima non può dir nulla. Èssi ragionato nella Pratica, che non vogliendo fare el dovere, potendo, di farlo rubello, e dargli una taglia drieto. Venneti ben fatto a no gli accettare la lettera, chè vi rimanevi appiccato: e Niccolò, che giuoca cosìnetto, e' v'è giunto a buona somma: e, come tu di', doverrebbe fare a lui un poco me' ch'agli altri, rispetto el parentado. A Dio piaccia faccia il dovere, acciò non abbia a seguire pi inconvenienti.

I' ho inteso della tua faccenda quanto ne di', e come Lorenzo è ito al Re. A me pare che per verun modo, nè colle lettere nè sanza, e' si faccia enpresa di venire; chè guasterèno la chiesta grande, e d'importanza, per la piccola:1. Chiedendo di poter venire con salvacondotto, temeva che si pregiudicherebbe alla domanda del ritorno assoluto in patria. chè avendo inteso nel prencipio di voler fare la chiesta maggiore, t'arei isconfortato di questa, e per te e per Lorenzo. Non sono cose da trassinarle così per leggieri: e se Tommaso ne verrà co lettere, ed io lo vegga prima che le dia, no gliele lascerò dare: però che non sarebbe ci bisogno tuo; chè mi pare, secondo lo scriver tuo, lo conosca, e che Tommaso manderai en qua sanz'esse. Pure te n'avviso, che venendo con esse, no le lascerò dare: e se Tommaso non è sofficente al bisogno che t'occorre di qua pel fatto dei Re, da' commessione a degli amici di qua, che ti serviranno bene de' drappi che tu arai di bisogno. Tommaso è buono e fedele, ma non è sodo come potrebb'essere; e di San Chirico fu suo trovato, e per allora non vi pensai: ma veggo tu vai en questo sodamente; chè ne vede più a chi tocca, che non fa un altro.

L'animo del f. di 32, secondo sento, è molto affezionato a 47 per ensino a oggi: se l'amicizia si mantiene, credo arà 47 quello vorrà: dico se l'amicizia si manterrà, perchè queste gente si mutano espesso d'animo: che, come per altra ti dissi, chi era di buon animo inverso di te, aveva buona parte del governo: ora sento che s'è aggiunto Antonio P˙, che quello vuole, tutto è fatto, e può pii che veruno: che credo venga da 54 e 'l f. di 32: sì che quando s'avessi a cimentare el fatto tuo, e scrivendosi pel Re agli amici, se ti parrà, farai scrivere anche a lui. So che al Re sare' viltà a scrivere a un uomo di sì vile condizione, ma qua al presente ha gran possanza: non era così dua mesi fa. Pogli u'nome, a ciò ch'io entenda, quando altro iscadessi dime: pogli nome 56. La Signoria arai enteso: è Gonfaloniere el suocero della sirocchia d'Anton Pucci : è Signoria che ha fare la volontà di chi governa; e così sono tutte: che fanno quello è ordinato loro! E altro sopra ciò no cale dirne.

Piacemi de' fatti del danaio vadi assettato, e lodo lo stare a vedere come passano le cose di qua di questi mercatanti. Dissiti per altra, che la seta avevo in casa: e da' Capponi non ebbi mai danari; chè disse Lionardo avergli rimessi a Roma a Niccolò, per mano de' Borromei, in parte, e 'l resto per mano de' Medici: sì che non si trova danari di tuo, ma dice avere pagato per te a quello da Meleto non so che fiorini, ch'egli ha a ritrarre da te.

Del fatto degli Ardingelli aspetterà tempo: per ancora sento Luigi è a Vinegia, e di Niccolò non sento nulla; ch'è maraviglia, avendo la donna di già dua anni passati:1. Manca giurata, promessa, o altra parola, dopo avendo. o egli fa sì bene, che di lei non si ricorda, o egli ha fatto male e fatti sua.

Avete fatti buoni ai banco di Zanobi di Dietisalvi fiorini 24, che sta bene: arò bisogno fra pochi dì di pagare altri catasti; chiederò loro danari, e ne darò avviso; e se la riputazione della Casa nostra è ridotta nelle cose mie, ho da stare contenta, e co tremore di questo falso mondo! Lodo e ringrazio Iddio di tutto, e a voi raccomando l'anima vostra; e che siate conoscenti della prosperità vi da Iddio. I' fo ai continovo pregare e dire dell'orazioni per voi alle Murate,2. Cioè, alle monache dette Le Murate. a ciò che Iddio ci presti vita, con salute dell'anima e del corpo, come disidero. Piacemi che di Lorenzo tiri teco ensieme; che maggiore consolazione non ho che sentire voi v'amiate insieme, e che aiutiate l'uno l'altro, con buono amore: che è di meglio assai e fatti vostri a Dio e alle genti del mondo.1. Intendo, che i fatti vostri ne stanno meglio dinanzi a Dio e agli uomini. Mantengavi Iddio lungo tempo. Nè altro per ora.

Lorenzo mi scrive di non so che susine, che a dì primo no l'aveva mandate; e Antonio di Soldo mi disse, che a dì 25 del passato si partì di costà, e che voi gli mandasti en galea el bariglione. Disse bene no l'aveva veduto, ma che ritornava a Pisa, e manderebbelo con altre sue cose. El detto bariglione, se no l'ebbe, non me lo può mandare. Ha preso errore: attendolo per altra via; che l'arò care, chè sono d'altra bontà che le nostre.

Se tu scrivi a Bernardetto, sento va poco fuori; e non credo sia da scrivergli cose d'importanza. Aspetto ognora Tommaso: conducalo Iddio salvo. Quando vedrò Lotto, o la Lorenza, la conforterò che istiano di buona voglia di Girolamo. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra, Firenze.

Le lettere tue non sono tocche.



A Lorenzo degli Strozzi, a San Quirico.

Al nome di Dio. A dì 5 di febbraio 1464.(*) Ricevuta il 7 di febbraio.

A dì 31 passato e per Tommaso ebbi la tua de' 30 detto; e così recò qui tutte le lettere che andavano a cittadini e alla Signoria, mandate dal Re, per la licenza. Recoronsi con diligenza; che me' da Tommaso arai inteso per una sua escrittati insino a dì primo di questo, e della diliberazione fatta sopra questa licenza: il perchè non ci parendo che per via di salvocondotto e di licenza di chi governa tu fussi sicuro di non cadere nella contumacia di rubello; e così ci fu detto da Luigi e Ristoro, e dagli altri amici, che questa licenza sicurava la persona e l'avere en sul loro terreno, ma non ti scuravano che tu non cadessi in bando di rubello; però che la legge dice, che niuno confinato non ci possa venire se non pe' Consigli, altrimenti caggia in bando di rubello; si che intendendo questo, non l'abbiàno voluta in questo modo. Rifeciono la pratica, e sì trovorono il modo, come ti disse messer Tommaso Soderini, per via di comandamento; e questo era più sicuro, e a questo ci accordavamo, perchè da Tommaso Davizzi e dagli altri amici ci era detto che era a bastanza. E questa diliberazione si fece domenica sera, e lunedì mattina sì l'ebbono innanzi gli Otto, per farvi su el partito: e infine vi fu uno degli Otto che disse, che non renderebbe mai fava a questo partito; che si trovò a confinarvi, e che non si voleva trovare a farvi tornare: sì che non potendo fare sanza lui, non si misse a partito. Mandoronmi a dire che gli era di volontà di principali che tu venissi, e non avessi pensiero. Risposi a Tommaso, che da parte di Dietisalvi me lo disse, ch'io non volevo mettere la persona tua a rischio per le parole; chè loro non ci mettono altro, ed io ci metterei la carne e il sangue; che non era questo per nostre faccende, nè pregati da noi; che per verun modo non volevo tu venissi, se non eri molto bene sicuro e fuori di pericolo di più danni che tu t'abbia ora. Non so che si seguiranno: non vogliono ti si scriva mo'tu ritorni endrieto; sì che non so quello si faranno. Non si può dire per lettera tutte le cose seguite, chè non basterebbe un foglio: da Tommaso sarai avvisato più particularmente di tutto. Confortoti a pazienza; chè tutto è a buon fine. E quando non avessi fatto altro questa tua venuta, pure siamo chiari dov'è il buon animo e dove il fegato marcio, che è nel f. di 32. I' ti conforto a stare ancora qualche dì a vedere so altro diliberassino, chè non possino avere iscusa di dire: E' si partì presto; noi arèn fatto e detto! Sicchè non ti partire insino n'abbia avviso da noi: e sta' di buona voglia, chè ci avete degli amici.

Questa mattina mi disse la madre di Niccolò Ardinghelli, che gli è venuto a Vinegia en questi dì, e tosto doverrà essere a Bologna, per dare ordine come si potrà menare la donna.

E' s'è fatto embasciadori a Napoli al Re, e al Duca di Milano pe' fatti del Signore di Rimino, ch'è morto e ha lasciato un suo figliuolo secondo signore e a governo de' Veniziani; dove qui se n'è fatto gran caso: e però mandano questi imbasciadori al Re detto messer Luigi Guicciardini e Pandolfo di messer Giannozzo Pandolfini. Sarà buono avvisarne Filippo, che col Re faccia che ora, mandando la Comunità per aiuto a lui (che mi stimo che per qualche richiesta vi mandino), che il Re richiegga el Comune di Firenze della liberazione vostra: e non ottenendo tu ora questa grazia di venirci, l'ho per buono; chè potrà il Re dire: El Comune, o vero i cittadini non mi vollono servire di quella piccola richiesta, per servirmi d'una maggiore! e richiedere e gravare gl'imbasciadori che ne scrivino di qua. E 'ncora e portamenti vostri enverso d'essi imbasciadori, con qualche presente (che volentieri l'accetteranno), vi saranno in favore. E oltre a questo, Dietisalvi è quello va a Melano, ed èvvi amico. Dove pel fatto vostro bisogna che il Re iscriva al Duca, che gli compiaccia di questo, di chiedere allo imbasciadore el simile per voi che fa lui; e simile scrivere a Dietisalvi. E così si vuole adoperare ora a questo tempo ciò che uomo può, e per la venuta del figliuolo del Re; e ancora ordinare quel medesimo, venendoci quello del Duca. Io so che de' fatti vostri ve 'ntendete più di me; pure ti ricordo, e do quel poco dello avviso posso. Se tu arai licenza, ti dirò a bocca; quanto che no, portàtene questa, e mostera' la a Filippo; chè accozzandosi ora queste cose ensieme, si vuole fare il possibile; chè la Comunità ha bisogno di queste Potenze. Ancora a Milano avete Pigello vostro amico, ch'è gran maestro. I' scriveronne a Filippo di questo fatto; chè tornando tu indrieto, forse ne sarai apportatore, veggendo di mandartele salve; chè son cose d'importanza, e non da fidarle a ogni uomo.

Da Filippo ho lettere con una procura mandava a Roma, e Niccolò la dirizzassi a me. Così fè E disse al fante, secondo mi scrive, che trovandoti a San Chirico, la dessi a te. El detto fante la die' qui iermattina. Vedi servigio ne fa! La tua aperse Tommaso; che v'era drento lettere 'Amerigo Benci a' Martelli e Girolamo Morelli. Erano aperte; e drento la procura. Da Tommaso ne sarai avvisato.

Ebbi nella tua quella di Filippo. Di' che sempre motteggia; ed io ancora motteggerò con lui, chè glie ne dirò qualche motto. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra, Firenze.

Siàno a ore 21, e sento pure che tramano questa tua venuta. Iddio lasci seguire il meglio.



A Filippo Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A' dì 7 di febbraio 1464.

A dì 26 passato fu l'utima mia: ho di poi, sotto lettere di Lorenzo da San Chirico, una tua de' 18 di detto. Accaderà poca risposta: farolla per questa al bisogno. Giunse qui Tommaso a' dì 31 passato, a ore 23, e essofatto diè le lettere recate di costà a chi l'aveva a dare, e da 46 e 54 e dagli altri amici ebbe grate risposte. Dal fratello di 32 assai buona. Dietisalvi t'è grande e buono amico, che n'ha fatto dimostrazione, e così Zanobi, in questa licenza di Lorenzo: chè troppo sete loro obbrigati; e benchè ci sie ito un poco di tempo in averla, e che per gli amici tua si sia durato fatica, pure, per la grazia di Dio, iarsera di notte s'ebbe detta licenza. E perchè la legge dice che niuno confinato possa venirci se no per le 44 fave e pe' Consigli, se non ch'e' caggia in bando di rubbello; e pertanto s'è fatto per via di comandamento che, a pena della alturità loro, che venga qua fuori della porta, dove vuole, per tutto marzo. E questo, secondo m'è detto da chi entende, che gli sta in buona forma. E per tanto Carlo Guasconi gli mandò un fante a ore di notte col detto comandamento. Aspettiàllo a' dì 9. Mandilo Iddio salvo. Non ci pare enteramente la chiesta del Re, che lo chiede per drento nella terra; e ancora el bisogno suo e 'l contento nostro; chè ci sarà di gran disagio a lui e a me, e di più spesa. Pure non è cosa da ricusarla, e potrebb'essere che di qui a qualche dì, che gli amici nostri lo faranno venir drento: che di così sono confortata. E in questa sua venuta, quando non si fussi acquistato altro, pure s'è veduto che ci avete degli amici, e di quegli che vi darebbono aiuto e favore a maggior cosa che questa: sì che del dubbio ch'io ti scrissi per l'utima ch'i' avevo, mi sono rimossa per le parole ho sentite son ite a torno in questo fatto di Lorenzo; che me ne conforto. Prechiamo Iddio che per sua misericordia provvegga al nostro bisogno dell'anima e del corpo.

Avvisoti che 2 dì sono, fu fatto per la Comunità embasciadori costà alla Maestà del Re e al Duca di Melano, che è Dietisalvi; e costà è messer Luigi Guicciardini e Pandolfo di messer Giannozzo Pandolfini, el quale s'è adoperato al fatto di Lorenzo con sollecitudine e con amore, e a' fatti vostri sarebbe affezionato, potendo. Marco Parenti, per suo'parte e mia, t'ha loro offerto, se per te si può fare di costà alcuna cosa per loro, che te n'avvisino, e fara' lo volentieri. Accettorono le offerte gratamente, e che noi ti scrivessimo che tu t'adoperassi col Re, essendo costi nella terra, che dessi loro la casa fornita e spese, come è costumato fare agli altri embasciadori. E in caso nollo volesse fare, che tu tolga loro una casa bastante ad amendue, che a mezzo marzo vi saranno: e non trovandola, che ne tolga per ciascuno una, e mettila in ordine del bisogno.

Ora, Filippo, e' par tempo a pensare al fatto tuo, ed adoperare tutto quello si può per la ristituzione vostra. E benchè i' creda che tu ci abbia pensato e al continovo ci pensi, pure ancora noi di qua ci facciàno pensiero di quello crediamo sia el bisogno vostro. E questo si è, che verranno costà questi dua embasciadori, e tu fara' loro onore, e con qualche presente gli viciterai come si richiede; che dimostrano nel parlare loro d'esservi grandi amici, e potendo, en qualunche cosa ti servirebbono. E a me pare sieno di qualità buona pel fatto tuo: però che messer Luigi è assai riputato nello Stato e ci ha buona condizione; e Pandolfo non è tanto, pure n'è fatto istima, che è valente e scienziato giovane: ma fo conto del buon animo hanno inverso di te. Il perchè a me parrebbe che tu prima intendessi dal Re se per te volessi fare enpresa di chiedere che tu fussi ristituito, e volendo di buono animo, enteso la cagione della venuta d'essi embasciadori, venendo per aiuto e favore del Comune e chiedendo qualche cosa al Re, che volendo il Re servìgli, che chiedessi loro el fatto tuo cordialmente, e che qua ne scrivessino, e chiederti di grazia, e per rimunerazione di quello che ha riceuto da te; e oltre a questo, che il Re ne scrivessi e al Duca di Milano, che ti chiedessi al suo imbasciadore; e tu sai che Dietisalvi ti vuol bene: e tu ancora gliene scrivi, e raccomandagli el fatto tuo, ch'è uomo che qua può assai, e son certa che quando ne fussi richiesto di 48 di tal grazia, e che qua ne scrivessi dove sa che bisogna, che assai ti gioverebbe. Ancora hai Piggiello che t'è amico, che ti potre' dare un poco d'aiuto di là e di qua. E in questo mezzo, fatto che il Re avesse la tuo'chiesta agli 'mbasciadori, essere con loro, e richiedergli s'adoperino a darti aiuto e favore a questo tuo fatto; che volentieri lo faranno, e massimo quando tu facessi loro qualche presente: avvisandoti, che altro presente si richiede a messer Luigi che a Pandolfo. So che lo conosci el bisogno. Ancora. t'avviso che è d'adoperare, venendo el figliuolo 47, o altri che fussi atto a chiedere tal grazia, e così venendoci qualche uomo degno da 48. Tutte queste cose potendole accozzare, credo arèno l'attento nostro: chè pure ci è qua di quegli che vi darebbono aiuto, pure che sentissino fare tale impresa. E pertanto ne viene il tempo atto a potere accozzare tutte queste chieste; che ma' più verrebbe un tempo commodo come fia questo: e se le richieste s'avessino come dico, e di buono animo, mi pare esser certa che a tante Potenze non si negherebbe la loro domanda: e se fussi dinegata per non mettere questa cannella, si vuole insegnare la risposta a chi vi domanda e chiede, che gli altri nel grado nostro non aranno tali Signori che gli chiegghino, nè le virtù nè i meriti inverso la patria come voi. E per tanto t'ho fatto questo discorso a ricordarti el mio disiderio. So che m'intenderai, perchè non sia escritto così ordinato, e meglio ch'i' non so dire. Da altra parte si vole la prima cosa raccomandare a Dio, chè sanza lui nulla si può, che disponga lementi degli uomini a farci quella grazia disideriamo, se 'l meglio debb'essere: e a queste parti no me ne rispondere, chè non è di bisogno.

Siàno a' dì 9, e ieri ebbi la tua de' 25 passato. Risposta per questa. Mandai la sua a Messere, come l'ebbi: Lorenzo aspettiàno istasera: mandilo Iddio salvo e' n buon punto per l'anima e pel corpo, e se a Dio piacerà ci vedrèno di presso, e intenderò di vostro pensiero, e voi el mio: e di certo questo tempo che ci starà n'arò contento. Così volesse Iddio ch'i' l'avessi d'amendue, benchè tu me ne dia noia, ch'egli è quello che è da me più amato. Ho caro che tu dica così, chè quando ti dicessi di lui più una cosa che un'altra, non te ne maraviglierai, e non mi negherai quando te lo raccomandassi. Di' che con anima m'allarghi di cose sentissi. A che ti dico, che da Tommaso è da guardarvi, che è molto largo nel parlare; e credo che Giovanni Bonsi e Marco abbian 'uto da lui le cose scrivo, perchè i' l'ho da 14 e 13;1. 14 è Giovanni Bonsi; 13, Marco Parenti. ed io ancora glien'ho sentito ragionare, ma poco, chè poco tempo ha' uto in questi dì di ragionare: ma dubito che co'sua non ne ragioni; e sino martedì, non credendo che sì tosto Lorenzo avessi licenza, ritornò a San Chirico, e co Lorenzo ne verrà. Ricorderògli espesso che non parli così aperto con ognuno come e' fa, che vi potrebbe nocere assai. Ricordagliele, e non dire averlo da me.

Del donare al Cavaliere avevo levato via: pure Lorenzo mi scrive che gli parlò a Roma, e ch'è molto grande, e che molto grande offerte gli fece, e scrisse qua a Piero per questa licenza. Vedrèno che ne parrà a Lorenzo.

L'Ardinghello è tornato di Levante ed è a Vinegia. Qua all'aprile doverrà far nozze. Non ho sentito come s'è tornato carico di tesoro. La donna ha per ancora tutte le sue gioie e belle cose.

Quel pizzicagnolo non voglio per questo fatto favelli a Lorenzo: m'acconcerò co lui, e trovando che di ragione abbia avere, i' piglierò accordo co lui, e co più tempo si potrà, a pagarlo.

Le lettere ritenni di Tommaso, gliel'ho date. Farò vezzi a Lorenzo quanto i' potrò: così ve ne potessi io fare tramendua insieme; ma posso poco, chè tuttavia crocchio; e ogni dì priego Iddio e fo pregare che Iddio mi conceda grazia che mi possa istare questo poco ci ho a vivere con esso voi con pace e consolazione dell'anima e del corpo. Raccomanditi a me! e i' ho bisogno d'essere raccomandata a te.

Sento pure Lodovico aranno che fare tra 'l debito di là e di qua, che poco doverrà loro rimanere di sodo.

A me anche piaceva quella da Vernia, ma i' me ne 'nformai, e mi pare abbi del zotico. Pure nella stanza qua di Lorenzo ne isaminerèno meglio; e così della nipote di Giovanfrancesco. Non sento di nessuno suo accordo co'creditori; se non che dice bene di volere fare il dovere e dà molte buone parole a ciascuno. Pure ci è chi ne dubita che non faccia nulla. Aspettava Niccolò di Levante, che si diceva aveva sue mercatanzie. Vedrassi, ora ch'egli è tornato, quello farà. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.

Ebbi a questi dì un bariglione di susine, che mi costano tra vettura da Pisa a qui, e gabella, 30 soldi, che non gli vagliono. Aresti fatto meglio a mandarmi qualche cosa dolce, che sono piena di scesa. Pure ho caro ogni vostra; e non ti maravigliare di questa mia, che sono in fantasia aspettando Lorenzo.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 29 di marzo 1465.(*) Ricevuta il 18 d'aprile.

A dì 16 fu l'utima mia. Non avendo poi tua, ho per questa manco a dire; ma solo fo perchè non mi dimentichiate, e di darvi cagione, quando avete tempo, di farmi duo versi; che non ho altra consolazione che sentire per lettere vostre, che siate sani, e facciate bene. Che Iddio sia lodato di tutto.

I' ho lettere da Roma da Lorenzo, che a dì 20 si doveva partire per costi. Arò piacere sentire si sia condotto a salvamento. Così piaccia a Dio che sia. Aspettone pelle prime; e da lui entenderai delle cose passate. Dipoi che, si partì, i' non ho inteso altro di qua; se none che oggi s'aspetta Niccolò Ardinghelli alla porta. Ha 'vuto licenza per dodici dì; e chi dice che l'ebbe molto largamente, e chi dice che no. Pure Giovanni Rucellai fu il chieditore a Piero; e forse Lorenzo suo vi s'adoperò per fare quello a piacere alla suo'dama e donna di Niccolò, perchène facci a lui; che ispesso la vede! Hanno isperanza che ancora aranno grazia, e non passerà molto tempo. Così piaccia a Dio che sia, no lasciando adrieto degli altri. Gioverà forse più l'avere bella moglie, ch'e prieghi di 47!1. Ricordo che 47 è il re Ferdinando. Tutto per lo meglio sia.

L'imbasciadori si partirono iermattina per costì: conducagli Iddio salvi. Hanno dimolte buone parole, come da Lorenzo sentirai: non so come seguiranno gli effetti,; chè oggidì è difficile a trovare uomo di fede, e che tenga sue parole in piè. Senti' che don Federigo si doveva partire di costà più dì sono, en modo che Lorenzo non ve l'arà trovato; e così e nostri enbasciadori: e me ne sa male, chè qualche cosa si sarebbe di meglio inteso de' fatti tua, sendosi trovati costi ensieme. Ricordoti, sopra tutto, che vadi sodamente en questa faccenda: chè facendone impresa, e non riuscendo, saremo la favola del popolo. Che Iddio el meglio ti dimostri.

Per Batista da Saneasciano ebbi el fardellino cor2. Per con, come dice anc'oggi il volgo. e sei mazzi di lino, e le due matasse di seta, che l'ebbe Tommaso. El lino mi parve bello; ma no lo posi bene mente allora, che mi sentivo di mala voglia: chè poi partì Lorenzo no mi sono sentita bene, en modo che ho mangiato dell'uova: non ho avuto febbre, ma i' ho molto debole il capo, e alle volte pare che il cervello mi si volga. Ebbi della partita di Lorenzo grande rimescolamento;, e sì come viva mi pareva essere mentre che ci stette, così mi parve essere sanza la vita e morta quando partì: chè mi parve un soffio questa sua estanza. E del tempo che ci stette, no gli mostrai niuno mie' fatto, perchè meco non portai scrittura niuna, credendo ch'entrassi in Firenze : e dipoi quando ne fu'chiara, non volli venire per esse, per non mi partire da lui quel poco del tempo che ci stava. Ebbine consolazione: ma i' ho auto dipoi tanto dispiacere, che me ne sentirò un pezzo. Sicchè el lino non ho poi riveduto; che non ho a filare per ora. E per Batista detto, che viene costà, mando el farsetto di Lorenzo; e con esso sei sciugatoi, un poco più sottili che quegli altri. Sono quattro grandi per tenere al cappellinaio, e due piccoli per le spalle quando vi pettinate. Non ho fuori di pezza più per ora; fate a mezzo, e i' n'ho ordinati: chè si faranno ora tanti, che sarete forniti per un pezzo; e 'ngegneròmi gli abbiate per tutto maggio, se piacerà a Dio.

A questi dì passati i' non so s'i' miti scrissi de' danari pagò Zanobi di Dietisalvi e compagni per tre catasti e un mezzo danaio per lira: furono in tutto lire centonove, soldi otto e denari otto: loro te n'aranno avvisato. Fu a dì 8 di questo. E dipoi a di 23 pagorno in mie' nome a Bartolo di Michele pizzicagno1. Così ha l'autografo. Ma altrove scrisse pizzicagnolo. fiorini 5; che per questa quantità si fece daccordo, che di nove fiorini n'avesse 5: e fece fine di tutto, per mano di ser Piero di ser Andrea da Campi, a dì 22 di detto. Faronnelo debitore ai Libro di Matteo, a carte 131; dove Matteo era debitore. Acconcerò come m'ha detto Tommaso; e oltre a questo, ne farò ricordo al mio quadernuccio. Ed hammi renduto la scritta dell'obrigo di Matteo. Fatene anche voi ricordo.

Dissi a Batista mi recassi delle melarance: sì che alla tornata sua qua, fa' che me ne rechi parecchi, ch'i' l'abbia in questo maggio.

Escrivo a Lorenzo di parecchi fanciulle esaminate, avendo le parti che noi vorrèno, quale parentado t'aggraderrebbe più: chè Chi a tempo vole mangiare, ennanzi all'ora gli conviene pensare. Che Iddio ci apparecchi cosa buona. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 20 d'aprile 1465.(*) Ricevuta il dì 4 di maggio.

A dì 13 fu l'utima mia. Ho di poi la tua de' 7 detto. Farò per questa risposta al bisogno.

