ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZI

I SUOI AMICI - IL SUO TEMPO

ESTRATTO DALLA “ NUOVA RIVISTA ”
Pubblicazione Settimanale Politica-Letteraria-Artistica
DI TORINO

TORINO
Tip. A. Locatelli, via Maria Vittoria, 28
1883.





VITTORIO MALAMANI

ISABELLA TEOTOCHI ALBRIZZI

I SUOI AMICI - IL SUO TEMPO

ESTRATTO DALLA “ NUOVA RIVISTA ”
PUBBLICAZIONE SETTIMANALE POLITICA-ARTISTICA-LETTERARIA
DI TORINO

TORINO
Tip. A. Locatelli, Via Maria Vittoria, 28
1882.

A LAZZARO SPALLANZANI(1) Pubblicata nelle Lettere di vari illustri italiani del secolo XVIII XIX ecc. Reggio. — Torreziani et C. 1842.

Venezia, 19 settembre 1793.

Per quanto non potess'io lusingarmi di vivere nella memoria dell'amabile Spallanzani, pure non potevo di buon grado adattarmi all'idea di esserne del tutto obliata. Parevami una specie d'ingiustizia quella di non ritornar mai nella memoria di chi tanto di frequente si presentava alla mia, nè punto valeva a raddolcire l'amarezza di questa idea, la facile e naturale spiegazione, che le persone d'un merito distinto formano una impressione durevolissima, mentre quelle che ne sono mancanti, lontane che siano dalla presenza nostra, se ne vanno appunto come i sogni, che l'arrivo del giorno scaccia, e del tutto cancella.

Dopo tutto ciò parmi inutile ch'io le dica il piacere infinito che mi fece il suo foglio. Come mai potrei ringraziarla di tante sue generose espressioni? Oltre di che, non potendole io mai attribuire che all'indulgenza dell'animo suo, uno sterile ringraziamento sarebbe meno opportuno della infinita gratitudine che pretesto a tanta sua gentilezza. Oh quanto spesso, amabile signor Lazzaro, dalla sua Pavia io la riconduco con la mente nel mio piccolo stanzino di compagnia, di cui ella ne formava l'estate scorso l'ornamento e la delizia! Tutte le volte che odo farsi qualche discorso di storia naturale, e ch'io non bene intendo, oh, dico, se quì ci fosse Spallanzani lo intenderei pur bene; se odo la descrizione d'un qualche luogo in cui io vorrei pur con la fantasia trasportarmivi, dico tosto: se Spallanzani me lo avesse descritto, io già ci sarei; e mentre l'abbate Toffoli, sere sono, ci faceva vedere quella sua bella macchina del movimento degli astri, e per verità non senza qualche confusione venia descrivendocela, a bassa voce andava io dicendo, oh Spallanzani! Sì che un forestiere che mi sedeva vicino mi ricercò quale santo invocassi; oh, gli risposi, un certo taumaturgo, che ha il talento di far intendere tutto per mezzo della infinita chiarezza delle sue idee, e della bel lissima sua maniera di esporle, uno infine che ha l'arte d'istruirti dilettandoti, e, quel che più merita, di lasciarti partire contentissimo del tuo talento, operando il prodigio di farti credere propria la di lui dottrina, ingegno, e perspicacia.

Le modestissime anguille resistettero dunque alla penetrazione sua, circa a' loro amori! Si celebra a cielo la modestia dell'elefante, nè mai a celebrar ho udito quella delle anguille: or sarebb'egli questo il solito destino dei piccioli? Ad onta del mio rincrescimento di vedermi ritardato il sommo piacere che mi prometto dalla lettura del suo viaggio(1) Intende: Viaggi alle Due Sicilie ed in alcune parti dell'Apennino Pavia, 1792, 6 volumi in-8°ree;., parmi giustissima una delle due ragioni del signor Sénébier, quella cioè in cui dice esser meglio assai che comparisca l'opera tutta intera di quello che spezzata, e col necessario ritardo, quando si voglia stampare e pubblicare l'uno dopo l'altro volume. Quanto più un'opera interessa, tanto più dispiace di non poterla proseguire, quindi tanto più vera, parlando della sua, parmi la riflessione. In oltre di che ho trovato che resta sempre maggiormente impressa nella mente e nell'animo un'opera letta tutta intera senza che la mente sia distratta da una intermedia lettura, e parmi anche certo che più rapidamente che fatta sia una lettura, più la ci resta nella memoria sicura ed indelebile. In quanto poi all'altra ragione ch'egli adduce, io non saprei trovarla assolutamente vera, eccettuato qualche dotto francese, troppo vicino al suo teatro per non esserne dalla rappresentazione distratto; io credo benissimo che generalmente siano come prima coltivate le scienze, e che non siano nella politica immersi che quelli che non avrebbero nemmeno in altro tempo letto l'opera sua, e che non meritano nemmeno di leggerla.

La mia salute, di cui ella preude tanto amichevole interesse, è buona, ma non lo è che da pochi giorni. Una leggera ma insistente terzanella volle da me doppi gli onori del congedo, e mentre altrove le basta l'accompagnamento di 6 once di china china, 12 da me ne esigette. La ho servita, e se n'è finalmente andata, non forse con minor mio piacere di quello che provato ne abbia il re di Napoli alla partenza della flotta francese. Se questi signori somigliassero ad alcune donne che sono felicissime quando possono menar rumore, in bene o in male che sia, certo essere dovrebbero contentissimi, perchè ora con le mode, ora con la bella letteratura, ora con lo spirito, ed ora finalmente con le stragi, occupano ed agitano tutta Europa di loro. Ma questo è un abusar della sua tolleranza e commettere al pubblico un furto, occupandola con tante ciarle.

Pure non posso impedirmi di pregarla a darmi qualche volta le sue nuove, e permettermi di darle le mie.

I miei amici tutti la ringraziano della memoria che di loro conserva, e mi commettono di riverirla distintamente; così il marito mio, che infinitamente la ringrazia. Ella, amabile Spallanzani, mi continui la sua amicizia ch'io tanto pregio, e mi creda inalterabilmente ecc.

A GIUSEPPE URBANO PAGANI CESA(1) Inedita al civico Museo e biblioteca di Bassano.

Preg.mo Amico

Venezia, 6 Giugno 1795.

Intenderò dal Sor Iseppo che verrà domani dalla campagna, quale sia il momento in cui si debba maneggiarsi, per la buona riuscita del suo affare, e lo farò con tutto l'animo, e con tutto quell'ingegno ch'è proprio dell'amicizia che le professo. Abbiamo altre volte parlato della singolare condotta del Senato, di farsi servire, senza ricompensare quelli che lo servono; ciò è appena permesso alle belle, ne un Senato deve arrogarsi i loro diritti. Lasciando lo scherzo, la cosa è bizzarrissima, per non darle altro nome(2) Carrer in Tipaldo (vol. II, pag. 35) asserisce che il Pagani-Cesa fu durante la Repubblica ispettore ai boschi: « carica che si aveva allora per molto importante, e che valeva il titolo di Conte ». Osserviamo che questa carica non ha mai esistito, e che il Pagani-Cesa non fu mai conte. — Non si saprebbe indovinare quale fosse il servigio gratuito, di cui è cenno in questa lettera, prestato al Senato dal Pagani-Cesa.. In fine ella sia…(1) Nell'autografo manca una parola che però si sostituisce facilmente. ch'io farò tutto quello che per me si potrà, impiegando i miei amici tutti a suo favore in causa sì giusta. Mi continui la sua preziosa amicizia, e sia certa dal canto mio, del sentimento con cui me le protesto

Sua aff.ma amica
Isabella Teotochi Marin.

P. S. Oh la bella Psiche in marmo che abbiamo, oh quanti sonetti che la celebrano: sono essi arrivati fino a Belluno?(2) È la ripetizione della Psiche scolpita da Canova pel cav. Girolamo Zulian, ambasciatore della Repubblica presso la Corte Pontificia, che a Roma lo aveva protetto, fornito di studio, e si era adoperato assieme al Falier ed al Tron per ottenergli la pensione di 300 ducati, concessagli dal Senato nel 1781. Il Zulian volle perpetuare la memoria del dono prezioso con una medaglia rappresentante da una parte la testa di Canova coi capelli disciolti e le parole Antonius: Canova Sculptor; e dall'altra la statua di Psiche colla leggenda: Hieronimus Julians Eques Amico; e nell'esergo: MDCCXCV. Ma la morte lo sorprese prima che la medaglia fosse coniata dal Selva. Il conio si conserva tuttavia fra i cimelii della Raccolta Correr di Venezia. Alla morte del Zulian la Psiche passò in eredità alla famiglia Priuli da S. Trovaso, estinta nel 1801 con Mons. Antonio Marino. Fu allora comperata dal Co. Giuseppe Mangilli, che per forza dovette cederla nel 1807 a Napoleone, il quale ne fece dono al Re di Baviera. Oggi si conserva nella Galleria di Monaco.

