LA CADUTA
DE' GIGANTI

AZIONE DRAMMATICA
DI
TERESA BANDETTINI

fra gli Arcadi

AMARILLI ETRUSCA

MODENA

Presso la Società Tipografica
1814


A CHI LEGGE

La presente Azione Drammatica è stata composta perchè si cantasse nella faustissima circostanza dell' arrivo del graziosissimo nostro Soprano FRANCESCO IV. Non avendo però la ristrettezza del tempo permesso che possa rappresentarsi tutta intiera, l' Autrice, benchè conosca la tenuità della cosa, pure si fa coraggio di pubblicarla quale fu scritta, all' oggetto di dare così una pubblica testimonianza della sua profonda venerazione verso la gloriosissima Casa d' Este..


LA PACE.
ERCOLE.
NETTUNO.

CORO
di seguaci della Pace.

CORO
di seguaci di Ercole e di Nettuno.

La Scena si finge in Flegra dopo la sconfitta de' Giganti.


All'alzar della tenda si vedrà la Valle di Flegra ed i monti Pelio, Olimpo, ed Ossa fulminati e travolti. I tronchi quà e là fumanti e divelti; i dirupati massi, gli archi, i dardi, dispersi per la Scena, ed i fuochi in più parti non bene estinti daran segno della successa famosa battaglia de' Giganti. In qualche distanza si vedrà pur anco il fiume Peneo, che tra rupi scoscese straripando, seco porta gli avanzi e le spoglie del conflitto.

ERCOLE, NUTTUNO

CORO Domo l' orgoglio insano
Che minacciò catene
All' egro germe umano
Pace ritornerà.

ERCOLE, NETTUNO E al crin fregio novello,
E al suo tranquillo ulivo
Di Pallade e Gradivo
Il lauro intreccerà.


ERCOLE Più bella in ciel l' Aurora,
Più bello il Sole allora
Questo di gioja privo
Terreno adornerà

CORO Quando al tranquillo ulivo
Il lauro intreccerà.

NETTUNO Di Flegra, già feconda
Di stragi e di ruine,
Il ciel la terra e l' onda
Pace risonerà.

NETTUNO ed ERCOLE Eco faranno i colli
Al Nome suo giulivo


CORO Quando al tranquillo ulivo
Il lauro intreccerà.

ERCOLE Cessin le stragi: assai sin quì di sangue
Rosseggiò questo suol, corsero i fiumi.
Pace, compagni Numi,
Rieda da noi chiamata
La terra a rallegrar.

NETTUNO Pace consigli?
E di Titano i figli,
Di Giapeto i seguaci
Sperar la ponno dagli offesi Dei?

ERCOLE I sedotti fur molti e pochi i rei.
Quand' ei con ferreo scettro,
Protetto da Fortuna,


I popoli reggea,
Chi contrastar potea
Al suo pravo voler? l'alme più schive
Vinse ed assoggettò, chè seppe accorto,
Arte ria de' tiranni,
Ordire insidie e macchinare inganni;
Tal che al fulgor bugiardo
Di sue vantate gesta illuso e cieco
Il volgo trasse a folleggiar con seco.

NETTUNO È ver; dunque su lui
Ricada la vendetta,
Che a lungo provocò

ERCOLE Paga a gran costo,
Nettun, non dubitar, de' falli suoi
La meritata pena.

NETTUNO Ei vive...


ERCOLE Vita
Di morte assai peggior; in odio a tutti,
Gravoso a sè, d'onta coperto, ovunque
Si aggiri, in sè ritrova
Il nemico più fiero; di sua gloria
Vede il dì tramontar; l'insegue a tergo
Disperato furor; gli latra in petto
Del sangue, che a torrenti
Improvvido versò, tardo rimorso;
E de' suoi propri falli
Consapevole appien, sa che il suo scempio,
A' posteri sarà misero esempio.

Su' fulminati massi
Alle future età
Scolpita rimarrà
Di Giove l' ira.

Che se talor sospende
Il giusto suo furor,
Il braccio punitor
Già non ritira.


NETTUNO E tanto andò impunita
Di costui la baldanza, e il folle orgoglio,
Che l'are a noi contese, e a Giove il soglio?

ERCOLE Segno all'ire celesti ei stato fora
Forse gran tempo innante;
Ma figlia al gran Tonante
Pallade lo protesse; ella tradita,
Poichè si vide, l'egida possente
Sul rubello crollò. Corrono al segno
Le inulte Deità; tu il gran tridente
Impugni irato; io la nodosa clava,
Usa i mostri a domar; Febo gli strali,
Marte il brando fatal, Giove il suo telo,
E tutto in armi parve insorto il cielo.

NETTUNO Ma la Pace, foriera
Di più felici dì, vien fra la schiera
Delle canore Dee, dell' Arti belle
A rivedere il suol fin dalle stelle.


LA PACE e DETTI

CORO de' seguaci della Pace
Posa all' ombra degli allori,
Bella Pace del ciel figlia;
Sulle tremole tue ciglia
Torni il riso a lampeggiar.

