TRAGEDIA SECONDA

Vol. IV.

SERVIO, re di Roma.

LUCIO, figlio di Tarquinio il vecchio.

TULLIA, figlia di Servio.

TARQUINIA, consorte di Servio

OSTILIO, capo antico dell'antica Tribù di Toscana.

La scena è in Roma nella reggia.

SERVIO, OSTILIO.

SERVIO. Roma?

OSTILIO. Nunzio m' invia.

SERVIO. Chiede?

OSTILIO. Di Lucio Chiede il ritorno a te, che scelto fosti Da quella plebe re di Roma, e 'l sei.

SERVIO. Delitto occulto il danna a morte; il dissi.

OSTILIO. Lucio in esilio sta… Rammenta quante Volte suonaron le quirine vie Di minaccie e di preghi; a te 'l pregare E 'l minacciar chiedeano Lucio.

SERVIO. Io siedo Sul trono; e re del popol suo non trema; Nè padre mai trema dei figli…

OSTILIO. Sangue Dei re di Roma, di Tarquinio antico, È Lucio; amore egli è verace, sauto Del popolo roman.

SERVIO. Vive la plebe Di lontane speranze, ed ama sempre Nell' oscuro avvenire anche i tiranni.

OSTILIO. Rammenta il vulgo qual possanza egli ebbe Dell' antico Tarquin fra l' auree leggi. Rammentiam noi, nati Latini e Toschi, Ch' ei della patria nostra il nome e gli usi Lascionne un dì sul Tebro; egli, chiamando Noi negli alti consigli; egli, che il tempio A noi non tolse, nè gli auspici.

SERVIO. Nunzio Del Tebro, tu 'l dicesti: un popol solo Toschi, Latin, Romani, oggi son fatti Per opra mia.

OSTILIO. Non lo sperar: possente Il patrìo affetto occulto in ogni cuore Vive…

SERVIO. Ed è patria nostra Italia e Roma, Itali tutti; onde in miglior etate Siavi patria sol una, ed ella grande Per la concorde fè sorga ed imperi All'Ausonia ed al mondo.

OSTILIO. A che ti cingi, Re della plebe e dalla plebe eletto, Tu di un fatal senato? al popol tuo Perchè prescelto hai quella schiera?

SERVIO. Schiera Ella è di forti; sua possanza nacque Da sua stessa virtù; virtù la fece Grande in armi ed in pace; ond' io ne scelsi I migliori a consiglio, e n' avran padri E condottieri i popoli inquieti, Cui speme ed uso di mutabil legge Fa grave anco la pace…

OSTILIO. A noi de' vinti Partisti l' oro, ed un sonno di morte Comprar credesti e spargere nel vulgo. Non cura l' oro il vulgo; a lui togliesti Ogni possanza; ma l' antica sua Possaoza ei brama, e non l' oro. Suo forte Duce or gli togli. A lui rispondi: quale S' ebbe delitto? se ai Tarquini imbelli E non adulti te prescelse padre Il Tebro, e re ti scelse, egli tiranno Allor non ti credea…

SERVIO. Nunzio di Roma, Sin che hommi impero quì, garrir io teco Nè vuo', nè deggio. De' Tarquini antichi I figli sposi alle mie figlie io scelsi, E gloria del suo nome eccelso, Aronte Al regno, all' amor mio scelsi. Egli cadde: Duol n' ebbi acerbo… Nell' esiglio tratto Delitto ha l' altro de' Tarquini: nuovo Delitto a morte oggi il trarrà. M' udisti? Spento sarà Lucio. Ora parti.

OSTILIO. E reco?

SERVIO. La condanna di Lucio. Oggi l' esiglio, Che più non basta a raffrenar l' iniquo, Avrà fin nella tomba.

OSTILIO. O re, la plebe…

SERVIO Dove la legge impera, alfin la plebe Tacere impari, o tremi.

OSTILIO. Ancor sul Tebro Ignote voci queste son. Di Roma Vacilla il fato…

SERVIO. Non vacilla il soglio Di chi morte non teme.

OSTILIO. Il tuo volere S' adempia or dunque… Al popol tuo lo reco* Parte,

SERVIO. Un tanto reo fra duro esiglio, or tuo Re brami?… Oh, che sei dunque amor di plebe!

SERVIO poi TARQUINIA.

TARQUINIA. Servio!* Va per tornare indietro.

SERVIO. Ahi! donna, degg' io fra lunghe cure, Di regal serto indivisibil pena, Trar la mia vita senz' aver conforto? E padre e sposo mai!… Tu, che sì cara A me pur sei; tu che ben quattro lustri, Quale conviensi a regia donna, fosti, De' miei pensier se non a parte, almeno Sollievo a' miei pensier; or tu mi fuggi, Tu pur… me fuggi orbo di prole; e sprezzi, Mesta, pensosa, e nel dolor tuo giusto, L' amor mio vero?

TARQUINIA. Che di' tu? son madre; E son madre infelice.

SERVIO. Oh stato padre Non foss' io mai!

TARQUINIA. Io di Tullia son madre: E Tullia… Ahi! da più lune alto delirio L' invade, a cui succede orrida calma… Calma di morte!… Egra, tremante, muta, Gran sorte è, s' ella nel materno seno Stilla spargere può d' amaro pianto Misera figlia!

SERVIO. Acerbo alto dolore Ed acerba vergogna a noi costei Fra deliri cagiona; estrema ella era Nostra speranza. Ella… Ma tu respinta Ferocemente dalle braccia sue, Ahi debol madre! coll' immenso affetto, Col lungo pianto or dividendo irriti La colpevole certo e sconosciuta Fonte del suo penar: fra cupi avelli Terribil fato la sospinge e segue: Forza trarralla, e non pietà, da' cupi Avelli ove pur sta…

TARQUINIA. Che tenti? un nume La persegue, ed invan resisti al nume Implacabil, tremendo. Invano io l' are Stancai di voti; e meco Tullia ella era A piè dell' are paventate e sacre. Ora disciolta il crine e disadorna, Ella rifugge da quell' are, il cielo Maledicendo a lei tiranno. Un grido Senza posa iterando, O morte (sclama)! O morte! a che più tardi? a che più tardi? Udir da lungi il suo grido funebre Parmi… Oh! non senti?

SERVIO. Il tuo sì grave affanno Nel cuor mi piomba, e 'l terminar m' è forza L' empia guerra d' affetti…* Verso la scena. A me sia tratta Tullia.** Viene una guardia, che parte.

TARQUINIA. Deh pria m' odi: ella muor d' angoscia; Emmi noto onde muore. Io lunga etate Vivo funesta vita; or darmi pace Puoi tu… Mia speme, mio signor, la destra, Che appiè dell' are d' un eterno affetto In pegno m' ebbi, io stringo a te; pei sacri Penati augusti, di Lucio il ritorno, Speme de' miei Tarquini, oggi ti chiedo. D' amor profondo Tullia vive: amore È quel vindice nume, ond' ella ha morte, Ella ama…

SERVIO. Lucio?

TARQUINIA. Oh quai tremendi sguardi! Ahi qual ira t' accende!… In sul mio labbro L' estreme voci alto terror respinge.

SERVIO. Ella ama Lucio!… Ella!… Un amor nefando È che la strugge: ed io cagion ben altra, Che tu non credi, ho d' abborrir costui.

TNRQUINIA. L' abborri? dunque invano a' piedi tuoi Io pur, io figlia de' Tarquini, or piango Dell'ultimo Tarquinio il duro esiglio; Chè ahi forse, forse avrà il suo fin da morte. Del senato e del popolo le voci Odi; ti chieggon Lucio e Roma e Tullia, Che spenta indarno piangeresti, e questa Antica madre… Ah non sdegnarti! ah sposo, Perdona! ah sposo! disperata madre Son io… Tu padre sei… Strascinerommi A' piedi tuoi, mio re. Vedrà la Reggia Me, del soglio e del talamo compagna, Nella polve piegar l' altera fronte Usa all' ostro regale, a te chiedendo Fra gli estremi singhiozzi, o Tullia, o morte. Rendimi Lucio, ond' ella abbiasi vita! Rendimi Tullia!… I numi stessi, i numi Una vera d' amor profonda legge Posero in sen di genitrice, ond' ella Vive nei figli, e senza lor non vive.

SERVIO. Ahi debol cuor! che brami?

TARQUINIA. Un solo imene Havvi per Tullia in terra, e sono a lei Vietate, il sai, non diseguali nozze Dal duol suo stesso; a me per sempre speme Di cara prole. Aronte è spento! è spenta L'altra dolce mia figlia; ed io gli estremi Giorni men vivo in solitudin muta. Ah lasciami guidar Tullia a quell'ara Ove giurò fede all'estinto Aronte, Ove alla prima tua figlia s'udío Giurar fede il mio Lucio; ivi un novello Nodo si formi, onde consorte a Tullia Lucio due volte figlio a noi diventi.

SERVIO. Che ricordi? che brami? incauta, trema!

TARQUINIA. Fia del futuro danno unico scampo Quell'imeneo…

SERVIO. Ch'io pronubo ne sia! Donna! e chiedi cotanto?