AD ANTONIO CANOVA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Preg.mo Amico

Venezia, 8 Marzo 1802.

Colgo con piacere l'occasione di richiamarmi alla vostra memoria, egregio ed unico Canova, nel presentarvi il K. Germagnan, Piemontese, che desidera, e che merita di conoscervi per la coltura del suo spirito, ed il suo amore per tutto ciò che è bello. In voi, e nelle eccellenti opere vostre, egli troverà di che soddisfare il suo genio. So che voi arricchite l'Italia di nuovi tesori. Pare che il destino, che in questi tempi le ha tanto levato, voglia ricompensarla avendole elevato un Canova.

Addio amico; vi prego di credermi un'adoratrice del vostro genio sublime, e delle eccellenti qualità del vostro bel cuore.

Ricevete saluti del marito, del K. Pindemonte, e, dell'abate Francesconi. Addio.

La vostra ammiratrice
Isabella Teotochi Albrizzi.

AD ANTONIO CANOVA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

C. A.

Venezia, 10 Novembre 1804.

Mentre devo renderle mille, e mille grazie della cordialità con la quale ella ha accolto i miei due raccomandatigli, signori Pieri(2) Erano i figli di Antonio Trivoli Pieri: Michele, primogenito, e Demetrio, di professione pittore (PIERI. Vita, libro II, pag. 145)., aggiungo ancora a loro favore le mie più vive istanze. Questi due nobili di Corfù, d'eccellente famiglia, si trattengono a Roma con il solo oggetto di studiare le belle arti ed il vivo lume di quelle, l'amico Canova.

Ella stia bene, mio buon amico, si conservi, e per gli amici suoi, e per l'onore d'Italia. Il Cav. Pindemonte, del quale ella avrà veduta la bella tragedia(3) L'Arminio., la riverisce, ed io la prego di credermi con amicizia ed ammirazione (4) Si nota che in questa lettera e nella seguenti la scrittrice dà indifferentemente al Canova ora del lei ed ora del roi..

La sua aff.ma Amica
Isabella Teotochi Albrizzi.

AD ANTONIO CANOVA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

P.mo, Amico

Venezia 20 Aprile 1805.

Ella inspira, mio pregiatissimo amico, a' miei compatriotti l'arduo desiderio di cimentarsi in quella carriera, in cui ella ora unico e sommo si trova. I parenti d'un bone intenzionato giovane mio connazionale. Paulo Prosalendi, desiderano ch'io a lei lo raccomandi, ed io lo fo con quel piacere che provo sempre nel secondare quelli che desiderano d'istruirsi, e tanto più volentieri lo fo verso di lei, che ama, protegge, istruisce tutti quelli che iniziare si vogliono nella bella carriera, che, con tanto onore d'Italia nostra, ella tutta scorse vittorioso.

Ho ammirato con gran piacere il suo nuovo disegno dell'Ercole furioso, e l'ho ammirato appunto in compagnia del nostro Cesarotti, sensibilissimo di vederselo dedicato. Il carattere dell' Ercole è d'un grandioso sublime, e tutto in quel quadro spira lutto e terrore(2) È un quadro che non si conosce.. Pare ch'ella abbia anche voluto in quel quadro ravvicinare alla superiorità descrittiva della poesia, l'inferiorità del disegno, che non può rappresentare che un sol momento, dipingendo le successive situazioni di quei sventurati giovanetti.

Addio, sublime Canova; stia bene, ed aggradisca co' miei cordialissimi saluti, quelli di mio marito, e del K. Pindemonte. Sono con pienissima stima ed attaccamento

Sua aff.ma Amica
Isabella Teotochi Albrizzi.

A GIUSEPPE URBANO PAGANI CESA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Pregiatissimo Amico

Venezia 10 Giugno 1807.

Un amico mio, al quale vorrei compiacere, mi prega di raccomandarle caldissimamente il signor Pietro Fossati, che viene a Belluno in qualità di ricettore di quella Doana,(2) In dialetto veneto per Dogana., ed io lo fo con tutto il cuore, certa ch'ella vorrà accogliere questo mio raccomandato con tutta quella gentilezza che l'è propria, e con tutta quella amabilità che serva a provargli non essere stata inutile del tutto la mia raccomandazione. Ho gustate ed ammirate varie produzioni del suo bell'ingegno, ne voglio già lagnarmi di non averle ricevute direttamente. Avendone ella favorito il marito mio, voglio pur credere ch'ella abbia pensato appunto che noi siamo la stessa cosa, e due corpi in un'anima sola, e tali veramente siamo, particolarmente nell'amarla ed ammirarla. Ma io non sono contenta di queste brevi e rare sue produzioni, frutti troppo scarsi di si felice terreno. Che fa ella adesso? E perchè ha del tutto abbandonata questa povera Venezia, che, malgrado le sue vecchie e nuove sciagure, non è peranco da abbandonarsi del tutto? Addio, amabilissimo amico, mi conservi sempre un luogo nella sua memoria, e sia certo d'averne uno distintissimo nella mia.

La sua amica aff.ma
Isabella Teotochi Albrizzi.

P. S. Mille saluti all'amabile suo cugino Marin Pagani.

A LUIGI ROSSI(1) Pubblicata nelle lettere di varii illustri italiani del secolo XVIII e XIX ecc. Reggio, Torregiani et C. 842. — Luigi Rossi, di Reggio, arrabbiato repubblicano nei primordi della rivoluzione, e segretario generale della direzione d'istruzion pubblica sotto i francesi, era versato nella letteratura greca e latina, e tradusse con eleganza gl' Idilli di Teocrito, di Moseo e di Bione.

Venezia, 17 Luglio 1807.

Quando siete partito, dissi a Franceschinis, ci siamo veduti poco, pochissimo, troppo poco con l'amabile Rossi; pure sono certa che la nostra immagine è restata reciprocamente uncinata. — Per carità passatemi questo terminaccio materialissimo, ma che spiega così bene, parmi, un'idea tutta morale. Imaginatevi dunque, mio gentilissimo amico. — Sì, amico, perchè l'amicizia, è come il valore — mais aux ames bien nèes, la valeur n'attend point le nombre des annèes. — Il piacere che mi ha fatto la vostra amabilissima letterina, ed il generoso sonetto che mi offrono appunto la prova geometrica della mia asserzione: se i Petrarchisti scrivessero colla grazia vostra, quel genere non sarebbe certamente venuto a noia, e l'amore vestirebbe ancora le grazie del platonismo, che sono le vere e sole grazie onde possa abbellirsi quest'amabile fanciullo.

Io penso e ripenso a quel mio forse, ve lo assicuro, e vorrei pur rivedervi; ma io sono un'animaluccio di nuova specie, che non può camminare che con otto piedi, i quali danno a passo a passo età e temperamento diverso: voglio dirvi che io non posso movermi senza trasportar meco mio padre, mio marito, ed il piccolo figliuolino. Ora figuratevi, gentilissimo amico, come lento dev'essere ogni mio moto. In ogni modo ditemi, ve ne prego, fino a quando resterete in Valdagna e se al ritorno vi tratterrete a Vicenza. Desidero che le acque vi facciano tutto il bene che il mio cuore vi desidera. Conservatemi quel sentimento che ho avuto la fortuna d'inspirarvi, e siate certo che la sola riconoscenza non guida quello, con cui vi prego di credermi ecc.

P. S. Franceschinis è partito per Padova accompagnando il signor Paradisi(1) Giovanni Paradisi di Reggio, matematico insigne, già membro del Direttorio Cisalpino, uomo politico da molti odiato, fatto conte da Napoleone., con il quale abbiamo passato una lietissima giornata alla maisonnette verte. Voi eravate compreso nel numero di quei pochi, ma la vostra sollecita partenza mi ha privata anche di questo bene. Francoschinis avrà domani i vostri saluti.

AD ANTONIO CANOVA(2) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Preg.mo Amico,

Venezia 6 Febbraio 1808.

