NUOVA
ANTOLOGIA
DI
LETTERE, SCIENZE ED ARTI

QUARTA SERIE

VOLUME NOVANTADUESIMO
DELLA RACCOLTA VOLUME CLXXVI
(Marzo-Aprile 1901)

ROMA
DIREZIONE DELLA NUOVA ANTOLOGIA
Via S˙ Vitale, N˙ 7
1901



A proposito d'una corrispondenza intima di Maria Luigia
col suo Primo Ministro.

In questi ultimi anni del secolo tramontato un gran risveglio delle memorie napoleoniche si è manifestato, quasi che la povertà delle vicende giornaliere, la prosa d' una vita senza grandi ideali e senza scopi precisi e diretti, abbiano voluto ritemprarsi alle gloriose vicende d' un mondo sommerso. L' ultima metà del secolo ha cercato alla prima le leggende e i fantasmi dell' epoca imperiale; e vorrebbe risuscitare i simboli antichi delle aquile svolazzanti nel cielo, che lasciavano cadere dall' alto, per la volontà d' un uomo, le corone di re sul capo di piccoli borghesi, i quali non ne parevano nemmeno sorpresi.

E questo gran nome di Napoleone, e la grandezza degli avvenimenti ch' egli aveva creati e dominati col suo genio e padroneggiati colla sua forza, richiamati nella vita attuale senza poesia, e quindi senza virtù, attraggono i cuori e abbagliano gli intelletti, come attorno ad una lampada nel mezzo della notte profonda, gli uccelli richiamati da una luce inattesa, volteggiano in voli capricciosi.

Negli archivi, nelle biblioteche un lavoro alacre e scrupoloso cerca agli epistolari, alle leggi, alle polizie di Stato i segreti di questo genio incomparabile; e la sua figura maestosa ritorna a noi come il fantasma delle leggende, con tutte le linee d' un poema omerico, con tutti i fascini del meraviglioso e dei racconti delle fate. A poco a poco quella figura immensa si delinea nel tempo in cui visse, nell' ambiente in cui si svolsero le sue attitudini geniali, nella fatalità che lo avvolse e lo lanció nel mondo, dall' Alpi alle Piramidi, dal Manzanare al Reno. E tutti gli uomini che furono i suoi compagni nella gloria e nella disfatta, anche soltanto per un' ora, sia pure per il minimo degli avvenimenti storici, riappaiono ai nostri sguardi, come se fossero i frammenti d' un astro luminoso, spento dall' Oceano, per l' abbandono degli uomini e della fortuna.

Nell' adulazione delle folle ammirate di quel fastigio immortale, nella sorpresa del mondo intero per un successo colossale, nel roteare d' una fortuna che per un istante non parve cieca, in cui egli stette fra due secoli l' un contro l' altro armato, anche le figure delle donne che egli amò o per ragione di Stato o per sentimento impulsivo di uomo ardentissimo, vanno acquistando forma di vero. La storia e la sua filosofia, il metodo per scoprire i fenomeni morali, il sistema per studiarli, la scienza per comprenderli, la psicologia per giudicare obbiettivamente delle passioni e dei sentimenti del singolo uomo e della società, vengono man mano aiutando il giudizio umano per una sentenza serena e disinteressata. Gli animi liberi della politica che falsa il giudizio e appassiona il cuore, si elevano alla contemplazione del vero, e librandosi nelle altezze serene e nobili della verità, si sforzano di separare il bene e il male, gli amori e gli odî, il dare e l'avere di ognuno e di tutti, per assurgere all' ideale d' una giustizia riparatrice.

Il tempo nostro ha iniziato felicemente il periodo delle revisioni storiche e ha perfino stabilito un metodo per la scoperta filosofica del vero.

Quando comincia la posterità, appare altresi la luce immortale che fa vedere le fatalità irreparabili, i destini dell'umanità, i rovesci della fortuna, i tradimenti della politica, i traviamenti del pensiero, le necessità della vita sociale, i raggiri della diplomazia che è diffidente e paurosa. Questa luce eterna della storia viene in aiuto della coscienza, per dare una battaglia decisiva ai falsi giudizi e alle esagerazioni di epoche oscure e turbate. Al cessare delle passioni sorgono le considerazioni calme sugli avvenimenti, sulle nazioni e sui loro sovrani; e i pensieri storici e filosofici sorgono come dalla radice d' un albero sradicato, pullulano le sue vermene nel terreno intorno. E le tradizioni etniche, i costumi, le credenze, le superstizioni, i pregiudizi d' un popolo, d' una nazione, d' una famiglia, d' una data classe sociale, possono spiegare i grandi ricorsi storici e i grandi avvenimenti impreveduti.

Al certo fra tutte le tradizioni, i costumi, le leggi, gli avvenimenti, le vicende varie e fortunose, una sola è e deve essere la morale; quella che si è convenuto di chiamare la morale umana. Ma nello svolgersi degli avvenimenti che sono fuori di noi e da noi indipendenti, anche quella morale può trovare delle applicazioni restrittive, le quali senza falsarli o corromperli, naturalmente la modificano almeno negli atti transitorì della vita.

Il primo atto del filosofo è quello di guardare le cose dal punto di vista in cui le luci e le ombre si delineino chiaramente, per poterne indurre un giudizio sicuro; e il suo primo dovere è l' analisi paziente dei fatti, per poter risalire alla sintesi perfetta per la quale quel giudizio esca obbiettivo, senza prevenzioni e senza pregiudizi.

Queste considerazioni ci hanno condotti a interrogare, nel risveglio degli studi napoleonici in quanto riguardano la diplomazia europea, i documenti che si riferiscono alla persona di Maria Luigia d' Austria che fu Imperatrice dei Francesi, durante il lungo periodo della sua sovranità nel Ducato di Parma.

Sfatata la leggenda di grandi virtù civili e morali dell' imperatrice Giuseppina; spento l' eco della politica con cui il principe di Metternich rinserrava l' Europa come in un cerchio di fuoco; distrutto il primato dell' Austria nella confederazione germanica; colla Francia repubblicana che non ha più alcun interesse di fama o di fortuna per magnificare la creola da cui discese l' ultimo Imperatore, e alleata con quella Russia che mandava ad accogliere dai Cosacchi la giovane moglie di Napoleone il Grande, per tenerla in ostaggio; svaniti i troni e le dominazioni di quell' uomo che dava il suo nome di battesimo ad una famiglia borghese per farne una dinastia; e morti tutti coloro che sono vissuti nei tempi della sua potenza e della sua relegazione, la figura di Maria Luigia resta ancora un problema che tenta i cuori di coloro i quali ne conobbero il governo illuminato e materno in quella Parma dove ella visse dal 1816 al 1847. Essa, rispettata e amata, benchè straniera, da una popolazione a niuna seconda per patriottismo, virtù civili e animosa resistenza a tutti gli arbitrii e a tutte le oppressioni, merita che un animo libero ne ritragga un profilo conforme alla verità e alla giustizia.

*

Una raccolta di lettere intime di Maria Luigia dalla sua prima età, quand' era arciduchessa, a quella in cui mori in Parma poco meno che sessantenne, comparve a Vienna nel 1887.

Quelle lettere sono tutte dirette alla contessa Colloredo, sua governatrice, e alla signorina Poutet figlia di essa del primo letto, che divenne contessa di Crenneville, e che fedele nella prospera come nell' avversa fortuna, la condusse all' eterno riposo nella cripta dei Cappuccini a Vienna, fra le tombe imperiali, poco lungi da Maria Teresa la grande Imperatrice.

Quelle lettere, che non debbono esser troppo piaciute alla Corte di Vienna, benchè fosse spento il principe di Metternich sotto il cui potente regime furono scritte durante trent' anni, non provano che Maria Luigia, designata da eventi fatali ad essere uno strumento della politica della Santa Alleanza, avesse un grande ingegno. Scritte tutte in francese, con quella ortografia che conservò fino agli ultimi anni della sua vita, da quando le inviava da un piano all' altro del palazzo imperiale alla sua governatrice all' epoca della sua prima comunione, fino a quando, destinata a sposare l' uom fatale, curvò il capo ai destini della sua Casa, quelle lettere sono una pittura vivace, palpitante, singolare di un cuore ingenuo e di un animo aperto ad una grandissima bontà.

