Massimina Fantastici, oggi vedova Rosellini, ebbe i natali in Firenze a' di 8 giugno del 1789, da Giovanni Fantastici fiorentino, negoziante di gioie, e da Fortunata Sulgher di Livorno, rinomata autrice di versi improvvisi. Ricevè dalla madre stessa il suo primo insegnamento, la quale tuttavia non parve che avesse in mira di renderla letterata; ma non può dirsi per questo che i genitori trascurassero la intellettuale cultura di lei nè della sua maggiore sorella; la fu Isabella Fantastici Kiriachi, assai nota nelle provincie venete pel lodatissimo istituto di femminile educazione da lei fondato in Montagnana. Contuttociò gli studi dell'avvenente e leggiadra Massimina doverono in quei tempi aggirarsi principalmente nel disegno, nella pittura, nella musica; talchè nella prima, ed anche nella seconda di quelle arti potè altresi dar prove di attitudine non volgare. La sua fortuna però volle più tardi concederle non solo la conoscenza ma la frequente conversazione dell'abate professor Pietro Bagnoli, il dotto e secondo autorè del Cadmo, dell' Orlando Savio, ecc.; ed allora le sue applicazioni si volsero a fine migliore che di semplice ornamento; le letture di mero passatempo o consigliate soltanto dalla moda, si mutarono in quelle dei gravi e classici autori.

Nel 1805, fu promessa e andò sposa al nobil uomo Luigi Rosellini fiorentino, che allora aveva titolo di segretario intimo della regina d'Etruria. Cresceva in lei di giorno in giorno il desiderio del sapere, insieme con l'inclinazione al far versi; ma le cure del suo nuovo stato, alle quali mai non volle minimamente far difetto, la distolsero con forza invincibile, e per assai lungo tempo, da quei diletti suoi studi. Poche scritture di lei possono quindi citarsi per insino a quel tempo in cui le sue quattro figlie non furono collocate in matrimonio. Abbiamo, del 1809, due Odi, Per bellissima giovane Pistoiese e In morte di Labindo, che sortirono l'onore dei tipi Bodoniani; ed un poemetto, Cefalo e Procri, premiato nel 1810, con medaglia d'argento, dall'Accademia letteraria di Pistoia, e pubblicato in Rovigo nel 1835. Anche un'Elegia, da lei composta nel 1824 e inserta nel numero 37 del Museo scientifico, artistico e letterario di Torino, fa fede del dolore da lei provato per la perdita dell'unico figlio che sortito aveva del sesso men debole, mancato nel sedicesimo anno, e quando in lui cominciavano a riporsi le migliori speranze. Nulladimeno, fu questo il tempo in che quell'egregia immaginò e cominciò puranche a tessere (nel 1811) la sua epica narrazione intorno ad Amerigo Vespucci; che poi rimasta interrotta per le cagioni soprallegate, non potè da lei riprendersi fuorchè nel 1829. Alcuni saggi di quest'opera, di cui tutti ormai conoscono i pregi, vennero in luce in Rovigo, pei torchi dell'Andreola nel 1834, e nella Strennu femminile che pubblica vasi in Genova per l'anno 1837. Ma la più notabile ispirazione ch'ella trar seppe da quel suo paziente e amoroso esercizio dell'educare i suoi figli, si fu quella delle sette Commedie, che già destinava e insieme intitolava pei fanciulli, pubblicate la prima volta coi tipi del Pezzali, nel 1830. Quest'operetta fu dappertutto accolta con tal favore, che infino al presente giorno, possono annoverarsene, tra fatte in Italia e fuori, ben dodici edizioni: cioè, di nuovo in Firenze, Pezzati, 1831; in Milano, Silvestri, 1832; in Bologna, alla Volpe, 1833; in Livorno, Vignozzi, 1836; in Firenze, Galileiana, ed in Torino, Pomba, 1838; poi anche in Napoli, in Parigi ed in Londra; al fine in Parma, pel Fiaccadori, 1841; e ultimamente in Firenze, col corredo di vaghe incisioni in legno, per G. Ricordi e Stefano Jouhaud, nel 1853. Alle Comedine, com'e generalmente invalso l'uso di chiamarle, furono quasi preliminare, o necessario complemento le Letture pei fanciulli, che questa benemerita diede due volte a luce, coi torchi della Galileiana, nel 1837 e 1838, cedendone ancora il profitto ai figliuoli del povero; riprodotte anch'esse più volte, e più di recente, per l'editore stesso e cogli ornamenti che dianzi accennavamo, nel 1851.