TARQUINIA. Arde inquieto Lucio; a lui freno la speme non dubbia Di regno essere può.

SERVIO. Freno all'ardire Ben io darò. Più non vedrallo questa Reggia; nè folle amore aprirà il campo A novello delitto… Un dì se Lucio Io serbo, tale avrà tiranno il Tebro, Che, imprecando me spento in urna vana, Educator della malvagia prole Empio dirammi; e dei Romani il pianto Il sonno turberammi entro quel sasso.

TARQUINIA. Roma Lucio ti chiede. In le remote Età, la cura della sorte ai numi Del Tebro lascia… È breve vita; ed ogni Pensier dell'avvenir troppo è fallace. Serbami i figli…

SERVIO. Ah, chi vegg'ío!

TARQUINIA. Di Tullia Odi i singhiozzi?…

SERVIO. Oh vista! o cuor di padre!… Ella è pur dessa…

TARQUINIA. È dessa! Ahi la traesti Dalle sedi di morte… Orrida reggia, Ove donna real sul fior degli anni Stassi; nè padre la compiange o sposo; Dove, della diurna e vital luce Priva, in ferali tenebre sen vive Orrida vita. Abbi pietà!…

SERVIO. Mi lascia, Lasciami; troppo a me nuoce il tuo prego.

TARQUINIA. Misera figlia!… Ahi duolo!… o re, perdona* Parte.

SERVIO. Dover mio crudo è 'l rintracciar dell' empia Opra tutto l'orror. Dubbio m'affanna Peggior di morte… Il noto acciar serbato E sanguinoso… La guardata reggia Fra l'orror della notte, ove posava Senza difesa Aronte… Il turpe amore Che ardea costei… tutto palesa l' alto Delitto, e la ragion de' suoi deliri, E danna ad ugual sorte e Lucio e Tullia.

SERVIO, TULLIA.

TULLIA.* S'avanza lentamente con le chiome ed i veli in disordine. Or chi gli spenti dalle mute tombe Richiama, e me con loro in duolo eterno Fra le tombe sepolta?

SERVIO. Assai fra i sassi, Funerei sassi, i bruni dì traesti Negletta e sospirosa. A te l'impone Il tuo signor: della paterna reggia La via riprendi; statti; ed ogni duolo, Che da delitto non venga, ti scorda.

TULLIA. Funesta reggia! a rivederti io dunque Ritorno?… O tu, che m'ami, abbi pietate Di mia dolente vita, e non volermi Misera più!… quant' io lo sia, tel vedi…

SERVIO. E n'ho dolor: ch'io vidi farsi al volgo Spettacolo ferale i tuoi deliri. Egli cento e cent'occhi avidamente Volge a chi stassi in trono, e fassi occulto Giudice a chi gli dona e vita e morte.

TULLIA. Giudice uom vivo io non pavento. Oggetto A me stessa d' orrore, io d' un affanno, Ch'altri intender non può, vivo; e si strugge Lentamente la vita. Ove non giunge Raggio di sol, ove una voce udita Non fu giammai, ove tra sassi ignudi Stan l'arid'ossa in un silenzio eterno, In un eterno obblío, colà mia reggia Scelsi. Che cale a me del garrir vano D' un vulgo ch'io non odo? E Roma e 'l vulgo, Qual dubbio sogno dell' età che furo, Stanmi davante; e tra' viventi… un solo Vivente io curar debbo. O re di Roma, Un solo!… e tu sei quello.

SERVIO. Ed altro amore Pareggiar può l' amor di padre?

TULLIA. Ah! dunque, Qualunque sia quest'anima, tu m'ami?

SERVIO. O sola prole d' infelice padre, Perchè mel chiedi?

TULLIA. Ah padre! Ah la tua voce Sola discende al mio misero cuore. Se tu figlia mi chiami, a te davante L' atroci furie, ond'io gemo sepolta In tanta smania, tacciono. Ripeti, Deh nol niegar! Ridir ch'io t'oda, io t'amo… O destino! ed amor, malvagia, chiedi?… A chi lo chiedi?… A chi parli?…

SERVIO. Deh lasso! A vaneggiar ritorni.

TULLIA. Io vaneggiava Quando d'amarmi a te chiedea. Chi sono, Chi sono alfin, che a sopportar la piena D'indomabil sciagura il mio cuor basti?

SERVIO. Se il mio pietoso affetto il tuo funesto Destino addolcir può, vindice il nume, Che turba il giovanil tuo fato, or ceda All'affetto pietoso, onde i miei giorni Miseri fai tu sola. Ah! dall'aurora, Che vide il sonno del mattino estremo Dal grido infausto universal turbato, Aronte cadde; tu t'aggiri lenta, Priva di pace; fra deserte spiagge Volgi; ed ahi sola quì ti vede il prime Albeggiare funesto, e quì ti trova La bruna sera. Al mio dolente affetto Cedi; ritorna al sen paterno, al seno Della madre infelice.

TULLIA. Oh! l'infelice Madre! Quai giorni a lei serbò la cieca Spietata sorte! o madre!

SERVIO. Ad essa or sola, A me sola rimani. A te sconviensi Gire vagando tra funerei lidi, Vaneggiando fra torbidi pensieri; Onde l'amor mio vero e l'ostro sprezzi, Vani fantasmi seguitando ed ombre Nude, che fuori da tartareo speco Non escon no, ma dal tuo cuor son nate.

TULLIA. Ferma! Rispetta degli estinti il crudo, Il vindice terribile ritorno. Me misera!

SERVIO. Non fia che io taccia. Or l'alba Di morte, or di': rammenti ancor?

TULLIA. Che chiedi? Il pugnal nudo insino all'elsa avea Ei conficcato in petto… E chi lo spinse Il ferro? Chi?… A te lo chiedo… E come Invendicato ei sta? Dimmi: a che vita Or a me lasci?… O me misera!

SERVIO. O dunque Certezza orrenda di un fatal delitto, Io dunque avrotti alfin!

TULLIA. Cingea silenzio Quel talamo già mio; rivo di sangue Quel talamo bagnava. Era la fronte Pallida, molle; e lo spirto fuggia… Ah le furie eran pronube tremende Al fatal nodo… Spirare la vita Funestissimamente alfin potessi!

SERVIO. Ahi voce!

TULLIA. Se pietoso a me tu fosti, Eccomi a piedi tuoi: tornar mi lascia A mia sede di morte.

SERVIO. Il giuro a tutti Gli alti numi d' averno: io, per quel tuo Terribile delirio, a morte sacro Il capo reo di chi ti pose in pianto, Di chi Aronte trafisse.

TULLIA. Or perchè tardi? Che non lo sveni?

SERVIO. Egli cadrà. Del sangue Fraterno molle de'Tarquini il figlio, L'iniquo Lucio, non verrà sul trono. Su me ricada il sangue ond' ei macchiossi, S'io nol conduco a morir certo.

TULLIA. Trema! Ei non vibrò l'acciaro.

SERVIO. Era di Lucio L' acciaro; e 'l vidi pur d'Aronte in petto.

TULLIA. Trema!… Infelice! ei nol vibrò.

SERVIO. Ma l'odio Fraterno suo guidollo: ei mora.

TULLIA. Arresta!

SERVIO. Qual delirio! qual impeto, qual fuoco Nelle tue luci! Ah più padre non sono!

TULLIA. Barbaro! a te le detestate voci Spira l'Averno. Entro 'l mio cuor profondo Qual arte iniqua a ricercar l'occulte Smanie ti spinge?… Ahimè! che dico?… Ahi come Piangi! e pur re sei tu… Ahimè! tuoi crini Bianchi, il tuo pianto, il tuo paterno sguardo… Perchè sì guardi?… Ah padre sei! lo sento Che padre sei nell'anima agitata Da mille affetti… Abborro Lucio; abborro L'aura ch'io spiro, il suol di Roma, il giorno Torbido e primo de'miei giorni, questo Detestabile scettro, e la mia vita Egra, cadente: e… te sol amo in terra.

SERVIO. Ah! perchè re son io? Perchè di padre Il cuor vacilla?

TULLIA. Il tuo terribil giuro Revoca, o… me svena! Di Lucio il ferro Non vibrò Lucio. Ah non dannarlo a morte! Ah ch'io morir nol veda!

SERVIO. Ahi Tullia! dunque Reo non è Lucio?

TULLIA. Oh Lucio! oh nome!

SERVIO. Dunque Amor la madre tua cieca non rese?… Ah! se innocenti siete; ah! se m' inganna Il lacerato cuor,… o tanto iniqui Se siete voi da scordarvi il nefando Delitto, eccovi il trono. Or via, di Lucio Sia questo trono: e, se son larve e sogni L' ombre vendicatrici, or via, d' Imene Eccovi l' ara. A che fra spenti vivi? Lucio richiamo: non morte, ma nozze Da re gli appresto… se innocenti or siete…

TULLIA. Innocenti!