Questa donna che fu segno di tanti oltraggi della storia e della politica; che strappò al Colletta l' invettiva: Ammirata per quelle nozze che unica ingrata nel mondo non ricorda e disprezza; che si mostrava, secondo la sferza implacabile di Giuseppe Giusti, degradata alle fischiate di un reo concorso, per l' incoronazione del nuovo Imperatore; che ancora oggi nell' Aiglon sveglia l' implacabile sferza d'un gran poeta, scrive da sè la sua storia involontariamente, e la scrive alla sua maestra e alla sua amica, per quel tanto che esse hanno voluto mostrarne, come una creatura inconsapevole e sincera. In essa l' educazione e il sangue hanno recata la persuasione, che le principesse sono nate per fare quello che vogliono le dinastie, la politica, la diplomazia e l' interesse delle nazioni e che esse non servono a null' altro che a stabilire le alleanze o ad essere pegno e ostaggio di guerra; foglie spiccate dalla bufera delle rivoluzioni o dal tarlo di combinazioni e di alchimie diplomatiche, per quelle gravi ragioni di Stato che ai profani debbono restare ignote. Difatti al visconte di Vitrolles, mandato a Parma nel 1829 con missione speciale della Francia, essa disse con grande mestizia: « Nous autres princesses, nous ne sommes pas élevées comme les autres femmes et dans les mêmes rapports, les mêmes sentiments de familles. Nous sommes toujours préparees aux événements qui nous transportent loin de nos parents, nous donnent des intérêts nouveaux, et quelquefois opposés. Voyez ma pauvre sœur, qui est allée mourir au Brésil, malheureuse et loin des siens! » (Archive des affaires étrangères, Paris).

Nata durante il turbinio della rivoluzione che il suo gran zio Giuseppe II aveva lasciato penetrare nell' Impero, e a cui contrastava l' indole di suo padre e quella energica, sebbene fredda e impassibile, del principe di Metternich, Maria Luigia era stata abituata fino dai primi anni a pronunciare il nome di Napoleone come quello di un antropofago, di un rinnegato e di un orco. « Maman m'a raconté une drôle de chose à présent, que monsieur Bonaparte étant en Egypte s'est sauvé quand toute l'armée a été ruinée, avec seulement 2, 3 personnes et qu'il s'est fait Turc, c'est à dire qu'il leur a dit: moi je ne suts pas votre ennemi, je suis un Mussulman, je reconnois pour prophète le grand Mahomet et puis en revenant en France, il a fait le catholique, l'étant véritablement, alors seulement il a été élevé à la dignité de Consul… Ce n'est pas à moi à en juger, mais je crois que c'est profaner notre sainte Religion disant qu'en est d'une autre, car dans le Credo il est dit qu'on doit avouer sa croyance » (22, 23 gennaio 1809).

Questa ingenua e religiosa dichiarazione, scritta appena un anno prima del suo matrimonio col signor Bonaparte, prova quali erano gli apprezzamenti che si facevano sulla storia contemporanea alla Corte di Vienna nel 1809.

Difatti il proclama di Napoleone del 21 luglio 1808 dichiara apertamente: « Io pure venero il Profeta; io distrussi l' Ordine che era incessante nemico dei Mussulmani; la mia nazione è nemica al Capo della religione cristiana ».

Questa drôle de chose che l'Imperatrice aveva raccontato alla sua figliuola a Mallebourg, durante la guerra contro i Francesi, non era dunque del tutto inesatta; ma ciò non impedi che l' anno appresso la giovinetta fosse data, come patto di alleanza, in isposa a quel signor Bonaparte che si era fatto turco, e che ritornato in Francia mostrando di esser cattolico, potè diventare Primo Console, poi Imperatore, e divorziarsi da Giuseppina che, dicono gli storici, fu sempre da lui amata.

Nessuno si è mai posto il problema, in qual modo invece Napoleone abbia amato Maria Luigia.

L' amore in Napoleone doveva essere molto diverso da quello degli altri uomini, specialmente per una figlia dei Cesari. Doveva sembrargli, malgrado il suo genio, la sua potenza e i suoi sogni ambiziosi, cosi straordinario di poter assidersi al banchetto delle nozze imperiali, che l' amore doveva occupare la parte minore de' suoi pensieri.

Dobbiamo ricordare difatti che, per farsi incoronare Imperatore, egli aveva avuto la singolare idea di fare la prova generale dell'incoronazione, come per un grande spettacolo teatrale, evocando il manto di Carlomagno; e che, credendo alla sua fisonomia di Cesare, volle in Italia mettersi la corona sul capo da sè.

La raccolta di queste lettere intime, che pochi hanno letto, e in cui anche quei pochi vollero comprendere soltanto ciò che corrispondeva alla propria educazione politica, mostra ad evidenza l' ingenuità di un carattere che non era fatto, come dice Lamartine, per vivere nel tumulto di un campo francese, al domani e in balia ancora di una rivoluzione che aveva tagliata la testa di Maria Antonietta sua zia.

Dopo i disastri napoleonici e quando Napoleone fu relegato all' isola d' Elba e durante il regno dei Cento giorni, egli non ignorava quel che si operava a Vienna per allontanargli l' Imperatrice. Al principio di aprile del 1815 un biglietto del duca di Vicenza fu portato da De Montrond per ordine di Fouché al barone di Ménéval, che aveva seguíto Maria Luigia a Vienna, così concepito: « Il est de la plus haute importance pour l'Empereur de savoir exactement ce qui se passe à Vienne ». E Ménéval non esitò, secondo le notizie pubblicate recentemente nella Revue des Deux Mondes da Henry Houssaye, se non a tutto dire, a lasciare tutto comprendere. « L'esprit de l'Impératrice est tellement travaillé par le Cabinet autrichien, qu'elle n' envisage son retour en France qu'avec terreur. Tous les moyens possibles ont été employés pour l'éloigner de l'Empereur ».

Quando il barone di Ménéval ritornò in Francia, Napoleone, a cui egli aveva tutto detto, lo aveva incaricato di redigere un rapporto ufficiale sulle mene criminose della Corte di Vienna, per movere contro di essa l'opinione di tutto il mondo; ma poi la politica potè certamente più dell'amore, perchè dopo aver riflettuto, Napoleone ordinò non se ne facesse nulla. Ciò non prova molto in favore dell'amore di Napoleone, anzi proverebbe tutto il contrario, poichè il barone di Ménéval non aveva taciuto neppure che « le comte de Neipperg avait un grand ascendant sur elle ».

Non è questo il luogo di riassumere la storia di questo periodo funesto, nè d' iniziare uno studio polemico sull' arrivo e il ricevimento della Duchessa di Parma ne' suoi Stati, dopo il suo viaggio a Aix-les-Bains, con quel resto di Francesi, fedeli all'Imperatore, da cui si ebbe cura di staccarla con tutti i mezzi possibili, a cominciare dal barone di Ménéval. « L'Impératrice est vraiment bonne au fond, mais bien faible », com' egli scrive. « Il est facheux qu'elle n'ait pas eu un meilleur entourage et que mesdames de M… et de B… n'aient pas eu plus d'élévation ».

Essa arrivò a Parma, preceduta da lettere e decreti di suo padre, l'imperatore Francesco II, d'una grande importanza politica per la legislazione interna, per la Corte e per le prammatiche ufficiali, e accompagnata dal conte Adamo Alberto di Neipperg suo cavalier d'onore; della sua grand' maîtresse, la contessa Scarampi nata Monfort, e dalla contessa Wallis che doveva chiudere a chiave tutte le sere la porta della sua camera da letto.

Prima che essa giungesse si era fatto nascere un ammutinamento nella popolazione di Parma, per opera della polizia, al fine di scacciare un signor Capei, che già intendente dei RR˙ Palazzi durante la rivoluzione, era venuto, protetto dalle armi francesi, con una lettera del barone di Ménéval diretta al conte Marescalchi. Il Capei mostrava anche, a prova della benevolenza che l'ex-Imperatrice aveva per lui, un ritratto del Re di Roma, che essa gli aveva regalato a Vienna quando lo aveva confermato al suo posto. È curioso l' incartamento che si trova all'Archivio di Stato di Parma relative a questo signor Capei, del quale si occuparono il generale Steffanini, il generale Nugent, Strassoldo, il principe di Metternich e perfino l'Imperatore, perchè egli fosse cacciato oltre il confine. Al certo egli era un emissario francese, di cui l'Austria aveva tutto l'interesse di disfarsi, e per cui si fece appello a ciò che allora si chiamava il patriottismo dei Parmigiani.

