PROSE
DI
ISABELLA ROSSI
FIORENTINA

Volume I

FIRENZE
STAMPERIA GRANDUCALE
1841

Oh padre, oh Madre mia! Dove troverò io i modi atti a provarvi la forza di quegli affetti che come in sacrario stannomi chiusi nel cuore per Voi? essi formano un tesoro inesauribile, immenso; pure niuna cosa mai potrò darvi che siavi dono, giacchè di tutto vi son debitrice. A Voi debbo non solo la fisca, ma ben anco la vita morale. — La mia anima si accese ai vostri esempli e anelò pareggiarli. — Oh se ella avesse escguito quello che le inculcaste, avrebbe sciolto un sublimissimo volo!… ma la debolezza delle ali ritennela in umili sfere. — Pure tentò!… Accettate dunque benigni i suoi sforzi! — qualunque essi sieno pensate, che furono da lei fatti onde attestare al Mondo chè Voi compieste tutto che voleaci per attentamente ed amorevolmente educarla — così, ciò che ella può aver operato di bene è cosa vostra — quello in cui difettò fu mancanza sua propria. — Se al cultore si debbono i frutti della pianta, bene è dritto che ora quelli del mio povero ingegno vi sien consacrati. — In guardandoli riandate teneramente col pensiero al tempo in cui vissi beata all'ombra vostra diletta, e col divino sorriso de' Padri che benedicono ai Figli, innanzi che al nome venutomi da Voi, quello di Gabardi si aggiunga, stendete la mano sulla mia testa, onde fruisca da sposa quel bene, che godè du fanciulla, la vostra

Isabella



Lucrenia Mazzanti Pag.17

(*) Scritto per compiacere all' inchiesta del Sig˙ Emanuelle Rossi di Genova compilatore del Florilegio Femminile.

Volendo intessere corona di lodi alle Donne magnanime, che smentirono altamente l'asserzione di quelli che le degradano e le avviliscono al punto di far quasi credere che lo spirito loro non sia emanato dallo stesso soffio che muove le membra dell' orgogliosa creatura chiamata — Uomo — avrei ben io vastissimo campo a percorrere e nobilissimi esempli a citare, poichè in ogni età, in ogni clima, in ogni Nazione sursero queste sublimi difenditrici del sesso oltraggiato, come stelle luminose nelle addensate tenebre. Ma dolce cosa è per me stringermi in cerchio più angusto si, perchè più confacente alla debolezza del mio ingegno, che a lunga corsa non regge, sì, perchè in parlando delle Donne che nacquero nella stessa dolce mia Terra, acquisterò maggior lena, traendola dalla possanza dell' innato sentimento d'amore che più ci lega alle Patrie memorie, che a quelle d'ogn'altro Paese.

Toscana mia! cuna d'ogni Scienza, e di ogni usanza gentile, da te partiasi il raggio illuminatore delle menti abbuiate dalla caligine che le orde ferocissime dei Nordici barbari avean tratta seco dalle loro eterne ghiacciaje, e diffusa sulle valli e su'colli irradiati dal sole limpidissimo del mezzogiorno. — In te come in Ara sacrosanta conservossi la fiamma ravvivatrice della luce spenta in ogn'altro luogo d'Europa — in te sviluppossi il germe, nascoso come tesoro sottratto alla rapina, che diede vita a que' sommi rigeneratori d'ogni umana virtù! E non solo dal forte sesso ti venne l' onoranza in cui salisti appo le genti, ma pur anco da quello, che più delicato e gentile, esercita più miti e soavi virtù, perchè tale è la sua missione, ma all' uopo sa dimostrare, che non solo quelle dello spirito e dello intelletto, ma ancora le più sublimi e gagliarde dell'anima, non sono eterogenee alla tempra di che natura composclo.

Ecco, Fiorenza si vanta di una Lucrezia Mazzanti che forte più della Lucrezia Romana, si uccide prima di cedere ad infame potere. Moglie di un Palmieri, narrano le cronache Fiorentine, che ella combattesse al fianco del valoroso marito contro le soldatesche imperiali, guidate da Filiberto di Chalons Principe di Orange, che nel 1530 assediavano la nobilissima Repubblica di Fiorenza, il cui fato, già maturo, trascinava ad irreparabile miserrima ruina. Le truppe di Carlo V accampavano sotto all' Incisa. — In una sortita dei Fiorentini, Madonna Lucrezia non ristandosi fra le mura, vide la strage di molti de'suoi concittadini, il cui generoso valore si avventava contro ogni pericolo, nè temeva di restare soverchiato dal numero de'nemici — vide cadersi a lato il diletto compagno della vita, e dopo disperata difesa, vide i ceppi della servitù stringerle le mani che aveano brandito un ferro in prò della carissima Patria. La venustà di sue forme, la maravigliosa bellezza del volto, destarono cupida e scellerata fiamma nel Recanati, capitano di ventura, ch'aveala fatta prigioniera in battaglia. — Condottala seco, la racchiuse in una piccola Casetta situata sulle rive dell'Arno, fuori appunto un trar di balestra dal borgo dell'Incisa. — Ivi la sconsolata, ripensava alla gloria di cui rifulse per quattro secoli la città valorosa in cui vide la luce — e sentia trafiggersi da un'ambascia profonda immaginando che l'ultim'ora era forse suonata per lei. — Fremeva all'idea che quella vita ond'ella avrebbe voluto far dono per la salute della patria libertà, dovea forse essere profanata da un barbaro…. Ella, l' incontaminata, l' altera, la forte di santissimi affetti, la vedova di un Fiorentino generoso e valente, avrebbe dovuto piegarsi al dominio di un infame Padronc, fatta il trastullo della sua nefanda libidine! Ella, la cittadina per eccellenza, avrebbc piegata la testa al giogo di un uomo abietto e mercenario, che s' inzozzava ogni giorno nel sangue de'di lei fratelli! Ella, la casta, la pura, condannata a giacersi sopra un talamo vituperoso eretto sulle macerie delle patrie mura!… Oh no! Uno spirito sublime si eleva dalla propria sventura ed impavido antepone ogni strazio al disonore. Recanati stanco ed irritato dalle repulse, sentia farsi più violenta la fiamma, sì, che un giorno trasportato dall'impeto la minacciò dell'ultimo eccesso. Fatta prudente dal pericolo dissimulò Lucrezia il concepito furore, e mentre sentiasi mossa a maledirlo, prounciò parole di mansuetudine. — Priva d' ogn' arme e difesa, chiusa in una Camera sbarrata alla porta e alla finestra da grossi ferri, ella era in piena balia del despota, che avvezzo a vedersi cadere innanzi ogni prode che osasse contrastare con la sua vigorosa gagliardia, rideva dell' opposizione di una donna che per quanto animosa, al suo confronto era come canna pieghevole in faccia a quercia centenaria. Raccolta dunque ogni femminile leggiadria, blandì soavemente quel vile, che rozzo ed ignorante non era capace di supporre in lei altro sentimento che quello degradante di una donna impaurita che gioisce in segreto di vedersi obbligata a cedere. — Ella, dopo averlo calmato gli promise di corrispondere al suo amore, purchè si mostrasse più mite e cortese di modi — gli fece riflettere che il cuore voleva esser vinto dalle dolci maniere, non dalla violenza e dalle minaccie — gli persuase che ogni donna ripugnava all'idea di vedersi tenuta come schiava, piuttosto che come signora de' pensieri e del cuore di colui che anela a possederla — che perciò si guadagnasse i di lei affetti mostrandosi compiacente a'suoi desiderii, che la spingevano a riacquistare in parte quella libertà di cui ogni creatura brama fruire, cioè schiuderle quelle porte che ad ogni momento le rammentavano la propria sciagura e servitù, e permetterle di godere la vista aperta della campagna, e le salutari distrazioni del passeggio sulle rive dell' Arno. — Sperò lo stolto che le parole di Madonna fosser sincere, ed inabissato come era nel fango, non suppose nè concepì un' elevatezza di anima a cui egli non poteva mai giungere. — Ebro delle gioje di future speranze, e lieto di ottenere, più per effetto d'amore che di forza, l'apice de'suoi desiderii, rispose a Lucrezia che ben volentieri le permetterebbe di uscire dalla sua camera e divagarsi sulle sponde ridenti dell'Arno, purch'ella fosse accompagnata sempre da lui medesimo. — Assentì la donna, senza apparente ripugnanza, e scese con esso sull' argine del fiume. — Una tempesta di affetti dovea levarsi nel di lei core magnanimo alla vista di quella serena volta che copriva le torri dell'amata città, di quell'onda che placida e chiara correva veloce a lambirne i palagi e le mura — il passato, il presente, il futuro doveron presentarsele alla mente, come gli elementi del Caos indistinti, confusi…. ma, un lampo di luce guizzò in quell'indefinibile ammasso d'idee — sentì la forza di un assoluta decisione — bisognava fuggire all'obbrobrio — morire, sulla spenta libertà della patria! — poichè è maledetta la donna che oblia la nobiltà della propria origine, e rinnega la santità di quei sentimenti che la rendono la più cara e perfetta delle creature! — Lucrezia cerca con aspetto fermo e tranquillo di affidare il Recanati e in lui sopire ogni dubbioso pensiero — Giunta ove l'Arno per le pioggie cadute il dì innante, volgea più rapidi e vorticosi i flutti rigonfi, instantaneamente come presa da religioso pensiero, s'inginocchia sull' orlo estremo della ripa. — Alza gli occhi al cielo, poi cupidi di un immenso desire, gli volge alla parte ove siede Fiorenza — pare che l'ultimo suo voto sia per essa — che la raccomandi alla protezione dell' Eterno — ella vuol correre alla Patria celeste ora che per sempre ha perduta la patria terrena — ma pria di partirne la risaluta con l'ultimo palpito, e cerca lei con l' estremo sguardo, ove l' anima balena di luce ineffabile…. incrocia le mani sul petto a modo di preghiera, raccomanda lo spirito a Dio, implora il suo perdono…. si toglie la vita per serbarsi pura!!… sorride come donna che vede sciogliersi le catene, e si precipita capovolta nell' onde frementi, che si aprono a riceverla come ricovero inaccessibile e sicuro. — Recanati sorpreso tituba un' istante — vede fuggirsi la preda — maledice alla sua fidanza — vuol gittarsi benchè grave d'armi nel fiume — ma Lucrezia torna a galla dei flutti — gli fa cenno colla mano di fermarsi, poi si pone le braccia sul capo per attuffarsi gravando con ciò il proprio peso, e l' acque ne trasportano la morta salma, secondo che forse ella avea supposto e bramato, verso quella cara Fiorenza, in cui nacque, in cui visse, ed in cui, non potendolo altrimenti, volle estinta tornare.