Veggo che Lorenzo t'ha detto come mia volontà gli pare sia di venire a stare dove voi pure dadovero; e che per una non potresti avere maggior consolazione: che solo resta assettare el fatto della donna. A che ti dico del fatto mio, che sempre è stato l'animo mio e la mia volontà d'esser presso a voi: ma vedete la lunghezza dello spacciare le mie cose di qua; e poi che furno ispacciate, ci è stato un poco di speranza del tornare; donde n'è seguito lo 'ndugiare a tor donna: ed io, vedutomi dell'età ch'i' sono, e malsana, non credendo giugnere a questo tempo, n'ero invilita, e quasi perduto la speranza d'aver mai consolazione, se non per lettere. Pure la veduta di Lorenzo, e inteso che tu se' disposto di tor donna, e che avendo fermo l'animo a fare questo passo, mi pare ragionevole e dovere ched io estia tanto si dia effetto; che tosto si doverrà vedere. Ben ti dico, che se non fussi questo fatto della donna, niuna isperanza n'arei di stare dove voi, perchè al continovo ci sarebbe degl'impacci e degli storpi di tormi questa venuta e questa consolazione di stare dove voi. E se a voi fussi grande, pensa che a me sare' maggiore: chè, per ragione naturale, debbo aver grande amore e tenerezza più inverso di voi, che voi enverso di me. Poi ci è el bisogno! chè i' posso male fare sanza voi, e voi sanza me potete tutto fare: sì che puo' credere che a Lorenzo i' abbia detto il vero di mie' volontà. Ora i' priego Iddio che lasci seguire il meglio di tutto.

Aspettàvi la venuta degli imbasciadori nostri. Saranno dipoi giunti, e parlato co loro, inteso qualche cosa pel fatto tuo: e come per altra ti dissi, i' n'ero invilita; veduto come tu di': Le gare sono tra chi può! Pure arai avuto qualche lume, e vederai che partito è da pigliare.

El fatto della donna, mi pare è secondo el parere nostro e di Tommaso Davizzi, che se Francesco di messer Guglielmino Tanagli volesse dare la figliuola, che sarebbe bel parentado ad ogni tempo; e di quante ce n'è venute alle mani, questa ha più parte.1. Cioè, parti; come altre volte scrive. E parti dicevano per buone qualità, virtù e simili. Quella da Vernia mi piaceva; ma ell'hanno del goffo e aria di villa, secondo m'è detto. Ora intenderò con Marco se ci fussi altro, che ci paresse meglio; e non sendo, si farà d'intendere se volesse darla; che non se n'è ragionato se non tra noi. Francesco è pure estimato giovane, ed è nello Stato; ma non è della sorta maggiore. Pure è negli uffici. E se tu dicessi: Perchè la dare' fuori? e' ci è più cagioni da doverlo fare. La prima, che ci è iscarso di giovani dabbene, che abbino virtù e roba. La seconda, che l'ha poca dota: credo siano mille fiorini; che è dota d'artefici; chè ne dà Manfredi alla sua dumila fiorini per mettella in casa e Pitti, ed ha anni 15; e lei n'ha 17. Sì che vedi quello si truova. La terza perchè credo la darebbe, si è ch'egli ha gran famiglia, chè ha bisogno d'essere aiutato avviargli. E questo sarebbe la principale cagione che mi fa credere che la darebbe. Entenderonne qualche cosa; e non volendo, si cercherà d'altro; e ne sarai avvisato.

Entendo che a mona Ginevra di Gino mandate libbre 80 di lino: che mi piace; che pure parrà che voi estimiate el servigio ci fece.

Mona Lucrezia di Piero veggo t'ha scritto buona lettera per amore del lino. Fare' bene a rimunerarti in cosa che non v'ha a spendere se no parole; e quest'è di raccomandarti a Piero, che ti facessi tornare in casa tua. Ringrazio sempre Iddio, chè da lui procedono tutte le cose, ed è cagione di darci delle prosperità, e così delle avversità pe' nostri peccati: a ogni modo si vuole ringraziare; e preghiallo che ci die grazia siàno conoscenti de' benificii riceviàno da lui.

Di' che tu e Lorenzo istate in buono accordo; che mi piace, e ve ne segue utile e onore. Ed ho molto caro che lo facciate tanto più per mio contento; che Iddio ve ne renderà merito; e vi presti vita lungo tempo, come disiderate.

Piacere'mi che Piero si ricordassi dello onore che per suo amore facesti a messer Carlo; di quello che può vi ristorassi, in rimettervi in casa vostra: e in questo vorrei si ricordassi di voi; che Iddio gliele metta nel cuore che lo facci, se debb'essere il meglio.

Niccolò Ardinghelli mena domani la donna, ch'è gran festa. Ma dipoi mi penso sarà il contradio, chè n'andrà in Levante. Iddio gli conceda di suo' grazia.

Venne mercoledì don Federigo. Sento gli hanno fatto grande onore: e giovedì mi venne a vicitare due gentiluomini, che dicono istanno presso a te; e molto ti lodorno, e dissono maraviglie di te. Ringrazia'gli della venuta loro: dipoi offersi loro la casa, e quello che per noi si poteva, pregandogli che pigliassino sicurtà nelle cose tue di qua come nelle loro propie: e così alcun'altra buona parola, come accadde: e loro il simile. E sì si partirono. I' te ne do avviso, perchè ne gli possi ringraziare quando fia tempo. Nè altro per questa m'accade dire. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.

La Lesandra e Giovanni sono venuti qui per un mese; e innanzi partano di qua, si farà quello s'ha a fare. I' ho fatto levare a Tommaso braccia 4 di domaschino bigio per donare al maestro Lodovico, che ha 'uto una fanciulla femmina. Hammi medicato assa' volte, e non ha 'uto danaio: sì che ora gli mando questo. Costa fiorini 4 e soldi 12 a oro: sicchè fategli buoni a Tommaso.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 26 di maggio 1465.(*) Ricevuta il di 12 giugno.

A dì 18 fu l'utima mia. Ho dipoi dua tue de' 9 e 13. Risposta al bisogno.

Io veggo col mezzo del lino l'amicizia s'è presa col fratello di 32; che mi pare che il detto lino nascessi en buon terreno, che perensino a qui le lettere iscritte per detto lino ne seguirà forse degli effetti disidero. E parmi buon segno averti commesso cosa di tuo onore; che assai piacere n'ho preso, e di tutto ringrazio Iddio. Veggo vorrà pure, come ti scrisse la donna, ritenere particulare amicizia teco: e se per effetto lo dimostra, mi pare sia buon segno. Pure ha del fulignato,1. Questo modo è spiegato da ciò che segue; e in quanto alla sua origine, può essere che il contegno de' Trinci, signori di Foligno, amici non sempre fedeli della Repubblica, desse di Fiorentini motivo di trattare i Fulignati di « voltanti », come dice la Nostra. secondo ho sentito per chi ha 'uto bisogno di lui; e che le sue parole non tiene in piè: che credo col tempo ne perderà assai di riputazione. E può essere ch'egli è ben disposto enverso di voi; ma insino non ne veggo pruova, ne sto in dubbio: perchè sono oggi gli uomini molto voltanti. Pure fo come lo 'nfermo, che pe' conforti del medico, quando dice « Tu non hai a perire di questo male, ma fra pochi di sarai sano », e lo 'nfermo, benchè si senta pur male, le dette parole lo confortano e dannogli speranza di guarire. E quando riesce, e quando non. Così ho fatto io, che per la lettera tua de' 13 n'ho preso conforto; chè mi pare tu ci abbia buona speranza, che le cose passeranno bene. E riaffermoti che ora è il tempo; però che qua sento che le cose si vanno entraversando l'uno coll'altro, che non è da indugiare: e ne vedesti la sperienza ne' fatti di Lorenzo; e ora in questi dua catasti, che si diceva gli ponevano per fare l'onoranze a questi Signori che s'aspettano ora per San Giovanni: e nove di feciono Consiglio del Cento; che vi fu de' dì che quaranta volte la missono a partito, e non, si vinceva: pure poi si vinse. E così s'è fatto nel Consiglio del Popolo, che parecchi dì s'è fatto; e ancora non sento sia vinto. Hassi a vincere: ma pure dimostrano che non sono dell'animo solevano. E sento che 'l fratello di 32 ha fatto pazzie: e 54 conforta si tenga la cosa: non perchè e' non voglia che la si vinca, ma perchè f. di 32 nolle tiri così a suo' posta. E ciascuno si tira drieto gli amici sua. Sicchè vedi come le cose s'addirizzano. E pertanto è il tempo al fatto tuo: e la commodità ne viene di chi t'ha dare aiuto e favore. Veggo tu t'aiuti da ogni parte; ed io t'aiuterò col fare dire dell'orazioni e fare pregare Iddio che provvegga a questo vostro bisogno. E, come mi di', terrò in me tutto, che con persona non ne parlerò. Arò caro sentire quando ha' nulla di buono, acciò che consolazione ne pigli con voi. Che Iddio ci conceda questa grazia, che noi disideriàno, se debb'essere il meglio.

Pandolfo veggo che ti pare affezionato al fatto tuo, e servire'ti volentieri, pure che potessi: e lui non servirebbe persone ingrate. Sento rimane costi, e pur messer Luigi a Roma: che vi si potrebbe tirare le calze,1. Cioè, morire; oggi più vivo, il calzino. chè pure ve ne muore di pesta. El nostro Niccolò, sento da uno ch'è tornato di là, che non si parte ancora; e che v'è Lionardo: e stimo che se si partirà, ne verrà a stare con voi: e se vi viene, non si parte a fretta di costà; chè credo volentieri starebbe presso a voi per suo utile.

Di' che Gino ti voleva dare uno de' sua figliuoli: avetene tanti per casa, che de' parere la scuola; e aresti bisogno d'un maestro per loro: verranne Tommaso, chè sono a punto dal fatto suo.1. Intendi, sarebbero que' figliuoli affidati bene: ma v'è ironia. E non mi maraviglio te ne sia profferti assai, chè ce n'è gran quantità, e qua ne son piene le botteghe. Fa' bene a ringraziare Iddio, che v'ha conceduto grazia, che chi non v'are' salutato, ora vi darebbe le cose sue perchè vi servissino. Non è questo pe' vostri mancamenti; ma per la grazia, che v'ha data Iddio, delle virtù che v'ha concesse. Priegoti che ne sia conoscente, che Iddio ti prosperrà di bene in meglio.

Di Niccolò Ardinghelli non è da ragionare, ch'è tirato in Levante, e la moglie è rimasa qua, molto bella. Se ha apparato de' colpi di 53, gl'interverrà come lui, che è tenuto un tristo: ma rimarrebbegli della roba, che si dice n'ha tanta, che potre' fare il dovere; ma la vuole per sè. E voi fate bene a non adoperare nè usare di quegli di 52, che sono alcuni più tosto di carico che d'onore.

Sento che Piero di Cosimo ha donato al Re la galea che avea di costà, e a te n'ha dato carico la presenti alla sua Maiestà: e mi pare pur buon segno, che Piero pigli tale sicurtà in te. Iddio lo disponga a farti degli onori disideriamo.

Siàno a d 29. Èssi pure vinto e dua catasti; ma e' s'è penato dì otto. La brigata,1. Intendi, alla brigata paiono ec. E la brigata va intesa pe' cittadini. Noi diremmo, alla gente ec. gli pare superchie spese.. Èssi cominciato a bucinare che la gravezza si racconcerà; che si farà2. Cioè, sarà bene, n'avrò vantaggio. per me.

Ho soprattenuta questa per darla a Tommaso, che domani dice partirsi di qua. Iddio l'accompagni.

Promissi a Lorenzo di fare a te e a lui parecchi collaretti di pannolino pel farsetto: i' no gli ho fatti, perchè non ho ancora trovato pannolino sottile a mie' modo; che quello ch'i' vi fo le camice, e' mi pare troppo grosso. Quando m'abbatterò al buono, ve ne farò parecchi per uno, che aranno altra fazione che quegli avete. Avvisate se volete più isciugatoi, o grandi o piccoli. A Tommaso ho dato dua sciugatoi per Giovacchino, che me gli diè la sua monaca di Santa Marta; sicchè digliele. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze. A voi mi raccomando.

Per aspettare Tommaso ho soprattenuta questa ensino a questo dì primo di giugno: e ora mi dice avere tue lettere che non si parta. E benchè i' abbia iscritto un poco aperto, pure la manderò sotto quelle di Tommaso: avvisa come la truovi. Tommaso mi diè el taffettà rimandasti: egli è in modo, che no l'ha rivoluto colui da chi e' l'ebbe: ed ha ragione: è tutto pieno di pieghe, e sì grinzoso, che non so se si potrà distendere: proverrò s'i' lo potrò racconciare; chè a quel modo è perduto.

Ho sentito da persona che bene ci vuole, che quella fanciulla degli Alberti è molto bella; che mi piacerebbe che fussino contenti di darcela: engegnerommi di vederla per queste feste; e poi ne farò tastare da Tommaso Davizzi, e intendere se 'l padre ce la volesse dare: che non si vuole endugiare a settembre a intendere se ce la darebbe, o no; chè se non fussi contento, ne leverei el pensiero; e andrèno cercando dell'altre. E in questo mezzo tu cercherai el fatto vostro : che Iddio ci dia el suo aiuto a' nostri bisogni dell'anima e del corpo.

Ho una di Lorenzo de' 20 del passato, e no gli fo altra risposta, se none ch'io aspetto che alla tornata di Batista mi mandi le melarance che dice, se le sono belle; chè quelle parecchi che recò, erano trista cosa, e mezze fracide: che avendole di quella sorta, è perduto la fatica e la spesa. Questa mattina hanno pagato e Dietisalvi1. I Dietisalvi; intendi, quelli del banco di Dietisalvi. per me (è pel 43 e 44 catasto) lire 60, soldi 10, denari 4. Hannosi a far loro buoni. Siet'avviso.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 15 di giugno 1465.(*) Ricevuta il 25 di giugno.

A dì 7 fu l'utima mia, e Tommaso Ginori ne fu apportatore; e da lui arete sentito novelle assai 'di qua, che tutte non si possono dire per lettera. Iddio l'abbia condotto a salvamento. Non ho avuto per questo fante vostre lettere, che stimo ne sia cagione le faccende assai dovete avere appressandovi alla festa. Da altra parte non ci è cose d'importanza a dire: pure quando viene il fante, e i' non abbia vostre lettere, no mi pare aver l'animo quieto. En quel tempo1. Cioè, quando viene il fante con le lettere. fate che, poi ch'io non posso avere consolazione d'avervi alla presenza, che i' abbia duo versi soli, che voi sete sani e state bene: che Iddio, che può tutto, ci dia quello ci fa di bisogno per l'anima e pel corpo.

Dissiti per l'utima mia, come si ragionava di mutar gravezza: ora è partorito uno isgravo en sul catasto; che hanno fatto pure questi maggiori quello che fa per loro, che 'l catasto non si muti, ma che vi si faccia su uno isgravo di fiorini cinquecento: che non ha a toccare a' pari nostri avere di questo isgravo! tutto se n'ha andare in chi ha meglio il modo a pagare di me. Andrà questo come vanno l'altre cose! Vogliono raffermare di far gli Otto a mano per cinque anni; e hanno fatto el Consiglio del Cento parecchi dì e non si vince; chè la brigata no gli vorrebbe più a mano.1. Il popolo voleva che si chiudessero le borse, per trarre gli Otto a sorte; come fu poi vinto.

La Donna novella e questi Signori s'aspettano fra cinque o sei dì. Èssi messo in ordine di belle feste per onorargli, e una grande ispesa si dice che fia questa; che assa' gente se ne duole: el male andrà pure sopra' più deboli, chè gli altri s'aiuteranno collo sgravo.

I' non so che partito s'ha preso 45 del fatto suo: s' egli ha fatto la 'npresa, ed ella abbia effetto, col nome di Dio sia! se no l'avessi, estimo al fatto di 33 nocerebbe assai: che pure ci è chi crede dei 51; e questo farebbe chiaro di no. Tutto istà a Dio, e a lui si vuole raccomandare che ci aiuti en questo e in ogni altro nostro bisogno.

Sento Niccolò Strozzi ha picchiata di fiorini dumila di gioie, che 'l Papa l'ha 'vute per fare la mitera, e no gliene vuole dare danaio; che non farebbe per Niccolò avere di queste cose ispesso, come ha cominciato. Tra Giovanfrancesco e questi, se gli perdessi, el monte iscemerebbe assai: benchè si dice Giovanfrancesco farà il dovere; e ch'egli ha preso accordo co' creditori e termine bene otto anni, e renderà soldi venti per lira. Così doverrà aver fatto a Niccolò; che tanto meno perderà, se fia vero questo. Quegli del Papa si fanno qua ispacciati. Sento che si sta pure a Roma, che non è più pauroso come soleva: che mi maraviglio di lui, morendovene di pesta come si dice, che vi stia; che è di gran bisogno che viva a' sua nipoti. E' sono di sanguinità, che tosto lo pigliano.1. Intendi, il morbo, la pestilenza. A Dio piaccia mantenerlo sano lungo tempo, con salute dell'anima.

Manda'vi gli sciugatoi per le mani di Tommaso Ginori, rinvolti in uno isciugatoio vecchio: fatene masserizia; che non si perdino; che madama Marina1. Accenna ironicamente alla schiava ch' era a' servigi o, come dicevano, al governo degli Strozzi in Napoli. no gli mandi male. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.

Raccomandovi Tommaso, e salutatelo per mie' parte.



A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 5 di luglio 1465.(*) Ricevuta il 16 di luglio.

A dì 15 del passato fu l'utima mia. Ho dipoi dua vostre de' 16 e 22 detto. Risposta per questa.

La lettera mia col suggello de' Ginori fu mio difetto; chè suggellai en fretta, e manda'la a Tommaso sanza farvi el segno: piacemi che peraltro la trovassi bene.

De' fatti vostri co l'amico non so come si seguiranno; che se fussi come sono gli uomini buoni e interi, che tengono le parole loro in piè, n'arei qualche isperanza delle sue promesse: ma dicendo sì e no d'una medesima cosa, i' non ci ho fede. E poi dice, non è tempo. Quanto più va in là, piggior tempo credo sarà. E peggio saranno d'accordo, se Iddio non provvede, che può. Raccomandianci a lui, che provvegga al nostro bisogno dell'anima e del corpo. Son certa che dal canto tuo farai el possibile inverso di lui: che fa' bene a farlo, chè non può che giovare. Per la lettera di Lorenzo, de' 22, dice che mandate per Batista da San Casciano 450 melarance: che si mandino per vostra parte a Piero: che ne serbi solo per me parecchi, e mandine a lui el più che si può. Così farò, quando l'arèno avute. E' ci è lettere da Bettino per questo fante, e non ne dice nulla delle melarance: che a Giovanni scrivete che l'avete diritte a Roma a Bettino, e a lui le mandi qua: sì che no ne dice nulla. Aspetterone; e come seguirà, sarete avvisati.

Dissiti per altra dello isgravo si faceva. Missolo a partito colla medesima petizione di fare gli Otto a mano; e missesi assa' volte, e mai si vinse: sì che ci stiàno pure col catasto all'usato.

Avesti Lionardo, che senti' n'era venuto con Tommaso: e piacemi sieno condotti a salvamento. Saluta Tommaso da mie' parte. Niccolò sento è a Viterbo. Non hai risposto a lui come fe' a noi di Matteo.

Della donna, l'ho detto co Marco: dice si stia a vedere un poco; chè sa forse l'animo tuo. Sia alla buon'ora: quanto più s'indugia, più tempo si perde!

De' fiorini 13 e soldi ha' fatto buoni a Dietisalvi per me, furono pel 43 e 44 catasto: così dice la fede ho dalle Prestanze; e non ho dipoi domandato perchè: secondo me, è un catasto e mezzo.

E collaretti, di' che i' gli faccia fini, e di tela di sciugatoi. A me non pare che sieno buoni di tela di sciugatoi; chè non servirebbono bene: ed ho cerco di panno lino fine, e per ancora non mi sono abbattuta a cosa che mi piaccia: come m'abbatterò, gli farò. Gli sciugatoi mandatovi, gli arete dipoi avuti.

Sete avvisati della venuta qui della Duchessa e di don Federigo, e dello onore s'è fatto loro. Grande ispesa s'è fatta; ma colla medesima si poteva fare loro maggiore onore. Lasciànci governare!

Iacopo di messere Agnolo mi venne a vedere, e molto disse de' fatti tua maraviglie, e che t'è tanto obrigato. Dimostra che tra voi è una grande benivolenza: volle ch'io gli promettessi di raccomandartelo. Così fo. Ringrazialo della vicitazione che mi fece.

Ieri entrò en Firenze messer Dietisalvi con bello onore, secondo si dice, più che cavaliere che ci sia entrato; che si dimostra che gli è stimato assai.

La Marietta non è venuta, e nulla ne sento ora ragionare di lei.

I' ho bisogno, come i' dissi a Tommaso, di danari per pagare un po' di grano e di vino tolsi da Marco, e ancora per altre ispese; che mi sono mantellata insino a qui:1. Intendo, adesso. E mantellarsi valeva quanto scriversi fra le terziarie di un Ordine religioso. ora m'è di bisogno pigliare parecchi fiorini dal banco: farollo fra pochi dì, e ve ne darò avviso. Quest'anno credo non arò a comperar vino, se altra disgrazia non viene. Pure n'è molto poco per tutto; e del grano ancora è pochi gambi, ma è molto granato, e dà buon peso, migliore che l'avessi parecchi anni fa. Non so ancora come n'arò a Pazzolatico, chè non v'ho lavoratore fermo, e Dio sa come gli è ridotto: ancora vive Piero e mona Cilia, tramendua infermi. Ho allogato il podere per quest'altro anno, e me lo conviene mettere in ordine; e que' due vecchi, se non muoiono, hanno andare accattare. Iddio provvegga.

Ara' sentito dell'accordo fatto Giovanfrancesco, e come misse la pitizione di volere esser sodo2. Cioè, aver sicurtà. che, osservando l'accordo, che mai per nessun tempo gli potessino addomandare nulla di questo debito. E si vinse, e 'l Comune soda. E Lodovico e' frategli hanno ancora loro vinto la pitizione di poter vendere delle loro possessioni: e perchè non avevano chi sodassi per loro dette possessioni, el Comune soda per loro. Parmi abbino avuto bella grazia. Ha Batista auto a questi dì una fanciulla femmina, e hanno, secondo sento, fatto magnificenze: che pure si mantengono all'usato. E Vanni va podestà in una piccola cosa;1. Cioè, in una podesteria di poco conto. pure si civanzerà2. Non far avanzi, ma cavarne per l'appunto le spese. le spese.

Tommaso Davizzi a questi dì mi venne a vedere, che se' ne va in villa. Dissemi, e recommi alle mani3. Diremmo oggi, mi messe dinanzi, mi propose. una fanciulla de' Barbadori, che dice è bella e bennata; ma e' non ha fatto un bel parentado d'un'altra, che v'è maritata. Pure terrèno le mani in parecchi, che al tempo si piglierà il meglio; che Iddio ce lo dimostri: nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 26 di luglio 1465.(*) Ricevuta il 5 d'agosto.

A dì 20 fu l'utima mia. Ho dipoi la tua de' 12 detto. Risposta.

Del none iscrivermi ispesso, non credo punto sia per non ti ricordare di me; chè è naturale che 'l figliuolo si ricordi della madre, massimo quando non è suto abbandonato da lei ne' sua bisogni: ma quando non ho vostre lettere espesso, estimo bene che le occupazioni di cose che importano vi danno tanto che fare, che il tempo vi manca a scrivere a me. E benchè mi paia spiacevole il non avere vostre per ogni fante, quest'altra parte dell'avere voi assai che fare mi fa istare paziente. E di certo, che volentieri veggo le vostre lettere, che aspetto el mercoledì o il giovedì, che de' giugnere il fante, co piacere, credendo avere duo versi di vostra mano: e quando i' no n'ho, e l'animo mi si distende aspettare per l'altro fante; e non n'avendo, mando a sapere dal banco; se truovo abbino vostre, piglio conforto che voi sete sani e state bene. E così vengo passando tempo. E ringrazio Iddio che di voi sento buone novelle, e che avete assai faccende e d'utile e d'onore; che assai mi piace. Ed è vero quello che tu di', che tu hai, e noi teco insieme, più grazia non meritiàno: ed ho isperanza in Lui, che, conoscendo noi e benificii e la grazia che v'ha data per ensino a qui, ched e' vi prosperrà di bene in meglio. Così lo priego per sua misericordia, e al continovo fo pregare per voi; e da un pezzo in qua s'è fatte tante orazioni per la faccenda vostra, che per certo non piace a Dio ancora che noi abbiàno questo contento. Riputo tutto per lo meglio. Avevone isperanza innanzi la presura del Conte; ma di poi sento le cose sono intraversate en modo, che non è per ora da parlarne. E chi dice non essere ora tempo, credo sia vero, per quello sento: e non so pensare quando s'abbia a essere il tempo; però che si vede ogni dì traverse tra loro. E questa morte del Conte ha molto dato che dire di 47 e di 48;1. Il Re di Napoli e il Duca di Milano. en modo che vogliendo e maggiori mandare imbasciadori, l'uno costà al Re e l'altro al Duca, non si vince. Darèmi poca noia queste cose, se non fussi el fatto nostro: sì che vedi a che termine ne siàno. E quanto a me, non è da farne ora isperienza; chè penso, se la si cimenta, ella non riesca: me ne parrebbe perdere assai di riputazione, e spezialmente nel fatto de' 33 per 45.1. Il matrimonio (33) di Lorenzo (45). Ora tutto si vuole rimettere in Dio, che lasci seguire il meglio di tutto.

Per altra ti dissi delle melarance mandate a Piero, e la risposta che fece a Giovanni: doverratti avere iscritto, chè così disse di fare.

Piacemi molto che le cose del Re sieno assodate, e nette de' dubbi che si potevano avere. A Dio piaccia mantenerlo lungo tempo in pace e in buona prosperità, con salute dell'anima e del corpo. Madonna Ippolita si dice ne verrà pure in costà, e don Federigo co lei: accompagnigli Iddio.

