PENSIERI
DI
UNA MADRE
CARME
DI
CLARICE DALLA BONA RONCALI

ROVIGO
Premiato Stabilimento Tipografico Provinciale di G˙ Vianello
Novembre 1868.

Un esempio diè forma al mio povero carme, e fu l' esempio di Je Moadre mia; un solo desiderio lo ispirò, e fu quello d' essere da' miei figli amata cosi, come t' ama

La lua Clarice.

Sul vermiglio suo labbro eterno brilla Un sorriso di Ciel, candido e bello Come l' anima sua pura e innocente. Non già la tema del dolor l' arresta, Chè sol di rose all' età prima appare Ricco ovunque il sentier di nostra vita; Non il periglio che a Lui giace accanto E il cor sovente fa balzarmi in seno, Cui sorridendo e già securo in volto Ratto come il pensier ei varca ardito. Se un capriccio infantil pago non fora, Siccome nel suo cor desio gli parla, Pronto ei s' acciglia, e col piedin la terra Percuote e preme, e dall' ardente sguardo L' ira traspar, che si tramuta in pianto. Ma ai vortici simìl d' estivo nembo, In cui la terra a un tratto appar travolta, E l' alma debil fa ritrar smarrita Con presto passo ne' deserti lari, Ma quivi giunta, con sorpresa mira Dileguato il periglio, e in calma resi Gl' infuriati elementi, e ancor più bello Il re degli astri dominar maestoso; Così sovente sul divin sembiante Dell' angioletto mio ritorna il riso, Più soäve e gentil che innanzi fosse; E la lagrima ancor aggiungne incanto Al roseo volto dal corruccio acceso. Se d' un saccente cinico il mio carme Per caso al freddo sguardo un dì si offrisse, Col sorriso del dubbio e dello sprezzo I sacri affetti, che il mio canto accoglie Tentar potrebbe di schernir superbo; Chè, sterile il suo cor di puri affetti, La virtude è per lui vana parola, Cui l' uomo adopra con segreto fine, Ma che vita non ha, non ebbe mai. Il linguaggio gentil del ver, del bello Torna incompreso a chi nel dubbio eterno Affogato ha la fede, e speme, e amore; E se vano a costui fora il mio verso Oh! lunge il getti, ma lo scherno taccia. In cor gentile amor facile alberga, Cui dolcemente la pietà s' annoda, Ma in cor di donna, prepotente ei vive; È se di madre il santo nome un giorno Sul roseo labbro d' un fanciul diletto Balbettar sente, oh! allor suprema, Divina gioia le riveste l' alma, Così ch' altro desio nè prova o cura; Santo conforto a rio dolore arriva Che molce l' alma ne' più crudi strazii, E a nobil meta ed al dovere è guida. Provar dissimil non può donna amore Se stretto un dì ha fra sue braccia un figlio. E pur di madre la mission sublime Misconosce talor la donna ahi! troppo!…. Molti sono i dolor, che nella vita, Sotto forme leggiadre, occulta il fato, E l' alma del fanciul, spesso seguendo Il primo slancio d' una mente ardita, Nelle spire del duol trovasi avvolta; Così funesto disinganno ratto Tronca la gioja, che imprudente il core Dolcemente cullò, e tosto sparve. Smarrito allora ei si riguarda attorno, E il sentier, che cosparso in pria mirava Di rose e mirti, ora steril si mostra; E il riso incerto sul suo labbro errando, Quel dubbio svela, onde un timore ascoso Malgrado noi tutte le fibre invade. Poi quando è giunto nell' età virile E il cor penètra coi suoi strali amore, E d' indomita febbre avvampa e strugge L' inesperto fanciul, ei crede ovunque Gli si appresti una gioia, e fede e amore Eterna abbian la stanza in core umano!…. Oh! se a crudeli disinganni l' alma Non temprata è già pria, e crebbe e visse Strania al dolor, il primo impeto segue Della passion tradita; e fede e amore, Quanto prima elevava ad alte sfere, Or ricopre di sprezzo, e forse ancora La virtude beffeggia e al vizio plaude. Sol l' amistade può servir di guida Nell' aspro calle dell' umana vita, Ove tutto s' abbella al guardo ignaro; E se il periglio ivi nascoso serpe, Con man benigna e con profonda scienza L' inesperto ne tragge e adduce in salvo. Ma l' uom sovente adultera ed irride Sì puro affetto con mendaci detti, E all' amore simìl che ognun millanta Nel petto di serrar gentile e casto, Facil pur anco l' amistà rinviensi; Ma rara troppo ella quaggiuso ha sede Franca ed onesta qual si vanta ognora. Con arte più gentil, con man pietosa Chi lenir può le angosce, e al duol prestare Coraggio novo se la fè vacilla, Se l' alma trema, e già nel dubbio incappa? E gli arcani del cor