UNA LETTERA
DELLA
ALESSANDRA MACINGHI NEGLI STROZZI
IN AGGIUNTA ALLE LXXII
PUBBLICATE DA
CESARE GUASTI
NEL 1877

---------- EDIZIONE DI CCC ESEMPLARI
COL FACSIMILE DELLA LETTERA

FIRENZE
TIP. DI G. CARNESECCHI E FIGLI
Piazza d' Arno
1890

A Filippo degli Strozzi, in Napoli.

Al nome di Dio. A dì 8 di novembre 1448.(*) Ricevuta il 28 di novembre.

A di 6 di questo ebi una tua de' dì 16 del passato, alla quale farò per questa risposta.

Tu mi di' de' fatti di Matteo, come t' ha scritto una lettera di nostro istato: ed è vero; e stiàno ancora peggio che non dicie. Iddio lodato di tutto. E dell'aver mostro la lettera a Niccolò, ha' fatto bene: però che lo stato nostro è noto agli strani, ben debb' esser noto a quegli che ci sono parenti e continovamente ci aiutano: chè Niccolò non ha ora a dimostrare la buona volontà inverso di voi, chè sempre è stato di buon animo a farvi del bene; ed èciene dite tale isperienza, che ne so' chiara; e tu più di me ne debb' essere chiaro. Tu di' clic, veduto che qua Matteo, sì per amore1. per cagione. della morìa, che porta pericolo a starci, e sì perchè e' perde tempo e non fa nulla, Niccolò è contento2. desidera, ha caro. lo mandi costà, e ch'io lo metta in punto. Egli è vero che qua è cominciato la morìa, e chi ha 'vuto d'andare in villa, se n' è ito; e ancora per le ville n' è morti, e quasi per tutto il contado no muore quand' uno e quand' un altro; e la brigata si sta per ancora in villa; o credo, non faciendoci altrimenti danno, che torneranno ora a Firenze. Istimasi che questo verno non farà troppo danno, ma che a primavera comincierà a fare il fracasso: che Iddio ci aiuti! e Matteo m' ha sentito dire che, sendoci morìa, non ho danari da partirmi: ed è vero. Io non so come io me lo mandassi, che è piccolo, ancora ha bisogno del mio governo, ed io non so come mi vivessi; che di cinque figliuoli, rimanessi con una, cioè l'Alesandra, che ogni ora aspetto maritalla; che il più possa istar meco non sono du' anni. Che quando vi penso, n' ho un gran dolore, di rimanere così sola. E dicoti che a questi dì andò Matteo in villa di Marco, e stettevi se' dì; ch' io non credetti tanto vivere ch' e' tornassi; e non avevo chi mi faciessi un servigio; che mi pareva essere impacciata sanza lui, poi3. poichè. mi scrive, tutte le lettere. Da altra parte, ebbe in questa state un gran male, e credetti che morissi: ma il buon governo lo scampò. E ragionando col maestro1. col medico. dell'andar di fuori, mi disse: Voi l'avete poco caro, se lo mandate; però eh' egli è di gientile compressione;2. complessione. e se avessi un male fuor del vostro governo,3. fuori della vostra custodia; senz' essere custodito da voi. sì mancherebbe: sicchè, se l'avete caro, no lo partite sì tosto da voi. E per questo, e perch' io me ne veggo bisogno, me n' uscì il pensiero. È vero che, or fa un anno, n' avevo voglia: ma avevo ancora la Caterina in casa; che non mi pareva esser sì sola. Ma poi senti' come Lorenzo si portava tristamente,4. non stava bene di saltute; era malato. e che d' amendue avevo avuto tanto dolore, che sendo morti no n' arei avuto maggiore, ch' io, tra una cosa e l' altra, diliberai non ne mandar più fuori, se grande bisogno non m'era: e l'ho detto co Marco e con Antonio degli Strozzi. Amendue mi dicono per ora nollo mandi: ma se pure a primavera ci sarà la moria grande, come si stima; essendo migliorata a Siena e per tutto il camino per ensino a Roma, lo potre' mandare: chè sarebbe pazzia la mia a mandallo ora, chè ora siàno noi verno; chè diliberando mandarlo, nollo metterei per via: sicchè per ora non vi porre pensiero. So i' meglio di niuno il bisogno vostro; e che se voi non ve ne guadagniate, non bisogna istare a fidanza d'altro. Io per me m' ingegnerò, per ogni modo e masserizia, di mantenervi questo poco ch' i' ho, se 'l Comune non me lo toglie; chè non posso più difendermi. Iddio sia quello che m' aiuti; e a voi dia virtù e santà , come disidero.

Del lino, istarò a tua fidanza;1. mi rimetterò a quanto tu sia per fare. e se me lo mandi, mandami drentovi libbre 10 di mandorle per la quaresima; che verranno bene nella balla del lino. Chieggotele perchè sento costa n' è buono mercato, e qua son care. Fa' di mandarmele, chè so è poca ispesa.

Di Marco, t' aviso ch' è buon giovane, e molto bene tiene la Caterina, e tutti se ne porta bene,2. e si porta bene con tutti. e molto me ne contento; che è di buona virtù; ma ha troppa gravezza, chè ha da undici fiorini. Tutto ha pagato per ensino a qui; e se non peggiora, ne sono molto contenta di lui: che Iddio gli dia della suo' grazia. La Caterina non è per ancora grossa; che al temporale che è, l'ho molto caro:3. Cioè, clic non sia incinta, essendo tempo di moria. ma istà magra della persona, che somiglia suo padre. Iddio la faccia pur sana.

A dì 4 di questo ti scrissi: manda' la sotto lettere4. acchiusa in lettere. di Marco; e perchè il fante si partì prima ch'io non credetti, credo l'arai a un' otta con questa. E per quella ti scrissi della casetta di Niccolò Popoleschi, che s' è venduta a Donato Ruciellai, che ci è a confini, cioè in sulla corte, che per verun modo non si vole lasciare uscire di mano. Filippo, rispondi presto, chè lo voglio iscrivere a Iacopo a Bruggia.

Nè altro per questa. Iddio di male ti guardi. Per la tua Allesandra fu di Matteo degli Strozzi in Firenze.

Fa' d'esser ubidiente a Niccolò, e di fare debito tuo inverso di lui, e d'esser conosciente del bene che vi fa. Chè se così farai, anco io viverò contenta. Che Iddio per sua misericordia te ne dia grazia. A questi dì iscrisse Matteo una lettera a Lorenzo a Vignone.