CRedo certo, che non a caso mi abbiate mandato il Discorso Accademico del Sig˙ Gio: Antonio Volpi — Che non debbano ammettersi le Donne allo studio delle Scienze, e delle belle Arti, ma per tentarmi a dirvi sopra di esso i miei sentimenti, sapendo Voi molto bene, come non avrei potuto far di meno di non risentirmi del gran torto, che al nostro Sesso vien fatto, pretendendosi con ragioni di stabilire il pur troppo ingiurioso abuso, che impedisce alle Femmine la partecipazione d' un tanto bene. Piacesse pure a Iddio, che non mi fusse stato barbaramente impedito di seguire il mio genio per gli Studj: forse che in questa occasione non mi mancherebbe materia di appagare la vostra aspettazione, e da sostenere la giustizia della nostra Causa; ma con tutto, che io sappia quanto poco possa compromettermi del mio povero talento, non vi tacerò quel tanto, che mi è paruto di potere addurre in nostra difesa, sperando di persuadervi la verità non per arte, nè per ingegno, ma per avere osservato, che in quelle cose, dove abbiamo qualche interesse, si pensa, e si sminuzza finissimamente ogni bagattella, e fa spezie a un' interessato, benchè ignorante, sul fatto, ciò che non farebbe a un' altro indifferente, quantunque di purgatissimo accorgimento. Per lo contrario quando le cose lusingano il nostro genio, ci si passa su senza appena riflettervi, non che esaminarle. Ciò apparisce chiaramente nell' essere stato pressato il Sig˙ Volpi a stampare questa sua Lezione Accademica come contraria al Sesso Donnesco, da cui sono gli Uomini così avversi, non so se per naturale antipatia, o per isdegno di vedersi tal volta alle Donne soggetti; della qual cosa pare a loro di essere vendicati, quando le veggono depresse, e avvilite. E pure a esaminar bene le cose, come veramente stanno, accade loro di trovarsi vinti da Noi, e signoreggiati, non per violenza, o tirannia nostra, ma per non sapere essi signoreggiare le proprie passioni. Tanto dunque è piaciuta loro la superficie di questo argomento, che non si sono avveduti, con quanto artifizio il Dottissimo Declamatore l' abbia trattato. Abbraccia egli questa occasione, non per iscagliarsi veramente contra le Donne, ma per correggere quei vizj, che si vedono tal volta regnare ne' Dotti˙ Così ubbidisce al Principe dell' Accademia, sostenendo, benchè non di cuore, questa parte del proprio Problema: ma, a guisa del Padre Pardias sopra le anime de' Bruti, scuopre il suo vero sentimento, col gran luogo che lascia alle obiezioni, e col rapportare ragioni assai più apparenti, che vere sopra l' assunto intrapreso. Chi non sa, la Sapienza non essere la cagione prossima, nè lontana de' disordini delle nostre passioni? anzi col mezzo di essa dover noi con più facilità correggerci? E se ciò talvolta non addiviene, alla cattiva educazione, ai costumi corrotti, alla pessima volontà attribuire si debbe. La malizia nasce con esso noi, e si nutrica indifferentemente appresso di tutti; di maniera, che se la ragione non accorre pronta a impedirne i progressi, la veggiamo ben tosto predominare. Or per qual via si può più vivamente destare in noi la ragione ad opporsi allo sregolamento dei vizj, che col procurare a noi stessi quel lume, e quella chiarezza, che si acquista per mezzo degli Studj, i quali, siccome il vero dal falso, ed il buono dal cattivo e' insegnano a distinguere, così rendono più facile in noi la fuga del male, e la ricerca, ed il desiderio del bene? Nè vi è fondamento adattato a persuadere, che per mezzo degli Studj, alle Donne, inciviltà nel tratto, rozzezza nel costume, non curanza nelle cose spettanti al loro usizio ne dovesse risultare, con infinito danno, non solo proprio, ma del corpo della Repubblica; nell' economia domestica, noja pe' Mariti, carico delle Conversazioni, e finalmente misantrope, Pedantesse affettate ne dovessero divenire, perdendo in oltre per la soverchia applicazione il bel colore del volto, e scemando così la natural bellezza atta da per sè sola con una semplice occhiata, e tal volta con un sogghigno, con un vezzo, con un sospiretto tratto a tempo, a mansuefare quel superbo animale, che Uomo si chiama. Queste tali arti si lascino pure senza invidia alle Femmine, non solo ignoranti, ma vulgari. Ben miserabili saremmo Noi, se il nostro pregio maggiore consistesse nella bellezza, che presto manca, e di cui poche furono dotate. Ma qualunque siasi questo privilegio, quanto riceverebbe d' accrescimento, e di perfezione per mezzo degli Studj! Assai