Fotografie Matrimoniali

CATANIA

Cav˙ Nicconò Giannotta, Editore
Libraio della Real Casa
Via Lincoln - Via Manzoni
(Stabili propri)
1900

Sfogliando la raccolta del Pungolo della domenica dove queste Fotografie matrimoniali apparvero la prima volta e guardando il nome degli scrittori che vi collaborarono, con intendimenti e con mezzi ora quasi del tutto dimenticati, provai un senso di malinconia che i giovani i quali mi leggono oggi non possono forse comprendere se non rammentando l' impressione da essi stessi ricevuta quando, in mezzo ai fogli di un libro, trovano un fiore vizzo.

Quanti ideali tramontarono in questi ultimi anni! Quanti canoni d' arte, allora fiorentissimi, giacciono per il momento tra i ferravecchi, aspettando colla immobile filosofia dei sistemi che uno scrittore dell' avvenire vada a rintracciarli per rimetterli in circolazione. E quante storie intorno a quei nomi! Storie meste di forze infrante, di vite perdute dietro ingannevoli miraggi, ingannatrici al pari che ingannate; storie pure di vittoriosi a cui la fortuna arrise cingendoli di lauri colle bacche d' oro e che devono ora — dalle morbide poltrone dei loro salotti—riguardare quelle pagine precisamente come faceva colui « giunto fuor dal pelago alla riva… »

Altre considerazioni ancora si potrebbero fare intorno al vecchio giornale ingiallito, ma non mi sembrano qui opportune e forse alla loro mestizia non saprei intrecciare fronda alcuna. Le lascio intatte a qualche paziente frequentatore di biblioteche che volesse divertirsi a fare dei confronti.

Le fotografie matrimoniali, ripresentandosi al pubblico in questa lusinghiera raccolta che si intitola dei Semprevivi, dichiarano subito di rinunciare per conto loro a qualsiasi concorrenza per l' immortalità. Come il sostantivo fotografie indica, sono macchiette prese a volo; pose ed espressioni côlte nella vita solita, sopra fisionomie comuni. Non hanno intendimenti d' arte, salvo il debito rispetto, e corrono leste per la loro via nella stessa guisa di scolaretti senza pensieri, facendo un po' quello che i francesi chiamano l'école buissonière, raccattando cioè fiori e farfalle lungo il sentiero.

Lieve bagaglio: dirà qualcuno. Sì, lieve; appunto come i bei giorni di primavera che passano per non più ritornare; come il raggio di sole che raccoglie una immagine fuggitiva e la fissa sulla carta nella attitudine irrevocabile dell' istante.

I.

Alla Stazione Centrale; ore sette del mattino; nebbia. Effetto di luce scialba sulla tettoia di metallo. Un brougham che si allontana.

Gigi Ghieri. (trentasette anni, alto, ben fatto, barba intera, profilo corretto, espressione indecisa; occhiali: abito blu, uose di panno color pan bruciato, soprabito idem, cappello a cencio, guanti grigi). Hai freddo?

Sofia. (magrolina, elegante, simpatica; lungo ulster color lontra foderato di rosso, tocco di lontra, manicotto di lontra, guanti scamosciati color lontra, un piccolo velo che copre gli occhi, taglia a mezzo il nasino e lascia tutta scoperta la bocca; ventiquattro anni). Freddo? Che idea ch'io possa aver freddo oggi?

Entrano nella sala d'aspetto di prima classe, lugubre come il teatro Filodrammatico in un giorno di conferenza. Sofia continua a masticare la singolare domanda di suo marito. Freddo? nel primo giorno di nozze? È distratta piuttosto, è vaporosa; perduta la coscienza del proprio essere le pare di trovarsi nei panni di un'altra. Ieri appena, fanciulla; oggi, sposa. Ieri al di là dell'abisso, oggi al di qua. Ma e l'abisso? dov'è…

Ghieri. (consulta il cronometro) Sette e trenta. Mancano dieci minuti alla partenza.

Sofia. (pensa) E la mamma come piangeva! Povera mamma! Dire che io l'abbandono per seguire un uomo che conosco da tre mesi… (Sogguarda il marito ed è soddisfatta dell' esame). Fortuna che lo amo il mio Gigi (ponendogli due dita sulla manica del paltò) Gigetto?

Ghieri. Cara?

Sofia. (tremante) Mi amerai sempre?

Ghieri. Sempre.

Avrebbe soggiunto qualcos' altro? Chi lo sa! Una voce fessa grida a squarciagola:

— « Per la linea di Mortara, Alessandria, Genovàaa! »

Sofia si slancia fuori della sala: Ghieri la segue con maggior calma portando il piccolo ombrello ch'essa aveva dimenticato.

Salgono in coupé. Sofia è molto nervosa, molto commossa. Quando lo sportello sarà chiuso, quando la voce fessa avrà gridato partenza, quando il treno si metterà in moto, essi si troveranno soli, soli!… Un sospiro profondo solleva il petto di Sofia; con un movimento impensato tira giù sulla bocca il piccolo velo e si rannicchia tutta nell'angolo del coupé, stringendosi contro il cuore il manicotto di lontra, ponendovi sopra la faccia agitata da un fremito.

Ghieri mette la sacca sulla rete, assicura il vetro dello sportello, guarda fuori a destra e a sinistra e finalmente si adagia dirimpetto a lei nell'altro angolo.

« Per la linea di Mortara Alessandria Genova — partenza! »

Un fischio. Vum, vum, vum˙ L'enorme colosso si muove; i vagoni traballano; l'ultimo sospiro di Sofia assomiglia ad un piccolo grido.

Ghieri. (i gomiti appoggiati sui ginocchi e tendendo le mani a sua moglie con un buon sorriso ambrosiano) Dunque cara, ci siamo!

Sofia. (colle traveggole agli occhi) Si.

Un momento di silenzio.

Ghieri. Sei accomodata bene?

Sofia. (distratta) Benissimo.

Ghieri. Ti da noia quella luce in faccia?

Sofia. (come sopra) No, niente affatto.

Ghieri. Non c'è che dire; ora si viaggia come in casa propria.

Due momenti di silenzio.

Ghieri. (dopo matura riflessione) Possiamo ben darci un bacio, eh!

Il bacio è dato, sopra la veletta, tra l'occhio e il naso.

Silenzio eterno. Sofia è estatica.

Ghieri. (con gentile premura) Mi sembri preoccupata.

Sofia. No… non saprei.

Ghieri. Pensi a qualche cosa?

Sofia. (insinuante) A te.

Ghieri. (ride soddisfatto e le stringe la mano).

Sofia. (di scatto) Hai mai veduto quel quadro di un autore francese che porta per titolo: Soli finalmente!…?

Ghieri. Si. È una composizione manierata, la testa della donna è dura e l'uomo sembra il tavoleggiante di un restaurant.

Sofia. (piccata) Ma io non parlo di questo.

Ghieri. (ingenuo) E di che cosa dunque? Ho forse capito male. Non è quell' incisione che stette fuori per tanto tempo nel negozio sull'angolo della Passerella?

Sofia. Non so, non mi ricordo, forse mi sbaglio, (tende la mano destra) Fai piacere ad allacciarmi questo bottone?

Il bottone è allacciato. Sofia si sprofonda nel suo cantuccio. Ghieri, ritto, col naso al vento, l'aria beata e tranquilla, guarda fuori dal finestrino.

Sofia. (improvvisamente) È dell'Hayez quel quadrettino, dove una donna vestita di celeste è stretta nelle braccia d'un uomo che porta un immenso cappello?

Ghieri. Credo. (tra sè) Mia moglie ha la passione dei quadri; una nobile passione, non c'è che dire. (forte) Deve essere il famoso Bacio, un dipinto lodatissimo, eseguito con una vigoria di tocco che indica subito il maestro; poichè, vedi cara, le qualità di un artista si rivelano anche da una linea, da un punto. Gli inesperti si affaticano a cercare degli effetti studiati, grandiosi, volgari, mentre ai sommi ingegni basta un tocco impercettibile e in apparenza trascurato per creare un capolavoro.

Sofia. (sospirando) È proprio così.

Ghieri vedendo che Sofia è malinconica, si fa un dovere di tenere la conversazione animata. Parla dell'arte antica e dell'arte moderna, accenna con soddisfazione al trionfo della pittura italiana, alla mostra di Roma, divaga su Tranquillo Cremona e sulla sua scuola, finchè il treno si ferma a Valenza.

Sofia. To', accendono le lampade.

Ghieri. Sicuro. Dopo Valenza incominciano i tunnels.

Sofia. Io credevo che sotto i tunnels ci si trovasse al buio.

Ghieri. Che pensiero retrogrado! Non ti pare molto meglio avere una buona lucerna?

Sofia. (stringendosi nelle spalle) Sarà!… ma c'è minor poesia.

Ghieri. (ridendo con indulgenza paterna) La poesia delle tenebre!… Dopo l' Excelsior, cara mia, di tenebre non ne abbiamo più. Sono state sconfitte dalla Luce.

Sofia rammenta certe ore lontane, quando adolescente appena nell'angolo quasi buio del focolare, ascoltava i racconti delle Fate e in quel buio le appariva più splendente che mai il manto d'oro della Fata benefica e l'abito tutto a stelle che la sfortunata Cenerentola aveva trovato dentro ad una castagna. E poi altre ore più recenti, altre fantasie vagheggiate nel buio della cameretta di fanciulla, sognando sveglia i rosei misteri dell'amore. Ma non osò dir nulla a suo marito; egli avrebbe tornato a ridere; egli non capiva. Peccato! Era pur un giovine intelligente, buono, gentile. Sarebbe mai vero (come ella aveva udito dire una volta dalla mamma) che gli uomini hanno una maniera d'amare tutta differente da quella delle donne? Ma pure Romeo era un uomo?…

. . . . . . . . . . . . . . .

— « Alessandria. Chi parte per la linea di Torino cambia convoglio ».

Ghieri. Scendiamo. Abbiamo quaranta minuti di fermata e c' è tempo di prendere qualche cosa. Hai fame? O vuoi aspettare fino a Genova, dove ci fermiamo due ore?

Sofia. Fa come vuoi.

Ghieri. Bene. Intanto scendiamo; ci sgranchiremo le gambe.

Sofia si decide a prendere una limonata, poi tornando al suo cantuccio nell'angolo del coupé, pensa alla sentenza di madama Staël: « Viaggiare, per quanto se ne possa dire, è uno dei più tristi piaceri del mondo ». In quale circostanza l'autrice di Corinna si era decisa a formulare questo assioma?

E il punto interrogativo prese nella immaginazione di Sofia delle proporzioni gigantesche; tutto l'avvenire le parve tempestato di punti interrogativi ironici, pungenti come uncini.

A S˙ Pier d'Arena il mare l'attrasse tutta col suo magico incanto. Anche Ghieri lo guardava con molto interesse. Affacciati tutti e due allo sportello, egli le teneva il braccio intorno alla vita. Una brezzolina simpatica li accarezzava sul volto; si sentirono improvvisamente felici, felici della loro gioventù, del loro matrimonio, felici sopratutto di essere arrivati.

Ghieri. (prendendo la sacca e l'ombrello di sua moglie) — Aah!

Sofia. (accomodandosi la veletta) Dopo tutto, Gigi mi vuol bene.

II.

Napoli. Grand Hôtel; sul mare. Sofia si dondola in una poltroncina americana guardando da lontano il Vesuvio che fuma. (Abito di stoffa inglese verde scurissimo a grande quadriglie color legno e color chaudron; corpetto di velluto verde egualmente cupo con bottoni di metallo cesellati; gran lattuga di trine fermata alla gola e sul petto con due fettuccie di velluto verde e fibbie di strass; guanti di Svezia color naturale; calze di seta verde cupo ricamate sugli angoli in color chaudron; scarpe a mezzo taglio; tocchetto in testa di penne di gallo a riflessi verdi e dorati). — La canna di Gigi Ghieri appoggiata su un tavolino lì accanto.

