LIRICA



LIRICA
DI
ANNIE VIVANTI
con prefazione e nota di G˙ CARDUCCI

Nuova Edizione

(con aggiunte)

FIRENZE
R˙ BEMPORAD & FIGLIO, EDITORI
MCMXXI

PROPRIETÀ LETTERARIA

I diritti di riproduzione e traduzione son riservati per tutti i paesi,
compresi la Svezia, la Norvegia e l' Olanda

Copyright 1920 by A˙ Vivanti Chartres

NEL mio codice poetico c' è questo articolo: — Ai preti e alle donne è vietato far versi. — Per i preti no, ma per Lei l' ho abrogato.

La sua poesia, Signorina, è ciò che è (io non prendo dai critici la pretesa di imporre gli argomenti e il modo di trattarli), ma poesia è; quale dee quasi fatalmente prorompere da un temperamento di femmina lirico (caso rarissimo). E per la immediatezza della rappresentazione e per la verginità dell' espressione mi piace molto. Ciò che nel mestiere del verseggiare italiano dicesi con neologismo pedantesco la forma — un che di postumo al concetto, per lo più, un che di appiccicato, tra la posa e la smorfia, — a Lei manca. A Lei, la fisonomia dell' immagine, la tempera del colorito, la qualità della frase e l' andamento del verso vengono e spirano col movimento del fantasma e della passione che Le dan la poesia. Tutto ciò è sempre bene? Io so e Le dico che molte volte mi rapisce.

E Le bacio la mano.

Giosuè Carducci.

1) Die Engel, die nennen es Himmelsfreud', Die Teufel, die nennen es Höllenleid, Die Menschen, die nennen es Liebe.

H˙ Heine.

1) Lo chiamano gli angeli gioia di cielo Lo chiamano i dèmoni pena d' inferno, Lo chiamano gli uomini — amore!
O MONDO, vecchia guardia doganale, Farai l' obbligo tuo da buon cristiano: Giusta e severa sia la tua condanna, Chè non ti voglio dar la buona mano! Sono in contravvenzione, o Mondo astuto. Volea truffarti con la merce mia: Non è tabacco, sigari o liquori, Nulla di spiritoso: è poesia! Il Mondo ha spalancato i suoi mille occhi, E «Chi sei tu?» mi grida: e «cosa fai? Dimmi la fede tua, l' età, la patria, Che cerchi, donde vieni e dove vai!» — Del mio paese chiedi? Io ti rispondo: Non ho paese: è mia tutta la terra! La patria mia qual' è? Mamma è tedesca, Babbo italiano, io nacqui in Inghilterra. E quale la mia fede? Io vado a messa; La musica mi edifica e ricrea: Ma sono battezzata protestante. Di nome e di profilo sono ebrea. Chiedi dell' età mia? Quasi ho vent' anni. E quale la mia meta? Ancor l' ignoro. Che cerco? Nulla. Attendo il mio destino, E rido e canto e piango e m' innamoro. E cielo e terra, paradiso e inferno Sfioro coll' ali della fantasia! Non chieder altro. — Impetuosa e strana Per nuove vie fugge la vita mia. Fugge nel buio e crede nella luce. L' anima fiduciosa e calma e forte Ispirata mi guida. A che? — Si vive. Quel gran problema scioglierà la morte. CHI comprerà i miei versi? Gli amici ed i parenti, E tutti i conoscenti A cui bisognerà mandarli gratis Li pagheranno in lodi e complimenti Ed incoraggiamenti Molto soddisfacenti. Con una copia sola Le compagne di scuola Tutte se li trascrivono nell'Album. Li comprerà un commosso innamorato, Fedele e sventurato, Che amai ed ho scordato. Qualche bas-bleu elegante, Scrittrice dilettante, Per metterli sul tavolo in salotto S' arresterà vedendoli in vetrina: «Talìa! Musa divina! Che magra copertina!…» Studenti, una dozzina In legge e medicina, Cercando versi dedicati a loro — Fra i bruni e i biondi che invocai, perplessi, Vorran pur sempre in essi Indovinar sè stessi. Stampati per favore Da un credulo editore Ne adorneranno a lungo la vetrina. E alfine poi, l'opre dell' estro offeso, Del mio genio incompreso Si venderanno…. a peso! Questi poveri versi Son fiorellini persi Dal gran giardino della Poesia: Figli monelli di severa mamma, Lievi scintille di superba fiamma, Si vendono a tre soldi il chilogramma…. Chi comprerà i miei versi? NON voglio più cantare i vecchi amori, L' eterno aprile ed il chiaror di luna. Ho in uggia il cielo azzurro e gli astri e i fiori, La brezza, le barchette e la laguna! Odio le serenate, i mandolini, Lè dame bionde e i pallidi garzoni, Quella folla di tristi fantoccini, Popolo da sonetti e da canzoni. Io voglio un nuovo canto audace e forte Disdegnoso di regole e di rime, Voglio un amor che rida della morte, Voglio del genio la pazzìa sublime! E se tu m' ami dell' amor ch' io voglio Baciami sulla bocca in faccia al sole, Fatti dell' amor tuo scudo ed orgoglio E la pugna sottentri alle parole! Col nuovo inno d' amor che vibra e freme E schiude il cielo all' anima rapita, Tenendoci per mano, andiamo insieme A vincer la battaglia della vita! EGLI mi disse: «Quanto sei mutata! Come hai fragile il corpo e il viso gramo. Dimmi che fai, fatale e sventurata?» Io gli risposi: — T' amo! — Egli rise; e mi disse: «Ti rammenti Come fu intenso e breve il nostro ardore? Come fur fuggitivi e risplendenti Giorni e notti d'amore?» Egli rise e mi disse: «Ti rammenti La nuova amante mia? l' altro tuo damo? Le tue menzogne ed i miei tradimenti?» Io gli risposi: — T' amo! — Egli mi disse: «Addio. Oggi e in eterno Si disgiungon le vie che noi seguiamo. S' io ti rivegga mai, sia nell' inferno!» Ed io gli dissi: — T' amo! — Egli mi disse: «Demone morente E maledetto, lévati e va' via! Vada in oblìo sepolta eternamente La tua viltade e mia! O grigio, o sonnolento, o grave Oblìo, A ottenebrar la mente oggi ti chiamo: Strappa costei dal desiderio mio!» Ed io gli dissi: — T' amo! — Egli guardommi: un brivido lo scosse. Lento levò la mano, e sulla faccia, Sulla pallida faccia mi percosse! — T'amo! — e gli aprii le braccia. Or, stretti ora l' uno all' altra e silenziosi, Seguiam la via che mena a perdizione, E ci brucia negli occhi desïosi La struggente passione. Egli talor mi guarda spaventato: «Come hai gracile il corpo e il viso gramo!…» Io lo fisso nel volto appassionato E gli sospiro: — T' amo. — CREBBE tra le bestemmie e le percosse Quella gracile bimba spaventata; Morì a vent' anni, mite ed innocente, Quella piccola martire affamata! Or van per le stellate vie del cielo I poveri piedini ignudi e stanchi, E la tremula man coglie beata — Gigli d' argento! — i fulgidi astri bianchi. E gli angeli, stupiti e riverenti, Chinan gli alteri, luminosi rai, Mirando in quell'etereo sembiante La bocca che non fu baciata mai! QUATTRO enormi carrozze: Ecco in viaggio I miei compatrioti di Boemia! Fan sosta nella piazza del villaggio. Sono zingari neri e barbuti E fanciulli ricciuti E zingarelle Snelle. — Qui, da una giovin profetessa cieca, Io voglio farmi dire la ventura, Per sapere qual gioia o che sciagura L' avvenire m' arreca. Le diedi la mia mano ed il mio nome: «Ánnie?» ella dimandò, «ti dicono Ánnie?» Poi lenta scosse le sue folte chiome: «Rechi malanni, danni, affanni, inganni.» Disse: «Tu piangi poco e ridi assai. Tu fino ad oggi non amasti mai. Ebben: oggi amerai.» Ed io risposi: — L' amo! — Disse: «Egli è forte e nobile e severo Ed ha bruna la faccia e l' occhio nero. Ed egli t' ama. Vero?» Ed io risposi: — M'ama! — Disse: «Egli t' ama, t' ama follemente, Teneramente, disperatamente, E, bada: eternamente.» Io non risposi. Risi. «E quanto l' ami tu, tu sola il sai. E tu domani l' abbandonerai. Bada: non sbaglio mai.» To non risposi. Piansi. IN bionde anella il folto crin piovente Sovra gli omeri ignudi, insino a terra Ne sparge la dovizia rilucente Inginocchiata innanzi al suo Signore. Sovra il grand' occhio cupo e fiammeggiante Miti s' abbassan le pesanti ciglia, E la vermiglia bocca supplicante Pietosamente trema e si fa muta. Le piccolette mani profumate Raccolte in croce sovra il sen, le invade Il volto, dalle tempia delicate Al bianco collo, in rosee ondate, il sangue. E il gran Maestro la contempla e tace. In fondo a' suoi divini occhi riposa L' infinita d' amor serena pace E la gran calma di perfetta fede. …. Una mano sottile or lievemente Su quella bionda testa reclinata Ei posa: sussultar, fremer la sente. E la chiama per nome. «Maddalena!» — Oh! quale allor ne' grandi occhi raggianti Leváti su di lui luce balena In sconfinato abisso di rimpianti!… E Cristo dice: «Sorgi, Maddalena.» — «Signor! È il mio cammin duro a tal segno Che lacerato ho il piè…. la veste…. il core! Qual rifugio mi date? qual sostegno?» — — «Abbiam la nostra croce, Maddalena.» — «Signor! La fronte e l' anima umiliata Quando rileverete col perdono? Quando darete pace all' affannata?» — — «Al di là della croce, Maddalena.» — «E quando, o mio Signor! quando — fliuenti Sul vostro core le mie bionde chiome — Affonderò le mie pupille ardenti Nel glauco mar di vostre luci calme? Quando potrò l'oscura frenesia Ch'ogni fibra m'incendia ed ogni vena Spegnere o sazïar?… Quando, o Signore?» E Cristo disse: — «Taci, Maddalena! O Maddalena!… Taci!» — TETRA, nebbiosa, gelida Inghilterra, Aborrito paese ov' io son nata, Colla tua buona gente addormentata, Che Iddio ti danni, maledetta terra! O tristi inglesi dai capelli gialli, O magri inglesi rosei e scipiti, È forse il freddo che v' ha istupiditi, Lunghi fagotti di paracqua e scialli? O savia gente dai sereni affetti, Dal sommesso parlar, dal riso fioco, Datemi un po' di sole, un po' di fuoco, O inglesi freddi, inglesi maledetti! Datemi il folle amor, l' odio furente E le vendette de' meridionali, Lo sfolgorar di sguardi e di pugnali, L' impeto d' ira, e il perdonar repente! Datemi il facil riso e il pianger forte E la favella dell' Italia mia! Nei vostri plaids portatevele via Le vostre idee convenzionali e storte. Oh, popolo di raffreddati! ed ora Che il tuo fangoso suol più non m' alloggia, Popolo secco sotto eterna pioggia, Va', co' tuoi grandi piedi, alla malora! LASCIAMI andare ove il fato mi vuole, Lasciami andare! Sono assetata di gloria e di sole, Lasciami andare! Non mi sgomenta il periglio remoto, La meta oscura. Sfido le tenebre, sfido l' ignoto! Non ho paura. Ozio codardo, ti sprezzo e detesto, Lasciami andare! Ferree catene, v' infrango e calpesto, Voglio lottare. Schiava, ô fantocci, del vostro comando Io non sarò. Viver dormendo, morir sbadigliando Non voglio, no! Voglio combattere, voglio soffrire! Vita, e se cedi, Ancor combattere voglio, e morire Su ritta in piedi! Lasciami andare ove il fato mi vuole, Lasciami andare! Sono assetata di gloria e di sole! Lasciami andare! IO voglio il sole, io voglio il sole ardente Che l' ebbrezza mi dia del suo splendore, O pur la buia notte, ed il fragore Forte della tempesta alta e furente. La grigia nebbia il core la detesta: Datemi il cielo azzurro o la tempesta. Voglio la libertà! la sconfinata Intera libertà la voglio mia! O pur la tetra e stretta prigionia Di quattro travi e la cassa inchiodata. Volare in alto!… o vinta dalla sorte Piombar coll'ali infrante nella morte. E voglio l' amor tuo; l' intero, ardente, Illimitato amore, o l' odio intenso. Ma sia l' odio o l' amor, lo voglio immenso! Io non sopporto un guardo indifferente. L' amor che tutto soffre e tutto dona O l'odio che non piega e non perdona. O tutto o nulla io voglio: il riso o il pianto, Il sole d' oro o l' uragano nero, La stretta bara o l' universo intero, E dallo sguardo tuo martirio o incanto! …. Vita, che cosa rechi pel mio cuore? L' estasi tutta della terra in fiore? O la croce sublime del dolore? —S TO bene, proprio bene! Ho un po'di tosse Che passerà quando vien primavera. Vedessi poi che belle guance rosse…. Fanno invidia alle bambole di cera! Ora la mamma non mi sgrida mai, E babbo poi! Mi bacia ogni momento. Mi guarda in faccia e dice: «Come stai?» E s' io non rido egli non è contento. Sono felice. La vita è un incanto! Sai che domani compio i diciott' anni?… Dice Maria di salutarti tanto. Nevica!… Addio.

