A VALERIUS

Sublime cosa, allor che sull' Aprile ne sorride la vita, e circonfuso d' ineffabil mistero a noi dinanzi si stende l' avvenir, simile a vasta pianura, a cui ne' primi albor fa velo sottilissima nebbia, e i mal distinti obbietti di fantastiche parvenze tutti riveste, infin che un largo sprazzo di sol li pinge nel color di fiamma; sublime cosa rammentar le ardite opre dei forti!… Di che nôva ebbrezza s' innonda il côr del giovinetto!… e chiusa in breve cerchia egli vorria la vita, pur che meta ne fosse illustre tomba. — Soave ancor, quando l' età ne invola ad una, ad una le speranze, e i cari entusiasmi uccide, anco una volta riposar nel passato; e l' egro volo ritemprar della mente, i generosi tempi di gloria meditando, e i nomi della patria decoro. — Ma più dolce per chi può dir « quei giorni io vidi, e parte fui di quell' alte gesta » Oh! perchè muto, gentil poeta, è il labbro tuo, nel giorno che la tua terra i suoi Martiri onora? Ben era degna di tua man la cetra, come ad Eschilo un dì, poi che sui campi orridi della pugna, il forte acciaro tinse nel sangue dei nemici. E bene tu sapresti ridir la procellosa ansia del côre, in quei supremi istanti che, alla morte devoto, un mesto addio manda al nativo ostello…. all' adorata vergine che l' attende…. alla dolente madre che piange e prega…. ahi! mal securo di più vederli sulla terra! — E forse alcun di questi, che il funereo marmo ai posteri ricorda, il guardo estremo ti rivolse implorando…. e una parola, chè null' altro potevi, a lui pictosa di conforto sovvenne; e più feroce t' arse nel cor di nobile vendetta il fremente desio, chè luttuoso un ricordo ti punse… — Oh! di che pianto è tumida, o mia patria, ogni più ascosa zolla de' campi tuoi!… Gentili amori dalla morte troncati; e generose alme, e splendide menti, all' atra notte immature travolte! — Eppur non essi piango, Valerio, che per l' aspro calle non avanzàro, ove di rose invece affaticano il piede aridi sterpi. Ben mi dolgo di noi, che anco remota di libertà ne appar la dolce proda. Ferve l'immane lotta, e dense ancora son le ostili falangi. In cento forme stende l' errore i suoi funerei vanni, e l' eterno fulgor del Vero offusca. Ma non fia che lo spenga: eletta schiera secura incede nel fatal cammino da quel raggio segnato; e nel futuro si cela il dì, che di scïenza il frutto, di morte no, ma di più dolce vita sarà nobile fonte! — E tu, che primo fosti, Valerio, della pugna ai rischi, or la libera Musa addestra ai forti civili carmi, e l' avvenir prepara.

Castelfranco, 12 Marzo 1870.

Enrichetta Usuelli Ruzza.