L'Archivio di Stato e della Corte possiedono dei notevoli documenti che precedono l'arrivo dell'ex-Imperatrice e le sue prime lettere. Essa era così poco preparata a questo suo regno d'Italia, che scriveva con una ortografia assai arbitraria, e non sapeva nemmeno scrivere correttamente il suo nome. Firmava Maria Luiggia e dirigeva le sue lettere al cavagliere Magawli, che era il governatore e teneva l' alta polizia degli Stati.

Ma noi non vogliamo entrare in questi avvenimenti, che ci porterebbero troppo lontani dal nostro scopo. Noi vogliamo soltanto rendere note, per ora, le lettere che essa scriveva al suo ministro delle finanze, il barone Vincenzo Mistrali, a cui nel suo testamento lasciava il suo calamaio, che aveva per trent'anni servito a scrivere cose tanto gravi e diverse, e che succedette al conte di Neipperg nell' amministrazione de' suoi Stati; amministrazione che fa ancora oggi l'ammirazione dei più celebri statisti d'Europa, e dei maggiori uomini politici e patrioti italiani, fra cui, non sospetti al certo, Pellegrino Rossi, Marco Minghetti, Luigi Carlo Farini.

Il conte Adamo Alberto di Neipperg, che avvenimenti straordinari portarono ad amare e a essere amato da Maria Luigia, durante la vita del grande prigioniero di Sant' Elena e che fu il padre dei due fanciulli, i quali ebbero la fraternità del Re di Roma, non era il primo venuto. Madama di Staël, egeria della politica di quel tempo, non ha esitato a chiamarlo il Baiardo Austriaco.

Infatti il generale di Neipperg ebbe una carriera militare assai gloriosa e ne portava lo stigma sotto la banda nera che copriva il suo occhio destro, che è fama gli fosse stato strappato in campo di battaglia dai Francesi.

Allorchè gli Austriaci occuparono Napoli, dopo la caduta di Gioacchino Murat, egli ne era stato nominato governatore e vi fu rispettato e anche amato per le sue virtù civili e militari. Il conte di Neipperg non ignorava che Napoleone aveva dato ordini draconiani a suo fratello Giuseppe nel reame di Napoli, e come uomo di largo ingegno s' era studiato di governare con prudenza, con accorgimento e con bontà, il che gli aveva guadagnato i cuori. Napoleone aveva scritto al fratello: « Ho inteso avete promesso non imporre tasse di guerra, e proibito di esigere la tavola dai vostri ospiti. Piccolezze! Non colle moine si guadagnano i popoli. Decretate una contribuzione di trenta milioni. A Vienna, dove non c'era un soldo, io ne posi una di cento milioni e fu trovata ragionevole. Avrei gusto che la canaglia di Napoli si ammutinasse; in ogni popolo conquistato un' insurrezione è necessaria..… Non sento abbiate fatto saltare il cervello a un solo lazzarone..… Ho udito con piacere la fucilazione del marchese di Radio..… Mi fa gusto il sapere che fu incendiato un villaggio insorto: m'immagino l' avrete lasciato saccheggiare dai soldati..… La giustizia e la forza sono la bontà dei Re, che non bisogna confondere con la bontà dei privati. Aspetto d'udire quanti beni avete confiscati in Calabria, quanti insorgenti giustiziati. Niente perdono. Fate passare per le armi almeno seicento insorgenti, bruciar le case dei trenta primarii di ogni villaggio, e distribuite i loro averi all'esercito. Mettete a sacco due o tre delle borgate che si condussero peggio, servirà d' esempio, e restituirà ai soldati l' allegria e la voglia di operare ».

Il conte di Neipperg agi nel modo diametralmente opposto a quello che il grande conquistatore ordinava al fratello Giuseppe. Il Baiardo Austriaco non venne meno all'abilità politica e militare mostrata nel 1815. Avendo allora il comando dell' Ardèche e dell'Hérault, ove le truppe della sua divisione si trovavano ripartite all' epoca della caduta dell' Impero, egli pervenne, con grande moderazione e grande fermezza, a ristabilire la calma in quelle popolazioni formate in massima parte di protestanti, che gliene testimoniarono pubblica gratitudine.

Il barone di Ménéval, rende in parecchie occasioni giustizia a questi meriti, fra i quali non tace che « ce général d'une armée catholique, envoyé dans le Midi de la France fut très utile aux protestans, et qu'il a laissé dans ces provinces les plus honorables souvenirs ».

Fu alla fine di questa campagna che il conte di Neipperg accompagnò Maria Luigia a Parma, dopo averla ricevuta a Aix-les-Bains nella escursione che l' ex-Imperatrice fece insieme al barone di Ménéval, quando cercava ancora di avvicinarsi alla Francia dopo la fuga di Blois, di cui essa si rimproverò sempre la debolezza, per quanto le fosse stata consigliata dagli stessi fratelli di Napoleone.

Quali che siano stati e siano i maligni rumores della storia, e della poesia drammatica ed epica e le cronache delle Corti, delle dinastie e delle popolazioni, sempre pronte a credere alle colpe dei grandi, è certo che Maria Luigia conobbe il conte di Neipperg soltanto a Aix-les-Bains, non avendo fatto osservazione a Dresda alla sua persona quando, nel fulgore della gloria e della fortuna di Napoleone, lo ebbe da suo padre per cavalier d'onore nel suo viaggio imperiale.

Il conte di Neipperg a Parma fu non soltanto un gentiluomo perfetto, ma un sovrano, benchè non riconosciuto, pieno di bontà e di sapere, diplomatico fine e scrupoloso osservatore d'ogni principio d'onore. Lo stesso Pietro Giordani, non sospetto di parteggiare per gli Austriaci, gliene lasciò pubblica e incancellabile testimonianza nelle sue celebri epigrafi. E il signor di Valery che nel suo Voyage en Italie aveva espresso, a proposito della Corte di Parma, qualche apprezzamento che era in relazione coi rumori del tempo, scrive sul cavalier d' onore dell' ex-Imperatrice queste parole: « Le gouvernement de cette princesse est extrêmement doux; sa personne est aimée et tout le monde était charmé des manières affables du général de Neipperg, mort en 1829, surnommé le Bayard des troupes allemandes par madame de Staël, qui l'avait connu ambassadeur en Suède, et l'on rendait justice à son désintéressement, ainsi qu'à la noblesse de son caractère ». La presenza del conte di Neipperg a Parma salvò la città e i ducati da molti delitti, dei quali la Santa Alleanza faceva il paterno regime ai popoli italiani.

Noi possediamo un documento prezioso, che manifesta il suo franco buon senso e la sua fine arte di governo. Una lettera anonima calunniosa, nel 1828, diretta a Maria Luigia, accusava i migliori cittadini di Piacenza e alcuni insigni ecclesiastici di partecipare ad una congiura orditasi per ucciderla. Il generale Neipperg, avendone scoperto l'autore per mezzo di funzionari scrupolosi e coscienziosi, lo rimandò al suo paese, il Piemonte, con un solo dragone, senza neppure dirgliene il motivo e senza avvertire la Corte di Vienna e la polizia di Milano.

Maria Luigia stessa lo sapeva: e fu a questa scuola di prudenza che il suo ministro delle finanze, il barone Mistrali, di cui dobbiamo occuparci per la corrispondenza coll' ex-Imperatrice, lasciò bruciare tutti gli atti del Governo Provvisorio di Parma, e aiutò colla sua nobile discrezione Maria Luigia a mandare dei soccorsi agli emigrati, aspettando che la Corte di Vienna le permettesse di pronunciare una larga amnistia. Il suo governo dissimulava la presenza dei rivoluzionari in Parma e nei conventi dei Padri Benedettini, e fu in quel tempo appunto che essa ottenne da suo padre la grazia di quel capitano Andryane, che era francese, colpito da una condanna di morte e di cui parla con tanta ammirazione Massimo d'Azeglio.

Il barone Mistrali, il cui nome è sempre scritto al disotto di tutti i decreti dell' arciduchessa, era stato una creatura di Napoleone e molto amato in Toscana dalla principessa Elisa Baciocchi. Nei giorni dell' Isola d' Elba l' Imperatore aveva egli stesso raccomandato all' Imperatrice Vincenzo Mistrali, che col suo occhio di aquila aveva distinto nel suo passaggio da Parma, quando esso non era che segretario di quel Comune.

