STrano sembrerà in fatti a ciascheduno di voi, valorosi, ed onorandi Accademici, che io qual mi sono in treccie, e in gonna, ardisca in oggi di comparire fra questa scelta gentile adunanza, e di più nissun risguardo avuto alle famose contese fra uomini i più celebri, che abbia in varie età contati la Letteraria Repubblica, insorte circa il problema bellissimo spesse fiate discusso, ed ultimamente in Padova agitato il di sedicesimo Giugno del 1723 nella rinomata Accademia de' Ricovrati; “Se le Donne si debbano ammettere allo studio delle scienze e dell' arti nobili;” a ragionare imprenda di quegli studj appunto, che a Donne convengono. E pure se ben a dentro si esamini questa mia divisata risoluzione di sperar non mi è tolto, che ripresa non sia per essere, ma anzi più presto che da voi voglia essere se non intieramente approvata, almeno benignamente iscusata, e sofferta. Impercioccheè siccome saggia avuta si è finora, ed aver deesi eziandìo ne' correnti giorni la decisione del lodato problema fatta dall' eruditissimo Signor Valisnieri Principe in allora della mentovata Accademia; cioè “che s' ammettano allo studio delle scienze, e dell' arti liberali quelle, che innamorate sono delle medesime, e che da un nobile occulto genio alla virtù sono portate, nelle quali ferve, e sfavilla uno spirito fuor dell' usato, e superante il comune del vulgo, e che si divida senza baldanza di tirannìa l' imperio de' commandi, si dividano gli uffizj, e si lasci la libertà al genio dominatore. Attendano altre agli economici impieghi, ed a' suoi onesti necessarj lavori: altre seguano le muse più caste, alle quali l' inclinazion le trasporta, e co' dovuti mezzi si animino, si ajutino, infervorate si rendano, acciocchè contrastante l' ozio, l' ignoranza, l' invidia, s' aumentino le scienze.” Così a questa prudente decizione attenendomi, ispregevole istituto a parer mio dire non si dovrà mai, che io minutamente ora mi faccia ad indagare, quali studj a sì fatte Donne più compettano, onde con frutto esercitar vi si possano, e l' animo loro in vaga forma con un tal mezzo adornare: Imperciocchè egli è certo non doversi già il donnesco sesso a tutti indisintamente, ed a capriccio abbandonare, ma a quelli in specie, che qualche utilità, e vantaggio maggiore recar li possano; se però è vero ciò, di cui presso le menti di saggio giudizio fornite non si dubita punto, val a dire, che le cognizioni meno utili a chi le possiede non meritano di mettersi sotto il nome di studio, come per tutti ampia fede ne fa l' illuminato P. Gio: Mabbilon nella pregievolissima sua opera de Studiis Monasticis, cosa che, se non erro, più pienamente a giustificar viene la mia condotta nella scelta di tale soggetto.

Or dunque dal bel principio, alle arti più basse discendendo, per indi poscia salire alle scienze più sublimi, nessuno vi sarà a mio credere, che di negare presuma, non essere queste particolarmente atte alle Donne, e convenevoli. Conciosiacchè, tacendo anco che queste sono il primo sostegno della letteratura, e che qui le scienze tutte si volgono quasi sopra proprio cardine, non picciolo riputar deesi il vantaggio, che quindi si tragge, o la coltura particolare dell' animo si attenda, che in questa guisa ottiensi, o l' acume dell' intelletto, che per queste viene a farsi maggiore, o la destrezza nel maneggiar gli argomenti, che così più ammirabile rendesi, e forse perchè più piana, come perspicacemente osservò il sopra lodato Padre Gio: Mabillon,Mabilon Tomo I. pag. 180. e per questo appunto il Santo Dottore della Chiesa Greca Basilio, non solo proibiva ad alcuno, ma di buon grado anzi a tutti senza eccezione consigliava la lettura de' profani Autori, perchè, come attesta egli stesso,S. Basilius Tom. I. homil. 