Sublimissima donna, la tua memoria vive onorata fra noi Toscani, ed una lapide marmorea segna la tua storia pietosa sulla stessa facciata di quella povera casa ove fosti racchiusa, ove ti conservasti incontaminata, e di dove uscisti per mezzo di generosa menzogna, onde tornare a Dio anima eccelsa e immacolata come ne eri venuta. Se la tua fama non è sì chiara e diffusa come quella della Romana Lucrezia, colpa è dei tempi e delle circostanze. — Quella morì quando Roma rinasceva; e col suo sangue le fè salutevol lavacro — i felici superstiti poterono consacrarle una pagina distinta nella Storia, poichè la di lei morte era unita e legata immediatamente al loro risorgimento. — Tu all' opposto morivi insieme con la tua patria, e la sciagura di un intiero popolo t'assorbiva nella sua immensità, — brillasti come cereo funebre sopra una bara, ma la tua luce benchè languida e mesta tracciò una via! — Ogni donna che ascolti narrare l' eroica tua fine benedica alla tua memoria!!! —

Nell'anno medesimo e nella stessa tristissima circostanza dell' assedio, ogni donna Fiorentina mostrossi elevata da forti ed animati sentimenti di patrio amore. — La Signoria vedendo la gravezza del pericolo, ed apparecchiandosi ad ostinata difesa contro il potere che volea dar la Repubblica in mano della Medicea famiglia, cercava e raccoglieva ogni mezzo per provvedere a ciò che è indispensabile in ogni guerra. — Le gemme e l' argento però, de' pubblici Stabilimenti e de'Templi, non che quello d' ogni privato cittadino, furono richiesti a tant' uopo, e intimato con bandi che chiunque si trovasse ad aver figli dai 18 ai 36 anni, gli obbligasse ad adoperarsi in difesa della Patria presentandoli alla Signoria che gli avrebbe inscritti nel ruolo degli armati. — Le donne Fiorentine fecero gara di generosità prodigando ciò che in altri tempi serviva a distinguerle ed ornarle — le gemme, i monili, le ghirlande d' argento, le anella, i fibbiali, le smaniglie furono consegnate da quella cittadine benemerite — nell'ora della comune sciagura ogni ambiziosa cura di adornamento era una stoltezza, un insulto — ben altrimenti che le vesti sfarzose, e le donnesche leggiadrie, erano adatte in quel tempo gramaglie per lutto della Patria, e consigli incitatori di maschio valore a coloro, che si facevano scudo alle ferite che pioveano sul seno della madre comune; — Fra le altre però una si distinse per l' energia del modo, e per la grandezza con cui compì il sacrificio sull'altare del dovere — Madonna Ghitta del Tovaglia, povera vedova incannatrice di seta non trovavasi avere per tutto tesoro che un paro di orecchini, e per unico appoggio, conforto, e delizia, un giovinetto figliuolo dai 16 ai 17 anni — La misera sua condizione faceala esente da ogni ricerca, in fatto di contribuzione per argento e gemme, e da ogni biasimo, se mancava a concorrere con offerte, poichè dove non supponeasi ricchezza, non supponeasi froda o menzogna. — Il figlio pure era fuori dell' età prescritta dalla legge poichè non aveala ancora raggiunta, e per quasi due anni era libero di starsi celato e sicuro dai pericoli della guerra, così che Madonna Ghitta nella sua oscurità potea dirsi felice…. ma vi è egli felicità per un animo generoso, nel restringersi in un freddo egoismo e dire « cadano pure intorno a me le migliaja, io posso vivere immune dalle loro sciagure? » e Madonna Ghitta ultima per fortune e per grado, non poteva chiudere in petto un cuore primo per virtù e per generosa abnegazione di se stesso? Oh! sì — Ella amava la patria quanto potevano amarla i più grandi tra i Fiorentini — e però non titubando un momento corre alla Signoria, e si presenta sublime nella sua povertà, nobilissima per il concepito divisamento, tenendo con una mano il figliuolo, nell' altra una piccola scatoletta — si rivolge ella al Carduccio, allora Gonfaloniere della Republica ed esclama « Voi avete chiesto l' oro ed i figliuoli a chi ama Fiorenza — io vi porto ciò che possiedo — Questi orecchini furono il mio solo ornamento da sposa — sono ora il solo tributo ch'io posso dare come cittadina. — Questo giovanetto non ha i 18 anni richiesti dalla legge — ma ha braccia nerborute e petto gagliardo per indossare e portar arme, e sangue da versare per la sua Patria — non son gli anni che fanno il soldato, ma il coraggio e la forza — che importa ch' egli abbia o nò 18 anni? — vi basti ch' egli sappia difendervi — voi chiedeste i figlioli? — eccovi il mio!… » Oh donna veramente magnanima! oh! stupendo esempio di cittadina virtù! Oh prova irrecusabile, che in ogni grado, in ogni stato, in ogni classe, puossi trovare l'eroismo, e cogliere un frutto di pubblica utilità. —

Correa l' anno 1554 calamitoso per la Sienese Repubblica. Il marchese di Marignano ìn nome e favore del Duca di Firenze, assediava la città e spargeva la morte ed il terrore nelle adiacenti campagne. Piero e Leone Strozzi, fuorusciti Fiorentini, apportavano alla pericolante e miserrima città, soccorsi ed ajuti d' armi Francesi. — Le rappresaglie e le stragi eran crude, inaudite. — Dall' una parte, una feroce disperata risoluzione di non arrendersi — dall'altra, l' orgogliosa irremovibile proposta di voler vincere. — L' Eroismo che nasce dall' ardente sentimento di libertà, produceva fatti meravigliosi entro il cerchio delle mura assediate, e nel contado che le circondava. — Bollentissimi per natura i Sienesi, e caldi di patrio entusiasmo, non vedeano starsi fra loro e l' aborrita schiavitù che la morte. Pochi, ma forti, opponevano una resistenza magnanima al potere che voleva distruggere l' antica loro forma di governo, e la loro dilettissima indipendenza. — Infierivano quanto più vedeano periglioso il loro stato, e posti tra la difesa e lo sterminio, si prestavano volontersi ad ogni fatica e pericolo. Nè meno degl' uomini valorose difenditrici della Patria si mostrarono le donne Sienesi. Donzelle e matrone, dismessa la naturale timidità, attingevano dal profondo del cuore, esulcerato dai danni comuni, un energia ed un ardimento degni di esser presentati a prova e modello di quanto possa femminile coraggio. — Le delicate membra indurivano nei disagi e nelle fatiche, e gli usi gentili mutavano in esercizio di guerra — Montluc commandante dei Francesi e fortissimo propugnatore di Siena, lasciò luminosa testimonianza della loro virtù nei suoi commentarj, e piacemi riportare le sue stesse parole, come quelle che sono degnissime di fede per aver egli veduto co'proprii occhi quanto espone ne' suoi scritti.

« I Sienesi senza mostrare dispiacere e dolore del dovere mandare giù le lor case, furono i primi a mettervi mano. — Corse ognuno al lavoro, nè mai vi erano manco di 4000 persone, e mi fu mostrato dai gentiluomini Sienesi un gran numero di gentildonne che portavano in sulle bellissime teste il corbellino pieno di terra come gli operaj de'Muratori — Oh non fia giammai Matrone Sienesi che non viva la fama vostra finchè il libro di Montluc avrà vita! — Voi siete degne di lode immortale se giammai donne ne furono! — Al principio della generosa risoluzione che questo popolo fece di difendere la sua libertà, tutte le donne di Siena a cui il consentisse la salute e l'età, si partirono in tre schiere — Della prima era guidatrice la signora Forteguerra, vestita insieme alle sue seguaci di stoffa pavonazza, con calzaretti ai piedi del medesimo colore, che si mostravano intieri poichè gli abiti erano succinti a guisa di ninfe. — Veniva con la seconda una Piccolomini atteggiata al medesimo modo, con vestito di lustrino incarnatino — Seguiva la terza, condotta da una Livia Fausta abbigliata di candidi colori. — Portavano gli scudi con insegne e divise ingegnose, secondo l'uso de'tempi — Erano 3000 gentildonne e cittadine. — Portavano stromenti da sterrare terrapieni, e difendere, e an davano alle fortificazioni cantando Inni in onore dei difensori di Siena, ed incitatori del loro coraggio. — »

Or narrerò come una donzella nel medesimo tempo, vedendo il proprio fratello stanco ed abbattuto sì, che non potea muover le membra affievolite, doversi portare per ordine del Capitano a far la guardia, gli fa togliere l' elmo e se ne copre ella stessa la testa — poi indossa tutta la di lui armatura, si pone il colletto di bufalo, e così vestita guerrescamente da uomo, sen và in di lui vece al corpo di guardia, nell' ora che leggendosi il ruolo, dovea esser pronto alla chiamata il fratello — Poi monta la guardia e fa la sentinella per tutto il tempo prescritto, senza esser mai conosciuta, finchè il giorno non comparve a svelare la magnanima e pietosa sua frode — Allora risaputasi per la città, fu ricon dotta dal popolo alle sue case con grande onore.

Nè passi in oblio la meravigliosa inaudita costanza di una povera Paesana delle campagne Sienesi, abitante in Turrita. — Questa donna dell' età circa di 50 anni, capitata nelle mani de'Cosimeschi, invece di raccomandarsi, malediva ed imprecava al Duca di Fiorenza — Quasi per burla, i soldati che aveanla presa vollero in cambio obbligarla a gridare « Duca Duca! » ella invece urlava ostinatamente « Lupa Lupa! » che è l'arma di Siena. — coloro ne prendean trastullo, e ne ridevano sgangheratamente infestandola tutta volta a farle dire « Duca Duca! » ma ella perseverando repeteva sempre « Lupa Lupa! » Irritati dall' opposizione continuata e inattesa, s'inasprirono quei feroci e con maggior violenza si mossero a garrirla, e tanto più acerba era la violenza, tanto più ritrosa la trovavano, onde ridotti inumani per ira brutale, la denudarono, e trascinatala alla porta del Castello che guarda la Chiave, con quattro chiodi vi conficcarono la sventurata, ed ella in tanto strazio insultandoli con stupenda fermezza d' animo gridò sempre « Lupa Lupa! » Le posero gli spietati, ebri d'insano furore, una sbarra alla bocca, la martoriarono in modo orribile, vituperoso, nefando…. Oh! la pietà ed il pudore stendono un velo su tanta infamia e ferocia…. l'animo rifugge inorridito — il cuore si serra con brivido angoscioso — la mente si ottenebra vedendo quanta ignominia contamina l'umana natura!… ma poi si riconforta e rischiara, pensando che se da un lato fu tocca l'ultima degradazione della razza umana, dall'altro rifulse in tutto il suo splendore la nobiltà dell'origine sua — poichè la fortissima fra tutte le donne, anzi che smentire se stessa e le affezioni sue, anzichè rinnegare la patria, soffri impavida l' atroce tortura, e non potendo più con parole, perchè impedita dalla sbarra, mostrò coll' agitare della lingua e con le mosse del volto, contratto dagli spasimi dell'ultima agonia, che essa proferiva pur sempre « Lupa Lupa! » Per chi ha l'animo grande, ed informato a sentimenti sublimi, ogni ragionare su tali fatti è superfluo, poichè di per sè gli comprende, e gli ammira — Per chi è muto e sordo alle impressioni magnanime, vana cosa sarebbe il voler farglieli conoscere, poichè dalla selce percossa esce il fuoco, ma il marmo non produce sotto il martello nè scintilla nè calore.