Nato a Parma nel 1780 di povera fortuna, il suo talento e la sua probità lo portarono alla prima carica dello Stato, Maria Luigia lo creò barone, lo decorò dei grandi ordini cavallereschi ed ebbe per lui la più grande affezione. Le lettere che noi possediamo dal 1831 al 1846, anno in cui il ministro morì, ne sono le prove evidenti. Essa non ha segreti per lui: si lagna dello spionaggio della Corte di Vienna, dell'impopolarità a cui l'aveva condannata il generale Werklein, dell' abuso che si faceva della sua buona fede; gli domanda dei consigli sugli affari dello Stato e su quelli della sua azienda privata.

Negli avvenimenti che determinarono l'avvento di Maria Luigia al trono di Parma, Vincenzo Mistrali, che aveva dovuto abbandonare l' Italia al seguito della principessa Baciocchi, si recò a Parigi per presentare i suoi omaggi all' Imperatrice. Essa era partita per Blois e il Mistrali non trovò più che l' imperatore Francesco, il quale interrogò il giovane prefetto sui ducati di Parma e Piacenza, ove la politica del principe di Metternich, il quale si ricordava di certi diritti che la Casa d' Austria pretendeva avere sui ducati, aveva già fissato di mandarvi la giovane Imperatrice.

L' Imperatore d' Austria indovinò quale partito si poteva cavare dai talenti del Mistrali, e lo incaricò di redigere un progetto sull' organizzazione morale e amministrativa degli Stati dei Farnesi e degli Infanti. Redatto con rapidità ammirabile, questo lavoro di organizzazione fu la base della legislazione parmense, a cui fu preposto il conte Magawli Cerati, un irlandese naturalizzato italiano e parmigiano, ma di cui fu l' anima il Mistrali, colla sua altissima intelligenza e la sua fenomenale attività.

Al tempo che Napoleone si disponeva a fuggire dall' isola dell' Elba, avendo saputo che Vincenzo Mistrali era a Parma, ordinò al signor Pons (allora amministratore delle miniere di Portolongone e che fu poi prefetto di Lione durante i Cento Giorni) di scrivergli che « prêt à remonter sur son trône, Sa Majesté comptait sur ses services ». Questo brevetto imperiale, riconoscendogli un grandissimo ingegno, poteva perderlo più tardi alla Corte d'Austria; e infatti durante tutta la sua vita egli fu spiato particolarmente dal duca di Lorena, zio dell'ex-Imperatrice: ma Maria Luigia lo salvò sempre e, sotto la sua responsabilità, lo chiamò a far parte della Commissione incaricata della revisione del Codice civile, essendo nelle idee dell'ex-Imperatrice che i suoi Stati fossero governati col Codice Napoleone. Infatti tutta l'organizzazione dei ducati, durante il suo lungo regno, non è che in piccolo la grande amministrazione francese, a cui i popoli parmensi si erano abituati, e di cui fan fede le lettere dell' imperatore Francesco al conte Magawli Cerati, prima dell' arrivo della figlia in Parma. Coadiuvata dal conte di Neipperg, nella sua timidezza quasi infantile di cui non si guarì mai, e nella sua mollezza muliebre, Maria Luigia aveva la mano buona nella scelta degli uomini che dovevano amministrare la giustizia e le finanze del ducato.

Questa mano felice di scegliersi i funzionari e i consiglieri, è stata la maggiore delle sue qualità di principessa regnante. Essa vi consacrava tutto il suo studio e vi dedicava un' abilità senza pari: e quando aveva scelto, metteva nel sostenerli una fermezza, qualche volta una specie di cocciutaggine nordica, anche eccessiva. Essa scriveva difatti un giorno al barone Mistrali, in seguito a denuncie invidiose della Corte: « N'ayez pas peur de la guerre de Parme. Je vous soutendrai si bien que les ennemis seront pour sûre mise en déroute: elle ne sera qu' ennuyeuse, mais nullement desastreuse pour vous ».

E un' altra volta: « Soyez au moins sûr que rein ne saurait ébranler la confiance que j'ai en vous: elle est fondée sur des bases trop solides et j'ai trop de preuves de votre devoûment pour l'état et pour moi, pour que je puisse jamais en douter ».

Questa corrispondenza di Maria Luigia, di cui lasciamo nella loro integrità anche gli errori d' ortografia, ce la mostra sotto un aspetto assolutamente nuovo, e molto disforme da quello che la storia politica ce l' ha presentata.

Essa presiedeva le Conferenze de' suoi ministri, discuteva gl' interessi del suo Stato, voleva governare con benignità i popoli - sur lesquels la Providence l'avait appellée à regner. - Una sua lettera dopo la morte del conte di Neipperg al barone Mistrali dice così: « Je suis bien touchée de l'intèrêt que vous prenez à ma santé j'espère qu'avec des soins et le courage nécessaire dans une cure longue et pénible elle se remettra, et que le ciel me permettra que je vive encore quelques années pour vaquer à tous les devoirs que la Providence m'a imposès envers mes sujets et tous les miens ».

E più tardi, prima di ritornare a Parma, dopo il suo ritiro a Piacenza per la rivoluzione del 1831: « Je viens de recevoir votre lettre, M˙ le Baron, et suivrai le conseil que vous me donnez de consulter avec mon oncle (il duca di Lorena) sur l'affaire que vous me proposez. Je voudrais faire ce bien aux Parmesans, mais ne serait-il possible d'attendre alors un couple de mois pour l'établissement du nouvel impôt? Je vous avoue qu'il m'en couterait beaucoup en partant d'ici de faire une chose qui telle raisonnable qu'elle est, fera crier les Plaisantins. Si vous pouvez arranger ceci se serait une bien belle œuvre… Je serais si heureuse si en arrivant à Parme on vit que si on a adopté des mesures de rigueur, on tâche cependant de les modifier et que ni vous, mon cher Baron, ni moi sommes cruels et par trop sévères ».

Si vede che la prudenza era la sua caratteristica. Essa aveva un odio speciale pei pettegolezzi, naturali in una piccola città, nella quale vivevano numerosi soldati dell' Impero, a cui essa aveva aperte le file de' suoi reggimenti e che l' amavano tutti senza eccezione: e aveva una devozione caritatevole pei poveri e una giustizia incrollabile per tutti.

La sua prudenza non si smentiva mai, se non qualche volta quando se ne mischiava la carità. Queste lettere miste di affari particolari pe' suoi due figli, che essa amava teneramente, di segreti di Stato e di disposizioni legislative, sono la più sincera espressione della sua bontà. Essa non era certamente una donna forte, ma aveva una tenerezza particolare per tutte le sofferenze; una vera passione di sollevare gl' infelici; un entusiasmo per premiare la virtù « Vous avez bien raison », scrive in una delle sue lettere, « mon cher Baron, à cause de la pension de la veuve Ansaldi; comme le président (il Cocchi) dîne aujourd'hui chez moi, je lui en parlerai de suite: j'avoue que lorsqu'il s'agit de secourir les pauvres j'oublie quelquesfois qu'il y a des lois, et j'ai besoin alors que quelqu'un me les rappelle ».

E allorchè il suo ministro delle finanze, massaio, economo, positivo, gliele sottoponeva, essa si ricordava che aveva non solo la sua lista civile ma il suo dovario di arciduchessa d'Austria, e la sua cassetta particolare pagava le spese della sua beneficenza.

La sua Corte per quanto modesta, e nella quale per economia delle dame povere essa aveva imposto una specie di uniforme, si componeva di un numeroso personale decorativo, i cui particolari sarebbero ben curiosi a descriversi. Le Corti dei piccoli ducati germanici ne presentano forse anche oggi dei saggi consimili, se dobbiamo giudicarne dal piacevole romanzo di Carmen Sylva, Le due sfere.

Le finanze dello Stato non ne sostenevano alcuna spesa. La corrispondenza col suo primo ministro e quella della contessa Scarampi, che era la grand'maìtresse, qualche cosa come si direbbe oggi la dama d'onore, dànno testimonianza irrefragabile della sua discrezione, della sua magnificenza e della sua misericordia.