Sofia. (pensa) Già quindici giorni!…

L' Ingegnere Malfatti. (vecchio amico di Ghieri; quarantacinque anni; barba brizzolata; espressione generale della fisonomia: vivere e lasciar vivere). È proprio stata una bella combinazione quella di trovarci a Napoli insieme; bella s' intende, per parte mia; Gigi non ne aveva bisogno.

Sofia. (asciutta) Al contrario. Gigi ha sempre bisogno de' suoi amici.

L'Ingegnere. Oh! con una bella sposina…

Sofia. Che vuole? Mio marito non sa parlare che della sua professione, o di politica o di altre cose alle quali noi donne non ci interessiamo affatto. È così serio, così grave: tutto ciò dipende da carattere, naturalmente, ma…

L'Ingegnere. (crede di far bene interrompendo) Eh! serio poi lasciamola lì. (con un sorrisetto) Doveva vederlo, come l' ho veduto io all' Università; era l'anima di tutte le riunioni, il capo di tutte le feste (sempre sorridendo colla speranza di comunicare l' ilarità alla signora) Un don Giovanni, le dico!… Egli è molto più giovine di me e ci siamo perduti di vista qualche anno, ma so che ha fatto le sue prodezze in ogni genere.

Sofia ha cessato di guardare il Vesuvio e concentra tutta la sua attenzione nelle parole di Malfatti.

L'Ingegnere. (con bonarietà) Del resto, meglio così. Creda alla mia esperienza: sono questi i mariti modello, tranquilli, casalinghi, già ritirati dal mondo.

Sofia. Anche troppo!

L'Ingegnere. Come sarebbe a dire?

Sofia. (con disinvoltura) Non parlo per Gigi, ma… spesso questi mariti soverchiamente saggi non rendono felici le loro mogli.

L'Ingegnere. Eppure sono sempre da preferirsi agli scavezzacolli, ai discoli, ai libertini…

Sofia. (ironica) Triste dilemma!

L'Ingegnere. (allungando il naso) Eh?

Sofia. Che non si possa trovare un marito amabile senza essere libertino, vivace senza essere uno scavezzacollo e amico della società senza essere un discolo?

L' Ingegnere. (che capisce poco) Sicuro, sicuro. Ma! È difficilissimo. (dopo averci riflettuto un momentino) Del resto una donna quando si marita deve avere il pensiero della sua casa e nessun altro.

Sofia. Chi gliel' ha detto?

L' Ingegnere. (un po' sconcertato) Oh Dio, è una cosa che si sa: anche la Bibbia nell'elogio della donna forte…

Sofia. Mi faccia questo piacere a lasciar stare la Bibbia. C'è un po' di tutto in quel libro, così che ognuno può citarlo senza danno.

L' Ingegnere. Veda anche le donne inglesi…

Sofia. E cosa c' entrano le donne inglesi con noi? Loro sono uomini inglesi forse? Abbiamo dei costumi inglesi? La nostra educazione è una educazione inglese? Sarebbe curiosa che mentre tutto in Italia è italiano, proprio le donne debbano aver l'obbligo di modellarsi sulle inglesi. Bisognerebbe allora incominciare a quindici anni a metterci in testa un cappellone di paglia, un Baedeker sotto il braccio e maudarci a viaggiare il mondo.

L'Ingegnere. (per farla finita) Eh! sarebbe pur la bella cosa.

Sofia. (che comincia a prenderci gusto) Lasciamo stare se sarebbe una bella cosa: ci ho i miei riveriti dubbi, sempre per quella tal ragione che non si possono trasportare da un paese all' altro i costumi morali come se ne trasporta il grano. Ma, comunque, noi non siamo state allevate così, dunque bisogna prenderci come siamo.

L'Ingegnere. (girando attorno lo sguardo con calma) Che bella giornata!

Sofia. (non risponde).

L'Ingegnere. Veramente questo cielo, questo mare, quest'aria trasparente non si vedono che a Napoli.

Sofia. Peccato che le donne non siano inglesi.

L'Ingegnere. (crede di poterne uscire con un) Ah! ah! ah! ah!

Sofia. (ostinata) Loro uomini sono egoisti. Godono la vita in lungo ed in largo, ed anche per traverso; si divertono, bevono fino all' ultima goccia quello che Bulver chiama: « il nappo color di rosa » e quando sono stanchi si aggiogano una donna purchessia che li aiuti a portare il peso dei disinganni.

L'Ingegnere. (rassegnato a ingoiare la pillola) Queste, se non erro, sono le teorie moderne. Lei, cara signora, è rimasta impressionata dalla commedia di Sardou: Facciamo divorzio.

Sofia. (indignata) Io ?… Ma lei crede che la mamma mi conducesse alle commedie di Sardou? Non sa dunque come fui allevata rigorosamente?

L'Ingegnere. Gigi, allora?

Sofia. (arrossendo) Non parliamo di Gigi; egli non c'entra qui. Gigi è un angelo. Ora si discorre in teoria.

L'Ingegnere. Ebbene, scusi, come fa lei, che è stata allevata così rigorosamente, che è sposa da quindici giorni, come fa a conoscere queste cose?

Sofia. (con fuoco) Qui la volevo. Ecco l'errore di loro uomini. Credono in buona fede che basta mandare una ragazza a scuola dove il catechista insegna che la modestia è la prima virtù di una giovinetta; basta indignarsi contro i romanzieri perchè le loro opere non sono abbastanza pure, basta che esca di tanto in tanto un libriccino morale e assurdo, scritto da persone che non conoscono affatto il cuore umano, per creare quell'essere incorporeo e impossibile che entra nella rubrica ragazze. No, quell'essere non esiste. Quindici giorni fa non avrei potuto dirlo — è la giusta misura di finzione che le ragazze rendono a chi le circonda di finzione — ora lo proclamo altamente. La fanciulla la più onesta, la meglio allevata, non assomiglia per nulla a quel mollusco senza carne e senza sangue che i moralisti credono e vogliono far credere essere una fanciulla. Oh! lo so, essi sono convinti di aver fatto molto gridando contro i romanzieri e contro i commediografi, ma non pensano che i romanzieri e i commediografi prendono i loro personaggi nella vita reale. Ogni sguardo è per esse una rivelazione; ogni parola, ogni gesto, ogni silenzio, ogni interruzione, ogni proibizione è un romanzo intero aperto davanti. Escono di casa: ad ogni passo un insegnamento, una tentazione. O credono forse che le ragazze siano cieche, sorde e cretine?

L'Ingegnere. (Sofia ha finito, ma egli non può persuadersi e continua ad ascoltare; finalmente si arrischia aprir bocca). Già, già, sono questioni difficili: nè io nè lei, cara signora, non arriveremmo mai a scioglierle.

Sofia. (con un movimento trionfante, perchè crede d'aver trovato l' argomento definitivo) E poi voglio chiederle…

L'Ingegnere. (dà una guardatina dalla parte dell'uscio per vedere se caso mai comparisse l'amico Gigi).

Sofia. Perchè chi ha sempre le ragazze sulla punta della lancia sono i giornalisti scapoli, i critici che non hanno prole e non mai le mamme? Perchè sono sempre gli uomini che si schierano a difensori dei mistici veli? Perchè non si fidano dell'ubbidienza del loro mollusco e non credono che basti il veto della mamma per la tale o tal'altra lettura? Eh? Io non sono un angelo dalle ali azzurre, ma quando la mamma mi diceva: questo no: ho sempre ubbidito. E se capisco egualmente una quantità di cose che non ho lette, gli è perchè quelle cose sono nell'aria; nell'aria, capisce?

L'Ingegnere. (guardando in alto come volesse proprio cercare quelle cose) Sicuro, sicuro. E, mi dica, Castellamare le è piaciuto?

Prima che Sofia possa rispondere, appare Gigi Ghieri, che ha pagato il conto all'albergatore e viene a fare il cambio della sentinella presso sua moglie.

L'Ingegnere. (con molta soddisfazione) Finalmente!

Sofia. (a Gigi) Ecco una frase molto rassicurante per te.

Ghieri. (ridendo) Oh. Malfatti non è mai stato pericoloso. (battendogli sulla spalla) È troppo amico della quiete.

Sofia. (all'ingegnere con lieve canzonatura) Un ottimo marito dunque. (a Gigi) Ci siamo bisticciati sai?

Ghieri. (all'ingegnere con incredulità) Tu ?…

L'Ingegnere. (difendendosi) Oh! non io certamente: è la signora che è molto vivace… L'età, si capisce…

Ghieri. (prendendo la sua canna) Le donne discendono tutte da madama di Longueville, la bella frodista, che con uno scudiscio in mano ed un ventaglio metteva a rivoluzione la Francia.

L'Ingegnere. (facendo il furbo) E madama di Longueville da chi discendeva?

Ghieri. Diamine! da Eva, la prima rivoluzionaria del mondo.

Sofia. (regala a suo marito un sorriso d'approvazione, poi tra sè pensa) E se lo sa, perchè non se ne cura ?…

III.

Alla Signora Giuseppina Rossi Calolzio per… Prov. di Bergamo.

Mia cara amica,

Ti scrivo nel primo mese della mia luna di miele; questa, mi pare, è una bella prova d'amicizia.

Veramente… a parlar schietto, la corte che mi fa mio marito non occupa certamente le dodici ore della giornata. Gigi, vedi, è un uomo serio, posato, tutto il contrario di quell' ideale romantico che ci facciamo noi ragazze quando leggiamo l' Aleardi — un poeta che si permette alle ragazze, che esse prediligono sopra tutti — ma che in fondo dice delle cose assurde.

Per tornare a mio marito, io sono felicissima; sarei un'ingrata se non lo fossi, perchè davvero Gigi mi ama e se ad onta di questo ho perduta qualche illusione, egli non ne ha colpa. Voglio diventare positiva anch'io; almeno faccio il possibile per diventarlo … e se non vi riuscissi? Ebbene, anche allora la colpa non sarà mia.

Rispondo ora alla tua lettera che trovai a darmi il benvenuto appena tornata dal io viaggio di nozze. Sono stata a Genova, a Firenze, a Roma, a Napoli: Dio quant' è bella l' Italia! Però, se devo dire tutto tutto, sono tornata a Milano con un gran piacere. Questa nostra cara città mi parve ancor più seducente, ancor più viva ed elegante dopo aver visitato tanti musei, tante chiese e tante pinacoteche.

Tu mi raccomandi di parlarti di mode e veramente non è difficile, perchè in questi giorni di sole, di caldo, in questi bei giorni di primavera, sbocciano le mode come sbocciano i fiori. (Ti lascio questo raffronto come tema di meditazione; considera la vaghezza, l'inebbriamento, la fragilità di entrambi… io intanto continuo).

Milano è invasa, dominata, posta se non a ruba certo a sacco dagli scozzesi; c' è qui una Land League di giallo fuso col rosso, di verde digradante in azzurro, di color rame stretto insieme col color cielo e tutta questa setta aggressiva strilla, schiamazza nelle vetrine dei nostri negozi, intorno alle gambe delle Signore e ci fa vedere I'arcobaleno a tutte le ore del giorno.

Sono pentita di aver fatto per il mio viaggio un abito scozzese: bisogna che lo porti subito e che lo finisca in fretta perchè tra pochi mesi tutte le signore, congiurate, grideranno agli scozzesi: Va fuori d' Italia, va fuori stranier.