Nell' anno del Signore 1005 la Fiorente Repubblica di Pisa si trovava grande, popolosa e temuta — La Spagna, l' Affrica, la Grecia e i Saraceni, imparavano da lei a rispettare il valore e l' energia Italiana. I Pisani mantenevano relazioni commerciali coi Greci di Calabria, ed avean banco ne' principali loro porti. — In quella provincia, i sudditi dell' impero Orientale, snervati da lunga servitù non sapevan difendere le terre loro e le loro persone dalle aggressioni dei Monsulmani. I mercadanti e i viaggiatori Pisani mal soffrendo gl'insulti fatti agli amici ed al nome Cristiano, risolverono di porvi riparo — onde di ritorno in patria, eccitarono i concittadini loro a prender l'armi contro gl'infedeli — il loro entusiasmo fù scintilla che accende la mina. — Si propagò in ogni classe del popolo, e tutti quelli che si trovarono atti alle armi, saliti sulle navi volser le antenne ver la Calabria, ove si apriva largo campo di gloria per loro, assalendo i Saraceni. — Un Rè Moro, chiamato dai Latini Muset, e dagl' Arabi Musa, crasi impadronito della Sardegna, e aveavi posta una colonia di Corsari. — Saputa la cavalleresca impresa de'Pisani, pensò che facil cosa era per lui tentare una impresa contro la loro città, rimasta quasi del tutto priva di difesa per la lontananza dei suoi giovani guerrieri. — Però, approfittando della propizia circostanza e delle tenebre di una oscurissima notte, fece inoltrare le sue galere armate per la foce dell'Arno verso Pisa, e rimontando così il fiume, giunse nel mezzo quasi della città, come Falco che piombi inatteso sulla preda addormentata. — Quieta e secura la valorosa città non avea abitante che sospettasse sventura; però si videro innalzarsi le fiamme delle case incendiate, prima che fossero palesi le mani che ve l'avevano appiccate. — La confusione, il terrore si sparsero ovunque. — Quanto più il pericolo è celato e dubbio, tanto più è tremendo lo spavento che misterioso e indistinto occupa l'animo dell'assalito, non sapendo qual grado di difesa possa opporre. — I Cittadini perduto ogni spirito. sconfortati dalla paura, ignorando con chi avessero a lottare, si diedero a cercar scampo con la fuga e si sparsero nelle campagne vicine. — Tutto ciò accadeva dall' una parte della città, perchè i Mori non aveano ancora varcato il ponte che la riunisce all' altra; sicchè la parte forte di Pisa ignorava il disastro della più debole, e dormiva secura sull' orlo dell'abisso — Non uno dei ciechi fuggenti pensò a chieder soccorso e destare i Magnati — Tutti ruinavano in turba dissennata fuor delle porte, e cadevano sotto il ferro Saraceno, come gl'Assirii sotto quello dell'Angelo sterminatore — Ma Dio talora inspira il coraggio nel cuore dei deboli, per mostrare che la sua mano trasforma la Canna in Quercia, e la Piuma in Acciaro per fiaccare l'orgoglio de'superbi — Una Gentildonna dei Sismondi, chiamata Cinzica, udito l'orribil frastuono, veduta la fuga precipitosa e lo scompiglio dei suoi concittadini, misurato il pericolo e compresa la necessità dell' ajuto, con imperturbato animo consacra se stessa alla salvezza di tutti — Indossate, ma non cinte le vesti, disciolte le chiome, come donna anelante a una mèta, esce dal ricovero delle proprie case, s'inoltra animosa tra la folla dei fuggenti e degl' assalitori. — Simile a spirito evocato si aggira illesa tra le falangi nemiche — La morte le è presso, ma non osa toccarla, e l' armi omicide non hanno taglio per ferirla — ella è l' eletta a una missione — lo sente, ne è convinta, compenetrata — quando siamo securi di noi stessi ogni pericolo svanisce — Chi ha forza d'animo per osare « vince » Bella di una bellezza sublime, impone un rispetto sconosciuto a quegli esseri brutali e feroci — non usi a vedersi dinanzi che femine lusinghiere e lascive, il cui sguardo affascinatore snerva e invilisce l' uomo che lo contempla, crederono forse che il raggio balenante dagli occhi di Cinzica fosse divino, e non atti a comprendere la nobiltà della sua magnanima azione, la supposero nella loro stupida ignoranza un' essere non terreno; tanto è il potere dell'eroismo che varca le barriere che gli si oppongono, come torrente il limite delle ripe natie! — Cinzica passeggia su'morti e non cade — è urtata, trascinata dall'impeto della massa di popolo che la circonda, ma prosegue — Ecco, ha raggiunta l' altra estremità del Ponte — è libera — respira — riunisee le proprie forze — vola come freccia lanciata al palazzo de' Consoli — parla loro con voce concitata e tuonante — Fa palese il pericolo a quanti lo ignorano — garrisce chi non si mostra pronto alla difesa — fa suonare la campana d' allarme del Palazzo Maggiore, a cui tosto come Eco ripercosso rispondono tutte le altre, e cosi la voce sola di una donna desta le migliaja, e salva la Patria, poichè i cittadini accorrono alla vendetta e precipitano entusiasmati di fortissimo ardire sopra i nemici. Chi si sarebbe restato inerte dopo l' esempio meraviglioso del coraggio di Cinzica? — qual vile si sarebbe celato mentre una donna avea traversate inerme e sola le schiere nemiche, non quiete e tranquille ne'loro accampamentì, ma armate, combattenti, apportanti il fuoco, la ruina, la strage, l' esterminio intorno di Lei? Oh sì! ognuno porta in sè germi tali da cui possono nascere frutti divini di salute e di felicità — conviene però non soffocarli e distruggerli — se non si sviluppano la colpa è nostra, non della natura — il non crederli proprii ad essere utili, non è virtuosa modestia — è peccato di pigrizia, è parto di viltà. — I Pisani riconoscenti dopo di aver posto in rotta il nemico, che all' improvvisa opposizione temendo l' urto delle Milizie Repubblicane erasi precipitosamente ritratto sulle navi, e dato alla fuga, innalzarono una statua alla benemerita e gloriosa Sismondi. — Riedificarono il borgo stato incendiato dai Mori e gli diedero il di lei nome. — Anch' oggi si vede una pietra quasi informe, perchè consunta dal tempo, rappresentante un ritratto di donna, che dicesi essere l' antica statua consacrata a Cinzica, e anche oggi passando per una via di Pisa e udendosi dire « voi siete in via Cinzica » il cuore prova un palpito di emozione — il lasso dei secoli trascorsi sparisce — rivivete un istante in quello ov'ella fiorì. — V' immaginate vederla aggirantesi in quella via come nave battuta dall' onde — calcate con rispetto quel suolo ch' ella calcò col suo piede — la salutate e venerate Eroina — e dite a voi stessi: = Tutto perisce — la Repubblica non è più — la Potenza di Pisa è sparita — Fin le ceneri degl' uomini che la fecero grande è dispersa — ma il nome di Cinzica vive — perchè la memoria di un azione generosa è immortale! =

