AGGIUNTE
ALLA BIBLIOTECA FEMMINILE ITALIANA

DEL CONTE
P. LEOPOLDO FERRI
COMPILATE
DAL DOTT.

ENRICO CASTRECA BRUNETTI

DI FABRIANO
membro dell' accademia de'Lincei, socio corrispondente
dell' accademia gioenia di scienze naturali di Catania,
della medico-chirurgica di Ferrara, degli ardenti di
Viterbo ec.

IN FINE ALCUNE LETTERE
DI TERESA BANDETTINI LANDUCCI

ROMA
TIPOGRAFIA DELLE DELLE ARTI
1844

Ricevo la carissima vostra ed a norma di quanto in essa mi dite vi dirigo questa mia lettera a Perugia. Ricevei ancora l'altra in campagna, ed attendevo a rispondervi di ritornare in città. In essa lessi il bel sonetto di Monti, che a mio credere è bello veramente, benchè vi sia una parola o due che non mi finiscono di piacere, ma questo può dipendere dal gusto, e il difetto essere più in me, che nel sonetto. Monti è poeta, e quando scrive, scrive bene. Datemi un poco delle nuove di Roma. Scrissi a monsig. Cesarei e diressi costà la mia lettera, egli non mi rispose. Se lo vedete salutatelo e salutatemi il sig. conte Giulio e la sig. sua consorte. Qui in Modena si gode di una perfetta tranquillità, spero che Perugia pur' anco goderà di questo prezioso dono. Amatemi mio caro amico e conservatemi la vostra cara corrispondenza, continovate a coltivare le muse in quel modo che ora vi siete prefisso, che è veramente il modo di vivere. lo sono, e sarò

Vostra Aff&mtilde;a Amica
Amarillii.

Ho ricevuto la carissima vostra, e vi ringrazio del pensiero che vi prendete della mia salute, questa però non può essere perfetta fino a tanto che non mi sia sgravata. Spero che la vostra risposta, se le cose vanno bene, come desidero, mi troverà sollevata da questo peso.

Scrissi al p. Pagnini, ch'è il più gran purista in lingua, ch'io mi conosca, intorno a quel sonetto ch'io feci con quel sino a che: ecco ciò ch'egli mi risponde. È fuor di dubbio che le voci sino a che o fino a che adoprate senza interrogazione, equivalgono a fino a quando, sino a dove, sino a qual segno; cioè dinotano e tempo e loco e misura. Non vi è bisogno di provar ciò con esempi d'autori classici, avendo noi tutto giorno alla bocca: vi aspetterò fino a che voi venghiate, ecco il tempo. Verrò con voi fino a che voi volete; ecco il luogo. Soffrirò colui fino a che io potrò; ecco la misura. Gli stessi significati competono all'avverbio finchè, o sin che. Dante ha usato in più lochi il semplice sino per sinchè, m'allor quando sino a che si adopra interrogativamente, non par che abbia nel comun'uso altra significazione, fuorché fino a qual cosa, sino a qual segno. Per esempio si dice benissimo: sino a che debbo largheggiare con voi? sino a che debbo avvilirmi? Io pertanto non ardisco di condannare que' versi e sino a che gran Dio ec. perchè quand' anche non potessero in buona lingua denotare sino a quando, si possono spiegare in modo non disacconcio sino a qual segno, sino a qual termine ec.

Ecco adunque che voi in qualche modo avevate ragione, ma io non avevo torto, e non era un' errore il sino a che, sempre che si può spiegare in modo che non guasta il senso del sonetto. Le canzoni sono state stampate a Parma in quella r. stamperia, ma io non le ho ancora ricevute, perchè quello che me le deve spedire attende un' occasione onde farmele tenere senza aggravarmi colla spesa della posta. Io ve ne manderò sicuramente copia. Monti ha pubblicato il suo primo canto del Prometeo, vi ha aggiunto le lodi di Bonaparte ed altri pezzi di poesia: voi forse a quest' ora l' avrete veduto. Sento ch' egli si sia vestito in uniforme con gran sciabla e faccia la guardia civica, non so poi se i suoi talenti siano stati premiati e s' abbia impiego: egli non mi ha scritto, benchè mi abbia mandato il Prometeo. Addio, conservatemi la vostra amicizia e credetemi.

