Su freddi avelli nella valle tacita Non vedi il raggio della mesta luna, Che là nel cupo della selva ombrifera I sogni aduna? Diva dei canti sospirosi e flebili Già in bianco vel Maninconia discende, E al queto raggio degli avelli ferrei La via riprende. Seguiamla; libran vorticose ed agili L' ali, e ridestan l' animoso canto Le brune larve che in le tombe sorsero, Nunzic di piante. Sibila il vento: giu dal sasso altissimo Largo torrente nella valte cade: Scossa la cetra eternatrice, un fremito D' orror l'invade. Cesare, cinta d'un cipresso or mirasi L' altera cetra ond'io sfidai la sorte, E suona, conscia de' tuoi lunghi gemiti, Iuno di morte, L'azzurro sguardo ove del cuor pingevasi La eara pace, il biondo crin disciolto Più non vedrem, nè della bella vergine Il roseo volto. E ì dolci affelti, gl'innocenti palpiti, Il danzar molle del vezzoso piede, E in pargoletto seno il nobil animo, La pura fede. Là, dove posa nella tomba gelida Fra que cipressi la bilustre salma, Maninconia, fissa le luci, siedcsi In ferrea calma. Maninconia, che padre, e suora toglierti, E'l fratel vide da funesta morte, Chè ahi! teco fu tra le falangi Galliche Stretta in ritorte; Maninconia, che fanciullin seguivati Privo di madre sulla patria sponda, Ch' una ti diede forte, ahi! quanto misera, Madre seconda. Maninconia, che là dell'Arno al margine Teco lontana dal paterno tetto Venia bagnando di nascoste lagrime E volto e petto. Ella t'aspetta di Melania al tumulo Tutta celata nel suo bianco velo; Buon padre, dice, spesso morte rapida Dono è del Cielo Ella t'aspetta! quando notte imbrunasi Nel vasto albergo de'tuoi padri sale, E scorre lenta le turrite lugubri Deserte sale; E guida seco fra le dense tenebre L'ombre signore del vicino avello, Che meste meste fra 'l silenzio riedono Del vuoto ostello. Oh! van narrando, ecco la stanza pronuba Del nostro antico fortunalo amore, Ecco ove l' armi s'appendean tra' cantici D'alto valore. Un bisbigliar fra quelle mura, un fremito Sorge pietoso: il peregrin che passa Ode da lungi degli estinti il gemito, E'l ciglio abbassa. Ella t'aspetta; ella l'amica cetera Tempra, e'l cipresso di sua man vi pose, Che Italia or fuggon ìe canore Aonide Cinte di rose Nè mai più scesi nel lor volo rapido A noi d'intorno gli sfuggevoli annì Udran suonar su'l vero Pindo Ausonico Altro che affanni.

IN RINCRAZIAMENTO DELL'AVER LUI COLLA REGINA
VISITATO IL REGIC ABSENALE, ED ASSISTITO POSGIA
ALLA BATTAGLIA NAVALE CH'LEDE LUOGO SUL PO"

Signor dell'alpi, i cavi bronzi armigeri T'accolser primi in sulla patria terra, E i primi plausi da que' forti udironsi Fulmiu di guerra, Membrando l'armi, e l'altre età che furono, Al suon de' bronzi palpitaro i cori, E ricordare gli Avi tuoi magnanimi, E i nostri allori. Coll' alta Sposa non sdegnasti volgere Infra quei prodi, e ben movesti l' orme, Chè, sanlo i Galli! in subalpino esercite Valor non dorme. Di finta pugna la temuta immagine Essi t'apriro sul paterno fiume: Ben altre pugne compiran, se guidanli Re, Gloria, e Nume. Nè invan le navi si scontrar sul placido Flutto, nè invano vi saliro i forti; Tu gli mirasti, e sai qual premio ed anima Tuo sguardo apporti, Tu gli mirasti!…. Della grazia memori Io reco i voti delle forti squadre: Di que' vessilli all'ombra io nacqui, e crebberai Fra quelli il Padre. Fra que' vessilli a non macchiar la cetera Egli m'apprese, ed a serbarti fede. Accogli il voto è di Re degno un cantico Che amor sol chiede.
