PER LA FESTA
DELL' UNITÀ ITALIANA

NEL 1863

CANTO
DI MARIA ALINDA BONACCI
DEDICATO ALLA SUA DILETTA PATRIA
PERUGIA

Del dì nascente il mattutino raggio La terza volta a giubilar ci desta, E ogni città d' Italia ogni villaggio Esulta a festa. E giunge il suono degli allegri accenti Là del veneto mar fino alle sponde, Quindi sul Tebro alle romulee genti L' eco risponde. Ah l' aspettar non sia penoso e greve, O Italia mia, chè alla regal tua chioma Stelle lucenti splenderan fra breve Venezia e Roma. Or del presente fra la nebbia oscura Mite raggio e cortese è la speranza, E l'avvenir con lenta ma secura Ala s'avanza. Ma perchè l' invocata ora s'affretti Più che l' armi e l'ardir, da noi si chiede Fraterna gara di concordi affetti Costanza e fede: Fede che intorno alla Sabauda Croce Dal Po ci stringa, dall'Oreto all'Arno, E i nemici con vana ira feroce Fremano indarno: Fede in Vittorio che dei ferri al lampo Rivendicò leggiadramente ardito L'italo onor che di Novara al campo Giacque tradito. Tal frutto sempre la semenza arreca Degli insensati civici furori; Così prevale l' arroganza bieca Degli oppressori! E così lo stranier su noi si lancia Esultando al livor che ne divide, Ci ponta al dorso la cruenta lancia E insulta e ride: Così fuggendo le ingiustizie e l' onte Fino all' ultimo lido oceanino, Chinasti, Alberto, la tradita fronte Al reo destino. Ma se il funesto error piangemmo assai Contemplando d' Italia il lungo scempio, Deh non si vegga rinnovar più mai Il tristo esempio! Non più a turbarne la vittoria intera Rieda il dissidio a lacerarne il seno, E i petti attoschi l'infernal Megera Col suo veleno: Nè torni più malaugurata l'ora Che insana febbre il nostro senno offenda, E d'Aspromonte la sinistra aurora Mai più non splenda, Quando la Libertà la fronte afflitta Chinò, sclamando nella sua paura: La vittoria non men che la sconfitta È una sventura! Ma come in grembo alla procella emerge Ne' più vaghi colori iride accesa, E non doma dai venti al Ciel s'aderge La quercia illesa, Del periglio al cessar ti riconsola Così, mia Patria, a più bei dì ti appresta, E ammaestrata alla dolente scola Ergi la testa. Ergi la testa, e d' ogni parte senti Per tutta Europa un agitarsi arcano, Chè sotto il piè delle riscosse genti Bolle un vulcano: E nell' incendio universal divampa Lo Scita anch' esso, e al freddo ciel lo Sveco, E il Polacco, fin là dove s' accampa L' Unghero, il Greco. Nè fia che lasci un solo invendicato De' dritti suoi l' umanità redenta, Cui de' tiranni invan l' orgoglio armato Resister tenta. Argine a contenere oggi non basta L' inevitabil corso alla fiumana, Chè a decreto del Ciel non si contrasta Da forza umana. E tu pur da tuoi monti alla marina, O Italia, erede della gloria avìta Sul soglio antico tornerai regina Libera e unita. Oh spiegar possa tosto alba sì lieta Sul sereno orizzonte il roseo manto, E a salutarla l' italo poeta Sorga col canto! Così ardenti i miei preghi alzando a Dio, Donzella inerme nella mia celletta Coi voti affretto l' avvenire anch' io, Patria diletta!

Questo Canto fa seguito ai nazionali dell' Autrice.

Recanati Tipografia Badaloni