24. Auctores idèo profani perlegi identidem poterunt, ut inde exornetur animus. vagamente mercè di questa l' animo si abbellisce, ed illustra. Quello perciò che più monta a mio avviso circa sì fatto studio si è, che senza gli umani studj, se fede prestar vogliamo ad accreditati scrittori, gl' interni concetti facilmente, e rettamente esprimere non si potranno giammai. Or ditemi, se il ciel vi salvi, o Signori, non deve ella la Donna comunicare i sensi proprj? non è ella dotata di mente, e di ragione al pari dell uomo? è ella esclusa affatto dall' umano commercio? certo che nò. Come potrà dunque adempiere ella senza l' ajuto delle lettere più amene giustamente a queste parti, che parti dir si possono, e doti quasi essenziali di sua natura? Vero è, come dirà forse taluno, che le Donne anche rozze, ed incolte, e quelle per fino che nulla affatto sanno di lettera, per valermi del motto di Enante Vignajolo, aprir sanno i sentimenti del loro cuore, nè fanno già che mutola si giaccia quella lingua, di cui le ha armate natura: ma se ciò fia vero, vero sarà altresì, che o metteranno di spesso sull' Eculeo, od alla tortura chi sarà seco a ragionare astretto, colle loro scipite ciancie esprimenti le tante volte tutt' altro da ciò, che prefisse si sono di esporre, od in sì sguajata maniera ciò per loro opererassi, che a gran pena si distingueranno da fanciulli, i quali anch' essi co' loro urli di spiegare si credono ciò, che pensano internamente, e che internamente provano, e desiderano. E quand' anche alcuna (il che non di rado accade) fornita fosse di naturale eloquenza, certo egli è già, e fuor d' ogni dubbio riposto, che questa, qualora non sia dall' arte diretta, e moderata, sarà sempre imperfetta e mancante. Chiaro egli è pertanto dal sin quì detto, che a cotali studj s' ammettano le Donne, non dirò già così che spender vi debbano gran copia d' anni, o questi soli si prefiggano per meta del letterario lor corso, discreto esser vuole questo loro impiego, e secondo que' precetti, e quella norma, che ad altra tornata riservomi di proporre, perchè i Precettori con ottima educazione, e con sommo frutto allevino nelle umane arti le tenere figliuolette. Della poesia poi, quantunque parte sia, e membro nobile di quest' arti medesime, non occorre in egual foggia ragionare, siccome neppure dello studio delle morte lingue, le quali apprender si debbono per consiglio de' sapienti secondo lo stato della vita, che ciascheduno elegge. Quanto alla poesia, basta riferire ciò, che egregiamente scrisse il Sig. Becelli nel suo novo trattato della divisione degli ingegni, e studj ec. La poetica, dic' egli, a molto pochi s' appartenerà veramente, o si consideri che ella è arte difficilissima, e sublime in se stessa, o si riguardi il fatto; poichè tra poche nazioni, eccellenti Poeti furono, e tra esse tuttavia pochi per ogni secolo. Onde tanto più è da biasimare l' inutile fatica o de' primi, o degli altri maestri, che a fanciulli, e giovani a poetare insegnano. Poichè certamente quinci la poesia è la meno necessaria delle discipline, e quindi, come Orazio dice, l' esser mezzano poeta non si permette dagli Uomini, non dagli Dei, non dalle mura, e colonne stesse. Che se facendosi più avanti considerar vogliamo nuda la poetica facoltà, e dalle più gravi scienze disgiunta, e sù d' altro fondamento non appoggiata che alla lettura semplice, ed alla cognizione di quattro favole, chiaro apparirà, e certissimo, che a Donna servire non potrà giammai di ornamento, ma anzi la renderà meno accetta a chi ha fior di senno per giudicare de' letterati, o perchè stucchevoli, e della necessaria erudizione sfornite le di lei