Un' altra moda della quale si è abusato sono le capotes. Si vede la prima capote e si dice: Carina! Se ne vedono due: Graziose! Se ne vedono tre: Oh? oh? Quattro: Seccano alla fine: Cinque… ah! non si guardano più. È da sperarsi che coll'estate troveranno qualcos' altro. Perchè non si tornerebbe ai nostri veli neri lombardi, che somigliano tanto all'acconciatura della bella spagnuola cantata da Vittor Hugo?

« Ses yeux noirs brillaient sous sa noire mantille ».

Decisamente si sta troppo attaccati alle mode francesi. Ma guarda un po', questa bella esclamazione patriottica io la faccio in coda a un verso francese!…

Domenica sono andata al Corso con Gigi e osservando l'effetto complessivo della moda attuale dovetti convenire che si tende proprio sempre più alla ricercatezza, alla cincischiatura.

La stoffa è tormentata, stirata in tutti i sensi: affastellata in tutti i modi: la linea non c'è più, il disegno è scomparso; camminiamo a gran passi verso il barocco. Un passo ancora e vedremo risorgere dalle loro tombe grottesche le merveilleuses nel pieno trionfo dell'eccentricità e del cattivo gusto.

Non si sa più cosa pretenda questa moda da noi: essa ci tramuta, ci sposta, scombussola tutta quanta l'operadi madre natura, ci schiaccia da una parte, ci rigonfia dall'altra, sicchè io penso che se il serpente biblico tornasse a fare una passeggiata quaggiù, ci penserebbe due volte prima di offrire il pomo ad Eva.

Come porti tu i fazzoletti, cara Giuseppina? L'ultimo modello è rotondo, di batista rosea, o color cielo, con tre orli di batista separati da entredeux di valencienne, e infine un giro di valencienne tutta pieghettata, fitta fitta. Domandiamo qualcos'altro, perchè è pochino: che te ne pare?

Mi ricordo che tu vuoi la descrizione del mio abito da nozze. Eccolo: Io l'ho rotta colla tradizione del solito abito di seta bianco e mi feci fare un abito di crêpe bianca invece, molto più grazioso ed aereo e che si presta a qualunque combinazione. La vita però era di raso e tutto il davanti fino alla balza coperto alla lettera di fior d'arancio e rose bianche. Il velo di crêpe anch'esso, con un orlo alto e una bella blouda tutti in giro: nessun fiore in testa. La pettinatura l'avevo e continuo a portarla bassa, quantunque l'ultimo figurino prescriva i capelli rialzati sulla nuca. Io sto male, coi capelli rialzati, e non so perchè dovrei rendermi brutta… per essere alla moda forse?

Ti saluto in fretta. Gigi mi chiede dove ho nascosta la sua canna. Veramente non l'ho nascosta ma la nasconderei volentieri, se con ciò potessi impedirgli di andare a quell'abborrito club.

Addio cara.

Tua Sofia.

Milano, 7 Aprile 1883.

IV.

Il salottino di Sofia. Era forse destinato a camera da letto, poichè ha una alcova, ma Gigi Ghieri preferì fare la camera in un locale più vasto, ricordando il consiglio di Mantegazza « serbati la più bella stanza dell' appartamento per dormirvi. » Questa saggia decisione di Gigi aveva dato occasione a Sofia di sfoggiare il suo genio inventivo di donna moderna; aveva preso il difetto per cavarne fuori un abbellimento, una originalità, e così sull'insieme un po' severo del salottino, tappezzato in color granato, ella fece sprigionare dall'alcova un'onda gialla, convertendola in una specie di padiglione fantastico, ridotta l'alcova più piccina dalla stoffa gialla, a pieghe, posta tutta in giro a un palmo dal muro. In mezzo al piccolo soffitto dondola una gabbia di canarini e sotto appoggiato alla parete, un divanuccio coperto da una stoffa giapponese; poi un tavolino minuscolo, due o tre cuscini di velluto gettati per terra… e niente altro.

Sofia. (seduta sul divanuccio, colla testa appoggiata alla spalliera e gli occhi per aria, vaganti nello spazio) L'infreddatura della mamma continua.

Gigi. (seduto accanto a lei, fumando il suo virginia) Già, per otto o dieci giorni ne avrà ancora. È la stagione di queste malattie: non si sente parlar d'altro, sembra una epidemia.

Sofia. Anche tu sei un po' infreddato.

Gigi. Veramente non me ne accorgo.

Sofia. Sì, sì, hai soffiato il naso tre o quattro volte. Dovresti stare in casa questa sera.

Gigi. (sorridendo) E prendere del latte bollito.

Sofia. (carezzevole) Perchè no? Te lo preparerei io stessa su questo tavolino, te lo verserei in quelle belle tazzette di Ginori che ci regalò la zia Adelaide, (sempre più seducente) te lo addolcirei con tanti baci…

Gigi. (levandosi in piedi) Benissimo. Ma non sono infreddato (si avvicina alla lucerna e riaccende il sigaro spento).

Sofia. (sola sul divano, pensa disperatamente a quegli uomini che passano ore ed ore ai ginocchi della donna amata).

Gigi. (dopo aver acceso il sigaro prende un giornale sul tavolino e legge).

Sofia. (guarda tutto in giro il suo padiglione giallo e aspira con delizia un leggero profumo di violetta che ella ha avuto cura di diffondervi poche ore prima) Non se ne accorge neppure!

Gigi. (levando il naso) Parli con me?

Sofia. No… coi canerini.

Gigi. (torna a leggere).

Sofia. (torna a guardare per aria).

Gigi. Ben detto! (legge). « Ma il ritorno dell'oro non è tutto: bisogna che procuriamo di farlo rimanere tra noi. » Sicuro. Bisogna…

Sofia. C'è ancora la Zaeo al dal Verme?

Gigi. La Zaeo? Già; hanno scritto il suo nome dappertutto. Non so perchè mi fa venire in mente la Zoedone.

Sofia. Vai a vederla questa sera?

Gigi. Chi?

Sofia. La Zaeo.

Gigi. Sei matta. (sorridendo) Cosa vuoi che me ne importi a me della Zaeo?

Sofia. Dicono che è così brava.

Gigi. (stringendosi nelle spalle) Sarà.

Sofia. E bella.

Gigi. Peuh!

Sofia. Sei proprio indifferente a tutto.

Gigi. (sorpreso) Tò, vorresti ch' io mi scaldassi per una funambola?

Sofia. Non dico questo, ma… sei così freddo in ogni cosa.

Gigi. È il mio carattere, lo sai.

Sofia. (animata) Oh! per questo non è vero.

Gigi. Come?

Sofia. Non sei sempre stato così.

Gigi. Bella! Chi te lo ha detto?

Sofia. (con importanza) Lo so io. Eri un giovinotto alla moda, un don Giovanni…

Gigi. Veh! veh! Ma chi te lo ha detto?

Sofia. So tutto.

Gigi. (fregandosi le mani allegramente) Ho passato qualche anno burrascoso, è vero, ma misi giudizio presto.

Sofia. Purtroppo!

Gigi. Cos' è in grammatica purtroppo? Nella tua bocca, cara Sofia, mi ha tutta l' aria di un rimprovero.

Sofia. (tace, fa il greppo e mette fuori adagino adagino la punta dei piedi, leggiadrissimi, sotto a un paio di calze stampate con un piccolo scacco bianco enero).

Gigi. (torna a sedere sul divanuccio, ma non vede le calze). Ecco una moglie molto poetica che si imagina di avere per marito un trovatore.

Sofia. (ritira i piedini piccata) Non è necessario essere un trovatore per amare come intendo io. Giacosa ha scritto una commedia intitolata: Il marito amante della moglie…

Gigi. Ma è una commedia.

Sofia. Salvatore Farina nel suo amore bendato deserive un marito e una moglie che fanno all'amore continuamente.

Gigi. Ma è un romanzo.

Sofia. Filemone e Bauci si amarono tanto, che chiesero agli Dei la grazia di morire insieme.

Gigi. Ma è una favola.

Sofia. (pensa un poco) E poi c'è stata quella donna che volle mangiare un pugno delle ceneri di suo marito morto; e per amarlo tanto morto convien dire che vivo fosse immensamente amabile. (con accento vittorioso) Questa è storia.

Gigi. Antica. Tanto antica che non ricordi più il nome di quella donna. D' altronde (scherzoso) chi sa ch'ella non abbia divorato un pugno della cenere di suo marito per essere sicura che non tornasse più al mondo.

Sofia. (vinta) Va là, burlone!

Gigi. (contento della vittoria, le cinge le spalle con un braccio).

Sofia. (esitando) Mi ami?

Gigi. Puoi dubitarne?

Sofia. Questa non è una risposta.

Gigi. Come è la risposta?

Sofia. Si dice: Sì, sì, sì, ti amo più della mia vita!

Gigi. Non è meglio amare senza tante parole? Mi parrebbe di recitare una parte del teatro a dire: Sì, sì, sì, ti amo più della mia vita.

Sofia. Eppure se queste parole ci sono, ci sono per qualche cosa.

Gigi. Sicuro. Servono per coloro che non hanno altro. (la bacia sulle due guancie con affetto). Addio Sofia.

Sofia. Te ne vai già?

Gigi. Ho una seduta alla Costituzionale.

Sofia. (sospira profondamente).

Gigi. Tornerò presto.

Sofia. Sì; alle undici.

Gigi. (gentile) Non aspettarmi, sai, va pure a letto.

Sofia. È inutile, non potrei dormire.

Gigi. E cosa farai levata?

Sofia. (con amarezza) Non so.

Gigi. Via, sii ragionevole; io non posso cucirmi alle tue vesti.

Sofia. (mordendosi le labbra) È giusto.

Gigi. Ma non ti amo meno per questo.

Sofia. (tace).

Gigi. Ti amo davvero.

Sofia. (lo guarda).

Gigi. (commosso) Ti amo… più…

Sofia. (colle labbra semiaperte, sfiorandogli il volto) Mi ami più…

Gigi. (con slancio) Sì, più della mia vita anche se non lo dico tutti i momenti. (Muto amplesso).

Gigi. Sei contenta, ora?

Sofia. (sorride, raggiante).

Gigi. (tornato padrone di sè) Dunque, addio.

Sofia. (un po' melanconica) Addio.

Gigi. Non pensare a tristezze.

Sofia. Farò il possibile.

Gigi. (sull' uscio) A rivederci.

Sofia lo accompagna, lo saluta ancora, poi torna a sedere sul divanuccio. Il profumo di viole è quasi affatto scomparso: i canarini si sono addormentati nel loro nido pensile. Ella si abbandona colla testa indietro, collo sguardo vagante sulle pieghe gialle della tappezzeria, coi piedini allungati sul cuscino di velluto e sospira: Tre ore sola!

V.

Gigi Ghieri (sull'uscio) Addio. Se viene il calzolaio, ricordati, è il tacco sinistro.

Sofia. (seguendolo) Dammi un altro bacio.

Gigi. (la bacia in fretta e se ne va).

Sofia. (china sulla balaustra della scala) Gigi?

Gigi. (alza il capo).

Sofia. (gli manda un bacio sulla punta delle dita).

Gigi. (impazientito) Sì, sì. A rivederci.

Sofia, malcontenta, ritorna nel suo salotto e si getta sul divanuccio giallo. È una giornata splendida: i canarini saltellano più vispi nella loro gabbia dorata; sul davanzale della finestra alcuni vasi di citronella e di geranio fanno sbocciare le loro foglioline odorose; fuori, nella strada, un va e vieni di gente affaccendata mette nell'aria qualche cosa di allegro che pare armonizzi col cielo perfettamente azzurro, colla brezza tiepida primaverile.

Ma Sofia non è allegra.