Tu, che fra nembi e venti, Onniposscnte Iddio, con maestosa Calma t'avanzi sovra i lampi ardenti, Suon funebre di cetra Ascolta deh! misto al terribil suono Di tue minaccie eterne: Di tue minaccie d'accendibil etra Per la via tempestosa Romoreggianti fra procelle e tuono. Deh! l' odi or che la folgore funesta, Che sul mio capo ondeggia, La bufera che orribile passeggia Dalla bassa caverna Sulla buja foresta Gridano al cuor d' ogni speranza privo: Noi siam l' ira del Dio tremendo e vivo. Tu dal cielo infuocato Turbinoso terribile t'appressi, E l' ali accese il cherubino irato Ripon sotto il tuo piede. Tremano i poli, e schiuso L' abisso detestato Scotendo gli angui già sul crin repressi Uscir veloce il demone si vede Signor d' averno apportator di guerra Da rosse e tetre fiamme incoronato. Cupo silenzio è in cielo, ed oltre l' uso Sente or tua possa la creata terra, Chè il giorno estremo ella tremando aspetta, Se fischia l'aura della tua vendetta. Ferma il carro tremendo Fra i lampi delle ruote ampie roventi, Nè ti preceda sovra il lampo orrendo Il demone rivolto A misurar la ria terra di morte Dalle ignivome porte D' onde fischiando uscio Sino a quel mar dal suo confin disciolto, Crollato è 'l monte come foglia ai venti, Al cavo mar rispondere s'udio Già la nube muggendo, Ferma, vindice Iddio! Dio punitore immensamente forte, Stassi giù nella polve il capo mio: Fa ch' io non veda resi polve in bruna Notte cader col sol spenta la luna. Peccai, Signore! or lavi L'iniquita la tua pietade immensa. Peccai: nacqui con sensi infermi e pravi, Ma con l'amor del vero Tua sapienza occulta iu me ponesti. Io dell' issopo aspersa Sorgerò monda fra gli immondi schiavi Qual neve intatta che in pendio s'arresti. In me cuor puro c spirto retto innova. Signor, dai labbri fraudolenti e pravi Libera me; Signor, dall'ira accensa Libera me di gente sanguinosa. Rendi alla desiesa Alma la pace; dal mio labbro piova Un inno delle tue lodi soavi; Ed alma ed inno, Dio dei forti, accetta In olocausto della tua vendetta. In crma valle ombrosa Tra i faggi e l'elci della vetta alpina Chiusa da falda ripida sassosa Nella polve la fronte Vedi ch'io tengo al limitar del tempio, Dove l'immenso tuo Voler ripose sul fronzato monle La tua madre reina. Dio punitor qui'l sacro voto adempie Solitaria atterrita. Cadon miste del rapido torrente Con il flutto volvente Le lagrime d'affanno, e l'umor suo Bagna l'impallidita Fronte, che'l sciolto crine asconde e vela Qui presso al tempio ove pietà si cela. O tempio in verde riva Agli empi ai rei sovvertitori ignoto O tempio di Maria! Chi! chi ti priva Del raggio di pietate ond' ella è cinta? Per te d'ardito regnator si atterra L'indomabil baldanza; Per te muta l'età, la forza è vinta; Ma pure aspetta ancor quest' orbe immoto L'angiol del fato: ei sulla oppressa terra Allarga l' ale, nascondendo il cielo. Vergin, tu sgombra quel terribil velo; Il demone che avanzn, E il fiammante d'lddio carro guerriero Scovri, o nostra speranza, Onde dal folle vulgo un di dolore Gvido s'ascolti, ed a te salga in cuore. Crede l' età proterva Nel variar dei giorni il ciel placato, Nè sente in patria serva, Serva di sorte labile funesta, Le ferite del giogo al nudo collo, Nè sa che solo scampo È la destra d'lddio sovra il creato: Col guardo il move, il muta e lo conserva. Egli le stelle, il sole e la tempesta, Ei regni e re, prodi ed allori in polve Con un soffio ravvolve. Vide il mio cuor di piangere satollo Sossopra l' orbe andare ad un suo lampo; Nè schiera val dell' Alpi in sulle spalle: Nostro scampo ei ripose in stretta valle. Nunzia di morte è calma; Orrenda la trascorsa etate, orrendo È l' avvenir tutto velato all'alma. Questo fia l'inno estremo Se l' irato aquilou non fermi a volo. Vita d'immenso duolo Traggo in selvaggie grotte. I lampi dell'ingegno in egra salma Or si ammorzan nascendo: Copre miei lumi prematura notte. Deh! non spegnerli, deb! gran Dio tremendo. Ahi solitaria vita! ahi breve ingauno! Ahi caldo immaginar deluso e scemo! Vuoto e muto avvenir tutto d'affanno! Deh! non voler ch'io pianga, o Forte, o Solo, E della mente e della salma i lumi, Piangendo dell'Italia i rei costumi. Per fulminante via Sui lampi e nembi della notte incerta, Muovi sacra armonia. Se al tempio torneremo applè dell' erta, Della luce degli occhi e della mente Prega ch' io torni certa; O dalla fredda e mula tomba mia Prega ch'io torni spirto a dir possente, Aleggiando pel sacro aer che invoco, La salvezza del mondo in piccol loco,