Un dolente motivo mi procura il piacere, mio ottimo, ed amabilissimo amico, di richiamarmi alla memoria vostra; ed è questo motivo la morte di un ottimo ed interessantissimo fratello di quel giovane Pieri, che tempo fa io v'ho raccomandato, ed il quale seppe conciliarsi con la candidezza dell'animo suo e con la sua applicazione allo studio, la bontà vostra. Questa infausta notizia di un fratello da lui amato, preceduta di pochi giorni dalla morte di una sorella, pure a lui carissima, dee fargli la più funesta impressione(1) Nella lettera 10 Novembre 1804 l'Albrizzi aveva raccomandati a Canova due fratelli Pieri, non uno: Michele e Demetrio. La sorella morta, di cui quì si parla, aveva nome Sofia ed era tisica; il fratello aveva nome Marino. Colui, che secondo questa lettera doveva apparecchiarsi a ricevere la triste notizia, era Demetrio, perchè Michele s'era condotto in fretta da Firenze a Venezia ai primi timori della sciagura. (PIERI. Vita, libro II, pag. 159).. Vi scongiurano, col mezzo mio, due suoi affezionatissimi zii che sono qui, ad intendervi con la Salvi Maccarani, a cui scrivono, onde dargli la nuova con quella delicatezza che l' ottimo vostro cuore saprà dettarvi. Pregovi inoltre di dirmi com'egli l'abbia sentito, e se nulla ci sia da temere per la di lui dilicata salute.

S'egli amasse di venire a Venezia, i suoi zii sarebbero dispostissimi d'accordarglielo. Infine si tratta di salvare questo terzo figlio alla sciagurata madre, che perdette i due primi in pochissimi giorni. Non vi chiedo scusa di questa piccola distrazione che vi procuro, sapendo che il vostro cuore, altrettanto buono ed umano, quanto è sublime il vostro unico ingegno, si presta volentieri a soccorrere gl'infelici. Credetemi la vostra maggiore ammiratrice. Addio.

Vostra amica aff.ma e serva,
Isabella Teotochi Albrizzi.

A LUIGI ROSSI(1) Pubblicata nelle Lettere di vari illustri italiani ecc.

Venezia, 30 Maggio 1809.

Arrossirei di scriverle a favore di Franceschinis, del buono ed amabile nostro Franceschinis, se il mio cuore non avesse bisogno di raccomandarlo anco a quelli che, pienamente conoscendolo ed amandolo, devono essere pienamente persuasi della lealtà della sua condotta(2) L'abate Francesco Maria Franceschinis della Valle, essendo professore di matematica all'Università di Padova, fu, nel 1809, nominato Reggente della stessa Università, nomina che portò seco la dimissione della cattedra e la perdita d'ogni altro impiego.. Ci sono nella vita delle circostanze tanto imperiose e spinose, che da qualunque lato un povero galantuomo si rivolga, non trova che imbarazzi e pericoli. Così appunto accade al nostro amico. Legga, gentilissimo signor Rossi, legga la piena e leale sua giustificazione, che io meglio chiamerei storia di quanto accadde in quei giorni di confusione e di terrore per tutti, ma singolarmente per l'Università di Padova, che, essendo un corpo particolarmente attaccato al Governo favorito, temer dovea più di tutti. Al suo bel nome, all'autorevole sua voce, caldamente lo raccomando, mio amabilissimo signor Luigi. Franceschinis dev'essere ristabilito nel suo posto non solo, ma nella fiducia del Governo, che bene egli la merita. Il cuore del nostro giovine principe è ottimo, ed egli, benchè valorosissimo, dee finalmente riconoscere che il coraggio non è l'attributo per cui risplendano particolarmente i tranquilli sacerdoti di Minerva(3) Parla del Principe Eugenio di Beauharnais, Vice-re e Governatore di Venezia.. Addio, mio caro ed amabilissimo sig. Luigi; mi dica se sta bene, se si ricorda più d'Isabella, e permetta ch'io l'assicuri che non meno viva di due anni sono, è in me la memoria dell'amabilità sua e della gentilissima e carissima sua persona, che vorrei pur rivedere.

Visiterà Ella in quest'anno la fonte della salute? O quale tentazione sarebbe mai questa per me!….

A MARIO PIERI(1) È pubblicata nelle Lettere d'illustri italiani a Mario Pieri, edite a cura di David Montuori. Firenze, Le Monnier, 1863.

Padova, 11 Agosto 1809.

Addolora me pure infinitam ente la tristissima cagione per cui siete a Venezia, mio buono amico. Povero giovane, e più povera madre! Il ciclo vi rimuneri della pietà che avete per lui, pietà sì difficile a rinvenirsi in questi tempi sciagurati di perfetto egoismo(2) Pieri da Treviso era corso a Venezia per assistere il suo amico Demetrio Pieri, che poco dopo moriva (PIERI, Vita, libro III, 195)..

È vero che Rosini stamperà il mio Canova(3) Le descrizioni delle opere ecc. di Canova, stampate dal Rosini a Pisa coi caratteri del Didot. — Vedi pag. 89, in nota., ed è pur vero ch'io gli offersi, onde il suo interesse fosse al coperto, un numero di associati. Egli me lo ricercò discretissimo, ed io, ringraziandovi infinitamente della gentilezza vostra, che altro non è che gentile il desiderio che mi dimostrate d'essere del numero uno, gli manderò il vostro nome.

Non conosco l'opera di cui mi parlate, ma la ricercherò tosto, ringraziandovi intanto infinitamente di questo cenno, che potrà servirmi almeno per le descrizioni future. Desidero però che un sì gran lume m'illumini e non mi abbagli, e mi faccia del mio ardire pentita.

Che n'è di Marietta nostra(1) Maria Petrettini. e perchè non me ne parlate? Voglio credere che sia pur essa costà, e vi prego dirle mille cose affettuose in mio nome. Ditele che il suo Ritratto sta nella mia stanza e presso il mio letto. Pipì(2) Pipì chiama qui per vezzeggiativo suo figlio Giuseppino. Foscolo chiamavalo Pippi. sta meglio, ma fu male, ed io quasi per impazzire. Addio, mio gentile amico. Addio. Non ritornerete a Treviso per Padova? Noi tutti lo desideriamo caldamente.

A MARIO PIERI(3) Pubblicata nell'opera citata: Lettere di illustri italiani a Mario Pieri, ecc.

Carissimo Amico

Padova, 31 Luglio 1810.

La sig. Treves(4) Enrichetta Treves, della ricca famiglia israelitica tuttavia stabilita a Venezia. mi ha mandati quattro esemplari dei vostri discorsi(5) Cioè del discorso: Della falsa povertà della italiana letteratura, letto al liceo di Treviso per la distribuzione dei premi. nel giorno medesimo che ho ricevuta la gentilissima vostra dei 26. Gli ho riletti, e mi destarono quel piacere medesimo che la prima volta m'avevan fatto, prova certissima, come ben sapete, del vero loro merito. Ve ne ringrazio anche in nome del caro Pipì, a cui le ninfe boschereccie del mio Terraglio erano più favorevoli che non le siano queste Najadi del Brenta. Ho detto alla signora Marietta che aveva il vostro libretto per essa, nel momento appunto ch'essa stava per partire alla volta di Verona, e intanto lo diedi al di lei fratello che me lo chiese. Credo però ch'essa non sia partita senza il dolce peso, e che se ne sia procurata una copia dal vostro medesimo corrispondente.

Certamente ho ricevuto, ed avidamente e piacevolissimamente letto, l'Omero del nostro Monti, e ne lo feci ringraziare le mille volte. Non gli scrissi quanto mi piaceva quella sua traduzione, perchè tomo sempre, nel lodare una cosa di gran lunga superiore alla forza del mio giudizio, di avere più l'aria di lodare me stessa che la persona a cui è diretto l'elogio. Sarà questa una fantasticheria di modestia, ma pure la è così. Non m'increscerebbe che Monti sapesse da voi questa ragione del mio silenzio. Ricevete i saluti della famigliola, portate i miei, vi prego, al sig. Prefetto, ed a Monsignore. State bene, e credetemi con stima ad amicizia.

A MARIA PETRETTINI

Terraglio, 21 Settembre 1810.

Brava Marietta. Avete fatto egregiamente e lodo la vostra risoluzione. Vi mando una lettera per la più cortese ed ospitale dama ch'io abbia conosciuta in Firenze(1) L'Albany.. Del resto il nostro Mustoxidi vi sarà d'un grande aiuto(2) Nello studiare il greco antico da cui tradusse alcune Immagini di Filostrato.. Date un bacio in mio nome a tutti gli Andrea del Sarto che a dovizia incontrerete; portatemi la foglia d'un albero delle ben ombreggiate Cascine, e sorridete per me il sorriso dell'amore a Bologna, in faccia al quadro degli amorini che danzano intorno ad un albero dell'Albani. Oh quante altre commissioni di questo genere vi darei! Basta, quando incontrerete qualche cosa che vi faccia gran piacere, pensate anco ad Isabella vostra che v'abbraccia. Addio, mille e mille saluti al vostro Mario(3) Mario Pieri, stretto amico della Petrettini. — Questa lettera fu pubblicata da A. Pasquali Petrettini, Padova, Bianchi, 1852, a tutto beneficio degli Asili di Carità per l'Infanzia a Padova..