Sulla tavola, nel mezzo della stanza, gli avanzi della colazione sembrano invitarla a far sparire quelle traccie prosaiche e sostituirvi la coppa giapponese piena di glicini; ma Sofia piange a piccole lagrime che le bruciano le guancie.

Smette un po', si leva in piedi, passeggia, odora i fiori, poi torna a gettarsi sul divano. Le vengono in mente due versi, due bei versi di Enrico Heine: Allor che Maggio infiora gli arboscelli In cor mi nacque amore.

E giù daccapo a piangere.

Come si sente infelice! Amore, amore: dov' è l'amore? Cos' è l' amore? Perchè tutti i poeti ne parlano? Perchè ne fanno complici la primavera, i fiori, il cielo, l'aria? Sono tutte imposture, sono inganni, sono ciurmerie. Ah! Dio!

Scampanellata furiosa alla quale accorre sollecita la donna di servizio.

Sofia. Prepara gli stivali del padrone, gli ultimi, quelli nuovi, e se viene il calzolaio, digli che gli vanno male, che il tacco destro… no, il sinistro, un tacco insomma, è fuori di posto.

La donna. Va bene. Ora sparecchio la tavola?

Sofia. (nervosa) Sì… no… aspetta un momento. Dammi quel guanciale; fammi un caffè. Che ore sono?

La donna. Dodici e mezzo.

Sofia. Fammi un caffè.

La donna se ne va, ma quasi subito ritorna introducendo una signora.

Sofia. (le corre incontro) Mamma! Cara mamma!

La signora Ardizzoni. (Quarantotto anni; molto simpatica, molto distinta. Capelli quasi bianchi che contrastano piacevolmente col volto fresco e cogli occhi vivaci. Abito nero di raso e tibet; dolman di stoffa damascata; cappello nero con una piccola veletta di blonda; guanti lunghi color polvere. Profumo impercettibile di gaggie secche e di spigo) — Buon giorno, Sofia mia.

La donna. Faccio egualmente il caffè?

Sofia. Ma sì, che noiosa!

La donna se ne va borbottando.

La signora Ardizzoni. Ti senti male, cara?

Sofia. (arrossendo) No, mamma…

La signora Ardizzoni. Mi sembri agitata.

Sofia. Ho un po' di nervoso addosso.

La signora Ardizzoni. Nervoso? È una parola comune e insignificante. Preferisoco supporre che tu sia un po' indisposta.

Sofia. No, ti assicuro, sto bene.

La signora Ardizzoni. Ne ho piacere. E tuo marito?

Sofia. (con una certa asprezza) Oh! lui sta sempre bene.

La signora Ardizzoni. (nota l'asprezza e non dice nulla) Meglio ancora. Gli uomini ammalati sono una vera calamità. Credevo di sorprendervi a colazione.

Sofia. È un pezzo che abbiamo finito.

La signora Ardizzoni. (osservando la tavola apparecchiata) Non si direbbe.

Sofia. (non sa nascondere il proprio imbarazzo).

La signora Ardizzoni. E tu sei tutta scarmigliata al tocco, mia cara; poichè ti faccio osservare che è a momenti il tocco. Una brava donnina a quest'ora deve essere vestita in perfetto ordine… (dando un'occhiata al divano pestato) e intenta alle proprie occupazioni.

Sofia. Ma… mamma, io non ho grandi occupazioni.

La signora Ardizzoni. Bisogna crearle. L'ozio è il nostro più gran nemico, quello che ci dà in braccio ad ogni sorta di pensieri cattivi, che ci rende malcontenti di noi stessi, seccanti agli altri… (apre un panierino da lavoro) Vediamo. Oh! il tuo pizzo all'uncinetto è ancora allo stesso posto (chiude il panierino e guarda Sofia negli occhi) E dunque non hai nulla da dire alla mamma?

Sofia. (abbassa gli occhi).

La signora Ardizzoni. (le prende le mani con affetto) Sei felice, nevvero?

Sofia. (tace).

La signora Ardizzoni. Gigi è il migliore dei mariti…

Sofia. (vivace) Il migliore poi!!

La signora Ardizzoni. Come?

Sofia. (mordendosi l'unghia del dito mignolo) Non trovo che sia questa meraviglia.

La signora Ardizzoni. (guardandola con attenzione, ma fingendo di prendere la cosa in ischerzo) Oh! certamente; anche fra le sette meraviglie classiche, c'è una chiesa, un ponte, gli orti di Babilonia, ma non c'è alcun marito. Siamo giusti dicendo che non vi è neppure alcuna moglie.

Sofia. (vorrebbe sorridere ma le spunta una lacrima).

La signora Ardizzoni. Su, su, malinconie da sposina! Esuberanza di felicità… Conosco troppo bene Gigi Ghieri per dubitare menomamente di lui. È onesto, è leale, è affettuoso.

Sofia. Non dico di no.

La signora Ardizzoni. E dunque?

Sofia. (continua a mordersi l'unghia del dito mignolo).

La signora Ardizzoni. Ricordati, figlia mia, che non bisogna mai chiedere agli uomini più di quello che possono dare: abbiamo torto se vogliamo esigere da loro le nostre sensibilità, le nostre finezze, la prontezza fragile e vivace della nostra imaginazione… Supponi che una farfalla dovendo viaggiare con un toro avesse la pretesa di trascinarlo con sè nello spazio. Ti parlo come quando eri bambina, per via di immagini; dimmi, non ti sembra più ragionevole e più agiato che la farfalla si posi sulle ampie spalle del toro e si lasci guidare da lui?

Sofia. Ma se la farfalla ha le ali?

La signora Ardizzoni. Torniamo alla realtà, mia cara. Quelle ali, quel bisogno dell'in alto che hanno le donne al pari delle farfalle, devono, le donne, dirigerlo a più nobile meta che non siano le fantasticaggini oziose di un cervellino errabondo.

Sofia. Oh! mamma! tu non puoi ignorare però che la donna ha bisogno d'amore…

La signora Ardizzoni. Ebbene? Gigi Ghieri, sposandoti, ti ha dato la più vera prova d'amore che uomo possa dare in terra. Credi forse che una romanza sussurrata al chiaro della luna, un fiore involato, un bacio furtivo valgano di più?

Sofia. (esitando) Mi pare… che… se ci fosse l'uno e l'altro…

La signora Ardizzoni. E dell'altro ancora; ce ne sta fin che se ne vuole! Il desiderio non ha limiti e l'assurdità neppure. (grave) Sofia, figlia mia, metti da parte tutto il bagaglio romantico de' tuoi sogni di fanciulla.

Sofia. È colpa mia se ho sognato?

La signora Ardizzoni. No; ma ne avrai colpa se continui a sognare. La vita è lotta, è sacrificio, è gioia anche, ma non è mai sogno. I poeti solo hanno il diritto di sognare. Tu pensa non solo a voler bene a Gigi, ma sopra tutto a farti voler bene; intendi? Essere amato non basta per la felicità d'un uomo…

Sofia. (interrompendo) E per noi è tutto!

La signora Ardizzoni. Che cosa vuoi fare? Non avrai la pretesa di foggiare un uomo diverso dai suoi simili. Il migliore degli uomini è per sua natura un po' egoista, un po' materiale; l'amore semplice, l'amore puro, l'amore a tutte le ore del giorno lo… come dire? lo annoia.

Sofia. (mortificatá) Oh! mamma!

La signora Ardizzoni. (sorridendo) Ma c'è rimedio a tutto. Te l' ho già detto. Invece di domandare continuamente a tuo marito: mi ami? — fatti amare. Ecco il segreto della felicità domestica.

Sofia. E per farsi amare?

La signora Ardizzoni. Per farsi amare dal marito bisogna anzitutto non metterlo mai nella condizione di dover scegliere fra un desiderio della moglie e un desiderio proprio.

Sofia. Ma questo è desolante!

La signora Ardizzoni. Meno di quanto sembra. L'abilità consiste nell'appajare i desideri.

Sofia. Sarà difficile.

La signora Ardizzoni. Secondo i casi. D'altronde un po' di difficoltà rende più cara la vittoria. Studia continuamente tuo marito, secondalo nei suoi gusti, non metterti mai in aperta lotta con lui, nemmeno quando hai certo il trionfo; anzi allora meno che mai. Agli uomini bisogna lasciare le apparenze della forza; è il solo mezzo per averne noi qualche volta la realtà.

La donna di servizio entra col caffè.

Sofia. Lo prendi, mamma?

La signora Ardizzoni. No, cara. Ne ho preso uno e basta. Due mi farebbero sognare…

Sofia. (sorride e mette lo zucchero nella tazza).

La donna se ne va.

La signora Ardizzoni (levandosi in piedi). E lavora. Sì, gioia cara, il lavore è il nostro buon amico, il nostro consigliere più efficace. (s' avvia verso l'uscio, poi torna indietro). A proposito: hai provato quel piatto?

Sofia. (smemorata) Quale?

La signora Ardizzoni. Quello che piace a Gigi, il filetto di bue marinato.

Sofia. Ah! no. Ho perduta la ricetta.

La signora Ardizzoni. Male. Una moglie accorta non deve perdere la ricetta dei piatti cari al marito. Siediti e scrivi: « Si batte leggermente il filetto di bue, si sparge di sale e pepe, vi si aggiunge timo, lauro e una cipolla tagliata. Si copre tutto con vino bianco, misto a un po' d'aceto; si lascia due giorni in questa marinatura, poi lo si fa cuocere lentamente; a metà cottura, lo si inaffia con una parte del vino bianco ».

Sofia. Ecco fatto.

La signora Ardizzoni. E non perderla più. Addio bimba. Salutami tuo marito.

VI.

Alla Signora Giuseppina Rossi Calolzio per… Prov. di Bergamo.

Mia carissima amica,

Ti ho aspettato tanto la scorsa settimana. Mi ero messa in mente che tu non potessi vivere tranquilla senza aver veduta l'inaugurazione del monumento, i principi, le feste, la luminaria, ecc. Io ho veduto tutto.

Il fotografo Ganzini, che da un balcone della Bella Venezia prese la fotografia di quasi tutta la piazza, l'ha ora esposta in Galleria Vittorio Emanuele. Ci sono anch'io, figurati, tutta umile in tanta gloria e nascosta fortunatamente dietro uno di quei pezzi grossi.

La principessa è giovane, è fresca, è belloccia, stava bene, ad onta che le sue toilettes, fatte a Monaco, non avessero proprio quello che si dice il non so che del gusto, e che sulla sua placida fisionomia si cercasse invano un lampo di vita. Torno a ripeterti che è carina, ma, non so perchè mi faceva venire in mente quella frase del Marco Visconti: È pur bella Lucca, ma non è Milano! Pensavo alla nostra Regina.

Non ho voglia di parlarti di mode questa volta, nè di teatri; quantunque ci debba essere al Dal Verme quella deliziosa Elena Varesi… te ne ricordi? ho in mente ancora il suo timbro d'oro: Una voce poco fa… Oh Dio, che bei tempi! Io allora sospiravo insieme a Rosina per il bello e poetico Almaviva e avrei dato non so che cosa per essere rapita.

Credi che se la mamma avesse detto di no a Gigi Ghieri, egli mi avrebbe rapita ?…

No, sai!

Ora io vorrei sapere se tutti questi amori poetici che si trovano nelle commedie, nei romanzi, nelle ballate, sieno come i frutti del giardino delle Esperidi — che nessuno ha mai mangiato — o se invece esistono.

Gigi si sveglia alla mattina e per prima cosa beve un gran bicchiere d'acqua di quassio che gli lascia la bocca amara, i labbri amari, i baffi amari — è tutto un'amarezza; pazienza! Poi si veste in fretta e mi raccomanda di tenergli pronta la colazione. A colazione mi arriva a casa pieno di scartafacci, ne ha in tutte le tasche, e li legge e li rilegge, lascia raffreddare la costoletta; dopo si lagna che non è fatta bene.

