NOZZE
BICHI RUSPOLI FORTEGUERRI
IE
PICCOLOMINI CLEMENTINI ADAMI

SONETTI
DI

MADONNA LAUDOMIA FORTEGUERRI
POETESSA SENESE
DEL SECOLO XVI

SIENA
TIP. E LPT. SORDOMUTI DI L. LAZZERI
1901



NELLE
AUSPICATE NOZZE
DELLA MARCHESA
MARIA LUISA BICHI RUSPOLI FORTEGUERRI
CON IL CONTE
GIORGIO PICCOLOMINI ADAMI
IL CAV. PILADE BANDINI
OFFRE

SIENA II OTTOBRE MCMI.



A che il tuo Febo, col mio Sol contende, Superbo ciel, se il primo onor gli ha tolto? Torni fra selve, o stia nel mar sepolto, `Mentre con più bei raggi il mio risplende. Picciola nube tua gran luce offende; E poca nebbia oscura il suo bel volto: Il mio fra nubi (ahi lassa) e nebbie avvolto Più gran chiarezza e maggior lume rende. Quando il tuo porta fuor de l' onde il giorno, Se non squarciasse il vel, che l' aria adombra, Non faria di sua vista il mondo adorno. Il mio non toglie il vel, nè l' aria sgombra; Ma somigliando a sè ciò c' ha d' intorno, Fiammeggiar fa le nubi e splender l' ombra.



Ora ten' va' superbo, or corri altero, Pingendo di bei fiori ambo le sponde, Antico Tebro, or ben purgate l' onde Rendan l' imago a un sol più chiaro e vero. Ora porti lo scettro, ora hai l' impero De' più famosi: ora averai tu donde Verdeggin più che mai liete e feconde Le belle rive: ora hai l' essere intero; Poich' egli è teco il vago almo mio Sole, Non or lunge, or vicin, ma sempre appresso, E bagni il lembo de l' altera gonna. Ch' arte, natura, il cielo; e così vuole Chi' l tutto può; vede pur' oggi espresso, Che ben può stare al mondo immortal Donna. Or trionfante e più che mai superba Sen' va l' antica Roma, che possiede Tutto 'l ben, che natura e il ciel ne diede: Essa in sè lo raccoglie, e lo riserba. Ma s' a me fosse dolce, a te acerba, La mia nimica, che m' ha sotto il piede, Te lo togliesse, e me ne fésse erede, Più non ti riderian fioretti e l' erba. Non sarien più di smeraldi et rubini Le ricche sponde del gran Tebreo ornate: Pur l' Arbia s'oneria la fronte e 'l seno. Più non avresti gli esempi divini: Nè godresti l' angelica beltate: Se questo avvien, son pur felice a pieno.



Felice pianta, in ciel tanto gradita, Ove ogni estremo suo natura pose, Quando crear tanta beltà dispose, Dico mia diva d' Austria Margherita. So ben, che mai di ciel non fe' partita, Ma per mostrarne le divine cose, Scolpilla Dio, e di sua man compose Questa a lui tanto accetta e favorita. S' a Noi fu largo Dio di tanto dono, Di mostrarne la gloria del suo regno, Non vi sdegnate a me mostrarla in parte. E s'io del petto v'ho lasciato un pegno, In cambio un vostro ritratto con arte Mandate appresso, ove i miei occhi sono. Lasso, che 'l mio bel Sole i santi rai Ver me non volgerà: dunque debb' Io Viver senza il mio ben? non piaccia a Dio, Che senza questo io viva in terra mai. Ahi fortuna crudel, perchè non fai Che vada il corpo, dove va il cor mio? Perchè mi tieni in questo stato rio, Senza speme d' uscire unqua di guai? Volgi lieta e benigna omai la fronte A me: che non è impresa gloriosa Abbattere una del femineo sesso. Odi le mie parole come pronte Se supplicarti: nè voglio altra cosa Salvo ch' a la mia Dea mi tenga appresso.



Il maggior don, che Dio e la natura Donasse a Noi mortal per abbellire Il mondo, e farlo d'ogni ben gioire, È della signora Alda la fattura. Chi può veder l' angelica figura, Beato essere in tutto può ben dire, Chi può le saggie sue parole udire, Null' altro mai, che lei sentir procura. Deh perchè a me non è tanto concesso Da la mia sorte ria, dal fier destino, Ch' io veder possa l' angelico volto? Ma sia che vuole, io pur nel petto impresso Porto per relazion quel suo divino Aspetto; e questo mai non mi fia tolto.