AD ANTONIO CANOVA(4) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano. Questa lettera risponde a quella scritta all'Albrizzi, e pubblicata dal Barozzi a pagina 70 delle sue lettere ecc. - Firenze, Le Monnier, 1856. Vedi pagina 124 del presente studio.

Carissimo Canova

Terraglio, 28 Settembre 1810.

Scrissi tosto al nostro De Non, e scrissi con tutto quel fervore che mi detta non solo il vivo e giusto suo desiderio, ma l'ardentissimo mio proprio ancora, ed io spero, fatta che sia la statua dell'imperatore, di vederla tosto ridonata a quel cielo di Roma che sì eloquentemente parla al suo cuore, ed alla sua immaginazione.

Ella sia però tranquillo, mio egregio Canova, che S. M. conoscendo perfettamente il cuore umano, e l'influenza della libertà, e del clima italico sopra le belle arti, proteggendole come egli fa, non vorrà certamente portar loro la massima offesa, infirmando comunque il libero corso del suo genio.

La mia famiglia, sensibile ai di lei cortesi saluti, la riverisce distintamente, ed io la prego di continuarmi la sua preziosa amicizia, e di credermi quale me le protesto

P. S. Francesconi e Franceschinis, che son quì da me, la riveriscono.

Mille saluti all'egregio suo fratello.

Non le parlo della deputazione dell'Accademia di S. Lucca, per non isdegnare la sua modestia, ma non posso a meno di dirle quanto io mi consoli degli onori che la gente si onora di renderle.

La sua ammiratrice ed amica
Isabella Teotochi Albrizzi.

ALL'ABATE SARTORI CANOVA(1) Fratello di Antonio. — È inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Pregiatissimo Signore

Venezia, 12 Aprile 1811.

Ho ricevuto il rotolo con le belle stampe, ch'ella, interprete gentilissimo del Fratello suo, si è compiaciuta di accennarmi. Sia ora, ne la prego, l'interprete mio presso di lui, rendendogli in mio nome le più distinte grazie per il favore, e per il dono generoso che ha voluto farmi. Se io vado con ragione superba di vedere il mio nome unito a quello di Canova per mano dello stesso Canova, ella, che ben conosce l'altissima mia venerazione, ed il mio attaccamento per lui, potrà meglio che io nol dica, raffigurarselo(2) Questo passo appoggierebbe la nostra opinione, che i disegni cioè delle opere di Canova nelle Descrizioni dell'Albrizzi, sieno stati forniti dallo stesso Canova.. Accolga i saluti di Francesconi ch'è quì, rechi i miei cordialissimi all'incomparabile suo Fratello, e mi creda con la più sincera stima e riconoscenza

Sua aff.ma amica e serva
Isabella Teotochi Albrizzi.

ALL'ABATE SARTORI CANOVA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Pregiatissimo Signore,

Venezia, 11 Maggio 1811.

Sarebbe difficile, anzi impossibile, che io le rendessi conto di tutte le dolcissime sensazioni che provava l'animo mio leggendo la cara sua lettera del 6 Maggio, amabile apportatrice di lieta e cara nuova, più di qualunque altra mai potessi udirne. Oh ben violato segreto, che mi anticipa un godimento, il quale per andar di tempo non sarà mai certamente per illanguidirsi o venir meno!

Io ne ringrazio l'eccellenza del suo bel cuore, e la rara sagacità del suo ingegno, il quale ben conobbe quanta gioia infonderebbe nell'animo mio la nuova di un così generoso contrassegno di bontà, dalla parte di un uomo che io onoro con tutta quella forza di sentimento e d'ingegno che per me si può maggiore.

Sono certa che se la di lui modestia, pari quasi direi al suo ingegno, se il suo ingegno potesse a qualche cosa paragonarsi, non gli avesse impedito di vedere tutta l'estesa del favore che vuol farmi, egli medesimo avrebbe approvato l'amabile di lei pensiero di anticiparmene con la nuova l'esultanza. Non ho comunicato che al solo cavalier Pindemonte la sua lettera, certa della di lui discrezione e dell'affettuosa amicizia ch'egli ha per me. Ella, che tanto conosce il cuore umano, sa bene che ogni lieta notizia si raddoppia e si raffina allora quando se ne fa partecipe chi di noi medesimi al pari ne gode. Stia bene mio gentilissimo S.r Gio. Batta, e mi creda con la più viva riconoscenza e la più sincera stima

La sua serva ed amica
Isabella Teotochi Albrizzi.

Mi lusingo che il secondo volume delle descrizioni riuscirà meno rozzo del primo.

AD ANTONIO CANOVA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Venezia, 12 Gennaio 1812.

Siate pure il ben tornato, mio caro Canova. Io vi ho sempre seguito, e già m'erano noti tutti i vostri passi. Nulla di meno la vostra lettera mi è stata carissima, e vi ringrazio col più tenero sentimento del cuore d'avermela scritta. M'accorgo che il pericolo è stato assai grande, e tanto più godo che ne siamo usciti felicemente. Qual gioia per tutti quelli che v'amano ed onorano?

Mi farete sommo piacere mandandomi la copia dell'onorevole dispaccio, perchè io amo di sapere, e voglio sapere tutto ciò che vi riguarda. Ammiro la vostra delicatezza riguardo a De Non. Ma quale virtù non è in voi eminente? De Non vi ha egli detto che io gli aveva scritto di voi? E voi avete prima della vostra partenza per Parigi ricevuta una mia lettera che vi ho diretta a Firenze, rispondendo appunto a quella che da Firenze mi avete scritto?

Pregovi di un saluto al Fratello; ricevetene mille dal marito, e dal Cav. Pindemonte distintissimi. Addio, divino Canova, onore d'Italia e gioja de' vostri amici, addio.

ISABELLA vostra.

ALL'ABATE SARTORI CANOVA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Mio gentilissimo amico,

Venezia, 28 Marzo 1812.

Io non posso più trattenermi dallo scriverle, e dal dirle che l'Elena, avvezza già in ogni tempo a produr malanni, fa ora anche a me, donna (trionfo nuovo per essa) girare il capo. Non saprei dirle quanto mi tantaleggino le voci che odo da quanti la veggono. Oh la bella Elena che avrete! È un capo d'opera! Soggetto e lavoro greco! Ha nella fisonomia tutta la bellezza ed il sapore che Omero seppe farci vedere senza descrivercela; e mille e mille altre belle e peregrine cose mi dicono e mi scrivono, ed io intanto, poveretta, in mezzo a queste dolcissime felicitazioni me ne sto come un cieco fra i capi d'opera, o un affamato a bocca chiusa. Che far dunque se non che rivolgermi a lei che con tanta cortesia e cordialità fu il primo a darmi il lieto annunzio di sì generoso e caro dono? Fervidissimamente quindi me le raccomando, ond'ella prieghi in mio nome il nostro divino Canova a mandarmela sollecitamente. Mi tenga per iscusata, e creda pur che la mia modestia e la mia discrezione, hanno già operato le meraviglie facendomi tacere fin'ora.

Un'altro dono prezioso aspetta con impaziente desiderio l'Accademia, e noi tutti, avidissimi delle cose del nostro Fidia; ed è il di lui busto poco fa modellato, di cui si dice, per raccogliere ogni elogio in una parola, respirare l'anima di lui. Me lo saluti quel meraviglioso ingegno, ed ella, con la sagacità ed amabilità che l'è propria, gli dica quanto occorre della mia impazienza per ottenerne il desiderato effetto, nascondendogli il di più che le paresse ardito troppo. Mi creda con pienissima stima, e riconoscenza

La sua serva ed ammiratrice
Isabella Teotochi Albrizzi.

AD ANTONIO CANOVA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Venezia, 28 Aprile 1812.

Per uno dei soliti disordini delle poste, mi giunse solo pochi giorni fa la sua degli 11 Marzo. Se tutte le sue lettere mi riescono sempre dolcissime, si figuri qual lieto accoglimento feci a questa, che mi recò la preziosa notizia della vicina partenza d'Elena, non mai certamente aspettata dal suo Trojano amatore con maggior desiderio di quello abbia io aspettata questa, che ai pregi del prezioso lavoro accoppia un senso morale così dolce al mio cuore, di cui taccio per timore appunto di parlarne poco e male. Non è dato che all' unico Canova di esprimere, benchè nel difficile marmo, i più delicati e squisiti sensi morali. Il K. Pindemonte, il quale distintissimamente la riverisce, Morelli, Cicognara, Aglietti, e quanti hanno senso del bello, aspettano questo suo prezioso lavoro con incredibile impazienza, ed io non voglio nasconderle la dolcezza infinita che provo di essere la fortunata posseditrice.

