Egregia Signora

Grata oltremodo giunsemi l'Ode di Lei(1) A una giovinetta pei suoi primi versi: la giovinetta era appunto la Coffa Caruso. e molto più per avere inteso averla scritta una di quelle letterate, che innalzano la loro gloria sopra stabili fondamenta. Tanto sentita e fregiata di sicano fervore parvemi, quanto mi fu piacevole riscontrarnela con una mia, la quale si disperse. Eccone un'altra(2) È l'Ode a Concettina Sammartino Ramondetta, edita nel volume delle Poesie della Coffa Caruso. che saprà trovare in Lei quel compatimento, ch' è proprio della virtù; mentre non ho io alcun merito, degno d'esser da Lei conosciuto.

Gradisca le mie felicitazioni per l'anno novello, stia sana, mi comandi, e mi creda

Siracusa 26 dicembre 1855

Di lei dev.ma serva
Mariannina Coffa

Ragusa 6 ottobre 1868

Onorevole Signora

Oh da quanto tempo non ci scriviamo! Ella avrà forse obliato il povero nome di quella fanciulla che quattordici anni or sono le ispirava cari e sentiti versi: ma io, grata oltremodo a tanta affettuosa premura, l' ho riguardata pur sempre con uguale rispetto, e col tenero interesse di un'amica lontana. Tempo addietro Ella ebbe la gentilezza di mandarmi un canto che s'intitolava Lucia; canto, che io lessi colle lagrime agli occhi e piena di ammirazione per la squisitezza dell'animo suo, e per la rara armonia del suo verso. Risposi con lettera, e chiedendole mille cose di Lei, e dei suoi amati figli; ma non ebbi alcuna risposta e ne fui dolentissima. Però ho avuto sempre occasione di leggere nuovi suoi canti nel Periodico La Donna e la Famiglia, e quello specialmente di cui fa cenno il Tommasèo è degno della più alta ammirazione. Anch'io, Egregia mia Signora, scrivo qualche verso: ma le cure di famiglia e i miei tre figlioletti non mi danno il tempo necessario onde volgermi alle lettere. Ella che è madre, che come me sente il dovere, unico per la donna, di badare alle sue creature, Ella mi comprende, al certo, nè osa condannarmi, come han fatto taluni, chè non passo la mia vita fra i libri come facevo nove anni or sono!.. Ma allora io ero sola, presso genitori diletti che mi adoravano, e vivevo delle mie ispirazioni! Qual dura cosa, o mia Signora, è l' esser lontani dalla Patria, dai più cari congiunti, dagli amici della prima età! L'anima non ha più ispirazione, ed inaridisce la sorgente del bello. Perdoni, se l'ho trattenuta sì a lungo, e ragionando in tal modo: ma Ella mi sveglia nel cuore le memorie più care nè potrò mai obliare, che cominciai a riverirla ed amarla mentre ero nel seno della mia famiglia.

Oggi, scrivendole, mi si affollarono tante idee nella mente, che quasi sto per chiudere la lettera senza parlarle di quell'affare che mi procurò la ventura di volgermi a Lei.

Qui uscirà un giornaletto, di cui le mando una scheda di associazione. Sono sforzi, tentativi, palpiti nuovi per questi popoli abbrutiti dall'ozio e lontani da qualunque idea di miglioramento. Se non le arreca tedio, o disturbo, la prego, fra i suoi amici e le amiche sue, procurare qualche associato. Ciò servirebbe di stimolo e d'incoraggiamento onde la luce della civiltà cominciasse almeno a diradare le tenebre che qui sono maggiori di ogni altro paese. Mi perdonerà Ella, se tanto osai?.. la sua bontà e gentilezza me ne porsero occasione, e dovrà ad ogni costo amarmi e compatirmi.

Mando mille baci ai suoi piccoli figli, e stringendole affettuosamente la mano, mi dico

Dev.ma e aff.ma
M. Coffa Caruso in Morana

Ragusa (Sicilia) 2 ottobre 69

Amata Signora

Non è solo la madre che le risponde, è l' amica, è la sorella che bagna di lacrime questo foglio e comprende tutta l'intensità del suo dolore (1) Nel 20 settembre 1869 la R. F. aveva perduto una bambina di 3 mesi, per la cui morte scrisse una delle piú tenere sue poesie.—Sì, pianga, pianga come le detta il cuore, perchè Ella ha bisogno di lagrime… e guai se si cerchi consolarla o mitigare la sua tristezza. Vi sono momenti in cui l' anima è gelosa del suo dolore: ha bisogno di sentirlo, di farlo tutto suo, di circondarne quasi tutte le operazioni del giorno, di averselo accanto nelle lunghe ore della notte!.. Anch'io, anch'io ho provato la sua amarezza, ho perduto due angiolette, l'una di nove l'altra di sedici mesi….. ah quali giorni, quali notti passai!….