Ricordami a Giovanni. —

OGGI sta meglio. Trepidante e lenta Par le torni la vita: il viso bianco A noi rivolge, e la pupilla spenta Rifulge di chiarore incerto e stanco. Il suo passato le ritorna in mente. Ella si leva, frale e delicata, E s' asside fra noi tacitamente, Col suo blando sorriso d' ammalata. Noi carezziamo trepidi, rapiti, Il sottil viso e le dorate chiome; E la curiamo con parole miti E tenerezze che non hanno nome. .…E noi sappiamo che non c' è speranza, Che nulla al mondo la potrà salvare! Ma quando torna alla sua cheta stanza, La andiam con un sorriso a accompagnare. Chiusa la porta, ci guardiamo in faccia Senza parlare!… E ancor ci sta sul viso (Spettro di gioia che il terrore agghiaccia) La tragica menzogna del sorriso!
BEL canarino dalle penne d' oro, Dammi l' addio: riprendo il mio vïaggio: Al volo anela impazïente l' ala: Patria non ha l' uccello di passaggio. Sono uccel di passaggio, ed ha il mio nido Per suo solo confine il firmamento. M' è tetto l' uragano e culla il mare. La ninna-nanna me la canta il vento. Sono uccel di passaggio e non ho amici: Nuvole ed onde le compagne mie! Ma capricciose, infide e passeggere, Noi c' intendiamo senza ipocrisie. Onde furenti e nuvoloni neri, Seguiam la stessa strada burrascosa. Spinti dalla bufera della sorte, Abbiam la stessa fede dolorosa: «Chi non ha patria non conosce esilio, Chi non ha amici non sarà tradito.» Onde furenti e nuvoloni neri Abbiam la stessa meta: l' infinito. — Bel canarino nella gabbia d' oro, Dalla finestra mi richiami?… Addio. Bel prigioniero dalle penne d' oro, Ho l' ali e il canto: l' universo è mio! URLA in tempesta il mar; lo sferza il vento E ne solleva l' onde furïose, Bianche dall' ira, torbide, spumose; Ed attraverso il ciel per lo spavento Fuggono turbe di nerastre nubi. Invan lo sguardo in affannoso intento Cerca sicuro asilo ove posarsi: Sol mira l' acqua in turbini levarsi Su…. su…. poi ruinar! il bastimento Seco nel furibondo avel traendo! A destra, a manca, e intorno, intorno, intorno L' acqua che si dibatte, e s' alza, e piomba, Che si spalanca in sconfinata tomba, Che stride ed urla! Intorno, intorno, intorno L' acqua furente in vortici travolta! Ritta, co' pugni stretti e il guardo fisso, Sto sulla poppa, e penso a casa mia. A te penso!… Ed il core in agonia Dell' amor suo mi scopre il tetro abisso. In quella vastità piombo e rovino. O mare, mare! quanto sei piccino!

(Da H˙ HEINE).