Il Sig. Werner non si è ancora lasciato vedere, ma ella sia certa che sarà accolto come persona da lei raccomandata, ch'è quanto dire con tutta la possibile cordialità. Questa lettera le sarà rimessa dal valente Sig. Giordani, col quale abbiamo parlato, quasi scambievolmente interrompendoci, del nostro prezioso Canova, tanto i cuori erano pieni e traboccanti. Se il Fratello l'è vicino, mi ricordi a lui, ne la prego, e mi creda con tutti i sentimenti che incatenano dolcemente la vita

La sua ammiratrice ed amica
Isabella Teotochi Albrizzi.

AD ANTONIO CANOVA(1) È inedita nel Musco e Biblioteca di Bassano.

Venezia, 14 Febbraio 1813.

Io sarei bastantemente fortunata se ottenessi che non disaggradiste gli sforzi ch'io faccio per onorarvi, mio preziosissimo amico.

Nè il rame, nè la descrizione offrono, è vero, idea alcuna della bellezza del vostro originale, ma è ormai cosa nota a tutti, che per apprezzarvi quanto veramente meritate, bisogna assolutamente vedervi nelle opere vostre, delle quali lo stesso gesso non ne rende che una idea imperfettissima assai, ammorzando, dirò così, quelle scintille di vita che da esse si spandono, ed illanguidendo quel moto, che in movimento sì grande mette l'animo di ognuno che le riguarda.

Conservatevi sano per la consolazione dei vostri amici, e per la gloria d'ltalia a voi solo appoggiata, e credetemi con la più affettuosa stima ed amicizia

La vostra Albrizzi.

Mille saluti al gentilissimo Fratello vostro, a cui vi prego di dare una copia dell'Elena in mio nome. Il Cavalier Pindemonte vuol esservi ricordato, ed il mio figliuolino vi abbraccia.

AD ANTONIO CANOVA(1) È inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Caro Amico.

Venezia, 18 Giugno 1814.

Ella mi ha fatto un vero dono nella conoscenza del garbatissimo Sig. Cavaliere Coghill, offerendomi anche l'occasione sempre cara e desideratissima di parlar di lei con chi ben la conosce e l'apprezza, quindi a quel grado eminente ch'ella merita. Questa perfetta analogia di sentimenti a di lei riguardo, ci rese tosto amici. Non è meraviglia che il Sig. Coghill parli di Canova con entusiasmo, ma non è comune il sentirne a parlare con tanta intelligenza e buon gusto. Solo mi duole che l'ebbimo quì per pochi giorni, essendo questa mattina stessa partito per Milano. Gli ho fatto conoscere il Cav. Pindemonte, che mi commette di riverirla distintamente, e gli altri amici miei; e carissima gli riuscì la conoscenza in marmo della bella Elena, ch'egli aveva già in Roma ammirata nel gesso e volle renderle visita tutte le volte che fu da me.

Mi parlò delle Grazie con vero trasporto, ne mi sorprende che quelle amabili Dee, docili sempre alla voce del mio Canova, in fatto proprio gli abbiano profuso i loro favori, inspirandogli quella perfezione maggiore di cui può essere capace la divina arte sua.

Addio il mio carissimo Canova, si conservi, stia bene e mi creda la più fervida sua

Ammiratrice ed Amica
Isabella Teotochi Albrizzi(2) In questa lettera la sola firma è di mano dell'Albrizzi..

Mi ricordi al gentilissimo suo Fratello.

A FILIPPO SCOLARI(1) È inedita, e la dobbiamo alla gentilezza del Signor Urbani De Ghellof che la possiede.

Padova, 12 Settembre 1814.

Credete voi alla predestinazione? Voi no, che siete quel bravo uomo che ognuno sa, sia pur con vostra pace. In quanto a me, donnicciuola, quand'anche non ci avessi creduto prima, ci crederei ora che veggo essere stato predestinato che io non avessi a rispondere prima alla vostra lettera, nè prima vi ringraziai del vostro bel sonetto, che mi ha fatto molto piacere. Sarebbe lunga ed inutile narrazione degl'impedimenti che si frapposero e le tempeste che m'obbligarono a correre quà e là, ed è forse ugualmente inutile che sappiate che sabbato scorso erano anche attaccati i cavalli che dovevano condurmi a Fusina, chiamata essendo a Venezia da un affare nojoso, a cui servia di compenso il piacere di rivedervi. Ma torniamo al vostro sonetto, a cui si ritorna pur volentieri. Esso piacque moltissimo, e sopratutto la prima terzina, perchè nobilissima, chiara, poeticamente pensata e scritta: e ciò sia detto senza offesa del resto, che pure è molto bello. Su via adunque, mandatelo al Papa, otterrete un bel cappellino rosso, e datemi la vostra benedizione. Accogliete intanto i saluti del mio Giuseppino, e credetemi con grato animo.

La vostra aff.ma
Isabella.

ALL'ABATE GIANNANTONIO MOSCHINI(1) È inedita e si custodisce nel Museo Correr di Venezia.

Di casa, 18 Ottobre 1815.

L'amabilissimo suo biglietto m'è una nuova pruova della gentilezza dell'animo suo, e della bontà con cui riguarda un'amica di molti suoi amici, e sua sincera ammiratrice. Mi è prezioso l'invito suo, e l'offerta graziosa di accompagnarmi e servirmi di guida nel visitare le antichità di Murano, favore ch'io sarò sollecita di richiederle al primo sorriso di primavera.

Il cenno ch'Ella vuol fare della mia Elena mi sarà gratissimo, perchè amo di vedere il suo nome, il più che si può onorevolmente collocato, nè meglio certamente potrà esserlo che nella sospirata sua Guida(2) Guida per la città di Venezia di Giannantonio Moschini, Venezia, Tipografia Alvisopoli, 1815, due volumi. — La testa d'Elena si trova accennata in apposito paragrafo a pagina 618 del primo volume.. Ma io spero ch'ella non vorrà parlarne innanzi di averla veduta; finchè a nome di lei fo quello che, malgrado ogni mio desiderio, al mio non avrei osato di fare. Rinnovandole i sentimenti della mia riconoscenza, ho l'onore di protestarmele

Sua aff.ma Serva
Isabella Teotochi Albrizzi.

A BARTOLAMMEO GAMBA(1) È inedita nel Museo e Biblioteca di Bassano. Manca la data, ma a tergo il Gamba scrisse di proprio pugno: Venezia. - Albrizzi - 1816, 24 gennaio. Notiamo che la data concorda perfettamente col contenuto della lettera, relativo alla terza edizione dei Ritratti, uscita nel 1816 a Venezia dalla Tipografia Alvisopoli, di cui era proprietario il Gamba.

Venezia, 24 Gennaio 1816.

Ella si ricordi del verso di Boileau nella sua Poetica “ ah, pour ce Monsieur je vous demande gráce,. L'amor proprio del prosatore va del pari con quello del poeta, ed io sono particolarmente attaccata a quella mia lettera sopra la Mirra.

Parmi poi che sia bastantemente giustificato lo stamparla dietro il ritratto d'Arteaga. Così lo fu altra volta, nè increbbe.

Intende ella di parlare del ritratto inciso della Colonna? Se ciò le piacesse si potrebbe fare, prendendolo da quello che sta in fronte delle sue Poesie. Perciò dipenderò da un suo cenno.

Me le raccomando. Addio.

Isabella.

AD ANTONIO CANOVA(1) Fu pubblicata per le nozze Avogaro - Michiel, nell'opuscolo: Lettere di uomini illustri ad Antonio Canova. Bassano - Pozzato - 1865.-L'abbiamo riportata quasi per intero a pag. 115. L'autografo è conservato a Bassano, nel Museo e Biblioteca.

Venezia, 8 Aprile

Quanto non sarei io lieta se, sostituendomi a questa mia letterina, presentarle potessi personalmente Milord Byron, il cui nome vale un elogio? Con quanta compiacenza non vedrei io due sublimi cultori di due bellissime arti sorelle, accogliersi ed ammirarsi scambievolmente, con quell'intimo e profondo sentimento che non può fortemente provare che quegli che ha in sè medesimo di che destarlo in altrui? Al celebre nome di Lord Byron, e alla ammirazione che si dosta leggendo le di lui opere, le aggiungerò ch'egli è anché della più dolce ed amabile conversazione, che frequentissimamente io aveva il bene di godere della sua compagnia, e che il nome di Canova era spesso a fianco dell'Elena, sulle nostre labbra. Egli fece anche un bellissimo epigramma per la bella greca, la quale meglio di Canova che di Omero ora s'intitola. Mentre Milord passerà gli Appennini, io passerò le Alpi per vedere quella famosa città, che menò nel male e nel bene in ogni tempo sì gran rumore. Lieta dell'occasione di richiamarmi alla sua memoria, la prego di'credermi col più sincero attaccamento ecc.