composizioni, come cantò quell' altro: Versus inopes rerum, nugæque canoræ: o perchè fomenterà pur troppo quel soverchio supporre di se, che al nostro sesso è quafi connaturale. Per il che dovendosi con sommo rigore ne' studj sfuggire ogni ombra di vanità, come appresso il Mabillon, attestano molti Autori di pregio, e dovendosi più badare all sostanza, ed al fondo di quelli, che all' apparenza delle cose, spero di non andare errata in asserire francamente, che il poetare di tal maniera è più presto da condannarsi, anzicchè nò. Non così però andrà la bisogna, se alla poesia si accoppj uno esatto studio delle filosofiche verità, e di quelle regole, che quì si apprendono, anzi il Poeta allora aver sì vorrà in somma riputazione. Lo disse il tanto rinomato nella Repubblica delle lettere, Lodovico Antonio Muratori, nel suo trattato della perfetta poesìa Italiana: Per lo contrario gl' ingegni filosofici (sono le precise sue parole) colla felicità dell' intelletto loro penetrano nel fondo delle cose, scuoprono ancor le bellezze più ascose degli oggetti, ed empiono di sugo qualunque lor componimento. I lor pensieri sono sondati sul vero, e tali che spesse volte dall' ordinario saper delle genti non si sarebbono conceputi. Ben è vero, che volendo io metter mano in questa messe, e ragionare delle filosofiche discipline, posso a più giusta cagione dire ciò, che Cicerone mette in bocca di Antonio, impegnatosi suo mal grado a parlar di RettoricaAudit vero, audite, inquit, hominem &c docebo vos, discipuli, id quod ipse non didici, quid de omni genere discendi sentiam, Lib. 2. de Orat. N. 28. & 29. ascoltate (dicea) ascoltate un uomo, che è per insegnarvi quello, che egli stesso non ha mai appreso: ma quindi non è però, che di conoscere abbastanza non mi sia dato l' utilità, e i gran vantaggj, che trar si possano dalla filosofia, per esortare le giovani Donne a non mancar di dare ad una scienza tanto importante tutta l' applicazione, onde sono capaci. Fra i moltissimi vantaggj dunque, che dalle filosofiche esercitazioni riportansi, siccome i principali sono, a detta de' migliori filosofanti, il render scevra nostra mente da tanti pregiudicj, da' quali occupata, è inetta affatto a perfettamente razioncinarè, ed a rettamente giudicar delle cose; l'illustrarla con idee, e cognizioni presso che universali; il costituirla atta a ben regolar i costumi; a concepire un gran rispetto per la religione, a premunirla con massiccj principj contra i falsi, e particolari ragionamenti dell' incredulità; e per fine quanto spetta al civile governo del picciolo domestico suo regno, siccome proprio è di questa scienza ispirar nella Donna que' semi, che necessarj sono a tal uopo, così fra le tante facoltà, ch' ella abbraccia e racchiude, piacer ci dovrà di sciegliere quelle sole, che ad un tal fine dirittamente ci guidino, e saranno appunto, se mal non m' appoggio, una soda logica, una fisica isperimentale, e non rancida, un' ottima etica, ed una sana politica. E per ciò, che risguarda la logica, come fermo avere dobbiamo a buon conto, che un' arte non sia questa unicamente di pompa, e di vittoria, nata da prurito di risse, e di contese, quale, come scrive S. Clemente quel d' Alessandria, era presso i Greci Soffistici: cujus principium fuisse id quod visum fuerit disputanti, officium vero contentionem, finem victoriam; ma che un' arte sia di ben pensare, di discernere senza inganno il vero dal falso, e di correggere, in una parola, gl' intelletti (come per ogni altro afferma Mr. Rolin) che prendono tutte le cose in mala parte, si appagano delle più stravolte ragioni, e vogliono renderne appagati gli altri, si lascian rapire dalle minori apparenze, sono sempre