Il suo maggiordomo, il barone Amelin, uno dei tre o quattro francesi della sua Corte, che la politica del principe di Metternich le aveva permesso di ritenere presso di sè, aveva qualche indelicatezza a rimproverarsi. Sitratta di licenziarlo: Maria Luigia non ne ha il coraggio, giacchè non ha le prove palmari delle di lui prevaricazioni, e scrive al suo fido ministro e consigliere: « Je crois de parler encore avec le baron Marschall (che diventò poi ministro degli esteri in Austria e che era il suo custode dopo la cacciata di Werklein) sur notre conversation de l'après midi, je lui ai avoué que je ne serais pas tranquille si en prenant une mesure pareille je ne fût pas sûre que la personne le merite tout-à-fait, car il est bien facile de repandre le malheur et le desespoir dans une famille, et plus difficile encore de réparer le mal lorsqu'il est fait. Je vous prierai donc, mon cher Baron, de suspendre la composition du décret, jusqu'à ce que je vous ai parlé demain. Je vous avoue que je désire des preuves pour me déterminer à cette mesure, qui peut être bonne, mais qui me répugne si je n'ai pas la conviction de n'avoir pas fait tort, et vous demande pardon de vous écrire encore à cette heure ci, mais j'ai trop souffert de la secousse de cette journée pour ne pas désirer du calme pour la nuite ».

Questo barone Amelin l'aveva seguita a Blois col barone Bausset e col barone di Ménéval e nella gita a Aix-les-Bains, quando esso credeva di potere ancora riunirsi con Napoleone e col Re di Roma; viaggio di cui abbiamo un racconto assai curioso del barone di Ménéval, metà in prosa e metà in versi, e dove figura per la prima volta, senza che il relatore ne abbia alcuna diffidenza, il conte di Neipperg.

Il giogo del principe di Metternich e della Casa d'Austria, di cui essa aveva sempre avuto un rispetto che confinava col terrore, le imposizioni della politica, alla quale era stata votata a' suoi diciotto anni, quando fu mandata sposa a Napoleone del quale le si era ispirato il terrore e la repugnanza, la trovarono per la sua natura, per la educazione, per la sua timidezza rassegnata alla più cieca obbedienza. Curvata sotto questo giogo di ferro, la giovane arciduchessa che aveva dei secoli di nobiltà principesca nelle sue vene e a cui si era imposto ce diable de parvenu, come lo chiamavano in famiglia, il quale aveva ventitre anni più di lei; posta in un cerchio di fuoco della rivoluzione, della politica, del divorzio che aveva colpita la sua coscienza religiosa: con due dinastie che minavano il suo trono, fuggitiva, imbarazzante per la Corte di Vienna; con questo Re di Roma sulle braccia, che le fu strappato per farne un principe austriaco e che non le fu permesso di vedere che una sola volta all' anno; minacciata di finire come sua zia Maria Antonietta se essa resisteva ai comandi di suo padre; questa principessa in così giovane età e che si è voluta caricare delle più gravi responsabilità, attorniata dalle cure e dalle attenzioni di un gentiluomo illustre come il conte di Neipperg, lo ha amato veramente e sinceramente.

Noi non vogliamo farne qui una storia più intima ed esatta. I documenti autentici che possediamo, ci lasciano libero il campo di trattarne più distesamente altrove: diremo soltanto che essa non volle mai sciogliere il suo matrimonio con Napoleone, benchè la Chiesa stessa dubitasse della sua validità, e benchè la Corte di Vienna non cessasse mai di insistere perchè lo facesse: che la morte di Napoleone non le fu annunciata e che essa la seppe per caso leggendo la Gazzetta Piemontese.

Fanno un effetto strano e doloroso l' annuncio di quella morte, giunto a Parma al conte di Neipperg da Parigi, firmato Vincent, e la nota delle spese dei funerali fatti a Sala per Sua Altezza Serenissima l' Augusto Sposo della Sovrana di Parma, in cui essa spese ventisettemila lire di limosine e per lutto della Corte e del personale di servizio. L' uno e l'altro documento si conservano nell' Archivio di Stato di Parma. I funerali celebrati sono senza nome del trapassato, di cui l' illustrazione, a così dire, si trova nella Gazzetta di quel tempo. L'annuncio di morte, in data del 6 luglio 1821, è così concepito:

« Monsieur le Comte

« J'ai l'honneur de faire savoir à V˙ E˙ que le ministère a reçu hier pour voye télégraphique, que la nouvelle de la mort de Bonaparte était arrivée en Angleterre; cet événement a eu lieu le 5 mai dernier par suite d'un abcès dans l'estomac.

« Récevez, Monsieur le Comte, l'assurance de ma haute considération.

« Paris, le 6 juillet 1821.

« Vincent ».

Le lettere alla contessa Colloredo dànno, nella loro intimità, il colore locale dei sentimenti di questa donna, e esprimono un'amarezza sorda e profonda. Umiliata come moglie, come madre, come sovrana; precipitata colle lusinghe più dolci in un abisso da desiderare di non vedere più il padre del suo figliuolo, essa dovette vedere questo figlio abbandonato alle carezze di madamigella Essler, alle consolazioni dello Slavo che gli prometteva dei regni impossibili, e ai falsi pentimenti del duca di Ragusa.

I ricordi e il ritratto del Re di Roma, che essa credette per un momento di condurre con sè, tanto che esistono ancora le note dei broccati e dei mobili per ammobigliare l'appartement du prince; tutti gli oggetti che le ricordavano l' infanzia dorata di questo fanciullo nato Re, hanno sempre popolato la reggia di Parma. Per nasconderle lo stato grave del duca di Reichstadt e il desiderio che egli aveva di rivedere prima di morire la culla che la Francia gli aveva offerto, si profittò della carità dell'arciduchessa, facendole in pari tempo il progetto di vendere la ricca psychè e la toilette delle dame francesi, a beneficio dei colerosi. Al che essa acconsenti con entusiasmo, e i documenti provano che se ne ritrassero 125 000 lire che essa destinò, con altra cospicua somma della sua cassetta privata, a vantaggio degli ospedali pel contagio che si andava diffondendo in Italia e minacciava i suoi Stati.

La corrispondenza col barone Mistrali non parla mai dell' imperatore Napoleone; ma vi è qua e là e particolarmente nelle lettere della contessa Scarampi, l' annuncio dell' ultima malattia del Re di Roma, che viene a gettare un raggio tragico nelle riserve prudenti e discrete imposte dall' Austria, che faceva spiare la donna, la madre e la sovrana, perfino nella sua camera da letto.

In una lettera ufficiale, scritta in un cattivo italiano e firmata d' ordine di Sua Maestà dal segretario di gabinetto Ricter, datata da Mürgzzusclag il 20 luglio 1832, noi vediamo una parte di quello che essa soffri nel viaggio fatto rapidamente per rivedere il Re di Roma. La Corte d' Austria, i medici, i ministri e i diplomatici, per impedirle di andare a Vienna, l' avevano assicurata che la salute del principe non correva alcun rischio. Questa lettera, tagliuzzata qua e là per le disinfezioni del colèra, ha una postilla di mano di Maria Luigia, in cui essa dà speciali disposizioni per l' avanzarsi del contagio e su alcuni funzionari che disertavano il campo. Maria Luigia non avrebbe abbandonato lo Stato senza la malattia di suo figlio, di cui una staffetta, quasi alla vigilia della morte, le aveva portato notizie a nome dell' Imperatore. Da questo epistolario finora inedito appare evidente che la contessa Scarampi non era così sorvegliata come l'arciduchessa, e poteva scrivere al barone Mistrali senza essere scorta dalla polizia dell' Impero. Una lettera datata da Trieste il 16 giugno 1832, quando Maria Luigia vi era caduta ammalata nell' andare a Schömbrunn ove agonizzava il Re di Roma, viaggio angoscioso e affrettato, lascia intravvedere una situazione grave e delicata, in cui le si era imposta la cuffia del silenzio.

« Je me figure », scriveva la dama d'onore, « comme vous devez être occupé de la santé de Sa Majesté, ayant, appris le retard que notre depart pour Vienne a éprouvé à cause de l'indisposition que lui est survenue. Pénétrée et persuadée de votre inquiétude à cet égard, monsieur le Baron, j'aime à vous rassurer et à vous apprendre que madame l' Archiduchesse est sans fièvre aujourd'hui et que nous quitterons Trieste au plus tard mardi prochain. L'on ne peut être qu'entre le désir et la crainte pour la continuation de notre voyage, car le but n'en promet aucune consolation, les nouvelles de la santé du duc de Reichsthadt étant de jour en jour plus affligeantes. S˙ M˙ l'Empereur part lundi pour sa tournée en Tirol; il ne sera de retour dans sa capitale que dans le mois de juillet ».