Io sto benissimo e mi ritrovo in campagua a respirare un'aria più pura, lontana dalle brighe cittadinesche; vi sono obbligata dall'interesse che prendete in tutto ciò che mi riguarda, benchè non debba attender di meno dal vostro bel cuore. Le canzoni per voi le spedisco a Perugia al conte Giulio, egli ve le darà, e voi a suo tempo darete a me il vostro giudizio. Il mio poi sul Prometeo è conforme al vostro; trovo in questa produzione molti difetti; primieramente manca di condotta; lo stile turgido ed ineguale, confusione ne' tempi e salti da cavallo, più da ode, che da poema, troppo estesa la profezia di Prometeo, troppo stiracchiato l' elogio del gran conquistatore, il quale elogio si conosce appiccicato dall'autore ad onta del buon senso. Quel fulmine poi che non s'accorge d'aver cangiato mano passando da quella di Iddio in quella del suo eroe, è un'ideaccia falsa che può solo piacere ai depravatori del buon gusto, perdonabile in Gianni, ma condannabile in qualunque altro poeta. Insomma io non ne sono contenta. Vedo nel Prometeo un' uomo che sa fare de' buoni versi, che ha una gran fantasia, ma che affastella su tutto quello che gli si affaccia, senza ordinare le cose, e che prodigamente spende quant'ha a serbo. Le grazie, dice un'autore greco, vanno sparse qua e la, ma non gettate a dovizia: il nostro autore osserva questo precetto? Guai a me se il Monti sapesse, ch' io penso cosi del suo Prometeo? Ma voi mi siete amico, ne azzardo nulla confidandovi ciò che non direi ad anima vivente. Non si può negare, ch'egli non sia gran poeta, se ma manca a lui qualche cosa, è l'esser poco filosofo, per cui cade in questi difetti. Il sonetto di Berardi non val niente, superfluo sarebbe il parlarne. Vi prego a salutar monsig. Collicola: addio, state sano e credetemi.

Mi lusinga molto la vostra approvazione ed ora credo che vaglia qualche cosa il mio poemetto, giacchè ha incontrato il vostro genio. Vi compiego un manifesto, e ve lo raccomando acciò vi facciate un qualche associato. L'autore dell' opera quì annunziata ha molte cognizioni, possiede quasi tutte le lingue viventi ed è celebre per la rapidità con la quale compone; però, essendo forestiero, manca dell' atticismo che ha l'italiano idioma e dello stile de' buoni scrittori, ma quanti italiani abbondano degli istessi difetti, e pure si soffrono e si leggono? Non potrete voi sacrificare un momento d' ozio al De Coureil per che ve lo raccomando?

La mia Teseide è limata nei primi sei canti, la noia si è poi di me impadronita, e finchè non torni la buona volontà di migliorarla dormirà come ha fatto fia'ora. Io sono nata in un secolo disgraziato, le belle lettere non hanno premio, ne vi ha presentemente cosa che sia in discredito quanto la poesia. Con qual cuore debb' io intisichire su un lavoro che altro non mi porterebbe di vantaggio che la critica? Se a questa andasse unita una qualche mercede, si potrebbe in pace sopportare, ma dove sperarla? Se io fossi stata un' uomo a quest' ora avrei cangiato divinità e culto, e mi sarei interamente dedicata a Marte, voi riderete di questo mio pensiero, ma però negar non mi potrete che non è interamente poetico, perchè appoggiato sulla verità. Ho gradito il sonetto che mi avete mandato e per dirvi sinceramente l'animo mio, non l'ho trovato di quel valore che sono l'altre produzioni di questo bravo autore: ha molti difetti, e l'ultimo non è l'aver messo quattro verbi in fondo ai quadernari che fanno rima, altri autori l' hanno fatto, ma non in sonetti magistrali come esser dovrebbe questo: fra tre gran donne ec. quel fra tre suona aspro all'orecchio come voi sentirete. Belli oltre modo sono que' due versi « La mia fama col ciel ec. e l'altro » E toccar' si dicendo il ciel ec. benchè il primo verso sia un pensiero di Cicerone, ed il secondo di Callimaco, con tutto ciò egli gli ha fatti suoi, e gli ha rivestiti di un colorito maraviglioso. Falso poi è il paralello delle tre donne colla quarta, ne giustamente risponde in tutte le parti. Sparta è virtuosa, Atene sapiente e Roma dominatrice, ma Roma cominciò dal nulla e la Francia ha cominciato dove fini Roma. Nell'ultimo terzetto Sparta si cita come valorosa e non come virtuosa, vedete come l'A. ha perduto di vista ciò che annunzia nei quadernari. Era, si dica la verità, difficile il dir tante cose felicemente in un sonetto; egli lo ha tentato, se non vi è riuscito, in alcune ha colpito al segno; nè perchè sia un poco scadente questa composiziene egli é men poeta, giacchè qui pure la mostra di quel foco con cui auima tutte le sue produzioni.