LA mano tua mi posa, angelo bello, Qui sovra il cor: lo senti, che rumore? Entro dimora un falegname: — Amore! Che batte e batte a colpi di martello. E notte e giorno a colpi di martello La bara mi sta fabbricando in core. — Su via, fa' presto! Sono stanco, Amore! — (Lo senti che s' affretta, angelo bello?)
SEI bello, è vero! Stranamente bello, Come un giovane dio, superbo e forte! Hai la fronte ispirata e gli occhi ardenti; Fra l' altre tue virtù mi fai la corte. Ma va', ti leva! Chino a' miei ginocchi Non ti voglio veder: tu sei soldato! O campion della vita, ti rileva, E afferra il tuo stendardo insanguinato. Combatti, va'! T' attende con le squadre Tetre e feroci l' inimica Morte. Combatti, va'! Ti slancia nella mischia, Come un giovane dio, superbo e forte! Ti stendono le braccia ischeletrite L' infamia, la miseria, il morbo e l' onta; Ti chiaman gli urli e i rantoli selvaggi Del corpo che alla corruzion s' appronta. Dovrai lottar contr' odio ed ingiustizia, Contro l' insulto e la vigliaccheria: T' accoglieranno imprecazioni ed ire E testarda ignoranza e villania. Ma va', ti dico, va'! Dona a chi muore La vita, il sangue tuo, la tua bellezza, Ai vecchi, ai deboli, agli agonizzanti Consacra la gagliarda giovinezza. Lavora e soffri. Soffri e lotta e vinci. L' immenso amor della virtù ti sproni A far della tua vita un gran poema, Un' epopea di glorïose azioni! Compi la tua missione, e poi ritorna. Io sorridendo t' aprirò le braccia. Torna, co' segni del vaiuolo nero E la superbia del coraggio in faccia! Allora i baci miei saluteranno Te sull' onesta fronte sfigurata, E lietamente affiderò la destra Alla tua mano ruvida e abbronzata. Verrò a posare il mio visetto acceso Alle tue guance, emacïate e smorte…. E sarai bello sempre, sarai bello Come un giovane dio, superbo e forte! LA lunga notte mi negò ristoro, Alfin l' alba è risorta. Nell' orïente il ciel si tinge d' oro, Ed ogni stella è morta. Chi sa se è vero ch' avvi un Dio lassù! Un Dio ch' ama e conforta! — Io penso a voi, che non m' amate più, Ed a mia mamma, morta. FRA le tue braccia Che mi circondano, Che m' incatenano, Reggono, stringono, M' afferra il vortice Vertiginoso Del valzer rapido. — Senza riposo Leggiere volano Coppie danzanti, La terra sfiorano Pallide, ansanti…. Portami, involami, Più presto ancora; Stringimi, reggimi; Danziamo ognora! Fra le tue braccia Trepida palpito, Leggero fremito Le membra scote. .… Ora che importami D' odio o d' amore Il van delirio? Sto sul tuo core! Ne ascolto il battito Rapido e forte…. E ognora passano Leggiere e smorte Le coppie rapide Danzanti ancora…. Stringimi, involami; Danziamo ognora! Fra le tue braccia Che mi circondano, Che m' incatenano, Reggono, portano, Mentre si sfiorano I volti intenti E si confondono Gli aliti ardenti, Le mani stringonsi Calde, infocate, Le labbra tremano, Le innamorate Anime baciansi…. Ohimè!… vacillo…. Cessa la musica:

Mi ringrazi, t' inchini — e vai, tranquillo.

IO l'ho incontrato e mi son fatta smorta Mi sono fatta tutta smorta in viso! L' ho salutato allegra, ed ho sorriso, Ma il mio cuore gridava: «Oh, fossi morta!» Rivederlo così, freddo e insolente Passarmi accanto e salutarmi appena! Ed io dover mostrar fronte serena, Dover mostrar che non m'importa niente!… M' ha invaso l' alma e scolorato il viso Un' onda d' amarezza e di dolore; Ma calma e altera, con la morte in core, L' ho guardato negli occhi, ed ho sorriso. EGLI era per lo più timido e muto, Ma pur talvolta stranamente audace; Ora seguendo d' un' idea fugace L' impulso, ed ora a lungo irresoluto. La fronte di poeta, alta e pensosa, Le labbra strette e raro il bel sorriso, Ed i capelli bruni e smorto il viso E bruna la pupilla luminosa. Era capace in una volta sola Di parlar molto senza dir nïente, E di dir molto senza far parola! Era distratto, languido, indolente. …. Un giorno darà vita, anima e Dio Per l' amor suo — se quell' amor son io! IL treno fischia e me lo porta via; Io resto sola col mio gran dolore, Tiepida ancor la bocca de' suoi baci, Dalla sua stretta ancor fremente il core. Non piango. Muta, lenta, trasognata Ritorno a casa; alla mia casa vuota! Ed all' entrarvi un brivido mi coglie. Sembrami quasi una dimora ignota. Sembrami di vagar, sognando, al buio, D' aver paura e non poter gridare, D' esser cacciata e non poter fuggire, D' essere stanca e non poter sostare. Sono rimasta co' suoi baci in viso E in cor lo strazio e la tristezza mia. Con lo sconforto e con lo struggimento…. — Il treno fugge e me lo porta via. COME un nido di rondine caduto D' inverno e nella neve abbandonato, È la stanzetta tua ch'ora hai lasciato. — V' andai stamane. V' era una fragranza Ambrata di lavanda e sigaretta. Piena di libri, tiepida e ristretta, Or non t' alberga più, povera stanza! Come un nido di rondine caduto, Deserta e triste da che t' ha perduto! Come un nido d' allodole al mattino, Allor che tutte incontro al sol bramose Fuggon, scotendo l' ali rugiadose, Tale è il mio cor. — Vêr la dimora ignota Ch' oggi ti cela stendonsi le braccia, E gli occhi in pianto cercan la tua faccia. Povero cor! Povera stanza vuota. O assenza! O lungo inverno! o sconsolato Nido di rondinelle abbandonato! L'HO riveduto! Gli volarono incontro giubilanti A stormo i sogni e i desiderî miei! Allodole dall' ali palpitanti, Rondini irrequïete ed usignoli, Sbattendo l' ali e prorompendo in canti, Gli volarono incontro i sogni miei! L' ho riveduto! Io non gli seppi dare il benvenuto. Rigida e bianca l' ho guardato in faccia, Con gli occhi estasïati e il labbro muto. Forse la luce d' una gioia immensa Sul mio pallido volto egli ha veduto, Poichè, senza parlar, stese le braccia…. L' ho riveduto! Sì; m' ha sorriso e m' ha baciata ancora, Ma un freddo m' è rimasto in fondo al core. Un buio, un vago senso di terrore…. E l' anima m' ha detto a voce bassa: — L' amore passa! — Come sempre m' ha chiusa tra le braccia, Ma son rimasta smorta smorta in viso. Facea male a me stessa il mio sorriso, Tanto me lo sentìa languido e stanco Sul viso bianco. Mi sfugge l' amor suo, come la sabbia Serrata entro le dita fugge, fugge…. E nella febbre e l' ansia che lo strugge Chiama e richiama disperato il core: Amore!… Amore!… Io con ambe le mani copro il viso, Per non veder la notte che s' avanza. Ritta nel core, eterna! la Speranza Guarda nel buio. Cerca nel lontano Un raggio. — Invano. OGGI sposati. Ei la conduce a casa, Del vago regno timida regina. Ella a lui tien la mano stretta stretta, Ed il bel volto trepida reclina. Egli orgoglioso e lieto se la trae Di stanza in stanza. — Ella, così ritrosa, Tutta arrossente, rassomiglia un fiore Che in un sarebbe e sensitiva e rosa! Giunti sul limitar del vago nido Ove a quest' uccelletto spaventato L' ali frementi legherà Cupìdo, Egli dinanzi a lei s' è inginocchiato: E: — «A te fo voto consacrare intero L' avvenire e la vita! Al mio desìo Basti tu sola: e gioia e luce e gloria Cercherò nel tuo sguardo, angelo mio!» — Sposi da un mese. Egli ritorna a casa Allegro, frettoloso, impazïente: Sale i gradini a tre per volta, e pensa Che sopra attende un viso sorridente, E porta e braccia aperte ad incontrarlo: Ella dalla finestra l' ha veduto, E sempre corre ad aspettarlo fuori Per dargli sulla soglia il benvenuto. Linda, tutta freschezza e leggiadrìa, D' un nastro azzurro ha i bei capelli adorni…. Egli la bacia, e poi: — «Sposina mia, Sai che diventi bella tutti i giorni?» — Sposi da quattro mesi. Ei torna a casa. — «Addio, Nina. Stai bene? È pronto il pranzo?» — Ella, le mani nere e il viso acceso, Torna in cucina a far bollire il manzo. Sposi da un anno. Egli ritorna a casa Stanco, di mal' umore, impolverato; Ella gli va ad aprire, ed è in ciabatte E in abito da camera slacciato. — «Eh! ci vuol altro! Non s' ha tempo o voglia Di starsene allo specchio a far toletta: Quel bimbo strilla tutto il santo giorno. Che vita è questa, Vergin benedetta!» — Egli dalla poltrona la contempla Così mal messa, spettinata tutta, Intenta a spolverar tavola e sedie. È dimagrita. Egli la trova brutta. E la sua mente torna a un quartierino Di poche stanze chiare ed eleganti, Dal lucido mobiglio, dai tappeti Morbidi, dai cristalli scintillanti…. E la sua mente fermasi e riposa Sulla figura bella ed indolente Di donna inciprïata e bionda e bianca In lunga veste serica movente. Ancora ne ricorda l' indirizzo…. Sicuro!… È un anno o più da che la vide…. — Intanto la sposina scarmigliata Allatta il suo piccino e gli sorride.