L' imperatore Francesco, che amava sua figlia Maria Luigia, sacrificata alla politica dell' Europa e di cui il figlio moriva per questa medesima politica, voleva involarsi a questi crudeli e supremi momenti. E il 21 luglio madama Scarampi, che portava il lutto di una sua figlia amatissima, scriveva da Schömbrunn al barone Mistrali: « Ma douleur est telle que j'envie à S˙ M˙ la cruelle consolation d'assister aux derniers moments de son fils, dont la fin est depuis longtemps inévitable; elle ne parait même être éloignée. Heureusement pour la conservation de S˙ M˙ que sa santé s'est fortifiée au milieu de tant de peines. Vous sentez bien qu'elles sont dans ce moment doublement les miennes. Croyez que mes propres chagrins ne m' ont pas rendue insensible à ceux de mes amis: au contraire je les sens avec plus de simpatie encore… Notre retour à Parme ne pourrait être éloigné. Pourvu que la perspective de l'avenir offre calme, repos et consolation à Sa Majesté! ».

Allorchè tutto fu finito e che si rimandò a Parma la madre a fare la Sovrana, è ancora la contessa Scarampi che scrive da Innspruck al barone Mistrali: « Quoique nostre arrivée suivra de près cette lettre, je ne veux pas manquer non seulement de vous confirmer la réception de votre lettre, mais la bienveillance avec laquelle S˙ M˙ a reçu les témoignages de l' intérêt que vous prenez à sa douleur. Elle vous remercie connaissant votre parfait devoûment en toute occasion. La santé de madame l' Archiduchesse s'est assez bien soutenue au milieu de tant de douleurs. Le ciel accorde force et courage, là où il impose des sagrifices surnaturels. Qui mieux que moi peut soutenir cette vérité? »

Nel complesso della corrispondenza intima col barone Mistrali e nelle lettere della contessa Scarampi, è facile di accorgersi che erano tutti sorvegliati dal barone Marshall, dal principe di Metternich e dal duca di Lorena, il che metteva l' arciduchessa nella continua necessità di salvarlo contro le calunnie e le guerre dei rivali, più che mai gelosi dell' ascendente ch' egli aveva sull' animo della sovrana.

Il barone Mistrali aveva avuto incarico di concludere il matrimonio della figlia Albertina col conte Luigi Sanvitale, figlio di un bonapartista convinto e confesso, che aveva dedicato al nome dell'Imperatore un istituto industriale ne' suoi beni di Fontanellato presso a Parma, e una piazza coll' ampollosa denominazione di San Napoleone. Difatti essa gli scrive da Sala: « Je suis enchantée si j'ai pu parvenir à faire entrer la calme dans votre âme et à vous persuader que ma conflance en vous a été toujours la même et je pense avec un vrai plaisir que vous m'aiderez toujours adjoinctement à travailler au bonheur des duchés que la sort m'a confié. Je désire de tout mon cœur qu'il ne survienne aucun changement, mais je crains que la résolution n'en soit bien prise, et si on sépare les deux places cela nous attire sur le champ un ministre de France ce qui serait aussi une grande calamité. Vous rappélez vous l'année passée que l'on a nommé de suite M˙ Saint Priest lorsque le baron Mareschall fut nommé ministre d' Autriche? C'est une chose qu'il faudra aussi bien peser dans l'intérêt du pays ».

In quel tempo si facevano pratiche diplomatiche per separare l'ambasciata di Parma da quella di Firenze. Il barone Marshall, di cui parla sovente Maria Luigia in queste lettere e che era stato mandato a Parma per sostenere, durante la rivoluzione del 1831, tutti gli imbarazzi della politica, aveva sostituito il generale Wercklein, di cui l' odiosa figura, le imposte esorbitanti e la reazione violenta ai sentimenti popolari, avevano obbligata Maria Luigia ad abbandonare la capitale e a ritirarsi a Piacenza, sebbene scortata dagli stessi membri del Governo Provvisorio, per proteggerne la partenza.

Il barone Marshall teneva in gran paura l' arciduchessa, che egli minacciava incessantemente a nome del principe di Metternich e del duca di Lorena, uomo veramente d' ingegno politico e militare, e che aveva la missione di comunicarle gli ordini dell' alta politica europea.

Maria Luigia aveva una grande opinione del barone Marshall, ma agiva con una riservatezza che andava fino alla diffidenza, particolarmente pel matrimonio di sua figlia Albertina, che era vivamente contrastato a Vienna, per le opinioni liberali non mai smentite della famiglia dello sposo.

Maria Luigia sfugge al barone Marshall, a suo zio, al principe di Metternich, alla stessa polizia imperiale, quando scrive al barone Mistrali: « Je viens de recevoir, mon cher Baron, l'ordre pour le payment des secours pour les enfants du comte Jacques, et m'empresse de vous le renvoyer. Si vous croyez qu'on peut venir au secour du docteur Rossi sans blesser la loi, je le ferai bien volontier, car la pauvre veuve a eu malheur sur malheur; je crois seulement qu'il ne faudra pas le faire secrètement, car tout se sait et alors cela pourrait faire un commérage désagréable ».

Questo comte Jacques era il conte Sanvitale, fuoruscito cercato a morte dall' Austria, che aveva subíto una prigione di Stato nel 1811 dalla polizia francese per amore d' Italia, emigrato con Mazzini, coi fratelli Ruffini a Marsiglia, e che poeta civile aveva chiamato la simpatia della Francia, ove fu internato a Montauban, colla sua Nostalgia, la cantica celebre della disperazione patriottica.

Questi fatti provano che era ben giustificata la diffidenza del barone Marshall e del principe di Metternich verso l'ex-Imperatrice, alla quale facevano sorgere ostacoli di ogni genere pel matrimonio della sua figliuola, la donna insigne e venerata ancora dai Parmigiani, con un uomo che aveva nelle vene l' infezione rivoluzionaria: « J'ai parlé au baron M… (Marshall) du mariage du comte Sanvitale, il n'a montré aucune opposition: seulement il m'a prié de permettre qu'après tous les inconvénients qu'il y voit, qu'il ne s'en mêle pas… Ce qu'il m'a laissé entrevoir malgré lui c'est le désir et l'idée d'expulser pour toujours le comte Sanvital après son mariage de la maison, ce qui ne me fait pas peur, puisque je n'y consentirai pas; et ce qui me fera peut-être remettre la nomination des autres chambellans à un peu plus tard; car c'est de cette manière qu'il voulait me prendre et qu'il a laissé échapper malgré lui et que je vous racconterai un jour ».

La principessa in questo momento di furberia diplomatica crede d'esser forte contro il barone Marshall e la polizia del principe di Metternich. Ma essa si inganna. Si sta preparando il terreno per mandarle il conte di Bombelles. Ministro d'Austria a Berna questo Bombelles aveva trattato l'affare del generale Montholon, che reduce da Sant' Elena si era rivolto all'ex-Imperatrice, per rivendicare i suoi crediti verso la famiglia di Napoleone. Le lettere di Montholon come quella del Vincent coll' annuncio della morte di Napoleone non le furono mai recapitate, e si conservano nell' Archivio di Parma.

Al domani dei grandi avvenimenti che potevano turbarla, la diplomazia le procurava delle distrazioni. La facevano viaggiare, le mandavano degli ambasciatori, le procuravano del denaro per le sue beneficenze, le lasciavano la libertà di fondare teatri, istituti scientifici e di carità, di gettare ponti, di tracciare grandi linee di strade fra gli Appennini, di comperare quadri e oggetti di belle arti, fino a permetterle di riscattare dal Canova il suo ritratto nella statua della Concordia, ordinata al sommo scultore da Napoleone per celebrare la pace europea, di cui essa era stata inutile pegno.

All' annuncio che stavano per mandarle un altro grand maître, e che costui era un conte di Bombelles, i cui avi avevano lasciata la testa sotto la mannaia della rivoluzione, e che si erano poi naturalizzati austriaci, Maria Luigia ne ebbe uno sgomento grande, come vediamo anche nelle lettere da lei scritte alla contessa Colloredo. Ma poi al solito la sua debolezza e la sua buona fede la vinsero. Essa sapeva del resto di rimanere sempre vittima di qualcheduno. « Dans tous mes nombreux défauts j'en ai jamais eu celui de douteur de mes amis: au contraire lorsque je croyais pouvoir nommer ainsi quelqu'un j'en ai été la dupe. Wercklein lui même en est une malheureuse preuve ».