SERVIO. Ma sorga averno tutto Pronubo al nodo, se tra voi d' Aronte Il sangue stassi. All' ombre il maledetto Capo esecrando io sacro; e te…

TULLIA. Ti scosta! Scostati, fuggi! Il sibilo non odi Delle furie terribili? D' averno La vendetta non vedi? Ahi Lucio! Ahi nome! Terribil nome da tue labbra uscio… E dal tuo cuor voce di morte. Gli empi No, non cadran: veglia sovr' essi un Dio Nemico a Roma, a te nemico… E, s' anco Cadranno insieme, tu cadrai con loro, Oh non più padre e re…

SERVIO. Alto m'investe Terrore involontario. Io troppo vidi! Io troppo udii!

TULLIA. Su su levasi l' ombra, Che meco veglia, e meco preme l' egre Piume; e mi tragge fra gli avelli… io scendo. O minacciosa ombra, m' aspetta; io scendo. Padre, mi lascia… o re sei tu? mi svena.* Parte.

SERVIO. Oh morte! morte! A me tardi verrai.

Notte. OSTILIO conducente per mano LUCIO.

OSTILIO. Alto è 'l silenzio; alta la notte; a mezzo Corso ella è giunta. Tempestoso il verno Imperversante odi?… Non veglia uom vivo In quest' ora funebre. Invendicate L'ombre de' spenti e la fatal congiura Vegliano soli… Ecco la reggia. Statti Breve istante; verrà Tarquinia.

LUCIO. Oh speme Certa! Roma calpesto, e questa indegna Reggia; quì 'l mio rival cadde. Men resta Uno… superbo… egli cadrà. Dicesti, Egli oggi spento me volea. L' altera Legge n' udisti? Tu l' udisti?

OSTILIO. Roma Rammenta! tutta dal voler dipende Dell'ultimo Tarquinio. Un cenno tuo Al ferro, al fuoco chiama, e desta all' armi Questa plebe sprezzata. A lei giurasti Vendetta…

LUCIO. Un suon dolce pel cuor vendetta Sempre a me fu; ch' odio e vendetta bebbi Coll' aura prima; e non ebbi io fratello, Nè m' ebbi sposa mai…

OSTILIO. Di Tullia il pianto Udrai tu forse? Amor non freni il braccio Tuo. Regnar dei; Roma tel chiede; cada Servio trafitto in questa buja notte.

LUCIO. Cadrà. Vil donna or Lucio credi?… Credi Pianto ed amore in cuor di Lucio?

OSTILIO. Invano La pietà cieca di Tarquinia schiusa Questa reggia non t' abbia. A morte certa Venisti, se non spegni il tuo tiranno. Poichè la sposa, a lui si fida e tanto Cara, la viá t' aperse, affretta l' opra; Noi compagni, s' è d' uopo, a te richiama. Un calpestìo leggier odo; ed in questa Ora di morte; in questa ascosa parte Lungi dalla real stanza, Tarquinia Sola esser può. Eccola. Addio. Ti guidi Ella fra l' ombre, e ti nasconda, l' ora Sin che secura a te non è. L' istante Verrà… T' affretta: chè di Roma i voti Seguon tuoi passi, amore e re del Tebro.* Parte,

LUCIO. Sì, re m' avrete. Allor noto sarovvi… Nè spegner certo lascierommi in trono.

LUCIO, TARQUINIA.

TARQUINIA. Ah figlio! alfin l' orbata reggia un mio Tarquinio oggi rivede; il caro, il solo Del mio dolce fratel figlio. Non posso Frenarmi in petto l' impeto di gioja. Io ti riveggo?…

LUCIO. O madre! il mio ritorno Opra è di te; ma deh! perchè mi festi Chiamar occulto in la nemica reggia Vietata a me? In questa reggia, dove Mi guiderai?

TARQUINIA. Sol che ti veda Servio, Sol ch' oda il suon della tua voce, tanto Desiata da me… l' oda; al suo seno Ti guiderò.

LUCIO. Sai ch' egli a me?…

TARQUINIA. L' ingiusto Eterno esiglio…

LUCIO. Morte…

TARQUINIA. Ahi! che odo?…

LUCIO. E certa Morte m' avrò: la legge udinne il Tebro. De' tuoi Tarquini, ahi! l'ultimo vedrassi Sparger sul Tebro inulto sangue. Il danna Il re di Roma a morte…

TARQUINIA. O duro cuore! Esser non può. Questa remota parte È della reggia. Alta è la notte; compri Da me sono i custodi. Or quì securo Celatamente sei giunto; securo Rimanti or quì. Col nuovo sol, pietate Gridando, a Servio guiderotti; e meco Pregar s' udran la mesta plebe e Tullia… E Tullia nostra; ed oh! non fia che regga Servio a tanto dolor.

LUCIO. Oh Tullia nostra, Tullia veder un breve, un solo istante Veder potessi! Dell' amor funesto Ch' or fa il destin de' giorni miei, d' amore Che fra lagrime nacque, avesti sola Pietà, madre di Tullia…

TARQUINIA. E la vedrai: Ch'io madre sono; e 'n cuor me 'l sento. Alfine Chi, se non io, della volubil plebe Comprotti i voti? chi nel lungo esiglio Ricercò l' orme de'tuoi passi? udirti Volli, vederti, del morir mio prima: Ed invan della plebe amor t' ascose; Chè amor di madre ti rinvenne… Cupo Tu sospiri? e 'l tuo volto inquieto Pinge 'l dolor? Queste le antiche mura Del padre tuo son pur! dimmi? che temi? Sei meco.

LUCIO. Io temer? io?* Ferocemente: poi si riprende. Di Tullia io temo Avverso il fato. All' amator suo vero Chè di Tullia non parli?

TARQUINIA. Ahi l' infelice! Ah no, non scema suo dolor profondo: Ella pace non ha. Tu la vedesti Cupa, sepolta in un penoso affanno, Nella paterna desolata reggia, Fra 'l minacciar del genitore e 'l pianto Di me misera madre. Ohimè! ritorni Sotto funesti inaugurati auspici; Ed invano, fra queste usate al duolo Mura, di Tullia cercherai.

LUCIO. Deh madre!

TARQUINIA. Ahi sorte! eterni Dei! due volte madre A che mi feste? doppia prole in seno Portai: ed oh! le figlie, in l' alma ardente, Fra 'l lusingar di gioventù fugace, Consolatrici a' miei cadenti giorni Già presagiva l' avido pensiero. Una figlia perdei: morte la tolse Al sen materno; e tu dolente e mesto Meco piangesti tua caduta sposa. Il tuo partire… ahi! lo diro: col fiero Esiglio tuo, del genitor lo sdegno L' altra mi tolse. Oimè! fuggimmi: stanca Ella era pur di miseranda vita In questa reggia, ove tu più non stavi, Affetto immenso e vero suo. Fuggimmi Nel terror cupo, che al dolor s' aggiunse. Fra sasso e sasso, ignuda e rovinosa Spiaggia, tuttor s' aggira, ed o non prende Sonno ella mai, o sol tra freddi avelli Sonno feral prende; e, di calma invece, Desta il sonno feral empio delirio.

LUCIO. Ah! lascia, ch'io quì la rivegga; e pasca Dello spettacol miserando il cuore.

TARQUINIA. Sposo e consolator di lei, di Roma Re ti scelsi; ed invan l' ira s' oppone Di Servio a te. Un dì già fece in Roma Tanaquilla il destin di Servio, e donna Servio in trono ripose: eppur straniera Fu Tanaquilla in Roma. Io di re figlia, Io non potro te di Tarquin nipote, Due volte figlio a me, guidare in trono? Sì: il trono avrai. Sì: Tullia avrai. Rimanti Quì: quì per te tremar non deggio, l' ombre Ti ricovrano; te guardino i fati: Pel mio voler, sovra il tuo capo veglia Ostilio. Il sol lungi non è; col nuovo Sole, Servio m' udrà. Or m' oda Tullia; Ora la plebe si muova… Ed i preghi Della plebe e di Tullia il tuo tiranno Ascolti. Ah! sì, tiranno a te si fece Solo…. Deh! ti rivegga; e questa reggia. Ove esule ritorni e sconosciuto, Forse sarà che per opra d' amore Suo reguator te trionfante accolga.* Parte.

LUCIO. Fausto l'augurio accetto. I vili fanno Scala al trono dei forti. Or non è inganno: Mi basta un giorno; e la vendetta è certa.

LUCIO, TULLIA.

TULLIA. O lunga notte! o buja notte! o come Fitta ed oscura ell' è! fulmini stanno Sul talamo spergiuro: entro la reggia Orribil vento, annunziator di morte, Fischia; ed un' aura torbida s' aggira Contaminata a me d' intorno. Innante Stanmi gli spettri; e in la notte profonda Odo 'l singhiozzo di voce che manca… Quasi la voce che udimmo… l' estrema Voce… che udimmo di lui, che moriva Dal fratel suo… dalla sua sposa… O duolo Vano! deh fuorchè un reo chi mai t' intende?

LUCIO. Tullia! Tullia!

TULLIA. Che sento! ah chi mi noma? Chi?

LUCIO. Mi ravvisi? io son.

TULLIA. Tu sei?

LUCIO. Quel Lucio, Che dell' anima tua parte migliore Chiamasti. Non temer: se amor conosci, Dall' ardir mio conoscerai se t' amo.