2 novembre.

IN lugubre cadenza le campane Rintoccano per voi che siete morti. E noi, che pure vi crediam risorti, In vesti nere andiamo al Camposanto, A rammentarvi che v' amammo tanto, Poveri morti! Vedeste quanti fiori vi rechiamo! D' ogni foggia e color, croci e corone! De' fiori freschi non è la stagione, E poi, son vizzi in una settimana…. Ma quelli di perline o porcellana Son di durata! Se gli occhi aveste ancor, poveri morti, Sui vostri marmi leggereste tutto L' amor che vi portammo e il nostro lutto. Ed anche un grande elenco di virtù Che forse voi non ricordate più D' aver avute. Ma si fa tardi. Al caso un altro Requiem In carrozza al ritorno è presto detto, O guai! con questo freddo maledetto Si corre il rischio di pigliar malanno. Che autunno indiavolato abbiam quest' anno! — Cocchiere, a casa. —
ERA d'Aprile e si faceva sera, Ma il ciel portava ancor la chiara veste Di vivo arancio e pallido celeste, Su cui passava rapida una schiera Di brune rondinelle. Chiamandosi tra loro mestamente Le tortorelle si facean sentire; La glicine che stava per fiorire L' olezzo univa al balsamo languente Di narcisi e vïole. L' un presso all' altro correvamo in traccia D' anemoni e di rose pallidette. Ci tenevam le mani strette strette, Non osavamo più guardarci in faccia, Non osavam parlare. D' un tratto egli s' arresta, al cor mi serra Col viso smorto e le pupille accese…. Non saprei dire i baci che mi prese! Ma tutti i fiori son caduti in terra, Nè li abbiam raccolti. «O mia bambina, io voglio idolatrarti E passare la vita a' tuoi ginocchi, E passare la vita a contemplarti, Pago d' un raggio de' tuoi splendidi occhi!» — E riverente ei mi guardava in viso, Poscia s' inginocchiava: «O mio tesoro, Tu mi sei fede e patria e paradiso; Tu sei la mia Madonna: ecco — io t' adoro!» Essere una Madonna…. e non clemente?… A quei grand' occhi nel mio volto fissi Sorrisi, e mi chinai timidamente: «Non adorarmi, baciami!» gli dissi. TRA poco, quando cesserò d' amarti, Ritroverò il mio riso impertinente, Ritroverò le mie perfidie e l' arti Di torturare e innamorar la gente. Tra poco, quando cesserò d' amarti, Serena, smemorata e senza addio, Contenta di fuggire e di scordarti Riprenderò il vagabondaggio mio. Tra poco, quando cesserò d' amarti, Scontrandoti per via smorto e severo, Passerò accanto senza salutarti Cogli occhi rilucenti e il cor leggiero. Amar stasera ed obliar domani, Ecco il mio fato…. Oh, tu cògli in quest' ora Il fior de' baci miei, gl' incanti strani Della mia fantasia che t' innamora!… No, non impallidir! baciami ancora. VIENI, amor mio! Vieni, è levato il sole E la fiorita via ride, e ci attende. Quanta luce nel cielo! E quanto azzurro Negli occhi nostri fluttua e risplende! Oh vieni, andrem di nuova sorte in traccia, Tu del tuo genio, ed io di te sarò. Tu mi sorreggerai fra le tue braccia, Io, col sorriso, ti conforterò. Se avremo fame, correremo in cerca Di selvatici frutti per la via. Si dormirà sotto alle stelle blande Colla tua bocca sulla bocca mia. Ed al meriggio farem sosta all' ombra Di misteriosi giganteschi fior; Tu, colla testa sulle mie ginocchia, Sognerai l' avvenire — ed io, l'amor! Colla mia man sfiorandoti i capelli D' antichi eroi ti ridirò la storia. Vedrò destarsi nella tua pupilla L' ardor della battaglia e della gloria. La tua pupilla azzurra ed indolente Vedrò di glauche fiamme sfolgorar, E forte e battagliero e prepotente Lo spirto sorgerà, pronto a pugnar! Vieni, amor mio! Vieni, è levato il sole, È di zaffiri e d' oro il ciel cosperso. Andiam col nostro giubilo d' amore A mettere a soqquadro l' universo! Andiam col gaudio nostro, andiam col riso Audace della nostra gioventù, A sfondare le porte al paradiso E riportarne l'estasi quaggiù! C'ERA una volta un cavaliere audace. Ogni giorno, ogni notte, A mille belle egli rapìa la pace. Languivano per lui fiere duchesse E timide fanciulle, Vergini bianche, e bionde principesse. Ma un giorno egli scontrò strana e ridente Una zingara bruna Che lo fissò col grande occhio insolente. — «Vuoi tu amarmi?» — diss'egli; e lei rispose: — «Io non ti voglio amar.» — Un bacio allor sulla sua bocca ei pose. Ella rabbrividì. Ma il capo scosse: — «Io non ti voglio amar.» — Egli a lei ribaciò le labbra rosse. Le brillava nel viso e nell' oscura Pupilla un cupo ardore. Le brillava un pugnale alla cintura. Essa l' amò. — L' amò! — Poscia la forte E piccoletta mano Legollo a lei per sempre con la morte. DUE accordi di cembalo o chitarra. — Chiudo gli occhi un istante E poi schiudo le labbra alla bizzarra Mia canzon prediletta. Affascinante N' è la cadenza languida, variante Col ritmo audace e l' impaziente stretta, Col molle ritornello e appassionato Accordo inaspettato Che lo termina. Canto la primavera, il sole tiepido, L'erba fragrante di vïole mammole, L'azzurra vastità del cielo limpido, I nuovi nidi d' usignoli e allodole. Canto il superbo gaudio, il folle giubilo De' miei vent' anni e della mia bellezza, L'amor, l' incanto, l'estasi, l'ebbrezza Dell' esistenza e della gioventù! Canto, e le note limpide Prorompono vibranti, Acute, gaie, libere, Giulive, palpitanti. Canto, e rapita l' anima Segue la melodìa, Grido, singulto, fremito Diviene l'armonìa. Canto la primavera, il sole tiepido, L' erba fragrante di vïole mammole, L' azzurra vastità del cielo limpido, I nuovi nidi d' usignoli e allodole. Canto il superbo gaudio, il folle giubilo De' miei vent' anni e della mia bellezza, L' amor, l' incanto, l'estasi, l'ebbrezza Dell' esistenza e della gioventù! Pallida taccio. E intorno a me si leva D'approvazione un blando mormorìo; E mamme di garbate signorine Chiedono il nome del maestro mio. A lor rispondo: Egli non fa per voi, Mamme cortesi, il mio maestro è Dio! O buone mamme, vi farìa paura Il direttor d' orchestra che ho nel cuore: Ei batte il tempo fuor d' ogni misura, È maestro Cupìdo, dio d'Amore! Che batte e batte e lacera a brandelli La viva e palpitante anima mia, Per farne delle rime e dei stornelli, Per farne un canto ed una melodìa. O mamme, cui la musica è gradita, Ve ne son tanti di maestri buoni! La scuola mia si paga colla vita. Andate da De Reszké e da Leoni! MA non rammenti più, di', non rammenti Che s' usciva a braccetto per la via, L' un contro all' altro stretti e sorridenti? Ma non ricordi che s' andava fuori Come sposini di provincia? alteri Di portar per il mondo i nostri amori? Ma non ricordi come s' esultava Sfrontati e lieti, quando per la via Si fermava la gente e ci guardava? Ma non rammenti più come la sera Si ritornava a casa frettolosi? Ed io per te scordavo la preghiera…. Ma non rammenti, non rammenti tu Che s' usciva a braccetto per la via? — Ed ora non ci salutiamo più. FORTE, superbo e biondo come il sole, Io l' adoro in ginocchi! Tremante al suono delle sue parole, Vinta dal glauco riso de' suoi occhi. Ciò che a noi serbi l' avvenire, ignoro; Quali nuove dolcezze, Quale follìa di baci e qual tesoro D' estasi strane e non sognate ebbrezze Noi strapperemo al minaccioso fato, D' indovinar non tento. Ma un rancore profondo ed implacato Serbo nel cuore; e irosa lo rammento. Soli, di sera. Il fuoco scintillante Gl' irradïava il viso; Egli avea sulla bocca arsa e tremante Appassionato e tenero il sorriso. Io lo guardavo e mi sentìa morire. Mi serravan la gola I singhiozzi di spasimo e desire…. Io lo guardavo senza dir parola. D' un tratto ei si levò, distolse il viso Pallido e risoluto, E il folle desiderio fu conquiso. — Il nostro primo bacio fu perduto! Or, quando in braccio a lui giaccio rapita, Soavemente stanca, Da baci senza fine illanguidita, Piegando sul suo cor la faccia bianca, Io gli susurro: «Non perdono mai! E ancor palpito e fremo Pensando che tra i baci che mi dai, Quel primo bacio non ritroveremo!» PRESTO verrà l' oblìo. — Io scorderò il color degli occhi tuoi, Tu il suon della mia voce e il nome mio. Quando vedrò mandorlo e pesco in fiore, Un indistinto sovvenir di te Si desterà, cantando, nel mio core. E nell' anima tua la rimembranza Incerta, trepidante sorgerà Come fantasma nella lontananza, Se risuonare udrai la melodìa Tenera e dolce che cantai per te, O l' araba fantastica follìa Che ieri a sera impallidir ti fè. …. Si desterà, cantando, nel tuo core Un indistinto sovvenir di me. Segue ciascuno intanto i suoi destini: Io torno a battagliar co' sogni miei, Tu a viver fra le bestie e i contadini. Io torno lieta al mio vagabondaggio In cerca di fortuna e cielo bleu, Co' zingari e gli uccelli di passaggio. E tu badi all' ingrasso dei terreni, Al buon mantenimento delle stalle, A teste vuote e borsellini pieni. E tu ritorni ad allevar bestiame, A far l' amore con le contadine…. Ed io torno a sognar cose divine, A scriver versi, ed a morir di fame! VI mando le vïole pallidine Che hanno perso il colore e la fragranza, Ma serban delle azzurre sorelline Il nome e la sembianza. Tale un amor da volontà conquiso S' erge pallido e triste in mezzo al core; Un amor senza baci e senza riso — Ma ch' è pur sempre amore! Vi mando le vïole pallidine Che non hanno colore nè fragranza. NON sarà mai! — No! sul mio cor, fra' miei capelli sciolti Tremante il viso non asconderai; Nell' onda lor come da notte avvolti Baci di fuoco troverem giammai! Nè al mio cantar, mentre sognando ascolti, L' anima tutta m' abbandonerai! Cupa s' erge tra noi la gran barriera Che niuna forza abbattere potrà. S' erge crudele, gigantesca, austera, S' erge fondata sull' eternità, Tra le mie labbra e la tua chioma nera, Tra l' esistenza e la felicità! D' acciaio, di granito o d' adamante Fosser le mura! Io le rovinerei. Dalla mia mano arrovesciate, infrante, Dovrebbero piombare a' piedi miei, E sulle lor rovine il trionfante Arco del nostro amore innalzerei! — T' avrei portato de' miei baci il fiore, E di mia lieta gioventù il tesoro. …. Ma l'estasi mi vietano e l'amore Una fragile donna, un cerchio d' oro, E quattro scarabocchi d' assessore! Non sarà mai ch' io mi ribelli a loro. Non sarà mai! IO ti vedo chinare il capo bruno Ed il profilo fino E lo sguardo di fuoco e di velluto Sovra il tuo violino. Le quattro corde tese e sensitive Vibrano palpitanti E sospirano sotto alle tue dita Come isteriche amanti. E l' arco vola rapido e diritto Or lieve, or violento, E fa gridar d' angoscia e di piacere Il nervoso strumento. ….Io seggo tra la gente che t' ascolta, E non so più se sia Il violino tuo che canta e geme, O pur l'anima mia. L'anima mia da cui trarre tu sai La voluttà ed il male, Come dal muto legno biondo trai Arpeggi e trilli e scale. Vibranti sotto al tuo tocco divino Singhiozziam di desìo, E alziamo a te le appassionate voci Il violino ed io: Nel parossismo dell' ultimo accordo Spezzaci tu!… Spezzaci entrambi colla forza e il fuoco Della tua gioventù! Fa' che — dopo di te — giammai per altri Noi non cantiamo più. SORRIDE ella, e dischiude De' suoi occhi l' azzurra meraviglia, Chè sulla bocca piccola e vermiglia Il suo giovane amante l' ha baciata. (Raggian le stelle eterne Su nel mite fulgor cupo de' cieli.) Ella ride; e con grandi occhi crudeli La Morte, nell'oscurità, la guata. QUANDO sarò partita, piangerai. Alta la testa e il viso indifferente, Riderai forte, riderai sovente; Ma la mia voce non soffocherai, Che in fondo al cor ti suonerà fremente…. No! la mia voce non la scorderai. Quando sarò partita, studierai Chino sovra i tuoi libri attentamente; Ma ti starò dinanzi sorridente, Ed echeggiar nel vuoto core udrai Il suon del riso mio, lieto, insistente…. Il mio sorriso non lo scorderai. Quando sarò partita, ingrasserai; Mangerai bene; e pacificamente La notte dormirai. Ma, in sogno, ardente Sul viso il soffio mio ti sentirai, E i baci miei ti renderan demente…. Le mie carezze non le scorderai. Quando sarò partita, m' amerai; Diverrai meco tenero, indulgente. M' amerai capricciosa ed insolente, Leggiera e senza cuore m' amerai. Mi stenderai le braccia avidamente E desolato mi richiamerai! Quando sarò partita, piangerai.