moti incompresi, Gli spasimi, le pene, oh! chi può mai A un tratto indovinar se ascosi stanno? Chi sublime arrecar puote conforto S' alma sublime non racchiuda in petto? Donna lo puote. Di tesoro sacro D' affetti e di dolor prodiga un giorno Natura grandemente le fu, ed Ella…. L' affetto e il duol nel cor serrò gelosa. Paga natura ammirando ristette La divina opra sua, ed a Lei volle La più santa mission fidar quaggiuso Che sola il dritto ed il poter n' avea. Debil si noma, e questa taccia amara Le appone l' uom che di sue cure vive! Debile ormai sol per rio vezzo è detta: Se amor l' accende e la virtude accoppia Sol dal suo seno può venir conforto. Oh sì! La donna qual potenza arcana D' affetti nel suo petto acchiude; e quanto Su giovin prole può di madre l' opra! Non fra il sorriso di fugaci ebbrezze S' edùca il cor, s' ingentilisce l' alma, Ma il sacrificio, di sventura erede, Solleva l' una a le region sublimi; Non caduca virtù nel cor trasfonde; Chè il duol sprigiona l' intelletto e libra L' alma sui vanni delle scienze occulte, E in queste ella penètra e invola e svela Quindi ai profani quei tesor segreti Che palesi si fer mercè lo studio, Grande conforto fra le angosce e il pianto. Ma difficil ben fora, ed arduo è spesso Il ritroso fanciul guidar per l' aspra Via, che ad onor ed a virtude adduce, Onde ei nobil sfuggir debba i perigli E ai facili piacer libero mai Fidar gli slanci dell' età bollente. Chè può di madre il cieco amor talora Debil schermo tornar; funesto e crudo, Se congiunto non va dell' esperienza Al vigil guardo, ed al maturo senno. Allora che il bambin apre le luci, Confusi e in frotta egli si vede innante Stranieri oggetti, cui sua mente imbelle Non puote concepir, ma pure il tenta Coll' inquieto desìo che in lui traspira; Ed ei però arrovella e piange, e grida; Ma poi lo sguardo più fissando attento, Sorpreso ei mira il sottoposto oggetto Prender forma e color, più chiaro quindi Distinto alfine gli si appresta, e pure Ognor più oscuro è all' intelletto suo. Ed alla madre allor mille rivolge Curiose inchieste, e dal suo labbro pende Con quell' ansia infantil, che esclude indugi A la pronta adesion d' ogni sua brama. Con rara maëstria, e con soave motto, Spiegar deesi al fanciul l' oggetto e l' uso A cui serbato fu, nè mai lasciarlo Per alcuna ragion nel proprio errore. Spesso dell' uom l' indifferente sguardo Di posar schifa sul fanciul, che solo Poche lune conta; gracil siccome È quella fibra tanto, inerti ancora La mente e il cor d' età si presta ei crede; Eppure all' odio od all' amor aliena L' alma non è di que' diletti, e ardito Spiegan del bello il sentimento e il gusto, E a gioia od a mestizia inclini sono. Talor del genio la scintilla arcana Ascosa vive nel lor petto, e ferve E sfolgorando irrompe. Or tarda invece, E per colpa dell' uom, s' accentra e strugge L' infelice, cui la barbarie stolta Dell' ignoranza altrui, danna all' inerzia. Pari al delitto, che la luce abborre, Tarpar del genio ei dee gli arditi vanni!… Santo dovere è d' una madre e primo Seguir attenta e con profondo studio Ove tenera ancor inclina l' alma Del fanciulletto; e se al desìo materno, In onta al proprio ben, divien rubello Oppur facil si piega all' altrui detto: A lui dimostri allor come funesto Ahi! troppo spesso, il fidar cieco torni, Sovra il pensier che fu concetto in pria; Ed esizïal non meno il mutar pronto Al par di foglia che agil soffio move: Securo il savio l' opinione espone, E solo cede a convinzion profonda Non a rispetti, ed al timor giammai. Se un istinto crudel spiega il fanciullo, Solerte a l' oppugnar la madre sorga, Ogni arte adopri che squisita sia, Onde ad essa quell' alma ancora torni Se frangere tentasse il dolce nodo Cui natura sacrò, e amor più strinse. Ove vano l' amor di madre fora, Che puote mai sovra un caparbio figlio? Può la forza bensì domare un' alma, Ma, giunto il dì che libertade apporta, Vëêmenti scoppian le passion represse, Ostacoli frangendo, e sol desïosa Di sue brame appagar, a tutto eccede; Che se vincer non può la madre il triste E crudo istinto del suo figlio, almeno Reso mite l' avrà. Può tutto amore: Salvare un' alma, o negli abissi trarla. Ma se modesto eppur sublime appare Desìo del bello in