nell' eccesso, e nell' estremità, decidono arditamente di quanto ignorano, e non intendono, e sì arrestano al lor sentimento con tanta ostinazione, che nulla ascoltano di quanto potrebbe trarli d' inganno: Giudizj falsi, come voi ben vedete, o Signori, sono questi, a' quali non so se per condizione del sesso, o per qual siasi altra cagione, in strana guisa noi Donne più degli uomini soggette siamo. Per la qual cosa a confessare avrà ognuno, a cui ignoto non sia per una parte ove di sovente pecca l' intelletto, ed il giudizio femminile, e con qual vigore per l' altra a dileguare valevole sia una buona logica sì fatti errori, a confessare avrà, dico, che un tale esercizio utile non solo, ma necessario, ed unico per le giovani del nostro sesso riputare dovrassi. Acquistata in tal modo una forza, una giustezza, una penetrazione d'ingegno, che le conduce appoco appoco ad intendere da se medesime, e ad isviluppare le quistioni le più imbarazzate, ben chiaro è il conoscere di quale infinità di curiose notizie, e di utili idèe per l'altra parte della filosofia, che fisica si appella, l'intelletto loro si arricchischa, e si fecondi. Ognuno già sa, che lo scopo principale di questa scienza quello è di minutamente contemplare ad uno ad uno li corpi, d'investigare la natura de principj, onde sono composti, di farci rimarcare con qual ordine, con qual simmetrìa tutto sia collocato nell'Universo, con qual uniformità l'ordine generale, e particolare si osservi, e mantenga; e con questo ci da a conoscere l'intelligenza, e le mani invisibili, che reggono il tutto. Questa penetra nelle viscere della terra, e ne specula le mirabili produzioni, che la entro si operano; si solleva sino a' cieli, e tenta di conoscere i movimenti degli astri, e di osservare l'ordine, e la regolarità, che lassuso regna; si volge all' acque, ed agli animali, che in esse guizzano, ed a meraviglia ne spiega i prodigiosi effetti, che vi occorrono; se risguarda il fuoco, scopre la sua gravità, attività, e natura; se l'aere, qual corpo greve ce la presenta, ed avente una somma elastica forza, per mezzo della quale tanti fenomeni un tempo inesplicabili, ora ad evidenza si svolgono; che più? ella per fine ci fa comprendere quanti oggetti e sotto, e sopra, e per ogni verso circondano l'uomo. Quanti utili lumi pertanto, ed aggradevoli di quì non ridondano all' intelletto di chi seriamente si applica a tal disciplina, e quanto non dovrebbe a misura nascere in petto di ogni Donna fervore per fornirsi di sì bel pregio? Anzi questo fervore più un giorno, che l' altro aumentare dovrebbesi sul solo riflesso, che queste fisiche discussioni dirette sono dalle matematiche, e queste quasi loro propria base riconoscono, studio tanto commendevole, studio veramente divino. E chi non vede per verità, che giusti non sieno sì fatti encomj? La sola geometrìa (è così, dal meno al più argomentando, pensate voi dell' altre parti della matematica) in tempo brevissimo da più noti principj ci mena a punti li più astrusi, e da più bassi, quasi in un attimo, ci estolle a' più nobili ed eccelsi. Si fissano in sulle prime certe semplicissime, e del pari facilissime verità, alle quali chi di ragione è dotato non può non prestare pieno consenso: indi niente più mai si enunzia, o si ammette, che non si deduca per un'infallibile raziocinio: e così finalmente palesi appariscono teoremi mirabili di gran lunga superiori all umano intendimento, e cognizione. Tutte in somma le operazioni di questa o arte, o scienza, come a voi meglio aggradirà di nomarla, non procedono che per evidente ed infallibile dimostrazione, e come tali non potranno a ottimo gusto, ed a fino discernimento non ridurre l' intelletto di coloro, che