più senza dubbio, che dal dispendioso lusso delle mode, degli abbigliamenti, e del trattamento, dietro le quali cose veggiamo perdersi la maggior parte delle Femmine, con rovina talvolta delle Case, condannate a soccombere a spese eccedenti le loro forze. Origine di questo grande affascinamento, è in gran parte, quel non so che di allettante, che hanno queste cose materiali, e sensibili, per coloro particolarmente, i quali non sono assuefatti a rivolgersi a cose migliori. Or siccome poi quelle a lungo andare rincrescono, e incomodano, così, chi non ha dove meglio voltarsi, conviene che diventi inquieto, e per lo più vizioso: dove per lo contrario gli Studj intellettuali confortano, e sempre più dolcemente lusingano ad investigare il buono, ed il vero, generando un tal quale disprezzo di tutto ciò, che si oppone alla temperanza delle nostre cupidità. Grande non solo, ma onesto divertimento sarebbe per le Donne l' essere ammesse agli Studj, a misura della complessione di ciascheduna, delle comodità, e sopra tutto del talento, senza pericolo, che perciò venissero a mancare Femmine pe' lavorij necessari, vedendosi per esperienza abbondare il mondo d' Uomini, che zappano la terra, ed altre cose fanno per lo mantenimento della Repubblica, ancor che non si sia mai preteso fin qui, che pur' uno si stia in quella loro volontaria cecità ed ignoranza. Pur troppo una certa naturale pigrizia ci tiene sepolte nell' ozio, senza che alcuno si affatichi di reprimere con sofistiche ragioni quegli spiriti coraggiosi, che nulla temendo la difficoltà da incontrarsi nell' acquisto delle Scienze, di buona voglia alla fatica si sottomettono. Il Sommo Facitore Iddio creò le Anime nostre eguali, dotandole delle stesse potenze; e questi veli, che le ricoprono, siccome non sono loro pregiudiziali nella sustanza, così non si può negar loro con giustizia quegli ajuti, che a conoscere sè stesse, e la propria dignità contribuiscono. La Natura poi nel distribuire i suoi doni, non dimostra parzialità più col povero, che col ricco, col nobile, o col plebeo, essendosi veduti sempre de' rari talenti sollevarsi sopra la loro bassa fortuna, e spignersi costantemente avanti a quelli, cui non mancò nè nascita, nè ingegno per istudiare. Basti per tutti il famoso Pippo Contadino sotto Fiesole, che senza aver lasciato mai di coltivare per molte ore del giorno quella terra dove egli nacque, e lo ha quarant' anni nodrito, ha saputo divenire eccellente Mattematico, Astronomo, intendente la lingua Greca, studiata presentemente da lui colla stessa felicità delle altre cose, maraviglia de' Dotti, e amore del chiarissimo Benedetto Bresciani, che per godere di tal conversazione lascia bene spesso la bella Firenze, giacchè non ha potuto mai persuader lui di ridursi in città, a menar vita men laboriosa di quella. Studino dunque tutte quelle, a cui il Cielo ha dato in forte volontà, ed ingegno, senza sprezzare un tanto dono per vano timore: le Nobili, e Civili, per utile, e decoro proprio; le vulgari, non solo per sè stesse, ma per insegnare alle Fanciulle volonterose di apprendere le Scienze. Ed ecco evitati quegli scandali, che si mostra di temere da' Precettori; quantunque senza ciò non manchino modi a' prudenti Genitori di ovviarli; siccome tutto di accade nell' apprendere le Fanciulle per mezzo de' Maestri, la Musica, il Ballo, ed altre cose: nel che rado, o non mai succede ciò, che il Sig˙ Volpi scherzando mostra di paventare. Molto meno si debbe temere, che la cognizione renduta più viva per mezzo delle Scienze nelle Femmine del perder' esse la loro libertà nell'accasarsi, le dovesse ritenere dal sottoporre il collo al giogo. Posciachè ove le Donne si ammettessero a filosofare, seguirebbe nè più, nè meno, come siegue adesso negli Uomini. In quella maniera che la Filosofia, e le belle Arti non ridurranno mai gli Uomini, e le Donne, a non essere Uomini, e Donne; così non vi è pericolo che tolgano loro quel naturale istinto, che in essi pose il Creatore per conservazione dell' umana spezie. E siccome ancor che gli Uomini studino, non lasciano per questo di pigliar moglie, perdendo essi la libertà, tanto più propria del loro sesso, che del nostro; così, e molto più, accaderebbe alla Donna; la quale in qualunque stato, che ella si elegga, non è mai libera per le dure leggi de' nostri Paesi, come ben disse il famoso Tragico Martello,, Fanciulla serve al Padre; moglie serve al Marito;
Vedova al suo decoro; e muor, che ha sol servito.