Suona mezzogiorno; egli scappa come un cavallo inseguito, rimboccandosi i calzoni se piove — una cosa che io non posso soffrire.

A desinare mi domanda come ho passata la giornata. Se gli dico che mi annoio, egli se ne mostra stupito altamente e mi ammonisce di non avere risorse in me stessa, di non amare lo studio, il lavoro, l'ordine della casa.

Quanto pagherei perchè egli mangiasse nel mio piatto e bevesse nel mio bicchiere !… oppure come mi piacerebbe lasciar stare qualche volta il pranzo e starcene tutti e due a guardarci negli occhi! ma queste idee a Gigi non vengono neppure.

Io vorrei, in queste belle sere di maggio, che egli mi accompagnasse nei Giardini, all'ombra dei boschetti, dove si vede la luna in mezzo alle foglie frastagliate della robinia; egli dice che i Giardini di sera sono umidi.

Tutti i mariti la pensano così? Ecco quello che io mi domando incessantemente. Guardo con vera curiosità i mariti delle mie amiche; fino ad ora non mi sono formato un criterio esatto: ma mi pare, dubito… sì, deve essere proprio una fatalità. Quando un uomo prende moglie, è come la farfalla che fa il bozzolo: il bozzolo resta ed ha qualche pregio — dicono — ma la farfalla non c'è più!

Vedi che io non sono mutata. Ti scrivo ancora le mie confidenze, come una volta. Mi sento sempre fanciulla. Credevo che il matrimonio dovesse essere la fine de' miei sogni, l'epilogo de' miei desideri e delle mie aspirazioni e non è vero.

C'è ancora dell'ignoto dove io vado brancicando: c'è ancora del buio intorno a me.

Oh! ma non facciamo una lettera troppo lunga.

Tu ora sarai occupata nella grande faccenda dei bachi e non avrai tempo di leggere le mie ciarle.

Addio. La mamma ti saluta, Gigi anche.

Sofia.

VII.

La camera da letto. Mobili di legno chiaro coperti di stoffa azzurra. Due finestre che guardano il giardino; nel vano di una finestra una poltrona; su questa poltrona Gigi Ghieri nell'attitudine di un uomo che ha caldo e che si trova molto bene in manica di camicia. È domenica e la donna di servizio per avere maggior tempo di andare a spasso, ha già levato il parato del letto; la coltre bianca è rimboccata sotto ai materassi; per terra, dalla parte di Sofia, due babbuccine eleganti di casimiro color perla ricamate a disegni persiani aspettano. Dalla parte di Gigi aspettano del pari un paio di pantofole larghe, comode, di pelle color pulce filettate di rosso. Sofia si veste davanti allo specchio.

Gigi. Fa un bel caldo! Oggi il termometro segnava 28 gradi.

Sofia. (stringendosi il busto) Non si sa già più come vestirsi (si ferma un momento, ritta in piedi ammirandosi nello specchio, sperando che anche Gigi la ammiri).

Gigi. È però tempo. La campagna soffriva con quelle pioggie continue e quei freddi insistenti.

Sofia. (infila lentamente al di sopra del busto roseo un corpettino di battista tutto a trafori; l'effetto è graziosissimo) Già! (allaccia un bottone e poi torna a fermarsi guardando suo marito).

Gigi. (mentalmente) Come sono mai lunghe le donne a vestirsi!

Sofia. (sospira forte).

Gigi. (che ha sentito il sospiro) Bada a non stringerti troppo. È assolutamente nocivo.

Sofia. (un po' stizzita) Ma io non mi stringo!

Gigi. Ah! credevo…

Sofia. (gli si mette davanti) Ti sembro stretta?

Gigi. Ma è una cosa che devi saper tu; io non porto il busto. Solamente, se ti spicciassi un po'…

Sofia. (con amarezza) Ti annoi tanto a stare con me?

Gigi. (con naturalezza) Mi annoio a stare in casa quando è un bel dopo pranzo e che si ha già deciso di andar fuori!

Sofia guarda ancora una volta malinconicamente il suo corpetto. Lo ha ricamato lei, l'ultimo anno di collegio; e quelle roselline, quelle fogliuzze delicate a punto sabbia, quei trafori aerei che le erano costati tanta pazienza nei caldi pomeriggi di luglio, quando la scolaresca sonnecchiava e che la signora maestra appuntando l'indice diceva colla sua voce cattedratica: Sofia, Sofia… attenta! — ebbene quelle roselline, quelle fogliuzze chiudevano il profumo di tutta la sua giovinezza, tante illusioni accarezzate, tanti vaneggiamenti di testolina romanzesca e sogni di bambina, che la sua recente esperienza di donna ricacciava in un limbo lontano, lontano…

Sofia. È già tardi, (non ascolta la risposta; pensa che è divenuta molto sciocca. Dove è andato a finire il suo spirito di una volta? Continua a vestirsi nervosamente, malcontenta di se stessa).

Gigi. (leva di tasca un giornale; lo scorre cogli occhi e poi incomincia a leggere forte: « Gli ultimi dispacci di Mosca annunciano che lo Czar e la Czarina… Ti interessa?

Sofia. Ma… non ho nemmeno ascoltato.

Gigi. (rilegge) « Gli ultimi dispacci di Mosca…

Sofia. (interrompendo). È inutile. So già cosa vorrà concludere. È lo sciroppo Mazzolini. Ho preso in orrore i giornali, dacchè in ogni colonna, quando meno vi si pensa, c'è questo tranello dello sciroppo.

Gigi. (ridendo) Ma se è un dispaccio di Mosca…

Sofia. Eh! questo non vuol dir nulla. Anche un articolo che cominciasse colle parole: « Amore, sovrano del mondo », potrebbe sempre metter capo allo sciroppo Mazzolini.

Gigi. Me ne sincererò (legge a bassa voce).

Sofia. (Intanto indossa un abito elegantissimo di surah color begonia, chiaro e scuro, che è accompagnato da un cappellino fatto con tre foglie piccole di begonia e da un ventaglio che è una foglia sola di begonia, ma grandissima). È indubitato che questa toeletta metterà a soqquadro tutto il mondo femminile del caffè Cova. (Un sorriso di soddisfazione aleggia sul volto di Sofia).

Gigi. (chiude il giornale e guarda sua moglie) Sei all'ordine mi pare? Ebbene, quest' abito ti va benissimo.

Sofia. Finalmente!

Gigi. ?

Sofia. Ma sì… non mi guardi mai!

Gigi. Vedi bene che ti ho guardata.

Sofia. E ti piaccio così?

Gigi. Mi piaci sempre.

Sofia. (pensa che la frase è bella ma troppo corta).

Gigi. (si mette il financier, tuba lucida e guanti di pelle).

Gigi. Andiamo.

Sofia dà un'ultima occhiata allo specchio che la riconferma nella soddisfazionè e le fa nascere il progetto audace di costringere suo marito a farle una dichiarazione bruciante.

Scende le scale leggera, pregustando la gioia di appendersi al braccio di Gigi, e di andarsene soli per i viali del giardino e del bastione; e poi al caffè Cova, in una fantasmagoria di luce, di colori, di musica; poi ancora soli, nelle vie deserte, stretti contro il muro, scivolando con un'aria di mistero, come se lui non fosse il noto professore Gigi Ghieri, ma un eroe da romanzo, un cavaliere avventuroso e intraprendente, capace di mettersele in ginocchio in mezzo a piazza del Duomo, implorando il favore di baciarle la mano.

Gigi. (sulla porta) Veh! veh!

Sofia. Chi?

L'Ingegnere Malfatti. (salutando profondamente) Venivo appunto a trovarvi.

Gigi. Ebbene? Usciamo insieme (gli batte con amorevolezza la spalla) Bravo, ingegnere!

L'Ingegnere. (a Sofia) La signora, si vede, sta benissimo?…

Sofia. (mordendosi le labbra fino a trarne sangue) Divinamente! (tra sè) Anche per questa sera non è mio.

VIII.

Sofia, sola nel suo salottino, seduta nel vano della finestra, dipanna una matassa di lana celeste e pensa.

— La mamma mi ha raccomandato di lavorare… se fosse qui sarebbe contenta; ne ho per tutta la giornata. Giovedì è S˙ Luigi e Dio sa se arriverò in tempo a terminare le pantofole! Buono ancora che mi sono decisa a farle, altrimenti Gigi avrebbe portato fino all'eternità le sue ciabattone color pulce… È piena di nodi questa lana… E dire che mi pareva un giovinotto sensibile, sentimentale! Proprio gli uomini non si conoscono mai abbastanza. Mah!! (profondo sospiro) È buono, sì, è buono; credo anche che mi ami, ma che amore scolorito in confronto di quello che io sognavo!… (la lana si rompe) Un carattere così freddo… (si rompe ancora) Oh! ma questa lana è una porcheria. È impossibile continuare. Ed ora?… (colpita da un' idea luminosa) Devo averne dell'altra… un po' più scura, ma fa lo stesso; anzi è forse meglio un po' scuretta per pantofole. Dove l'ho cacciata? (due minuti di riflessione) L'aveva in mano Gigi, l'altra sera, quando abbiamo messo all'ordine il tiretto della scrivania… egli ve l'avrà gettata in isbaglio — o io stessa magari — purchè non sia andata a finire insieme alle carte vecchie… Gigi ne buttò via tante! (Si alza e va ad aprire il tiretto della scrivania) Penne, fascicoli, ceralacca… niente; l'orario delle strade ferrate… niente; una grammatica… Oh! eccola, eccola qui!

La lana è accartocciata in un foglio di carta scritta. Sofia vi getta gli occhi a caso e legge: Mio angelo adorato. Torna a leggere. Oh Dio! è la scrittura di suo marito. È una brutta copia si vede; ma completa. Sofia impallidisce a denti stretti, trattenendo il fiato, tremante, agitata, divora quel foglio dove le proteste del più ardente amore si intrecciano ai deliri suscitati dalla bellezza di una nominata Elisa e termina giurando che nessuna donna al mondo potrà cancellare dal suo cuore quell'indomito affetto.

Sofia è annichilita.

Ben più terribile del Mane Techel Fares stanno davanti ai suoi occhi quelle linee roventi. Rilegge le frasi più appassionate: « Parmi accarezzare tuttavia le tue morbide treccie, parmi udire la tua voce argentina, sento, oh sento ancora sulla mia bocca l'impronta delle tue labbra divine… »

Ed è lui, Gigi, che ha scritto così? È lui, il freddo, l'impassibile Gigi? Lui, Gigi Ghieri, il professore che beve alla mattina l'acqua di quassio e porta pantofole così larghe?…

Sofia impazzisce. Ma è dunque solamente con lei che Gigi ragiona a fil di logica con tanta indifferenza? È per la moglie esclusivamente che egli ha accumulato tanti tesori d'esperienza e di scetticismo? Non è sempre stato così dunque?…

E quella donna!

La gelosia del passato, la peggiore di tutte, si impadronisce di Sofia. Dolore e furore la straziano a vicenda.

Per quel giorno non si parla più di lana celeste. Ella impiega le ore a combinare una scena per il ritorno di Gigi.

Che gli dirà? Già lei non sa fingere. Farà così. Appena lo vede spuntare gli corre incontro come una furia e gli mostra la lettera. Questo è il primo pensiero che le viene; ma poi riflette che la furia è cattiva consigliera: si propone di tacere e di scavar terreno in segreto. Se gli scrivesse? No — il mezzo non è simpatico. Se fuggisse in casa di sua madre? — e poi?