«Und ein Narr wartet auf Antwort….»
(H˙ Heine).

IDDIO, che vuoi da me? Quale la meta? La strada mia qual' è? Chi me la vieta? Ove tende quest' alma irrequïeta E questo cor ribelle? A che m' hai fatta, Iddio? Donde mi viene La brama immensa d' un ignoto bene? E lo spirto restìo chi lo trattiene? Chi mi sbarra la via? Oh! Sentir l' ali fremere e vibrare E non poterle sbattere, spiegare, E non potersi spingere, slanciare Nello spazio infinito! Oltraggio ed ironia — Dio ne risponda! Mentre un mare di luce il cor c' innonda, Dobbiamo, al buio, sulla terra immonda Brancolando vagare!
IO l' attendo convulsa, irrigidita. …. Egli verrà, fremente e senza voce, Con la superba faccia impallidita Ed il sorriso splendido e feroce. Verrà. L' attendo. — E penso a mia sorella, Mia timida sorella innamorata, Che avea sì mite il guardo e la favella Ed il pallido viso d' ammalata!… Egli rideva. Ella era moribonda, Agonizzante in braccio a me giacea; Ed io, di sopra a quella testa bionda, Il suo riso guardava…. e non piangea. Ella è morta. Egli m' ama. — E orrendo, orrendo A me brucia nel sangue un cupo e strano Desiderio di lui! — Perciò l' attendo…. (Ed ho un piccolo Browning nella mano). LASCIA i tuoi vecchi libri e dammi un bacio, Spalanca le finestre: ecco l'April! Che odor di vïole! Che cinguettìo di rondini! Usciamo, usciamo al sole. Ho la veste e i pensier color del cielo; Vedi? anco gli occhi! — Usciamo. — Ecco l'April! La bianca veste della terra ha sciolto Impazïente e vincitore il sol: Di sue luci focose Egli la vede timida, E la copre di rose. Paion farfalle i fior, tremuli al vento. Mette l' ale ogni cosa e scioglie il vol! E non vi son rancori a cancellare? Torti ed oltraggi a riparar non v' han? Non abbiamo nemici? Perdoni a dare o a chiedere? — Noi che siamo felici Usciamo, usciamo a salutar la gente, Gl' ingrati cui l'April sorride invan! E a chi ci vuol del male andremo a offrire Un gran mazzo di primole, e la man. DIO, siete buono! — Io lo vorrei gridare Alto così che in ciel m' udisse Iddio E via pel mondo lo vorrei lanciare, Come sfida ai malvagi, il grido mio. Per il mondo cattivo e triste e stanco Vorrei che la mia fede trïonfante Andasse come un grande angelo bianco Con l' ali aperte e il viso sfolgorante. Vorrei che dietro a lei, folli e rapite, Tese le braccia e con la fronte al sole, Seguissero le genti sbigottite Al gran richiamo delle sue parole…. Che importa se, schernendo a chi Gli crede, Dietro al mistero azzurro Iddio non c' è? Resti, grande e fantastica, la Fede Come un' illustrazione del Doré! AVEA celate l'ali, e noi scordammo Che potea volar via; Avea sì gaio il riso: Non si credea sentisse nostalgia Del paradiso! Angelo già sembrava, e noi scordammo Che potesse morire. Con que' timori suoi Non si credea voless' ella partire Senza di noi. Noi l' amavamo tanto! …. Ma ella, sempre Così docile e pia, Sentendosi chiamare Ha scosso l' ali ed è volata via, Per non tornare.