Siàno a dì 27; e Marco Parenti è venuto a me, ed hammi detto come più tempo fa ragionàno del darti donna, e faciemo pensiero che delle cose che ci erano, e dove noi credavamo potere andare, e quello ci pareva meglio di parentado, se l'altre cose avesse, ch'ella fussi di buono sentimento e bella, e non avesse del zotico, si era la figliuola di Francesco di messer Guglielmino Tanagli; e che perensino a oggi non ci è venuto innanzi cosa che ci paia dal fatto tuo più che questa. E in vero, non se n'è ragionato troppo, per la cagione ti sai: pure segretamente noi abbiàn cerco, e non si truova se none gente, per di fuori,1. Intendi, che si contentino d'andare a marito fuori di patria, spose a cittadini esuli. che hanno mancamento o di danari o d'altro. Ora el minore difetto che sia di questo, si è e danari; e quando vi sono l'altre parti compitenti, non si de' guatare a' danari, come più volte m'ha' detto. Sì che il dì di Sa' Iacopo, essendo Francesco grande amico di Marco, e avendo una gran fede in lui, si mosse con bel modo e savie parole, avendo di già parecchi mesi sentito che noi volentieri arèno veduto la figliuola, a domandare Marco di questo, e che stimava che se ne domandassi per te, e che quando noi avessimo il capo a ciò, che ci veniva volentieri; perchè tu se' uomo da bene: che avendo fatto sempre be' parentadi, e avendo poco che dargli, più tosto la vuole mandare di fuori a persone da bene, che darla qui a di quegli che si truovano, chi ha pochi danari: e no si vorrebbe abbassare. E volle che Marco andassi co lui a casa sua, e chiamò giù la fanciulla en gamurra: la vide; e profersegli che ogni volta ched io la volevo vedere, e così la Caterina, che ce la mosterrebbe. Dice Marco ch'ell'ha bella persona, e parvegli che fussi ricipiente fanciulla: e noi abbiàno informazione ch'ell'è di buono sentimento e atta, che ha a governo brigata assai, chè sono dodici figliuoli, sei maschi e sei femmine; e, secondo sento, ella governa tutto, chè la madre sta sempre grossa, e non è da molto. Ecci porto da chi usa in casa, che la governa la casa lei; chè così l'ha avvezza el padre, ch'è tenuto d'assai, ed è stato de' puliti giovani da Firenze. Sì che pensando che si ha 'ndare per la lunga; non mi pare che sia tempo d'aspettare a fare questo passo: e pertanto avvisa di quello s'ha a fare; e sarebbe buono, a mio parere, che tu ne domandassi Pandolfo: chè sendo el più presso avemo a questa fanciulla, ne de' assapere el tutto; e così della condizione del padre. Non gli direi che noi n'avessimo nulla ragionamento; ma, avendo el pensiero, se te ne consigliassi: e se te ne dicesse bene, come è stato detto a noi, sare' da credere; e fermarsi qui, e diliberare d'uscire di questo pensiero: chè Preso il partito, passato l'affanno. Credo da Marco sarai di questo fatto avvisato più particularmente che non ho fatto io, perchè la praticò, e intende meglio di me. Metti in ordine le gioie, e belle, chè la moglie è trovata. Essendo bella, e di Filippo Strozzi, è di bisogno di belle gioie; chè come tu hai l'onore nell'altre cose, en questo non vuole mancare.

Lorenzo non mi scrive; chè no n'ho da lui da' 27 di giugno en qua; che mi fa pensare che non sia di buona voglia: avvisa che n'è, e s'egli ha avuto reda, chè mi disse Tommaso che l'aspettava. Credo starete tanto sanza donna, che ne troverrèno qualche serqua. Iddio vi presti pur vita, come disidero. Nè altro per questa m'accade dirvi, se no che attendiate a star sani; che Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 9 d'agosto 1465.(*) Ricevuta il 19.

A dì 3 fu l'utima mia. Ho dipoi la vostra de' 28 passato, che n'ho auto piacere. Iddio lodato. Risposta.

Tu mi di' per questa tua, che i' non dubiti che la lunghezza della vostra propietà1. Cioè, cosa che appartiene, che riguarda una persona, cosa sua propria. In questo caso, era il matrimonio che si aveva a concludere. ti dispiace, e che ti dibatti al pigliar partito del fatto della donna: pure ciascuno ti consiglierebbe di stare ancora un poco alla vista, non ci sendo cosa alle mani; e ch'io te ne dica mio parere. A che ti dico, che son certa che tu ha' dispiacere che la cosa vada tanto per la lunga, che dà noia a molte cose; e della donna, se altri ti conforterebbe a stare alla vista ancora un poco, i' non so che mi ti dire; chè intendo poco, e so meno; e credo che tu e gli altri entendino di questo e d'ogni altra cosa più di me. La donna è trovata, come per altra ti s'è detto, piacendo a te: sì che piglia il partito tu, di quello che tu credi sia el meglio; che Iddio te lo dimostri.

Dell'esservi compartiti, tu a governo del banco, e Lorenzo al fondaco, ho consolazione. Che Iddio ve ne conceda buon guadagno, e mantengavi lungo tempo en buona pace e amore insieme, com'io disidero! chè me ne gode l'animo quando veggo vostre lettere, e considero che voi v'amate, e sete uniti ensieme Mai leggo le vostre, che di tenerezza possa tenere le lagrime: che tante benedizione vi dia Iddio, quante i' n'ho gittate per voi!

Avesti li sciugatoi: faretene masserizia; e così vi serberò io el resto; e così l'altre cose fatte per voi. Ristorerete Batista in altro; farete bene, chè v'è fedele, che vi rispiarmò parecchi lire di vettura delle melarance. A Iacopo d'Ariano ho rammentato più tempo fa el calamaio, ch'io gli die' che ti recassi: hammi detto che non è perduto. Ora i' non so se mai tu l'avesti; e no l'avendo tu auto, ed e' ci torni, mi farò donare la vettura d'una catasta di legne pel verno, s'i' potrò averlo da lui, per ristoro di detto calamaio; che per un fiorino no l'are' dato.

Delle melarance vi si disse per altra quello se n'era fatto. Dicesi che costà viene Lorenzo di Piero: fategli vezzi.

Del compromesso, a Marco non pare che importi nulla el soprastare: lasciatene il pensiero a noi; e non vi pensate, chè noi di qua ci pensiàno; che è nell'albìtro mio, che quando caso venisse in loro, che bene e' no lo volessino fare, i' ho l'alturità in me di potere rimutare el testamento. E per questo dice Marco che none importa, ensino si vegga com'e fatti vostri vanno: che a Dio piaccia vadino bene. Attedete pure a star sani.

Se queste galee che vanno in Levante toccano costi, sarete vicitati da parenti e amici assai, che vi son su. Se vi fia Lionardo Davizzi, che è figliuolo d'un cugino di vostro padre, benchè lui e voi forse nol sapete; ma estimolo come parente del mio Tommaso: sì che per suo amore fategli buona compagnia, chè qua istà in casa Tommaso. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze. A voi mi raccomando.

Bettino, venuto estamani, si doveva partire per andare a Giovanfrancesco. Fia in questa una lettera che mi recò uno, che dice è fratello di Domenico, che dice istà in casa teco.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 17 d'agosto 1465.(*) Ricevuta il 30.

A dì 9 fu l'utima mia. Ho dipoi la tua de' 7. Risposta al bisogno.

Piacemi che m'abbiate per escusata degli errori fo alle volte nello scrivere; e così escrivo alle volte delle cose ch'i' sento che danno carico a 47, e non è poi vero; come fu di quello Messere che uscì d'Ischia. Qui si vede chiaro, che ci è chi dice male, e vorre' veder peggio. E quando i' sento dar carico a chi ci fa bene, troppo mi duole. E così ora si sente delle cose di questa rotta di Francia: e come di' per la tua, le passioni fanno biasimare e lodare. Da Marco doverrai essere avvisato di quello si dice; chè sente più di me.

Dall'amico tuo ha' buone lettere, e dimostra avere fede in te: che mi pare buon segno. E se farà un dì dimostrazione del bene che dice volerti, non se ne starà poi en dubbio. Priego Iddio che sia presto l'effetto, se 'l me' debb'essere per noi. Ancora non si sa se manderà il figliuolo costà; che si dice che ancora Madonna tornerà indrieto: chè siàno come un farnetico in questo mondo: che a Dio piaccia darci la salute dell'anima e quella del corpo. E se il Conte Iacopo morì, Iddio gli perdoni. Così andassino gli altri che ci fanno male, se dovessi essere el meglio.

Di quello Della Luna, sento che sono tremila di dota e millecinquecento di donora. S'egli è vero, ha sceso un grande iscaglione della dota, da quello dicevano di principio. Non è se non da biasimano, aver fatto parentado co' preti. E si dice anche, ch'e fatti loro non ci è grascia; che forse si ripareranno con questi. E' murano una bella casa, a vedere di fuori; drento non so.

Degli embasciadori, ara' sentito chi e' sono: e non si fa caso che si logori la riputazione; che se ne facessono, si governerebbono per altra via. Iddio gli dirizzi ai bene fare.

Avvisoti, che andando domenica mattina a i' avemmaria in Santa Liperata alla prima messa, come vi son ita parecchi mattine di festa per vedere quella fanciulla degli Adimari, che la suole venire alla detta messa; ed io vi trovai quella de' Tanagli. E non sappiendo chi ella si fussi, mi gli posi allato, e posi mente a questa fanciulla; che mi parve ch'ell'avesse una bella persona e ben fatta: è grande come la Caterina, o maggiore; buone carni, none di queste bianche: ma ell'è di buon essere; ha il viso lungo, e non ha molto dilicate fattezze, ma no l'ha rustiche: e mi parve nell'andare suo e nella vista sua, ch'ella non è addormentata: tanto è, che mi pare che, piacendoci l'altre parti, ch'ella non è da sconciare mercato; che sarà orrevole. I' gli andai drieto fuori della chiesa, tanto ch'i' vidi ch'ella era quella de' Tanagli. Sì che sono di lei pure un poco alluminata. Quella degli Adimari, mai l'ho trovata; che mi pare un gran fatto, chè son ita tanto alle poste, e non esce fuori, com'ella suole: e andando coll'animo diriet'a questa, e' mi venne quest'altra, che non vi suole venire. Credo che Iddio me l'apparecchio innanzi perch'io la vedessi; che no ci avevo il pensiero a vederla ora. Per altra, da Marco e da me ne se' avvisato: e di' che l'è materia che bisogna adoperare il cervello; e così mi pare ancora a me. Tu hai avviso delle parti ch'ell'ha, e degli incarichi che vi sono: pènsaviti su, e piglia el partito tu credi sia il meglio: che Iddio te lo dimostri.

Per Francesco di Benedetto Strozzi ti mando per mare un sacchetto co cento mazzi di finocchio: è segnato di vostro segno, che venne già col lino. El finocchio non è quest'anno molto dolce: e però te ne mando poco. Non era bene secco; che per mandartelo presto e bene, per non indugiar per le piove, lo mando ora. Quando l'hai avuto, fallo trarre del sacco e tiello quindici dì al rezzo, chè ha del verde, e diventerà più bigio. Avvisa come lo truovi. Che Iddio di male vi guardi. Per la tua Alessandra, in Firenze.

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A' dì 31 d'agosto 1465.(*) Ricevuta il 10 settembre.

A dì 23 fu l'utima mia, e scrissi a Lorenzo: dipoi ho la tua de' 16; che l'ha letta Marco ed io, ed abbiano inteso quanto di' intorno al fatto della donna. E ieri rimasi co Marco che, avendo io di nuovo bonissima informazione da due persone, e truovo che da quattro persone che i' n'ho auto informazione, che l'ha vicine, una di queste si è la Gostanza di Pandolfo, che tutte s'accordano a dirne a un medesimo modo; che chi l'ara, ne sarà ben contento; chè l'ha a fare buona riuscita. Della bellezza, mi dicono quello ch'io m'ho veduto, ch'ell'ha una bella persona, e benfatta; el viso è lungo: ma i' no la pote' in viso molto vedere, perchè parve ch'ella se n'avvedesse ch'io la guatavo; e dalla prima volta in là, mai si volse inverso di me: poi tirò via come un vento. Ma si riscontra quel poco ch'i' vidi con quello m'è detto, che il viso non è di questi così begli, ma non si disdice alla sua persona: che la riuscirà bella, e ancora più bella quando andrà a modo di giovane che di fanciulla. Ella non è di pelo 1. Oggi diremmo carnagione. molto bianco, ma non è bruno; è ulivigna. I' la vidi sanza liscio, e con poche pianelle. Sì che di quello ch'i' ho veduto se riscontra col dire di chi i' n'ho domandata; e non me ne pare essere ingannata di questo, e della condizione buona ch'ell'ha, e mi disse la donna di Pandolfo: e ch'ella legge così bene. E domandando se l'aveva del zotico, dicemi di no, ch'ell'è desta, e sa ballare e cantare: che se l'ha queste parti, mi do a credere che sia quello m'è detto di lei. El padre è stato de' puliti giovani da Firenze, e gentile di costumi. Vuole tutto el suo bene a questa fanciulla: è da credere che l'abbia allevata bene di costumi. Sì che ieri mandai per Marco, e dissigli quello n'avevo sentito. E ragionato un pezzo sopra di ciò, terminammo che dovesse ragionare col padre qualche parola, e di dargli un poco di speranza, non però in modo che noi non ci potessimo tirare adrieto a nostra posta; e da lui entendere della dota, più oltre che non s'è inteso: che sento ha in sul Monte mille fiorini o più. Della dota ti si scrisse, ch'ella non si poteva avere, se non si pagava el Comune. A questo non s'ebbe buona informazione; chè Marco se n'è poi enformato, e non si ritiene dote per debito di Comune. Ma dice bene che, per rispetto che chi è fuori del contado e distretto di Firenze, togliendo donna di Firenze, non può aver la dota dal Monte, se non si vince pe' Consigli; che bisogna mettere una pitizione, che dicono si vincerà agevolemente. Ora di questo e di quanto sarà rimaso Marco con Francesco de' ragionamenti auti ieri ensieme (chè non ho veduto poi), Marco te ne doverrà avvisare questo dì medesimo; e intenderai più chiaro di quello è seguito: che Iddio ci dia a pigliare cosa che sia la nostra pace e consolazione di tutti. A me pare tu intenda da Pandolfo se si riscontra il dire suo con questi di qua. Quando questo fatto avesse concrusione, di' che dirai l'oppenione tuo', e che non ti va per l'animo di fare tante maraviglie quanto ha fatto l'Ardingello. A questo ti dico, ch'i' non so tuo pensiero, ma i' credo tu vorra' l'onor tuo in questo come nell'altre cose; e non si richiederà tante frasche: che piacendo a Dio, non estarà trenta mesi a vedere il marito, come quella dell'Ardingello: che, poi che stava tanto sanza sentirne nulla, era di bisogno che passassi tempo con dargli degli spassi, in adornalla e andare alle feste: e così credo, se ne fuss'ita a Bologna dopo il maritaggio di quattro o sei mesi, non are' fatto nè si richiedeva fare delle spese che hanno fatto. Sì che a noi non sare' questo; chè più brieve tempo stare' di qua; ma nel tempo che ci starà, si farà quello che si richiederà. E se riuscirà bella, com'io credo, sarà nicistà fare belle cose; che pure n'arei vanagrolia di vederla bella, e star bene colle belle cose. E non vorre' punto fussi, di belle gioie, peggio che l'altre. Le gioie sono cose di che la potrai bene fornire; chè so costà arai chi ti servirà: sì che di queste no gliene farai carestia. E s'e panni non s'adornano con perle, bisogna adornalle con dell'altre frasche; che si spende assai, ed è gittato via la spesa. Sì che a spendere utile ti conforterò, secondo ci parrà el bisogno. Avviso vorrei che mi dessi che, venendo fatto questo, e avendo a fare seta o panno, in che maniera sare' tuo pensiero; o al modo di qua, che s'usano in più manieri di vestire; o al modo di costà, che non mi piace el vestire delle donne. Dammene un poco di tuo pensiero: benchè non sia tempo.

Di quella degli Adimari, non si disse che ci fussi alle mani; ma eraci noto ch'ell'era bella, e buona dota: e non v'abbiàno pensiero, perchè avendo tanta dota, non è da stimare la mandino di fuori con essa: e e' non hanno bisogno di scemarla per loro. Sì che di questa n'ho levato il pensiero. Andai bene parecchi mattine per vederla, la mattina alla messa, questa bellezza, che si diceva tanto; e' mai la vidi: ma vennemi innanzi questa di Francesco; sì che non son ita poi più drieto. Non ci si truova, di quelle che abbino le parti che l'uomo vorrebbe: e se v'è di quelle che abbino alcuna parte buona, non sono belle. E per me no mi vorrei vedere queste trestizie innanzi; chè poco contento se n'ha a vedersele per casa. Questa, che disse il Gondino, de' Corsi, ch'era sanza padre, si maritò; e quella degli Scolari non mi piace. Disse a me d'una de' Corsi, che ha padre; ma che no lo poteva disporre a dire di sì. I' no ne feci caso; chè sono altiere persone: e lui non m'ha detto poi altro. Come per altra v'ho detto, qua no si truova se non marame, per di fuori: e questa è il meglio che ci sia arrivata innanzi; cioè questa di Francesco. Iddio ne lasci seguire il meglio. E' m'è venuto pensiero di scriverne a Niccolò duo versi, di questa faccenda che c'è alle mani; a ciò che, se l'avessi effetto, che paia che l'uomo lo stimi. E non è tanto che si partì da Firenze, che non si debba ricordate di questa famiglia: e poi Bettino ne saprà ancora ragionare co lui; chè vi fu la sirocchia maritata in quella casa. E tu ancora gliene da' avviso, e chiedigliene suo parere. Sento ch'egli ha di belle perle, se no l'ha vendute: che ce ne serva delle pii belle ch'egli ha. Nè altro per ora. Iddio di male vi guardi. At tendete a star sani. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.

La Madonna ne venne in costà. Iddio l'accompagni: e voi vi sappiate guardare, in questa festa, de' disagi el più che potete.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A' dì 13 di settembre 1465.(*) Ricevuta il 25.

A dì 7 fu l'utima mia, e dirizza'la a Lorenzo: chè non avendo tue, non avevo che dirti. Ho avuto dipoi a dì nove una tua de' venzei dì del passato. Risposta al bisogno.

De' fatti di 45 parecchi dì fa non ho sentito nulla; perchè el f. di 32 e 54 e gli altri hannovi de' pensieri che cuoce loro; sì che di quegli di 45 credo si stieno da canto. L'uomo di 47 e 13 doverranno dartene avviso.

Di 33, per la mia de' 17 doverrai avere inteso quanto ne parve a 40; e di poi quella informazione che se n'ebbe. Marco insino a ieri non aveva parlato a Francesco; che l'uno e l'altro è stato alla villa. Ha dua figliuoli che stann'a bottega; e 'l maggiore ha buona presenza, ed è bel garzone: gli altri non ho visto, ma dicono che paiono di buono intelletto. Honne di questa mercatanzia tanto cerco, e avutone tanta buona informazione, che qualunche altra mi venissi alle mani, non crederrei poterne avere la metà.

I' no mi maraviglio che tu vada a rilento al fatto della donna; chè, come tu di', è cosa di grande importanza, e la maggiore che si possa fare: chè l'avere buona compagnia fa istar l'uomo consolato l'anima e 'l corpo: e così pel contradio; chè quando sono moccieche o cervelline, o come quella ch'ebbe Filippo, si sta mentre che si vive in assai tribolazione. A quella che ebbe Filippo, gli fu detto insino quando e' ci era, che la vide, e piacquegli tanto la cervellinaggine sua, che di niun'altra volle dire di sì; e volevala, quando era qui, torre: ma la madre non volle acconsentire di mandarla fuori. Poi avemo per le mani parecchi fanciulle da bene; ma non ne volle nessuna. Escadde1. Ha scritto escande. Intendi, accadde, avvenne. che la madre morì, e messer Manno la teneva: fece ta' portamenti, che parve loro mill'anni di levarsela dinanzi; e sì per non aver dota: e dierolla a Filippo. Sì che non era da maravigliarsi di lei; ma fu da maravigliare di lui, moccicone, che tanto se la lasciò salire in capo, e tanto se n'attabaccò,1. Negli scrittori troviamo intabaccarsi per innamorarsi. ch'ella fece vergogna a sè e a lui. Gli uomini, quando hanno simile2. Cioè, simili, donne siffatte. col cervello leggiere, le fanno istare a siepe: e ch'un uomo, quando è uomo, fa la donna donna; e non se n'ha attabaccar tanto; che, quando nel prencipio elle fanno de' piccoli errori, riprenderle a ciò che non abbino a venire ne' maggiori. E la buona compagnia ischifa ria ventura. Assai sono quelle che, per non avere persone sopra capo, fanno de' mancamenti; che ogni piccola cosa di guardia le scamperebbe, e no le lascerebbe !sdrucciolare. Sì che, pensando a tutte le parti; che mi di' che chi più sa, lo dimostra ne' casi d'importanza; che se' tu uno di quegli che le sai, e che lo dimostri (che mi piace) en tutte le cose; i' credo, esaminato tutto, e per quanto ho 'nteso, che questa non è cervellina: chè vi sono passata tante volte, e mandatovi, e non si vede tutto dì su pelle finestre; che mi pare buon segno. E n'ho auto tanto di lei, che no ne potrei aver più. Aspetto che te n'arà detto Pandolfo, per vedere se appone a nulla: chè la moglie3. Intendi, la moglie di Pandolfo, cioè la Costanza ricordata altrove. no vi sa apporre, se no che la madre non è una saccente cosa; e però il padre l'ha avvezza a fare la masserizia e governare la casa. I' ti conosco libero, e none ismemorato; che se tu l'hai, e la sia di sentimento come m'è detto, credo che insieme arete consolazione. I'non so quello s'hanno a fare le persone per l'avvenire; ma al presente è da stimare bene. Ora i' ho fatto quello s'appartiene a me: Iddio lasci seguire il meglio.

Tu di' che i' metta in ordine la masserizia de' pannilini. Quegli ch'i' ho, voi il sapete; e quello ch'i' ho ordinato per te, sarà bene a tempo in ordine; forse prima che la donna. E se tu non arai così a doppio le cose, m'arai per escusata; chè non si può fare per costà e per qua, chi non ha la borsa piena. I' sono da poco; ma pure, quand'io avessi danari da potere fare delle belle cose di pannilini, i' lo farei: ma i' so che tu se' fornito in modo costà, che quegli ch'i' ho ordinati qua, ti saranno a bastanza: chè ho fatto la mia possibilità. E se, per essere tenuto buono cristiano, non hai tenuto di quelle1. Sottintendi, donne; per lo più schiave. che aresti potute tenere, che te n'arebbono fatta; potrebb'essere che sì, e anche che arebbono disfatto quella che è fatta. Non si può se none lodare l'esser buon cristiano, per l'anima e pel corpo; ed è onore e buona fama alle genti del mondo. Sì che, per fare la masserizia, non avevi bisogno che grazia di Dio. Ha' tanto al mondo, che presto se ne può fare: essendo in ordine di gioie, e io di pannilini, mi parrebbe di none stare più a vedere a venire a l'effetto.

Del finocchio, come per altra ti dissi, non è quest'anno dolce. Furo cento undici mazzi. Per quest'anno no ne puoi aver più. El marzolino, chi lo volessi buono, si vorrebbe mandare a San Casciano: e v'è la morìa per tutto; e non troverrei chi v'andassi. Saprò qui in Firenze se ne potrò avere. Batista mi disse che aveva fatti fare parecchi così begli per recartegli: egli è del paese; e sare' meglio darne carico a lui, che a me; che saresti me' serviti, e meno ispenderesti che io, male ch'e' faccia Marco non può: e Giovanni anche lui ha faccenda assai; en modo no gliene dire' nulla; e sta assai en villa. Poi è consolo all'Arte degli Speziali; e quando e' ci è, esta là.

Bettino tornò: dicemi che ebbe da Giovanfrancesco buone parole, e che saranno cattivi fatti. Tiene una bella vita; e sta in casa con più di cinquanta bocche, tra fattori e schiavi e schiave e altre genti: tant'è, che si tornò sanza isperanza di nulla più che gli altri.

Del compromesso, vi s'è detto per che s'indugiava; chè s'ha avere la licenza dal Monte e dalla Torre. Se a Dio piacerà, si farà a tempo che starà bene.

A Niccolò non ho scritto poi della donna, che ne sia a ragionamenti, perchè aspettavo Marco s'accozzassi con Francesco; e per ensino a questa mattina non me n'è venuto a dir nulla: sì che istimo no gli abbia parlato. Quando seguirà ragionamento d'averne isperanza, ed io ne l'avviserò.

Siàno a dì 13, e altro di questo non ho, che va molto per la lunga: che ti viene bene a proposito, chè ci vai a rilento.1. Intendi, che l'andar per le lunghe la conclusione del matrimonio non dispiaceva a Filippo, il quale non era ancora risoluto di fare il passo. I'm'ho fatto pensiero, togliendo donna, ci sarebbe di bisogno d'una ischiava; che ho la Margherita, che no m'è però riuscita una facciente persona; e quando ben fussi, n'aresti bisogno d'un altro messo,2. Così ha il manoscritto. però che la Cateruccia non è da fare pensiero; che se voi avessi a stare costà, non si vuole partire di qua per verun modo; e poi non è sana, che sempre si ramarica. I'no n'ho servigio, se none dello andare un poco fuori: da quello in là, non se ne fa conto; chè si sta in camera sua: quando fila per me, e quando fa sue faccende: sì che si può dire, ch'i' abbia una serva e non più al durare della fatica. E pertanto ti ricordo el bisogno; che avendo attitudine1. Diremmo oggi, porgendosi l'occasione, avendo il modo, e simile. avern'una, se ti pare, tu dia ordine d'averla: qualche tartera di nazione, che sono per durare fatica vantaggiate e rustiche. Le rosse, cioè quelle di Rossia, sono più gentili di compressione e più belle; ma, a mio parere, sarebbono meglio tartere. Le circasse, è forte sangue; benchè tutte l'abbino questo.2. Qui pure il manoscritto è chiaro, ma non è chiaro il concetto. I' te ne do avviso del bisogno: fa' ora che ti pare. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.

Come passano le cose di qua, ne sarai avvisato da chi ne sente più di me.

Ho scritto la lettera, e Marco è venuto a me; e dice essersi accozzato con Francesco Tanagli: e che Francesco n'ha parlato molto freddamente, en modo che comprendo n'ha levato il pensiero; e che dice, che ne vuole ragionare con messere Antonio Ridolfi, ch'è suo cognato, che è in ufficio, ed ha a tornare per Ognisanti. E disse che gli era gran cosa a mandare una sua figliuola tanto di lunge, e in una casa che si può dire sia uno abergo. E parlò in modo, che si vede ha mutato proposito. E questo istimo che ne sia suto caggione l'andar tanto per la lunga a dargliene risposta; sì per la lunghezza tua, e poi quella di Marco; che quindici dì fa gliene poteva dargliene un poco di speranza. O questa lunghezza l'ha fatto isdegnare, o egli ha alle mani cosa che gli aggrada più ch'e fatti tua. A me pare ci sia sì gran carestia di fanciulle, che abbino le parti che ha questa; che noi faremo sanz'essa, chè arà trovato meglio, ma non già n'non abbiàno a trovar meglio. I' n'ho auto sì gran dispiacere di questo fatto, ch'i' non so quando me l'avessi tale; chè mi pareva questa fussi così el nostro bisogno, come qualche altra si potesse trovare; che ma' più ci abbiàno abbatte, se bene s'avessi di quelle di Cosimo. Era questa più il bisogno. Troppo mi duole che perlentaggine ci sia uscita di mano; e non so, com'io m'ho detto a Marco, dove mi rivolga ora; chè no ci è venute altro che nebbete1. Così il manoscritto: forse, ebete. alle mani, e per me non so s'abbia a fare. Sì che non arò a trovare e pannilini, nè tu le gioie: che quando credevo essere a mezza via, ed io l'ho ancora a trovare. Sia col nome di Dio tutto! Marco vi doverrà avvisare di qualche cosa; chè a me è cascato il fiato, che tanta fatica n'ho durata, e perduta tutto.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A' dì 20 di settembre 1465.(*) Ricevuta il 29.

A dì 13 fu l'utima mia: ho di poi iarsera la tua di tale dì. Risposta al bisogno.