TULLIA. O cieca madre! a respirar quest' aura Abbominata, in sì remota parte, Me misera spingesti. Era 'l lasciarmi Fra le tombe pietà.* Va per partire.

LUCIO. Fermati!

TULLIA. Ahi crudo! Nella reggia fatal di tuo nemico, Crudel, chi cerchi?

LUCIO. Te sola ricerco.

TULLIA. Fuggi! paventa il mio dolor, il sacro Paterno impero, e del nostro delitto L' alta voce terribile, che grida Dovunque io son. Ah! fuggi! il tuo periglie Estremo estremo palpitar mi desta.

LUCIO. Non temer! non incauto ardito amore Mi guida in Roma. Un affetto, un desio Che intendere non puoi, mi guidan: sono Securo io quì; veglia su me Tarquinia. Io senza te viver non seppi; e meglio Emmi il cadere in questa reggia…

TULLIA. Lascia Quelle voci d' amor! volgare amante Esser non debbe, d' un delitto orrendo Chi reo si fe'. Tutto l' averno, tutto Stammi nel cuor. Io favellar d' amore Coll'averno e co' spenti usa non sono. Chi sa qual nutri ancor nefanda speme? Nemico al padre, delle figlie crudo Tiranno, e della plebe occulto, ardito Sollevatore, perchè riedi?

LUCIO. Il vile Sospetto in cuor ti sta…

TULLIA. Or con qual arte Caro ti rendi a quella plebe cieca?… Coll' arte stessa, ond' hai sedotto questo Dilaniato cuor.

LUCIO. Lascia il sospetto Al tuo feroce padre.

TULLIA. Or via, non rechi A lui la morte? Or via, dammi l' acciaro; Ch'io sveni il padre… oh terrore! Non vedi? Oh terror! fiamma sanguinosa il crine Ti lambe, vedi…

LUCIO. Il duolo ove ti tragge? Tullia! amor mio!

TULLIA. Donami il viver suo: Donami, ahi lassa! quel paterno sangue. Non voler ch'io lo sparga!… Eterno è 'l pianto Sul già versato sangue: eppur… se nuovo Sangue chiedesse il tuo barbaro cuore, Il verserei… chè sol nel mondo intero Tu mi sei tutto. Oh! chi ti diè la possa, L' imperiosa possa seduttrice Che mi lega così, ch'io son tua schiava, Ch'io servo al tuo voler? eppur non m' ami, Non m' ami! io sì, ch' ebbra d' amor tremendo Sono…

LUCIO. Sì, m'ami… ed io mel veggio… ed io… D' indomabile amor t' amo. Ed oh, quanto Sperar mi possa, in tuo delirio il vedo.

TULLIA. Trema! spargere voglio entro il tuo seno Angoscia pari a questa mia. De' mali Giunta all' estremo io son. A me rosseggia Ancor del sangue del mio primo sposo La destra: e 'l genitor… novello nodo Offre alla parricida…

LUCIO. O voce!… intesi? A Tullia?

TULLIA. Qual nodo ferale stringe Nostre sorti, tu 'l sai. Forza divenne L'amarti sempre, ed il pentirmi sempre Del necessario e pur feroce amore, Che mi strazia per te.

LUCIO. Chi fia, chi mai Che te m' involi?

TULLIA. Ah certo un infelice Tanto non v'è. Della proterva Roma E della iniqua Tullia il solo, il degno Signor sei tu; onde sossopra Roma Vada, e Tullia… si sveni. Ah! tu m' hai compra Col mio delitto; e Lucio esser può solo Or di Tullia il tiranno. Un nodo strette Ha nostre sorti… Atroce nodo, degno Dell' atroci alme nostre. A te mi dona, S' innocente sei tu, Servio.

LUCIO. Che parli? Oh gioja! immensa gioja!

TULLIA. Oh! morte! morte Donami, iniquo: altro da te non voglio.

LUCIO. E tanto festi! ed or speme tu vieti A Lucio, al tuo…

TULLIA. Verrà l' ombra tremenda, E accenderà le sacri faci; e gli inni Diran gli spenti; e tu… cadrai con meco

LUCIO. O mia perduta speme!

TULLIA. Ah! se mentire Innocenza puoi tu; se quelle note, Che su tua fronte insanguinata veggio Starsi, non scopron fratricida ed empio Lucio, Servio a te dona e Tullia e 'l trono. Ah! pria tremino l' are; un fulmin tosto Roma distrugga, e nelle fiamme orrende E Servio e Lucio e 'l tempio e 'l nume e tutto Pera; ed io sola sovra 'l cener freddo Co' nuziali fiori e 'l sacro velo Rimanga… e un ferro, od un velen non m' abbia!

LUCIO. T' intendo, o donna: Io l' odio tuo divenni; È grave a te l' amarmi; e da mia vista Nacquer le smanie tue.

TULLIA. D' odio favelli? Ah! del non abborrir il rec compagno Del mio delitto io ben punir quest' empia Vita saprei, e spegnere nel sangue Mio, d' amor d' odio, la colpevol tanto Pugna; ma l' alto mio timore in vita Rattienmi. Disumano! altri che Tullia, Chi può tutto l' orror rammemorarti Del delitto comun? qual freno avresti Tu, nemico al tuo re, nè di delitti Sazio? placar la giusta ira di Servio Ponno Roma e Tarquinia: or l' ira tua, O tu cotanto reo, chi frenerebbe? Chi, se non io? Me lassa! un di voi due… Cadrà. Me lassa! ahi! ch' odo?… Ahi! muover odo La fatal reggia. Ahi! mira: in cielo sorge La detestata ora di morte. Fuggi! Deh! mira: aperta è ancor la via; lunga ora Non tel sarà. Serbami il padre: acerbo Gli sei nemico… E serba, ahi!… la tua rea Vita mi serba, e… per me vivi. O mia Vergogna estrema! deh per Tullia vivi! Tullia, che mai non rivedratti in terra.

LUCIO solo. Ben rivedraimi, e fra non molto, o donna, Debole nel delitto. Ah! nella reggia Ella s'innoltra. Odo i singhiozzi… gli odo, Guiderammi quel pianto. Essa la via Schiusa mi lascia alla remota parte, La dove Servio giace; or, spero, i gridi Dell' affannoso cuore a me fian scorta. O Re, tu sei fra sonno e morte. Volle Me quì tua sposa; ed a svenarti il passo Tullia m' aprì. Chi vuol serbarsi regno Amar non può fuor che se stesso e 'l solio.
LUCIO, OSTILIO.

LUCIO. Svenarlo, Ostilio, ella è impossibil cosa. Tullia, quasi d' averno ombra insepolta, S' aggira cupamente singhiozzando Intorno a quelle oscure soglie; e ancora N' odo il profondo gemito funesto Fra le tenebre della vuota reggia. L' odi?

OSTILIO. O Tarquinio! il femminile pianto Ti vinse. Or dunque…

LUCIO. Ardisci?* Con impeto; poi si frena. Ah! non t' è nota L' alma di Lucio ancor.

OSTILIO. Oh Dio! non vedi? L'ore estreme di notte a noi vicine Sono: perduti siam, s' egli non cade Pria del sol nuovo; se il mio nome il mio Oprar discuopre. Invan sin' or cercarne Il vidi: solo i più volgari, e meno Occultamente congiurati ei seppe. Stan già costoro in ferri: alcun tradirne Potria. Trema!… cadrai. Fervon ne' petti Amor per te, sdegno per lui; ma plebe È labil cosa. Fu lung' opra, speme Occulta, amor di nuove leggi, brama Di nuovo impero ridestar nei molti. Ma, se vacilli, se colui, che in vita Lasciotti a danno suo, la vigoria Di securo imperar che 'l terror desti Riprende; allor spento sei tu; perduti I fidi tuoi; e la mutabil plebe, Che a riporti sul trono oggi s' appresta, Te spento, te rimirerà tremando.

LUCIO. Io lo conosco il vulgo Io, che lo sprezzo* Con impeto; poi fermandosi. Quand' ei non sia popol di Roma vero, Popol d' eroi.

OSTILIO. Deh! se con man severa Il fren riprende Servio, e s' egli sparge Timor di sue vendette, ah! niun ti salva. Il diss' io già: chi dona vita e morte, Inesorabil re; chi di pietate Voci non sente, e nessun fren conosce In terra, sempre la tremante plebe Lega al giogo di ferro. Il popol svena Debole re, re tiranno non mai.

LUCIO. Ben dici.

OSTILIO. O qual terribile sorriso, In te non visto pria! che pensi?

LUCIO. Penso, Ch' esser fabbro degg' io della mia sorte… Va; reca a Servio il certo annunzio, ch'io In Roma stommi, ed in sua reggia. L' ira Destagli in cuor… ch'egli mi danni a pronta E certa morte. Poscia Roma tutta Corri; ed il mio periglio estremo e vero Sappia quel popol generoso.

OSTILIO. Forse Certa è la via, ma perigliosa assai.

LUCIO. Alla funesta ascosa stanza invano Avvicinar tentai. Certo, già Tullia Mia vendetta previde. I suoi singhiozzi Muti non temo; i gridi suoi pavento, S' egli è Servio in periglio… E certo, al mio Periglio, miei di quell' ardente cuore Saranno i voti M' assecura l' opre Della plebe e di Tullia or la condanna Sperata mia; chè la condanna estrema Sarà mio scampo. Altro non v'è.

