POESIE
DI
FRANCESCA ZAMBUSI DAL LAGO

Estratto dalla raccolta pubblicata per le Nozze
Taruffi-Scopoli.

Ahimè, una notte, un' altra ancora, e forse L'ultima notte a Due misere donne, Cui l' onda dirompente precludeva Alla fuga ogni scampo! Invan le braccia Per lungh'ore stendean fuor dal pertugio Che rischiarava il lor tugurio; invano Mandavan grida dolorose, quali Mai non mandò la disperanza! Ahi, ch' elle Al sonno in preda non udir lo squillo, Che Legnago scotea dal suo letargo! E quando spalancàr le luci, l' onda Tutto avea invaso, e un'intricata rete Di correnti intrecciantisi eran fatte Le popolose vie! Case su case Cadeano rovesciate, e non si udiva Fuor che il murmure orribil dei fuggenti, Che fra i gorghi spumanti apriansi un varco! Or, chi potria ritrar quell' affannoso Spasmo dei cor per una cara vita? Quel chiamare le madri i figli a nome Pietosamente, e la sposa lo sposo, L'affrettarsi l'un l'altro, e quel salire Di tetto in tetto, mentre che più sempre La piena dirompeva onda ruggente? Ma niuno che alle Due volgesse un guardo; Chè sposo non avean, non avean padre; Vedova l' una, e l' altra un' orfanella Da lei raccolta per amarla in loco De' suoi figli perduti! La fanciulla, Cui non fioriro i venti aprili, a facili Lusinghe apriva il cor; ma non la donna, Che coi languidi sguardi già parea Raccoglier della cara il guardo estremo! Mezza una notte, intero un giorno, e omai Novo l'ombre stendean feral lenzuolo Su tante stragi, senza che di speme Le confortasse un raggio! … Quando alfine Venir per l' acqua videro un barchetto, E i rematori aprire a lor le braccia! Ahi, sventura, sventura! … orrido un toufo S' ode dall' imo; d' un vicin tugurio Crollan le mura, e con fracasso orrendo Travolgon seco e i rema tori e il legno! Come colui che perso ha un caro oggetto, E nei sogni il rivede, e gli par vivo, Sì che in deliro amor più a lui si stringe … Quando dal sonno si ridesta, e a quello Le braccia aprendo, abbraccia un' ombra vana: Oh, come il crudo stral dell' abbandono Di quel deluso cor più e più fa strazio! Così il tremendo disinganno oprava Su quelle abbandonate, che or si stanno, Morte a ogni senso, e fino alla paura, L'ultima ad aspettar ora segnata! Ma se di vita in lor tace il desio, Spento non è ne' forti*) Gli intrepidi Pontonieri giunti da Verona. a cui la gloria, Come sul campo è pur fra l' acque, scorta! Ei già risolcan quel mar procelloso; Di ruina in ruina entran pel tetto, Cercan, ricercan finchè lor vien dato Di accor le semivive e trarle in salvo! Oh, v' hanno affetti che nel pianto solo Han la parola: e meglio che sui marmi, Il nome vostro durerà scolpito Nel cor dei cittadini, o benedetti Itali salvatori! E tu, Legnago, Terra opulenta, oggi sepolcro fatta A'tuoi stessi tesor; se l' aspra fame Mendicando errar vedi per le vote Tue vie di sabbia, e stendere a pietade La scarna mano! … oh, non temer, non pere Itala gente in italo paese. A te verranno le città sorelle, Verran portanti il granellin che cresca In fecondo raccolto. E se un di ricca Ti fea lo zelo d'operosi figli, L'accorto trafficar, l' arduo lavoro: Essi della sventura all' alta scola, Più bella e forte ti trarran dai flutti!

Verona l' Ottobre 1868.