E'n prima ti rispondo al fatto di 33 per 45, che par lo scriver mio così aperto, e toccoti in quelle parti che così presto non estimavi, m'ha dato un poco di lume dell'animo tuo, che è pure all'usato, che ce n'abbiamo andare di primavera in primavera: e benchè tu dica, che no mi terrai en practica come fe' Niccolò; nondimanco i' ti credo quello che tu di', che veggo e riguardi che tu hai: e credo tu ci sia di buon animo, e la sperienza se ne vede. Non credo che poi che fusti mercatante, avessi tanto pensiero di niuna mercatanzia, quanto hai di questa e, secondo la tua, ha' 'vuto ed hai gran pensiero non facciàno la festa sanza te: che per le mie lettere n'hai auto sospetto; che di', che chi la torrà se la menerà. E che non di' però questo per volerci tenere in pratica. E rossore non se n'ha avere per noi, tanto che dirai molto chiaro di sì ennanzi che questa malena abbia effetto.1. Vuol dire, non ci legheremo se prima tu non scrivi Sta bene. A Niccolò non ho iscritto nè di perle nè d'altro; che starà a te a richiederlo di tal cosa: nè d'altro gli scriverrei, se 'da te non avessi ch'io ne l'avvisassi; nè con persona se n'è ragionato, da Marco e Giovanni en fuori. Da Marco arai enteso quando parlò a Francesco, la risposta gli fece; che tengo si sia levato dal pensiero. Gli amici tua, per quanto si sia seguito per noi, no l'aranno a sentire prima da altri che da te; che per questo no ne perderai co loro. E vero che tu nominasti pela tua de' 16 del passato, che avendo l'amicizia con alquanti de' principali, che avendo a fare tal passo, che il debito tuo richiederebbe darne loro notizia, essendo uno o due; ma sendo tanti, ti parrebbe confusione: e dicesti a Marco, Dacci un poco del tuo sale! A questa parte non ti risposi, perchè i' non me ne 'ntendo; ed era cosa toccava a Marco. Ragionai bene co lui di questo; e rimase che a tutto, quando fussi tempo, si dare' modo: estimando che lui te ne desse avviso, e però non lo feci io. Ora tu ha' 'nteso per altra, che l'amico1. Non amico veramente, ma persona in genere; anzi, quella persona di che c'intendiamo noi. Qui, Francesco Tanagli. vole stare insino a Ogni Santi a rispondere: e se sarà mutato d'animo, lo dirà; e così, se v'arà il capo, Marco gli risponderà.

Di' ch'io parli con 46 ennanzi si parta: è dì quindici si partì, e andò 48. E se 49 t'ha promesso, faccendo el passo suo co 54, di farti del bene, n'ho piacere di tal promessa. Resta ora che si possa fare quello che t'è promesso; che fia forse difficile a farlo a questi tempi: ma credo bene che col tempo si farà. Egli è tramutato le cose en modo, ch'e nostri pensieri non hanno avere l'effetto che uomo crede così tosto: chè si vede s'apparecchia tra 54 e 'l f. di 32 e 56, che pare tutto cascato; e degli altri gran cose: che tutto istà per nuocere a 45, cioè a prolungare el fatto suo del 51. E quando pure fussi presto, e gli amici ti volessino dare 33, non aspettare che sia cosa di contento; perchè loro non hanno nulla, ma potrebbono andare a qualche loro ispezialtà, e sottometterti a qualche botta iscacata:1. Intendi, che pigliando moglie a piacere de' cittadini potenti, correva rischio Filippo di contrarre impegni con una parte piuttosto che con un'altra; e poi l'altro pericolo, che la madre esprime un po' vivamente con queste due parole. a te toccherà a smaltirla. È tua faccenda questa; pigliala a tuo agio; e, come per altra ti dissi, le gioie e le masserizie saranno in ordine assa' tempo prima che la donna. Non è di bisogno che i' sappia tutte le cose d'importanza; chè pure è pericolo a scrivere.

Diedi la lettera e la polizza a Marco: dice che ha 'nteso, e che non si ricordò di dirtene un motto per la sua. Hammi dato detta polizza, e i' l'ho stracciata. Le cose non si fanno mai sì secrete, che qualcuno no lo palesi prima che il tempo.

En questi dì s'è vinto, e in tutto serrato le borse, e levato accoppiatori, e balia agli Otto e tutto: è vinto uno isgravo in sul Catasto di fiorini 800 per tutto la terra, e fatti gli uomini a sgravare; che n'è Lorenzo di Parigi Corbinelli, di là d'Arno; e Santa Croce, Simone di Mariotto Orlandini; Santo Giovanni, Andrea della Stufa; Santa Maria Novella, Bartolomeo del Vigna e l'artefice Romolo di non so chi. Non so se ne toccherà punto a me: farò la diligenza mia di parlare loro.

Avesti en casa Niccolò Martegli e F˙ Benci e degli altri parenti. Quello de' Davizzi ebbe del salvatico; facestigli l'offerte debite, che facesti bene per amore di Tommaso. El Capitano ti pare buona1. Nel senso che diamo a buono, quando si vuoi dir minchione. persona; e anche a me pare che gli stare' meglio una rocca a lato e filassi, che porgli la spada: credo farebbe ogni bene, se potessi!

La lettera tua diedi a Strozza; è stato en pochi dì per andarsene di là, di riscaldato e raffreddato;2. Un maldipetto. pure da dua dì en qua è migliorato: se seguirà, sarà iscampato.

Era tornato il Duca di Calavria; e la sposa vi si sarà condotta, e fatto la festa: che Iddio die loro consolazione. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 12 d'ottobre 1465.(*) Ricevuta il 23.

A dì 20 del passato ti scrissi l'utima, e a dì 5 di questo i' scrissi a Lorenzo. Di poi a dì 7 ebbi la tua de' 28 passato. Risposta per questa al bisogno.

Al fatto della donna, mi pare il dirne per ora altro sia di superchio; chè veggo s'ha aspettare tempo. Sia col nome di Dio tutto. E se Francesco piglierà partito della sua, si cercherà di qualche altra cosa: chè il tempo ci sarà; e tutto, come tu di', si riputerà per lo meglio. Entendo per la tua el pensiero ha' fatto d'allogare e giovani fuori di casa; e così delle serve provvederai al tempo: che molto bene mi piace el tuo pensiero, chè hai buono ordine a tutte le cose: e per ensino a l'aprile o 'l maggio si doverrà esser chiaro di quello arà a seguire del disidèro nostro; e così della donna: chè col tempo si farà tutto, se piacerà a Dio.

Veggo Pandolfo è malato, e volsene, se potrà, tornare per mare. Iddio lo rimandi sano alla sua famiglia. Facevi pensiero, innanzi si parta, di ragionare co lui; e che se la cosa non fia ispacciata, che farà tale relazione, che l'amico1. Ved. la nota a pag. 481. n'arà più voglia che 'l primo dì. A Dio piaccia, se 'l meglio debb'essere; che non c'è nè vecchiaia, nè vizio, nè povertà.2. Intendi, che il Tanagli, se darà la figliuola a Filippo, non avrà che fare con uno che sia o vecchio, o vizioso, o povero. Ringraziato sia Iddio. Altro per ora non mi pare sia da dirne, per me tanto.

Lo sgravo bolle, chè sono rinchiusi gli uomini:3. I cittadini a cui era affidato lo sgravio del Catasto stavano chiusi, cioè nel forte dell'operazione. che hanno dato udienza a tutti, chi v'è ito. Ora esgravano. Ho fatto la diligenza mia; e portai la fede del lodo diè Giovanni di Cosimo, e la fede di beni venduti per fiorini 570, tra per pagare e Macigni e per altri mia bisogni, e per pagare catasti. Non estò en speranza che me ne tocchi: s'i' n'arò, me l'aro di vantaggio. Pagai l'utimo di settembre un catasto e mezzo. Ebbi dal banco fiorini tredici e mezzo, come scrissi a Lorenzo. Sieti avviso.

No ritruovo Batista; che mi fu detto ha debito assai qui, e non ci può così venire. Se lo potrò vedere, lo domanderò de' marzolini; che mi disse dua mesi fa, che te li voleva portare; e se no gli arà, m'ingegnerò mandarne, se potrò avere de' buoni.

L'Allesandra che fu di Lorenzo non ci è venuta, e non sento ci venga per ora; che è stata forte malata. E la Marietta e Lorenzo suo figliuolo, tutti auto gran male, ensino alle serve: sicchè estimo, se la verrà, indugerà alla primavera. Altro non ne sento. A Niccolò non ho scritto già dieci mesi fa; che no m'è accaduto; nè pel fatto tuo bisogna ch'io gli scriva, chè tu istesso gliene chiederai consiglio, avendo venire costi. Sarete una bella brigata, se viene.

Di Matteo di Giorgio arai sentito, come e' messe segretamente al punto e prigioni che dovessino rompere le Stinche: e così feciono; che a dì 6, cioè domenica passata, la notte a ore 5, e prigioni ebbono rotto, e usciti fuori nella corte. E nel romore, la guardia che vi sta su di sopra sentì questo romore, e cominciò a gridare; e tanto gridò, che vi corse gente alla porta di fuori: e' detti prigioni non poterono uscire più oltre; chè furono iscoperti troppo tosto, che avevano a rompere ancora parecchi usci 'andar fuori. Quando vidono che no riuscì loro, sostennono che insino a mezzo dì non vi potè mai entrare persona; e stavano nella corte entorno all'uscio, e co' sassi: e tenevano forte, che famiglia nè ufficiali vi poteva entrare. E infine, quando ebbono assai combattuto non vogliendo aprire, ensino che non ebbono un bullettino dalla Signoria che non fussin tocchi da colla o d'altro martorio: e così chiesono, ed ebbonlo; che ogn'uomo si ritornassi al luogo suo sanza pena nessuna: allora apersono, e tutti si tornorono nelle loro prigioni. Fu dipoi sentito che era suto l'ordinatore Matteo; e fu legato a la colla quivi nella corte; e quando lo volevano tirare su, e' furono tanti e sassi che gittorono e prigioni per le finestre, che fuggì el cavaliere e' birri: sì che il detto Matteo la campò. Dicesi ch'egli ebbe anche lui delle sassate disavvedutamente: e fu rimesso nella prigione, e condannato che per ensino a l'altro dì e' desse lire 12 per racconciare le prigioni. E così fè, el pover uomo! Istimo che ora vi sarà sotterrato affatto in quelle Stinche. Se fussi riuscito, dicono non ve ne rimaneva niuno. Non fu la loro ventura.

La morìa ci fa pure danno, quand'uno e quand'un altro. Morì ieri Giovanni Bartoli en quattro dì: dicono di catarro. E simile si dice della nuora, che si dice è stata malata dua dì; che venne di fuori della porta, ai luogo suo che, secondo sento, è a un miglio di fuori. I' non so di certo di che male s'è morta; ma si dice di pesta: che è quindici dì che morì la moglie di Giovanni, che gli enfiò la gola, e dissono che era iscesa. Ora son morti questi. Parmi segno da sbigottire la brigata, toccando en ta' case. Iddio ci aiuti. Duo dì fa mi disse Giovanni Bonsi: E' si dice ch'egli1. Cioè, il Bartoli; a cui non piaceva il serrare delle borse. ha male di maninconia di questo serrare delle borse. E così Anton Pucci, che ha male. Iddio aiuti l'anime loro.

Sento sono questi gran maestri rinchiusi in Santa Croce a serrare queste borse: e Piero vi sta 'abergo. Iddio die loro grazia faccino la salute della terra. Tu di' che ti pare che le cose s'addirizzino en modo, che ognora stai a buona isperanza. A Dio piaccia che l'abbia effetto. Nè altro per ora.

Di' che ti basta le donora non rispondano peggio che quelle di madonna Ippolita: a che ti dico, saranno le tue qualche cosellina peggio; ma ristorerèno nella donna, che sarà forse più bella. Ell'arà più belle gioie, e tu potresti avere più bella carne; se a Dio piacerà. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi, e così tutti gli altri. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.



A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 19 d'ottobre 1465.(*) Ricevuta il di 27.

A dì 12 fu l'utima mia. Ho poi la tua de' 3 di detto; e questa mattina una di Lorenzo de' 12. Risposta al bisogno.

Die' la tua, ovvero fe' dare a1. Cioè, per mano di. Marco, a Romolo perchè, come per altra ti dissi, erano rinchiusi per esgravare. Dice Marco che quando e' la leggeva, che rise; e Marco mi gli raccomandò. Credo che a ogni modo poco isgravo mi toccherà. Pello meglio riputerò tutto.

Per questa di Lorenzo intendo come Pandolfo era allo stremo della vita: che n'ho auto dispiacere assai; che poi che morì el mio figliuolo, non ebbi tal dispiacere di parente che mi morissi, quanto ho 'uto di lui: chè troppo mi duole per amore della donna giovane, e tanti figliuoli che lascia; chè è morta quella casa! E assai mi duole per vostro amore; chè s'era riconosciuto il parentado, e aggiuntovi una amicizia e una grande benivolenza; che sendo vivuto, t'arebbe dato grande aiuto al fatto tuo: chè aveva buona grazia co' principali, ed era qua el bisogno vostro. Ora Iddio non ha guardato nè1. In forza di neppure. al bisogno della sua famiglia, che mi pareva maggiore che il nostro. Pazienza bisogna avere: chè credo, e son certa, che Iddio l'ha chiamato a sè per salute dell'anima sua. E se gli ha 'uto pazienza della sua malattia, e dell'essere fuori di casa sua e fuori del governo della donna, e non si vedere la sua famiglia intorno (che son certa n'ha auto passione), credo arà meritato assai: però che era amorevole molto della sua famiglia, e gran dolore arà auto a lasciarla. Altro non si può fare: Iddio abbia auto misericordia dell'anima. Avete fatto gran perdita. Iddio vi guardi da più danni.

I' ho sentito del Consolo fatto costà: qua vogliono il consolo usato2. Intendi, quegli che era innanzi. de' Lottieri; e di costà non si patisce. E sento hanno fatto Lorenzo; che istimo no l'ara accettato: chè non fa per voi; chè di qua non si patisce nulla de' vostri fatti, chè sete a noia a molta gente: chè poi sete nel grado che sete,1. Cioè, esuli. non si può ricordarvi, se no quando fate qualche cortesia, o servendo altri. E pertanto qua ci è chi n'è malcontento, e dàvvi contro; sì che per verun modo no l'accettare;2. Intendi, tu Lorenzo. che non avete bisogno acquistare per questa piccola cosa la nimicizia d'alcuni di qua. Marco n'ha auto dispiacere, che sia fatto Lorenzo. Per Dio,3. Oggi madonna Alessandra avrebbe detto per amor di Dio. non pigliate queste punte contro a questi di qua, chè non fa per -voi, e avete onore assai nell'altre cose: sicchè, non avendo rinunziato, all'auta di questa fatelo; che avete bisogno di grazia e non di nimicizia!

Di gravezza non si ragiona: dell'altre cose si sentono dì per dì, ma non sento di quelle che mi dieno isperanza delle cose disidero; che non piace ancora a Dio: e le cose vanno a pian passo; e co lunghezza di tempo si potrà vedere delle cose: ma chi ha fretta, l'aspettare gli è pena. Confortimi a star sana, e ch'io mi dia buon tempo: i' mi posso male rallegrare, che sto tuttavia in pena; e dello star sana m'ingegno, per più rispetti. Ma a voi si vole ricordare che stiate sani; chè io sanza voi sono morta, e voi sanza me vivete e potete istare in filice istato. Se sete privati de' vostri disegni, riputate tutto per lo meglio; chè ogni volta non ci dà Iddio quello che disideriàno, perchè non è il meglio; e alle volte ci adempie il nostro disidèro, e poi ci torna in danno. E vedilo in Pandolfo; che parecchi mesi fa ebbe di tornare; e cercorono di raffermarlo: che sendo tornato, era sano: e se pure fussi infermato e morto, moriva con altro contento che non debb'esser morto. Sì che, quando noi non abbiàno ciò che vogliamo, abbiàno pazienza. I' ho auto un grande dispiacere che Filippo non ha preso donna, e massimo sendoci profferte delle cose che mi parevano pel fatto suo. Ora, veduto la cosa intorbidata, e il tempo che vuole aspettare, i' mi conforto con dire: Forse che non è il meglio! E honne posto l'animo in pace. Quella degli Adimari, Marco gliele pareva avere in mano, rispetto el mezzo che ci era. E l'è maritata a uno Bernardo Buonaguisi, e cugino di Matteo: sicchè le cose no riescono come uomo crede. Tutto rimettiàno in Dio. Marco ha 'uto tre dispiaceri en de' fatti vostri in duo dì: l'uno, la morte di Pandolfo, che gli pare che vi fussi. molto affezionato, e disiderava la tornata sua, perchè sapeva quello aveva a dire di voi:1. Cioè, quello che il Pandolfini tornato a Firenze avrebbe detto in bene degli Strozzi. l'altro dispiacere è, che Lorenzo sia consolo; e maravigliasi che tu, Filippo, lo lasci pigliare questo: e il terzo dispiacere è, che questa fanciulla degli Adimari sia maritata; che sendo la minore, e non sendo maritata la maggiore, gliene pare esser rimaso ingannato; che aspettava si maritassi la maggiore, e poi arebbe ragionato della minore. Ora non ci bisogna pensare: forse che non è il meglio ched io abbia a mie' dì questa consolazione d'avere una bella fanciulla.1. Sottintendi, per nuora. Iddio faccia la sua volontà di tutto. Nè altro per questa. Iddio vi guardi di male. Per la vostra Allesandra Strozzi, Firenze.

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 26 d'ottobre 1465.(*) Ricevuta il 5 di novembre.

A dì 19 fu l'utima mia; e per le mani di Carlo ho di poi la tua de' 11 detto. Risposta per questa.

La lettera tua a Romolo si diè, ed era meglio asserbarsi el foglio; chè nè lettera nè parole non hanno fatto frutto nessuno: chè secondo mi dice Giovanni, che vi mandò a vedere, ch'io non vi sono a nulla di sgravo: sì che mi conviene portare pur la soma usata, enfino si muti altra gravezza. Estimai el primo dì, che no l'avevano fatto per me! Iddio sia lodato di tutto.

Di' che i' ripresi lo scriver tuo, come ti stimavi, e ched io son fuori di cammino: e di' el vero, che i' m'ho poi ripensato che tu hai ragione, che questo passo di 331. Ricordo che 33 sta per matrimonio. è molto pericoloso; e mi pare che tu sia savio; chè è mercatanzia d'andarvi su pensato: sicchè non guardare a mio scrivere, chè i' non ho tutto il vedere che sarebbe alle volte il bisogno. E a te, che ti tocca più che a me, è ragionevole che tu n'abbia pensiero: ma ben ti dico, non abbi tanta paura che tu c' invilisca drento. Parrebbeti che Marco dovessi ritoccare a Francesco se, aspettando il tempo, se se n'ha a stare asperanza, o se s'ha a pensare ad altro. A questo, a Marco e a me non pare di toccare nulla; anzi d'aspettare il tempo ch'egli ha detto, che è ora all'Ogni Santi: e questa lunghezza sì ti viene bene al proposito tuo: e per tanto aspetterèno d'esser chiamati. Che Iddio lasci seguire il meglio. Veggo se' d'animo di 33 non torre a modo di persona, quando non ti piacessi: che nel nome di Dio sia.

Della mutazione fatta del serrare le borse, certo che dà impaccio al fatto vostro; che ora sono gli uomini più liberi di loro, e tireranno ciascuno alla sua volontà. E i' sono di contradio openione che tu. Di' che il governo s'adirizza in modo, che non ti dà piggiore isperanza; perchè non puo' credere che di questi che furono mandati fuori de la porta nel 58,1. Intendi, confinati di nuovo nel 1458. Ved. a pag. 147. non ne sia rimesso qualcuno. A che ti dico, che potrà. essere, ma i' nol credo che sia così tosto; perchè e principali non aranno così ciò che vogliono come prima; e il partito di rimetter drento chi è di fuori, è molto istretto; chè di 45 uomini che sono, tra Signori e Collegi e gli Otto, sieno tutti d'accordo, e uno ne manchi, non si fa nulla: sì che per ora le cose sono pure ingregate2. Cioè, imbrogliate; e Ingrecare è voce che si trova nel Villani in senso di Adirarsi forte, Imbizzarrire; passioni che offuscano la mente. per questa mutazione; e non è da stimare ora questo. E nulla se ne sente ragionare: e così mi dice Marco. Se nulla si sentirà, ben sai che noi ci stiamo desti; che sentendo nulla, si ricorderà e fatti vostri agli amici tua, chè son certa che chi t'ha scritto di fare per te, assai lo farebbe: ma come bisognano e maggiori, così v'ha intervenire de' minori: si che per questo mi dubito non vadino le cose come vorremo. Tutto si vuole rimettere in Dio, ch'egli disponga a farci questa grazia, se bene debb'essere.

I' non credo 56 sia così piggiorato per 32 come si dice; perchè tirando a un medesimo segno, non mi pare che gli amici si perdino: però così tosto ben si vede vanno diminuiendo1. Naturalmente da diminuire. la fama loro; e 56 molto più. Senti' a questi dì, che 32 non ha le vicitazioni soleva da chi viene di fuori: doverrà invilire, e ravvedersi degli errori. Col tempo si vede delle cose. Iddio lasci seguire il meglio. E mi piace assai che voi di costà vi dirizziate bene: ma che Lorenzo sia Consolo, per rispetto d'alcuni di qua che ne sono malcontenti, non mi piace: chè, come per altra ti dissi, avete bisogno d'acquistar grazia con tutti. Marco mi dice avertene scritto a bastanza; e altro sopra di ciò non accade dirne.

Estroza2. Istrozza Strozzi. Ved. a pag. 483. guarì, ma non Pandolfo; e mi duole assai la morte sua: che mi disse Sandro trombetto, che mi venne a vedere alla tornata sua di costà, che Pandolfo era sanza febbre, che fra pochi dì si doveva partire per venirne di qua. Fece come Matteo mio, che quattro dì innanzi che morissi era sanza febbre. Debbevi essere valenti medici! Guardatevi di non aver male el più che potete, e attendete alla santà vostra dell'anima e del corpo; che m'è venuto paura di coteste febbre. La madre di Guido de' Ricci si sta male di male come ebbe la Reina; che è una compassione a vederla. Iddio aiuti l'anima.

Dissiti per altra, come quella degli Adimari era maritata, e a chi. Dipoi s'è levato su quegli che hanno l'altra sirocchia, e degli altri parenti, e sonne a contesa; che no gliele vogliono dare, chè pare loro non sia bene allogata. Da altra parte, par loro sotterrare quella maggiore. E la cosa istà così. Ora Marco ebbe per sue faccende a parlare con un Calonaco, che ha nome messer Diciaiuti, ed è tutto di questi Adimari. Entrando ne' fatti di questa fanciulla, che l'aveva allogata male, e che non credeva ch'egli andassi ennanzi, Marco gli entrò nel fatto tuo. Di che molto se ne rallegrò; che ti conoscè a Roma; e molto bene disse dite, e volle sapere il tempo. Disse Marco: è su' trentacinque anni. Piacquegli molto ci fatto tuo; e perchè egli è molto loro cosa, e Marco ci s'è appiccato, ed hanne un poco di speranza. Ed io ho la Caterina, mia sirocchia, che è suo' zia quella che la tiene: e in questo settembre, andando a una sua possessione, ch'è presso a questa dov'era questa sua zia, d'ebbe male, sì ch'ella se n'andò a stare là parecchi dì: e stette con questa fanciulla. E a la tornata sua qua, da sè medesimo, molto la lodava di bellezza, e .della bontà di questa fanciulla. E così ridendo, dissigli: Fa' d'esser mezzo a farla dare al mio Filippo. Disse di farlo, come fussi tornata di villa; e che me la farebbe vedere. Dissilo co Marco, e tanto più speranza n'ha preso. So che te ne dirà qualche cosa: i', per me, quando lo vedrò fatto lo crederrò. Tutto rimetto in Dio, e priegolo che ci dia a pigliar cosa che sia la pace e consolazione di tutti. De' tornare di villa in questi dì. Vedrò s'io la potrò vedere, come sia fatta; chè sendo bella, come la dice, mi piacerebbe.

È maritata la figliuola rimase di Ruberto Martegli a Lottieri di Nigi di Nerone: credo passi dumila fiorini di dota.

A questi dì ci fu lettere, che gli è morto l'Allesandra che fu di Lorenzo; che n'è suto un gran danno pe' sua figliuoli, e massimo per la Marietta. Arassi a ridurre con Giovanfrancesco; e forse se ne piglierà partito. Iddio gli dia buona ventura. Per ensino a oggi non s'e fatto l'onoranza di Pandolfo: non so se innanzi Ogni Santi si farà.

Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 2 di novembre 1465.(*) Ricevuta il dì 20.

A dì 26 passato fu l'utima mia: non ho poi tua. Ho per questa manco a dire: e solo perchè, come sentirai da Marco, la nuova Signoria è, come abbiàno Gonfaloniere di giustizia Niccolò Soderini: che a Dio piaccia che faccia buono ufficio, e che sia la salute della terra. E, come per altra ti dissi, nulla sento ragionare di 50 nè di 51; e ora per dua mesi non è da sperare; chè sai 18 non è dell'animo che bisognerebbe a 45, ed è contradio a 47 grandemente:1. Niccolò Soderini (18) non favoriva Lorenzo Strozzi (45), e non se la diceva col Re di Napoli (47). sì che non è, a mie' parere, da pensarvi per ora. E nondimanco, se si sentirà nulla di tal cosa, non si lascerà arricordare agli amici el bisogno. Sarai avvisato da Marco come Francesco gli ha ritocco di 33,1. Il matrimonio (33) con la figliuola di Francesco Tanagli. e sollecita; e ha domandato s'egli ha la procura di potere dare effetto alla cosa, sendo daccordo, come sentirai da lui. Parmi vedere che n'ha voglia di fare questo passo: e per ancora non ho sentito che sieno Marco e lui venuti a particolarità del danaio, o d'altro; chè è duo dì non ho veduto 13.2. Cioè, Marco Parenti. A me, come per altra t'ho detto, e pel tempo e per le informazioni, mi pareva conveniente mercatanzia: e in questi medesimi dì messere Dieciaiuti ha parlato a 13 di quanto ti dissi per l'utima, e hagli porto che chi l'ha a fare gli piace 45:3. Cioè, piace Lorenzo per l'Adimari. sicchè 13 è tutto rallegrato, che dice una di queste no gliene manca. La giovane ha anni quattordici e mezzo, secondo m'è detto; e l'altra di Francesco, più di 18. Credo che da Marco sarai avvisato a punto di tutto; chè ha parlato con chi bisogna. E, nel nome di Dio, usciàno di pratica a' nostri di! e avvisa dove l'animo ti va più; che Iddio t'allumini del meglio: e pensa ch'i' sono vecchia, e poco sana.