Nel 1495 quando Pisa con gli ultimi conati della disperazione tentava di mantenersi sciolta dal giogo Fiorentino, che già aveva spezzato, dopo esserne stata oppressa per 80 anni, al primo apparire di Carlo VIII in Italia le donne diedero prove di caldissimo affetto patrio — Sciolte le chiome, atteggiate a profonda mestizia, traendo i pargoli per mano, sostenendo i passi tremanti de' vecchi e degl' infermi, molli di lagrime, incolte nelle vesti, trepidanti di speme e di timore, si erano gettate in folla incontro a quel Re, quando egli ritornando da Napoli, passava da Pisa per recarsi in Francia. — Elleno si prostrarono ai suoi piedi — lamentarono miseramente le sventure comuni — e con grida angosciose implorarono la sua misericordia. Poscia, ospitanti premurose dei soldati e de' cortigiani di Carlo, si unirono ai Padri, ai Mariti, ai Fratelli, per cercare di muovere la loro pietà e interessarli in loro favore — narravano con singhiozzi i trascorsi patimenti, la sciagura, la schiavitù insopportabile — con indicibile entusiasmo, con la trascinante eloquenza del dolore proponevano i mezzi atti a salvare la patria, e ne presentavano la santa, imperiosa necessità. Tanta e sì forte era la potenza di quel dire, che avea virtù di compenetrare dei medesimi loro sentimenti l' animo di quegl' uomini che avvezzi all'armi e alle stragi dovean parer tutt'altro che proclivi a tenerezza e pietà. — Infatti, spinti da quel fascino misterioso che esalta l' animo di coloro i quali si trovano appetto di creature sublimi, trasportate, calde di valorose e magnanime idee, i guerrieri di Carlo giurarono su'loro ferri di difendere la giustissima causa de' Pisani, e delegarono 50 Gentiluomini per presentarsi al Re in nome di tutti, e manifestargli i loro desiderii. — Lo ritrovarono che giuocava alle carte col Sig˙ de Piennes. — Interruppero il frivolo passatempo per intertenerlo di cosa grande e nobilissima più d' ogn' altra…. la salute di un popolo!! e parlando in nome di tutti un Sallezzard, supplicò il principe in favore de' miseri ma valorsi Pisani — Accusò di tradimento quelli de' loro che si mostrassero contrarii, e disse che l' esercito avrebbe ben volentieri condonate le paghe che gli eran dovute, e che gli Ufiziali avrian cedute le catene e le collane d' oro e d' argento di che andavano ornati, onde provvedere ai bisogni del Re, e togliere così all' onta il nome Francese che andava disonorato, se Carlo per aver danari da'Fiorentini, abbandonava alla lor discrezione quella Pisa che già aveva protetta e che a lui con tanta pienezza di fiducia si abandonava. Oh misere e pietose Pisane, non per voi mancò di andar salva la patria! — la vostra voce si era levata come suono d' arpa melanconica ad ammollire i cuori più duri!… quello del Re era debole…. non ritenne quelle note solenni di sublime mestizia — ei ne fu tocco appena…. e le obliò. Rimaneva in Pisa, dopo la partenza di Carlo, il d' Entragues, lasciatovi da lui, come governatore della Cittadella di quella città. Prese egli ad amare una figliuola di un Luca del Lante, e siccome l' amore era posto in fanciulla virtuosa e gentile, buoni e belli furono gli effetti che ne sortirono. — Ella rivolse il potere delle sue attrattive a guadagnarsi, non i di lui omaggi come atti a lusingare il suo orgoglio femminile, ma ad insignorirsi del di lui cuore per dirigerne i sentimenti in prò della miserrima patria! Oh fosse sempre l' amore fornito di virtù! conoscesse sempre la donna qual' è la di lei missione! comprendesse qual scelleranza sia il cangiare in veleno micidiale il balsamo che dalla sua venustà e da' suoi vezzi distilla! Dio la creava bella perchè le di lei attrattive fossero premio alle fatiche dell' Uomo — la temperava a tutta soavità d' affetti perchè non abusasse del suo potere, e anzi lo volgesse in salutevol conforto a'mali della vita. — Ella deve con la pietà propria al di lei cuore ammansire l' uomo feroce — ella deve con l' entusiasmo del suo dolore, spingere ad eroiche virtù l'uomo debole che non avesse bastante energia per salvar essa, e se stesso, e la Patria, dalla sciagura. — Ella deve sapere addolcire l' amaritudine dello spirito intollerante dell'Uomo con l'esempio dei sacrificii, che a lei riescono facili, poichè natura le diede il coraggio della rassegnazione. — Ella deve insegnargli a perdonare, poichè Dio le pose in cuore la mite soavità che cerca scusa all' offesa; Ella…. oh ella può tutto sull'uomo, poichè Dio formandolo Re delle creature, gli pose allato la donna come Regina regolatrice dell' anima sua. — Guai a colei che abusa della sua possanza! — Maledetta se lo trascina al male, maledetta se non spende sue forze in ritrarnelo! — esecrata se spegne la fiamma del di lui ingegno e se toglie un utile cittadino alla Patria! esecrata se lo ammollisce e toglie un difensore al suo Paese! esecrata, se Circe novella adopra il poter de' suoi sguardi, le lusinghe di sua leggiadria, il fascino di sua beltà, ad attirar l' uomo a sè per poi cangiarlo in bruto! — benedetta quella che si pone a lato di lui come angelo guardiano e incitatore di virtù! — L'uomo cerca di riposarsi sul nostro seno…. apriamogli le braccia, ma per condurlo sopra un sentiero nobile e luminoso, non infame ed oscuro! Figlia di Luca del Lante, tu insegnasti come può l' amore di casta donzella, esser utile ad un popolo intiero, se lo scopo che lo dirige è puro ed alto! Per te il d' Entragues si strinse agl' interessi di Pisa, gli abbracciò come proprii, sì che parve infiammato per essa di uno zelo non meno fervoroso di quello de' suoi antichi cittadini. — Per non veder piangere quegl' occhi adorati, che non dardeggiavano fiamme lascive, nè si muovevano a languida voluttà, ma s' inalzavano specchi dell' animo, supplichevoli e melanconici implorando soccorso per Pisa, egli non eseguì gl' ordini del suo Re che gli imponevano di consegnare ai Fiorentini la da lui guardata cittadella, ma invece con menzogna generosa finse averne ricevuto in contrario. — Per compiacere alla tua brama ardentissima, per calmare il terrore dell' anima tua che presentiva la ruina della Patria, per ascoltare le tue voci animose che gridavano: = Salvami Pisa e t'amerò! = egli diede consigli savissimi a' guerrieri Pisani, egli permise loro di innalzare trinciere attorno alla cittadella per impedire ai Fiorentini di avvicinarvisi — egli tuonò co' bronzi di guerra dall'alto della fortezza per respingere i nemici, e soccorrere i pericolanti Pisani! - Oh te beata che tanto potesti! Quando Pisa cadde sotto l' avversità del suo fato, avrai pianto lagrime di dolore non di rimorso — tu avevi compiuto il tuo dovere! — ….!!! —

Dovea il d' Entragues mantenere la promessa fatta ai Pisani, ceder loro cioè, la cittadella; ma per trovare scusa appo il Re dell' operar suo, tutto affatto arbitrario ed opposto agl' ordini suoi, volle che essi nel giorno solenne in cui ciò accadeva cioè il 1. Gennajo del 1496 giurassero fede al Re di Francia. Conveniva ai Pisani trovare i mezzi per pagare il d' Entragues del soldo che ancor gli doveano, e per l' artiglierie, e munizioni che loro cedeva. — L' erario era esausto, la guerra suggeva le pubbliche entrate, i cittadini avean già dato tutto ciò che era loro possibile — come provvedere in tanta scarsezza e necessità? I Lucchesi, i Genovesi davano in presto qualchè somma — non bastava — una nave Portoghese che la burrasca avea fatta naufragare alle foci del Serchio, era stata venduta a profitto dell' erario…. ma non era ancor sufficiente il raccolto denaro per pagare le somme dovute…. ecco tutte le dame Pisane, spontanee, generose, solo occupate del destino della dilettissima Patria e fatte immemori di sè e della femminile ambizione, portano le loro gemme alla Signoria — le donano, le cedono al bisogno presente…. e la somma è completa. — La mancanza delle cronache Pisane di quel tempo, ci rende ignari di ciò che accadesse nel cerchio delle mura quando Pisa fu stretta di crudissimo assedio — tutti i Pisani, consacrati alla spada difenditrice della libertà, obliarono la penna che dovea trasmettere a'Posteri i fasti di quella sublime croica difesa che fece meravigliare non che Italia, tutta pur anco l' Europa. — Forse nuovi fatti di magnanime donne ci sarebbero noti, forse palpiteremmo di ammirazione e pietà sui loro casi e sul loro destino. — Pisa cadeva, e nella sua rovina s'inabissava la di lei storia segreta. - Solo sappiamo che gli stenti e la fame rodevano le viscere di tutti i di lei abitanti — che la morte lenta, spaventevole decimava la popolazione…. che non ostante proseguiva a difendersi — che niuno proponeva di arrendersi — che lo spasimo di un'atroce agonia si anteponeva alla servitù…. Oh spettacolo!!!… i commissarii Pisani delegati a trattare con gli assedianti, si aggirano prima di rientrare in città, negl' accampamenti nemici, e cercano strappare celatamente dalla pietà di quegl' inteneriti guerrieri, qualchè alimento, qualchè tozzo di pane per isfamare le mogli moribonde, gli agonizzanti figliuoli!… Oh immensa sventura! Oh eroismo infelice! Oh vani sforzi di una virtù che dovette soccombere!!!…

Il Cronista Aretino Ser Gorello, parlando dell' assedio posto ad Arezzo dai Fiorentini così fa dire a quella città:

« Che senza mura con steccata e fossa Difesa i'fui per donne e per vegli Ch'altri non m' era campato a riscossa.»

Gl' Aretini avean perduta la battaglia di Campaldino, in cui combattè lo stesso Dante, il dì 11 Giugno 1289, — i pochi scampati da quel massacro recavano ad Arezzo la infausta novella, e Ippolita degl'Azzi donna d' animo virile, quanto bella di persona, apprendeva da uno scudiero come il suo marito era rimasto estinto sul campo. — Piangeva ella l' adorato compagno, ma confortavasi nell' idea ch' egli avea spesa per la patria la vita — Rimasta con un figlio giovinetto, giurava a lui di consacrare la propria esistenza, custodirlo con l' amor di una madre, e tutelarlo e difenderlo col coraggio di un Padre. — Intanto i Fiorentini distrutta Bibbiena, si accostavano col grosso dell'armata sopra Arezzo. — Ecco, i pianti e le strida delle donne, de'vecchi e de' fanciulli annunciano che già dall'alto de'ripari scorgonsi le temute insegne, e il fulgore delle abborrite armi — Ecco Ippolita trasportata da un' energia naturale al suo animo, e resa ancora più forte dall' esaltazione della recente sventura, ascende correndo la Torre del pubblico Palagio e suona la campana a stormo per riunire la moltitudine — poi come Giovanna d'Arco, impugna nella destra una spada, stringe nell'altra un vessillo Aretino, e con l'esempio e con la voce incora, non solo gl' uomini che la circondano, ma trasmuta in guerrieri le donne, i fanciulli e perfino i vegliardi cadenti, che rinvigoriti dal grido eccitatore obliano la debolezza loro, per consacrare l' ultime ore della vita alla patria salute — La forte matrona guida le sue seguaci, armate di tutto punto, e con esse sale alle mura. L' armata Fiorentina credeva entrare senza trar colpo in Arezzo già deserta de' suoi bravi, per la strage di Campaldino — invece è respinta da una grandine di quadrella vibrate dalle mani delle Amazzoni Aretine. — I Fiorentini tornano inaspriti dopo il primo stupore all' assalto, ma per ordine d' Ippolita là dove mancano armi piovano sovr'essi i frantumi de' merli, la pece e l'acqua bollente. — Una mano di guerrieri Fiorentini cerca introdursi per celato indifeso sentiero nella piazza assediata. — Ippolita se ne accorge, vola alla difesa — Ferisce di sua mano il condottiero della schiera nemica e aitata dal popolo e dalle sue donne, gli pone in fuga. — Mentre Arezzo esultava per questo trionfo insperato, Ippolita avea ben d' onde di piangere, poichè il giovinetto Azzolino, di lei figlio, bramoso di distinguersi, e di mostrarsi degno figlio d' Ippolita e dell' estinto Genitore, erasi trasportato con altri giovani fuori d' un' apertura della Cinta e per malaventura stando sulla riva del fosso, era stato fatto prigioniero da un soldato nemico, e condotto alla tenda del Comandante. — Era costui l' implacabile e fero Duca dì Narbona. — Saputo che Azzolino era il figlio d' Ippolita, gioì in pensando che omai tenea nelle mani il pegno fatale che dovea piegare l' animo della fino allora imperterrita donna, da cui solo omai parea dipendere la difesa o la resa d'Arezzo. — Però, quando Ippolita alcuni giorni dopo appariva come al solito sulle mura, egli traendo per mano il giovinetto, dichiarò in faccia della propria armata, agli assediati e specialmente a colei che gli comandava, che ove non fosser consegnate sul momento le chiavi delle porte, egli avrebbe fatto uccidere il figlio della, da lui chiamata, fanatica condottiera. — Ippolita era madre…. ciò basta per far comprendere qual fera pugna d' affetti le dilaniasse l' anima — ella guardava avidamente il figliuolo, quasi che avesse voluto con la potenza di quello sguardo attirarlo a se, e rapirlo al nemico. — Tremavan per essa le di lei fide compagne, e compativano al di lei strazio morale — tremavano gl' assediati sicuri ch' ella avrebbe ceduto, e non osi per tanto ad opporsi alla di lei deliberazione, come quella che sarebbe stata naturale, e come veniente da donna a cui tanto rispetto, ed onoranza e gratitudine doveasi — Già il Narbona si accostava sperando il trionfo, ma la sublime, riprendendo l' ardire meraviglioso, fatta maggior di se stessa, grida « Indietro o barbaro! Sfoga pure il tuo furore sulla innocente mia creatura! non per questo avrai il vanto di aver superati col dono della vita di un Pargolo, gli ostacoli che hai dinanzi. — Non già per un Fanciullo ti darò io il dominio sù centinaja di vite — prima di esser madre fui cittadina — ferisci! io ricuso ogni patto — muoja mio figlio! Viva la patria! » Attonito e commosso il Narbona per l' inaudita costanza non ebbe core di compire l' inutile misfatto, e ritirossi alle Tende seco riconducendo il fanciullo. Era alta la notte e l' indomane. doveasi dare il decisivo assalto. — Ecco un chiarore improvviso — ecco urli tremendi e disperati rimbombano nell' aere. — Ippolita, seguita dall' intrepida guarnigione, ha appiccato il foco colle proprie mani alle macchine da guerra dell' inimico, e fa strage a' sorpresi dormenti. — Il campo non presenta che confusione e scompiglio. — Si pugna, si cade, si muore. — Azzolino è reso in quel trambusto libero di fuggire e si mischia fra i suoi. — Narbona furente, pone a prezzo il capo della valorosissima fra le donne — è però che quella testa preziosa è scopo di mille colpi… ma invano. — Dio la protegge e la guarda — Ella, prima ad uscire, ultima ad entrare in città, col proprio petto fa scudo a suoi, difende la falange che riguadagna le porte. — È ferita — vacilla…. sparisce!… le compagne l' han tratta seco ne' ripari. — Narbona vuole approfittare del supposto disastro e dar l' assalto, mentre gli Aretini, si trovano scompigliati dalla mancanza della loro Eroina. — Ma Ippolita ferita solo a una gamba, sprezza il dolore che ne risente, ed inattesa, come uno spirito evocato, appare sulla Torre ondeggiando la sua bandiera e gridando « Libertà e Morte! » Atterrito il Duca, da siffatto valore e dal quasi sovra naturale eroismo, disperando di vincere chi sembra protetto da Dio, ordina che si levi il campo, e si dia onorevol sepoltura ai morti, indi abbandona il per lui infausto suolo il dì 23 Luglio, andando a sfogare la sua rabbia contro il distretto Aretino per mezzo delle devastazioni, del saccheggio e del fuoco. Ippolita non sopravvisse che di poco al magnifico trionfo del suo valore. — Quasi che avesse speso in quei giorni tutto l' alimento del fuoco della sua vita, come se ormai più non le restasse, dopo avere operato tanto grandemente, null' altro di degno da fare per lei nel Mondo, moriva e tornava al cielo, pari all' Angelo delle battaglie che adempiuti i voleri di Dio e dispersi i nemici di coloro ch' egli volea vincitori, risale sereno e maestoso al loco da cui era dianzi disceso. —