sono di tale studio invogliati. Le Donne (fate giustizia voi al mio dire, Accademici ornatissimi) non vanno elleno mai errate nelle lor deduzioni, e qualche fiata da premesse di pura chimera non traggono conseguenze, che da esse aver si vogliono per le più sode, che mai cavate si sieno dallo stesso Archimede? Col vostro loquace silenzio ben io m'avveggio che approvate pur troppo, e tenete per veri i miei detti: dunque senza esitar ripiglio: alle matematiche, alle matematiche prestino l' opera loro le Donne, e non più cader si vedranno ne' crassi paralogismi, e nemmeno in quelli, ne' quali alcuna volta anche gli uomini di senno, ma non matematici, sogliono inciampare. Mancherebbe però il pregio migliore all' opera, se sgombrata da ogni errore la mente, non attendesse la Donna a reggere il proprio animo secondo le leggi di una giusta ragione, a moderare le passioni, che in essa bollono con sommo impeto, ed a riempiersi di sane massime opposte a que' difetti, ed a que'vizj, a cui quasi per natura soggiace, descritti già in quell' egregia Stanza: La Donna, fratel mio, è un animale Senza cervello, e pieno di malizia: Non serva mezzo o nel bene, o nel male, Vuo' dire nell' amore, o nimicizia; Sospettosa, superba, e sì bestiale, Che la scanna l' invidia, e l' avarizia; E finta si, che chi fede le presta Meriterebbe un maglio in su la testa:Niccolò Cartiromaco nel Ricciardetto. Can. 27. Stan. 6. frutto per dir vero, che meglio conseguir non si può se non se col soccorso della morale filosofia. Per accertarsi di questa verità basta solo il riflettere, che e Socrate, e Platone, ed Aristotile con tanti altri saggi Filosofi, che negli antichi tempi fiorirono, nell'intero corso del loro vivere intensamente ogni studio posero negl' insegnamenti di questa facoltà, e nelle prove della necessità di questa dottrina. Sì per mezzo di esse unirà mirabilmente la Donna colla più severa onestà la gentilezza, e la cortesìa più grata, e piacevole; e nelle proprie case, e per le vie, e nelle pubbliche, e private adunanze verrà per ognuno commendata, ed amata, non solo nella sua patria, ma eziandìo fuori, nè solo in vita, ma dopo ancora la morte, e servirà all' altre di perfetto esempio, e di lodevoli, e graziosi ragionamenti sarà spesse fiate suggetto. S' ispirerà nel di lei cuore un gran rispetto verso la religione, e per fermamente di ciò persuadersi gioverà scorrere sol di volo, con Mr. Rollin, i pochi principj di morale tratti dallo stesso Paganesimo, onde chiaramente scorgeremo quanto questi soli acconcj sieno a tal uopo: La disporrà a ricevere con docilità, e rispetto quanto le insegna la rivelazione divina, e ben di leggieri comprenderà, che avanti a Dio tutto dee traere la ragione non meno, che i sensi, perchè nulla è più ragionevole, che il non ascoltar se non esso quando parla. Che se supporre vogliamo la Donna ritirata fra le domestiche sue mura, attenta agl' impieghi di casa, al retto governo di sua famiglia, quanti nobili precetti, quanti aurei lumi non trarrà ella di qui, per adempiere appuntino a questo incarco? Apprenderà vivamente qual prezioso tesoro sia la pace, ed indi ingegnerassi con tutta la cura di conservarla costante; distinguerà chi sovra gli altri presiede, e col proprio esempio, e con dolci modi bel bello avvezzerà gl' inferiori a non ricusare il giogo della dovuta dipendenza; discernerà, co me in terso specchio la turpe natura dell' ozio, e le funeste conseguenze, che da questa viziata radice vanno ad ogn' istante pullulando, e si metterà ad abborrirlo con sommo orrore. Troppo severe appariranno forse a prima giunta queste massime, ed incompatibili col delicato temperamento di noi altre Donne, quasicchè un' ora aver