Dicestimi per la tua de' 28 di settembre, che t'era capitato costì una ischiava, ch'era qui di Lionardo Vernacci, e che l'aresti tolta, se non per rispetto della vecchia che tu hai en casa. A che ti dico, che non è pel fatto tuo, a mie' parere; che l'ha tenuta la donna di Lionardo quattro o vero cinque anni; e perchè non apparava, ed era di mal sangue, en modo che dubitavano non facessi qualche male a sè o ad altri, cavoronsela di casa: ed era disonesta. Venderolla 'Antonio della Luna; e poco vi stette, che no la vollono; e rimandorolla: sicchè l'hanno mandata di costà. La donna di Lionardo la teneva per cucire, e non ha 'vuto el cervello a ciò: che s'ella fussi buona serva, l'are' tenuta per sè. Di' che n'hai una in casa, che fu di Filippo degli Albizzi. Cotesta era tenuta dassai e saccente messo:1. Ved., a pag. 474. ma e' la venderono perchè el vino gli cominciava a far noia, e facevala istare molto allegra: e poi non era onesta: e avendo le moglie loro fanciulle, no la vollono en casa: lodavalla di lealtà, e di saper fare. Ora fa' che ti pare: i' t'ho detto quello ch'i' so. No me ne sono ricordata di dirtelo per altra mia; ma scrivendoti ora di 33, me ne ricordo, venendomi alla mente el bisogno. 32 e 56 vanno pure piggiorando, en modo che si stima che 'l male gli nocerà: chè di nuovo el parente di Lionardo Ginori, che altre volte disse a 56 quello ch'egli era, e dipoi raffreddò, ora di nuovo, perchè hanno fatto il parentado ti scrissi per l'utima, gli dà caldo che possa me' cantare. E non domandare come espranga bene contro a 56. Dicesi ch'egli è invilito: aspettasi che 18, che gli è nimico, quello che farà. Che Iddio dia loro a pigliare el meglio.

E' s'ha a pagare per ensino a dì 6 di questo el 47 catasto, che s'è sostenuto il dì1. Cioè, la scadenza. per ensino ad ora; che è parecchi mesi lo pagò chi ha Monte: e così per tutto dicembre se n'ha a pagare el 46; che va a perdere.2. Dicevano andare a perdere, quando le gravezze o imposizioni non andavano a Monte e fruttavano, ma erano considerate come imposte ordinarie. E queste si chiamavano Dispiacenti, le altre Piacenti. E credo che da questi in là, si pagherà di quegli otto che son posti per tre anni. A Dio piaccia por fine a tanto pagare! Dicesi che Niccolò ne leverà qualcuno di questi catasti; sì che per ora piglierò dal banco e danari per questo catasto, che sono fiorini 9 e 10 danari a oro: e più piglierà fiorini 5 per fare dire ufficio e limosine per l'anima del vostro padre e del mio figliuolo, e ancora per mio padre e madre, e degli altri nostri passati (chè da un pezzo in qua non fo, come solevo), in questo dì de' Morti. Avvisandoti, ch'i' ho ricolto staia 27 e mezzo di grano e barili nove di vino a Pazzolatico, tra bianco e vermiglio, e nove a Quaracchi: en tutto, ho barili 18. E se non fussi la carestia del pane, el vino varrebbe un fiorino largo el barile; ma vale 3 lire e soldi. Abbiàno un magro anno pe' pover'uomini: e con questo ce ne muore di pesta. E morto parecchi a questi dì. Un figliuolo di Meo Pecori, d'anni ventotto, in duo dì; e uno a Saracino Pucci, di quattordici. En casa Rinieri da Ricasoli, dopo la madre, la schiava e una figliuola loro no ligittima. Ancora ce n'è en due case qui appresso; che pochi n'è rimasi. Sì che ella comincia, e siàno nel verno. Iddio ci aiuti.

Ben ti so dire che la moglie di Pandolfo è mezza disperata, e non si può per verun modo accordarsi: e se nulla gli mancava, tornò Priore e gli altri, e dissono come e' morì mal volentieri: che ha fatto doppie pazzie. E da 'ncrescere di lei. Iddio, che può, la conforti; ch'era in tanta allegrezza quando ebbe il figliuolo maschio, e tosto gli tornò in amaritudine. Niuna isperanza si può porre in questo mondo, che non venga meno. In Dio solo debb'essere; e ce lo dimostra per molte vie. Sicchè pensiàno al fine, che Iddio ce lo dia a far buono. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi.

Di' a Lorenzo, ch'i' ho una sua de' 17 passato; e perchè istetti all'ufficio1. Cioè, all'ufficio dei Morti, come portava il giorno. tardi, non ho tempo di fare risposta. Farolla, se piacerà a Dio, pel primo. Altro. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.



A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 15 di novembre 1465.

A dì 2 e 9 vi scrissi l'utime mie. Ho di poi quattro vostre, de'28 e 30 e 31. Farovvi, per questa, risposta.

I' ho inteso per le vostre l'animo vostro esser diritto a tramendue a fare il passo che vi s'è tocco più volte, e quello ch'io ho disiderato più tempo fa; che estando fermi in tal proposito, e avendo effetto a' mie' dì, credo che di tal cosa sarebbe consolazione a voi, e a me grande conforto; chè avendo duo figliuoli, e sendovi affaticati tanto tempo, e no vedendo altri di voi, mi davate alle volte che pensare: Per chi s'affaticano costoro? Se estanno a questo modo, endureranno l'animo, e fermerannosi così; e me terranno in queste pratiche tanto, che io mancherò! Ed ho auto molta battaglia nella mente, e da duo mesi in qua mi recavo,1. Sottintendi a pensare; cioè, mi veniva in mente. che pe' mia peccati che Iddio non volessi ch'i' avessi questa consolazione. Sommi rimessa nelle man sue, e pregatolo, e fatto pregare al continovo (e così si fa), che disponga la mente mia e le vostre a pigliare quello partito che debba essere el meglio per l'anima e pel corpo. Ora avendo le vostre lettere, e intendendo la diliberazione fatta tra voi, credo certo che gli è volontà di Dio che abbiate preso tale partito: e per ensino a qui2. Cioè, fin d'ora. i' n'ho preso piacere di queste vostre lettere; con isperanza che tu, Filippo, non ci farai più difficultà, e non ci pagherai più d'inchiostro. E, come per altra iscrissi a Lorenzo, siamo tanto informati di vostra volontà, e siamo persone che amiamo l'onore e l'utile vostro, come voi medesimi; e più diligenza ci mettiàno che non faresti voi, essendo alla presenza: sì che state di buona voglia, e lasciate fare a noi; che sopra tutto vogliàno le parti3. Parte per qualità; e in senso buono. Una delle parti che ella voleva nelle mogli da dare ai figliuoli, era la bellezza. più volte ragionate, e sopra tutto belle. Ancora mi va per l'animo quella di Francesco per te, Filippo; e per Lorenzo, quella degli Adimari, ch'è di meno tempo. Potendo averle, sono delle più belle che ci sieno, e amendue buone parti in loro: ma essendosi amendue ragionato per Filippo, non so se si mutassino a volerla dare a te, Lorenzo. Tutto si tasterà; e quando non si potessi avere, si cercherà d'altro; e di cosa che noi crederrèno faccia per te, e di quella de' Borghini, tutte ci recherèno innanzi. La sirocchia di quella degli Adimari, non si dice per noi nulla perchè vi sia mancamento; è di tempo d'anni sedici; ma di primo avemo la minore per più bella, e quivi ponemo l'animo: chè, potendo, ve le vorremo dare belle. Parmi che ancora tu sia, di questa diliberazione fatta, del tor donna, tu sia1. Ripetizione, che si fa spesso parlando. molto impaurito, e veggo che dimostri avere poco animo; chè di', che poi che 'l diliberasti, t'è entrato nell'animo cento pensieri. I' priego Iddio che v'aiuti di tanta paura, quanto avete; chè se tutti gli altri uomini avessino auto la paura del tor donna come voi, sare' di già ispento el mondo. E però è da darvi espaccio, a ciò che veggiate che il fistolo non è nero come si dipigne, e trarvi di questa paura. Tu di', se mi paressi che tu indugiassi ancora uno o duo anni a torla. Dicoti, a mio parere, di no: e se Marco arà il mandato da voi di poter fare, e non ci nasca altro di nuovo, te n'avvedrai. E delle ispese, tu farai quello che il tempo richiederà, e così Filippo: e del sodamento delle dote, e tutto, si seguirà quello ci parrà il meglio.

Non vi maravigliate se Marco non ritocca Francesco: l'una, perchè da voi non ha libera commessione; l'altra, perchè messere Antonio Ridolfi non è tornato da Pisa. De' tornare ora in questi dì. E l'altra cagione si è, che tutti gli uomini sono in pensiero di quello che s'ha a fare in Palagio nel dirizzare lo Stato, e 'n che modo s'ha a vivere: e tutto dì si pratica, e stanno in aspetto quegli che furono tratti delle borse nel 58,1. Ved. a pag. 147. In quell'anno si rinnovò il confino ad alcuni, e si ammonirono altri; e chi era ammonito, avendo il divieto dagli uffici del Comune, non entrava nelle borse. Marco Parenti (13) si adoprava ora molto a rimetterne nelle borse, ch'era buon principio per venire poi al ribandire gli altri. d'essere rimessi nelle borse: e 13 se n'affatica molto; e così fanno degli altri assai, che si metta il partito. E questo è il maggiore pensiero ch'egli abbia.2. Cioè 13, che è il Parenti. Dicesi che riuscirà; e dipoi si dice che, fatto questo, si ragionerà di ristituire gl'innocenti confinati; che ci è pure di questi popolani che dicono, che s'ha a fare. E domenica, cioè a dì 10, partendosi Giovanni di qui, e andando alle Selve, s'accozzò per la via con Luigi Pitti; e vènnono a ragionamenti de' fatti vostri, e che disse averne ragionato col Gonfaloniere della ristituzione vostra, e che il Gonfaloniere rispose, gli era buono a fare in genero1. In genere; non parzialmente, ma per gli esuli in generale. per tutti gl'innocenti. Parvemi una buona novella, se così disse. E così sento che Francesco di Nerone ne toccò in genero la prima volta che Niccolò fe' Richiesti.2. Quel numero ristretto di cittadini, che la Signoria chiamava a consultare sulle cose più gravi. Sì che, essendo così, sare' forse buono che tu, Filippo, ti ricordassi per lettera agli amici tua; e scrivendo mandare le lettere a Marco, se gli pare da darle o no: chè iscade alle volte delle cose, che non vi se ne può dare così avviso presto. Sì che le cagioni dette fanno tenere a drieto e ragionamenti della donna. 13 ti doverrebbe avvisare d'ogni cosa che segue, che è quattordici dì nollo vidi; chè il mio male m'ha tenuto en casa parecchi dì. Pure iermattina mi sforzai d'andare alle Murate, e parlai co Madonna,3. La superiora delle monache, che per antonomasia si diceva Madonna. perchè è molto4. Cioè, intrinseca. E portagli si riferisce a Niccolò Soderini. di Niccolò, e portagli grande divozione: il perchè i' la pregai che gli dovesse iscrivere una lettera piena d'amore e di carità, e ch'ella gli ricordassi la buona fama gli acquistava dal popolo per l'opere buone faceva; e che si teneva che farebbe dell'altre; e ricordassigli e poveri innocenti, e massimo voi, che sete sua nipoti. Ella molto allegramente disse di farlo, e che farebbe aggiugnere molto più orazioni per questo. E più mi disse, che v'era stato a lei a fare fare dell'orazione dell'altre,1. Intendi, altre madri o mogli di confinati. che di questo avevano isperanza. Sì che i' fo quello ch'io posso: così fate voi, e a Dio vi raccomandate, che ci farà. grazia: così n'ho isperanza, non pe' nostri meriti, ma per sua misericordia: e ci faccia questa grazia, se 'l meglio debb'essere.

Ancora, essendo alle Murate; vi capitò quello garzonetto ch'è venuto con Pietro Pagolo di costà, ch'è fratello della donna. Ricordòmi Madonna, che Pietro Pagolo era cugino di vostro padre: che no l'avevo alla mente. E quello fanciullo domandai se vi conosceva: disse di sì. E quando sentì ch'i' ero vostra madre, mi fece gran festa, e disse: E' dicono che voi ne venite a Napoli. Risposi, ch'io avevo quel pensiero. Ragionàmo Madonna ed io, come tu dì ch'egli ha soldi 25 per lira:2. Intendo, ha buon partito alle mani; cioè, che la donna, di cui era fratello il garzonetto, portava buona dote e corredo (donora) a Pietro Pagolo. Ma questo lo diceva Filippo. ha di dota, e sul Monte, fiorini 500; e hanno gliene fatto in sul Monte di nuovo, innanzi si scoprissi el parentado, fiorini 200; che gli ha avere, se la vive, di qui a parecchi anni: ed ha le donora, che non credo sieno molte, perchè non v'è il modo. Ha la boce costà di fiorini mille: ma i' no lo credo che sieno tanti: en ogni modo, egli ha fatto bene. Per ancora no m'è venuto a vedere; che l'ho per escusato. Non credo, secondo le sirocchie, sia bella: sono altrimenti fatte quelle abbiàno per le mani per te. Che se riesce, ti parrà essere ben servito.

Dell'Allesandra di Lorenzo ara' sentito la morte sua. La Marietta è con Giovanfrancesco: di qua non ne sento dire altro. A Niccolò Strozzi scriverrai del fatto vostro, che fara' bene.

Del fatto del Consolo, avesti dipoi lettere dalla Signoria che lo facessi a vostro modo; che sarete raumiliati.1. Si direbbe, starete quieti, non farete più questioni. Fummo presti allo scrivere, perchè sentendo dire alcuna cosa contro a di voi, n'abbiamo dispiacere; e non vorrèno sentire altro che bene. E alle volte pure iscade delle cose, e siamo sì di lungi l'uno dall'altro, che non si può dare l'avviso sì presto, che delle prime2. Sottintendi, lettere. l'uomo non abbia dispiacere. Arete l'onor vostro, e per l'avvenire farete a vostro modo di questo consolatico. Altro sopra di ciò non accade dirne.

De' tre dispiaceri di Marco, uno solo gliene resta, che è la morte di Pandolfo: li altri duo sono rivolti pel contradio, che n'ha auto dipoi piacere. Ed è vero per questi mezzi si conosce Iddio. Guardici d'ingratitudine!

Dello stagno, ho saputo da Lodovico, dice è ben tre mesi lo vende a uno linaiuolo; e il detto linaiuolo l'ha tutto ispacciato: ma e' dice che ispesso gliene viene alle mani, de' cittadini che ne vendono; e capitandogliene del bello, che me lo farà vedere: sì che aspetterò. Se a Dio piacessi che voi tornassi, i' ho dieci scodelle e dieci scodellini e duo piattegli da 'nsalata, e uno maggiore; che sono begli, che furono di quegli mi diè Anton Strozzi: che il resto mi fu tolto, e' candellieri, e santelene,1. Veramente medaglie, con l'immagine di sant'Elena, che i pellegrini tornando dall'Oriente portavano per devozione. Poi, qualunque medaglia: ma qui, credo, medaglioni di stagno, da tenere appesi nelle camere, con immagini di santi. Ved˙ Cennini, Trattato della pittura, cap. 188. quando ero en casa Francesco; e, se te ne ricorda, sai che dubitammo di Marco Rota; e Francesco perdè le berrette. E quando si fece la giostra, Matteo (Iddio gli abbia perdonato2. Credo lo dica per il Rota, anticipando un poco: e può essere che pensasse al suo figliuolo Matteo, come dire Requiescat.) andando in casa Marco, riconobbe e candellieri, e vide le santelene. Sì che certo egli ebbe lo stagno. Sento che gli è morto. Avendo da ritrarvi di questo, lo fate; che lo trarrete di peccato.1. Intendi: avendo modo di risarcirvi del danno che il Rota vi fece rubando quelli stagni. fatelo; e gioverete anche all'anima sua. Sicchè, come dico, ho quello stagno, ch'è bello; ed ho dell'altro, che è assai orrevole; e parecchi piattelletti e de' piattegli grandi; e sono begli, essendo qui.2. Intendo: la roba che in casa, perchè non s'ha da comprare, è sempre bella. Sì che istarò a vedere un poco come le cose passano. Maisì, che abbattendomi a dodici piattelletti begli, gli torrò; chè non ho che sei.

Attendiàno pure a raccomandarci a Dio; e disponetevi di fare qualche bene a onore suo e della sua benedetta madre Vergine Maria e dell'Angiolo Raffaello, che come guardò Tubbiuzzo da pericolo e da inganni, e poi lo rimenò al padre e alla madre, che così rimeni voi a vostra madre, che con tanto disiderio v'aspetta. I' ho speranza che, raccomandandovi di buono animo e con fede, che noi arèno questa grazia. E di così lo priego per sua misericordia. Nè altro per questa. Che Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.

Sono a dì 16, e altro non ci è per me da dirvi.

A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 22 di novembre 1465.(*) Ricevuta il dicembre.

A dì 16 vi scrissi, e dissivi quanto per allora accadeva: non ho di poi vostre. Per questa m'accade dirvi l'opposito di quella, in alcuna parte: e questo si è, che tu sai come 18 è amico di 45, rispetto e fatti mia;1. Amico è detto ironicamente. E aggiunge, rispetto a' fatti mia; perchè il Soderini aveva avuto con l'Alessandra screzio per conto de' Macinghi. Ved. la Lett. IV, annotazione . e ancora come, per altra dissi, di 47:2. Cioè, del Re di Napoli. en modo che, di poi ti scrissi, ho sentito alcuna cosa che non mi va molto all'animo. Avevo speranza che in questa mutazione, che e' si dessi effetto a molte buone cose per la terra; che di già se ne diceva per alcuno: e ora, essendosi messa la pitizione del fare lo squittino, è quattro dì s'è messa nel Popolo, e non si vince. Pare che il Gonfaloniere sia molto crucciato; e tutti e cittadini sono in gran travaglio; che si danno di punta l'uno e l'altro. 32 contro 46 e a l'amico1. Intendi, e contro all'amico ec. della polizza che mandasti qui tempo fa nella mia; e di 54 non troppo se ne loda; e di 18, più che nessuno, si biasima 30 e 56. E stanno come asino a gragnola:2. Come dire sbalordito. e 16 non està molto allegro. Fa' conto che ci va posta di più di 5 fiorini. E dove si credeva il popolo esser ridotto in buon termine per questa mutazione, e da parecchi dì en qua e'si dice che si starà peggio che prima: chè malori si scuoprono forte; e ci è una gran confusione tra maggiori e minori e tutti. Iddio voglia questa cosa abbia buon fine; che mi fa ricordare del 34.3. Nel 1434, quando il marito dell'Alessandra ebbe bando. Iddio per sua misericordia metta pace per tutto; chè bisogno ce n'è, e grande. Sì che vedi le speranze nostre come tosto vanno dilungandosi. E ora che tu e Lorenzo eravate in buona disposizione di 33, ella va per la lunga; che nulla se ne ragiona: chè gli uomini hanno al presente a pensare ad altro: sicchè bisogna aspettare il tempo, e che gli animi si posino; che in brieve tempo, doverrèno vedere quello che debb'essere.

Del Consolo avesti lettere dalla Signoria, che lo facessi di costà a vostro modo; e ora sento che innanzi che questa pitizione si cimentassi, che il Gonfaloniere n'aveva auto ragionamento di rifare quel tristanzuolo di Zanobi: e questo senti', che venendo Pietro Pagolo a vicitarmi, e i' gli dissi: la Nazione ha' uto dalla Signoria passata di fare il Consolo a lor modo; e' mi rispose l'aveva sentito: ma che dipoi Giuliano Gondi disse, che n'era stato parlato al Gonfaloniere per questo Zanobi, e che lui er' ito al Gonfaloniere, e raccomandando la Nazione e Filippo Strozzi; e come senti1. Intendi, il Soderini. ricordare Filippo, che tutto si turbò, e dimostrò nel viso che tra te e lui non fussi amicizia: il perchè il Gondino dice si ritrasse. Sì che non so come le cose s'hanno a passare. Per ora hanno altro pensiero: ma se le cose si posassino, forse vi darà contro. Credo che da Giuliano ne sarai avvisato: che 'ntanto, quanto si diceva di 18, ora pel contradio:2. Cioè, ora si dice male del gonfaloniere Soderini, mentre al suo entrare in ufficio se ne diceva e aspettava tanto bene. chè non abbiàno istabilità! Non accade risposta a queste parti. Avvisa pure come la truovi.3. Perchè aprivano le lettere.

Siàno a dì 23; e oggi hanno rifatto il Consiglio, e sono su:4. Intendi, in Palagio. non so che sarà. Se non si vince, conviene segua delle cose che dispiaceranno ad alcuni. Altro per ora non ci accade. Iddio di male vi guardi. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.

Essendo per suggellare ebbi la tua, Filippo, de' 14, per Giovanni di ser Francesco. Risposta brieve, ch'è tardi. Del Consolo avete una fredda e una calda; che per ogni fante ti scrivo quello sento la settimana. Elle fanno gran mutazione; .che l'una settimana si ragiona di fare una cosa, e l'altra si fa pel contradio. E altri vorrebbe pure avvisarvi delle cose che si dice che hanno a seguire; e dilibera che non ci si può còr posta: e credo che, a volere far bene, sarà di bisogno a tagliare questa piaga: sì che di 51 e di 331. Del ritorno (51), e del matrimonio (33). bisogna andare adagio. T'non so che seguirà di 32, che combatte di parole stranamente col padre di 49, e si ricorda molte piaghe vecchie. 56 si (lice sta male, e aspetta peggio. Sono nimici di 18. Della Marietta non sento nulla; chè ci è altro a fare. Non accade altro alla tua d'importanza: e se Giovanni di ser Francesco ci 'verrà, gli farò buona raccoglienza per vostro amore. Seguendo altro, t'avviserò per ogni fante, piacendo a Dio.

A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 19 di dicembre 1465.(*) Ricevuta il dì 4 gennaio.

A dì 7 fu l'utima mia: non ho poi vostra; e per questa ho manco a dire; ma solo questa per buon uso.

Sommi iscordata di dirvi per altra, come Giovanni di ser Francesco mi venne a vedere, e dissemi buone novelle di voi; e molto se ne loda dell'onore che gli avete fatto. Iddio lodato! Fate bene a fare onore a chi vi capita a casa: che lungo tempo lo possiate fare, con salute dell'anima!

Avvisoti, che de' fatti di 33 mi dice 13 non se ne ragiona nè per te nè per Lorenzo. Quando se ne ragionerà, ne sarete avvisati. Di 51 per 45, nè per altri, s'è posto silenzio per ora: che la grazia ch'ebbe 18 el mese passato, è rivolta in disgrazia, e massimo 58: si che, sebbene 18 fussi di buon animo a fare 51,1. Intendi, che se il Soderini volesse proporre di richiamare (51) gli esuli, per far dispetto a lui, non passerebbe la proposta. no si seguirebbe per no gli dare questa loda. E 57 s'è iscoperto nel parlare contro a 58. I' non so come le cose s'hanno a seguire; che ogn'uomo attende a squittinare. Iddio voglia che la ben vada, e che la terra istia en pace, o vero gli uomini: chè insino non è pace tra chi governa, non credo si ragioni di ristituire nè voi nè altri. Bisogna o una gran guerra o una buona pace: che Iddio ce la conceda.

Ensino d'ottobre ci venne da Padova el figliuolo della Caterina mia sirocchia, ch'era frate della Badia di Firenze, e stava nell'Ordine a Padova; e stetteci da venti dì, che venne a vedere la madre: e a dì tre del passato si ritornava in là; ma volle andare prima a Roma a vedere messer Francesco, ch'è col Cardinale di Melano: e pare ch'egli ammalassi per la via, di morbo; e n'andò a Roma, e visse 17 di, e morì: e messere Francesco lo fe' governare. La Caterina ha 'uto questa novella; che mai fa altro che piagnere: e molto gli è doluto questo figliuolo. E ora di nuovo ha, che in quella casa dove morì, e chi lo governò, n'è morti otto di pesta; e aspetta ogni ora le novelle di messer Francesco, che vi stette anche lui a bocca.1. Cioè, a bocca a bocca, come dicevano per a viso a viso. Sì che vedi la povera donna come istà, e in quanto dolore ell'è: che ora, che aspettava la sentenzia in suo favore di riavere il benificio, e' porta pericolo della morte.

Ara' sentito della morte di Bernardetto, che morì a dì 15: e bene che fussi ne' termini che egli era, pure a mona Gostanza e a' figliuoli pare avere fatto gran perdita. Hannogli fatto un grande onore.

I' ho tolto un lavoratore a Pazzolatico, che ora al febbraio comincia a lavorare: e perchè il podere è pure in disordine e 'l temporale è forte, mi sono distesa a fargli aiuto d'una bestia perchè possa portare del concime; che n'ha bisogno el podere, che francherà la spesa. Se 'l podere si fussi aiutato pel passato, sare' d'altra rendita, e col suo medesimo si potrebbe aiutare: ma non si può per ora. S'i' potrò fare sanza torre danari dal banco per questo, i' lo farò: s'io no ne potrò trarre d'altrove, i' gli torrò dal banco: chè v'ho a fare dell'altre ispese in sui podere, che sono di nicistà, chè peggio non può stare che si stia. Piero vive ancora; e bisogna che se n'esca, e andrà accattando: pure i' non posso più ch'i' mi possa. Arà pazienza: che Iddio lo chiami a sè, se meglio debb'essere!

Secondo mi disse Giovanni duo dì sono, non ci è più termine a pagare el 46 catasto, che per ensino a dì 24 di questo: che perchè va a perdere, s'è sostenuto di no ne gravare duo mesi; ora non si può più indugiare: sì che gli farò pagare come gli altri.

Dissiti per altra, che t'avviserei per ogni fante di quanto seguirebbe delle cose di qua. No l'ho fatto, perchè non ho sentito altro di nuovo, nè nulla di buono per noi: sì che sieti avviso. Nè altro per questa m'accade dirvi, se non ch'i' priego Iddio che vi guardi di male. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.



A questi dì ci fu novelle, ch'è morto a Bruggia Pier Bini e uno de' Nasi. Credo che queste galee di Fiandra sieno scomunicate, tante traverse hanno da parecchi anni in qua.

Senti' a questi dì, che ancora s'aspettava una galea o vero nave, che mandava Niccolò Ardinghelli, e che si maravigliavano che non era giunta. Non ho sentito poi altro: e questi qua di casa si guardano di dirmene. Quando ne domando, dicono non hanno lettere da lui.

A Filippo e Lorenzo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 21 di dicembre 1465.(*) Ricevuta il 4 di gennaio.

A dì 19 ti scrissi quanto allora m'accadeva: dipoi ho la tua de' 7 detto. Risposta al bisogno.