Rammento il dì, che al guardo desïoso Prima m'apparve la tua effigie! oh, quale Mi cercava le fibre intimo senso Di meraviglia e reverenza! È questa Questa io dicea l' immago di Colei, Che della crëatrice Idea contanta Virtù ritragge? Il dolce labbro è questo Che in armonia di numeri si espande, Se per l' aule affollate, del suo genio I responsi ascoltando, ella si slancia Di fantasia pei regni interminati, E fiori coglie d'immortal fragranza? Donna, in cui tanto arde di cielo, dimmi, Onde Ti venne quella luce arcana, Che guizza qual balen nel tuo intelletto, E l' ineffabil voluttà del canto, Che mente e cor t' invade e t' angelizza Così, che in più sereno aere delibi Le pure gioje che ne' suoni effondi? Nel tripudio de' carmi è la tua vita: Nell' estasi beate, in quel sublime Volo d' anima grande che s' indía, E va portata dall' eterea piuma, In traccia di mortal contentamento Che al cor divo risponda! Ohimè, se gaudi Ineffabili ha il vate, il genio suo Aspre lotte sostiene, e struggimenti Affannosi, e delirî, e irrequïete Brame, onde fantasia dentro il travaglia Melanconicamente! … Pel poeta, Sono fiamma i pensier, folgor gli affetti! Picciol rivo son io su cui si frange Languido il raggio; vasto mar Tu sei Ove l' italo Sol si ripercote Orgoglïoso; ond' è che di tua mente La fulgida virtù m' abbaglia. Almeno Fammi che del tuo cor la generosa Indol conosca: è ver che al patimento Nacque del vate il mesto core? È vero Ch'impeti ha fieri, amori ed odi ardenti, Ha battaglie, ha vittorie, e ahi pur! sconfitte? Forse che la cocente alma non vale Ai colpi di sventura opporre quella Virtù pacata che ragion consiglia, E il pensier tormentoso fa dell' estro Insterilir la vena, e i chiusi affetti Fremon quai concitate onde in tempesta? … Povero cor, cor di poeta! spesso Deserto langue; ma è felice il giorno Ch'ei s' avvenga in un cor che al suo risponda. Le gagliarde sue fibre allor commosse Palpiteran di nova vita, e vanni Daragli al volo amor! Di fade, e amore Ha bisogno il poeta, e divin cresce, Agli amorosi rapimenti, il canto! Per lui, tutto di dolce estasi è pieno: Più viva al suo desiro hanno favella, Il libero de' campi aere fragrante, Il mormorio del ruscelletto, il cupo Muggir del mare, e delle azzurre vôlte Il padiglion stellato. Amor gl' impara, Dai vaghi oggetti appariscenti, il guardo Portar dell' alme nel più ascoso, e trarne Virtù celate e passïoni. Il genio Di freni schivo, sdegna in ponderato Sillogizzar effondere del core Il libero concetto, e qual torrente Pei vasti campi del sapere irrompe. Il Bello, come in onda in lui si specchia; Assorto in quanto l'intelletto fêre, Ogni immagine accoglie e le dà vita: Patetico usignuol, cigno canoro, Aquila ardita, tortora gemente, Palpita, freme, fulmina, sospira; Per ogni affetto ha suoni temperati Alla lira del core! Ei va pe' cieli, De' cari estinti a ribaciar lo spirto, Mosso da quella Fede che immortale Fa la cetra del vate: ove il suo genio S' appunti in Dio, par grandeggiando agguagli L' altissimo concetto! Nei tumulti Dell' estro, il ver gli splende; il fa profeta L' acceso immaginar; l' eco è fedele Del popol suo; colonna fiammeggiante Sul sentier della gloria; generoso Spirto che d' odio gli oppressor saetta! Perdon, GIANNINA, se l' intensa brama Di libar l' ineffabile armonia Che sgorga dal tuo canto, mi sospinse A seguitare il tuo volo sublime, Sovra gracili penne. Oh, s' io riguardo Le modeste tue grazie, e la severa Virtù onde vai sì onestamente adorna, Ogni altro affetto cede ad una cara Necessità d' amarti! O mia gentile, « Amor che a nullo amato amar perdona » Corrispondenza di amorosi sensi Dall' alma tua dolcissima m' impetri!

Verona il Settembre 1868.