Confido a voi queste mie osservazioni non già perchè io le creda infallibili, nè per gusto di criticare, ma per dimostrarvi la mia confidenza. Qui.… Addio, mio marito vi saluta ed io mi sottoserivo al solito.

Due vostre lettere rancide, come potete credere, mi hanno ritrovata qui in Modena, dopo aver giaciuto chi sa quanto nella posta di Lucca, però mi hanno assai consolata sentendo da esse che voi siete in seno della vostra famiglia, e che le disgrazie comuni a tutti, e che hanno ultimamente afflitta la vostra patria non siano state per voi fatali, come pur troppo a molti altri individui. Manco male che ancora questa borrasca è passata, ma chi non ha saputo navigare è stato vittima della propria inconsideratezza. Ora potremo una volta respirare, e seguitare l'interrotto carteggio. Da che non vi ho scritto ho composto 4 odi, una per Nelson, l'altra a Sowarow, la terza all' arciduca Carlo, la quarta a Krai per l'accademia che si fece in Mantova. Le tre prime sono stampate e vi manderei il libretto, ma le gravissime poste e non sicure tuttavia, mi trattengono. Attenderò che qualche persona venga in codeste parti onde spedirvelo. Vorrei saper nuove di monsig. Cesarei, se si ritrova in Perugia e come se la passi. Che fa il conte Giulio? Che l'Ansidei? Deh amico mio datemene nuova. Io sto bene, e bene sta mio marito che vi saluta, e il mio bambino che lasciai qui in Modena e che ho ritrovato al mio ritorno bello e graziosissimo. Se monsig. Cesarei è in Perugia, ditegli che nel nome del mio figliuoletto mi ricordo il suo (giacchè egli è il suo padrino) son certa che voi gli farete un piacere dandogli queste notizie. Addio caro marchesino, continuatemi la vostra amicizia scrivetemi di voi a lungo, e delle cose vostre, e de' vostri amici. Io sono sempre.

Ho tardato ad accusarvi la ricevuta della vostra compitissima del 1. settembre e per essere io in campagna e perchè tardò a giungermi la copia della vostra elegantissima versione gesneriana a me promessa in dono dalla vostra costante amicizia. Dopo ho voluto gustare a bell' agio le native ed ingenue bellezze non punto svisate dalla vostra traduzione, onde dirvene il parer mio con cognizione dell' opera. Sinceramente adunque mi rallegro con voi che riuscito siete a trasportare nel nostro bell'idioma il Teocrito tedesco coi tocchi più delicati, sentiti soltanto dalle anime sensibili, che pregiano e in grado prendono, non le fantastiche smodate immagini, ma quelle che la schietta e semplice natura loro colora e presenta. Io ho già parlato del vostro libro in quel modo ch'egli merita, ma la scarsezza de' compratori, colpa la decadenza in cui siamo del buon gusto, fa si che sembri caro quell' aureo volumetto, il quale, e per la nitida stampa, e per l'elegante versione tal non sarebbe sembrato. Con tutto ciò io non lascerò di fare in modo d'esitarvene qualche copia, anzi a tale effetto ne ho tenuto parola col P. Benazzi delle scuole pie, acciocchè veda di farvene spacciare alcun' esemplare a Bologna, ov' egli dimora. Ma esso pur' anco è di parere che il prezzo sia un poco gravoso respettivamente alla mole del libro, quasi che i libri si vendano a peso e misura; ma in tal secolo noi viviamo pur troppo. Intanto io cercherò se a Venezia o in altra parte possa trovarsi persona sicura che voglia incaricarsi de' vostri esemplari, prevedo però che incontrerò delle difficoltà, perchè qui in Lombardia voglion de' versacci strampalati e romorosi, dell' ombre, delle metafore, insomma di quelle tali poesie che tutto giorno assordano e sbalordiscono i nostri Mida.… Siate però sicuro di tutta la mia premura e al mio ritorno in città mi darò tutto il moto onde servirvi. Mi spiace che la mia nemica fortuna mi abbia impedito di vedervi nella scorsa primav era. Io era a Lucca; quando voi eravate a Pisa, e dieci sole miglia ci separavano. La combinazione fece che io non mi potei portare al giuoco del ponte, perchè la società cui fissato avea meco d'esser colà, cangiò proponimento sul falso avviso che protratto era il giuoco all' altro giorno. Basta io non sono persona da spaventarmi del viaggio di Perugia, e posso un giorno verificare la viva speranza che ho di rivedervi. La figlia che partorii il di 25 gennaio non visse che 18 giorni. Ho però un figlio che ha 10 anni e mostra dell' ingegno, ora in lui interamente ho posta la mia tenerezza. Godo che la colonia augusta abbia voi a vice-custode. Voi manterrete viva la sua fama, ne degenererà come pur troppo oggi degenerar si vedono le altre per difetto di uomini dotti. Mi ha fatto grandissimo piacere sentire, che degnati vi siate di rammentarmi, e che Amarilli viva pur'anco nella memoria de' suoi compastori. Continovatemi sempre la vostra corrispondenza, e credetemi.