Il turbine degl' avvenimenti, il bujo de' secoli, gli sconvolgimenti dell' età, e forse la ignoranza mia, avran sepolta la virtù di molte altre donne Toscane, che simili a quelle di cui ò già succintamente narrate le gesta, sursero stelle scintillanti ad irradiare l' orizzonte del loro tempo. Se i loro nomi perirono, se i loro fatti non ci sono noti, non per questo avran meno influito al bene della loro patria, al perfezionamento della civil società! — Dio, se non gl' Uomini, avrà tenuto conto del loro operato, e avralle pagate di condegna ricompensa — Bastano però mi sembra i sovra accennati sublimissimi esempli, a provare, che ove la donna senta le proprie forze, e la propria dignità, può elevarsi al paro dell' uomo; e non starsi inoperosa in disparte, portando per scusa la fiacchezza della sua natura — Il suo spirito emanò dallo stesso fiato divino — dunque il suo involucro corporeo dèe piegarsi, se la circostanza lo chiede a tutti gl'impulsi dell'anima che lo muove — Ella può esser utile alla Patria con tutti i modi con cui può esserlo il suo compagno di peregrinaggio terreno. — Se ella si ritrae dal suo dovere, non è alla sua organizzazione che deve darsene colpa, è alla volontà…. Osi!!!… Dio e la Natura le proveranno, che le han date le forze per farsi grande.

…. uscì dalla sua stia correndo per
Fiorenza onde tutta la città fu commossa
di paura, e capitò in orto san
Michele e quivi prese un fanciullo
e teneaselo fra le branche.
RICORDANO MALASPINA
St. di Fiorenza

Correva l'anno 1259, e il sole di uno de' più bei giorni di Maggio era presso al tramonto. — Un tumulto crescente muoventesi dalla piazza di S˙ Giovanni, annunziava un avvenimento impreveduto, terribile. — I Fiorentini fuggivano sbigottiti, e quasi fuor di senno in diversi lati della Città — alzavansi voci sinistre di strage, di lutto! — nessuno facea fronte al pericolo…. Le porte delle case, delle botteghe si chiudevano a furia — le finestre crano affollate di gente che guatavano e domandavano ansiose — per le vie, un correre, un cadere di persone urtate dai sopravegnenti, e assalite dal tremito della paura — Volti pallidi, occhi stravolti, bocche spalancate, grida convulse, che presentavano l'immagine di un incommensurabil terrore. — Donne che strascinavansi dietro i piccioli figli. — Uomini che imperiosamente chiedevano fossero aperte le porte delle case onde ripararvi Vecchi, Donzelle, Fanciulli — e dietro le loro inchieste, usci che si schiudevano, e pressa di fuggenti che vi si precipitavano come in asilo sicuro — e richiudersi di quelle porte, e riaprirsi di altre, e crescere di grida, di inchieste, di spavento, di fuga — Presso le case de' Buonaguisi e de' Compiobbesi, in orto S˙ Michele, lo sbaraglio, e la confusione più grande che ovunque, poichè ivi, come a centro della Città, stava concorso di maggior numero di Popolo trattovi da vari interessi. — A un tratto urla frenetiche di « Marco! Marco! ecco Marco! salva! scappa! ajuto! misericordia! Ecco Marco! aprite in nome di Cristo, riparateci Cittadini che siete al sicuro!… ecco Marco!… » e Marco si appressava davvero. — Era egli un nobile e superbo Leone di que' tenuti per segno di grandezza e di magnificenza dalla Repubblica Fiorentina, ne' serragli ove custodivansi le altre Fiere, e che rotta la gabbia ove era chiuso e varcati i ripari, scorreva ferocemente ruggendo, le strade di Fiorenza senza che alcuno avesse ancora osato tentare di riprenderlo — gli occhi avea accesi da una gioja selvaggia, e con le nari dilatate, parea dilettarsi in fiutare l' aere libero ch' ei rompeva incedendo, e che indi agitavagli i fulvi crini della foltissima Giuba. — Sferzavasi con la coda le spalle robuste, e parea con ciò voler dar prova a se stesso che l' antico vigore non eraglisi spento fra i ceppi. — Ovunque appariva, trovavasi schiusa la via, poichè un largo spazio frammetteasi tosto, tra lui e i fuggitivi — non irritato da alcun contrasto, severamente godeva di sua racquistata libertà, non curando il romore che il precedeva. — Già Re delle Foreste, ora soggiogava una intiera Città, poichè niuno pensava a lottare col suo spaventoso potere. — Ecco…. un oggetto richiama la sua attenzione — l' innato istinto di preda gli si risveglia, ed i crudeli appetiti indomabilmente lo spingono a satollarsi nel sangue. —

Un bambino, tenuto per mano da una giovane donna coperta di gramaglie, era rimasto avvolto nell' onda del popolo, che con l'impeto di mosse contrarie avealo per un istante divelto dal fianco della Madre — mentre questa tenta riavvicinarseli il Lione si appressa…. la turba si rompe — il bambino trascinato, travolto, cade…. la Belva lo fissa…. arruffa le chiome, si lancia, e lo addenta!!…

…… Gli occhi di una madre vedono l' atroce caso!! gli occhi d' una madre, che pochi di innanzi ha veduto il cadavere di uno sposo diletto, trafitto dal coltello dei Sicari dell' opposta fazione!… Gli occhi di una madre che in quell' unico pegno di una trascorsa felicità vede una parte dell'uomo che amò! che in questo figlio dell' amor suo vede l' unico punto sopra cui appoggi ancora la vita! l' unico essere per cui il trambasciato suo cuore abbia il palpito della tenerezza, ed il suo labbro un sorriso fra tanto pianto.

Quel figlio che per tre anni fu sua cura e desio — per cui ogni carezza, e blandizia parvele poca — per le cui membra non trovò mai letto molle abbastanza, sì che gliel fece del proprio seno, per cui avrebbe voluto avere i tesori della Terra onde darglieli a trastullo! e son gli occhi di una tal Madre che il vedono fra le Zanne di un Lione!!… Madri, Madri! compatite alla misera! Madri, Madri, immaginate il suo strazio! Una lama di pugnale che le dilani le viscere, che le tronchi ad una ad una le fibre, ad uno ad uno i nervi dilicati, una mano che la spinga in un' abisso, o le soffoghi il respiro, sarien deboli pene in confronto di questa! Il creato le sparisce davante! non vede che un centro, attorno cui si avvolgono turbinanti i suoi sentimenti, e i suoi pensieri — Non invoca l' ajuto degli Uomini — oblia d' implorare fin quello di Dio, poichè forse ella sente per intimo istinto, che egli cesse alle madri ogni sua potenza benefica riguardo ai loro nati. — Quella Fiera che contro suo figlio le appare spaventevolmente tremenda e feroce, rimpetto a se stessa le sembra debole e innocua, ora che vuol muoversi a contrastarglielo…. più rapida del volo dell'anima, prevenendo ogni soccorso, affrontando ogni pericolo, si scaglia contro il Lione — gli si gitta genuflessa davanti, stende le braccia quasi a farli barriera, onde impedirli il cammino, e con l' accento della esaltata Maternità urla « Rendimelo!!!…. »

Oh meraviglia! La fiera ha sentita la sublime espressione di quell' urlo!… non è una donna che lo ha cacciato — è la Natura che lo ha emesso…. e la voce di lei è alta, penetrante, divina! niun orecchio è sordo per essa! — Eco della voce di Dio, ripercuote dovunque in mille suoni, in mille foggie…. Essa ha tradotto alla belva l' umano linguaggio! Vedetela! ammansita, sorpresa, immobile, guata fissa la Creatura che le sta innante — ha creduto forse nell' urlo di lei sentire ìl ruggito della sua femmina quando le involano i parti!… La Maternità pareggia gli Esseri, e in faccia al suo sentimento ogni potere si curva — Il Lione è commosso — vinto — piega la testa orgogliosa — apre le Zanne, e depone incolume il figlio ai piè della Madre(1) Il Lione fu ripreso da' suoi custodi, e senza ch' ei facesse resistenza ricondotto al serraglio..