non si possa libera da ogni molesta cura da donarsi ad un'intera quiete; che barbara legge è mai questa, che duri precetti! Ma nò. la morale filosofia non reca in collo ad alcuno pesi, che da esso portar non si possano: non vieta già, che per qualche discreto spazio di tempo non abbiasi l'animo nostro a ristorare dalle serie frequenti occupazioni; ma queste a buon conto ore dir si dovranno di sollievo, e non di molle ozio. Ozio molle sarà bene, e dalla morale altamente condannato, il trattenersi a'vani ragionamenti o con questa, o con l' altra tresca in que' momenti appunto, che impiegati esser dovrebbero o al vantaggio di noi stesse, od al comune della famiglie: ozio molle il girare soverchiamente per le contrade per la sola vaghezza di rascuotere omaggj: ozio molle l' usare troppa sollecitudine in affettati abbigliamenti, quando una Donna, che imbevuta sia de' dogmi della morale, quanto le sarà caro di comparire in faccia al mondo con una decente coltura, altrettanto detesterà quegli ornamenti, che apertamente degenerano in abbominevole vanità. Le quali cose se sono vere, come sono verissime, premura non solo arebbe ad essere di noi quella di procurare anche a costo di fatica, e di stento di arricchire la nostra mente di sì nobili cognizioni, ma chi a diriggere le famiglie è prescielto, con ogni fervore ad un tale studio animarci dovrebbe. Lascio per brevità l' utile grande, che dall' opera diligente alla lettura delle Storie prestata può in noi ridondare, dubbio non v' avendo presso ad alcuno, che queste acconcie non sieno ad ornare il nostro spirito, ed a ben formare il nostro cuore, massime, se della Santa ragionare vogliamo. Questa, siccome è il fondamento della religione, così di un grande uso ci sarà per tutto il tempo di nostra vita, sia per intendere le pubbliche istruzioni, sia per leggere in particolare con frutto i libri di pietà; imperciocchè sì nell' une, che negli altri si suppone che l' uditore, ed il lettore istrutti sieno de' fatti della santa istoria. I tanti successi parimenti, che nella profana s' incontrano, sieno questi di virtù, oppure di vizio, agevolmente servir ci potranno o di stimolo alle virtuose imprese, o di avversione alle malvagie. Eccovi pertanto succintamente, e meglio, che per me potuto si sia, esposti quegli studj, a' quali applicandosi la Donna, se il pensier mio non fallisce, distinta la renderanno non solo dal donnesco vulgo, ma eziandìo da tanti e tanti fra gli uomimini, che pigri, e sfacendati gettano miseramente il tempo in cose di nessun conto, senza punto curarsi di scienza: Piacesse al cielo, che da parecchie e parecchie negletto non fusse sì ricco tesoro: allora sì che rifiorire vedremmo le valorose antiche Greche, e Romane, le quali di stupore non meno, che di confusione colmavano quelli di mezzano sapere, e di lodevole invidia accendevano per fino i piu letterati. Sani senz' altro sarebbero i consiglj, che si prendessero dalla Donna, quando altrimenti pericolosi sempre sono, od almeno sempre sospetti. Bello sarebbe l'intertenersi seco a'dolci ragionamenti, poichè di ottimo sale conditi: Bello il ravvisarla nella sua famiglia, o porgere soave conforto allo sposo, ed alla prole, se da nodo maritale avvinta; o se in nubile stato, bello il vederla co' suoi chiari esempli raddrizzare altrui ad una retta norma di vita, e ad eseguire con tutta la fedeltà que' doveri, che strettamente le incombono: bello l' udirla ragionare degli eventi occorsi negli andati tempi, e dare così forte eccitamento ad ognuno di non affidarsi all' amica fortuna, e di sostenere con corraggio l' avversa: bello in somma, che pel comune profitto lo spirito della Donna a'prefati studj si dedichi, e si consacri.