OSTILIO. Se 'l vulgo O non si desta? o se la facil plebe Lieve si cambia, e debol muove?

LUCIO. Allora Saprò morir. Giungere a me condanna Nel duro esiglio mio dovea di morte. Morir ìn strania terra invendicato Non vuo'. S' hai cuor, l' opra si compia. O regno, O tomba avrommi: e tu scampo hai sol questo.

OSTILIO. Fugge il tempo: ei per te, qual vuoi, s'adopri.* Parte.

LUCIO, TULLIA.

LUCIO. Oh come lente l' ore sono! Ah s' anco Un sol momento nello sparger suo Vil sangue e compro la plebe vacilla, Tremi! avrò 'l soglio un dì…

TULLIA. Perchè 'l mio dubbie Passo rivolgo io fra quest' ombre? forse Quì cerco il fratricida? Ahi troppo crudo Invincibile impero!

LUCIO. O flebil voce! Voce di pianto! Tullia sei?

TULLIA. Tremendo Destin guidotti in questa reggia. Ah! certo Tremenda speme quì ti ferma: speme Non di perdon (chè aver nol puoi, nè 'l curi); Ma speranza di morte. Ah dimmi, Servio Cadra?… tel brami?… e ch'io cader fra gli empi Tuoi colpi il lasci? ah! no: sovra l' atroce Tua fronte i tuoi pensier malvagi io lessi; E, qual d' Aronte misero, di Servio L' estremo fato ora prepari. Io queste Soglie non lascierò, sin che non fuggi; Nè sparger sangue puoi, se 'l mio non spargi… Ed oh! mel bramo.

LUCIO. S' avvicina, o Tullia, Il momento fatal: al nuovo sole, Forse svenato io quì cadrò.

TULLIA. Mel veggio Il tuo periglio. Tu… cadrai! l' avversa Furia rattienti in questa reggia, e certo Ora fra Servio e te pende la morte: Un di voi due l' avrà.

LUCIO. Niuno, se 'l mio Tiranno a preghi ed al piangere cede: Io l' avrò, s' ei non ode i preghi… io solo.

TULLIA. E tu morrai!… ma pur, Lucio, la morte, Che cosa è morte agli infelici? e tanto Costa il fuggir dei miserandi giorni L'ultimo giorno? noi morrem; noi forse Morremo entrambi; ma, s'io teco appresi L' acerba strada del delitto, teco Sapro morir.

LUCIO. Alfin del cuor l' occulto Voto s' udi… ed honne gioja. Questa Vita salvar volean Tarquinia e Roma; Servio placarmi; e 'l potean forse: invano, Se tu mi danni a morte. Ecco la dubbia Aurora. Ah! pria che di Tarquinia il prego S' oda e di Roma, addio per sempre.

TULLIA. Arresta! Deh! dove corri?

LUCIO. Ove il desio tuo vero Mi guida: a Servio. Ed io morrò, son certo.

TULLIA. Barbaro!

LUCIO. Estremo è questo addio. Lo sdegno Di Servio, e me stesso conosco. Tullia, Rimanti in pace. Io questa grave troppo Vita disdegno, dove aver compagno Del pianger tuo me sprezzi, e del tuo lungo Dolor, che lunga età non scema.

TULLIA. E gli anni Che son, dov' è delitto? aspra, mortale Ambascia in cuor mi sta. Mio vano pianto, I gridi miei turban gli estinti; e 'l suono Cupamente ripetono gli avelli. Soave mio piangere è questo: dimmi, Feroce cuor, vuoi tu partirlo?

LUCIO. Io teco Son; e mel chiedi? d' un funesto amore Forse io non arsi? ed a che venni in questa Reggia nemica? a che vindice ferro Che sul capo or mi sta sprezzando veuni, Se non per te? ah! se un amore ardente Quest' alma non stringeva, io reo due volte, Io non sarei; e te, memoria acerba! Non avrei tratta in sì tremenda sorte.

TULLIA. Che rammenti?

LUCIO. Superbo altero cuore M' ebb' io, tu 'l sai: vil tu m' hai fatto. Venni Io duce, io speme dei forti, io certo Della real benda al cader di Servio, Sol perchè t' amo, a domandar pietate Venni, e palese al tiranno mi feci. No, non d' amor, in vita ahi tanto cruda, Sovra le fredde pietre inaugurate Di quelle tombe io favellar potea: D' affanno sì, e del terrore ond' era L' alma ripiena, che traesse a morte Te misera la rea vita.

TULLIA. Ed oh stato Pur fosse!

LUCIO. Amata non t' avessi, come Non altri amar seppi pur mai! ch' amore Questo non è: fiamma è che strugge, che arde Ogni mia fibra e l' anima consuma… Immenso è 'l fuoco, ond' io mi muoro.

TULLIA. Cessa! Ahi voci! m' ami sì?

LUCIO. Tutte le smanie D' immenso fuoco e reo nel dipartirmi Meco portai. E 'l non vederti tolta M' avea la cara e breve gioja, ond' io A te vicin tutto scordava; ond' io Viver saprei, non sovra altero soglio, Qual mel potea, ma fra deserte spiagge Tuo gemito seguendo, a te d' amore Non favellando, ma piangendo teco.

TULLIA. E m' ami si?… ahi! le temute voci Udii pur anco: ah! non cadrai tu solo.

LUCIO. Terratti in vita alto voler di rege, Che vita a me ritoglie. Ah! l' ora fugge, L' ora di morte! addio.

TULLIA. Barbaro! e cerchi?

LUCIO. L' estremo fato.

TULLIA. E teco me disdegni? E per me muori? io teco…

LUCIO. O di re figlia, Che speri? invan… io fiero strazio avrommi: Avrai tu 'l soglio; e detestabil nozze Con altri avrai.

TULLIA. O mia tremenda sorte! O possanza d' averno!… ah! sì, mancava A tante furie gelosia.

LUCIO. No, questa Che mi divora gelosìa profonda, No, non m'inganna. Io spento…

TULLIA. E chi nel mondo? Chi l' ardirebbe?

LUCIO. Servio.

TULLIA. O qual tremore M' assale! ch'io veggia 'l tuo sangue? e ch'io Non mora? e ch'io su quel sanguigno soglio Un dì sia tratta, qual dai cupi avelli Il minaccioso tiranno mi trasse?

LUCIO. Tu sola gli rimaui. Orbo di prole, E sposo e soglio all' unica sua figlia Ei non darà? me spento, ogni delitto, Ogni acerba memoria è spenta. E 'l prego Di Tarquinia, e di Roma il voto, e 'l duro Voler di Servio, tuo destin faranno; Ed io… starò fra polve muta.

TULLIA. Dimmi: E chi? lo sposo chi sarà? ei tragga Al tempio or Tullia; qual terribil rechi Dote, tu 'l sai.

LUCIO. Tullia!

TULLIA. Ell' è di delitto Fatal necessità: tua sono; tutto Poss' io per te.

LUCIO. Meco vuoi iomba, o regno?

TULLIA. Irresistibil fato è 'l mio. Che brami?

LUCIO. Un sol destino avrai meco: qual prezzo Siane, nol ricercar.

TULLIA. Che parli? il tuo Alto periglio io vedo… e 'l mio, di vita Periglio estremo. È Servio in trono; tutto Può. Ecco 'l giorno: è 'l fuggir tardo. Ahi lassa! Te solo or veggo; e per te solo il mio Tradito sposo, i genitori e tutta Me stessa io scordo. Più ch' altri, a te sovra Sta l' estrema sventura; ed io più ch' altri Mai t' amo.

LUCIO. Ed una indivisibil sorte Meco chieder saprai, meco volerla Di Servio innanti?

TULLIA. Il ciel fulmini, s'apra La terra, l' aura manchi, e la temuta Ombra risorga, se ritor mi lascio A te…

TULLIA, LUCIO, SERVIO.

TULLIA. Fuggir tu non volesti? oh Dio! Fuggi!..

LUCIO. Servio!

SERVIO. Che miro?

LUCIO. Un infelice, Che l' odio tuo si fece.

SERVIO. Ah l' immatura Opra a compier venisti! e speri?..

LUCIO. Ed ogni Pietà di me scordasti?

SERVIO. Oh ardire!

LUCIO. È giunto, Tullia, l' istante. Ah! s'io per te qui tratto Fui; se conscia ne sei; se un sol destino Ne aspetta; tempo egli è, favella.

SERVIO. Morte Qui sul Tebro t' aspetta. Oh tu già mia Figlia, mia speme un dì, Tuìlia, ricorda Dal sospetto d' amor nascer sospetto Qual debbe in chi conosce appien costui.

TULLIA. Ah! vedo l' alto sdegno, e favellare Non so.

LUCIO. Taci?

SERVIO. A vergogna estrema è scampo Quel tuo silenzio.

LUCIO. Ahi! taci?.. o Servio, a morte Danna mi: a morte io corro… ella non m' ama.