«There, but for the grace of God, go I˙»

COL viso inciprïato, ove la bocca Tinta di rosso sembra una ferita, Un nuvolo di ricci sulla fronte, Mi passa accanto sorridente e ardita. Passa con un fruscìo di raso e seta, Un tintinnìo di vezzi e di monili; E l' aria dietro a lei mi soffia in viso Carica di profumi acri e sottili. Passa; e nel cuore agli uomini solleva Col suo lento sorriso acute brame; Le sorgono d' intorno i desiderî Come incantati fior…. Morrò di fame.
VUOI tu venir con me, fanciullo biondo? Ti vuole il tuo destino, amor ti chiama. Cingi l' arma e l' orgoglio: in faccia al mondo Tu mio paggio sarai, sarò tua dama. Vieni. Ti condurrò meco lontano. La casa è stretta, vieni fuori! fuori! Lascia il pigro sognar, lo studio vano, E getta i libri in testa ai professori! Tu meco studierai: seri ed attenti Viaggiando imparerem Geografia. Mi guarderai ne' chiari occhi ridenti Quando vorrai studiare…. Astronomia. Pel ben del mondo intero scriveremo La nostra Storia: e sarà tutta in rime! E quanto ad Aritmetica…. faremo De' nostri baci il Calcolo Sublime! Vieni. Di là dal mar ti sarò guida Di monti immensi nell'eterno gelo. Dalle rocciose vette ove s' annida L' aquila, il guardo spingeremo al cielo! Poi ce n' andremo incontro al sol nascente: Là nascon fra le sabbie de' deserti — Languidi fior! — le donne d'Orïente, Coi veli chiusi e i neri occhioni aperti. Poi volgeremo a mezzogiorno: l' oro Del sol pare gravar sui fiori stanchi, E glauchi laghi sotto palma e alloro Portano nenufar e cigni bianchi. Vieni! Al di là d' inverno è primavera, Al di là delle nubi è il Paradiso! Di là de' monti v' è la terra intera Piena di luce, bella di sorriso! Oh, vieni! Avrem la gioventù nel sangue, Avremo il sol negli occhi e il vento in faccia! E se il mio piè vacilla o il corpo langue Tu allor mi porterai fra le tue braccia. Forte dell' amor mio, grande d'orgoglio, Oh, vieni dunque, il tuo destin ti chiama: Oh mio giovane eroe, vieni — ti voglio! Tu mio paggio sarai, sarò tua dama. ERO una bimba credula e fantastica, Piena di fede azzurra e sogni d' òr! Credevo il cielo una dimora d' angeli Bianco vestiti e cinti di splendor. Credea fosser le stelle innumerevoli Buchi nel pavimento di lassù, Fatti perchè l' incanto intravedessimo Che ognor circonda chi non soffre più. Credea che quelli, a notte, ritornassero In bianche schiere il mondo a visitar; La neve mi parea le piume candide Delle grand' ali, scosse nel passar. Ma il mondo giudizioso, il mondo ruvido, Il mondo amico della verità, Mi volle desta da' miei sogni rosei, Volle farmi veder l' oscurità! Or m' hanno tolto il paradiso e gli angeli, Persino Iddio non me lo lascian più! Han sotterrato i morti ed inchiodatili Sotto l' elenco delle lor virtù. Calpestaron la neve; tramutarono In fango e sudiciume il suo candor. Ad altri mondi, come il nostro miseri, Ridusser le fulgenti stelle d' òr! E pur la Fantasia, folle ed indocile S' erge con la Ragione a contrastar, E — cieca! — ancor s'ostina fra le tenebre L' orme d' angeli biondi a ricercar. Come l' onda a li scogli, batte e frangesi Contro l'austera Realtà il mio cor; E resto sempre una bambina credula, Piena di fede azzurra e sogni d' òr! VECCHIA zitella, calma e intelligente, Serena, rubiconda e senza affanni, Spesso ciarliera e sempre sorridente, Ecco ciò che sarò fra cinquant' anni. La casa un po' sossopra qualche volta, Ma senza cani, gatti o canarini; E, da per tutto e sempre, una raccolta Di musica, di fiori e di bambini. Molt' aria, molta luce e l' armonia Di voci fresche e di visetti cari; Insomma un gran rifugio in casa mia Di birichini e indocili scolari. — E una gran calma in cor. Degl' ideali Miei sogni d' una volta, allora anch' io Sorriderò, aggiustandomi gli occhiali…. Poi d' ogni cosa giungerà l' oblìo. Alfine un giorno limpido ed azzurro (Vorrei fosse d' autunno e di mattina!) Mi sentirò nell' anima un susurro Come un coro del ciel che s' avvicina. Nella poltrona, accanto ai vetri aperti Mi sentirò tranquilla e un poco stanca; Del sole mattutino i miti e incerti Raggi cadranmi sulla testa bianca. Così, le mani in grembo, e da squisito Senso di pace invaso l' esser mio, Il corpo a morte e l' alma all' infinito Darò — pensando a te, sperando in Dio.

(A Franco Leoni).

ADOLESCENTE e gracile, la Gloria, La terribile e bella, lo guardò. E via per rupi e balze e precipizi Lo trascinò! Lo trascinò pallido ed esultante Dietro il fruscìo delle sue vesti d' or, Gittandogli qual lampo il suo sorriso Promettitor. E traverso lo scherno e la miseria Tra la fame e l'infamia egli passò. — — Sentendo l' ali e misurando il cielo, S' inabissò. E la Morte e l'Oblìo l'han soffocato, Mentr' egli ancora all' Immortalità Gridava il nome suo!… Povero nome, Che niuno sa.
PIOVE. — Sul mare corrono dei brividi Sotto il vento stridente e fuggitivo. Nella penombra del salotto tepido Dormon le rose. Sognano il giulivo Sole. — Io ti scrivo. Anche nell' ombra del mio core è un magico Fiorir di sogni, pazzo e prepotente! Come fiammanti rose esse inghirlandano A te la bella testa indifferente. Sogniam, le rose ed io, l'aurore fulgide Del sole, della gloria e dell' amore! Che importa la stagion triste? Che importano Le tue superbie al mio superbo cuore? Io t'amo, io t'amo! e a nuove altezze fulgide Si lancia ad ala aperta il genio mio! Ecco il canto d'amore che risuscita! Ecco la rima — musica di Dio!… Vado ad amarti in settenari. Addio.

(Rima obbligata).

NON chiedere, amor mio, cose indiscrete. Non chiedere al buon Dio vita che duri Più de' brevi anni che concessi ne ha, Non chieder luce ai fior, profumo agli astri, Non alla vita la felicità! Non chieder lauri all' arte; ed al poeta Non chiedere denari in carità; Non chieder perle al mare de' miei occhi. Non chiedere al mio core fedeltà. E poi che il Fato è caso, e il caso matto Toglie a chi chiede e a chi non chiede dà — Forse la vita tua sarà felice, E dopo morte avrai l' eternità. Forse nel gran giardino oltre gli spazi Dove Gesù tra bianchi angeli va, Coglierai stelle profumate; e fiori Che mandan luce nell'immensità. Forse nel glauco mare de' miei occhi Quel palombaro, Amore, desterà La perla delle lagrime, dormente Del guardo mio nella serenità. E forse un dì, che s' ami una sol volta E per sempre — il mio cor comprenderà! Oggi non lo comprende. Abbi pazienza. Amami tu!… Sarà quel che sarà!
M'HANNO detto di te, pallido amante, Che per fatalità tremenda e oscura, Sulla tragica via della sventura Ti conducea la sorte. M'hanno detto che già l'ombra del Nulla Avea steso su te mani fatali. M'hanno detto che i baci eran mortali Delle tue labbra smorte. Dammi l'alito tuo, dammi il veleno! Acre è il gaudio, terribile il piacere Dalla tua triste bocca poter bere La voluttà…. e la morte!

(A John).

Io sono tanto stanca di lottare: Dammi la pace tu, che solo il puoi! Io sono tanto stanca di pensare: Dammi il sereno dei pensieri tuoi! Io sono tanto stanca di sognare: Or tu mi desta a giorno glorïoso! Io sono tanto stanca di vagare: Legami l'ali, e chiamami al riposo.

(A Vivien).

QUANDO una bimba suona il violino, Si fermano le stelle ad ascoltare; Taccion, nel cielo, angelo e serafino, E l' arpe d' oro smetton di suonare. Quando una bimba suona il violino Anche la dolce Vergine Maria, Per ascoltare, sosta nel cammino, Coi bianchi piedi nella lattea via. Quando una bimba suona il violino, Vengon le fate a farle cerchio intorno, Volan gli augelli a mettersi vicino, S' aprono i fiori e dicono: «Buon giorno!» E sulla soglia del mio cuore appare Una visione di soavità, Abbassa l'ali per poter entrare, E dice: «Io sono la Felicità!»