AD ANTONIO CANOVA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Egregio Amico.

Venezia, 27 Novembre 1816.

Il Sig. Angelo Barbini, ottima persona e gentilissima, ed ottimo pittore in miniatura, venendo a Roma, desidera di conoscere in lei, prezioso amico, l'ornamento migliore, e crede di poterlo fare nel modo migliore presentandosele in mio nome. Lusingatissima della buona opinione in cui mi tiene, ecco che io glie lo accompagno, certa che vorrà accoglierlo con quella gentilezza e bontà che le sono particolari.

E da Cicognara, e dal Colonnello Siolh ebbi le care sue nuove. Non posso dirle abbastanza quanto ella sia caro, e famigliare soggetto dei miei piccoli crocchi.

Stia bene, mio prezioso amico, si conservi, e mi creda sempre con eguale attaccamento

La sua aff.ma amica
Isabella Teotochi Albrizzi.

AD ANTONIO CANOVA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Venezia, 4 Dicembre 1817.

Le sarà presentata questa lettera, mio dilettissimo amico, della Sig.a Sommerville, dama Irlandese, che in compagnia del marito si reca costà. Ella può credere che, estimatori come sono d'ogni specie di merito straordinario, la loro principale sollecitudine è quella di esserle raccomandati. Io lo fo con quel piacere che si prova sempre nell'essere mezzo, onde stimabilissime persone vicendevolmente si conoscano. La Sig.a Sommerville, innalzandosi oltre la comune portata del suo sesso, si occupa distintamente delle studio della lingua Greca, e dell'Astronomia. Forse si saranno incontrati in quelle eteree regioni, essa per riconoscere la celeste armonia delle sfere, ella, mio amabilissimo amico, per rintracciare quel bello veramente celeste, di cui sì spesso nelle belle opere sue ci fa dono. Se il gentilissimo Cav. Sommariva è in Roma, cioè presso di lei, da cui parmi vedere che non saprà, nè potrà allontanarsi, gli dica mille cose in mio nome, e che sospiro, gli dica, Parigi, e Epinay, ove egli mi fece passare deliziosissimi giorni. Stia bene, e mi creda con tutti i sentimenti dello spirito e del cuore. Della mirabile Polinnia non è questo il luogo in cui io ami parlare.

La sua Albrizzi.

A GIUSEPPE MOLINI(1) È inedita, e si conserva alla Nazionale di Firenze. Il Molini fu l'editore delle Descriziani delle sculture ecc. di Canova — Vedi pagina 89, in nota.

Preg.mo Sig. Giuseppe.

Dalla villa di Candiana, 6 Settembre 1818.

Ho tardato a rispondere, Signor Giuseppe, perchè volea pur dirle averla servita del rame, ma per quante diligenze abbia fatto fare dalla mia gente alla mia casa, non fu possibile rinvenirlo. Cosa di cui io stessa mi meraviglio. Forse, quando al mio ritorno potrò io stessa rintracciarlo, avrò destino migliore; quantunque, tenendo tutta questa specie di cose in uno stesso armadio, non so intendere nè come in quello non si trovi, nè come possa essere altrove. E mi nacque il dubbio che forse sia rimasto in mano del Sig. Rosini, fino da quando glieli spedii per fare l'edizione di Canova. Ella ne faccia qualche ricerca, che io non mancherò di ritrovarlo dal canto mio tostochè sarò a Venezia. Certo non deve oltre di noi due essersi dilungato. Dica mille cose, ne la prego, al nostro Rosini, e gli dica che io lo ringrazio infinitamente delle belle poesie favoritemi, che mi piacquero moltissimo. Gli dica pure che la sua bella ed ingegnosa lettera, calda di patrio amore, altamente mi piacque; solo mi rinerebbe che non sostenesse causa migliore.

Addio, gentilissimo Signor Giuseppe, stia bene, e mi creda con tutto l'animo

Sua aff.ma Serva
Albrizzi.

AD ANTONIO CANOVA(1) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Venezia, 6 Gennaio 1819.

Il Sig. Carlo Albrizzi, giovane culto ed amabile, e mio nipote, le recherà questa lettera. Egli crede con questo mezzo di essere da lei accolto anche meglio di quello che la gentilezza sua accoglie tutti quelli che se le presentano, ed io sono certa ch'ella vorrà confermarlo in un proposito per me così lusinghiero.

Benchè la lontananza del nostro Cicognara mi dia meno occasioni di avere le sue nuove, so ch'ella sta perfettamente bene, e che continua ad acquistare ogni giorni maggiori titoli a quella fama, che non può ormai più divenir maggiore per la eccellenza, ma soltanto pel numero delle sue opere. Ella si conservi, mio carissimo Canova, alla gloria nostra, e mi creda sempre con pienissima stima ed affettuoso attaccamento

La sua Isabella Albrizzi.

AD ANTONIO CANOVA(2) Inedita al Museo e Biblioteca di Bassano.

Venezia, 27 Febbraio 1819.

Non ho che un momento per ringraziarla dell'ultima carissima sua, dirle che Lord Byron fu sensibilissimo al cenno ch'ella mi fa di lui, e pregarla di accogliere con la sua amabilità ordinaria il giovane Co. Alvise Mocenigo. patrizio nostro, che le recherà questa mia, unitamente a mille e mille cose affettuose delle quali lo incaricai per lei, e di accogliere ugualmente il suo compagno di viaggio Sig. Alberto Parolini di Bassano, giovane culto, che si propone di fare il viaggio della Grecia. Anche jeri sera ebbi le sue care nuove, e i suoi saluti dai Sig'i Filer. Infine il nome di Canova suona sempre nella mia easa, e l'onora, e la rallegra.

Addio mi creda

La sua Albrizzi.

A MARIA PETRETTINI

Venezia, 30 Novembre 1820.

Dopo un lunghissimo silenzio, a cui non poteva invero accostumarmi, quattro giorni sono ho ricevuto una grata vostra (senza data) per la posta, e la sera dello stesso giorno, l'altra che avevate consegnata a M. Good, ma non da lui, ch'era già da molti giorni partito. L'ebbi da un suo amico a cui egli l'aveva lasciata. Vedete dunque che il mio silenzio non era che figlio del vostro: ambi. da quanto voi m'assicurate e da quanto io sento per voi, non generati da odiosa dimenticanza. Io non ero però senza le vostre nuove, richiedendole accuratamente; e sapeva del lungo viaggio e del non rosco soggiorno, male già preveduto, pur troppo! Vi assicuro che mi duole molto la vostra lontananza, quantunque vi vedessi poco, per quel giro di ore, che quando quì lo si sbaglia in un punto, accade come ne'raggi di una stessa ruota, che sono sempre a canto l'uno dell'altro, ma non si toccano mai. Quì tutto corre colla stessa regolarità. Ippolito è quì, ed è questo (stupite!) il quarto giorno che io pranzo con lui fuori di casa; egli ha posto alquanto in dimenticanza l'inalterabile metodo delle cinque ore: vale a dire, che se trascorrono dieci, o anche venti minuti, non dice nulla. Con la prima occasione vi manderò una sua nuova e bella composizione che vi piacerà, perchè sono versi che nell'anima si sentono. Spero che nella ventura estate avremo l'Odissea. Egli vi saluta distintamente, e così Tomaetto(1) Il signor Pasquale Petrettini che pubblicò questa lettera nell'opuscolo citato, stampò la Tomaetta, ma si deve intendere invece il Co. Tommaso Mocenigo Soranzo il quale, come il lettore sa, era soprannominato Tomaetta, vezzeggiativo veneziano invece di Tommasino. e il mio Giuseppino che, vi bacia anco la mano. Abbiamo una nuova traduzione di Orazio del Sig. Gargallo, lodatissima. A me però, che non posso giudicare di nulla, e meno ancora della fedeltà, sembra che non vinca quella di Pallavicini(2) Vedi quanta leggerezza di giudizio. Non sa di latino, non sa giudicare di nulla, eppure giudica! Così fece nel descrivere le opere di Canova.. Abbiamo anche un Viaggio del Petrarca di çerto Sig. Levati, a cui la felicità dell'esecuzione, dicesi non corrispondere all'idea felice che gli era venuta in mente; e certi romanzi poetici pure abbiamo del signor Tebaldo Fores, il quale, alla Byron, invoca tutti i diavoli dell'inferno per piacerci e commuoverci. Byron poi è sempre a Ravenna, lasciando in dubbio se ci stia per amore della sua bella(3) La Marchesa Guiccioli., o per odio de' suoi concittadini. Il primo volume di Erodoto del nostro Mustoxidi piace assai. Mario è quì, e lo veggo tutte le sere. Per quanto che il calore della mia stanza lo permette, veggo anche l'egregio vostro fratello. Ricordatemi, vi prego, ai fratelli Teotochi e al Ceccato. A Georgino Capodistria direte che sono in sulle furie con lui, perchè non mi ha mai scritto, e non voglio nè punto nè poco ricordarmegli; mille e mille cose all'ottimo e dolcissimo signor Viaro. Addio, mia carissima Marietta, occupatevi intanto a imparare l'inglese. amatemi, scrivetemi, comandatomi, e siate certa della mia affettuosa amicizia.