Già vedemmo, con l'anno 1829, incominciarsi per la nostra autrice un periodo di maggiore operosità letteraria; nel quale ella conservò sempre quelle sue benefiche tendenze di giovare principalmente alle sue figlie e ai nipoti, che mai non dimentica ne' suoi scritti; poi anche all'universale, sia col mettere a parte educatori o educandi di quanto aveva appreso nella sua propria esperienza, sia col promuovere l'incivilimento e la moralità delle persone e delle classi diverse a' cui di mano in mano va destinando i suoi libri. Diffatti, nel 1838, la vedemmo produrre una vera e grave tragedia, benchè da lei detta modestamente componimento tragico, col titolo I Pargi; nel 1841, e pel congresso degli scienziati in Firenze, un Carme a Galileo Galilei, e poco di poi anche un'Ode a Michelangelo Buonarroti e alcune terze rime ad Arnolfo di Lapo, impresse nella Strenna Fiorentina di quell'anno; nel mentre che, essendosi qui dato principio ad un giornaletto compilato solamente da donne, avea per quello incominciato a scrivere una pensatissima quanto facile e attrattiva operetta per ammaestramento de' fanciulli, e col titolo di Dialoghi e Discorsi sulla storia naturale; nei quali però trattò soltanto una parte della geologia, esponendo la teoria intorno alla formazione della terra; perocchè al giornale summentovato non fu concesso di aver lunga vita. Nel 1843 venne a luce l'Amerigo (tipografia editrice Fabris), dedicato Alle donne italiane, e non pure da queste, ma benanche dagli uomini accolto con gratitudine, in taluni tra questi non disgiunta da maraviglia. Per esso ancora, due anni dopo la sua pubblicazione, l'Accademia Tiberina di Roma volle insignita la nostra poetessa di una medaglia d'argento. Nel 1844 si videro comparire, per cura della Societa Poligrafica Italiana allora formatasi in Firenze, le sue Nuove Commedie educative, destinate alla giovinezza; tra cui quella che ha per titolo I sotterfugi fu con plauso rappresentata nel fiorentino teatro Alfieri; le altre due, cioè la Vanerella e la Rut, in più e diversi luoghi, o vogliasi case private, o formali istituti di educazione. All'ultima di queste commedie, sì pel soggetto biblico e sì pel metro adoperatovi, l'autrice stessa diè giustamente l'appellazione di dramma sacro; ed era già prima stato impresso in Torino, tra le poesie e prose d'Italiani viventi, nel 1843. A più difficile e pericoloso officio, in questo genere drammatico, si fu poi sollevata nel 1845, scrivendo una vera commedia di costumi contemporanei, intitolata Il Compare, benchè coprendosi, per volere espresso del marito, sotto il pseudonimo di Attilio Trotti; la. quale accolta con gran favore sulle scene di Lucca e di Perugia, fu da tutti si avidamente ricercata, che nella prima di dette città doverono farsene in soli tre mesi tre diverse edizioni. Appartengono parimente a quegli anni gli elogi da lei composti di alcune donne illustri, o caritative; quello cioè della celebre Diodata Saluzzo Roero, pubblicamente detto in una tornata dell'Ateneo Italiano; e due altri da lei recitati a' suoi colleghi zelatori degli asili infantili, della marchesa Emilia Rinuccini-Azzolino, e della Fanny Nesti. E qui non vuolsi tacere, che l'egregia Rosellini sostenne indefessamente, per circa venticinque anni, l'incarico d'ispettrice d'essi asili; della qual pietosa associazione continua anch'oggi a far parte, benchè dispensata dalle fatiche, col titolo d'ispettrice onoraria.