Il conte di Bombelles guadagnò ben presto le simpatie dell' arciduchessa, e cercò sfollare la Corte da tutte le persone che potevano in certo modo renderla più popolare e più confidente.

Il barone Mistrali non fu, almeno da questa parte, molestato, perchè erano troppo grandi gli interessi che lo legavano all' ex-Imperatrice e allo Stato.

Nel fascicolo delle lettere di Maria Luigia a lui, c' è una lacuna. Non si può sapere se il primo ministro abbia distrutto quei documenti, o se esistano ancora con altri di quel tempo. Ma questa lacuna è compensata da un biglietto curioso che ci piace di riprodurre nella sua integrità, e che mostra da quali insidie fosse circondata questa principessa, anche quando non era più giovane. Il biglietto deve esser stato consegnato al Mistrali dalla mano stessa di Maria Luigia, sotto la tavola, durante la discussione degli affari correnti.

È noto che l' ex-Imperatrice era bella e amabile. Il barone di Mènéval al suo arrivo in Francia ne fa una descrizione a sua moglie assai lusinghiera, e non le mancava, secondo lui, che un po' di parigino per riuscire perfetta. Le sue amabili maniere, la sua semplicità le guadagnavano delle ammirazioni molto calde, e qualcuno della sua Corte voleva lasciar credere a certe parzialità, che in realtà non esistevano. Di là i maligni rumores che la politica ha sempre avuto interesse di esagerare.

I pettegolezzi degli uomini sopratutto, attorno ad una principessa che aveva un simile passato, e che era beila e amabile, prendevano delle proporzioni pericolose, poichè se ne mischiavano la politica, l'ambizione, la rivalità, la passione e talvolta l'amore il più devoto. L' amare una principessa regnante e l' esserne amato esercita un fascino straordinario sull' animo degli uomini: anche i più arditi rivoluzionari non sono rimasti insensibili a quelle attrattive: esempi storici, per tacer d' altri, Mirabeau e Barnave.

Ora, il biglietto di Maria Luigia al suo primo ministro, è prezioso per la sua ingenuità, per la sua indignazione, pel suo dolore. Essa usciva da un trabocchetto per cadere in un altro; e dopo aver avuto un grande terrore di questo conte di Bombelles, comincia a mostrargli la sua fiducia. Ecco quel biglietto testualmente riprodotto: « Faite moi le plasir mon cher Baron de me dire s'il est vrai que pour le moment on ne parle plus de la Cour en ville. Bom… m'a encore reparlé des lettres que j'avais ecrite à une personne que je vous ai nommée à Parme, et qu'elle montrait en parlant volontier des bontés que j'avais pour elle. Voyez quelle affreuse calomnie et quel mal Marshall a fait !!! Avec son système d'espionnage il a appris à la police à faire même des rapports contre sa Souveraine et à recueillir sur elle et ses alentours touts les on dit de la Ville. Et à quoi sert-il de vivre vraiment comme dans un couvent lorsqu'on n'est pas à l'abri des mensonges? J'en ai le cœur tout navré. C'est encore un bonheur que Bom… qui a les vues les plus droites me ait dit tout parce qu'il desire le bien, mais croyez qu'à présent qu'on fait de ces rapports dans la maison et de la police on s'en servira par envie, par haine et pour ruiner les gens et les precipiter; j'en ai l'intime conviction. Pardon de ce griffonage, mai je compte sur le devoument que vous m'avez toujours montré, pour m'avertir de ce que l'on pourrait dire en ville. C'est un vrai service que l'on rends aux princes à leur dire la verité. Ne me repondez pas avant samedi et remettez le moi même. Je vous conjure de bruler ce billet et surtout de ne pas parler a Challiot et au comte S… Le premier dit tout et le second n' est pas sur à force qu'il a peur du Grand Maître ».

Questo biglietto scritto in uno scacco di carta verdastra con minutissimi caratteri, fu così poco bruciato, che noi possiamo stamparlo qui.

E con esso per questa volta finiamo di spigolare su un carteggio, a cui sono affidati i più grandi interessi personali e politici della vedova di Napoleone il Grande, che finì per sposare segretamente anche questo conte di Bombelles.

Il suo matrimonio con questo uomo, a lei mandato dall'Austria come le era stato mandato il conte di Neipperg, il generale Wercklein, il barone Marshall e il confessore Lamprech, si presenta davvero alla nostra mente come la più grande colpa della sua vita. Ma perchè il conte di Bombelles potesse aspirare al matrimonio della pronipote di Maria Teresa, che fu moglie di Napoleone e amò il Baiardo austriaco, occorrevano altre ragioni che quelle di un amore, che nè l' uno nè l'altra potevano ormai alla loro età sentire. Se essa fosse stata la donna senza pudore che i cronisti e gli appassionati dicono, avrebbe ben potuto fare a meno di sposare il conte di Bombelles. Il conte di Neipperg era morto cinque anni prima, ed essa non aveva cessato di piangerne la perdita. Allorchè egli accompagnó l'ex-Imperatrice a Parma, due anni dopo la separazione con Napoleone, e che nel 1817 Maria Luigia ebbe da lui la prima figlia, essa era nel fiore degli anni e tutto era stato predisposto per precipitarla. Questo all' infuori dei sentimenti affettuosi che il conte di Neipperg professava per l' arciduchessa. L' imperatore Francesco aveva disposto che fosse accompagnata invece dal vecchio Esterazy, di cui essa era ammiratrice per le sue nobili resistenze agli oppressori del suo paese, cioè i Francesi, fino dalla sua prima età. Ma poi il principe di Metternich guadagnò l' Imperatore alla sua causa, che era quella di rendere impossibile, mediante un intrigo amoroso, il ricongiungimento con Napoleone. Al giorno stesso in cui nacque la sua figlia primogenita, l' arciduchessa riceveva ufficialmente l'ambasciatore di Russia, circondata da tutta la Corte.

Ma al momento di ritirarsi ne' suoi appartamenti, le dame della Corte, i ciambellani, i paggi, le cameriste cominciarono a parlottare fra loro, in quel modo ammirevole e malizioso che certo era meritevole in una così meravigliosa circostanza. Il conte di Neipperg fu molto contrariato da questo contegno della Corte, e poichè si trattava di chiamare il professore Giovanni Rossi, chirurgo abilissimo dell' Università, lasciandogli ignorare chi potesse essere la dama che aveva bisogno di lui, il conte di Neipperg disse rudemente: Sua Maestà l' Imperatore me l' ha data, e mi ha detto che ne faccia quello che voglio.

Questa brutalità militare non è una scusa per l' arciduchessa, nè pel conte di Neipperg; ma è una situazione. Questa stessa situazione ha preparato l'avvento presso la nipote di Maria Antonietta di un discendente di quei Bombelles, che lasciarono la testa sotto la mannaia.

Il testamento di Maria Luigia prova che quello stesso Bombelles, il quale era suo marito e a cui furono devolute tutte le sue carte per la Corte di Vienna, non era neppure il più ascoltato de' suoi consiglieri.

Tutto ciò che essa possedeva del duca di Reichstadt e dei ricordi di Napoleone lasciò al Museo Imperiale della sua Vienna che essa amò tanto e di cui aveva comperato un sasso del selciato, quando fuggente a traverso l' Impero contro l'invasione francese, se lo teneva quasi una reliquia presso al letto dove dormiva.

Certamente allora essa non immaginava che il Primo Console, tanto detestato, sarebbe divenuto Imperatore e poi suo marito: e che questo sasso comperato a Buda l'avrebbe seguita forse a Parma, ove nacque il Conte di Montenovo, che doveva appartenere come principe austriaco ad un esercito nemico di quello in cui combatteva il figlio della sua Albertina, volontario per l' indipendenza e l' unità della patria. Sono le fatalità della storia e le sorprese della vita e della morte che ci rendono tutti uguali davanti al mondo; e queste fatalità ci tolgono ogni diritto di esser scettici.