Non si è ancora decisa, quando si sente in anticamera la voce calma e sonora di Gigi Ghieri che domanda alla donna di servizio se si è ricordata di chiudere la finestra della cantina.

Sofia si rizza maestosa sulla sua poltroncina, mostrandosi molto occupata a numerare dei bottoni, colle labbra strette, col seno oppresso, agitata da una rabbia sorda.

Gigi. (entrando)… perchè se non si tiene chiusa la finestra, con questi caldi, il vino diventa presto aceto. (vede sua moglie) Addio, Sofia.

Sofia. (freme e non dice nulla).

Gigi. (leva il cappello, si asciuga il sudore della fronte e guarda la tavola dove non appare ancora la promessa del desinare) Neh? Sofia, mi pare che siamo un po' in ritardo.

Sofia. (brusca) Può darsi.

Gigi. E proprio oggi ho molto appetito.

Sofia. (Silenzio perfetto).

Gigi. (si avvicina a sua moglie) Come ti occupano questi bottoni!

Sofia. (silenzio come sopra).

Gigi. Sofia?…

Sofia. (silenzio ostinatissimo).

Gigi. Ma, dico, Sofia, che hai? (prende una sedia e le si mette accanto) Ti senti male?

Sofia. (accenna di no).

Gigi. Via, dammi un bacio.

Sofia. (respingendolo con superbo disdegno) Oh!… guastare l'impronta delle labbra divine! (spezza un bottone.)

Gigi. (cade dalle nuvole) Cosa vuol dir ciò? Sofia, io non capisco.

Sofia resta muta.

Gigi. Ma parla dunque, spiega questo brutto enigma.

Sofia. (ironica) Parlare! A che servirebbe parlare quando non si ha la voce argentina?

Gigi. (tra sè) Che diventasse pazza? (forte) Sofia, francamente io non capisco nulla. In nome di Dio dimmi che cosa è successo.

Sofia. (terribile come la giustizia) Prima di tutto una parola. Mi ami?

Gigi. Non è nuova la parola. Sì, ti amo, lo sai.

Sofia. Quanto?

Gigi. Ma, quanto? Come si fa a dire? Un misuratore in proposito non c'è; il benometro, cara mia, non lo hanno ancora inventato.

Sofia. E questa è la tua risposta? (balza in piedi, afferra sulla scrivania la lettera fatale e la mostra a Gigi Ghieri) Qui però sapevi come dirlo!

Momento solenne.

Gigi guarda il foglio attraverso i suoi occhiali, lo riconosce e arrossisce leggermente.

Sofia. Qui le parole non ti mancavano, e nessuna ti sembrava abbastanza calda, abbastanza viva! Qui lo sapevi come si fa ad amare una donna! Qui tutto è ebbrezza, delirio, poesia!

Gigi. (approfitta di un singhiozzo che interrompe la parlata di Sofia) Mia cara, quando scrissi questa lettera avevo vent'anni. In quell'età è permesso ad un uomo che ama per la prima volta di eccedere un po' nelle sue manifestazioni… Del resto la donna di cui si parla in questa lettera è morta da lungo tempo e tu non hai alcuna ragione di esserne gelosa…

Sofia. Io non sono gelosa di lei; sono gelosa di te, del tuo passato, di tutta quella forte giovinezza che hai dato alle altre, di tutti quegli entusiasmi che ora non hai più…

Gigi. Ma sai bene, gli uomini… prima di prender moglie…

Sofia. Purtroppo lo so! Oh! sono ben felici le donne che voi non sposate. (prorompe in lagrime).

Gigi. (la accarezza dolcemente sui capelli).

Sofia. (se ne schermisce perchè rammenta una frase della lettera: « Parmi accarezzare. le tue morbide trecce »). Lasciami! Non voglio l'elemosina di sì tiepide carezze.

Gigi. Cara mia, rifletti, torna in te…

Sofia. No, no, va via.

Gigi. Io ti amo…

Sofia. (turandosi le orecchie) Taci.

Gigi. Se non sono molto espansivo devi compatirmi: il mio carattere…

Sofia. Non è vero!

Gigi. L'età, l'esperienza, i disinganni…

Sofia piange così forte che Gigi va a chiudere gli usci e le finestre; poi vedendo che sua moglie è inaccessibile, prende il partito di lasciar passare la burrasca, seduto sul divanuccio, colle mani sui ginocchi. Proprio il giorno prima, aveva letto due versi francesi che lo avevano fatto sorridere; a propo sito degli orages il poeta diceva: J' ai vu ceux des femmes, j' ai vu ceux des flots, Et je plains les maris plus que les matelots.

Se li ricordava perfettamente; ma non sorrideva più.

La pendola del caminetto suonò le sei e mezzo.

Gigi. (prendendo una risoluzione) Dopo tutto bisognerà pranzare.

Chiama la donna di servizio, alla quale per salvare le apparenze dice che la signora ha l'emicrania.

La donna di servizio porta in tavola la zuppiera in punta di piedi; intanto che Sofia colla faccia nascosta nel velo della sua poltrona continua a singhiozzare.

Gigi. (col tovagliuolo spiegato) Sofia, andiamo… Non fare ragazzate. Si direbbe a vederti che sei una moglie tradita, mentre sa il cielo se io ti voglio bene e se desidero la tua felicità! (Scodella la minestra per due) Sofia… Sofia, mi fai dispiacere.

Sofia. (con impeto, voltando mezza faccia) Ed io forse godo!

Gigi. Ad ogni modo, godimento o sofferenza sono volontari; mentre io, rifletti, cara, sono stato a scuola tutto il giorno, ho avuto gli esami che mi hanno stancato orribilmente, vengo a casa con una fame indiavolata e invece della tavola pronta, trovo una moglie piangente e una lettera di quindici anni fa. Tutto ciò è ben fatto per mettere alla prova la pazienza di un uomo. (sparge il cacio sulla minestra). Vieni a tavola, andiamo.

Sofia. Non ho appetito.

La donna di servizio entra ad annunziare la signora Ardizzoni.

Gigi. A quest'ora?

La donna di servizio osserva che sono a momenti le sette e che se la signora non avesse l'emicrania, avrebbero già finito di desinare.

Gigi. È vero (depone il cucchiaio che aveva in mano e muove incontro a sua suocera). Pazienza! È un giorno predestinato. (ripensa ai due versi francesi).

Sofia si preme gli occhi col fazzoletto dopo averci soffiato sopra.

La signora Ardizzoni, sull'uscio, volge intorno un'occhiata e intanto che stringe la mano a Gigi Ghieri, dice fra sè: Ci siamo.

IX.

La signora Ardizzoni. (accomiatandosi da Sofia) Addio mia cara figlia. (Volgendosi a Gigi Ghieri che la aspetta col cappello in mano) Sono dolente, mio caro genero, di dovervi disturbare…

Gigi. (da uomo educato) Oh! si figuri è un piacere.

La signora Ardizzoni. Siamo proprio troppo lontani. L'anno venturo voglio prendere appartamento qui, vicino a voi.

Gigi. Sarà una gran bella cosa. Non dico questo per…

La signora Ardizzoni. (sorridendo) Non ne dubito (abbraccia Sofia e le fa qualche raccomandazione a bassa voce).

Sofia. (cogli occhi rossi e un po' confusa) Addio mamma.

Gigi cede il passo alla Signora Ardizzoni che va fuori e scende le scale; egli la segue.

La signora Ardizzoni. (nella strada) È una sera stupenda.

Gigi. (offrendole il braccio) Bellissima!

Camminano in silenzio per una ventina di passi.

Gigi. (con un certo imbarazzo) Mi dispiace ch'ella abbia trovata Sofia sotto l'impressione d'una scena… poco piacevole…

La signora Ardizzoni. (che aspettava la confidenza) Me ne dispiace per voi. Desidererei che mia figlia non vi offrisse mai l'occasione d'inquietarvi.

Gigi. Oh! sì, lo desidererei anch'io.

La signora Ardizzoni. Nel pensiero di Sofia non vi può essere certamente che quest'unica meta. Non ne dubitate, vero?

Gigi. (duro) Convien dire però che ella sceglie una cattiva strada e non sono d'opinione che tutte le strade conducano a Roma.

La signora Ardizzoni. (ferma e prudente) Sofia ha torto senza dubbio ma…

Passa un signore e saluta Gigi Ghieri; egli si leva il cappello. La signora Ardizzoni si arresta sul ma.

Gigi. (quando il signore è passato) Lei forse vuol dire che i miei torti li ho anch'io?

La signora Ardizzoni. Torti, propriamente, non crederei; tuttavia (cauta)… molte volte gli uomini non sanno compatire, non vogliono comprendere certe debolezze del carattere femminile…

Gigi. Si può dire anche l'opposto. Le donne non sanno compatire, non vogliono comprendere certe debolezze del carattere maschile…

La signora Ardizzoni. Ad ogni modo chi ha maggiore età e maggiore esperienza deve avere necessariamente una certa forza morale (con disinvoltura). Oh! Dio, si sa, quella del marito è un'arte.

Gigi. Un'arte?

La signora Ardizzoni. Sicuro. Ci vuole del talento per essere un marito come si deve.

Gigi. Ed io?…

La signora Ardizzoni. (pronta) E voi lo avete, mio caro genero: sempre che il vogliate, s'intende; cioè rinunciando a quella indolenza maestosa da viandante di strada maestra che fa sembrare così attraenti alle mogli le viottole di traverso…

Gigi. (impensierito) Come sarebbe a dire?

La signora Ardizzoni. (con espressioni confidente) Ghieri, siamo giusti; io per la mia età e voi per i privilegi del vostro sesso, abbiamo acquistato una esperienza che manca assolutamente a Sofia. Quando vi diedi mia figlia essa usciva da un mondo di sogni…

Gigi. (interrompendo) E qui sta appunto il male. Perchè si avvezzano le ragazze a vivere nel limbo? Perchè non si insegna loro la verità delle cose? Perchè…

La signora Ardizzoni. (interrompendo a sua volta) Perchè questo non è possibile: perchè chi lo dice, più ancora che un sognatore, è un utopista: perchè sarebbe necessario cambiare prima di tutto il sistema della società, riformare i costumi, sopprimere le tradizioni, romperla col decoro, col pudore, con tutto ciò che ha formato fino ad ora l'aureola più poetica della donna. Bisogna essere madri per comprendere la falsità del nuovo vangelo che si va diffondendo. Credete a me: nella vostra smania di livellare ogni cosa, uomini e donne, risparmiate almeno la fanciulla; se togliete ad essa la santità della sua ignoranza, la purezza de' suoi sogni, che cosa le resta?

Gigi. Il sapere.

La signora Ardizzoni. Ma questo è buono per noi, magra consolazione alle nostre illusioni svanite. Che cosa volete che ne faccia la fanciulla di un sapere teorico? Quale vantaggio ne avrà quando col progresso le mostreranno le verità della vita chiuse in un'ampolla, con scritto sopra: vedere e non toccare? Io lo chiedo a voi.

Un tram, due carrozze e un carretto intercettano la via. Gigi Ghieri e la sua dama si fermano per lasciarli passare.

Gigi. (guardandosi attorno per vedere se non capitano altri veicoli). Ma in fine Sofia è maritata da quarttro mesi…

La signora Ardizzoni. E cosa sono quattro mesi al confronto di ventiquattro anni?