Veggo per lo scriver tuo essere ben disposto, e così Lorenzo, a fare quello che più volte s'è ragionato: e poi che veggiàno che'l 511. Rammento che 51 significa l'essere richiamati dall'esilio. è raffreddo, che nulla se ne dice, che pe' segni si veggono ha andare più per la lunga che non si stimava, per le traverse che sono seguite, che noll'are' creduto 46 nè 54 nè 57; e non so come 18 se ne capiterà; che credendosi segnare, s'hanno dato nell'occhio:2. Il Soderini (18) specialmente si nocque col suo gonfalonierato. e se questo non tornassi danno se non tra loro, sarebbe men male; ma e' torna danno a noi, che aspettiàno d'uscire di purgatoro. Or sia lodato Iddio di tutto; che per certo è sua volontà che così segua di 18. Mostrò di voler fare molte cose, che poteva fare, e sare' stato lasciato1. Sottintendi, fare. Asercizio esercizio; qui, modo di operare. e aiutato: e poi ha preso altro asercizio; sì che per un pezzo se ne può porre l'animo en pace, e lasciare fare a Dio: e mentre che le cose istanno così, le lettere di 472. Le lettere del Re di Napoli in raccomandazione degli Strozzi, inutili mentr' era gonfaloniere il Soderini. non sono buone. Tu entendi el bisogno, e quello ch'è seguito; che mai le maggiore mutazioni che sono fatte negli animi d'otto dì in otto dì, che ti maraviglieresti, sappiendo le cose come noi di qua; chè tutto non si può iscrivere. Rimettiàno in Dio tutto, che fa el meglio. e quando si sentissi cosa, che bisognassi parlare agli amici, si farà per me el possibile; che per veruno ora se ne ragiona. E poi che 51 non s'ha attendere, attendasi a 33.3. Cioè, il matrimonio. Marco (13) riprende a trattare col Tanagli, ch'è il padre di 60.

Ieri venne a me 13, e dice che 'l padre di 60 ha ritocco, e in effetto non vorrebbe ispendere nulla, allegando 53 che ebbe la cugina, e che gli fè di 63 f. 61:4. Pel 63 intendi dote; 61, credo, 600 fiorini di dote. e così allega, l'Ardinghello ha 'vuto nulla; e'l medesimo dice del padre di Lionardo, e degli altri di casa, che non sono 50. E questo è l'effetto de' ragionamenti. 13 gli ha risposto alle rime; e bene assegnandogli molte ragioni, il perchè e' non debba tòrti nulla di 61 ch'ell'ha 63; e più disse, gli direbbe che a 45 no ne scriverrebbe, chè e' no gli pareva fussi ragionevole 33 sanza 63; e che se non avessi altro da lui, no ne voleva dire a 45. Non so poi se altri ragionamenti sono istati tra loro essendo, so che ne sarai avvisato; che bene che dicessi a lui di non volere iscrivere, a me disse di farlo, essendo in questo ragionamento. Con 13 ci accordammo, che venendo a 63 secento fiorini, che avendo l'altre parti, non si debba tirare indrieto 45; e se più su si potessi andare, s'andassi: ma di questo non si scendessi: e così pare a 141. L'altro cognato Giovanni Bonsi. E 45 è Lorenzo. questo medesimo che a noi. Ora dillo a 45, se pare a lui questo medesimo, che ce ne dia avviso; che se n'ha a fare quanto dirà. E più gli di', che 60 è, come altre volte gli ho iscritto, grande e ben fatta: el viso, più tosto lungo che tondo, non è di que' begli nè di que' rustichi: è di pelo ulivigno, e un bel capo biondo, e pare fanciulla da bene, e da fare bella famiglia. A me pare che la bellezza non sia da sconciare, che è più che comunale, a mio giudici. Ingegnerommi, s'io la potrò vedere in queste feste, sanza farne altra dimostrazione; e vedendola, te ne darò avviso: e perch'io so che 45 ci pensò a questo più d'una notte innanzi ne desse commessione, credo che non ci befferà. Ma era bene da beffare il Gondino della cognata: e se Pietro Paolo dice è suto ben servito, buon per lui. Dicoti di nuovo, ch'egli ha 500 fiorini in sul Monte, e 200 glien'hanno fatti per a tempo o di sette anni o vero di cinque, s'ella vive. Tu di' che sono poco manco che quello si diceva: s'ella vivo sono manco fiorini 300; e s'ella morissi innanzi al termine de' 200, sarebbono meno 500. Ma quando ce n'avesse dato mille, non era pel fatto dell'amico: sì che non vanno le cose così larghe come si dice, quando non v'è qualche mancamento; eccetto che come fe Manfredi, che ne dà dumila per entrare nello Stato:1. Intendi, per imparentarsi con famiglie che hanno parte al governo della Repubblica dà alle figliuole gran dote. V. pag. 395. ma especchiati 532. Giovanfrancesco Strozzi. e l'Ardinghello e degli altri parenti.

Ancora t'avviso, che ieri andai a casa Pagolo, che sta dirimpetto a 59,3. La fanciulla degli Adimari, che si pensava di dare a Filippo; riserbando la Tanagli a Lorenzo. e vidila. E bella, e a me piace molto; che ha un bel viso, e bella persona: sì che, seguendo i ragionamenti di questa, so ch'ella si potrà torre sanz'altro vederne Ma insino non maritano l'altra, no mi pare voglino ragionare di questa. Che Iddio lasci seguire il meglio: e perchè 13 è buon procuratore degli amici sua, ed è quello che ne parla, v'avviserà più a pieno di tutto il seguìto.

Siàno a dì 23, e Niccolò Soderini sì misse istamani la pitizione nel Consiglio del Popolo di farsi cavaliere in questa Pasqua, e vinsella: sì che l'areno cavaliere la mattina detta. E questo è il bene che noi riceviàno; che ne pagherèno qualche fiorini per fare quest'onoranze.

Questa mattina, vogliendo serrare la lettera, e 13 venne a me, e disse che avendo in questo punto trovato Francesco, e che gli disse essere. istato dipoi con messere Antonio Ridolfi, che gli ha detto che di 601. Cioè, del maritare la figliuola. no ragioni, per tutto questo mese, altro; chè sono questi viluppi della terra; e che lasci passare el mese. 13 ha mostro di non curarsi di questo, e detto ch'è a suo' posta. Estimiamo che debba avere altro in becco, e per questo mette tempo in mezzo. Sia nel nome di Dio tutto: sicchè non ti scriverrà nulla di questo, chè dice non ti vuole avviluppare la fantasia. E così disse a me, ch'io non ti mandassi questa. Dissi di farlo: ma poi che ci era su dell'altre cose, diliberai mandartela; chè non mi pare ci sie cosa d'avvilupparti; ma più tosto da pensare, se così fussi che volesse andare a quel cammino, che tu vi possa pensare. E pertanto di quest'avviso no ne dire a 13 nulla; chè avendogli detto di nolla mandare, e poi la mandassi, forse l'arebbe per male. Ma i' lo fo perchè di tutto sia avvisato, e che con agio possa pensare al bisogno. Altro non m'accade per ora; se no che per Lorenzo non si ragiona ensino che 13 non ha il certo per 45;1. Intendi, per lo stesso Lorenzo. e quando l'avessi, si metterebbe el pensiero al fatto suo. Prego Iddio che vi guardi di male. Per la vostra Allesandra Strozzi, in Firenze.

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 28 di dicembre 1465.(*) Ricevuta il di 8 di gennaio.

A dì 23 fu l'utima mia: ho di poi una tua de' dì 11 detto, e una di Lorenzo de' 5, tenuta colla tua. Risposta per questa.

E vero che a dì 30 passato i' none scrissi per non avere da scrivere nulla- di buono; e certe volte ancora non mi sento molto bene, che non posso estare a quel disagio dello scrivere: e ancora n'è più cagione certe cose che mi vanno pella mente, quando le cose non vanno secondo ch'i' vorrei. Sì che queste sono le cagioni ch'i' lascio indrieto alle volte lo scrivere. Ingegnerommi, quando arò da dirvi nulla di buono, di farlo ispesso per l'avvenire.

Dissiti per l'utima quello che 13 m'aveva detto di 60, che tutto questo mese voleva stare sanza altro dirne: che così pareva a messere Antonio Ridolfi. E dipoi non ho sentito altro; estimo che debba avere el capo altrove, se gli riuscirà: se none, e' si rappiccherà con 13. E a me pare che assa' tempo metta in mezzo; che da settembre in qua ci ha messi tre o quattro termini d'aspettare. E non ci sendo altra mercatanzia che ci aggradi, e che dimonstri di volerne venire al prezzo che queste dua, cioè 60 e 59; 13,1. Intendi, a 13, cioè a Marco Parenti. Ricordo che 60 è la Tanagli, 59 l'Adimari. e anche a me, pare di vedere alla fine del mese che seguirà: e ne sarai avvisato. Che Iddio ne lasci seguire il meglio.

De' fatti di 512. Cioè, del richiamare i confinati, i quali stanno nascosti sotto il numero 50. non se ne sente nulla: e credo 46 e 57, e ancora 54, abbia che pensare: e per ora non è da ricordare loro e fatti de' 50: che mi credo crescerebbe lor pena, chè non feciono quando era il bel tempo: e chi non lavora quando el tempo il richiede, non fa buona ricolta: che, chi tempo ha, e tempo aspetta, tempo perde. Sia lodato Iddio di tutto. 58 è molto migliorato del male che ebbe duo mesi fa; che fu otta ebbe di gran paure. Pure Iddio gli ha fatto grazia, ch'egli è meglio che prima: è molto allegro, e tutti sua amici, di questa sua guarigione. Solo ci è 17 e 563. Il 17 è messer Otto Niccolini, il 56 Antonio Pucci. estanno male; che niuno ne dice bene. Col tempo si vedrà che fine arà questa malattia.

Dissiti a dì 23 come Niccolò Soderini si faceva cavaliere in questa Pasqua; e che s'era vinto nel Consiglio del Popolo la domenica, che fu a dì 22: e a' 23 feciono ci Consiglio del Comune, e no lo vinse. Estettonvi ensino a ore 21. Rimase molto isbigottito, e ricevettene un gran cappellaccio.1. Nel significato di vergogna; chè Fare o Dare un cappellaccio ebbe anche il significato (conte dice il Varchi nell'Ercolano) di Far rimanere in vergogna. E ora è chiaro, se prima restava in dubbio, come gli animi sono ben disposti contro di lui, e quello che possono gli amici sua. El detto dì, che si ragunava il detto Consiglio, e in sulla porta istavano alcuni cittadini, e pregavano che dovessino dargli aiuto e favore che si vincesse; c'rispondevano e detti del Consiglio: Noi non ci andiàno per altro che per questo. E sì lo trattorono come tu odi! Iddio il perdoni loro. E questa sera, essendo ragunato lo Squittino,2. Cioè, i cittadini addetti a squittinare. el detto fece in bigoncia una gran predica; e sì si dice che si sfogò di dire l'animo suo: e che gli era detto che, uscito che fussi di su, che sare' tagliato a pezzi. Dimostrò di non curarsi della vita sua: nondimeno dice non ha paura che questo gli avvenga. E questo procede, ch'egli è più mesi che que' Conti di Maremma, avendo quistionato co lui del bestiame e delle pasture, poi che Giovanni di Cosimo morì, Niccolò gli aveva sopraffatti: di che questi Conti ensieme con quegli da Vernia gli feciono danno, e uccisongli molto bestiame: sì che, non se ne potendo valere,1. Cioè, non potendo farsi valere, o ricattarsi. si stava. Dipoi andò capitano di Campiglia el figliuolo di messer Tommaso, cioè Lorenzo; e si misse mano, poi che fu Gonfaloniere 182. Lo stesso Niccolò. a fare la vendetta di Niccolò, e volle pigliare e detti Conti di Maremma. E' si fuggirono; e il detto Lorenzo diè lor bando delle forche, e sì misse fuoco a tutte le loro case, e arse tutto el loro,3. È qui una parola che non dà senso. e gran quantità di grano: e di quegli che giunse, fece aspri martòri. Sì che gli è detto, che questi Conti saranno ribanditi; saranno quegli che lo taglieranno. E quest'e la cagione che dice queste parole. Mostra di non avere paura. E molte altre parole disse, che non è da scrivere. E più dice, che poi che no L'hanno voluto far cavaliere, che andrà in luogo che sarà fatto a dispetto di chi non vuole.4. Così gli venne poi fatto, ma essendo in esilio! E' mi pare ch'egli abbia d'avere de' pensieri. Iddio l'aiuti. I' mi do a 'ntendere che s'egli avessi ristituiti gl'innocenti, che sare' suta tanta carità, che Iddio l'arebbe aiutato; che non sarebbe in quell'odio ch'egli è: chè avendo fatto quello che poteva, acquistava assai, secondo me. Che a Dio piaccia di trarci di questo affanno a' nostri dì, se 'l me' debb'essere.

Di' che se voi potessi venire a veder me com'io voi, che i' non arei tante imbasciate de' fatti vostri. E' non piace a Dio che noi abbiàno questo contento. Voi hanno privati gli uomini, e me Iddio co la infermità. E sonci gli anni, che mi hanno tenuto ch'io non vi sono venuta a vedere. Credo che Iddio l'abbia fatto per lo meglio.

Venne Pierantonio, e fecemi una grande abbracciata per vostra parte. E dice tante meraviglie di voi, che il terzo sarebbe a bastanza. Hammi fatto molte profferte, e che disiderrebbe di potere farvi qualche appiacere; e offera, a quello che può, che non si rispiarmi di nulla che possa. Ha letto il Lambertano,1. Cioè, l'Albertano. II terzo Trattato di Albertano giudice da Brescia, stampato con gli altri nel 1610. è intitolato Delle sei mani ere del parlare; nell'originale latino, De doctrina loquendi et tacendi. Qui, scherzando, vuoi dire che Pierantonio (Buondelmonti) era un gran favellatore. ed ha lingua che gli serve bene. È fratello di Giovanbatista: che hanno parole assai alle mani.2. Intendi, in pronto. Oggi si direbbe, che ha pronte le parole, non gli muoiono in bocca.

Egli è in questi dì morto Francesco Caccini, che stava fuori della Porta a Pinti, e aveva buona grazia ne' cittadini, ed eragli auto compassione allo star fuori: pure commoveva gli animi a parlare dell'essere ristituito. Ora, essendo morto, gli amici si raffredderanno. Getta danno la morte sua assai: prima, che lascia la donna giovane con quattro figliuoli, dua maschi e dua femmine; e poi danno grande getta 1 fatto nostro.1. Perchè la compassione che si sentiva per un esule, giovava anche agli altri. Iddio ci aiuti, che può.

Sono a dì 30. Trassonsi ieri e Priori. È Gonfaloniere Francesco Bagnesi: è il contradio che Niccolò. Dicesi che è buon uomo, ma non sa così dire come lui. Metterò in questa la listra de' Priori. Altro non t'ho a dire per ora. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.

Gonfaloniere in Santa Croce, Francesco Bagnesi; e l'artefice, Marco del Zaccaria, e uno Del Grazia. Santo Spirito, Piero del Benino, e Nerozzo del Nero. Santa Maria Novella, Benedetto Bartoli, e Bernardo Mazzinghi. Santo Giovanni, Matteo Villani, e Giovanni Giraldi.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 4 di gennaio 1465.(*) Ricevuta il di 15.

A dì 30 passato fu l'utima mia, e avisa'vi quanto per ensino a quel di avevo sentito da 1.3 del fatto di 60: e altro non ho di poi, di 59; si che per questa non ho da dirne nulla. Ho poi la tua de' 17, tenuta a dì 19; che alla parte di 33, come ha' 'nteso per altra, s'ha aspettare tempo: e per questo non ci è risposta. Ma i' son d'animo, che s'io vedessi da potere andare altrove per le parti che noi vorremo, che 60 si lascerebbe istare;1. Intendi, che se in altre fanciulle si trovassero le qualità che vorremmo, non si penserebbe più alla Tanagli. e 59 vuole ispacciare la prima, e poi ragionerà della seconda: che l'ho veduta, e piacemi; e non pare però tanto semprice, come m'era detto;1. Aggiunge che ora fusse fatto: ma dubito che lasciasse qualche altra parola; e piuttosto che infruscare il senso, tralascio queste quattro. che è buona carne, e assai savore. Quando altro sentirò, ne sarai avvisato.

Fusti avvisato della nuova Signoria: abbiano el Gonfaloniere un buonomo e buono;2. Si direbbe, tre volte buono. e per ancora attendono a praticare. Ma i' non sento che3. Cioè, che cosa facciano nelle Pratiche. si faccia: sì che non si sa ancora che cammino si piglierà. Èmmi detto che non è di 54 nè di 58;4. Il Bagnesi non era nè della parte del Medici nè di quella del Pitti. ma e', s'è buono buono, Iddio gli dia alla fine paradiso.5. Pier Soderini, il famoso epigramma io mandò al limbo! Niccolò uscì di su; e la notte fu fatto fuochi en piazza; egli uscì la mattina; e vidono che s'era arso alcuno fastello di scope, per fargli lume: e si dice che fu posto certe scritte su per la Piazza,che dicevano: «Egli è usciti nove pazzi». Questo s'è detto non so a che fine. E suto gran mancamento. Non è da entrare in altro dire, perchè non tocca a noi. Iddio metta pace negli animi di tutti; che mi pare che andrà per la lunga, per non essere questo6. Cioè, il Bagnesi. Non comincia, vuol dire, questo Gonfaloniere coll'aura favorevole ch'ebbe Niccolò Soderini. come fu 18 nel prencipio. El malore ha covare. 58 va alla 'nsu quant'e' può: credo l'opposito degli amici. Non è da fare risposta a tal parte. Quando sentirò cosa da scriverne, lo farò: che si dubita che lo squittino non si seguirà.

Io dissi alla Gostanza di Pandolfo, del figliuolo, quanto mi dicesti, che Pandolfo aveva ragionato teco, che faceva pensiero di dare al Re uno de' figliuoli; e che ora lei pensassi se gliele voleva dare: e dandogliele, che volentieri ne piglieresti la cura di costà. Risposemi che Priore glie l'aveva detto; e che l'asercizio del fanciullo sarebbe d'andare a cavallo innanzi al Re, e di correre cavagli: e che questo asercizio non gli piaceva; che se ne intervenissi caso, che mai sare' contenta. E ch'io ti scrivessi, che tu avvisassi che asercizio sare' messo: e che poi vi si penserà su: che quello ch'ella manderebbe ha anni 11; sì che gli pare abbia tempo da pensarvi su.

Al figliuolo di Brunetto desti mangiare; e rivestitolo, e riscaldatolo, e datogli danari, io rimandasti en qua: facesti delle sette parti le tre dell'opera1. Da aggiungere ai tanti esempi, che il Nannucci registra di nomi aventi pari desinenza in ambedue i numeri; se pur non è scorso di penna. della misericordia, e facesti molto bene a non guardare a l'opere del padre fatte inverso di voi allo sgravo; chè chi ha seco la carità non può capitare che bene, e Iddio v'aiuterà e prospereravvi di bene in meglio. Così ve ne conceda Iddio la grazia, che voi possiate fare el simile a degli altri che. v'hanno fatto male; che daresti loro aiuto, e voi salveresti l'anima; chè renderesti bene per male. E non è dubbio che i' ne piglio conforto assai, quando sento che del bene e delle prosperità che v'ha concesse Iddio, che voi ne siate conoscenti inverso di chi ve lo dà;' e sete molto obrigati a Dio; e specchiandovi negli altri vostri pari, come istanno: che oltre l'essere privati della patria, sono disfatti dell'avere; e voi sete in termine, che pochi n'è fuori che sieno di riputazione e di roba più di voi. E ancora en questa terra n'è sì pochi, che di roba estieno meglio di voi; ch'è una maraviglia, che si dice per chi ha a maritare delle fanciulle, e con gran dote, che non ci è venti giovani, di persone da bene, che tocchi per uno, in suo' parte, più che mille cinquecento fiorini. Sì che vedi come voi estate! Ringraziate Iddio, che avete altra riputazione, e dell'avere, più che questi che sono in casa o vero nella patria loro. Iddio ci ha dato questo iscontento della patria.; ma e' v'ha dato tante dell'altre cose, che avete da stare contenti; e tanto più, quando fussi accompagnati di buona compagnia: che Iddio ve l'apparecchi, quella che sia il meglio; che si farà pure pensata, e none in fretta.

Ensino di novembre scrissi a te e Lorenzo, che a dì 5 detto avevo auto fiorini 14 dal banco a lire 4 e soldi 8 e danari 4 per fiorino; che lire 40 e soldi 7 e danari 4 ne pagai pel 47 catasto; e il resto de' danari spesi per Dio, come per la mia dissi a te e a Lorenzo: e per la tua de' 27 di detto me ne rispondi, e di' avergli acconci, e così Lorenzo. Sieti avviso.

E a dì 2 di questo ebbi dal detto banco de' Dietisalvi e Carlo Guasconi fiorini 16; che lire 40 e soldi 7 e danari 4 ne pagai pel 46 catasto. Perchè non va a Monte, s'era lasciato adrieto, ensino che ora ne cominciavano a gravare: e il resto de' danari ho a spendere in una bestia pel podere da Pazzolatico. Credetti avere e danari da potere comperare la bestia; ed1. Come dicesse, e invece, ec. io ho a fornire di pali per le viti, che sono per terra; e così ho a comperare del concime per riaverlo un poco: sì che, non avendo danari, tolsi questi, che sono fiorini 16, a lire 4 e soldi 8 e danari 4 per fiorino;. Sì che pongli a lor conto.

Lessi a Marco el capitolo che mi scrivesti del figliuolo di Brunetto. Dissemi ch'io ti dicessi, che niuno de' figliuoli di Brunetto ha vinto partito a questo isquittino, e trovavansi a squittinare.1. Intendi, se bene fossero degli squittinatori. Porteranno en pace; chè di quegli eh ' erano maggiori maestri di loro no l'hanno vinta: che si dice di 562. Antonio Pucci è il 56; sotto il 30 deve essere un Mediceo, perchè a pag. 520 si dice contrario a Niccolò Soderini. e tutti e sua, e così di 30, che se andranno seguitando le cose così, faranno men torti a chi poco può, che non facevano.3. Chi non passava allo squittino non entrava nelle borse degli ufficii; quindi, dice l'Alessandra, non avranno tanto modo di nuocere ai poveretti.

Di' a Lorenzo, ch'i' none scrivo a lui per questo fante, chè non ho da dirgli se none che Marco sta desto al fatto tuo e suo; e bene che noi abiàno gran freddi, non s'è freddo a' fatti vostri; che s'aspetta che noi siàno chiamati: e essendo, forse si farà qualche concrusione; che a Dio piaccia che s'esca di tante pratiche. Nè altro per questa m'accade dire. Iddio vi guardi di male lungo tempo, com'io disidero. Per la vostra Allesandra, Firenze.

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 11 di gennaio 1465.(*) Ricevuta il 23.

A dì 4 fu l'utima mia. Ho di poi la tua de' 28 passato; che veggo che mi scrivi più perch'io abbia quel contento d'avere vostre lettere, che per bisogno che ci sia: e a me ne fate grande appiacere, poi che non vi posso vedere colla presenza. Ringrazio Iddio di tutto, che è forse el meglio. Risposta alla tua.

Dissiti per altra mia quanto era seguito di 60; e altro non ci è poi di nuovo: e di 59 se' avvisato che non se ne ragiona, per aspettare lo spaccio della maggiore. Altro non pare a 13 di fare ensino non siamo chiari di queste due, che cammino piglieranno: che, secondo el tempo che l'hanno, non doverrebbono troppo indugiare a uscirne. Egli è vero che il mio disidèro sarebbe di vedervi tramendue accompagnati, come altre volte v'ho detto; che, morendo, mi parrebbe che voi fussi ridotti a quel passo che si disidera per le madri, di vedere e figliuoli ammogliati; e che quello che voi con fatica e affanno avete per lungo tempo acquistato, e vostri figliuoli l'avessino a godere: e a quella fine io mi sono ingegnata di mantenere quel poco ch'i' ho auto, lasciando indrieto delle cose ch'io are' potuto fare per l'anima mia e de' nostri passati: ma per la speranza ch'i' ho, che voi togliate donna (e l'effetto è per avere figliuoli) sono contenta d'aver fatto così. Sicchè il mio disidèro sarebbe quello vi dico: e da poi che intesi la volontà di Lorenzo, come era disposto per mio contento di torla, ma che lui volentieri starebbe ancora due anni a legarsi a la donna; i' mi v'ho pensato su più volte, e mi pare che non ci sendo una cosa molto vantaggiata, e avendo tempo di potere aspettare questi due anni, che sia buono a starsi così; se già non venissi qualche gran ventura: ma altrimenti non mi pare da darsene ora pensiero, e massimo essendo il temporale che corre al presente; che de'giovani che sono nella terra, volentieri si stanno sanza tor donna: e la terra è in cattivo termine; e mai si fece le maggiori espese en dosso alle donne, che si fa ora. Non è sì gran dota, che quando la fanciulla va fuori, che tutta l'ha in dosso, tra seta e gioie: sicchè non sarebbe el bisogno suo per noi di qua. Benchè i' no glien'abbia iscritto nulla, non se n'è cerco per lui di nulla; che s'aspettava se per te prima riusciva niuna delle due pratiche: essendo riuscita quella di 60, si sare' tastato quest'altra per lui; che v'è della biada, se la dessino, e a ogni tempo sare' stato commendato. Ora andando le cose come le vanno, mi pare di stare a vedere un poco di tempo per lui. E veggo che, secondo mi scrive per ogni sua, se ne contenta di stare ancora due anni: che alla buonora sia tutto; che forse a quel tempo saranno gli animi in pace: e in questo mezzo potre' seguire delle cose, che non si proferrebbe la donna sanza danari, come si fa ora; che pare a chi l'ha a dare, di superchio dare dota a 50.1. Vale 50, senza dubbio, chi a confino. 13 t'ha scritto che 'l padre di 60 lo ritoccò, e nel modo ch'io ti scrissi. Di' che del vedere e praticare te ne stai a noi: io dal canto mio ho fatto la mia diligenzia, e non saprei farne più ch'i' m'abbia fatto: e per vostra consolazione più che mia;. chè il tempo mio è brieve, e il vostro debb'esser lungo, secondo la ragione. Così piaccia a Dio che sia. E Marco ancora v'attende con diligenza. Iddio ne lasci seguire il meglio. E a Lorenzo di', che riposi l'animo in pace, della donna.

Uscì Niccolò, e pure fece alcune cose buone; ma non di quelle arei voluto. A lui e gli altri usciti è suto fatto poco onore, e mentre che erano in seggio e po'i che uscirono. Lo squittinante nostro n'ebbe assai disagio, e noi ancora: ma sento che aciò che s'è fatto andrà a terra, e si crede si farà di nuovo. Ha questa Signoria fatto parecchi dì pratica;1. Vuol dire, che i Signor sono stati più giorni co' Richiesti a praticare, ossia consultare. e nulla si può intendere: chè hanno fatto pena di rubello a chi rivela nulla, a' chi si truova di questa pratica: sì che va molto segreto le cose. E' m'è detto che 58 è il tutto; 54 nonn'è così; e per tanto 56 si tornerà ne' primi termini, secondo mio giudicio, andando le cose come si vede al presente. Iddio, che può, ponga rimedio a questa città, ch'ella sta male. Niccolò entrò fiero, e poi s'invilì; e, come disse il fratello a 14,2. Il fratello di Niccolò Soderini, cioè Tommaso, a Giovanni Bonsi, che è il 14. « Egli è entrato lione e uscirà agnello »; e così gli è intervenuto: che come vide che le fave no gli riuscivano, e' cominciò a umiliarsi: e poi ch'egli uscì d'uficio, va accompagnato quando con cinque e quando con sei armati presso a sè, per sospetto o de' Conti di Maremma o d'altri. Era el suo meglio che non fussi estato; che no si sarebbe iscoperto tante nimicizie.