Come la sua diletta, esse erano belle, vive, intelligenti; mostravano tutta l' anima negli occhi, e tanta impressione mi destavano, che talora diceva al mio sposo: Sai? … mi pare che queste bimbe non siano mie, sento che le perdo, che non sono della terra … e rompevo in lagrime senza saper come e perchè.

Oh amata Signora! avevano tutte e due l'istesso nome, perchè quando una nacque l' altra era morta—ma l' ultima, che durò fino ai 16 mesi era meravigliosa a vedersi—Talora, osservandola mentre dormiva, mi si presentava l'immagine d' una giovane a quindici anni— Creda, io ne stupivo come di cosa che non mi appartenesse—Quando nacque la mia Celestina, bambina che ha oggi tre o quattro mesi, Peppina aveva quattordici mesi: passava le intere notti piangendo senza sapere che avesse; non vi era giuoco che potesse distrarla, stava malinconica, seria; quando sorrideva, era un sorriso mesto come di persona stanca del mondo: e pure era florida, rosea non avvertiva alcun male.—Ma che aveva mai la mia figliuola? Me l'ho veduta morire, e sino all'ultimo istante si conservò bella, e rosea come era prima della malattia—Quattordici giorni io penai e mi consumai a lei d'accanto—quattordici notti, notti di affanno inenarrabile, io mi gittava su di una sedia, chiudevo gli occhi un istante, mi ridestava atterrita, correva alla mia diletta e la trovava sopita come in un mortale letargo—Poi quando si destava ci sorrideva; era un riso sforzato, e quasi noiato—mi è rimasto impresso nell'anima. Poi mi chiamava e tentava dirmi qualche cosa: povero angioletto, voleva spiegarmi un'idea forse che passava nella sua mente di bambina. Voleva la sua collana d' ambra e un Reliquiario che avevo messo al suo capezzale nella fiducia che Dio me la lasciasse— Essa stringeva questi oggetti come cosa sua, e li abbandonò quando le mancarono le forze.— Sino ad un'ora prima di morire le fui accanto, e cercavo riscaldare col fiato quei piedini freddi che non sentivano più il tocco della misera madre. Mi trascinarono in un'altra stanza—il mio sposo piangeva … ci abbracciammo senza profferire parola —ahime! eravamo soli sulla terra, soli! quella stanzetta era deserta; mancava il cuscino della culla perchè le fu messo sotto la testa— Più tardi trovai il Reliquiario e la collana sopra un tavolo di quella stanzetta ove più nessuno era entrato.—Vi entrai io per la prima; nulla era mutato, vi era il letto deserto, i bicchieri le fasce, le vesticciuole bianche, un odor quasi sepolcrale che mi fece divenire come demente— Mi gettai a terra baciando il luogo ove era situato il suo lettino; e trovai a caso una pezzuola che aveva servito pel suo braccio affitto dal vescicante … Io la conservo, o Signora, quella pezzuola abbandonata cui niuno badò….. perchè non doveva esser cara che alla misera madre! conservo la collana d'ambra e il Reliquiario, e mai nel mondo ebbi oggetti più cari—Oggi ricordando le figliuole mie, veggo che si confondono in una, mi vengono tutte e due alla mente nello stesso tempo, hanno gli stessi occhi, la stessa fronte, la stessa sembianza, perchè ebbero la stessa malattia. I medici non poterono spiegarla; mio padre però l'ha caratterizzato come precoce sviluppo —Mia Signora! chi più di me potrebbe comprenderla? Chi più di me potrebbe trovare ragioni onde consolarla? Pianga, pianga pure, ma si calmi, si rassereni, si volga al Cielo, e troverà quell'angioletta ridivenuta immortale e spledida come i Cherubini. Si conforti, si metta innanzi agli occhi il suo stato e dica: è così, non può mutare, Dio l'ha voluto—Chi sa che le nostre figliolette non si sono rivedute nel Cielo? esse pregano per noi, invocano sul nostro capo la celeste benedizione, implorano vita, bontà, purezza di costumi pei fratellini che hanno lasciato sulla terra. Sì, mi faccia ragione: il Cielo era deserto per Lei: Ella vi trovava lo spirito increato, l'Eterno Signore dell'universo, e l'invocava come è solito alle anime che han bisogno della Fede—ma oggi quel Cielo è popolato per Lei; vi è una parte della sua anima, una persona a Lei nota, una creatura che conobbe e fu sua e che niuno potrà mai rapire al suo cuore. Questa idea le sia di sollievo, di calma.

Ella ha otto figliuoli, poveri innocenti! si conservi al loro amore, alla loro educazione ed all'affetto insieme della sua amica e sorella

Mariannina Coffa Caruso