Quand' essa morì ci fu un oscuro e tetro convincimento che fosse vittima di un veleno, ad essa propinato dal suo confessore, il sacerdote Lamprech. I dinieghi della Corte e dei parenti non riuscirono a persuadere nessuno. I documenti che si conservano negli archivi della Corte e dello Stato non affermano e non negano nulla. Il vero è che il cappellano Lamprech, pochi mesi prima, intanto che Maria Luigia si trovava ai bagni di Ischl, fu chiamato a Schömbrunn dal principe di Metternich con un largo compenso, di cui resta nota nell' archivio di Corte; e che in quel frattempo il Duca di Lucca, che era erede del Ducato di Parma, abdicò al suo principato improvvisamente a favore del Granduca di Toscana, sciogliendo dal giuramento di fedeltà i sudditi; che Modena occupò Guastalla, e che già molti segni annunciavano che si era alla vigilia dei grandi rivolgimenti politici del 1848. Il duca Ferdinando, infante di Spagna, in condizioni identiche, fu nel 1802 avvelenato dalla politica, da un familiare di Corte, di cui una discolpa, diretta all' imperatore Francesco alla vigilia dell' arrivo di Maria Luigia, esiste nell' Archivio di Parma.

Una singolare coincidenza si ha nella morte improvvisa dello stesso Lamprech che, secondo le voci di Corte, aveva confessato il suo delitto all'ex-Imperatrice, la quale gli perdonò, e nella morte ugualmente repentina del frate minore Ginesini, che aveva confessato il Lamprech.

Questi fatti che rapidamente accenniamo avremo campo di dilucidarli in un libro che è in preparazione e colla scorta di documenti di una grande importanza.

Maria Luigia morì il 21 dicembre 1847, al domani del suo compleanno, che doveva essere festeggiato dalla Corte e dalla cittadinanza da cui era grandemente amata, benchè straniera e malgrado le leggende che si erano formate intorno ad essa.

Religiosa per natura e per educazione domandò i conforti estremi senza debolezza e senza paura. Essa era sul punto di comparire davanti al solo tribunale che, conforme i suoi principî imperialisti, poteva condannarla o assolverla secondo la sua giustizia e la sua misericordia. E dettò sul suo letto di morte queste parole testuali che a Parma e a Vienna dovevano avere echi sì diversi, ma solenni nella maestà sinistra della morte vicina:

« Io perdono a tutti quelli che sotto il mio pacifico governo, hanno colmato il mio cuore d'amarezza, e che in diverse epoche mi hanno dato della pena e cagionato dei dispiaceri e delle inquietudini. Spero che Dio nella sua misericordia li perdonerà, li illuminerà e che essi testimonieranno al loro nuovo Sovrano obbedienza, rispetto e fedeltà ».

Firmò decreti di grazia, progetti di importanti lavori, fra cui quello di una ferrovia tra Parma e Piacenza, numerosi atti di beneficenza e volle benedire i conti Sanvitale, che piangevano intorno al suo letto.

A suo genero, il conte Luigi, che dopo pochi mesi doveva presiedere il Governo provvisorio di Parma ed esulare in Piemonte condannato dai Borboni, sentendosi da lui baciare la mano disse: « Addio, Luigi: anche voi ricordatevi di me. Spero che i Parmigiani non mi dimenticheranno, giacchè io li ho amati e ho sempre cercato di fare loro del bene ».

Alla contessa Albertina sua figlia, donna di grande virtù e ingegno, che aveva pronunciato il nome di Guglielmo suo fratello, il conte di Montenovo che era a Vienna, e che non giunse in tempo a vederla, disse: « Se io non lo vedo più, ditegli che io lo benedico col pensiero e che pregherò di lassù per la sua felicità ». E pochi istanti prima di lasciare questa vita mortale per andare in un'altra, ove è silenzio e tenebre la gloria degli uomini, le loro abbominazioni e la loro giustizia, se giustizia giammai può trovarsi fra gli uomini, essa manifestò un solo dispiacere: di dovere abbandonare i suoi poveri.

I suoi poveri non erano solamente a Parma: erano anche a Vienna: e essa legò ad essi, alla sua cara città e alla sua famiglia imperiale tutto ciò che essa poteva, eccettuato quello che lasciò in eredità a' suoi due figli e a 300 000 lire per una sola volta a quel Carlo di Bombelles, che era stato suo marito: la sua ultima fatalità politica, che l'accompagnò perfino sul suo feretro.

« Ainsi finit une Princesse », dice un racconto molto interessante della sua morte, « que les plus grands événements ont constamment repoussée du seul endroit de la terre où elle aurait pu trouver le bonheur: le sein de sa famille ».

« Maria Luigia », come scrive poeticamente Lamartine, « era una figlia leggiadra del Tirolo, con occhi azzurri, capelli biondi, volto cosparso delle nevi e delle rose delle sue valli, persona svelta e l'attitudine languida di quelle donne germaniche, le quali pare abbiano sempre bisogno di appoggiarsi al cuore d' un uomo:..… natura semplice, chiusa in sè stessa: muta esternamente, piena di echi all' interno, fatta per l'amore domestico in un destino oscuro ».

Parma non l' ha dimenticata. Maria Luigia è morta più di un mezzo secolo fa, ma le sue opere di pubblica utilità e le beneficenze senza numero, hanno lasciato una impronta particolare di magnificenza, di giustizia, di bontà.

Il suo nome è legato alla città, alla sua legislazione, a' suoi monumenti, alle sue liberalità, alla pubblica istruzione, e anche al patriottismo, perchè i patrioti ebbero in essa una madre pietosa, malgrado le imposizioni della politica austriaca. In tutti gli uffici pubblici si vede ancora al posto d' onore il suo ritratto, dipinto da Isabey, inciso da Toschi. Essa è là nel suo abbigliamento imperiale che la vide alle Tuileries e che fece l' invidia della sua seconda matrigna, allorchè, a Dresda e a Vienna, essa dovette cedere il primo posto alla moglie di ce diable de parvenu, il che creò il primo movimento ostile verso di lei alla Corte di Vienna, e si formarono i primi intrighi per perderla.

Gl' Italiani non possono leggere senza raccapriccio le censure che una Carolina di Napoli le infliggeva, e di cui si compiacciono invece così incredibilmente gli storici francesi, e coloro che si pascono di opinioni già fatte.

Noi crediamo che queste brevi notizie da noi date sopra una principessa giudicata tanto severamente, possano cominciare a rischiarare molti punti oscuri e incerti sulla sua vita così poco conosciuta. A Maria Luigia, che nessuno intende scusare in quanto può aver commesso di meno corretto nella sua vita, si vollero imporre i doveri, il coraggio e l' ingegno della sua grande ava, Maria Teresa, come se i tempi e l'ambiente potessero essere pur di lontano confrontabili, data la diversità dei popoli su cui essa era chiamata a regnare, insieme ad un uomo che fu un fenomeno speciale, dopo una rivoluzione che aveva decretato il supplizio della famiglia reale; e come se si potesse dare a ogni essere umano la stessa grandezza d' ingegno, e la stessa fortezza di fibra.

La storia di quel periodo e dello stesso Napoleone, anche secondo l'opinione del Taine, al quale nessuno potrà mai contestare il genio storico, è ancora da fare, malgrado i molti documenti pubblicati e che non hanno potuto ancora fondersi in una sintesi perfetta.

Noi saremmo felici se la nostra indipendenza e quel grano di giustizia che ogni uomo porta in sè, come il segno di una virtù che può elevare le anime per la reintegrazione del vero, potessero contribuire a spandere un raggio di luce sulla vita d' una donna, che in ciò ch' essa poteva fare di bene al suo simile, lo fece con semplicità, con candore, con ingenuità, non avendo altro fine che il bene per sè stesso, l' imperativo categorico di Kant, commisto al precetto morale del Cristianesimo: « Ama il tuo prossimo come te stesso, e perdona a' tuoi offensori ».

Si dice di Giuseppe II, suo zio, la frase biblica: Giuseppe conobbe i suoi fratelli, ma essi non lo riconobbero. Si potrebbe forse dire qualche cosa di analogo di Maria Luigia, in riguardo ai suoi tempi, agli uomini, alle cose e alle singolari avventure che circondarono la sua vita.

Può essere lecito di credere che i tempi storici possano un giorno conoscerla senza passione politica, tale quale essa era realmente, co' suoi difetti, co' suoi peccati, ma eziandio co' suoi pregi, e colla sua bontà?

La verità è più grande della gloria: forte come la morte essa non aspetta che il coraggio per mostrarsi, e il documento umano per stabilirsi perpetuamente nella coscienza pubblica.

E una parte di questo documento noi abbiamo cercato di illustrare oggi, sulla vedova imperiale di Napoleone il Grande.

Caterina Pigorini Beri.