Donne che avete figli, non guardate superficialmente la forma del caso che narrai! addentratevi nel suo principio morale! — Se la voce di una Madre spetra la durezza del cuor di un Lione — se gli infonde un principio di generosità — se gli fà sentire la potenza del giusto, che rende ad altri quello che è suo — se lo riduce capace di sedare il proprio istinto, di sedare il suo appetito feroce, che non dèe fare questa stessa voce sull' animo delle Creature che nacquer da voi? — Esse saranno quello che voi le farete essere…. Guardatevi! una grave responsabilità pesa sul vostro capo! la Patria, vi chiede i suoi rappresentanti, i suoi difensori, la sua gloria! — la Società, i suoi lumi, il suo decoro! — la Morale, le sue basi, i suoi esempi! la Religione i suoi sostegni i suoi trionfi! se voi non adoprate la potenza che Dio vi diede, siete traditrici della Patria, onta della Società, sovvertitrici della morale, rinnegate della legge del Cristo! Chi non usa delle proprie forze, è reo quanto colui che le spende in modi contrari al retto, poichè così lascia il campo indifeso, e rende fatali le conseguenze della causa per cui avrebhe dovuto combattere.

Madri! coltivate i vostri frutti! Guidate gli Esseri che vi devon la vita!… quella vita che sarebbe meglio per voi non aver loro data, se devon trarla nel lezzo, nella colpa, nella viltà! pesate ogni vostra parola — Studiate ogni esempio — calcolate gli ammaestramenti con cui volete dirigerli — attingete alle fonti piû pure quello che dèe dissetare l' anelante desio di sapere de' loro Spiriti! — Cibate i loro cuori di nobili, sublimi sentimenti!… Pensate che le generazioni si formano alla vostra scuola! — col latte istillate ne' vostri pargoli la virtù! e fate che dal primo vagito, all' ultimo accento, la voce de' vostri figli sia un Inno che vi onori! Madri! Madri!… sappiatevi acquistare le benedizioni di Dio, e dei Popoli!

…. con un esempio si eroico di
pietà, che da indi in poi chiamasi
quella contrada, come vi
ho detto di sopra, la strada Pis.
SEGNERI — Cris. Instruito.

Un vento impetuoso nel Marzo del 13…. rombava nelle vie di Bologna, e cupamente nei vasti Cortili di un Palagio che estollevasi in una di esse, fischiando, si rompea lamentoso. — Suonavano le campane delle Chiese, per invitare alla preghiera dei Defunti — la notte cra oscura…. tutto inspirava tristezza. — Madonna era sola in una vasta sala, parata di corame arabescato. — Un doppiere di argento ardeva sopra una mensola di marmo, e illuminavane la maestosa figura. — Indossava Ella un largo abito di velluto nero con strascico. — Grosse olive d' oro le abbottonavano il busto, che alto sino al collo, andava guernito intorno a questo di ricca frangia pure in oro. — Un rosario di lapis-lazuli le pendeva dalla cintura e finiva in una splendida croce di gemme — In capo avea un velo leggerissimo, nero come la vesta, che le scendea sulle spalle, squadravasi sulla fronte quasi come velo monastico, se non che non cadeva sul petto, e teneasi legato sotto al mento con due cordoncini d' oro, guerniti di nappette di perle — ne traspariano i capelli castagni in treccie voluminose. — Bianco avea il volto, e bello — il tempo cominciava allora a passarvi la mano, e sfiorarvene le rose. — Calma, ma mesta, fissava un trofeo d' armi completo, che composto in forma di Guerriero, sovra elevato piedistallo stavale innante. — Il suo abbigliamento addicevasi a Vedova Donna… Forse quell' armi appartennero al suo sposo — forse col pensiero riandava i tempi, in cui esse eran vestite da lui…. forse con l' accesa fantasia prestava movenza a quelle vuote forme, e vedea balenare il fulgore di due occhi attraverso la visiera di quell' elmo, e vedea alzarsi quel guanto di ferro a farle un cenno, e quella corazza tersa e brunita, scintillare e refranger la luce, secondo che seguisse i moti del petto che stavale sotto.

— Oh dolce mio Signore, diceva Ella sommessamente, io mi pasco d' illusioni! cerco rivedervi, e vi resuscito col desio! Quest' armi quando son sola, e quando è meco mio figlio, mi presentano la vostra immagine. — Oh vogliate presto ricongiungermi al vostro spirito immortale!…. ma nò ancora, nò!…. debbo prima cessare di esser necessaria a nostro figlio — è si giovane!… senza esperienza! con un carattere ardente, impetuoso! — Quando io gli abbia data una sposa che lo ami quanto io amai voi, allora chiamatemi! … verrò — Regina del Cielo vi raccomando l' anima del mio caro defunto! fatelo salire al premio de' Giusti, e date a me il conforto di veder mio figlio pari in tutto a suo Padre!… Vergin Santa!… Suona l' ora del Deprofundis!!… quanto tarda! e non sà egli che quest' ora è per me così trista!… che in quest' ora ho bisogno di vederlo per rammentarmi che sono fra i vivi, e non abbandonarmi a funebri idee?… Spesso ei m' oblìa!… eppure io penso continuamente a lui!!… E per questo povera Madre, devi tu sperare che egli possa corrisponderti pienamente!… illusa se il supponi, poichè il sentimento per quanto grande egli sia, dell' amor filiale, non stà mai in giusta lancie con quello Materno — l' uno è — un principio — l' altro — una conseguenza — la Madre — dona — il Figlio — rende — Generosità da un lato — Gratitudine, dall' altro. — Impulso spontaneo!…. Dovere!…. qual differenza!…. appunto, quanta ne stà fra l' aver data la vita, e l' averla ricevuta — devo io dunque tacciare di poco amore mio figlio, se talvolta si scorda di me?…. la colpa di ciò non è del suo cuore, ma…. — Ecco si spalanca la porta — la Signora senza volgersi, sorridendo melanconicamente, stende una mano.

— Ben tardi, questa sera torni da tua Madre figliuol mio caro! —

Niuno risponde — ode però un respirare affannoso. — Si volge sorpresa, a sinistra, e vede prostrato ai suoi piedi un giovine di circa 25 anni — pallido, sformato dalla paura, e dall' orrore — con le vesti scomposte, insanguinate — le chiome irte, gli occhi spalancati e quasi fuori dell' orbita, e le labbra tremanti. =

Che volete Signore?….. chi siete?

= Chi sono? un sciagurato — che voglio? misericordia! =

Parlate — Spiegatevi.

= Per rissa son divenuto omicida….. mi inseguono gli armati della giustizia….. Se mi trovano son morto….. Oh pietà! pietà in nome di Dio! nascondetemi non mi rigettate! =

Rigettarvi! vi pare! Cristo non rigettò mai nessuno da sè — accolse anzi ogni peccatore — giudichi l' Eterno la vostra colpa — non a me sta il farlo, poichè il Divino Maestro disse — Chi è di voi senza peccato sia il primo a lapidare — venite! » Lo solleva così dicendo da terra, alza una grave cortina di dommasco, e penetra con lui in un oratorio rischiarato da lampade votive.

Qui siete sicuro — se alcun romore vi pervenga alle orecchie, passate dietro a questa colonna — di lì, dietro l' Altare — vedete? vi è scavata una specie di nicchia — restatevi celato — siate tranquillo — niuno può supporre l'esistenza di codesto incavo, che vi porge securo ricovero — quando sarà passato il pericolo verrò ad avvisarvi. — Dite vi hanno veduto le mie genti?

— No Madonna — il portone del vostro Palagio era aperto — ho udite voci nel secondo cortile — ma il primo era vuoto — mi son precipitato alle scale — ho veduto un domestico in una Galleria, ma camminava volgendomi le spalle — io a caso ho seguitato a correre in senso contrario al suo, e Dio mi ha scorto insino a voi. —

— Sia lodato il suo nome! — se così è vuol dire che Ei vi vuol salvo, e che io debbo essere lo stromento di sua divina volontà — addio per ora — celatevi! onde non destare sospetti ne' miei, torno da dove io mossi. —

Non ha ella posto appena il piè nella sala, che le sue Ancelle sopraggiungono tutte agitate e sconvolte. —

« Signora! Signora! Gente armata, in nome della Giustizia, chiede di visitare il Palagio da cima a fondo, poichè vi si dice nascosto un omicida! »

— Ben stà…. non vi sbigottite! date ordine per me al Maggiordomo, di accompagnarli e guidarli. —

Un leggero tremito in ciò dire scuoteva le membra della pietosa, che avea giurato a Dio di tutto imprendere per salvare l' infelice che erasi gittato nelle sue braccia.

Sciagurato, diceva in sè stessa, egli certo non è uso al delitto — il suo scompiglio, il suo terrore, non eran figli della sola paura! eran parto del rimorso, dello spavento d'aver compiuto un primo misfatto — no, il suo aspetto non è quello di un assassino…. è ancora in tempo a fare ammenda della colpa col suo pentimento — una lunga vita di espiazione può riconciliarlo con Dio, con gli uomini, e con se stesso — se il tempo gliene vien tolto col dannarlo alla morte, anche l'anima sua immortale, forse perisce per disperazione…. eppoi, a che dovrei io titubare? Il vero seguace dell' Evangelio deve soccorrere il fratello caduto senza domandar perchè cadde, nè cercare se tornerà a cadere — La carità non deve ragionare, ma operare…. Oh se tornasse mio figlio! vorrei metterlo a parte del segreto, onde in caso di bisogno potesse aitarmi a salvarlo!… quanto tarda!… che fa! Gesù mio! ecco gli sgherri!… datemi forza a sostenere una menzogna che deve salvare la vita di un uomo! — Il suono delle armi la fa involontariamente trasalire, pure, si ricompone a una calma severa — Il Maggiordomo si inoltra, e stendendo un braccio verso gli armigeri che lo seguono —

Fermate grida, queste sono le stanze segrete della mia signora, nè potete penetrarvi senza un nuovo suo cenno — imponete dunque, Madonna!