Toccò la sventura di rimaner vedova nel gennaio del 1846; e da indi in poi la sua salute medesima provò notabile e lunga alterazione. La quale obbligandola a passare le seguenti vernate nel mite clima di Pisa, ed anche le distrazioni di alcun viaggetto impreso per visitare le sue due figlie maritate negli Stati pontificii, furon cagione che più radi comparissero allora i prodotti del suo nobile ingegno, non trovandosi per circa sette anni messa a stampa (Firenze, tipografia nazionale italiana 1852) fuorchè una epistola in terza rima Per laurea in filosofia e pedagogia del suo nipote Eugenio Ferrai. E qui ci giova avvertire, che più altri versi ella compose per somiglianti o diverse occasioni, i quali vennero impressi e facilmente dimenticati nelle raccolte del tempo, o si rimangono ancora inediti fra quegli scritti più giovanili de' quali ella mai non ebbe ambita nè promossa la pubblicità. Ricorderemo tra questi un sonetto sulla Venere del Canova, che come immaginoso e ingegnoso veniva lodato da Ugo Foscolo; due altri sul Boccaccio, e la casa di lui in Certaldo; un'Ode sul tramonto del sole, diretta al fu marchese e letterato perugino Giuseppe Antinori; una epistola in versi sciolti, indirizzata ad una delle sue figlie, e descrittiva del suo viaggio a Perugia nel 1829; alcune canzonette pei fanciulli dell'asilo infantile; ed altre che non ci è dato indicare con maggiore esattezza. Taluno però di quei lirici componimenti, e in ispecie i sonetti sul Boccaccio e l'Ode all' Antinori, ci sembra di aver veduto a stampa nel sopranominato Museo scientifico, ecc. di Torino. Nel 1852, considerando come all'Italia mancasse un libro, nel quale con metodo e stile idoneo alla popolare intelligenza venissero dichiarati i riti della nostra religione, prese a correre codesto arringo; e quella specie di romanzetto devoto ch'ella stimo conducente all'uopo, ed al quale fu incoraggita dal favorevole giudizio di molti ancora del ceto ecclesiastico, trovasi già condotto al suo fine, e ancora in istampa, col titolo: Guglielmo Vismar, o il Fanciullo istruito ne' principali riti cattolici, Racconto; Firenze, per G. Ricordi e Stefano Jouhaud, 1853. Andiamo poi lieti di poter affermare, che nè la fantasia nè la penna dell'illustre donna si stanno oziose ancora al presente; onde abbiamo ragione di attenderne altri e non lontani frutti, a pro delle lettere e dei costumi.

Le accademie a cui ella fu ascritta dal 1807 sino al 1852, sono le seguenti: quella delle Belle Arti, e l'altra di Belle Arti, Musica e Declamazione, di Firenze; la Pistoiese, la Valdernese, l' Aretina, l' Empolese, e quelle de' Tegei di Siena, dei Filomati di Lucca, degli Infecondi di Prato, della Valle Tiberina di S. Sepolcro; l' Arcadia, la Tiberina e la Latina di Roma; l'Ernica di Alatri; l' Accademia Italiana, già sedente in Pisa; la intitolata Napoleone triumphante, di Alessandria; l' Ateneo Italiano, e la novella de' Filodidaci, parimente di Firenze.

I giornali e gli scrittori italiani che diedero giudizio, diffondendosi per lo più nelle lodi dell' Amerigo, sono questi che qui registriamo, secondo le notizie che ci fu dato di procurarci; e avvertendo che tutti gli articoli a ciò relativi portano la data del 1843 o del 1844. — Giornale del Commercio di Firenze (A. Bulgarini, M. Missirini, Lorenzo Neri); Gazzetta privileg ata di Venezia (L. A. Parravicini); La Parola, di Bologna (Elvira Giampieri Rossi); La Favilla, di Trieste (F. dall'Ongaro); Il Messaggiero delle donne italiane, di Lucca (L. Fornaciari); Il Messaggiero Torinese (A. Brofferio); Il Teatro Universale, di Torino (D. Bertolotti); Il Facchino, di Parma L. Scarabelli); l' Utile-dule, di Forli (Giacomina Porciani e Antonio Vesi).

Molti le indirizzarono le loro composizioni, in ispecie poetiche. In quanto a libri, vedonsi a lei formalmente offerti con lettere dedicatorie i Raccont, Dialoghi e Commediole ad uso dell'infanzia e dell'adolescenza, di Elvira Giampieri Rossi, pubblicati in Torino, pel Fontana nel 1851; e il Manuale per le giovinette italiane, di Luisa Amalia Paladini, edito nello stesso anno in Firenze, per le stampe del Baracchi.

Firenze, 7 Agosto 1853.