Nuove letterarie non ve ne sono, ciò che viene alla lucc sono mostri informi e fantasmi, i nostri giornali ne ridondano, ma chi legge i giornali? Addio.

Ho ricevut a la vostra lettera e subito ad essa mi faccio un dolce dovere rispondere. Gran tempo è che viveva anziosa di vostre nuove, non essendo a me giunta alcuna vostra lettera, e non arrischiava scrivervi non sapendo se la vostra dimora attualmente fosse Perugia o Gubbio.

Non potevate, senza farmi torto, ascrivere il mio silenzio all' infelice riuscita delle mie premure riguardo al vostro elegante lavoro. Le circostanze in cui siamo ed il conoscermi voi, so che bastar potevano a scusarmi. Ciò che dir vi posso, che torna in vostra lode; è, che le persone a cui ho fatto gustare la vostra dolcissima traduzione l'hanno trovata, qual'è, melliflua e correttissima. Ma chi è più in caso di scoprirne le bellezze, possedendo esquisito gusto, non è poi a portata d' acquistare la proprietà di questo come d'altri libri. Misurar da ciò potete a qual grado giunte siano di decadenza in Italia le lettere, e chi d'esse si occupa e vive. Non è poco se rimane ancora fra noi alcun che s'occupi ed affatichi a ritardar i progressi rapidissimi dell' ignoranza che ne minaccia. Voi siete uno di quei pochi e riuscirete a mantenere in Perugia l'onore dell' italiano Parnaso. Farò ogni mio sforzo per trovare qualche soscrizione all' opere del Mariotti, ma le difficoltà sempre sono per me l'istesse ed i tempi non si cangiano.

Le mie nuove nulla hanno d'interessante, vivo a me e con poche relazioni. Ho ultimamente finita una tragedia intitolata Saffo in Leucade, questa ha in se un nuovo genere di stile, perché non è severamente tragico alfieriano, nè lirico affatto, benchè dell' uno e dell' altro parteggi. L'argomento mi ha dato campo di porre iu bocca di Saffo dei pezzi cantabili, come ancora di servirmi dei cori. La novità e un so quale gusto greco, che in tutta la rappresentazione traspare ha fatto si, che nella declamazione che d'essa tragedia venne fatta in mia casa a un determinato numero di colti uomini, riuscì maravigliosamente ed interessò e commosse fino al fine. Forse un giorno potrò parteciparvi questo mio lavoro. Conservatemi la vostra corrispondenza e riguardatemi sempre qual' io immutabilmente mi dico vostra.

Mi giunse la gratissima vostra in campagna accompagnata da un' altra del sig. Serafino Siepi iu tempo chè io era a letto con la febbre per cui tuttora sono convalescente. Egli mi ricerca notizie intorno alla mia vita ma per ciò fare si richiede tempo. Vuol pur' anco sapere a quali accademie io sia ascritta, e vedete qual'impegno è questo.

Se voi mi accorderete spazio di tempo raccorrò quanto potrò, ma tanti sono gli onori che l'Italia mi ha prodigati, che se ne farebbe un volume: Vienna pur'anco e la sua corte mi ha distinta. Infiniti poi sono i componimenti per me fatti e dedicati dai più chiari ingegni del passato e del presente secolo: gran parte di questi l'ebbe Bettinelli, il quale voleva tesserne una storia, ma la sua grand' età, e la morte poscia glielo impedi. Queste carte però so che esistono in mano d'un certo sig. Ferdinando Arrivabene. Un' altra gran parte l'ho presso di me, ma come farvi tenere un cosi grande involto? Basta attenderò da voi più dettagliate notizie onde regolarmi.