= Lasciateli passare e compiano pure il loro dovere =

Illustre signora, le dice il capo della squadra, profondamente inchinandosele, siamo stati accertati da oculari testimoni che l'omicida è entrato nelle vostre case — invano ne abbiamo percorso ogni angolo; finora egli sfugge al suo destino — forse voi lo ascondete per commiserazione, nel vostro stesso appartamento…. — noi abbiamo dritto di cercarne dovunque…. pensate Madonna che la Giustizia chiede vendetta del sangue versato…. siate franca! diteci ove lo avete nascoso, poichè è cosa indubitabile essersi egli celato qui entro. —

= Non scendo a vane contestazioni — adempite il vostro incarico, che niuno sorge a contendervelo, ma non osate alzare il velo che copre le mie azioni — Se Dio vuole la vendetta del sangue sparso, saprà farvi trovare il Reo anche se si fosse refugiato nelle viscere della terra, non che nel mio Palagio — ma se è suo volere che ei sia salvo, i vostri occhi non lo vedranno quando pur si aggirasse in mezzo a voi — andate! =

Appena gli ha veduti penetrare nella sua Camera, sorge, e si precipita nell' Oratorio.

= Abbiate fiducia in lui che versò il suo sangue per salvarci, dice sommessamente, e si prostra sull' inginocchiatojo innanzi all' Altare….

Pochi minuti trascorrono — Gli sgherri entrano nel sacrario — il volto del Maggiordomo porta l' impronta di un grave affanno, di una trepidante ansietà — Tutti gli occhi si fissano sulla pregante, che serena e composta appena guarda i sopravegnenti. —

Il Capo degli armati le indrizza la parola:

= Signora l'uomo che io cerco è quì, e voi lo celate — vi impongo in nome della giustizia di svelarmi il suo nascondiglio —

= Cercatelo, vi ripeto — non ho altro a dirvi =

Madonna, feci ogni tentativo per scoprirlo — ma forse, voi sola possedete un segreto che sfugge alla nostra penetrazione, e forse non tacereste se vi fosse noto che…. =

Che?…. esclama la donna presa da un arcano moto di terrore, che? parlate!… lo impongo…. =

Non tacereste, dico, se vi fosse noto che colui che ricovrate è l' uccisore di vostro figlio.….

« Dio!!! Dio!!! = urla la misera, ed un pallore mortale le copre le guancie — Una contrazione spasmodica le sforma la fisionomia — i suoi occhi rotano convulsi nell' orbita, e quindi si fissano orribilmente dilatati, ed accesi di un fuoco tremendo, sopra l' Altare — pare che vogliano trapassarlo come freccia, e trafiggervi, o incendiarvi colui che vi stà dietro nascoso — Alza le mani piegate a guisa d' artiglio che voglia sbranare — Vuol pronunciare accenti, che un rantolo affannoso le respinge in gola — serra i denti scricchiolanti fra loro, per impeto di sforzo disperato, ed agita le livide labbra…. Lotta terribile di carità e di vendetta, di desolazione materna, e di umana pietà, di religione, e di istinto!…. tu dilani, torturi atrocemente il cuore della creatura infelice che sente frangersi sotto i tuoi colpi!… non siei ancora decisa! Chi trionferà? l' anima, o il cuore? Dio, o la Natura?….

Lo sgherro si avvede che non da solo dolore, parte lo sconvolgimento in cui le sue parole han gittata la misera — Vuol profittarne pe' suoi fini, e =

Signora parlate dunque! dateci in mano l' assassino di vostro figlio — è il suo sangue che vi ricade sul capo, se non è vendicato! dite, dite, dove è?

Essa guarda intorno come dissennata …. poi con un penoso conato, spinge una voce fuor delle fauci…. si volge verso un punto…. Oh! i suoi occhi hanno incontrato il Cristo, ai di cui piedi stà la Vergine de'dolori…. Quel simulacro divino, frappone le spalancate sue braccia a scampo del refugiato…. Ella lo contempla estatica — la contrazione de' muscoli ecco si scioglie — il lampo dell'ira si dilegua — le mani ricadono mollemente giunte sul petto — le ginocchia si piegano — le lagrime prorompono — le labbra sussurano. —

= Anche egli fu crocifisso e perdonò, anch'ella vide uccidersi un figlio, e non imprecò!

L'istantaneo cambiamento sconcerta lo sgherro, che temendo perdere la favorevole occasione instà premurosamente:

= Signora, Signora, fatevi cuore — parlate!… che avete a dirmi?

= Nulla — partite! —

Alto stupore confonde la mente di tutti gli astanti — Tanta abnegazione di se, non può esser compresa da quell' anime incolte…. ma il seme de' campi portato dal vento, e caduto sul masso, trova un crepto ove insinuarsi — vi si abbarbica, e adorna la nuda monotonia di quella pietra, con un fioretto delicato e olezzante. — Così la virtù, emanazione celeste, si insinua ne' cuori più schivi, e se non può allignarvi per sempre, almeno per momenti ne abbellisce la superficie e ne ammollisce le fibre. —

Gli sgherri si arretrano — Quella Donna sublime, circondata dalla solennità del dolore e della Religione, veste a'loro occhi un aspetto quasi divino — Compenetrati di venerazione si ínchinano —

= Madonna che dobbiamo noi fare? — le dice sommesamente il lor Capo —

« Seguirmi »

Esce ciò dicendo dall'Oratorio — corre alla camera con passo franco e sicuro. — Schiude uno Stipo d' Ebano — ne trae tant' oro quanto basti a far paghi i più cupidi — lo consegna al capo degli armati e gli dice:

= Prendetelo — distribuitelo ai vostri seguaci — quest' altro è per voi…. non cercate più oltre!…. in mia casa non avete trovato alcuno!!!….

Ciò dicendo con l' una mano fa il cenno del silenzio, con l' altra indica loro la porta di uscita. —

= Vi ho compresa oh signora…. Dio vi consoli!… riguardo a noi siate tranquilla…. sarà come voi volete che sia. =

Partono — Ella li osserva uscire — raduna l' estreme sue forze — fà allontanare le Ancelle che eranle accorse intorno, e chiama il Maggiordomo. —

= Odi! finch'io non abbia adempiuto un sacro giuramento, non mi concederò il tristo conforto di piangere sul corpo di chi fu carne della mia carne, e ossa dell' ossa mie!… però, prima che questo corpo diletto venga qui trasportato, per indi scendere a riposare nelle tombe dei suoi Padri, un uomo deve esserne uscito…. intendi!!… insella dunque due cavalli — scegli il più fido de' miei servi — forma un'involto di quest' oro e di queste gemme — legalo dietro la sella del cavallo che monterà colui…. Vai ad attenderlo dietro la porticella del Cortile — Seppellisci nel profondo del cuore quanto ti ho imposto…. Se la mia grazia ti e cara, obbedisci tacendo! »

Il Maggiordomo commosso fino alle lagrime, le bacia la mano, l' assicura di sua fede, e si ritira.

= Dio! esclama la relitta, reggimi in vita finchè io abbia adempiuto il tuo santo volere! =

Poscia torna a dirigersi verso il domestico Tempio. — Grosse stille di sudore spremute dall' ambascia le bagnano la fronte scolorita, su cui in pochi istanti si sono impresse delle rughe, che il tempo non vi avrebbe impresse in dieci anni. —

Un velo le appanna lo splendore degli occhi invetriati, ed immoti come quelli di uno spettro, ed un tremito incessante le scuote la persona — pure incede — giunge — si appoggia all'inginocchiatojo e dice:

« Uscite! »

Il Giovane si precipita a' di Lei piedi — il rimorso, il pentimento, l' ammirazione, la gratitudine, avvolgono il suo cuore in un vortice di sentimenti inenarrabili, indescrivibili. — Le prende il lembo della gonna e vuol baciargliela…. = Non mi toccate! non mi toccate!…. il sangue che io posi nelle vene a mio figlio vi stà sulle mani!… non lo vedete?…

= Oh signora misericordia di me! datemi in potere della giustizia, ma deh sparmiatemi il supplizio che le vostre parole mi cagionano!

= Avete ragione — io non sapeva esser pienamente generosa — una parola può ferire più di una scure. Cristo non rimproverò mai alcuno di quelli che lo martoriarono….. Vergine benedetta insegnatemi il modo d' imitarlo!… Egli pose la sua Croce fra l' ira di Dio e le colpe degli Uomini — Ecco dunque ora io pongo i miei spasimi fra la giustizia divina e il delitto di quest' uomo!… Vittima espiatoria, immolo la mia vendetta sull' altare della Religione che chiude la sua legge in due parole « Amore e Perdono! » Sorgete! =

No! no! io vo' morirvi ai piedi, Angelo di dolcezza e di virtù! vuò dirvi morendo, che involontaria fu la mia colpa — straniero a questa cìttà, mi imbattei sventuratamente in vostro figlio…. un equivoco… alcune ingiuriose parole… fui provocato! oh sì credetemelo…. provocato…. l' ira mi tolse il lume dell' intelletto, e….

« Tacete! tacete! vi ode una Madre!… dite ne avete voi forse una che vi attende? »

« Sì!… »

— Misera, se il tempo in cui sperava riabbracciarvi è trascorso!… Ella conterà i minuti coi palpiti del cuore — volate a lei!… ditele che una Madre che ha perduto l'unico suo figlio, le rende il suo… che preghi per me, e per l' anima del giovinetto che non è più! »

« Cessate Signora! oh detti!… Oh sventura!…. Oh rimorso!…. maledetta quell' ora in cui giunsi a Bologna…. ella segnava il mio delitto, e il vostro dolore!… maledetta in eterno? e maledetta la mia mano!…

« Non imprecate! pentitevi! ponete ogni vostra cura in render lieta e beata duplicatamente l' esistenza di vostra Madre, sì, che adempiate ciò che le dovete voi, e ciò che mi avrebbe dovuto mio figlio…. in tal modo nella bilancia divina il peso dell' amor filiale non sarà scemo…. non più parole — un cavallo ed un servo fidato vi attendono, e troverete oro e gemme in abbondanza onde provvedere a qualunque vostro bisogno….

« Signora non posso accettarlo!…. quell' oro per me è tinto di sangue!… »

Prendetelo — io l' ho lavato col pianto del perdono! — le vie del Signore son misteriose…. forse voi foste un stromento di salute per mio figlio — còlto nel fiore non ha avuto tempo nè di contaminarsi, nè di imputridirsi. — Io doveva precederlo, lasciarlo solo fra i perigli…. invece è andato ad attendermi in luogo sicuro!…. or via, partite — qui inutilmente spendereste una vita che l'Eterno ha voluto serbarvi.

= Parto, poichè il volete — bacio la polvere che calpestate, e vivrò per piangere, e benedirvi! =

La pietosa lo guarda fissa un istante, ed esclama!