giovinetta etade, Non trascuri ella mai, non abbandoni La fragil pianta che ne' semi acchiude Del genio onnipotente la scintilla; E se talor del suo poter dispera, Nova lena in quell' alma ella v' infonda. La bassa invidia di codarda gente Insinuerà della calunnia atroce La venefica bava, ognor occulta Ovunque penetrando, e vil menzogna Siccome nitida verità, franca Sul labbro audace poserà dei tristi; L' aureola sacra, che circonda il genio D' offuscare così l' invido spera; Chè troppo è ver, che l'uom credul si mostra Alle fralezze altrui, ricetta il vizio Facil nell' alma, e alla virtude rende Tardo tributo, pur credendo a questa. Non mai la madre pel suo figlio tema; Del genio la divina onnipotenza Volge sempre in allôr l' immonda bava; E l' impudente dalla fronte altera, Come abbagliato da fulmineo raggio, Pallido freme, ma lo sguardo china. Nella mente e nel cor teneri ancora, La madre imprima una massima santa Che in tutta la sua vita il figlio guidi: Più che esperienza che da studio arriva, Più che il consiglio di persona amata, Severo un consiglier regge la vita. Rigido, giusto, non transige ei mai, E i nostri passi segue, i sonni turba, E ognor la colpa al nostro sguardo addita: La coscienza si noma, e ha vita in noi. Oh! santo ed arduo còmpito ha la madre, E in Lei riposte stan dell' uom le sorti. E di novella stirpe l' avvenire. Non basta amor per educare i figli; Profonda scienza, e rigida virtude Esser denno d' amor le fide suore. Or che il mio sguardo si sofferma inquieto Sul vago volto del bambin diletto A cui dolce il sonno le luci vela, Una lagrima mesta sulla guancia Mi scende..… A lui daccanto, poche lune Conta un altro figlio, diletto al pari Al materno mio cor… Se amor non benda Lo sguardo mio, bello e gentil sembiante Portano entrambi…. Perchè molle il ciglio Ancor di pianto la mia guancia irrora?…. Se al grave pondo debil forza avessi?.…. Oh! l' alma, il giuro, nel mio petto ardente Freme d' amore..… No. Non temo, il sento. E se il saper è impari al grave incarco Amor, forza, e virtù, frali non sono. Ecco, sparve la lagrima, e serena La speme irradia la mia fronte altera; In steril campo non cadranno io spero Mie assidue cure. Oh! l' innocente riso Alcun non turbi su quei volti amati; Chè noie, e crude pene irromperanno In que' vergini cor, poichè securo Nulla vive quaggiù fuor del dolore! Sorridete miei figli, e l' onestade V' accompagni i pensier, gli affetti, e l' opre. Giammai non teme la sventura il giusto, Poichè tranquilla la coscienza posa. Come al presente sul mio sen l' un versa Il corruccio ostinato, ed a difesa Mi chiama ognor nelle infantili lotte, E la gioia sul volto appar dell' altro Quando stretto è al mio cor; così pur sempre Il vostro amore io chiedo, e a un solo sguardo Comprese mi verran le vostre angosce. Se rimedio al dolor quaggiù non vive, Al mio sen vi trarrò, con voi piangendo. Alla patria il pensier spesso volgete, E l' opre in suo favor. Onesti sempre Cittadini voi siate, e degni figli D' una patria, invidïata dal mondo. Oh! se un giorno potrò sul vostro volto Il mio labbro posar, e sulla fronte Modesto e grave in un brillar vedessi L' ardente raggio, che distingue il forte, Se pur sofferto crude pene avessi E mia vita cosunta in gravi affanni, Tutto obbliato in quell' istante fora, Poichè l' alma rivive in quell' amplesso. Uno è il voto del cor, l' assiduo scopo Il potente desir, che seguo ognora. Liberi, generosi, onesti e forti, Di fanciuletti imbelli, uomini farvi. Chè d' uomo ha il nome sol, colui che spreca La vita in vane ciance, e non satollo Delle ricchezze altrui, fatte già proprie, La fama strazia dell' onesto ch' odia Acerbamente, quanto lui si sprezza. Ma se il fato troncar nell' età verde Segnato i giorni miei avesse omai, E voi teneri ancor, ed in eterno Costretta fossi abbandonar, miei figli…. Il pensier rivolgete a me, sovente, Che tanto affetto vi portai, fanciulli: Le vostre destre unite, e se di pianto Il ciglio è molle in quell' istante, oh! santo Fora quel pianto, e libero il lasciate; Poscia il mio carme rileggete attenti, E i miei desir con religion seguite: Se è ver ch' oltre la tomba alma rivive, Il mio pensier vi seguirà perenne, E con esso il mio amor, profondo e santo.