ALL'ABATE GIANNANTONIO MOSCHINI(1) È Inedita e si conserva nel Museo Correr di Venezia.

Da casa, 2 Aprile 1821.

Ho ricevuto il picciolo involtino e il gentilissimo biglietto che lo accompagnava; e dell'uno e dell'altro gliene rendo le più distinte grazie. Non sarà certamente da me negletto il grazioso invito ch'ella mi fa di vedere il Seminario, di cui ho inteso più e più volte le lodi e la parte principalissima che a queste l'è dovuta. E sarà molto lieta per me l'occasione desiderata di poterla assicurare personalmente dell'alta stima con cui la prego credermi

Sua aff.ma Serva.
Isabella Teotochi Albrizzi.

AL GENERALE FEDERIGO MANFREDINI(1) È inedita nel Museo Correr di Venezia.— Per notizie sul general Manfredini vedi pag 29, in nota.

Venezia, 13 Settembre 1822.

Così è, mio rispettabile e cospicuo àmico! La morte spesso non finisce tutti i guai della vita: e se domestiche afflizioni, come si dice, turbarono alquanto i giorni di quel brav'uomo, un canto soverchiamente negletto ne turba ora le ceneri, se pure, come piacemi di credere. conservano esse senso di vita. Io poi non posso nè gloriarmi nè umiliarmi di averle fatto dono di quel libricciuolo, e il nostro Zacco si dimenticò di dirle che glielo umilia, col mezzo mio, l'autore stesso.

Non già di Prospero, ma di Fabrizio Colonna, gran contestabile del Regno di Napoli, era figlia Vittoria Colonna. Don Alfouso d'Avalo, Marchese di Pescara, la chiese per suo figlio Ferdinando Francesco, mentre erano ambidue nell'età di quattro anni. Il Giovio dice che il Colonna aderì alla richiesta, mosso anche dalle istanze di Ferdinando il giovane. Re d'Aragona. Sappiamo poi dal Rota. che scrisse la vita di Vittoria, che con gli anni crebbe in essi il valore e l'amore, sicchè giunta in età di marito, venne richiesta dai Duchi di Savoja e di Breganze, nozze che lusingato meglio avrebbero la vanità del Colonna. Ma giulio Il s'interpose a favor del Marchese; interposizione che venne avvalorata grandemente dall'affetto che già Vittoria portavagli. Vissero sempre affettuosissimamente. Eccole, rispettabile amico, quanto posso dirle sul proposito di Vittoria, e desidero che ciò basti a soddisfarla. Il mio Giuseppino le bacia la mano, e si raccomanda alla continuazione di quella affettuosa bontà che lo rende glorioso e riconoscente. Io poi la prego caldamente di custodire la sua preziosa salute, e credermi con rispettoso affetto

La sua Albrizzi.

Ella saprà che Alessandro arrivò il giorno 7 a Vienna: che Francesco gli andò incontro due poste, e che ai 18 del corrente le Loro Maestà partiranno alla volta di Verona. Canova è a Possagno, e lo si aspetta quì a momenti. Mille cose all'egregio Scavella, che m'increbbe molto non vedere a Campoverardo.

A Sua Eccellenza
Il Sig. Marchese
FEDERIGO MANFREDINI
Gran Croce dell'Ordine di S. Giuseppe di Toscana Dolo per Campocerardo.

A LEOPOLDO CICOGNARA(1) È inedita e si custo disee nel Musco Correr di Venezia.

Padova, 21 Luglio 1823.

Benchè debba, come dite, alla grata abitudine di essere favorita delle cose vostre. la vostra nuova produzione, saprò a ciò non solo star contenta, ma rendervene le mille grazie. Ed è pur amaro il dover cessare dalle grate abitudini!

Ho letto con misto diletto il vostro articolo biografico, che parmi raccolga brevemente e bene tuttociò che c'era di più prezioso a dirsi di quell'uomo desideratissimo(2) Allude all'orazione stesa dal Cicognara in morte di Canova..

Duolmi assai dell'angustia in cui siete, quantunque abbia inteso che lettere più recenti alla vostra a me diretta, vi abbiano recate migliori notizie del figlio vostro. Possano cessare una volta le molestie fisiche e morali che da si lungo tempo vi travagliano l'animo: siate certo che questo è il voto caldissimo della vostra

Albrizzi.

Ricordatemi, vi prego, alla gentilissima signora Lucietta, e ricevete tutti e due i rispettosi saluti di mio figlio.

Al Nobile Signore Signor Cavaliere LEOPOLDO CICOGNARA a Venezia.

AD UGO FOSCOLO(1) Pubblicata dall'Orlandini e dal Mayer nell'Appendice all'Epistolario di Ugo Foscolo. Vol. Il. Firenze - Le Monnier - 1854.

Mio dilettissimo Foscolo,

Venezia, 14 febbraio 1824.

Colgo l'occasione sicura di un amico che parte per Parigi, onde dargli un letterina per voi, ad oggetto di sgridarvi ed accarezzarvi nel tempo stesso. Dico sgridarvi, perchè non solo non mi avete mai scritto, ma nelle vostre lettere ad altri dirette, mai non si trova un segno di ricordanza, mai un saluto per Isabella: ed accarezzarvi poi dicendovi, che siete sempre presente alla mia memoria, che il vostro nome e le vostre lodi sono famigliari nella mia casa, e che quanto io posso vi onoro. citando spesso i vostri bellissimi versi nelle mie descrizioni delle opere di Canova. Al quale proposito mi scrivono da Londra che le stanno traducendo, e che già ne sono uscite varie puntate; ma siccome non mi dicono di più, vorrei che mi faceste il favore d'informarvi e di scrivermi se le traducono così come sono, e se intagliano i rami, oppure se fanno come in Francia, ove ritagliano i rami e le traducono, ma ove, per verità, la testa spesso e la coda non mi appartiene. Fanno inoltre una strana applicazione de' vostri versi, prendendo per la citazione Sepoleri che que versi sieno da voi scritti per esser collocati in questo e quel sepolcro. Ora appunto che sto facendo la descrizione del modello per Nelson, ho potuto abbellirla de' versi:

ove clementi

Pregaro i Genj del ritorno al prode
Che tronca fe la trionfata nave
Del maggior pino, e si scavò la bara.

Pregovi'dunque a scrivermene qualche cosa; e se non vi fosse difficile, vi prego di acquistarmi una puntata di questa traduzione, e con prima occasione mandatemela(2) In data 'dell'agosto 1824 Ugo Foscolo le rispondeva « Saggia e cara Isabella - Detterò da letto per non farvi aspettare una lettera che fors'anche, s'io l'indugiassi, non potrei serivervi mai: e a me preme d'avvertirvi come io, sotto fede datami ch'ei ve lo recapiterà spedito e sicuro, ho consegnato al signor Vendramini un involto contenente sedici fascicoli (chè tanti ne sono usciti) delle vostre Descrizioni tradotte, Il libraio, per non guastare la serie, non volle venderie spicciolate; e d'altra parte l'opera vostra è sì elegantemente illustrata, e i disegni sono tanto lodati, che non mi è bastato il cuore di privarvene … Però, Isabella mia cara, quando e come potrete, pagherete quel poco danaro alla povera sorella mia, la quale io compiango assai più, perchè si crede sorella di fratello snaturato dagli agi. »
Quando il Foscolo riceveva la lettera dell'Albrizzi, soffriva terribilmente la miseria ed il mal d'occhi, abitava ad un miglio da Londra per fuggire la derisione dei grandi, e per campare meditava di dar lezioni di lingua italiana.

Ma intanto che la non facile occasione vi si presenti, scrivete. Vi raccomando poi questa mia operetta, della quale sono presso che al termine, essendone già uscite ventisette o vent'otto puntate. Amatela almeno perchè porta sì di frequente ripetuto il vostro nome.

