IN MORTE
DELLA
MIA BAMBINA
CARME
DI
CLARICE DALLA BONA NOB. RONCALI

ROVIGO
Reale stabilimento tipografico Provinciale di Giuseppe Vianello
1869

A TE
MIA DILETTA ELVIRA
CUI FERO MORBO
DALLE MIE BRACCIA
IN BREVE ORA TI TOGLIEVA
FIA SACRO IL MIO VERSO
CUI DISPERATO
DOLOR STRAPPÒ DELL' ALMA

Oh! non si oblia del cor la doglia acerba, Se arido il ciglio o muto il labbro resta; No, non si oblia, nè si rattempra il duolo Quando acuto lo stral punse e ripunse In mille guise l' affannato petto! D' un angelo il sorriso… oh non si oblia!… Ahi! che raccor non lo potrò più mai… Elvira! Elvira, angelo mio, sorridi Anco una volta a me che tanto t' amo… Deh! col tuo bacio il disperato pianto Tergi, o diletta… non fuggir si presto… Sogno!… fatal deliro d' ammalata Mente… Povera pazza, guarda intorno, E piangi…… D' infiniti dolor lungo E compatto tessuto è questa vita! Elvira, Elvira mia, forse fu bello Il tuo partir di questa terra, allora Che d' ogni pena ancor vivevi ignara!… Nel breve spazio di tua vita, oh! quanti, Bella creatura! suscitasti affetti! Chè nel mirare il tuo gentil sembiante Ognun le braccia dischiudea… e il sorriso, Più söave di ciel sulle tue labbra Si pingea sublime! Mi abbandonasti! Forse che paurosa dell' avvenire?… Oh! di madre non sai quanto profondo, Sconfinato le viva in cor l' affetto! Non sai che l' amor suo per cento figli Basta, e per tutti, un palpito, un sorriso, Una parola ha di conforto, un bacio! Temer non mai dell' avvenir dovevi: A me la lotta, a te il sorriso sempre. Poichè, dal dì che stretta al seno t' ebbi, Nel segreto del cor, sacro fea un giuro: A gravi rischi, a rei perigli ognora Fien le innocenti figlie d' Eva esposte. Così scrisse un dì l' uom, quando dal nulla Ambo perfetti in lor dissimil forma Sortir gemelli per beltade e ingegno; E la donna talor piega impaurita Sotto il cinismo del compagno, e tragge Così sovente fra l' ignavia i giorni. Ma ad alti sensi, angelo mio, t' avrei L' alma dischiusa, ed educata ognora; Così che all' uomo non soggetta o schiava Ma per eccelse tue virtù, Signora, Superbo un dì dell' amor tuo si fora, E per un detto, un tuo sorriso, un plauso Anco l' olimpo conquistato avria… . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Ahi! che impotente, a rettenere il soffio Della vita che fugge, anco di madre Desolata l' ardente bacio torna!… E l' assiduo vegliar fra le distrette Di soffocata, e pur tremenda angoscia, D' un infelice padre … E, su pesanti Della scienza ricolmi ampli volumi, Di Galeno i seguaci uccidon l' ore, Ed ogni giorno nell' aprir degli anni, Per impotenza della scienza umana, Ritorna al nulla la pensante argilla. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Oh! quanti di mia vita anni darei Per rimirarti Elvira mia diletta! E stringerti sul cor, come soleva Ogni volta, che dalla breve culla Lieve sulle ginocchia io ti recando, Col mio latte, l' amor in un suggevi! E sui vanni d' amor lieta fidando Io ti vedea nel mio pensier, gentile Fra le compagne tue gire festante, Ognor desiata, e pur modesta, e saggia. E fervida volando, di lunghi anni Il cammino la fantasia passava, E te, sposa vedea, di generosa Prole madre superba, e i quattro lustri Miei, a te pensando obliava… . . . . . . . . . . . . . . Elvira! Elvira mia, non ti vedrò più mai, Più non potrò vegliarti all' origliere, E nel gentil sorriso inebbriarmi!… Tremenda ambascia questo cor travaglia; Un deserto il creato oggi mi apparve; E sol nel pianto, nel silenzio arcano Santa ritrova voluttà quest' alma. Chi ti vide t' amò, chi al sen ti strinse Anco una volta, al dipartir tuo pianse … Ed io!… piango, deliro, ognor ti veggo E invoco… Ahi! Realtà col funereo manto Tramuta il sogno in disperata angoscia.