SERVIO. Sorte avrai, qual mi chiedi. Ed oh pur fosse Che amato mai non t' avess'ella!.. In ferri* Al suo cenno le guardie s' avvicinano. Stretto l' iniquo…

LUCIO. Ecco la destra! il seno Ecco! chi svena Tarquinio? o Romani, Chi svena il duce delle squadre?

TULLIA. Ferma! Costretta parlerò. Ardo; celarlo Invano tenterei: di Lucio tutta Son io. Non sai qual forza or me strascini Al tuo fatal nemico, a me fatale Riamato amatore. Io cader seco E bramo, e vuo'; e certa sono. Ai numi Del negro Stige, all' empie furie, soli Miei numi, il giuro: ed oh! non è delirio Il terribile voto. Una sol vita Abbiam; a noi la togli, o re; tel chiedo: Nè s' altro può, dell' esecrande nozze Sia 'l feretro, che bramo, ara funesta.

LUCIO. Ah! dunque 'l mio sarà 'l tuo fato.

SERVIO. Amore Oh! potess' io, per vostra pena, eterno Farvi col nodo che bramate; eterna Farei la mia vendetta. O di mia schiatta Obbrobrio, e morte di tuo padre! avresti L'indegno sposo; ma di un re di questa Cieca Roma la scelta al cieco vulgo S'aspetta. E tu, sovvertitor di plebe, Aver tu dei o 'l regno, o morte. Pera Con voi d' atro delitto e d' atra speme E di nefando amor l'empia memoria, E 'i vergognoso nodo! E voi, per sempre Da me puniti, per sempre divisi, A morte l' uno, a miserabil vita Dalla patria lontan l' altra, n' andrete. Vivi, malvagia, i tuoi tremendi giorni Fra le ultrici tue furie! Il sangue io solo Chiedo di Lucio; e tu punita appieno Dal suo cader sarai. Altrove tratto Venga costui. Vita a lui solo è forza Serbar, sin ch' egli il fatal nome iniquo De' congiurati appien mi sveli

LUCIO. Compi I voti miei; dannami a morte, e tosto

TULLIA. A te morte? ah non fia!

SERVIO. L' avrai.

TULLIA. Me lassa!* Le guardie conducono via Lucio. Ahi tiranno! tiranno!

SERVIO. Iniqui! Noto Emmi 'l delitto; e, s'io favello…. trema.

TULLIA, TARQUINIA.

TULLIA. O angoscia! Lucio!…. deh madre!

TARQUINIA. Deh figlia! Lucio sta nella reggia…. il Re lo vide?…. Certo ei lo vide: quel tremor, quel tuo Duolo mel dice.

TULLIA. Si salvi, si salvi! Ah! corri. Io manco…. Salvalo!…. ah! non corri? Non corri, no? ah siam perduti!* Cade svenuta nelle braccia di Tarquinia.

TARQUINIA. O santo Amor di madre; tanto doni affanno?

SERVIO, LUCIO.

SERVIO. Sì, mi sei noto. La virtù mentita, Che abbaglia il vulgo, me giudice e padre Non giunge ad abbagliar. Vita serbarti Io volli, allorchè nel mio sangue un alto Delitto festi. Occulto era il delitto Dell' avo tuo memoria, amor pietale Di mia Tarquinia, ch'io spingeva a morte S' appien palese verità facea, Mi vinse; amor del sange mio, che Conseio saper del gran fallo e punire Teco io doveva: e nell' oprar pietoso Non re ti fui, ma padre. Ora celato Istigator di plebe irrequieta Tu ti facesti nell' esiglio, e mia Pietà punisti. So che in Roma vanti Amici no, ma mille schiavi e mille Che un' arte iniqua a tuo volere annoda: So che a gran parte del senato giuri Dar possanza assoluta, e che prometti Fren dolce ai saggi, e nessun freno ai molti. Pietà, speranza serpeggiano occulte, E seguono il tuo nome: onde la via Taluno al trono ti schiude, che solo A compiangerti pensa. Io dar perdono Posso a chi sparge il sangue mio; nol posso A chi le leggi e 'l popolo sovverte, E tu sei quello. Oh! se compiuta appieno Fosse l' opra fatal, appien compita Quella che lenta formasi congiura, La plebe allor conosceria Tarquinio. Perchè riedi sul Tebro è noto: noti I pochi rei di volontaria colpa Fra quei tuoi molti complici saranno. Cià molti il sono, e tu cadrai con loro.

LUCIO. Se giusto sei, non temo. Io venni in Roma E ricercaivi sol Tullia e la madre. Desio di rivederla (e a che tacere Dovrei?); desio di riveder te stesso Quì me guidò: pur non nutria speranza Di regno io già, chè 'l tuo voler m'è noto. Piaugo quell' odio che mi serbi…. Ah! Servio, Non ti bastò scegliere Aronte al trono? Non ti bastò quel volgermi a delitto L' amor di Tullia? quel negarmi l' aura Del patrio ciel, ed esule lasciarmi Abbandonato? non bastò macchiare Mia fama co' sospetti? a te dinanzi Qual vile prigionier m' hai tratto, e mie Colpe son de' Tarquini il sangue, affetto D' una tua figlia, ed esser caro troppo Al popol tuo; ma, oh Dio! qual sia cagione D'universale amor, strano è delitto L'esserne obbietto. Il sai: dritto del Tebro È il scegliersi il suo re. Mi chiama al soglio Voto comune, e tu mi danni ai ferri? Tu, cui la plebe a me padre nomando Mio difensor nomò? tu, cui ritorre Non vorrei giorno di regno, mi togli Ogni speranza d' avvenir sereno?

SERVIO. Raro il voto comun libero s' ode. Che non può l' oro? che non ponno compre Voci, e la speme di cangiar le avite Rigide leggi? il popolare inganno Non rare volte un rio nemico adora; Non rare volte il grave error de' molti Compiange il saggio…..

LUCIO. De' Tarquini il sengue Adora il Tebro….

SERVIO. Ma sangue de' regi Non diè sul Tebro mai dritto all'impero.

LUCIO. Pe' Tarquini non regni or forse? e quale Dritto fu quel, che ti ripose in trono?

SERVIO. Lucio, se fuori della muta terra Sorgesse l' ombra sagrosanta e giusta Dell' avo tuo magnanimo, qual credi Che faria plauso al riporsi sul trono Un fratricida?

LUCIO. Io fratricida!…. e come Scolparmi, se manca la voce e l' alma. Io fratricida!….

SERVIO. E 'l nieghi il tuo delitto?* Alzandosi con impeto. T' accusa il padre, a cui la gloria hai tolta De' giorni suoi: t' accusa il regio sangue, Che dalle vene d'Aronte spargesti, E 'l popol cieco, che il fratel d'Aronte Adora, e l' uccisore in te non vede: T' accusa questa reggia, ove sì caro A tuo fratel crescesti, ov' io v' accolsi Bambini entrambi, ove ti vidi il turpe Cuor nutrir d' odio negli anni d'amore. Il nieghi il tuo delitto? e chi mi tolse La mia misera figlia? ella dal seno Di morte grida; ella mia prima, e fosse Stata mia sola prole! ella t' accusa…. Su quelle labbra di tua sposa, quelle Labbra che di tua mano avean poc' anzi Velen sorbito di tua mano offerto, Empio bevesti l'ultimo respiro, Empio, meco piangesti, e la vendetta Giurasti meco. Ed il mio pianto allora Cadde nel seno di quel sangue asperso, Ch'io vendicar volea. Che fia di Roma Se tu regni? qual legge a te di freno Saria, se nulla ne conosci in cielo? Se nulla in terra ne conosci?

LUCIO. Ed havvi Uom che m' accusi di tanto; e si cela? Chi m' accusa?

SERVIO. Il tuo re.

LUCIO. Giudice insieme E accusator mi sei.

SERVIO. Certa è la colpa. Dimmi, conosci questo ferro?* Mostra un pugnale.

LUCIO. Oh vista!

SERVIO. Te fratricida, te rival, te fabbro Della morte d' Aronte accerta il ferro Che pur conosci, e ch'io conosco ahi! troppo. Quest' era fitto nel fraterno seno, La notte dell' orribile sciagura; E la mia mano nel trasse: e serbato A testimon del tradimento atroce Hollo. Qual destra forseunata armasti Di questo ferro, no, saper nol voglio. Vibrar securo un disperato colpo Tu nol potevi. Noto era il funesto Livor; divisi vi tenea lo sdegno, E 'l mio voler. E chi 'l potea, fuor ch' ella; Ella reina, ella figlia, ella sposa? Chi avvicinarsi in la tacita notte Alle secure piume, e in mezzo a sacra Guardata reggia commetter delitto? Sarian bastati ad accusarti il fuoco Impuro e cieco, che ardeva costei; Il tuo geloso d' imperar desio. Sarian bastati i palpiti, i rimorsi Della complice tua. Ben mi punisti D' averti scelto figlio!…. Or via, punisci, Perfido, la pietà, che in vita ancora Te cupo ascoso nemico soffrio. Novella colpa hai tu: di turba vile Che seducesti il rio pensier qual sia Io non lo curo, ed indagar nol voglio. Reo di mille delitti, ora di nuovo Delitto il sei. A te l'esiglio campo Fu di congiura; il seppi; e quì sei giunto…. Forza è di legge; tu 'l volesti. Al fato Io t'abbandono; e invano io ti fui padre. Giusta è….