NETTUNO ed ERCOLE Degli allori all'ombra vieni
Bella Pace a riposar.

PACE Son le tessale foreste
Fulminate e senza fronde!
Di Penèo le torbid' onde
Van sanguigne in grembo al mar!


ERCOLE e NETTUNO Bella Pacce del ciel figlia
A un girar delle tue ciglia
Torna il suolo a germogliar.

CORO Di Giapeto il grave carco
Scosse alfin la stanca terra,

ERCOLE e NETTUNO Che de' Numi in aspra guerra,
Fin le sedi osò crollar.

PACE Di Peneo rompe la sponda
L' onda torbida, e vermiglia;

CORO A un girar delle tue ciglia
Torna il suolo a germogliar.


NETTUNO, ERCOLE e LA PACE Queste rupi questi orrori
Il tuo
Il mio aspetto rassereni.

CORO Degli allori all' ombra vieni
Bella Pace a riposar.

CORO

A un girar delle tue ciglia,
Bella Pace del ciel figlia,
Torna il suolo a germogliar.

ERCOLE Vieni invocata Pace,
Delizia degli Dei,
Degli uomini desir. Ovunque miri
Ti diran queste rupi, e questi sassi,
Que' fulminati massi, e queste prive
D' ogni antica beltà misere sponde,
Che l' umana superbia il ciel confonde.


PACE E pure, Alcide, il piede
Oso appena inoltrar; tanto l' idea
Delle nere vicende,
Che sopportai sin or, cauta mi rende.

NETTUNO Di cose ordin novello
Oggi il fato prepara, onde respiri
L' oppressa umanità.

PACE Nettun, pur troppo
Di lei sin or mi dolse, ed al suo grido
Sovente accorsi; ma il crudel Giapeto
Mi abborriva in secreto, e mentre al seno
Amico mi stringea
L' acciar non deponea, nè il reo pensiero
D'usurpare a gli Dei del ciel l' impero.
Ah fallaci lusinghe! era la calma,
Che m'invitò, lampo di cielo estivo,
Che la nube colora,


Ma non scema l' orror! Ecco ridesta
Di Bellona la face, ed ei l'innalza;
Ei, che già meco patteggiò tranquillo
Il mio culto osservàr; fuggo, nè trovo
Angolo sì remoto,
Che turbato non sia dal suo furore:
Tolto al campo il cultore, al padre i figli,
Il consorte alla sposa, era per tutto
Pianto, lamenti e lutto;
Deserte le capanne, i tetti voti,
E in fuga volti i Numi e i Sacerdoti.

Quando al pensier si affiaccia
L' idea del mio periglio,
E la fatal minaccia
Del mio penoso error;

La lagrima sul ciglio
Sento, che a stento affreno;
Nè cessa in questo seno
Di palpitarmi il cor.


CORO di seguaci d' Ercole e di Nettuno
Al tuo leggiadro ciglio
Ritorni il bel sereno,
E cessi omai nel seno
Di palpitare il cor.

NETTUNO Non temer bella Dea;
De' Giganti la rea
Proterva stirpe in duri ceppi avvolta,
O viva ancor sepolta
Di quegli orridi massi
Sotto l' enorme pondo,
Pace l'impero avrà del ciel, del mondo.

Per te il pastorello
Al gregge si atterga,
Che un tempo la verga
In brando cangiò.


ERCOLE Nè bellica squilla
Più turba la calma,
Per cui più d'un'alma
Nel petto trernò.

PACE Di stragi, di morti
Le larve affannose
Di madri, di spose
Non turbino il cor.

ERCOLE, NETTUNO e LA PACE Per te si rinnova
Per me si rinnovi
Il secolo antico,
E in nodo pudico
La fede e l' amor.

CORO La placida calma
Sorrida tranquilla,


Nè bellica squilla
Spaventi il pastor.

PACE Oh lieto, oh avventurato
Giorno giungesti alfin!

NETTUNO Tardi l'occaso
Sì bel giorno vedrà. Fugge sconfitto
Colui, che reso audace
Di fortuna fallace
All' instabil favor, sorse nel grido
Di sua fama, che in aura or si risolve;
Siccome si dissolve,
Quanto più sorge tortuoso e vago,
Basso vapor che s' innalzò dal lago.

Così, se puoi, nell' onda
Ricerca un' orma, un segno
Di quel velato legno,
Che prima la solcò.


Dell' Aquila che vola
De' venti per la via
Dimmi, se puoi, qual sia
La traccia che lasciò?

ERCOLE De' passati disastri la memoria
E del fiero Titan, di Lete in seno
Si sommerga per sempre; stagion venne
Di giubilo, e piacer; poichè del Fato
L' immutabil consiglio vuol tal opra
Alla tua man commessa,
Che avrai larga mercè nell' opra stessa.

PACE Parla; qual fia?