(Premeno).

STA sulla via maestra una cappella Rozzamente dipinta. Entro sorride, mitemente bella, Una madonna che, di gigli cinta, Tiene il suo bimbo al sen. Le pioggie e il sole l'hanno impallidita, E una corona, appesa Al suo povero altar, pende avvizzita. Apre le braccia sulla via deserta Il piccolo Gesù. «La Madonna dei Ladri» l'han chiamata Questa Vergine mite, Che, bianca e dolce, dietro alla ferrata In umile atto scopre le ferite Dello squarciato cor. Nei villaggi d'intorno corre voce Che, a notte, i ladri rei Senza pur fare il segno della croce, Chiedono audaci il nascondiglio a lei E qui trovano asil. Com' è dolce pensar ch' anco pei ladri Una madonna prega!… Io li contemplo i due volti leggiadri, E riverente ed umile si piega Il mio ginocchio a lor: «O pallida Madonna dei ladroni, Piena di tenerezza! Han tutti i Santi dalla loro, i buoni! Noi — tristi, — abbiam bisogno di salvezza: Prega, Maria…. per me!»

«I fiori, a chi li porti?…»
(Spezia, per la Madonna d'Agosto).

REMO; la barca dondola Sull'acqua scintillante. Il mio giovane amante Mi guarda, e ride. A riva è tutta un'estasi Di fiori e di canzoni…. Lassù dai Forti guardano, Sbadigliando, i cannoni. Dentro alle chiese spirano Tra gl'incensi le rose, E preghiere odorose Levano al cielo. Ma il mio amante giovane, A fasci profumati Dentro alla barca mobile I suoi fiori ha gettati. «Per te, madonna!… adornati Di rose e di vïole, Nella gloria del sole Che ti circonda!» Ma sovra il remo celere Io chino il volto intento, Fuggiam sull' onde lucide E ci sospinge il vento. Remo; la barca dondola Sull'acqua scintillante. Il mio giovane amante Mi guarda, e tace. Sotto ai Forti impassibili Urtiam contro la riva: L'ombre dei colli spezzano La gaia luce estiva. Su, per la strada ripida, Piene di fior le braccia, Salgo: e col sole in faccia, E innanzi il mare, Getto le rose, pallide Di gioia e di spavento, Entro la bocca livida Del cannone da cento!

(Durante la guerra in Libia).

RICORDATE i Natali dell' infanzia? Le calze e le scarpette nel camino Pronte pei doni di Gesù bambino?… In un lontano giorno di Natale Io m'ebbi per regalo dal Papà Un'armata di piccoli soldati Tutti di piombo e di solennità. Sdraiati nell'ovatta celestrina Presentavano l'armi. Il reggimento, Avea nel volto e nell' atteggiamento Molta ferocia e terribilità. Oh soldatini neri in campo azzurro, Soldati della festa Natalizia! Del bel paese della Puerizia Voi foste i valorosi difensor. Schierati intorno ai mistici confini Del Paese dei Sogni state ancor A guardia delle candide frontiere, A cui ritorna con rimpianto il cor. Torna il Natale: e Italia giovinetta Apre gli occhi stellanti e trasognati: (Da lontano le giunge una canzone; È l'Africa che canta alla diletta La mattinata a colpi di cannone). — «Oggi è Natale! In questa aurora nuova Quali saranno i doni a me recati?» — Balza l' Italia dal suo sonno…. e trova Lo stivaletto pieno di soldati! Non soldati da stare nell' ovatta, Non soldati da gioco, ma da fuoco, Pieni di furia e magnanimità, Che cadono con occhi di ferocia E uccidono con occhi di pietà. Ô soldati di sangue e di coraggio, Davanti a voi l'Italia s'inginocchia Stupìta, riverente a capo chino, Come davanti al celestial Bambino S'inginocchiava la Prescelta Madre Nel Natale primiero e più divino. È Natale! È Natale!… Un alto coro Di campane e di canti al cielo va. Come un Osanna al Nuovo Nato, sale Il tuono dei cannoni e degli urrà. — Oh! i reggimenti di soldati vivi, Oh! i reggimenti di soldati d' oro!… O Italia, Italia, guarda! pel Natale Che portentoso dono Iddio ti fa!

(Saluto all' America).

«SAMM&Ygrave;»! Sul nostro labbro ancora incerto Suona il tuo nome, che pur caro è già. Samm&ygrave;! al tuo cuore il nostro cuore è offerto L'Italia ti saluta: «Rah! rah! rah!1) «Rah!… rah!… rah!» grido universitario americano. Salve, Samm&ygrave;, fratello d' occidente, Che giungi a noi con tanta giocondezza, Tu porti sulla fronte risplendente Il dono degli dei: la giovinezza. Candido e nuovo giungi da lontano In questa nostra sanguinosa gloria, Vieni portando nell' aperta mano, Come si porta un fiore — la vittoria! Il tuo vessillo che giammai si piega Passa ondeggiando con fierezza grave: Immenso nastro tricolore, lega L'Atlantico, il Pacifico ed il Piave. Come per un miracolo divino Noi contempliamo ascendere e brillare Nell' italico cielo adamantino Le quarantotto stelle d'oltremare!… «Samm&ygrave;»! sul nostro labbro ancora incerto Suona il tuo nome che ci è caro già, Tutto al tuo cuore il nostro cuore è offerto! L'Italia ti saluta: «Rah! rah! rah!…»

(A un soldato cieco).

COTANTA luce io non la vidi mai Come all'istante in cui tu «mi guardasti!» Ai miei occhi abbagliati tu sembrasti Circonfuso di rai. La luce che perdesti ti circonda, Luce di gioventù — luce di gloria! Cotanta luce io non la vidi mai. I tuoi due occhi son torce accese. Dove li volgi è un subito e possente Avvampare di fuoco e di virtù. Nessuno sguardo mai fu sì profondo, Nessuno sguardo mai fu sì potente, Come lo sguardo tuo che non è più. I tuoi due occhi sono torce accese. O tu, che hai dato la tua luce a noi, Volgi, volgi sui tristi e sui codardi La sacra ténebra degli occhi tuoi, E tutti i vili diverranno eroi Se tu li guardi!… O tu, che hai dato la tua luce a noi.

(Per una targa commemorativa
scolpita da Leonardo Bistolfi).

«O ITALIA, «Non per la gloria dell'armi, non per umano «Plauso o gratitudine umana «Noi demmo a Morte il fior di nostra vita; «Chè fallace è la Gloria, la Gratitudine nulla, «La Pace vacua parola, la Civiltà menzogna. «Noi non per altro morimmo se non, Italia, per te, «Noi non invano morimmo poichè morimmo per te. «O Italia eterna! Italia, unico amore! «Tu ci dicesti: «Vivete!» e noi alla luce «Dell'azzurro tuo cielo aprimmo gli occhi incantati. «Tu ci dicesti: «Morite!» e noi sul tuo petto, «Benedicendo il tuo nome, chinammo la testa. «No! non invano morimmo, poichè morimmo per te.»

(Versione inglese).

HORROR and Death had brought them together, Italian maiden and boy of France. He mourned his father, she wept for her brother, Each spoke a language unknown to the other, Maiden of Italy, boy of France. She said: — «Che cerchi negli occhi miei, «Bimbo di Francia, di'? «Certo non vedi che il pianto…. e l' orror….» — — «L'aurore, dis-tu? En France aussi «L'aube du jour s'appelle ainsi, «Oui; dans tes yeux je vois l'aurore,» — said he.

(Versione italiana).

FATALITÀ di lutto e dolore condotti li aveva — Orfani entrambi — in terra straniera e lontana. Parlava ognuno un idioma che l'altro non comprendeva, Era francese lui; ell' era italiana. Egli fissava lo sguardo negli occhi di lei Ed ella disse: — «Che cerchi negli occhi miei, «Bimbo di Francia, di'? «Certo non altro ci vedi che il pianto…. e l'orror…. » — «L'aurore, dis-tu? L'aurore? En France aussi», Diss' egli, «l'aube du jour s'appelle ainsi. «Oui, dans tes yeux je vois l'aurore, ma mie».— He held her by her trembling hand. — «Fillette d'Italie, «Pourquoi donc trembles-tu si fort? «Serait-ce que tu crains…. la mort?» — — «L'amor!… l'amor?…» — said she. «Anche in Italia noi diciam così!» She blushed, and so did he. And thus it was that through youth's stratagem Horror and Death meant «Dawn» and «Love» to them. Il rombo tonante del fuoco s'udia di lontano; Ella tremava, ed egli le prese la mano. — «Pourquoi donc trembles-tu si fort. «Fillette d'Italie? «Serait-ce que tu crains…. la mort?…» — «L'amor…. l'amor?» diss'ella ed arrossì. «Anche in Italia noi diciam così!» Era la Gioventù — divina interprete! — Nei lor cor Che, traducendo la tristezza in estasi, Facea d' «Orrore» e «Morte» — Aurora e Amor.