De' 14 fiorini auti dal banco a dì 5 di novembre, ne fusti avvisati, e destimene risposta del mese medesimo.

Di' a Giovacchino, che a dì 4 di questo ebbi el fardello del lino per le sirocchie; e venne si tardi ch'i' avevo suggellato la lettera, e però no gliene die' avviso. Hollo dipoi esciolto: sono mazzi 12: quattro n'ho dati a quella suora di San Domenico, e quattro aspetto mandi per esso quella di Santa Marta, e quattro a quella di Polverosa: ognora aspetto mandino per esso. I' no l'ho pesato; ma quattro mazzi sono per uno. Loro l'avviseranno del peso; e in questa fia una lettera di quella di Santo Domenico: dàgliele. Quando l'altre scriverranno, gliele manderò.

Altro non c' è, ch'i' sappia, da dirti; se no che ara' sentito d'alcuno parentado fatto di nuovo, della figliuola di messer Piero de'Pazzi a Braccio Martegli, e quella d'Antonio a Priore Pandolfini; e ciascuna n'ha dumila di dota. Quella di messere Piero ha un occhio che none vede bene. Di quella1. Cioè la Marietta, nipote di Gianfrancesco Strozzi. di Giovanfrancesco non sento dirne nulla per qui; ma sento da Pierantonio, ch'ella si darà a Mantova al figliuolo di messer Benedetto Strozzi. Non so donde se l'ha sentito. E così mi disse Giovanni di ser Francesco, quando tornò. Debbano recare di costà questa novella; e non sendo vero, fa' pensiero, se ti paressi, da farne toccare da Niccolò Strozzi un motto a Giovanfranceco per 45.1. Cioè, per Lorenzo. Ben ch'io non credo che degnassi sì basso, pure alle volte si va in luogo che altri no l'are' stimato, pelle cose che occorrono, o per morte o per altri casi.2. Non credeva che la Marietta di Lorenzo Strozzi e dell'Alessandra de' Bardi si sarebbe degnata di sposare un suo figliuolo: ma pure considera, che per il fallimento dello zio, la morte de'genitori ec., potrebbe anch'essere che vi attendesse. Sì che pensavi su. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 25 di gennaio 1465.(*) Ricevuta il 4 di febbraio.

A dì 17 fu l'utima mia, e iarsera ebbi dua tue de' 6 e de' 13; che appresso farò risposta di quella parte saprò.

El padre di 60 non è per ensino a oggi uscito dipoi a nulla; che istimo che 'l suo Messere1. Intendi, messer Antonio Ridolfi, cognato del Tanagli, ch'è padre di 60, cioè della fanciulla che si trattava di maritare allo Strozzi. Il fratello di 18 è Tommaso Soderini. non sia contento, però che è dell'animo del fratello di 18, e di 30, e ancora il Cavaliere che tu facesti costà tanto onore. Tutti tirano a una fune, e a' nostri pari no ne vorrebbono veder seme: sì che i' mi stimo che messer Antonio sia cagione che l'amico non ha ritocco, ch'è nimico di 47; e come i' dissi a 13 duo dì fa. E' te n'accennò quando e' ti disse che messer Antonio gli aveva detto che no ne facessi nulla ancora, chè era buono a stare a vedere un poco come le cose passavano. Sì che dicerto lui n'è cagione: chè Francesco ha mostro di venirci volentieri; e da Pasqua in qua non ha mai parlato a 13 di questo. I' n'ho levato mezzo l'animo; e se altro ci venissi alle mani, o che si spacciassi la maggiore 59, i' ne io leverei affatto. Pure, non ci sendo altro, l'uomo aspetta che segue di loro. Questa lunghezza va contro a nostra voglia. Riputo tutto per lo meglio; e, come per altra v'ho detto, di 331. Cioè, del matrimonio. non ce ne diàno pensiero per ora. Altro sopra 63 non bisogna dirne; che questo non ha a sconciare il mercato.2. La dote (63) non doveva esser causa di mandare all'aria il partito. Di quella dell'Ardinghello, sento non ha nulla: chè 533. Giovan Francesco Strozzi. promisse di fare lui, e dipoi si rivolse, e no l'ha voluto fare; non so bene la cagione. Nè quello s'ebbe 53, non ho mai sentito ragionare. Farò d'intendere qualche cosa, e te ne darò avviso. El nostro Iacopo n'ebbe, come tu di', 500 in sul Monte; e feciono che delle paghe si ricomperassi ogn'anno Monte, tanto ch'ell'avesse fiorini 61 di dota:1. Intendi, che invece di riscuotere ogn'anno le paghe o frutti, si lasciavano sul Monte a crescere il capitale. e Antonio Strozzi era procuratore a pigliare le paghe e a fare questa quantità. E, come tu di', ha' buon procuratore a' tuoi fatti, chè 13 ci è di buono animo per l'onore e utile tuo: sì che non bisogna te ne dia pensiero, a mio parere. Che Iddio ci apparecchi cosa buona.

Le cose di qua, secondo si dice, vanno male quanto possono colli animi: ma troppo indugiano a rompere el ghiaccio; che così pare a chi aspetta. E nostri Signori sono stati in pratica insino a dì 19; perchè chi vuole una cosa e chi un'altra, di questi maggiori che ci governano. Pure presono duo modi disonesti di rifare lo squittino, a modo dell'una parte e dell'altra. E quella ch'ebbe più fave, hanno messa nel Consiglio del Cento (che è il primo Consiglio) già tre dì, e non si vince: e se pure passerà in questo, e' ci è oppenione non passerà nel Popolo e Comune: chè l'onoranze di Niccolò Soderini, solo el Consiglio del Comune lo ritenne che non vinse:2. Ved. a pag. 535. sì che potrebbe andare questa così. Faccino che vogliono, questa terra sta male!

A questi dì ebbe male parecchi dì la donna 57, e senti' ch'era solo per maninconia. E mona Gostanza di Bernardetto mi disse, che Bernardo era morto di nianinconia, sentendo all'entrata di Niccolò Soderini così fiero;1. Cioè, sentendo che Niccolò Soderini prendeva il gonfalonierato con fieri propositi; ch'era un minacciare del bando quelli che stavano con Piero de' Medici. Bernardetto era di quella casa. Ved. a pag. 156 e 525. e che dubitò non esser confinato, e tutto dì diceva: Come farò, vecchio e 'nfermo, fuori di casa mia? E secondo sento, 58 n'ebbe anche lui paura. Fanno tanto, che Iddio provvegga, che può, a chi n'ha di bisogno. Essi pur vinto la pitizione nei Cento: nè di 54 nè di 58 nè di loro amici, non è da dirne altro per ora. Siàno in luogo che s'ha a far pruova dell'amicizie. E certo non è d'avere tutta la speranza in 58, che è mancatore di suo' fè; e non ho già isperanza in 54, perche è omaccio:2. Credo, Luca Pitti. ma i' l'ho negli amici sua. Iddio per sua misericordia ci dirizzi al ben fare.

Niccolò,3. Sempre il Soderini. come di', fece e disse di parte buone, e parte il contradio: che è quell'uomo che ha messo questo iscandolo nella terra, e lui n'ha perduto assai: e sento che nel Palagio non è richiesto a nulla che vi si faccia; e non arriva. Va per la terra con sette armati drieto; che ha una gran noia alle spalle, e potrebbegli entervenire un dì qualche cosa che gli dispiacerebbe; che andrebbe a rinconto di quello ha fatto ad altri.

Tenesti Giovanni di ser Francesco e Piero Antonio a vostre spese. Ben possono lodarsi di te, chè n'hanno ben ragione. Iddio vi die grazia che lungo tempo possiate fare onore a chi vi capita a casa. Caro mi sarà, che avendoti richiesto messer Francesco d'aiuto colle lettere del Re, che ne lo serva, ch'egli avesse la sentenzia in suo favore; che la doverrebbe trarre delle mani a quel lupo di 56, che per forza ha tenuto tanto il suo benificio.1. Ved. a pag. 525. Iddio aiuti la ragione.

Sento le galee di Levante sono arrivate costi: ognora s'aspettano di qua. Lionardo Ginori è rimaso di là: dicono e sua che non ha ricever danno; che sarà buona parte. E si dice che Niccolò Ardinghelli s'è partito; e la nave sua più tempo fa venne 'Ancona co molte robe: e lui non è ancora giunto. Dicesi ch'egli ha vinto di molti danari; che una parte n'ha vinto a Carlo Martegli:. sicchè vi potrebbe pagare.

Di' ch'io debbo avere inteso da Giovanni2. Questo è il Bonsi, cognato degli Strozzi. el pensiero avete fatto di lui per aiutarlo sollevare: che vi pare, essendo dell'età ch'egli è, questo sia più onorevole per lui e per voi, e che se ne debba più contentare, che avere a stare di fuori: e duo cose vorresti da me ennanzi che si strignessi la cosa. La prima, che me ne pare, e se istimo che ve n'abbia a rendere buon conto. La seconda, che vi scrive aver debito fiorini 200 larghi, e che accenna che vorrebbe voi ne lo servissi; e voi lo faresti volentieri, per un anno, per aiutarlo; ma per riavergli en capo dell'anno co' 40 v'ha a dare. E perchè sapete ch'io v'amo, ed è ragione ch'io vi consigli e esamini e fatti sua se è da servillo, che al tempo voi non avessi avere iscandolo insieme, come interviene al più delle volte; e servendolo, donde gli arebbe a trarre per rendergli al tempo; e se ha più debito che questi fiorini 200: en prima ti dico, che il pensiero fatto della bottega, mai me n'ha detto nulla; ma io sentendolo da Giovanni di ser Francesco quando tornò di costà, gliele dissi; e mi disse, che il detto Giovanni di ser Francesco glie l'aveva detto. E altro non ho dipoi sentito; se no che ieri, avendo la lettera di Lorenzo de' 10 di, e dice « No' vorremo pure fare, potendo, del bene a Giovanni »; e dissiglile. E' rispose: « E' vogliono fare una bottega d'arte di lana con Carlo e Giovanni dì ser Francesco ». E in altro non entrammo: sì che questo è quanto ho sentito da, lui. E alla parte del trovarvisi Giovanni Bonsi a governare, credo che per via di governo la farebbe bene;1. Intendi, che capace a condurre la bottega il Bonsi sarebbe stato; salvo che non avesse a maneggiare (trassinare) danaro. chè mi pare sollecito e intendente: ma l'avere a trassinare danari, non posso giudicare se si rendesse buon conto; chè ha pure de' bisogni. È vero che per ensino a qui, e per quello ho veduto, fa pure il dovere: e così quando ha presi mia danari, o quando glien'ho prestati benchè sieno pochi, pure ne rende sempre buon conto: e così sento per chi ha a fare co lui. Ora i' non so, avendo avere danari nelle mani, come si facessi. Ha la famiglia grande, che sono otto bocche: e tre ricolte in qua non ha avuto, tra per la tempesta e temporale tristo, e l'avere, a dare grano e vino a quel Della Luna pel baratto fe' de' drappi, non n'ha auto el bisogno della sua famiglia: i' dico del vivere, sanza che sono male in ordine del vestire; che gli è l'Allesandra, che quando ha bisogno di ricucire la gamurra, si inette la cioppa2. La gamurra era la sottana; la cioppa una veste di sopra. in sulla camicia. tanto che l'è racconcia. Sicchè, sendo el bisogno suo grande, i' non so giudicare quello si facessi. Pure avendo qualche avviamento di guadagno, e' stare' meglio che sanza; e non è ismemorato, e teme vergogna.1. Diremmo oggi: sente il suo decoro. Alla seconda parte de' fiorini 200 larghi, che dice aver debito, i' credo sieno quello o più. Egli è persona che non dice troppo e fatti sua; e veggo che alle volte egli empegnerà di que' pochi panni ch'egli ha, e guardasi da me, che se ne vergogna, ch'io lo sappia. I' non so che altro debito e' s'abbia, che con Marco fiorini 80, che gli prestò l'anno passato per fare una dota alla fanciulla: e per questo non ha bisogno d'accattargli da voi per rendere a lui. Ha debito un panno tolse l'anno passato al tempo dell'anno,2. intendi, da pagano dopo un anno. e vendello a contanti per piatire; e tutto s'ha perduto. I' credo che n'abbia tolti più de' panni che questo; chè ha 'uto poca rendita e grande ispesa. E ancora levò a credenza panno rosato; che si fece il mantello per lo Squittino;3. Cioè, quando fu degli Squittinanti. che l'ha anche a pagare. Sì che istimo che n'abbia debito qualcuno più: chè nel numero de'200 non credo sieno e tua 40, nè gli 80 di Marco. I' non so suo debito: ma vogliendo vendere le Selve, e Marco domandò s'egli aveva altro debito che si sapessi, e' disse di no: e ne lo isconfortò, e 'l mercato tornò indrieto. I' vorrei che voi l'aiutassi: d'altro canto penso, che servendolo voi di questi danari, non so al termine donde se gli avessi a trarre per rendervegli; chè no lo veggo in istato che, se altra ventura no gli viene, che di qui a un anno egli abbia da por mano in su tanta quantità di danari; e non facendo, o non potendo rispondere, e' ne nasce iscandolo. E' sare' meglio istarsi. I' mi do a 'ntendere ch'e termini di questi 200 fiorini gli corrono addosso (e però ve ne richiede), come dico, di panni. I' ho 'nteso bene lo scriver tuo. E per volergli al termine,1. Cioè, alla scadenza. credo non sia da 'mpacciarsene. Da altro canto, è tanto buono e servente, che i' non vorrei ch'egli avesse avere danno o vergogna. E del salaro, che avessi a stare a bottega, non è da scontar debiti nè da farvi su assegnamento. I' t'ho detto quanto i' ne so de' fatti sua; e tu no mi scrivi ch'io dimostri di saperlo che ti richiegga: chè sendo contento, glien'arei detto apertamente: « Giovanni, tu richiedi Filippo di tanti danari. Tu sai ch'egli è il migliore servigio, e il più scandoloso,2. Intendi, che l'imprestito del danaro, che è il servigio più grande, genera scandalo se non si e puntuali alla restituzione. che si faccia, quando e' non si risponde al tempo. Per verun modo i' non vorrei che tra vo' avessi a nascere iscandolo niuno; che i' ne starei male contenta: sì che dimmi donde faresti pensiero a trargli per rendergli loro ». E vedrei tosto quello n'avesse a seguire, chè so appresso quello ch'egli ha. Ma non me ne avendo tu avvisato, no gliene dirò ensino non ho altro da te; e m'ingegnerò, s'i' potrò, in questo mezzo, d'intendere se ha altro debito, e ve ne darò avviso. Chè è da 'ncrescere di lui, ch'è tanto buono, ch'è troppo; ed ha auto di queste ricolte picchiata quest'anno, per la qua' credette essere disfatto. Pure non ha tanto danno quanto credette; Iddio lodato! Nè altro per ora. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra, Firenze.

Pazienza a leggere, chè nel mio dire sono lunga.

Piero Antonio ci fu stamani, e mi disse ti ritenessi con Piero,1. Intendo, dello stare con la parte del Medici nel trambusto che aveva a venire. Agnolo Acciaiuoli non fu col Medici poi; ma si andavano così aggirando, che (come dice l'Alessandra) parevano fanciulli. Ved. a pag. 568. e co messer Agnolo; e ch'io te lo scrivessi. Così ho fatto. Raccomandasi a te. Dissigli che a volerti rimunerare dell'onore tu gli ha' fatto, si è che ti truovi una bella moglie. Ho aperto quella di Giovanni, che è in questa, per vedere se ti dice nulla de' danari.

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 30 di gennaio 1465.

A dì 25 fu l'utima mia: ho questo dì la tua de' 18 detto. Risposta per questa al bisogno.

Di 601. Del Tanagli, ossia della figliuola. non è seguito dipoi altro; e, come per altra ti dissi, i' credo che Messere suo cognato ne sia cagione, e che ne l'abbia isconfortato; che, secondo le parole che disse a 13, che Messere gli aveva detto, è da credere che n'è cagione. Se non m'intendi, leggi la mia de'25 dì; che, secondo intendo, è nimico di 50,2. Cioè, confinati. e di loro passati; e son chiara che non è per la freddezza che ci sia istata, che 13 non ha ritocco: che no gli pareva l'onore di 45; ma. comprendo Messere ha il malore drento; e per l'opere loro lo dimostrano. E per ancora non ha preso partito di 60; chè gli debba combattere el bisogno, che se n'avanzerebbe qualche centinaio. E se 45 pensa, se quello no riesce, che altro ci è pe' fatti sua; pensa a chi è per lui, se n'ha pensiero!1. Dice, che se Lorenzo si trova impacciato, quando non riesca il trattato colla Tanagli, a trovar altro; s'immagini quel che dev'essere di Marco Parenti, che fa per lui! chè dà più affanno simile cose pel compagno, che se avesse a far per sè. E dìgli che sarà consigliato di quello si crederrà sia il meglio: e' ci bisogna andare e non correre, e stare a vedere quello segue di queste.

Èssi vinto nel Consiglio del Popolo, questa mattina, quello che si vinse nel Cento; cioè di gittare a terra parte dello squittino fatto, e gli squittinanti: sì che, chi se ne rallegrò, è ora conturbato; e 46 e 57 non è per loro; e credo 58 die loro che pensare. La terra dicono che la sta male; chè non ci si lavora; e 'l grano del Comune, e tristo, a soldi 30 lo staio, ed è 48 libbre; l'altro nostrale a più di 35, el buono. Sì che, si tiene, seguitandosi l'uno contro all'altro, come fanno, s'ella sta male, ha star peggio ancora. Ed èmmi detto, che se tirano 58 e gli amici sua quello che vogliono, sarà peggio la lira de' 50 soldi 10, ch'ella non è: e questo mi pare anche cagione che di 60 non si ragiona.

Di' che l'avere fatto quello si fece all'uscita della Signoria vecchia è piuttosto da generare odio che pace. Ma che diresti di quello che si segue, e delle polizze che si truovano per la terra? che (secondo sento) v'è scritto di triste cose en dir male de' cittadini; che fra l'altre frottole, dicono: «Piero di Cosimo e Tommaso Soderino, - E Anton di Puccio e 'l Moncherino, - E 30 vogliono gittare a terra lo squittino ».1. Sono tre versi mal composti, come quelli che fa il popolo per satireggiare. E poi seguitano altre novelle, ch'i' no l'ho tenute a mente: chè si dicono co riguardo. Sì che vedi la pace che si cerca! Niccolò attende a piatire, e vanne co' sua armati facendo le sue faccende. Iddio ci die grazia questo malore si tagli, e che si stia poi en pace.

Alla Gostanza di Pandolfo non dirò altro del figliuolo.

Acconciasti e 14 fiorini degli auti di novembre; e poi e 16 auti dal banco; e se' avvisato en che si spendono: benchè lire 40 e soldi 7 e danari 4 si pagò pel 46 catasto; e il resto de' danari ho, perchè ancora non s'è comperato bestia pel podere; che come si troverrà cosa buona, la comperrò. Ho bene pensiero che, aiutandolo, si farà più frutto: è un poderuzzo d'aiutarlo,2. Cioè, da aiutarlo, da doversi governare, per cavarne frutto. che fa tutte buone cose. A Dio piaccia che di chi egli è, lo possa godere.

Le galee si condussono qua a salvamento, Iddio lodato. Se' quello delle percosse; chè ciascuno che vi capita nel paese, percuote in casa tua. A Dio piaccia lungo tempo possiate fare onore e bene: ched io abbia vostre lettere,1. Intendi, che sebbene abbia vostre lettere, ec. arò piacere sentire novelle da chi v'ha veduto; e ne ringrazio Iddio.

A Tommaso dirò del suo salvaticone; ed io ancora, quando lo vedrò, ne lo riprenderò; chè, oltre al parentado di Tommaso, er' anche vostro.

E' s'è vinto nel Consiglio del Comune, questo dì 31, che s'è dato compimento agli altri fatti di sopra, ed essi rimesso mano a cose nuove; e questo medesimo dì s'è fatto el Consiglio del Cento. Hanno a raffermare gli accoppiatori, o veramente rifargli, e rifare chi abbia a squittinare. Fa' conto che ci è el popolo molto male contento, ma e' non ci è chi vaglia un fico. 58 istà fermo, e corre; e simile e sua amici: e 56 ha grande faccenda d'andare qua e là. El fratello di 18 è in maggiore istato che mai; ed ha il mele a bocca, e 'rasoio a cintola; e vanno le cose in modo che a me, ben ch'i' sia di poco intelletto, no mi parrebbe, in mentre che sono questi viluppi, d'aprire nè bottega nè altro in questa terra, ensino che non si vedesse dove si posa la cosa: chè ci è chi ha oppenione, mondo abbia mutazione en termine, e presto:1. Intendi, esservi chi crede che le cose siano per mutare, e presto. sicchè a me parrebbe di stare a vedere un poco di tempo. Pure tu sai meglio di me quello che è da fare; e così chi te ne conforta, sa più di me.

Dissiti di 14,2. Giovanni Bonsi. che mettendolo in luogo dove non avessi a maneggiare danari, che sarebbe buono per lui e per voi; che è fedele, e intende bene: ma i' ti dissi el dubbio avevo, avendo a trassinare danari, pel bisogno grande ch'egli ha. E ancora ho pensato che prestandogli quegli dicevi, che non veggo modo niuno donde e' potessi soddisfare al tempo; che, secondo le rendite è la spesa ch'egli ha, e tuttavia gli cresce, che gli crescono le fanciulle: e poi credo che, oltre al debito che dice che ha, che n'ha dell'altro: sicchè ara fatica di sopprire a questo. Ora pensa tu quello che è da fare, o di servillo o no; che non posso entendere se s'ha altro debito, che quello t'ho detto per altra.

Siàno a dì primo di febbraio, e sento che ieri si vinse alla prima la pitizione si misse nel Consiglio del Cento; e ne fu cagione che questi principali si sono rappacificati en pochi dì ensieme: che è da ridersi de' fatti loro. L'un dì pare che si voglino 50,1. Cioè, confinare. e l'altro dì hanno fatto pace, come fanno e fanciugli. È una sempricità la mia a scriverne; che ogni dì mutano proposito, e volgonsi come la foglia al vento. Messere Agnolo s'è partito, e costà sarà giunto all'avuta di questa. Entenderai el vero delle cose di qua; chè, fatto che ebbe l'accordo cogli altri ensieme,2. Intendi, che l'Acciaiuoli ti potrà informare, avendo avuto parte negli accordi preci fra le due parti; accordi che di lì a pochi mesi si scordavano. si partì. Niccolò Soderini, che fu così fiero a fare lo squittino, è suto ora fiero a disfare quello che aveva fatto; che trovandosi del Consiglio del Comune, rendeva le fave nere alla scoperta; e predicava a chi gli era presso, che così dovesse fare. Sì che vedi come s'è mutato tosto! ma non credo però loro, con tutto faccino queste dimostrazioni. Iddio, che può, metta una buona pace tra loro, o vero gran guerra; chè poi arei speranza le cose si fermassino. Iddio el meglio dimostri. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 7 di febbraio 1465.(*) Ricevuta il 20 di febbraio.

A dì primo fu l'utima mia; e ieri ebbi la tua de' 26 passato. Risposta.

Di 60 non è seguito dipoi altro, nè per 45 nè per altri. Ancora sono nel mio proposito, che cerchi d'altro: hanne1. Chi? Forse lasciò di scrivere 13, cioè Marco Parenti, il quale tanto si era adoperato per dar la fanciulla dei Tanagli a uno degli Strozzi. preso più tosto dispiacere che no; ed io n'ho auto, ed ho tanto, che più d'una notte m'ha tolto il sonno; perchè in tutte parte mi pareva il bisogno. Ora no riprichiamo quello si sare' potuto fare, che non si fece: diciamo sia tutto per lo meglio. Di 59 mi parre' quello che a te, d'essere troppa verde:2. La fanciulla degli Adimari aveva quindici anni; e Filippo s'accostava alla quarantina. pure, quando volesse venire, no la rifiuterei; ma io no lo credo passassi tanto in là rispetto 63.1. La dote. Essi detto questi dì, ch'ell'è spacciata a uno che ha un capo pieno di fava, e non siàno ancora di quaresima.2. Fava è quanto dire albagia: e perchè le fave vere son cibo molto magro, rammenta la quaresima. Ancora non è spacciato l'altra, ch'è innanzi. Se questo fia vero, tosto si sentirà. L'essere la terra, o vero e cittadini, mal d'accordo, fa gran danno a simile mercatanzia;3. Cioè, a' matrimonii. Tutti, come dice appresso, pensavano a farsi partito, e poter mestare nelle cose di Palazzo: principalissima delle quali era lo squittino, perchè vi si facevano le borse de' cittadini che dovevano poi uscire agli ufficii. chè ad altro che di cercare d'aver boci per trovarsi a squittinare, non s'attende; che durano una fatica maravigliosa, e perdonne il mangiare e 'l dormire, secondo ch'i' sento dire a 13 e a 14, che sono di quegli che s'affaticano. Non mi distendo in questo; chè 46 sa tutto: e non sento 58 sia abbassato, ma pel contradio: e così, dopo lui, el fratello di 18, -che mi pare sia oggi in grande riputazione. A Dio piaccia che presto sia l'effetto di quello debb'essere.

Di 144. Rammento, ch'è Giovanni Bonsi. ti dissi per altra ho sentito che, oltre -alle rendite, ch'egli ha parecchi centinaia d'alberi, ch'egli ha posti a posta delle figliuole; che quando saranno buoni da tagliare, saranno parecchi centinaia di fiorini; che si fa più d'un fiorino l'uno: vienne per di qui a cinque anni più di 200 fiorini, e gli altri vanno più oltre. E avendo le fanciulle le dote, potrebbe fare assegnamento d'accattare e fiorini 200 larghi, ch'egli accenna di richiedere 45, in su questi alberi. E questo t'ho detto, perchè tu intenda ch'i' so le rendite ch'egli ha.