NETTUNO Profughi i Numi erranti
Senza culto, nè onor di lito in lito
Vagan sin da quel dì, che il soglio avito
Gli usurpò l' empietà. Tu gli ritorna


All' antico splendor; fa che pietosi
Degnin gradire i voti
De' popoli devoti
Già stanchi d'abbruciar sull' are incensi
A gl' idoli bugiardi.
Vanne ... ma a che gli sguardi
Al cielo affissi? ond' è che sì frequente
Cangi aspetto e color? perchè gli accenti
Incominci e confondi
Dubbia e incerta così? parla, rispondi.

PACE Ecco l'arcano libro
Del remoto avvenir a me si schiude!

NETTUNO Qual suprema virtude
L' inspirate sue labbra agita e move?

ERCOLE Taci; la voce in lei parla di Giove.


PACE Stagion verrà, che sì qual oggi in soglio
Scorgo gli esuli Numi
Quà e là dispersi, erranti;
Che del mondo i regnanti
Alla natìa lor Sede
Pur anco guiderò ... presago vede
Il mio sguardo e si spinge
Ne' secoli remoti ...
Io della Patria i voti
Ecco raccolgo, ed ecco la vittoria,
Arbitra delle pugne,
Le mie chiome circonda
Di verde lauro e di palladia fronda.

Se tale immagine
Veduta in ombra
D' un dolce tremito
Il cor m' ingombra,
Che fia se cangiasi
In verità?

Oh come emergono
Gli augurj lieti!


Come si volgono
Fausti i pianeti!
Che cento piovono
Felicità!

CORO Se tale immagine
Veduta in ombra
D' un dolce tremito
Il cor t' ingombra,
Che fia se cangiasi
In verità?


Al suono di lieta sinfonia si cangerà il teatro in uno splendido cielo sparso di nuvole luminose; in mezzo ad esse una più dell' altre lucida a poco a poco aprendosi mostrerà il ritratto di FRANCESCO e di BEATRICE D' ESTE intorno al quale disposte in gruppo si vedranno la Fama, la Pietà, la Virtù e la Clemenza.

NETTUNO Oh come nell' idea del suo contento
Della futura speme
Splendido raggio le balena in viso!

ERCOLE Oh qual placido riso
Più la sua fronte abbella!

PACE Ah sì, si rinnovella
L' arbore eccelsa e nove fronde veste;
Tu sei, Genio d' Ateste,
Che reggi il volo dell'argenteo augello,


Che è di Giove ministro.
Ma chi dal gelid' Istro
Del Panaro alle piagge
Move, e splende qual sol? A lui d'intorno
Indivise compagne
Stan Clemenza e Pietà; Virtù gli è guida,
Lo precede la Fama; al regal volto,
Al gentil tratto ... il riconosco, è questi
Il gran FRANCESCO, che l'Estense pianta
Sulla natìa sua riva,
Che il nembo già sfrondò, rinverde e avviva.
Ei de' popoli fidi
Alle fervide brame
Rende propizio ciel; nè saggia meno
È colei, che al suo fianco
Miro Sposa felice
Illustre BEATRICE ... Ah sì bel nome
Riverito da' Numi, oh quai memorie
De' popoli devoti in sen ridesta!
Questa, pur anco, questa
Donna real sarà delizia e speme
D' ogni cor, d' ogni mente,
Chè, l' origin celeste in Lei non mente.


ERCOLE Oh fortunata età, che sei serbata
A tanto ben;

NETTUNO Varran gli andati affanni
Sì gran felicità!

PACE Deh! amici Dei,
Questa de' pensier miei
Cura e primo pensier, che in mezzo all'ombre
Del futuro rimiro, perchè tante
Di sua grandezza lucid' orme imprime;
Questa Coppia sublime
Germe di Semidei, prole di regi,
Di concorde voler si onori e pregi.

CORO Sorgi Panaro, e mira
Stirpe d'antichi Eroi;


Mira FRANCESCO, e poi
Cessa di palpitar.

ERCOLE, LA PACE e NETTUNO E del suo Prence amato,
Della sua gloria pieno,
Corri dell' Adria in seno,
Porta novella al mar.

PACE Ben sovra ogn' altro fiume
Insuperbir ti lice,
L' Eccelsa BEATRICE
N' è dato rimirar.

CORO Ella, che meno apprezza
Del trono lo splendore,
Che sull' amante core
De' popoli regnar.


PACE Allor che i dì tranquilli
Battono intorno i vanni,
Chi mai gli andati affanni,
Chi mai può rammentar?

NETTUINO ed ERCOLE Così nocchier, che in porto,
Quasi dall' onde assorto,
Spinse l'infermo legno
Lo sdegno = oblia del mar.

NETTUNO, LA PACE ed ERCOLE Raggio di cielo in pace
Virtù, Clemenza sono;
Oggi più belle in trono
Tornano a scintillar.

PACE A riparar de' popoli
I lacrimosi danni.


CORO Chi può gli andati affanni,
Chi mai può rammentar?

ERCOLE, LA PACE e NETTUNO Dopo, brumal tempesta
Bella è del sol la face;
Dopo le pugne in pace
È bello riposar.

CORO Ove l'augusta Coppia
Viva per noi molt' anni,
Chi mai gli andati affanni,
Chi mai può rammentar?