(«The Times» 1911).

MY Lady Italy, when thou art gay Decked as a maiden for a holiday In thy tri-colour's bright resplendency— (Oh white and red and green resplendency!) Then do thy northern lovers flock round thee. Then do thy northern poets sing to thee, And search their chilly language through to find Flattery Latin-sweet to bring to thee. Then only thine own children are unkind. Slighting the mother-heart that cherished them, They brand thy speeches light, thy dealings ill; They dare to raise, as thankless children will, Their hand to smite the breast that nourished them. My Lady Italy, when thou dost mourn With paling banners and with colours torn, Then do thy northern lovers turn with scorn (Oh righteous, virtuous, self-forgetting scorn!) To censure, to rebuke, and frown on thee. Ah, but 'tis then thy dark-browed children rise To shout thy name, Italia, to the skies, Place with their death a living crown on thee, Shield with their heart Savoia's fluttering crest, And fling its blood-stained glory round thy breast, Blessing the shell that rends their life in twain, Blessing the blood that with its scarlet stain Shall paint thy banners and thy cheeks again. My Lady Italy, when thou shalt wear Like some new glitt' ring jewel, strange and rare, The curvèd Eastern half-moon in thy hair — (Oh waning half-moon in thy sunlit hair!), Then will thy stranger-lovers come once more And hang their perfumed garlands on thy door!… — Oh smiling and forgetful Italy, Open to them thy gardens, shore and sea, Open the Pincio and the Boboli! But not thy soul, oh grievèd Italy. But not thy soul, affronted Italy!

(TO KING ALBERT).

SHY, youthful, silent — and misunderstood, In the white glare of Kinghood thou didst stand. The sceptre in thy hand Seemed but a flower the Fates had tossed to thee, And thou wert called — perchance half-scornfully — Albert the Good. To-day thou standest on a blackened grave, Thy broken sword still lifted to the skies, Thy pure and fearless eyes Gaze into Death's grim visage unappalled; And by the storm-swept nations thou art called Albert the Brave. Tossed on a blood-red sea of rage and hate The frenzied world rolls forward to its doom, But high above the gloom Flashes the fulgent beacon of thy fame. The nations thou hast saved exalt thy name Albert the Great! Albert the good, the brave, the great! thy land Lies at thy feet, a crushed and morient rose, Trampled and desecrated by thy foes. One day a greater Belgium will be born, But what of this dead Belgium wracked and torn? What of this rose flung out upon the sand?… Behold! Afar where sky and waters meet A white-robed Figure walketh on the sea, (Peace goes before Him and her face is sweet). As once He trod the waves of Galilee He comes again; the tumult sinks to rest. The stormy waters shine beneath His feet. He sees the dead rose lying in the sand, He lifts the dead rose in His holy hand And lays it at His breast. Oh broken rose of Belgium, thou art blest!
THIS morning in the orchard I chased the fluttering birds: The winging, singing things I caught — Were words! This morning in the garden Where the red creeper climbs, The vagrant, fragrant things I plucked — Were rhymes! And if I cage the birdlings, And if the flowers I nurse, The rambling, scrambling things I write — Are verse! DROOPED in the heavy splendour of her hair She kneels before him, fragile and unblest, Her gentle shoulders tremble, blanched and bare, Her perfumed hands are crossed upon her breast. A slanting shade the sweeping lashes cast Athwart the sombre marvel of her eyes, Her scarlet mouth — a contrite rose! — at last Repenteth of its kisses and its lies. Silent the Master gazes on her woe, His face is still, His hallowed brow serene, The mighty calm of perfect faith doth glow Within the young, foredoomèd Nazarene. Upon her head He lays His narrow hand, (His thoughts are distant with the sins of men, Before His soul three ghostly Crosses stand….) And by her name he calls her: «Magdalen!» Oh what wild hope then like a springing flame Leaps at her heart, upflashes to her eyes, Lighting white lilies in her night of shame! And the Lord speaketh: «Magdalen, arise!» «Master! the road my naked feet hath torn, «Rent is my raiment and my heart hath bled, «What shall I lean on, fainting and forlorn?» «My Cross shall stay thee, Magdalen,» He said. «Master! the crimson flower of sin doth stain «My brow, my lips, my soul with shameful red, «How shall Thy mercy make me pure again?» «My Cross shall cleanse thee, Magdalen,» He said. Now did she fling her gold hair o' er His feet, «My Master! O my Master! and what then?… «Hast Thou not other promises more sweet «To thrill the heart of Mary Magdalen?» Now did she fling her white arms round His feet, «Master! my living beauty hast Thou seen, «Then let Thy mortal passion wake and meet «My passion!» «Silence!» said the Nazarene. «Oh Magdalen!… Be silent».

(A «Female Impersonator»).

LET your eyes rest on me, level and long, With your slow and wonderful smile. Let your voice come to me throbbing with song Over the awe-thrilled, gazing throng!… — O slow and wonderful smile! — Open in gesture affected and sweet Your indolent ring-laden hands. With careless fingers call and greet And drag my spirit to your feet!… — O indolent, ring-laden hands! — I will string verses together like pearls In my latest decadent style, And fling them around your raven curls And round your breast, that is like a girl's!… — O new, degenerate style! — Are you a girl, love, or are you a boy? …. On the hesitant border of both, O slender problem of torment and joy, Chàrmides are you? Or Helen of Troy?… — I can adore you as both! —

To King Albert («The Times», 1914).

ALBERT, thou standest where the stormcloud lowers Unvanquished in thy glorious defeat. Oh, to strip Italy of all her flowers And bring them to thy feet! No deeper sorrow shall Italia know, Whose sons for freedom's sake have fought and died, Than this — that in thine hour of darkest woe She was not by thy side.
«Italy, fair Italy, what may thy pleasure be? «Come, rest thee on thy sunlit shores, thy hands around thy knee. «Recline upon thy laurel-wreaths in far niente sweet, «And watch the golden sunset on thy waving fields of wheat. «Italy, fair Italy, what is this war to thee? «Lay down thy shield, and fan thy cheek with palms from Tripoli. «Cast down thy shining helmet, plant thy banner in the grass «And smile into thy twofold sea as in a looking-glass». The Prussian eagle's wings are black, the Prussian beak is red, The Prussian talons tear and rend the wounded and the dead. Ah, life is short, and peace is safe, and far niente sweet!… But Italy, fair Italy, is rising to her feet. Not all her sons have fallen 'neath the crescent and the star, The sound of Garibaldi's Hymn comes ringing from afar. — And Italy, the beautiful, in sacramental awe Reveals within her milk-white breast the blood-red heart of war.

PREFAZIONE Pag. 5

Ego 9

Chi comprerà i miei versi? 11

Nuova 15

Destino 17

Virgo 21

Vaticinio 23

Maddalena 25

Ave, Albion! 29

Lasciami andare 31

Aut-aut 33

Vita breve 35

Nell'album 39

Sull'Atlantico 41

Lied 43

A un giovane medico 45

Chi sa!… 49

Valzer 51

Incontro 55

Ritratto Pag. 57

Via!… 59

Assenza 61

Ritorno 63

Presentimento 65

«Ménage» 67

Poveri morti! 71

Era d'Aprile…. 73

O mia bambina…. 75

Tra poco 77

Vieni, amor mio! 79

C' era una volta 81

Mentre canto 83

Ma non rammenti…. 87

Rancore 89

Sindaco di villaggio 91

Viole bianche 93

Non sarà mai! 95

«Impromptu appassionato» 97

Notte 99

Quando sarò partita 101

Iddio, che vuoi da me? 103

Appuntamento 105

Aprile 107

Estetica 109

Bambina morta 111

Cocotte 113

Romantica…. 115

Ero una bimba credula…. 119

Fra cinquant' anni Pag. 121

Morgana 123

Lettera d' amore 125

Non chiedere…. 127

Etisia 129

Io sono stanca…. 131

Quando una bimba suona il violino…. 133

La Madonna dei ladri 135

Fiorita di guerra

Offerta 139

Il Natale d' Italia 141

«Samm&ygrave;» 145

Luce 147

Parlano i caduti 149

Children of Allies 150

Figli d'Alleati 151

Alcune poesie inglesi

Italy 157

The broken rose 159

Little Nancy's poem 161

Magdalen 163

«Dafne Howard» 167

Italia's greeting 169

The heart of Italy 171

SAGGIO CRITICO DI GIOSUE CARDUCCI 175