Noi Donne non ci picchiamo di saviezza maggiore degli Uomini: se dunque essi con tanto ingegno, e con tanta filosofia, cercano, e vogliono l' amor nostro, e la nostra compagnia; perchè si avrebbe a temere d' una virtù più severa di Noi? Non siamo noi altre Donne, secondo il dire del Sig˙ Volpi, deboli naturalmente, e sfornite d' ingegno? Non è mai dunque probabile, che con tanti svantaggi abbiamo ad arrivare a spiritualizzare noi medesime più di quello, che non fanno i fortissimi, gl' ingegnosissimi, i sapientissimi, e severissimi Uomini. Ecco dunque, che non,, sarebbero guai alle umane cose, per questa parte,, anzi vi sarebbe questo vantaggio di più, che le Donne innamorate degli Studj, procurerebbero d' accoppiarsi con Uomini dotti; così amandosi per ragione di simiglianza, essendo questa per l' appunto fondamento, e cagione dello amore, averebbero quello stesso motivo d' amarsi, che vediamo essere non solo frequente, ma stabilissimo negli Uomini per la comunicazione degli studj loro. Ed i Coniugati, trovando l' uno nell' altro delle doti molto più stimabili, e meno soggette all' ingiurie del tempo, che non sono quelle del corpo, non verrebbero a dar luogo a quel gran sentimento del Cavalier Guarini,, Il lungo conversar genera noja,
E la noja disprezzo, ed odio al fine.
Avventurose, a mio credere, sarebbono quelle famiglie, e que' Mariti, le cui Donne col lume delle scienze potessero far ciò, che molte desiderano, e tentano in vano, pregiudicando sovente ad esse la stessa buona volontà, per trovarsi scompagnata da quei lumi, che sono pur troppo necessarj. Il difetto più importante è in ciò, che riguarda l' educazione de' Figliuoli, mentre esse ignorano come si debbono destramente raddrizzare quelle prime viziose inclinazioni, che in essi appariscono, preludj pur troppo sicuri di cìò, che in progresso di tempo debbono riuscire. Non credo che appena si possa concepire di quanto utile sarebbe spargere nelle menti tenerelle, quanto facili a ricevere in sè le prime impressioni, altrettanto tenaci a rattenerle, que' primi semi della virtù, senza mescolamento di falsità, e quel primo orrore de' vizj, scacciando da essi certi timori panici, che si oppongono in progresso di tempo all' onesta libertà dell' animo; ed in vece di questo insinuar loro un timore utile, e ragionevole di tutto ciò, che è veramente male, serbando sempre i debiti modi più confacevoli alla loro capacità; mentre non vi è la più facil cosa, che il convincere i fanciulli per mezzo della ragione, ancorchè forse non la conoscano interamente, quando dall' autorità materna, o paterna vien loro insinuata. Sopra di che posso dirvi aver veduto io stessa una saggia Madre far piangere un' intera sua figliuolanza composta di più maschi, e una femmina, il maggiore de' quali non passava i quindici anni di sua età, commossi al pianto da una correzione fatta loro a tempo, senza punto alterare la voce, e senza minacce. Nè mi si dica, che gli Uomini da per sè stessi accudiscono a ben' allevare i Figliuoli, con l' autorità de' maestri, poichè i Padri per lo più applicati in altri negozj, poco tempo ritrovano da impiegare in un' affare di tanta importanza, ed i maestri mercenarj non sono in veruna maniera paragonabili all' affetto, e diligenza materna. Dove è da riflettersi di quanto vantaggio sarebbe a' Figliuoli, se la Madre istruita nelle scienze, e nell' arti potesse invigilare, e riconoscere il profitto loro, e la maniera di studiare in essi, e d' insegnare ne' Precettori. E chi sa che taluna