Gigi. Mia cara signora, con tutto il rispetto che le devo e col bene che voglio a Sofia, se devo aspettare altri ventiquattro anni…

La signora Ardizzoni. (sorridendo) Come siete impaziente! (seria) È certo che il marito ha una missione da compiere. La madre non può dare che una buona fanciulla; sta al marito il trasformarla in una buona donna. Capisco, (severa e leggermente sarcastica) un uomo che ha già percorso tutta la carriera delle armi… gentili, che ha conosciuto il nemico in guerra, in pace, in tutti i modi possibili, questo guerriero ne ha abbastanza di lotte. Esso vorrebbe trovare un frutto fresco, maturo, saporito, pronto, che lo risarcisse subito di tutti i frutti fradici ingoiati al campo… e se il frutto è un po' alto, se è difficile a cogliere… l'eroe si stanca. Non è così?

Gigi. (arrossendo; ma è buio e non si vede) È naturale che prendendo moglie non si ha l'intenzione di entrare nella camera coniugale con una scala di seta.

La signora Ardizzoni. (laconica) Avete torto.

Gigi. (impetuoso) Come? Sta a vedere che un marito dovrà fare il Romeo a perpetuità! Mi meraviglio che una donna di buon senso come lei… se sono questi i consigli che dà a Sofia…

La signora Ardizzoni. Rassicuratevi. Con mia figlia io parlo ben diversamente; ma con voi sono obbligata a sostenere un po' la causa di queste povere donne, di queste sposine dell'oggi, che ieri ancora erano fanciulle inesperte… Vi costerebbe tanto, ditelo, o uomini positivi, a risparmiare un pochino la tendenza poetica del nostro sesso, a lasciarci qualche illusione? Mi spiegherò meglio. Vi piacciono i confetti?

Gigi. (sorpreso) Mediocremente.

La signora Ardizzoni. Ma poniamo che vi piacessero?

Gigi. Li mangerei.

La signora Ardizzoni. Così, nevvero? Come si trovano? Ebbene, le donne invece vogliono i confetti in un astuccio di raso, con dei fiocchi in giro, dei ricamini, degli svolazzi… Il sacchetto trapunto delle giovani sposi (successore dell'antica scatoletta di cartone dorato) rappresenta proprio l'amore come esse lo intendono e, guardate, i confetti finiranno, ma il grazioso astuccio di raso resta per sempre in un angolo privilegiato del loro cassettone…

Gigi. (è soprapensieri).

La signora Ardizzoni. Spero di non avervi offeso?

Gigi. Oh! no (si morde i baffi ma è sempre buio) Solamente mi trovo in un grande imbarazzo. Venendo alla chiusa del suo discorso: o ricamini, o… niente confetti. È un bivio.

La signora Ardizzoni. Il bivio c'è sempre nella vita; altrimenti dove sarebbe la scelta?

Si trovano in piazza del Duomo.

Gigi. Preferisce fare la Galleria o via Carlo Alberto?

La signora Ardizzoni. Via Carlo Alberto, se non vi spiace. Ecco un altro bivio. (sorride) Ma io l'ho sciolto subito.

Gigi. (francamente) Mia buona signora, lei crede che io sia un cattivo marito?

La signora Ardizzoni. Tolga Iddio! caro Gigi: siete un genero ammirabile, ed io sono persuasa che sarete felicissimo con Sofia; ma è certo che nei primi tempi bisogna aver un po' di pazienza, e più ancora che pazienza, destrezza… Sono le scosse del carro che si mette in moto. Pensate, vi prego, che Sofia ama per la prima volta, che ella deve trovare in questo affetto la realizzazione di tutti i suoi desideri; ch' ella è obbligata a condensarvi tutta la forza, l'idealità, le aspirazioni, i palpiti che voi altri uomini sfruttate largamente in una pluralità indefinita. Infine se ella coglie un fiore solo dove voi avete falciata una messe, non è naturale che questo fiore lo desideri bello, variopinto, profumato? Deve essere per lei la quintessenza di tutti i fiori.

Gigi. (metà serio) Mi lasci dire, lei è una suocera terribile.

La signora Ardizzoni. (rileva soltanto la parte faceta e ride).

Gigi. Le sette fatiche d'Ercole sono una giuggiola in confronto all' arte di fare il marito così.

La signora Ardizzoni. (abbassando la voce) Ma il marito ha un alleato più potente di lui.

Gigi. (non capisce affatto e guarda sua suocera colla meraviglia di chi vedesse a nevicare in luglio).

La signora Ardizzoni. Mi sono spiegata?

Gigi. Come il Corano scritto in turco.

La signora Ardizzoni. Eppure non è difficile. Che cosa manca, secondo voi a Sofia?

Gigi. Secondo me, modestia a parte, mi pare che non le manchi nulla. Se poi ella ha delle aspirazioni superiori, dei bisogni d' affetto, di gioie maggiori…

La signora Ardizzoni. Andate pure avanti.

Gigi. (con allarme) Egli è che… non vedrei niente di buono andando avanti.

La signora Ardizzoni. (grave) Quando una donna appassionata e sensibile non trova nel marito un completo soddisfacimento ai bisogni del suo cuore, (ciò succede quasi sempre), il compenso, il conforto, l'ultima parola del graude poema, il riassunto d'ogni ideale, d'ogni desiderio è…

Gigi. trattiene il fiato per sentir meglio).

La signora Ardizzoni. (bassissimo) La maternità.

Gigi. (con un sospiro di sollievo) Meno male!

La signora Ardizzoni. Date un figlio a Sofia e la vedrete calma, serena, felice. La sua mente occupata non vagherà più nel mondo dei sogni, il suo cuore troverà finalmente quella sorgente inesauribile di commozioni che solo i figli sanno dare.

Gigi. (allegro) Peuh! Peuh! Il consiglio non è forse cattivo.

La signora Ardizzoni. Quand'è così fatemi nonna presto.

Il primo amante di una donna è come il capostipite di una famiglia: tutti gli altri dipendono da lui. Se è stato sfortunato lo vendicano e lo fanno rimpiangere; se fu meschino lo rimettono al sno posto; in ogni caso serve di pietra di paragone e le donne hanno una facoltà speciale per tenere uniti questi anelli differenti che formano in molti casi la collana più gradita del loro scrigno.

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Si è sempre detto che la donna sa amare più dell'uomo. Ciò dipende in gran parte dall'attitudine che ella ha di diluire in un grosso bicchier d'acqua quello che l'uomo condensa in una goccia.

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Il pensiero innalza l'uomo, il sentimento innalza la donna e riuniti formano il più alto grado della perfezione; ma questa al pari della scala di Giacobbe non è popolata che da angeli.

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Il rispetto è senza alcun dubbio la maggior prova d' amore per parte di un uomo. Disgraziatamente non è sempre la più apprezzata.

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In fatto di bellezza ogni donna, nel suo intimo convincimento, non ammette che quella che possiede lei stessa.

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L'ironia che sembra frutto di poco sentimento è il più delle volte un risultato di germi assolutamente contrari. L'ironia è fatta di lagrime congelate.

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Le doune che hanno amato e che sono state amate molto, conservano intorno a loro fino al limite della vecchiaia come un odore di polvere bruciata del quale molte approfittano per illudersi ancora di far la guerra.

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La gelosia, purtroppo, è la compagna dell'amore ma nello stesso modo che la malattia accompagna l'uomo. L'ideale dell'amore deve essere senza sopetti come l'ideale della vita senza malanni.

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Il conseguimento della felicità non è lo scopo massimo dell'amore. Ogni innamorato è anzitutto un curioso.

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Non è per ipocrisia che una donna nasconde in pubblico i suoi sentimenti: è per pudore. Questa delicatezza fu compresa benissimo da un alto poeta quando pose sulle labbra della sua eroina questi versi celebri: « Cara, segreta, ignota al sol, romita « Vive la cura che m'accende il cor.

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Le donne vane e leggere si vestono del loro amore come di un cappellino o di una mantiglia, e sciorinano i loro sentimenti come il tacchino la sua coda.

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Ama poco chi molto ciarla.

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C'è negli amori segreti, gelosamente custoditi, una grazia misteriosa di flora sottomarina che pure accogliendo in sè i germi della vita animale, si espande in una fioritura di petali e di steli.

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La parola Ideale è adoperata per indicare il più alto grado di aspirazione in un individuo; ma non bisogna dimenticare che il più alto grado dell'uno è talvolta l'infimo scalino di un altro.

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La strada della perfezione non è un sentiero dritto e soleggiato di cui ognuno può scorgere la meta; è una viottola buia, erta e scabrosa dove bisogna procedere a tentoni, urtando spesso la fronte e lacerandosi i piedi.

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Gli uomini che si tengono sicuri della loro conoscenza della donna per le esperienze fatte sulle donne galanti, mi fanno pensare a un viaggiatore che per aver visitato l'ospedale di una città volesse concludere che tutti gli abitanti sono ammalati.

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Coloro che affermano essere il mondo una accolta di vizi e di brutture, hanno dimenticato le conquiste della religione, della scienza, dell'arte, conquiste che non si sarebbero fatte se gli uomini fossero tutti egoisti, viziosi e cretini.

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Alcuni uomini, ignari delle alti fonti della compassione, sciupano quel poco di cui possono disporre per le donne perdute. Mi fanno l'effetto di uno che avendo un solo tozzo di pane lo desse ad un cane.

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Una donna può dire ad un uomo: briccone — oppure barbaro — oppure impertinente — oppure ipocrita, senza che la causa di lui sia affatto perduta. Ma se gli dice: imbecille, non c'è più niente a fare.

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Ciò che vi è di più eloquente negli uragani è il tuono, nell'amore il silenzio.

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Un amore somiglia ad un altro amore, come una faccia somiglia ad un'altra faccia. Ma ogni faccia ha la propria espressione ed ogni amore il proprio sentimento.

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L'espressione in un volto è metà della bellezza; il sentimento in amore è la bellezza tutta intera.

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Nelle partite d'onore, chiamate volgarmente duelli, i due competitori tentano prima di uccidersi e poi si abbracciano. In amore, duello qualche volta più serio, si abbraccia prima e si uccide poi.

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Mai, sempre, in grammatica sono avverbi per tutti i tempi. In amore non rappresentano che il tempo presente.

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La fedeltà, per essere chiamata virtù, deve attaccarsi a un oggetto degno. Ravvedersi dell'errore è in caso contrario più virtuoso che il persistervi.

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Il successo è la pietra di paragone dell'ingegno perchè è lo scoglio dei mediocri i quali vi naufragano irremissibilmente.

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Molti chiedono agli scrittori: Perchè non vi ispirate ai grandi ideali del socialismo? Perchè non scrivete romanzi sulle classi diseredate? Ciò mi fa lo stesso effetto di una donna che se ne andasse attorno chiedendo agli uomini: Perchè non vi innamorate di me?

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Vi sono parole sublimi che cadendo in un orecchio indifferente si perdono: ve ne sono altre, affatto vuote, che ad un orecchio preparato sembrano sublimi.

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L'orgoglio, quando non sia un giusto moderatore fra il cuore e il cervello, corre il rischio di fare come la spuma dello sciampagna la quale ricade sul piede del bicchiere.

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Amare le bestie, quando si ha la scelta fra gli uomini e Dio, non è cosa che onora nè che giova.

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Saper far soffrire a suo tempo è uno dei segreti per farsi amare.

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Di tre cose ha bisogno la donna: di un amante, di un padrone, di un consigliero; l'amante per la sua immaginazione, il padrone per i suoi sensi, il consigliero per il suo cuore.

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Il più veggente fra gli uomini ha un giorno nella vita in cui le sue passioni gli pongono un velo sugli occhi.

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Una donna che non ha mai pianto non è donna che a metà.

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Se una donna è bella deve prepararsi ad avere in ogni uomo un nemico, perchè egli la corteggerà, ed allora, una delle due: o gli corrisponde e corre i pericoli dell'amore o lo respinge e corre i pericoli della vendetta.

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Le donne che piacciono alle altre donne sono in generale quelle che non piacciono agli uomini.