LUCIO. Vendetta.

SERVIO. E ti si aspetta…

LUCIO. Morte.

SERVIO, LUCIO, TARQUINIA.

TARQUINIA. Che intesi! morte ad un Tarquinio?… morte Infame; e in Roma?… e 'l soffrirebbe Roma? Ed io soffrirlo dovrei?… l' assoluto Poter di Servio ginngerebbe a tanto? Ah pria sossopra vada Roma! pria Cada l' iniquo detestabil trono! Pria…

SERVIO. Donna, se ormai ti scordi come Sei romana e consorte, ora a scordarlo Col rio perdon non astringermi, prego. Il re custode è delle sacre leggi, Nè mutar legge puon gli affetti tuoi.

TARQUINIA. L' iniqua legge (se v' ha legge in terra Che tanto possa, e tanto voglia) infrangi! Deh! ti rivolgi a Lucio: in lui tu vedi La cara immago di tuo padre e mio. O innocente! o magnanimo! tu taci?* A Lucio. Non sdegnar, no, la tua discolpa. Salvi Così la madre tua; così tu salvi Tullia, Vieni al mio sen: io salverotti. Chi strapperatti dal mio sen? chi mai?…

SERVIO. O insania!

LUCIO. Madre, per pietà, mi lascia Morir, nè far, che un vil pregar s'ascolti Inutilmente sul mio labbro?

TARQUINIA. Morte Non avrai. T' ama la plebe, ed a caro Prezzo ti salvera. Servio! ah mio sposo, Vedi il periglio tuo. Mormora questa Plebe agitata, ed i ferri di Lucio Detesta. In la sua morte or che farebbe? Se non la sua, la tua salvezza almeno Ti muova. Rendi a noi la vita; rendi La sicurezza a te. Certa io ne sono. Ferve la quasi universal congiura, Scoppiar faralla quel sangue adorato, Ch' or sparger vuoi.

SERVIO. È più turpe il delitto, Se in regio sangue iniquamente alligna. Certo è 'l delitto; e non chieder qual sia. Infelice!… ah! se 'l popolo accecato Suo re lo sceglie, e per lui pugna e vince, L' empia vittoria fia castigo orrendo Al pugnar empio. Se mai regna Lucio, Piangerà 'l Tebro il mal locato amore Ed il salvato suo tiranno. Allora Giusto dirassi il mio rigor: fia tardi. Nè 'l Tebro esporre a tanto danno io voglio; Nè voglio esporti a piangere l' inganno Della nascosa a te misera sorte.

TARQUINIA. Per sol una possibile sciagura Spargere possa il pianto mio… fermarlo Tu puoi.

LUCIO. Deh cessa!

TARQUINIA. E puoi…

LUCIO. Cessa, o mi perdi.

SERVIO. Stilla non sparsi d'innocente sangue Giammai; eppur gran tempo è ch'io mi cingo Questa fatal corona. Ora ne chiamo In testimonio il ciel; io son del cielo E del popolo mio vendicatore; Nè più dirò, se non mi traggi a forza Prova tremenda d' un tremendo arcano, Che toglieratti fra l' ambascia estrema E pace e vita, e quanto hai caro in terra. Paventa il vero; e un sol dolor ti basti.* Fa cenno alle guardie e parte.

TARQUINIA. Ah figlio! io quì ti ho tratto… e ti ho perduto!

LUCIO. Madre, pregasti invano. Il mio periglio Sappian plebe e senato: odan tuoi voti: Sia pronta l'opra, e non morrò; son certo.*Parte fra le guardie.

TARQUINIA, poi OSTILIO.

TARQUINIA. Tutto si tenti. Ostilio? …

OSTILIO. Il fato io cerco Di Lucio …

TARQUINIA. È tratto a morte.

OSTILIO. A morte Lucio?

TARQUINIA. Me misera! il dicesti …

OSTILIO. A te s'aspetta Il pianto, a me l'oprar rapido, e molto* Parte in fretta.

TARQUINIA, poi TULLIA.

TARQUINIA. Oimè! Tullia! oimè! come il duro evento Palesarle poss'io?. … Tullia!

TULLIA. Salvarlo Madre, salvarlo…. tu'l potesti!…

TARQUINIA. Figlia, Qualunque sorte minacci sua vita, Pensa, che di me sei parte migliore; Che sono miei que' tuoi giorni; che sempre M'avrai compagna al lagrimar tuo giusto; Ch' io ti son madre…

TULLIA. Che dicesti? ei muore!

TARQUINIA. Ei non morrà, spero; chè molto puote Il comun voto. Al comun voto, l'ira Placherassi del re, se al nostro pianto Non cede il padre.

TULLIA. Ei muore!

TARQUINIA. Ah mai non fia! … Ma come guardi? ove t'aggiri? senti…. Vedi il mio duolo, il mio pianto…

TULLIA. Tu piangi Io no: felice chi lo puote! Freddo Sudor di morte mi bagna la fronte; Un fitto gelo nelle membra scorre… O furia! o colpo!… ancor non ti son nota, Tarquinia; ancor non mi conosci. Tanto Feci, ed oh! tanto ebbi fatale ardire Per darmi a lui, che mi si toglie. Ei muore? Ed io starommi? io fatta imbelle, io vile? Vendicatrice ombra funesta, esulta; Sorgi; ti pasci di sangue!… Ben odo Il miserabil tuo cupo lamento. Io! … io t'abborro; e, se Tullia pur sono, Tullia nell' odio terribile tanto, Non tornerai vittima sola a Dite.

TARQUINIA. Riedi in te stessa, o misera! T'opprime Un funesto delirio. E qual saresti, S'udisse il re la tua fatal parola, Fonte de'suoi sospetti? io stessa udirla Non posso senza un ignoto terrore, Ed un sospetto che nel cuor mi sorge….. Eh! no, son madre….. io sola, io sola in terra Sospettarti non deggio….. ah! non dal cuore, Dalla tua mente esagitata nasce Impetuoso ragionar…… Mi segui; Salvare è d'uopo il tuo fedele, il caro, Il forte Lucio, che salvar se stesso Forse non cura. Vieni……

TULLIA. Io sola il posso; E tu…… mi fuggi: io più figlia non sono.*Parte.

TARQUINIA. Al suo dolore non si lasci. Lucio Si salvi; trono il re serbi, e si volga A giusta meta il popolar desío.

LUCIO, TARQUINIA. LUCIO fra le guardie attraversa lentamente la scena. e nell'uscire incontra TARQUINIA.

TARQUINIA. Ferma!

LUCIO. Servio rividi…..

TARQUINIA. E sei guidato?…..

LUCIO. A morte.

TARQUINIA. Il re l'impone: un sol momento Quì rimangasi Lucio. In queste mura Ritornerò fra poco. Io di re sposa, Io di re figlia, e di re madre il voglio. Io v'assicuro dí Lucio la fede Sulla mia vita…… E tu, figlio, tu spera.* Parte; restano alcune guardie nel fondo della scena.

LUCIO, poi TULLIA.

LUCIO. Desti il volgo costei. Destarlo è lieve Cosa; frenarlo ell' è impossibil cosa, Se il freno avito gli vien tolto. Io solo Spingerlo posso a voler mio: ma lenta L'opra fu già; l'ora, che alfin s'appressa, Sola or compirla può. I miei più fidi Occulti in Roma io sparsi. O Roma, un giorno Vedrai chi sia Tarquinio. Ho molti ancora Nemici… o morte, o gran vendetta, e piena! Ma Tullia…. oh! se in costei può tanto amore Quant'io mel credo, degna avrommi e certa Vittoria…..

TULLIA. * Accorrendo con impeto.Ah!

LUCIO. Tullia, l' ora estrema è giunta, Io la previdi: io sol morrò. L' acerba Tua sorte io piango: avrai tu vita…. L' ira Di Servio, e 'l doppio affanno tuo, tremenda A te daranla.

TULLIA. Ah Lucio! e muori? e teco Io non morrò?

LUCIO. Quanto infelice, o Tullia, Sarai fra l' odio, e fra l'amor di Servio! Io ben mel veggo. Ma io t' amo quanto Altri amò la sua vita. lo verrò spento Certo; ma soglio e sposo allor donarti Vorrà il tiranno, ancor lordo del mio Sangue a te caro. Cedi; e co' tuoi preghi Placalo e vivi.

TULLIA. E chi mi resta in terra? Chi?

LUCIO. Gli affannosi estremi voti ascolta. Vivi, e ti scorda….

TULLIA. Io?

LUCIO. Tu morir meco Nè puoi, nè dei. Ella è impossibil opra Salvarmi. Del tiranno ahi! sol la morte Salvarni può. Chi tanto ardisce? tanto Saria periglio! E chi quest' infelice, Che a morte or va, amar può tanto?

TULLIA. Oh figlia Del tiranno non fossi!