di queste Madri da sè stessa non si ponesse ad istruire i proprj Figliuoli, come abbiamo veduto farsi da una Zia a' Nipoti, la quale è stata la Sig˙ Selvaggia Borghini Dottissima Dama Pisana, che gli ha addottrinati non solo nelle umane lettere e piacevoli, ma ancora nelle scienze più difficili, e severe? Non di minor giovamento sarebbe una tal Donna all' Economia delle Case, particolarmente se si avvenisse in una di quelle, che si veggono governate da Padroni sciocchi, e melensi; potendo in tal caso supplire pel Marito a quanto fosse necessario per lo mantenimento delle facultà. E nulla meno se s'incontrassee in un Marito saggio e prudente; potendo facilmente accadere, che fusse infermo, o lontano, o impegnato in assidui ministerj della Repubblica. Qual consolazione sarebbe per questo tale di potere riposare sicuro su la vigilanza della sua Moglie, e ritornando a casa prendere il necessario riposo, attendendo che essa brevemente, ed opportunamente senza nojarlo, gli desse conto d' aver disposto questa, e quell' altra faccenda pel buon governo: così non avrebbe per necessità da fidarsi del Fattore, del Maestro di Casa, o del Procuratore, i quali bene spesso astutamente aspettano, che i Padroni non abbiano la piena libertà d' attendere e di riflettere a' proprj interessi, per poter meglio per sè stessi approfittarsene. Ma diamo pure che dove Uomini sono, non sia lecito alle Donne d' ingerirsi, se non nell' Economia più ordinaria, e comune alle fantesche; quanto di sollievo ne risulterebbe a quelle famiglie, che per loro disgrazia restano prive del Padre, dove bene spesso rimane tutto il peso alle Donne, le quali vengono ingannate tanto più facilmente, quanto maggiore è il numero de' Ministri, di cui hanno bisogno per supplire a quanto fa loro di mestieri nell' amministrazione! Nè ci spaventi l' autorità della Scrittura Santa ne' Proverbj; poichè se è vero ciò che ne cita il Sig˙ Volpi nel Capo 31.,1 Prov˙ Chap. 31. vers. 26. Elle ouvre sa bouche avee sagesse, & la loy de Misericorde est sur sa langue. è anco vero esservi poco più giù qualche cosa a favore della nostra Causa, dicendosi che quella Donna forte, la quale aveva tanta, e sì esatta cura della famiglia, e delle cose domestiche, e maneggiava alle occorrenze la conocchia, e l' ago, era in sostanza ricolma di sapienza, e d' una sapienza piena di soavità, di grazia, e di dolcezza, che si conosceva subito nel suo parlare. E perchè questa Donna descritta da Salomone era la stessa Regina sua Madre, si contenti il Sig˙ Volpi di ritornare al principio di questo Capitolo, e in confermazione del sapere di Bersabea, troverà, che ella seppe tanto, da ammaestrare il più saggio di tutti gli Uomini; e seguitando a leggere, conoscerà quanto tornò bene a quella Donna il sapere; poichè per esso potè sì ben conoscere, e correggere il Figliuolo intorno alla sregolata inclinazione a' piaceri, e fornirlo di massime sì gravi, che ben vi voleva altro che aver filato per arrivare a poterle non solo sapere, ma insegnare. Queste verità servono di sufficiente risposta a molte cose addotte dall' Autore, e fanno vedere, che lo studio, ed il sapere non renderebbero punto le Donne più disattente al lor dovere, anzi farebbono, che sapessero, e volessero adempirlo sempre meglio. Dopo questo figura il Sig˙ Volpi una Donna astratta da tutto ciò, che la tocca — applicata alla contemplazione di cose inutili a sè, dannose alla famiglia, invanita del suo sapere, intestata di non ubbidire, litigiosa col suo Consorte, ed