Intanto mi rallegro che tuttora sussista l'università ed è certo che non si vorrà sopprimere un cosi utile stabilimento. Salutate il sig. conte Giulio, datemi nuove di Mezzanotte, e degli altri nostri amici che mi saluterete con cordialità. Date un bacio alla cara Teresina ed al ragazzino, dite mille cose alla vostra bella e buona compagna: insomma ricevete i saluti di mio marito, amatemi e credetemi tutta vostra.

Bramo vostre notizie su ciò che riguarda il letterario vostro impiego.

Vi avanzo un manifesto della mia traduzione di Quinto Smirneo, pregandovi a volervene interessare procurandomi degli associati a quest'opera che diviene interessantissima, perchè segnita l'Iliade, e precede l'Eneide. Niuno più di voi, e per l'amicizia che avete per me e per l'amore che portate alle amene lettere, di cui siete cultore valentissimo e promotore indefesso, può più giovarmi. Fatene parola col compitissimo conte Giulio Cesarei e cogli altri amici miei e vostri ond'io possa sortire buon' esito della mia intrapresa. Mi rimetterete il prospetto colle sottoscrizioni acciò possa farne registrare i nomi nel catalogo, che andar dee aggiunto al fine. Sono anziosissima di sapere se nati siano cangiamenti nella vostra università, mi giova però sperare che uno stabilimento tanto utile alla società sarà restato immune, poichè sarebbe il maggior de' mali dare indietro e ritornare a'secoli di barbarie. Bramo poi vostre nuove particolari e quelle della vostra famiglia che tanto amo, essendomi presente l'amabilissima vostra sposa e la cara Teresina che bacerete per me. Addio mio buon' amico conservatemi la vostra grazia e riguardatemi sempre.

Mentre che voi vi rallegravate meco per la mia ricuperata salute, io era nuovamente incomodata da tosse febbre e male di testa che mi ha tenuto a letto 15 giorni La stagione che corre calda il giorno, e fredda la mattina e la sera, e più l'avervi data occasione che S. M. nel tempo che era seco, volle che vedessi una certa cometa recentemente dal suo osservatore scoperta, mi fece raffreddare, cosicchè ho dovuto soffrire un forte reuma che presa mi aveva tutta la vita; pure ancora questa borrasca è passata, se non in tutto, in parte, e ciò dico perchè tuttora tosso e le mie notti non sono tranquille .… e come essere lo potrebbero? Il mio spirito amico mio, fors'anco è più infermo che non è il mio corpo ….

Ma non parliamo di melanconìe. Vi ringrazio dei pensieri che vi siete dato per la persona che vi raccomandai, se attualmente non vi è riuscito di trovare di che sollevare questo galantuomo, basta che lo abbiate presente nel caso che la provvidenza vi schiudesse una via da giovargli.

Oggi la sposa Orsucci diviene Pucci e parte per Livorno e quindi non so qual via terrà per venire a Perugia. Io con quella casa non vi ho alcuna aderenza ed è perciò che ho creduto scrivervi per la posta, che incomodare chi poco conosco. In quanto la mia canzone fatta per le nozze Burlamacchi, poco o nulla perdete se non vi perviene, ma io tengo per fermo che il sig. cav. Pucci ne avrà qualche esemplare e ciò dico sull' assersione del Burlamacchi, il quale vi riverisce. Caso poi che egli, sig. Pucci, non l'abbia e che voi pur bramaste vedere una si meschina cosa, farò in modo di farvela giungere per qualche mezzo sicuro. Vi tengo in parola pei versi che mi promettete che pubblicar si debbono in Pisa; io non conosco il Parnaso italiano, nè poteva prima interessarmi, perchè non onorato dalle vostre composizioni.

Mio figlio è sommamente grato alla buona opinione che di lui nudrite e vi ringrazia sommamente delle parte che prendete nè suoi vantaggi; io poi spero bene di lui nè ho dubbio ch'esser mi possa d'inquietitudine, perchè mi ama teneramente.

Addio mio buon' amico, date il quì compiegato foglio a Mezzanotte salutatemi tutti gli amici e sollevatevi quanto potete dalle brighe che date vi vengono per l'università, ma nel tempo stesso preparatevi a soffrirle, giacchè io non credo che vi verrà fatto d'ottenere la vostra dimissione. Addio, di nuovo addio.

IMPRIMATUR
Fr. Dom. Buttaoni O. P. S. P. A. Mag.

IMPRIMATUR
Ios. Canali Archiep. Coloss. Vicesg.