Entendo l'offerte che ti son fatte di volerti dare de' giovani; che se tu avessi le compagnie di Cosimo,1. Intendi, i banchi de' Medici, ch'erano in tante parti del mondo. Ed è un parlare antonomastico; come un'altra volta, ragionando di fanciulle, cita le figliuole di Cosimo. basterebbe: e secondo che tu di', e ancora l'ho inteso da Piero Antonio, e' vi si fa sì poche faccende, che n'hai troppi. Entendo chi e' sono, e quello che ti scrive el f. di 57; che avendo a torne nessuno di que' tre, torre' più tosto questo nipote di 57. Dissilo con Giovanni, che 'l ponessi mente: conoscelo, e pare ch'egli abbia buona vista: pure lo vole rivedere meglio. Ma non fare troppo assegnamento, che togliendolo tu n'abbia avere di meglio nulla; che, secondo sento, son gente per loro, e male enservigiati;2. Cioè, persone che non fanno servigio a nessuno, o ne vogliono troppo interesse. e massimo dove non veggono da trarre. E dissemi Giovanni: « Se non ha bisogno, i' no lo torrei; chè sono gente che non fanno bene, se none a loro medesimi. Mai feciono bene a parenti ch'egli abbino; e se pure lo facessino, sarebbe per loro utile. Sono molti1. Cioè molto; ed è forma frequentissima negli antichi. miseri, e cani del danaio ». Pure i' n'del garzone, quello ne parrà a Giovanni, e per la prima altra te n'avviserò. Queste gente estruggono e gravano el compagno, tanto che faccino el fatto loro: e quando fussino richiesti da un vostro pari d'alcuna cosa d'importanza, e' s'aiutano col dire, « l'non posso; chè ci è chi dà noia ». E noi, che siamo loro sottoposti, ce la beamo.2. Bersela, maniera ancor viva; equivale a Esser credulo, facile a tener per vero ciò che ne vien detto da qualche furbo. Ma forse qui ha il senso di Prendersela con rassegnazione. Pazientare. Non dico questo perchè i' non fussi contenta che tu lo togliessi; chè l'are' caro; chè vo' bene alla madre del giovane: e avendone bisogno, te ne conforterei; ma non direi te ne isconciassi. Fanne quello ti pare. Sarà costà messere Agnolo, e intenderai delle cose di qua come stanno; che a me pare vadino non bene per noi; chè stando le cose en questo intra due, si prolungano e fatti nostri. Iddio provvegga al nostro bisogno.

Di Niccolò Soderini non ci è altro di nuovo; che se ne va all'usato. Egli stato fatto quel poco onore che si può, e così a' compagni. Credo che abbia passione. Vada per quella dètte già ad altri.1. Cioè, gli sia per ricambio d'aver fatto patire altri.

E' mi pare che della nipote di 532. È lo stesso Giovan Francesco di cui parla qui subito, zio della Marietta più volte ricordata. tu ne intenda el bisogno per più rispetti. Di Giovan Francesco ara' sentito come si tornò a Vinegia; e la cagione è, che si porta en modo co' creditori, che si dubita non abbi bando di rubello.3. Ved. a pag. 350 e seg. Senti' da 14 che s'era cimentato per dagliele, e non s'era ottenuto; che, seguendo questo, farà tanto peggio alla Casa.

Altre volte ti scrissi che Giovanni4. Il Bonsi. voleva levare del Monte e danari v'aveva dell'Allesandra, per ricomperare possissioni;5. Anche qui, come altra volta ho notato, scrive scorrettamente (e così doveva pronunziare), pocisioni. e voi mandasti la procura. Di poi, non trovando da rinvestire detti danari, si sono estati. Ora, essendo il Monte pure a buon pregio, gli pareva da venderlo; che, secondo che dice, gli stanno per fiorini 400; che si contò, quando gli ebbe, fiorini 21 per cento; che così valeva el Monte a quel tempo. Ora vale fiorini 30 per cento, o più; sì che e'dice: S'io gli vendo, e' saranno circa a fiorini 600; che n'avanzo fiorini 200. E pargli di dovere fare così: e de' detti danari rimettergli nelle mani a voi; e tanto gli tenessi, che trovassi da comperare una possessione; o veramente, escemando el Monte, ricomperare Monte. È vero che questo vendere el Monte per ricomperallo, abbassando di pregio, non è tenuto buono contratto: che altre volte l'ha voluto fare di vendergli e dargli in diposito, tanto che il Monte iscemassi, e poi ricomperare; e disselo co Marco; e ne lo isconfortò, chè non era lecito contratto.1. Il Parenti, dunque, non avrebbe creduti onesti i giuochi di borsa. Che semplicità di quel setaiuolo quattrocentista! Ora, dicendo di volergli dare a voi, tanto che ricomperassi, i' gli dissi che te ne scrivessi del suo pensiero. E così mi dice aver fatto. Di' ora quello ne pare a te; che i' non ci ho buono giudicio in questo: chè vorrei l'utile suo; da altro canto, non veggo sie tempo da comperare possessioni; che non se truova a vendere, se none a soldi 30 per lira: e il Monte quando iscemassi, ricomperando, non è lecito: sì che i' no nel so nè confortare nè sconfortare: chè dandogli in diposito, n'arà quel medesimo di rendita ch'egli ha al Monte, e non arà quel peccato. Sì che digli el tuo parere.

Siàno a dì 8, e altro non ho di nuovo; che ci è gran trambusto di questo isquittino.

Ricordami ora di dirti, che Niccolò Ardingelli ti potrà pagare; chè si dice ha vinto bene otto mila fiorini. Doverra'lo avere sentito alla tornata delle galee. La donna sua è qua, e gode; che s'ha fatto di nuovo un vedistire1. Forse, tutt'insieme i capi che fanno una vestitura. I contadini, in certi luoghi della Toscana, dicono vestuario. con una livrea, e suvvi poche perle, ma grosse e belle: e così si fece a dì 3, a suo' stanza, un ballo nella sala del Papa a Santa Maria Novella; che l'ordinorono Lorenzo di Piero.2. Scrive ordinorono, avendo in mente i giovani allegri della compagnia Medicea, che fecero questo ballo a onore della moglie del mercante Ardinghelli. E fu lui con una brigata di giovani vestiti della livrea di lei, cioppette pagonazze ricamate di belle perle. E Lorenzo è quegli che portano bruno colla livrea delle perle, e di gran pregio! Sicchè fanno festa della vincita di tanti danari. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra, Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 15 di febbraio 1465.(*) Ricevuta il di 28.

A dì 8 fu l'utima mia; e non avendo dipoi vostre, ho per questa manco a dire: ma solo fo per darti avviso di quanto ho inteso del nipote di 57.1. Credo, Luca Fitti. En prima, egli è d'età d'anni 18; e, secondo m'è detto, e ancora in vista lo dimostra, è riposato,2. Oggi diciamo posato senza più. non ha vizio niuno, è di buono sentimento, e grande di persona più che 'l fratello maggiore, che viene a essere più grande che Girolamo; ed è di pelo non bianco3. Notai già che pelo dicevano per quello che oggi si dice colore parlando di carnagioni. è molto pallido e giallo. Tommaso Ginori sa come gli è fatto, vogliendo domandano. I' mi credo che farebbe riuscita d'averne onore. E così mi dice Giovanni Bonsi, ch'egli è riposato, e da metterlo en buon filo.1. Intendi, ha tal natura che, messo sulla buona strada, saprà andare da sè. E non pare en vista come quello, di che ti richiede Carlo, che ci viene alle volte colle lettere; che somiglia e sua zii nel parlare, e pare da tirarsi le calze bene.2. Par che voglia dire, furbo trincato. Ma di questo modo non parlano i vocabolari. Non pare così, quello ti dico di sopra: e perchè no paia così isperto, non tengo però che sia, da meno di lui. I' non so che partito ti piglierai; a me parrebbe che, non avendo bisogno, di non pigliare questo carico; e massimo credendo che non t'avesse a giovare: che, secondo ch'intendo, dal padre s'arebbe poco aiuto; chè è tenuto poco inservigiato; e non ha però, da un pezzo en qua, una buona grazia; che perdè assai quando fu degli uficiali dell'Abbondanza; chè si dice rastrellò bene;3. Rastrellare, e qui appresso Grattare, equivalgono a Rubare; ma rubare nell'amministrazione di un'azienda, alterando scritture, pesi, barattando derrate, e simili. E, come avviene, i rubatori più alti, per esser lasciati fare, chiudono gli occhi su' sottoposti. e hanne auto carico assai el padre di Girolamo, che governava, e che ministrava; teneva il sacco l'uno all'altro. Hanne grattato si dice più di mille pezzi, oltre al salaro; e pure co' pover'uomini: che n'ha auto gran grido addosso;1. Conforme all'altro modo, oggi ancor vivo, gridar la croce addosso. e sono sostenuti da' ladri medesimi. Hanno bene provveduto questi uficiali;2. Intendi, gli ufficiali onesti, entrati dopo i disonesti. che Lotto abbia le sacca del grano nelle mani suggellate; e così le manda qua: dove prima l'aveva sanza suggello; e ti so dire che grattava bene. E non pare che si curino di ricevere queste vergogne, perchè sono assai a far male. Sì che nel cospetto di chi vuole el ben comune ne perdono di riputazione: e, secondo sento, il padre del giovane v'ha perduto. Ora tu sarai estato con 46,3. Dev'essere messer Angelo Acciauoli. e inteso delle cose di qua come le passano. E se 57 e vero amico di 45, come tu credi, potendo aiutarlo al bisogno, a ogni modo lo farà, sanza pigliare il nipote.4. Intendo, che se 57 e vero amico di Lorenzo (45), l'aiuterà a ritornare in patria, anche se gli Strozzi non riceveranno il suo nipote nel banco. E pertanto pènsaviti su, e piglia quello che meglio ti pare.

Del fatto di 33 per 45, non s'è fatto altro. El padre di 60 si sta sanza altro dirne. Ho detto a 13, che a ogni modo mi pare di parlarne con 58 di 60 e di 59, e vedere quello si può fare di questo: chè sendo fuori di speranza di queste,5. Intendi, fanciulle. si cercherà d'altro. Avvisandoti che ho detto a 13, che potendo avere 60, non si guati a danari: chè se si guata a questo, ma' più se ne viene all'effetto;1. La Tanagli aveva poca dote; ma l'Alessandra, atteso le buone parti della fanciulla, ci passava sopra volentieri. e mi pare tempo da uscire di pratica. E per la prima altra,2. Sottintendi lettera. credo poterti avvisare di qualche cosa, se 13 farà quello mi pare che faccia, di parlare a 58. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 4 di marzo 1468.(*) Ricevuta il di 12.

A dì 18 del passato fu l'utima mia: ho dipoi dua tue de'XI e XXIII detto. Risposta.

Per altra ti dissi dell'essere di Lorenzo, della persona; e veggo ti dispiace che pigliando lui el lattovaro, no gli faccia frutto. Pure avendolo di poi continovato, non è peggio che si fussi quando te ne scrissi: chè della magrezza s'è al modo usato; ma è migliorato assai di colore. È vero che, poi che fu quaresima, non è come mi pareva prima: ed è ragionevole; chè questi cibi sono contradi a chi sente d'oppilato; e al continovo non si può estare a vita iscelta o a latte di mandorle; che rincresce,1. Cioè, viene a noia dà nausea, il cibo scelto. e massime a chi è vago de' cibi della quaresima. Pure m'ingegno per la Fiammetta e per lui e per la balia di fare vivande più sane ch'i' posso. Che Iddio ci conduca a pasqua, con salute dell'anima e del corpo.

Di' che mettevi per espacciata la pratica di 25; perchè volgendovisi 4,1. Numeri di una nuova cifra, che non corrispondono a quelli dell'antica. come ti scrisse, non vi vedevi difficultà, sapiendo tu e ragionamenti avuti innanzi tu partissi di qua. Come per altra t'ho detto, i' non glien'ho parlato nè di questa nè d'altro buon pezzo fa, perchè mi diceva no gliene parlassi. E così ho fatto: eccetto che quindici dì fa, essendogli detto più volte di quella ch'io ti scrissi a dì 18 passato, ne ragionò meco; e parendomi cosa buona, e vedendo che l'animo suo vi s'addirizzava più che non ha fatto a niun'altra, ti scrissi sopra di ciò quel capitolo, che tu ne dicessi tuo parere: e così aspetto da te quello che ti pare da fare. Credo che lui te n'arà detto più che non ho fatto io, perchè sa chi gli ha parlato, e la risposta che gli ha fatta me' di me: e così quello ch'è seguito di poi. Son certa, che s'egli arà l'animo a questa, come dimostrò a me, che te n'arà avvisato, se è seguito dipoi altro ragionamento: che Iddio gli dimostri el meglio.

Alfonso si sta pure con un poco di quello omore: è stato come guarito parecchi dì; e da dua dì en qua è un poco rifigliato: non è però cosa da farne istima; ma pure non posso dire sia guarito affatto. Egli sta per altro benissimo della persona, è rischiarato delle carni, e comincia andare duo passi sopra di sè. Non s'assicura ancora; ma presto doverrà andare liberamente.

La Maria di Ramondo è duo dì ch'ell'è venuta in Firenze: è malata: androlla a vicitare, e sì gli ricorderò e tua danari; e dandomegli, gli darò a Lorenzo, come mi di' ch'i' faccia.

Entendo per più tue quello di' della balia. per quest'altro che ha fare la Fiammetta. Lei gli pare, secondo che la dice a me, di trovare una balia di fuori col latte fresco: e anche a me pare; chè non si può sapere quanto Alfonso sarà a poppa; che secondo istarà della persona, secondo farete: e vogliendolo ispoppare a settembre, e recarvi l'altro in casa, ogni volta si troverrà balia: sì che per ora cerchiamo d'una balia qui presso a Firenze; che Iddio ce l'apparecchi buona.

Dell'errore del non essere ito a Monte più che fiorini 225, credo sia ritrovato, e Lorenzo te ne debba avere avvisato dov'è suto il mancamento.

La Fiammetta sta bene: el corpo cresce, ed è un poco aggravata della persona; che è ragionevole. Sta bene per altro. Stassi volentieri en casa, ed io co lei al continovo; che dalla messa in fuori, non vo altrove, se non m'è nicistà d'andare.

Di' che non ti pare di mandare ora Giovanluigi, e assegnine buone ragioni; ed è quello che tu di'; e conosco el fanciullo arebbe assai disagi: ma a me pareva quanto più tosto si levassi dalla madre, tanto più tosto si leverebbe el pensiero l'uno dall'altro. Lorenzo mi pare resterà contento non lo mandi ora.

Se' avvisato da Marco e da Lorenzo come venderono fiorini tremilacinquecento di Monte, di quegli dicevano in me; e io die' la parola, come per altra m'ha' detto ch'i' faccia: e così ho fatto.

La gravezza si scoperse: entendesti come la posta nostra non toccorono, e me crebbero que' fiorini escemò per l'altra. Sempre fu' asina, e sempre arò a portar la soma.

En questi dì ci è càpito Guasparre, genero di Iacopo degli Orsi. Venne el martedì sera, e venerdì mattina si partì. Non ho inteso per che faccende si venissi; ma co Cosimo1. Credo dovesse scrivere Piero. e co Lorenzo parlò. Facemogli quello onore si può, essendo di quaresima: ma non feci delle cento per una che fece mona Antonia a te, perchè non sono da tanto lo sappia fare: restiti pure obrigato. Parmi uomo da bene; e dice che mon'Antonia en questo aprile vuole andare a bagni en quello di Siena, e che verrà qua con compagnia d'altre donne bolognesi: sì che fo conto che si starà qui qualche dì all'andare e al tornare. S'ella verrà, farègli quello onore che per noi si potrà.

Non ti maravigli che Alfonso sia sì reo,1. Reo, come oggi si direbbe tristo, parlando di bambino, non aveva altro significato che di accorto, astuto sopra l'età. ensegnandogli io leggere. A che ti dico, se tu lo vedessi, ti parrebbe ancora più ch'i' non dico: chè ti prometto non bisogna dirgli la cosa più d'una volta, che l'ha 'ntesa. E' mi venne dettogli una sera nell'orecchie: El babbo è a Napoli. Non bisognò dirglielo più; che come n'è domandato, e' dice: Bambo a Napi. E così d'ogni cosa fa: che è segno ha buona memoria. So che tu ti riderai di questo mio scrivere, e dirai ch'i' sia una bestia: ma i' so che da altro canto n'arai piacere e consolazione; e tanto più voglia arai di vederlo. Che Iddio ci die grazia sia tosto, e con allegrezza e consolazione. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, Firenze.

La Fiammetta si porta bene. 13 e 14, ognuno attende a fare e fatti sua; che sta bene. Non accade, altra risposta alla tua. Aspettiàno per Batista le frutte, che di' che mandi per lui.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 8 di maggio 1469.(*) Ricevuta il di 19.

A' 29 di marzo fu l'utima mia: ho di poi dua tue del primo e 12 del passato. Risposta.

En prima tu mi di' del fatto della donna, che Lorenzo ti scrive avere riferito Marco di quest'utima pratica, e che gli amici ed io ne lo confortiàno : e quello ne di' ho 'nteso, e così per altre tue. A che ti dico, che quando me ne ragionò nel prencipio, che non mi dispiacque punto; e parevami che, ben che ci fussi delle parti che fussino d'alcun carico, che ce ne fussi anche delle buone: e però ti scrissi. Dipoi, veduto la risposta che tu mi facesti, i' ne stetti sopra di me, e no ne lo confortai; e stetti un pezzo, ched io no ne ragionai a lui nè lui a me. Dipoi, avendo da loro che ci venivano volentieri e Marco e Lorenzo me lo dissono, quello che pareva a me; risposi, che loro se ne intendevano meglio di me. E, secondo si vede, non ci è grascia nell'altre che ci sono, vogliendo tor donna che no diminuissi d'onore. E pertanto dissi pigliassino quel partito paresse loro il meglio; e che vedevano quello tu ne scrivevi. E come t'ho detto pel passato, così ti dico, ch'io non me ne travaglio, nè no ne lo domando di questa nè d'altra; nè lui ne dice a me: sì che, quello si seguirà non te ne so avvisare di nulla, nè che sia seguito da dua mesi en qua. Priego bene Iddio che gli dia a pigliare el meglio.

Di' che non mi raccomandi la Fiammetta, perchè sai non bisogna: e così è il vero; chè fo inverso di lei più che non farei a una delle mie figliuole. E così si fa guardia d'Alfonso, quant'è possibile: è un pericoloso fanciullo; va sopra di sè, e sta magruccio, ma pure è forte della persona. La Fiammetta fece la fanciulla, e partorì bene; ed è per ensino a questo dì sana; e sta meglio che non fè in Alfonso. Iddio, lodato.

Lorenzo ebbe poco che fare1. Oggi diremmo, non aveva altro che fare; intendendo, che avrebbe fatto meglio a non farne nulla. a scriverti del dispiacere che i' ebbi del por nome Allesandro al fanciullo, s'egli era maschio; e bene che dicessi el vero, non te lo doveva iscrivere; perchè, come e' mi disse, « E' no' staremo freschi, se a' nostri figliuoli noi non potessimo por nome a nostro modo! » E dice il vero. Ed i' ho auto tanti degli altri dispiaceri, ed hogli passati, e così passo questo; e sare' passato avendo fatto Allesandro, come passò Alfonso: benchè allora v'era ragione rispetto di chi lo battezzò. Insino allora m'avvidi, che 'l nome di tuo padre non ti piaceva. Ora Iddio provvide che fece la Lucrezia: ed è una bella fanciulla, e somiglia la Fiammetta; bianca come lei, e così di fattezze è tutta lei: ed è più grossa che non fu Alfonso. Iddio gli presti lunga vita.

Mon'Antonia venne, come fusti avvisato. Andammola a vicitare, e volemmola levare di 'n sull'abergo: e perchè era in compagnia della donna di messer Giovanni Bentivogli, non si volle partire da lei. Giunse il dì a ore 20, e l'altra mattina cavalcò. Fecigli offerte di danari o d'altro, che avesse di bisogno. E così senti' avea fatto Lorenzo. Aspettiàlla di ritorno a dì 12; e se ci soprastarà. niun dì, farèno a ogni modo i stia qui en casa, e farogli quello onore ci fia possibile di fare: e la Fiammetta fia di tre settimane di parto, che sarà fuori del letto: sicchè farèno nostro isforzo. Non m'è briga nè noia niuna, quando potessi fare e aiutarmi della persona più ch'io non posso; ma i' no sono però cotale come mi scrivesti in questo verno, ch'io avevo messo un tallo; e di poi è passato, che mi senti' male insino pella settimana santa; e così fatto pasqua: dipoi mi purgai, ma non molto bene. Son pur vecchia, e credo migliorare, ed i' peggioro: tanto farò ,così, io finirò e mie' debiti. Sicchè non t'avendo iscritto ispesso, come solevo, fu la cagione in prima il non mi sentir bene, e poi ho pure da fare. E la Fiammetta partorì, e delle genti ci ,capitano assai; e a me tocca tutto. E s'io non avessi altro iscioperìo che Alfonso, non me ne bisognere' più: ma questo è con piacere. Sempre m'è drieto, come il pulcino alla chioccia. Sicchè i' non posso così escrivere ispesso: ristoreratti la Fiammetta.

Dissi a Lorenzo che t'avvisassi come mona Lucrezia di Piero invitò duo volte la Fiammetta alle nozze, prima ch'ella facessi la fanciulla. Risposi, che l'avesse per escusata, ch'ella aveva a fare il fanciullo; e che perventura lei sarebbe in parto. Dipoi, come sentì ch'ella l'ebbe fatto, ella ci rimandò, che 'n ogni modo la voleva, e che non si gli dicessi di no. Ella non ha voglia d'andarvi, e a me non pare ch'ella debba andare. La prima, perchè tu non ci se'; l'altra, che s'ella v'andassi, bisognerebbe espendere parecchi centinaia di fiorini. Avvisandoti che si fa assai robe e cotte di broccato; che così si richiederebbe fare ancora a lei: e poi delle gioie è mal fornita. Sì che tu ha' 'nteso: avvisa che ti pare. Envitorono pe' 4 dì di giugno; ma dicono che prolungheranno insino a San Giovanni: sicchè ci è tempo assai, chi s'ha a vestire.

E la mi dice la Fiammetta ch'io ti scriva, ch'ella vorrebbe farsi una giornea di saia nera melanese per questo San Giovanni, e che tu ordinassi a Lorenzo che gliele levassi.1. Oggi diciamo staccare un vestito, quando si va dal mercante a comprare la roba per farselo. E invero, ella n'ha bisogno, chè non è tempo allora di portare le cioppe: e poi potrà portar la cotta. Sì che ordina che la se la possa fare, e averla al tempo; che, a mie' parere, n'ha nicistà. Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.



A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 14 d'aprile 1470.(*) Ricevuta il di 20.

A questi dì passati ho 'vuto più tue lettere, per le quali mi di' della tua partita di costà, e secondo mi di' per l'utima tua de' 30 del passato, che fia a mezzo, questo, e che ne verrai a Roma: che Iddio v'accompagni. E più ho 'vuto lo 'nventario d'una balla di panni, e lino, e greco, che mandi per la via di Pisa. Questi non sono ancora compariti: non mi pare di mandargli a Lari, chè sare' di noia assai; e non sendovi cose nuove, non v'è troppa gabella di panni: el greco si. pagherà in ogni modo; e 'l lino è poca gabella. Quello che mandasti per Biagio, cioè un paio di forzeretti e 'l lino, abbiàno secondo lo 'nventario riscontro, e tutto istà bene. Faciemone quanto tu ci ordinasti.

Di' che arai a mente di pigliare forma e modo della schiava; che mi piacerà.

Se Lorenzo è provvisto delle cose arà di bisogno, ha fatto bene.

Della biada, cioè della spelda, n'ho comperata da diciotto estaia soldi 9 lo staio, e mille dugento covoni di paglia d'orzo: ècci cara, che vale più di soldi 10 el cento; chè è rincarato il grano soldi 20 lo staio: chè è la ventura nostra, che sempre ci abbattiàno a comperare quando le cose rincarano. Così farèno del vino per la state; che per noi ne bisognerà comperare parecchi barili. E rispetto il gran freddo ch'è stato, ed è ancora, le viti non mettono; e dicono che assai ne secca: sì che è rincarato. Sono degli altri nostri provvedimenti. Iddio vi dia pur grazia torniate sani. E se non hai mandato di quella polvere da nettare ariento, non ne fo caso, perchè son certa n'arete qua pel bisogno. Io v'ho fatto fare in quella casa dirieto una mangiatoia e rastrelliera en su 'l pulito, che vi starà alla larga tre cavagli. Sì che venite a vostra posta; e avvisateci a punto quando ci credete essere, a ciò che mettiàno in punto per voi quello che fia di bisogno.

Alfonso e noi altri siamo sani.

Arete sentito delle novità seguite di qua. E 'n prima, duo volte rotto le Stinche, cioè le prigioni: e la prima volta ruppono le finestre, e uscirono nella corte: furono ripresi, e fu perdonato loro. La seconda volta arsono gli usci delle prigioni, e ruppono il muro dove ruppono quando Matteo di Giorgio n'uscì; ma non riuscì loro, chè furono sentiti, e vi corsono de' provigionati che stanno in Piazza, e colle balestra ne saettorono uno che voleva uscire per quelle buche. Poi furono presi, e fu tagliato la testa a tre, e gli altri vi furono rimessi. E dipoi, a dì sei di questo, la mattina a ore 14, ci fu che quello de' Nardi era entrato in Prato con ben dugento fanti, e che Prato era perduto. Oh non domandare el viluppo che fu in questa terra! che per du' ore era tutta ravviluppata la gente che correvano le vie, e massimo quella da casa Lorenzo di Piero; e quanto pane cotto si trovò, tutto si portò tra casa Lorenzo e 'n Palagio, en modo che non si trovava nè pane nè farina. A me pareva istar male, che non ho grano, e poca farina in casa. Dipoi, per grazia di Dio, e' ci fu novelle che questo de' Nardi era preso con tutta la sua gente; che dicono erano da sessanta; e 'l dì medesimo ne fu menato preso; e dipoi l'altro dì, a dì 7, ne venne 15 tutti legati a una fune: e lunedì, a dì 9, fu tagliato Il capo a quello de' Nardi; e 'l dì medesimo ne venne presi tre, pure da Prato. E là dicono che 'l Podestà ne 'npiccò quattordici. E questa mattina se n'è impiccati quattro di questi medesimi: e lunedì che viene, dicono che n'andrà sette. E non so poi che si faranno del resto. È suto un grande ispavento a tutto il popolo: pare una iscurità, tanta gente morta e straziati. E oltre a questa tribolazione, ci è suto e tremuoti: che quella mattina che gli entrò in Prato quello poverello, venne un tremuoto molto ben grande. Tra l'una paura e l'altra, e' mi pare essere mezza fuori di me: credo che noi siano: presso a finimondo. Sì che è buono acconciarsi dell'anima, e stare apparecchiato. Che Dio ci guardi da più tribolazioni. Sento ancora, che a Pistoia è suto non so che; en modo che si dice, ch'e Panciatichi di là si sono tutti partiti per paura: che a Dio piaccia por fine. Nè altro per questa. Iddio di male vi guardi. Per la tua Allesandra Strozzi, in Firenze.

Tutti i documenti, cominciando dalle Lettere dell'Alessandra, sono stati presi dall'Archivio di Stato, e segnatamente dalla preziosa raccolta Strozziana. Citar ogni volta filza e carte, m'è parso inutile. Alla pagina 148, verso 16, va corretto in 1483 il 1499; e alla pagina 315, nota 1, invece di Niccolò Strozzi s'intenda il 47 per il re Ferdinando di Napoli; così essendomi potuto chiarire in seguito. E questa delle cifre m'è stata impresa difficile; nè di tutte ho saputo trovare la chiave. Quello che ho detto nella nota 4 alla pagina 313 starebbe anche per altri riscontri, cioè che il 32 fosse Piero de' Medici; se non si trovasse poi a pag. 373 un fratello di 32: cosa che nel 1465 non poteva essere, avendo Piero un solo fratello, già morto fino dal 63.