esaminatrice impertinente della ragione de' suoi comandi, e in procinto anche di arrogarsi in tutto, o in parte l' autorità del Marito — E seguita a descriverla come importuna — nel farsi incontro al Marito medesimo, che torna a cercare riposo in Casa — con qualche spinosa quistione, senza lasciarlo appena respirare, curiosa di voler subito, che le renda conto delle faccende civili — che disamini seco de' nuovi Teoremi — che la stia a sentire narrare delle Istorie — e ostinata a non rifinir mai di garrire, o di rompergli il capo. Senza dubbio questo carattere ben lontano dall' essere quel di una Donna dedita agli studj, e adorna delle scienze, è il ritratto d' una pazza, d' una insolente, d' una indiscreta, d' una dispettosa, d' una vana, e a parlar bene, della più ignorante femmina del Mondo. Ma da quando in qua le Arti, e le Scienze ripulitrici dell' animo, regolatrici, ed illummatrici oculatissime del vivere si hanno da stimare origini di tanti mali? Qualcheduna può esser tale quale la descrive il Signor Volpi; ma non lo sarà mai per avere studiato, o per sapere; lo sarà perchè non averà studiato nulla di buono, e perchè essendo ignorante, mattamente si darà ad intendere di sapere; o per pazzia maggiore si crederà essere stimata dotta, e sapiente. Siccome il numero de' pazzi è grande, così vorrei trovare molti Uomini ancora di tal carattere. E pure così Donna come sono, non averei mai l' ingiustizia di dedurre per questo che si dovessero allontanare tutti gli Uomini dallo studio, a riserva di pochissimi, che io mostrassi d' eccettuare per somma grazia. Non parlo della gelosia, che dice si risveglierebbe ne' Mariti, se le Donne studiassero. Donna bella, benchè ignorante, sarà sempre cercata, e corteggiata; nè vi è punto bisogno, che ella sia erudita per mettere in gelosia il Marito. La più strana però di tutte è quel volerci dare ad intendere, che gli studj rendono disadatto e ingrato alla Conversazione chi gli professa. In pena di questa sua oppinione vorrei condannarlo solo per poche ore alla Conversazione di sei, o sette ignoranti. Così dotto come egli è, so ben' io quanto maledirebbe il peccato, che lo avesse condotto ad una tal penitenza. Ma io lo stimo tanto, sebbene sotto il Personaggio di nostro avversario, che prego il Cielo a punirlo con tutto altro, che con una disgrazia, che gli si renderebbe troppo sensibile. Io penso che se le Donne studiassero, migliorerebbero notabilmente le nostre Conversazioni, perchè si appiglierebbero senza dubbio a trattare con gli Uomini dotti, per essere noi naturalmente portati a conversare con quelli co' quali abbiamo più simiglianza di costumi: e così le Conversazioni non verrebbero ad essere sottoposte tanto alla critica, nè si udirebbero in esse tante inezie, e scioccherie, quante talvolta si sentono. Dall' altra parte i Giovani, conoscendo essere più accetti quelli, che più sapessero, si applicherebbero, assai più che non fanno, agli studj, pel desiderio d'introdursi, ed esser graditi da quelle, che avessero più di sapere, e di stima; nè vi sarebbe pericolo, che si annojassero de'ragionamenti eruditi, benchè non fussero accompagnati dalla bellezza della Donna, perchè finalmente essi sentirebbero sempre il sapore delle cose virtuose. Ed io stimo, che la gentile, non meno che erudita Pastorella Aglauro Cidonia si movesse da questa considerazione a chiudere così un suo bellissimo Sonetto: O tu, che lodi sol Donna che tace,
Dì, che taccia colei che mal favella:
Donna saggia, che parli, e piacque, e piace.