LUCIO. A te la fede Rendo; e nel sangue mio spenta la bramo. Chiesi, a te chiesi un sol destino avermi Teco…. il volevi…. io cado. È giunto, il vedi, L' istante ahi! così rapido…. con meco Cader non devi tu. No, che all' immago Del tuo cader non reggo. Il sangue mio Sparger vedrai; non io sparger tuo sangue. Il viver mio solo in te stassi….

TULLIA. E forse, Più che non t' amo, or m' ami tu?

LUCIO. Chi in terra Amò com' io pur mai!

TULLIA. Tu il chiedi? avessi Un ferro!….

LUCIO. Solo che tu viva io chiedo. Servio è re: l' ora è giunta: addio…. per sempre. Il calpestío non senti? È del tiranno. Di: gli schiavi non vedi? ah vedi….

TULLIA. Iniquo! Condannarti? traffiggerti?

LUCIO. Vedermi Piegare il capo dell' infame scure Al colpo estremo dei. Ma deh! mi lascia Partir…. mi lascia!

TULLIA. Barbaro! t' arresta.

LUCIO. Infelice! il tiranno a te davante Svenerammi….. mi lascia!

TULLIA. Ardisca alcuno D' avvicinarsi a te! calpesti pria Le membra infrante di Tullia. Ora bolle, In ogni vena bolle il sangue mio….

LUCIO. E donna imbelle che potrebbe?

TULLIA. Imbelle Donna non è quella che t' ama. Io l' uso So ben del ferro, e tu ben sai chi sono.

LUCIO. Lasciami al mio destin.

TULLIA. Lasciarti! e come? Tremi il tiranno: per cagion minore Il consorte trafissi….

LUCIO. Egli d'Aronte Vendica il sangue.

TULLIA. Vendicar ben io Saprò 'l tuo sangue, se va sparso. Orrenda Scelta tra voì mi lascia il fato. Orrendo È il fato… oh! qual piena mi ferve in seno D' alto delirio!

LUCIO. Ah! fuggi, fuggi. Alcuno Rapidamente s' avvicina.

TULLIA. Oh il ferro! Il ferro….

LUCIO. Addio per sempre; addio.

TULLIA. L' addio Ultimo non sarà…. per vie tremende Son guidata al delitto. Io tutto posso: Io tutto voglio. Tuo periglio estremo Stammi dinanzi solo. Or sorte atroce Fece per me l' iniqua scelta, e certo Tu non morrai; no, non morrai….

TULLIA, LUCIO, TARQUINIA.

TARQUJNIA. L' istante È giunto. Invano dal Senato, invano Fur sparsi i voti dalla plebe: sordo Un mormorio che giusta è la condanna, Che tu colpevol sei, s' ascolta in Roma, Che, in due divisa, t' adora e detesta, Nè muove; e mentre non ti resta un' ora, Un istante di vita. Io, figlio, io vidi La scure, il vil ministro Io vidi in questa Reggia starsi un profondo alto silenzio, Nunzio di gran tempesta: un uom non havvi, Che innalzi il guardo securo, e la voce Sciolga secura. E tu! perduto sei: Scampo a fuggir non ti rimane. Intorno Cinta è questa fatal stanza di mille Snudati ferri. Popolo, Senato, Amici, nulla ti giovò. Per tua Salvezza, Lucio, che ti resta?

TULLIA. Io sola.* Parte in fretta.

TARQUINIA. Ove corri, infelice? e che mai tenti?** Segue Tullia.

LUCIO, poi OSTILIO e POPOLO.

LUCIO. Chi Tullia frena? e chi 'l potrebbe? or l' odio Pagherà Servio. Ei muora, ed abbia poscia Vendetta: regnar solo, onnipossente Io vuo'. Arde costei d' immenso amore: Pria che si spenga nel delitto amore Morte lo spegnerà. Fia tosto… or quale Grido funebre? quai confuse voci?…* La scena si apre nel fondo; entra Ostilio col Popolo. Di plebe son.

OSTILIO. Ei cadde. Io ti saluto, Duce e speme dei forti. Ei cadde; e degna D' un tiranno ebbe morte.

LUCIO. Egli!….

OSTILIO. La reggia Di minacciosa e supplichevol plebe Ingombra avea Tarquinia: a piè di Servio Slanciossi Tullia; Tarquinia respinta Fu dalla plebe. Lampeggiava un ferro In man di Servio, non so dir qual ferro; Ma sovra i labbri suoi la tua condanna S' udi; chè egli prorruppe: or lo conosci Il ferro? fu di Lucio: e questo ferro Lo svencià… Ella quel ferro trasse A se; lo volse al tuo tiranno; ei cadde: E per qual man l' intendi. Allor di morte Grido suono; e sei re.

VOCI DEL POPOLO. O re di Roma, Guidaci alle vittorie.

ALTRE VOCI. O nobil figlio Dei re, ne guida.

OSTILIO. A che vacilli? è spento Servio. Previeni di Tarquinia il tardo Sdegno; e mentre ella sul trafitto sposo Sparge il colpevol pianto, ed imprecando L' iniqua figlia questa reggia assorda Di grida, in Roma non rimanga parte, Che per te 'l ferro lampeggiar non veda.

LUCIO. Forti Quiriti, gelosia d' impero A morte mi traea: pietate e fede Di voi salvommi. Me seguite: il regno Ch'io m' abbia appieno! ed oh voi che la tomba E'l solio ai re finor donaste, in Roma Allor qual esser debba un re vedrete.* S' incammina con Ostilio e col popolo. Or chi vien?…

LUCIO, TULLIA in sommo disordine col ferro nudo, OSTILIO, POPOLO.

TULLIA. Dove son? di verno crudo Terribil gelo mi circonda. O cupe Tenebre! o bruno e feral giorno!… Averno Dunque per me la vittima tremenda Scelse e svenò… il sangue scorre, il veggio; Io qui mel sento; ed un pianto di morte* Additando il cuore. Nol terge.

LUCIO. Il tuo signor precedi.** A Ostilio. Io trarre Costei vuò meco, onde n' ascolti Roma L' orribile delirio, e 'l regio sangue Veda…

TULLIA. Oh chi parla!

LUCIO. De'Quiriti eletta Parte, mirate il ferro onde trafitto Servio fu; lo vedete? e 'l vibrò Tullia. Roma l' assolva, o la condanni: amore Rammento; perdonar non posso. Ahi sorte! Punir non so, nè voglio.

VOCI DEL POPOLO. Oh generoso!

ALTRE VOCI. Deh nobil cuore!…

LUCIO. Oh giudicar di plebe, Quanto sei giusto!

OSTILIO. Ancor incerta stassi Parte di Roma del destin suo vero. O scelta schiera, me seguite. Al prode Cerchiam nuovi guerrieri: appieno ei vinca Per opra nostra; e via non resti in Roma, Che nol saluti re di Roma, e solo.* Parte col Popolo.

LUCIO e TULLIA sempre col ferro ignudo.

TULLIA. Terribil Lucio, ah! m'odi. Averno or teco Solo m' udrà; solo m' udranno teco I turbinosi spettri intorno al trono Stretti, mentre io vedea striscia di fuoco Uscir dal ferro insanguinato, ch' egli, Ei padre, ei re vibrarti in sen volea…. Ah! no, nol vibrerà. Ch' ei minaccioso Stava, e feroce io vidi. Io fuggir volli; Non scegliere tra voi, tiranni, io volli; Ma su levossi tra sordo lamento Dal vacillante suol pallida un' ombra, L' ombra di Aronte; gli incavati lumi Ferocemente vibravami in fronte; Larghe le palme aveva, insanguinato Il crine, aperta la ferita. Io scampo Cercava…. invan: l' alto delitto tutto Compir dovea, tutto. È compito. Lucio, Io non fuggii; chè s' incurvò quell' ombra, E 'l freddo braccio attraversò la via…. Vidi lo spettro tacito!… lo vedi? Stammi dinanzi…. odi sospiro! orrendo Egli è sospiro: trema.

LUCIO. Or basta: udito Hommi abbastanza i tuoi deliri. Roma Dei re la figlia ora vedrà; se 'l trono A te s' aspetti, ora vedrà. Vien meco….

TULLIA. O feroce terribile nemico, Prendi il mio ferro: è tinto….* Dandogli il ferro.

LUCIO. Dallo! al trono** Lo prende. Con questo ferro mi aprirò la via. E tu mostrati a Roma, ed il Re scelga Roma; ch'io poscia renderotti il ferro.

TULLIA. E chi se' tu, che così parli? o voce, Terribil voce!… oh mai, non mai veduto Orrendo sguardo!… e Lucio sei? quel Lucio Che amai pur tanto d' esecrando amore? Ahi! madre mia, debole madre, dove, Dove se' tu? di tua pietà punita Ben t' ha costui. Iniquo!…. or tu punisci Roma; sei re? aggiungi sangue a sangue, E delitto a delitto: e Roma invochi Tardi il fulmin del ciel. Cade sull'empio Sempre il fulmin del ciel: trema! l' invoco…. Ei cade: trema!…. io ti precedo…. io muoro.* Cade a terra.

Il teatro si riempie di popolo condotto da Ostilio. Lucio sta sempre col ferro ignudo.

FINE.