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L'ingegno si ammira, la bellezza piace, la grazia seduce, la bontà commuove, il criterio persuade; ma nessuna di queste qualità presa separatamente basta a suscitare quel sentimento così misterioso e così complesso che dicesi simpatia. Esso è un segreto della natura.

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L'amore che giunge all'indifferenza prima di attraversare una fase d'odio, è un povero amore.

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L'amore non dura, è fatale; ma si rinnova e ciò è più fatale ancora.

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L'amore ideale esiste, ma non si può stringere nè incatenare e conservarlo eternamente. Bisogna accontentarsi di beverlo in uno sguardo, in una stretta di mano, in una lagrima, in un sorriso, nel momento che fugge, nel palpito che vibra e passa. Non più in là.

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Quando il sentimento sopravvive all'istinto brutale acquista una delicatezza somma, come un'anfora in cui sieno state chiuse delle essenze, ma dove non resta che il profumo.

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Sopra cento persone cinque sono indifferenti all'amore; quarantacinque vorrebbero amare; ventinove vi si provano; venti credono di riuscirvi; una ama.

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Le sole illusioni che tutte conserviamo sono quelle che ci facciamo sopra noi stessi.

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Il vero amore è come un palazzo senza scala… Per salirvi bisogna avere le ali.

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Un vero bacio nè si chiede nè si ruba; deve essere lo scatto irresistibile ed unisono di due desideri a lungo compressi.

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Tutto ciò che si frena, che si soffoca, che si nasconde, torna a vantaggio dell'amore.

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La simpatia può essere subitanea, ma il vero e grande amore ha bisogno del tempo per affermarsi.

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Coloro i quali non fanno altro che vedersi, piacersi e ottenersi, possono dire bensì di aver avuto l'amore, ma allo stesso modo dei viaggiatori che salgono le Alpi in funicolare. Toccano la vetta senza conoscere la montagna.

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L'amore può morire tanto di fame come di indigestione. Tutto sta a sapere qual'è la morte migliore.

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Vi sono tre tempi in amore. Tempo primo: quando le parole t'amo escono contemporaneamente dalle due bocche. Tempo secondo: quando l'uno domanda mi ami? e l'altro risponde sì. Tempo terzo: quando alla domanda mi ami? viene risposto: ma lo sai!

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Tra due persone che si amano la più forte è quella che ama meno.

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È curioso ad osservarsi come, allorquando si tratta di donne, gli uomini confondono il significato della parola buona. Per essi è buona la donna che risponde al loro amore, senza riflettere che tale concessione non si fa mai per bontà, ma nel caso migliore per simpatia.

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La ragione dell'amore sfugge a qualsiasi analisi. Si potrà dire quanto e come si ama, mai perchè.

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Il mondo è così pieno di poveri, di brutti, di sciocchi, che chi ha ricchezza, bellezza od ingegno deve impiegare tutte le sue forze a farseli perdonare.

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L' entusiasmo che alcuni ignoranti hanno per le persone superiori non dipende altro che da questo: che la persona superiore li ha persuasi di essere fratelli.

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Una donna che ha molti successi, se non vuole essere morsicata dall'invidia, farà bene a nasconderli più che può, per mettersi almeno apparentemente nella stessa condizione di quelle che non ne hanno.

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Pensando a tutto ciò che la religione, la morale, la società, la famiglia, la natura stessa esigono dalla donna vien fatto di esclamare: A buon conto nessun uomo vorrebbe essere donna!

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Si continua a dire il sesso debole come si dice il sorgere del sole, quantunque sia positivamente provato che il sole nè sorge nè tramonta.

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I poeti sono senza dubbio coloro che meglio parlano d'amore, ma non sono affatto quelli che amano meglio.

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Molte volte, in amore, invece di accarezzare si morde. Molte volte la parola affettuosa viene strozzata da un non so che di aspro e di violento che rassomiglia all'odio.

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Chi ha molto sviluppato l'amore di sè stesso non può veramente amare. Esempio: i ghiottoni, gli ambiziosi, gli avari.

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In amore non vi sono atei. Vi sono appena convertiti e convertibili.

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Si potrebbe dire che nel lambicco dell'amore uon vi sono che due sapori. Quando il dolce, che sta in cima, per una ragione qualsiasi si decompone, l'amaro dal fondo sale rapidamente.

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Tutte le passioni si assomigliano. Il piacere che esse ci dànno non è che quello che noi vogliamo attribuir loro.

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Quando sento dire che un amore si è spento improvvisamente per l'effetto di un disinganno, penso a certe macchie che spariscono dietro l'applicazione della benzina per ricomparire mezz'ora dopo.

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Le persone ingenue credono che in amore tutto sia tenerezza e dolcezza, mentre non vi è amore al mondo che non faccia spargere tante lagrime almeno quanto abbia dischiuso di sorrisi.

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Troppe volte l'amore somiglia a quel balocco giapponese che si presenta come una grande scatola, dove se ne trova un'altra, e un'altra e un'altra ancora; dieci, quindici, sempre digradanti in misura, finchè l'ultima è così piccina che non potrebbe contenere neppure un bocciuolo di rosa.

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L'ideale non è altro che quello che si vede in lontananza.

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Le virtù accrescono le forze dell' amore. Esso che è tutto grandezza non germoglia a suo agio che nelle anime grandi.

Quando, dopo molti giorni di pioggia i ciottoli del selciato si mostrano purificati dalla polvere e dalla lordura, noi possiamo discernere in esse il quarzo, il granito, la silice: così le lagrime detergono i cuori e sotto di esse prendono risalto le buone e le cattive qualità dell'animo.

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È un grave torto il considerare l'amore una cosa comune, accessibile a tutti. Si dovrebbe invece prepararvisi come al compimento di un alto e religioso mistero.

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Il grado più alto di una religione è sempre quello dove il culto raggiunge l'amore e il grado più alto dell' amore è quando l'adorazione si fa religiosa.

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I pagani credettero di far molto facendo nascere amore da Venere; i cristiani vanno molto più in là: esso lo traggono direttamente da Dio.

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Le donne diranno male volentieri di una data donna, ma non mai delle donne in genere. Gli uomini sono in questo più generosi, difendono tanto il sesso quanto l'individuo.

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Gli antïpatici, nella maggior parte dei casi, sono sinceri; è facile capire che mentirebbero volentieri. Coi simpatici invece non si è egualmente sicuri ed è buono ricordarsi che non è tutto oro quel che luce.

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Spunta naturalmente sul pendio delle alpi una povera rosellina che, vista in bottone, per il colore, la forma e la freschezza si può scambiare con una rosa di giardino. Solo quando si apre mostra le sue quattro foglie meschine, senza profumo e che avvizziscono subito. Sarebbero dunque le rose come le donne che si conoscono alla sbocciatura?

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Non si è mai riusciti a stabilire con esattezza se ciò che forma il maggior fascino dell' amore sia la simpatia cbe si prova o quella che sí ispira.

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Un piccolo amore, il simulacro di questo sentimento, offende una donna sensibile. Il grande amore invece trova in sè la propria assoluzione, la discolpa presso gli altri e spesso il compenso da chi ne è l' oggetto.

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Quanto sperpero d'amore fanno quotidianamente le anime sensibili! E come ne avvantaggerebbe l'equilibrio della società se quello sperpero si potes se raccogliere e disporre a beneficio degli indifferenti.

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Quando di una persona piacciono solamente le qualità si tratta di ammirazione semplice; ma quando piacciono anche i difetti, acqua, padre!…

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Il no e il sì non hanno sempre in amore lo stesso significato. Vi sono dei sì senza convinzione e vi sono dei no che affermano, confermano e raffermano.

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In amore le gradazioni valgono più dei colori.

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Le donne hanno questo di comune col vino che, se la qualità è buona invecchiando migliora. Fatalmente l'alterazione è tanto facile per il vino quanto per le donne.

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Le donne pensano coi sensi, amano col cuore, soffrono coll' immaginazione.

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Ciò che determina una simpatia, non è forse tanto la sovrabbondanza di certe qualità, come la mancanza di certi difetti.

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Vi è un tempo in cui la persona amata, pronunciando parole comuni come: « pane, cacio, scarpe » ha l'aria di dire delle idealità, e ve n'è un altro, durante il quale le parole « amore, luce, vita » non sembrano più nella sua bocca che cose triviali e scipite. Il primo tempo corrisponde a quello che con una parola si intende tutto; il secondo, a quell'altro in cui cento pagine non riescono a spiegare nulla.

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Lo scoglio di tutte le affezioni è la intimità; ma siccome ne è pure lo scopo diretto, è qui che si deve cercare l'origine d'ogni disinganno.

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L'amor proprio, nell' uomo, prevale sull'amore. Se qualche volta sembra cedere, se si inchina alla donna, è solamente in un caso consimile di quando, avendo sete, si abbassa alla fonte per bere.

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La rarità del gusto per i piaceri dell'immaginazione è una prova che essi sono superiori agli altri.

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Nelle relazioni tra uomo e donna, il significato delle parole è spesso sconvolto. Comprendere vuol dire sentire; credere, sperare; e col medesimo procedimento, bellezza corrisponde a desiderio; idealità a mistero; ardore a resistenza; piácere a novità. Quasi mai amore corrisponde perfettamente ad amore.

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È una triste necessità dell'amore quella di far soffrire. Se non direttamente, sarà indirettamente, ma ciò è inevitabile.

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L'amore, sulla scena del mondo, è come un attore che rappresenta tutte le parti. Ora lo vediamo fare da re, ora da schiavo, ora da tiranno, ora da vittima; e si produce con eguale successo nelle farse, nelle commedie e nelle tragedie.

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Avviene nelle relazioni amorose quel che avviene nel fare la calza. Quando cade un punto bisogna raccattarlo subito, altrimenti tutto il lavoro rimane sciupato.

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Qualunque persona può avere un lato generoso, perchè siamo tutti generosi nelle cose di cui non ci importa nulla.

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I sacrifici più meritori sono i sacrifici incompresi.

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Rade sono le calzature a cui non si sciupi prima la suola che il tomaio, ovvero prima il tomaio che la suola: così nell'accordo di due persone difficili è il caso che giungano alla fine senza tacconature o da una parte o dall'altra.

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Il poeta non è mai in così buona compagnia come quando è solo.

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Gli amori vietati suggeriscono al peccatore timorato delle ingegnose transazioni. Egli non apre il barattolo del miele, ma gira tanto intorno che finisce col trovarsi una fessura, ed allora succhia più che può.

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Un grande orgoglio ha questo di buono che ci salva dalle piccole vanità.

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Il pericolo dell'orgoglioso è che, a furia di isolarsi, finisce come un uomo che fosse caduto in fondo a un pozzo e volesse giudicare il mondo da quel pezzettino di cielo che vede sul suo capo.

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Si può a rigor di termine vivere senza amore, ma è necessario aver amato.

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Non è che l'amore sia per sè stesso un tesoro, ma è la chiave che apre tutti i tesori.

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Le porcellane fine ed i cuori elevati sono quelli che hanno attraversato la più alta temperatura.

***

Uno sbaglio mette uno zero nel nostro bilancio sentimentale, ma un ravvedimento a tempo può cambiare lo zero in un milione.

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La perfezione è una parola vana se non si congiunge alla opportunità. Essere ciò che dobbiamo in un dato momento: ecco la perfezione.

Prefazionepag. V
Fotografie matrimoniali:
I. — Il viaggio1
II. — Luna di miele19
III. — Mode del giorno37
IV. — Dopo il pranzo49
V. — Consigli a Sofia65
VI. — Confidenze85
VII. — Intimità95
VIII. — Burrasca109
IX. — Consigli a Gigi Ghieri129
Farfalle nere e farfalle bianche149