Un grande argomento di questa verità si vede in quello, che di Elena cita il Signor Volpi, allora che Menelao albergò Pisistrato, e Telemaco. Quella Regina ritornata in Sparta dopo il lungo assedio di Troja, non sarà certo stata in quel fiore di gioventù, e di bellezza, che potesse supplire alla mancanza del sapere; e pure quanto applauso ebbe la sua avvedutezza? e manco male che il Signor Volpi medesimo ci accorda qui, stretto dalla verità, un' accorgimento superiore a quello degli Uomini, che tante le volte ci ha negato sul principio, e nel decorso del suo ragionamento! E benchè egli sminuisca quanto può questa lode, col chiamarlo — improvviso, e passeggiero; Noi abbiamo tuttavia de' riscontri da farli vedere, come l' abilità, e disposizione agli studj, è talora tanta in alcuna di Noi, quanta possa essere ne' più eccellenti degli Uomini; al che non contrasta ciò, che egli dice de'temperamenti delle Donne, umidi, e molli; perchè ognun sa, non vi essere cosa più fallace, quanto codesti sistemi di temperamenti, per dedurne i talenti dell' animo. Vi è alla Corte di Toscana una vergine Contadina, tolta ultimamente dalla zappa dalla beneficenza, e dal finissimo discernimento della Gran Principessa Violante, la quale canta all'improvviso prontamente con estro straordinario, sopra qualsisia materia, pur che possa comprenderla, avendo un lume d' ingegno perspicacissmo, senza ajuto di studio alcuno; un' apprensiva straordinaria, una memoria saldissima, e tutti quei requisiti naturali, che potrebbero rendere più stimabile ogni gran Poeta. È incredibile con quanta franchezza abbia più volte cantato, e canti co' più egregj Cantori, e particolarmente con l'incomparabile Signor Cavalier Perfetti in presenza del Sovrano, de' Principi, e d' infinita Nobiltà; con qual vivezza, con quali arguti sali, conservando pur sempre in tutte le parole, e nel contegno la modestia verginale. Che se tanta riserva si mantiene da una villanella inculta, nell' esercizio del poetare, e poetare all' improvviso per lungo spazio di tempo, di modo che con l' ammirazione arrivi ad acquistarsi rispetto; io non so vedere con qual fondamento si tema, che le Donne nelle scienze, e nelle dispute abbiano da perdere quel naturale rossore, e quella matronal verecondia, che giustissimamente il Signor Volpi chiama più preziosa d'ogni gemma orientale. In ultimo ci vorrebbe esso fare un piacere di quell' ammirazione che nasce dall' ignoranza, e una disgrazia di quel piacere che sorge dall' indagazione, e dallo improvviso ritrovamento della verità. Bisogna disingannarsi, che mal si va contra il vero, e che nessuno argomento può persuadere, esser fortuna ciò, che nell' oppinione di ciascuno è disgrazia; e senza questo un' Uomo dotto, come il Signor Volpi, anche più difficilmente ce lo potrà dare ad intendere, mentre il suo esempio grida contro alle sue parole. Per concluderla, nessuno de' disordini annoverati dall' Autore nasce dallo studio, e dal sapere; o, se pure nasce, non sarebbe sì proprio alle Donne, che lo stesso appunto non potesse seguire, e non segua negli Uomini. Onde per questo, o si deve proibire lo studiare a tutti, o a nessuno. A buon conto sin qui le Scienze, e le belle Arti sono fiorite negli Uomini; se studiassero le Donne, chi sà, che secondo il loro naturale quieto, e tranquillo non fossero meno sottoposte a tali inconvenienti? Eccovi quanto mi è venuto osservato nel leggere il Ragionamento da voi trasmessomi, che vi rimando con alcune postille, non piccola materia, se non m'inganno, per formarvi un' intera Lezione responsiva. Se avete avuto animo di tentarmi, per mia fè ne avete fatta la penitenza, nel leggere questa lunga diceria. Qualunque ella siasi, ha servito per mio divertimento, ed ora mi dà occasione di salutarvi. L'uno, e l' altro mi è grato; ma più di tutto mi farà gratissimo se vi unirete ancor voi alla difesa della Nostra Causa. Addio: vivete felice.

20. Dicembre 1723.