Veggo qualche volta la sorella vostra e sempre Naranzi; sicchè potete credere che delle vostre nuove non sono digiuna. Vorrei sentirvi contento; ma pur troppo è vero che uno scrittore italiano non è gustato e apprezzato quanto merita che in Italia, perchè altrove poco si studia e si conosce la nostra lingua. Che farete in Inghilterra del vostro bellissimo stile, sia che scriviate la prosa o il verso? Se chi parla la lingua non propria dicesi che rimanga con la metà del suo spirito naturale, figuratevi poi chi la scrive! Ed è uno di quei prodigj che voi solo sapete operare, d'essere tanto stimato, quanto siete, all'estero. Qualunque Inglese (uomo di merito, bene inteso) qui arrivi, o di persona o di fama vi conosce perfettamente; ed è per me un piacere dolcissimo quello d'intrattenermi di voi, piacere che ho frequenti volte anche con l'ottimo Frere.

Pindemonte sta bene, ed ora riposa sopra i suoi allori, dopo la traduzione dell'Odissea. È questo il primo inverno in cui ci ha abbandonati; ma promette di ritornare in marzo.

Monti è vecchio, sordo, mezzo cieco e tristissimo dopo la morte del suo e nostro Perticari.

Soranzo Tomaetto sta bene e vi saluta, e il mio Giuseppino poi, con tutto il cuore.

Se mai vedeste Pesaro e Sanseverino, salutatemeli. Addio, mio dilettissimo amico, addio. Serivetemi una lunga lunga lettera, che in qualche parte almeno compensi il lungo sileuzio. Addio.

Isabella Albrizzi.

AD UGO FOSCOLO(1) Pubblicata dall'Orlandini e dal Mayer nell'Epistolario d'Ugo Foscolo, luogo citato.

Venezia, 9 Dicembre 1824.

Sono arrabbiatissima. Con chi? Nol so nemmeno io: non già con voi certamente, cortese amico, che mi avete con tanta gentilezza favorito delle stampe eanoviane. Non dovrei esserlo nè manco col signor Vendramin, il quale fece, alquanto però alla foggia di Panglos, tutto, dic'egli, per lo meglio. Or eccovi la dolente storia. Fino dal mese d'agosto il signor Vendramin dice di avere date quelle stampe al signor Neumann, secretario dello ambasciatore austriaco in Londra, pregandolo di mandarle al Co. Strasoldo, governatore di Milano, dal quale io poi dovea riceverle. Giunto appena il signor Vendramin, gli chiedo conto delle mie stampe, e ne ho per risposta un maravigliarsi grandemente che io non le avessi già ricevute. Mi promise di serivere tosto a Londra: e qualche giorno dopo mi assicurò di avere anco scritto al signor Neumann per averne contezza, e ricercarlo se forse non fossero scordate in qualche cantuccio del suo scrittojo. E siccome avrebbe potuto essere accaduta la stessa dimenticanza al conte Strasoldo, così io gli scrissi; e n'ebbi per risposta non avere egli nulla mai ricevuto. Ora dunque, amico dilettissimo, abbiate la cortesia di fare, o di far fare, qualche ricerca presso il signor secretario.

Saprete che non ho veduto l'inglese che mi avete indirizzato: me ne increbbe doppiamente, e per avere perduto l'occasione di compiacervi usandogli qualche cortesia, e quella di compiacere a me stessa trattenendomi di voi. Serivetemi pure quanto più spesso potete, col mezzo di questi esseri erranti che trottano spesso per l'Europa sbadatamente, come noi per la piazza di San Marco. Amatemi sempre, ed aggradite i saluti di Giuseppino.

Addio, bello e sublime ingegno, Addio.

Isabella Albrizzi.

A MARIO PIERI(1) È pubblicata nelle Lettere d'Illustri Italiani a Mario Pieri ecc.

Venezia, 13 Giugno 1828.

Il giovane Sig. Gonssollin non poteva presentarmisi in modo più gradito che recandomi una vostra letterina; all'uno ed all'altra io feci il miglior viso che per me si potesse, e di entrambi vi ringrazio, essendomi stati entrambi carissimi.

Il Sig. Gonssollin si duole di non potersi trattenere lungamente con noi: conta però di rimanere un mese, che a noì pare uno spazio di tempo lunghissimo, avvezzi come siamo alle corse, anzi fughe degl'inglesi, i quali vedono senza osservare, corrono senza arrestarsi, e, invece di consultare qualche cristiano che abbia occhi in capo, se ne stanno, nelle ore della sera, formando il loro giornale e rettificando la confusione delle idee affastellate nelle loro menti, coi così detti servitori di piazza, che Alfieri chiama giustamente servitori senza piazza, e de quali spesso si potrebbe dire tel maitre tel valet. E di quì quei ridevoli giornali, viaggi, album, ecc, che vediamo, non so se io dica con maggior nostra vergogna o dispetto, e ne' quali ci si presenta una fantastica Italia, che noi punto non conosciamo. E credete voi che la finiscano con quel loro domandare dei gondolieri, che cantino il Tasso? Oibò. E li udite, appena arrivati all'albergo, gridare: une gondole et deux gondoliers qui chantent le Tasse. Come colui che avrebbe pagato, diceva, non so quanto, per vedere un Barnaboto, quasi figurandosi che avesse poco meno che le corna in testa, e un vestito da Pantalone.

Ho letto con molto piacere il vostro bello articolo necrologico del povero nostro Guilford, e distribuii gli esemplari a chi erano diretti. Avrei potuto fornirvi anch'io una graziosa particolarità del suo affetto pei Greci. Ero a un cafiè la prima volta che il vidi, ed egli vide me, ed avendo inteso che io era Greca testè arrivata da quella classica terra, mi si gettò ginocchioni, quasi per adorarmi, con quale e quanta mia sorpresa vel lascio pensare. Ippolito fu qui per un intero mese, e siccome ci fu solo per rivedere gli amici suoi, così ci riusci anco più caro, s'è possibile, che nella solita sua venuta per l'Istituto. Potrete credere com'egli la pensi dei deliri romantici, e se foste stato quì, la vostra voce si sarebbe unita alla nostra per deplorare le vertigini delle menti(2) L'Albrizzi accarezza quì le idrofobe idee classiciste del Pieri — mentre a Canova scriveva mirabilia di Byron — e insinua che anche Ippolito Pindemonte fosse classicista — mentre egli amava l'arte universale, nè faceva distinzione di scuole..

Sento con piacere che fra non molto darete alla luce varie cose, fra le quali non sarà meno preziosa, io penso, quella che tenterà di porre argine alle nuove teorie. Se tutti i valenti uomini si accordassero e dicessero l'animo loro, il torrente si arresterebbe, e sorgerebbe, quanto almeno alla letteratura, giorno più splendido per la povera Italia. Voi vedete che il desiderio d'intrattenermi con voi mi ha fatto pressochè oltrepassare i limiti ad una epistola permessi. Vi saluto dunque, e vi prego di far sì che io non sia fra gli ultimi ad ammirare le novelle vostre produzioni. Giuseppino, grato della memoria vostra, vi saluta caramente, Addio.

A G. B. NICCOLINI(1) È inedita e si conserva nella Nazionale di Firenze. Non ha data, ma le abbiamo assegnato l'anno 1834, perchè l'Albrizzi accenna d'aver ricevuta la tragedia del Lodovico Sforza, comparsa appunto in quell'anno.

Di Venezia ...... 1834.

Il Sig. Riccardo Milnes, cultissimo e vivace giovane Inglese, mio amico già da qualche tempo, le presenterà, egregio Niccolini, questa mia letterina. Egli confermò la buona opinione in che io sempro il teneva, mostrandomi la più viva bramosia di essere presentato all'amico nostro Niccolini, e non poco accarezzò nel tempo stesso il mio povero amor proprio, preferendo me ad altri nel grato ufficio di presentarglielo. Nel compiacerlo e raccomandarlo, siccome fo caldamente con tutto l'animo, pregandola di accordargli il permesso di visitarla qualche volta, sono lieta di richiamarmi novellamente alla di lei cortese memoria, ed assicurarla del desiderio, in me sempre vivo e costante, di vedere e ammirare le produzioni del suo peregrino ingegno. Deggio poi ancora ringraziarla del prezioso dono fattomi della sua tragedia Lodovico Sforza, per mezzo di Soranzo. E fummi invero carissimo il dono che mi veniva da tanto cortese ricordanza: ma non creda però che questa sua bella tragedia, e fra gli altri i soavissimi e divini versi d'Isabella, per la prima volta io leggessi, attenta ed avida, come sono sempre, per tutto quello che esce dalla felice sua penna. Stia sano e si conservi, valoroso Niccolini, poichè l'onore e la gloria di rappresentare la Melpomene Italiana, è tutta affidata alle di lei generose cure. Mio figlio, suo grande ammiratore anch'egli, la prega dl aggradire i suoi rispetti, ed io, ch'ella mi creda con riconoscente stima e affezione

La sua Albrizzi.