— Sciagurato! egli è più infelice di me! — io, ho un dolore, ma egli ha un rimorso! — egli ha uccisa una creatura — io la ho salvata — io rivedrò in Cielo un Angelo — egli vedrà sulla Terra continuamente uno spettro…. egli calcò la via del delitto — io quella della misericordia…. Ah la sua coppa è assai più amara di quella che io bevo!… Figliuol mio prega nel Cielo pel tuo uccisore! la sua mano ti ha tolto all' esiglio… la tua prece lo tolga alle ambascie dei reprobi! —

Stende in ciò dire la mano, la pone sulla testa del prostrato, e volge gli occhi al Cristo.

= Signore, se il mio perdono e la mia benedizione ponno influire a muovere la vostra clemenza, voi lo avete veduto!… io ho benedetto e perdonato! =

Solleva il giovane — lo guida per anditi segreti — lo conduce alla porticella — lo consegna al servo, gli accenna di tacere…. lo vede partire…. rientra nelle proprie stanze, si precipita nell' Oratorio, alza le braccia al Cielo, e con accento sublime grida:

« Dio di bontà, ho consumato il sacrificio! — aspetto ora la ricompensa!…. chiamami al loco ove stanno mio Marito, e mio Figlio!!… »

Perchè la storia che si occupa così scrupolosamente a serbarci i nomi degli Eroi che devastan la Terra, e sperdono le popolazioni, non serbò una pagina in cui il nome di questa Donna rifulgesse ad esempio di magnanima Carità? È egli più difficile il domare le Città, il vincere i suoi nemici, o il vincere e domare i propri sentimenti? È egli più difficile il respingere un armata, o l' accogliere e proteggere colui, che vi tolse l' essere il più diletto al vostro cuore? È egli più facile lo spegner chi s' odia, o il serbar la vita a chi vi uccide un figlio? — ….. Là trionfa la parte materiale — quà è l' anima che palesa la divina sua origine — Là il vigor delle membra — quà l' energia dello spirito — In uno, stà l' Uomonell' altro, l' Angelo, che incompreso, appunto perchè elevato dal comune livello, non lascia segno del tacito volo…. Ma, simile a un eco di misteriosa armonia, si leva una voce!!… È quella del volgo, che spesse volte, più giusto dei sapienti, poichè non spinto da esaltazione di idee, non guidato da secondarie vedute, nè da celati interessi, nè da falsi principj, nè da odio di parti, o da desio di onori, trasmette incontaminati, alle future generazioni, que' fatti che onorano la Umanità, invece di quelli che la spaventano. Il tempo può avere abbattuti molti dei Monumenti inalzati all' orgoglio dei Potenti, ma quello decretato dal Popolo, all' umile virtù della Donna che seppe vincere la propria disperazione, per esser utile a chi ne era stato appunto la funesta cagione, non è perito!!…

Cercate in Bologna la strada ove ella abitò!!… vedrete che è nominata « Via Pia!!! »

…. lo fui nel mondo vergine sorella;
E, se la mente tua ben mi riguarda.
Non mi ti celerà l' esser più bella,
Ma riconoscerai ch'io son Piccarda.
DANTE. Parad. C˙ III.

Un brivido mi scorre per le vene — una solenne mestizia s' indonna dell' anima mia!… Qui, dove ora è posta la mia casa, dove s' apre l' area della piccola piazza che le è rimpetto, dove s' ergono tante abitazioni, dove ferve l' operosa attività di tanti artigiani, fu un Chiostro!!

Il più antico ed illustre fra quanti altri eran sparsi in Fiorenza, il Monastero di San Pier Maggiore godea privilegi ed onori straordinari. — Decaduto per vetustà il corpo della sua fabbrica, si credè spesa esuberante il riattarlo, e le Vergini che lo abitavano fur sparse e divise in altri Cenobi. — Demolitene le mura, fu venduto il terreno sù cui posava; non rimase intatto di lui che l'arco magnifico, eretto dalla pietà degli Albizzi in fronte alla Chiesa, e le case sursero là dove erano state le celle. Oggi, dopo circa sessanta anni dalla sua caduta, un proprietario scava le fondamenta di una nuova abitazione, sulla piazza che prima era pavimento di Tempio, e suolo di Cimitero. — Oh vedete!… il ferro del Manuale spezza le pietre, scende nelle viscere della terra, frange i sassi che vi son misti, e percuote sopra oggetti che vanno in frantumi minutissimi…. ossa umane!! — La folla attratta dalla curiosità accorre — i Muratori proseguano…. ossa sopra ossa, cranï, tibie, stinchi, scheletri quasi intieri!…. ecco i segni della Fede Cristiana!… Croci, medaglie. — Si separano i mesti avanzi dalle pietre, e dalla terra, impregnata forse e composta dal fango in cui si sciolsero tante spoglie — si pongono in ceste, e si ammassano in un canto finchè venga l'ora di trasportarle alla loro nuova dimora. — Io le contemplo!… Quanti secoli ci separano dall'età, in cui quelle ossa furono impolpate di viva carne, e si mossero a seconda dello impulso che lor diede l'anima di cui furono albergo! Quanti secoli da che elleno si posano immote sotto quelle pietre!…. Quanti pensieri furono chiusi in quel cranio!…. forse appartenne a tale che anelò dietro le gioje del mondo, ed ebbe un desìo d' amore!…. forse gli occhi che stettero in quelle di lui cavità, sparsero lagrime di pentimento, di angoscia, di irremovibil dolore, e cercarono desiosi un oggetto che le mura del Chiostro le tolsero per eterno di rivedere — forse, le labbra che fecer cornice a quelle mascelle susurrarono parole di disperazione……. forse, le ossa di quel braccio furono agitate dal tremito dell' orrore mentre si stesero a prendere i neri veli!….. quel piede vacillò nell' appressarsi all' Altare!… sotto quelle coste palpitò un cuore che diviso fra le terrene affezioni e i desideri celesti, senti spezzarsi le fibre, nel costringere i suoi moti a rivolgersi ad un sol centro!….. Allato di quelle, eccone pur altre!….. forse queste furon governate e mosse da spirito ben altramente diverso! — e lì, stettero occhi pietosi che non si alzaron da terra che per guardare il Cielo — labbra che susurrarono preci incessanti — quello fù braccio che sovente elevossi per appendere voti all' Altare, davante cui per lunghe ore stetter piegate quelle gi nocchia! — e quella mano tessè ghirlande e trapunse stoffe preziose per adornarne l' immagine di Maria! — In quel teschio non albergò pensiero che non fosse di Dio, ed in quel petto pulsò un cuore scevro di cure terrene, e mosso solo dall' entusiasmo di cose divine!…. Un altro colpo sullo smosso terreno, ed ecco si scopre una tomba di mattoni a guisa di cassa, che separa dalla comune confusione delle ossa, lo scheletro che in lei si contiene. — Perchè?…… Fu egli forse di tale che surse distinta sulle altre vergini?….

Oh via! dove portami lo omai irrefrenabile slancio della immaginazione? — Con essa io varco l' abisso de' secoli trascorsi, e con la sua possente magìa ricostruisco il Monastero, riedifico il Tempio, rincarno quelle ossa, rendo loro il moto della vita, le rivesto di lunghe tuniche, e ricopro quei cranï di bende e di veli…. Il turbine degli avvenimenti si queta. — La nebbia del passato si dirada…. con gli occhi della mente vedo ben altro di quello mi presentano gli occhi che stannomi in fronte!… la visione è lucida, chiara, distinta, poichè veggo non per impero di sonno, ma per dominio di fantasia.

È notte. — Le Suore prostese sul pavimento del coro inalzano laudi al Signore. Puro, come il profumo che esce dai sacri turriboli, il fiato di una giovane Monacella appanna il lucido cerchio d' argento, che fa cornice al reliquiario su cui ella appoggia le tumide e freschissime labbra. — Bella di bellezza sublime, sembra un' eterea sostanza — la di lei pelle bianca e diafana, riceve le variabili gradazioni della tinta del sangue che sotto le scorre, come candido e sottilissimo lino posato sopra le rose. — Il delicato profilo del suo volto presenta la ideale perfezione delle greche sculture — una quiete angelica è diffusa in quella soave fisionomia, che simile all' onda cristallina di un limpido fonte, refrange dirò così, le immagini che le trascorrono nella mente…. Ahimè! un lieve corrugar della fronte, palesa che la calma contemplativa cede ora il loco ad una terrena commozione — un impercettibil tremore scuote le svelte sue forme, e lo sguardo inchinato a terra mostra fuggire l' immagine d' una sgradita memoria.

— Suor Costanza, le dice la conversa che trovasele vicina, a che pensate voi? le preci sono finite, ne sorgete per ritirarvi al riposo?…. da pochi momenti in quà mi sembrate conturbata! —

Sorella mia, risponde con armoniosa voce la vergine, è vero, sì, è vero, un' indefinibile agitazione si è impossessata a un tratto di me…. parmi presentire una sventura! vedete come tremo?…. ahimè! — Se l' uomo che fù mio fidanzato (e qui un vivo rossore le invermiglia il volto fino alla radice de' bruni capelli) potesse scoprire il loco ove mi son celata per fuggir le sue nozze!… Se Corso mio fratello, se alcun altro della famiglia Donati venisse a penetrarlo!…. ahimè! ahimè! mi sento morire in pensarvi — Voi sapete come e' son fieri que' Cittadini…. che potre' io contr' essi? — quali danni il loro furore recherebbe forse a quest' asilo di pace ove io fui benignamente raccolta!… Oh Vergine misericordiosa, abbiate cura Voi che tanta rovina non sia! Coprite e celate col vostro benedetto manto la povera Piccarda! — Voi sapete che fin dai prim' anni anelai sacrarmi al vostro Santo Figliuolo! — Voi avete veduto quanto ho dovuto combattere contra il voler dei Donati! avete veduto chiudersi i miei occhi per non osservare le decantate bellezze di lui che voleasi forzarmi a sposare, e sapete che serrai le orecchie alle soavi parole, alle lusinghevoli espressioni di che Ei mi fù largo! — Oh Madonna! Voi mi avete aitata a fuggire nell'ora del tumulto, causato dalla festa pomposa del mio Imeneo! — Mi avete scorta pur Voi in questo Chiostro, e da Voi certo vennero impietosite queste buone Suore, onde mi ricettassero con grave loro periglio…….. dunque Voi dovete ancora seguitare a salvarmi!…. Dite sorella, l' Abbadessa vi è ella parsa turbata dopo il suo colloquio col Confessore?….. egli dovea sapere alcun che, di ciò che accade al di fuori, e de' Donati particolarmente…. voi gli avete veduti quando si son separati….. dite, dite! erano turbati?…. non rispondete?…. chinate gli occhi?…. Oh! Dio abbia misericordia di me!!

Suor Costanza è assisa nella sua cella. — Una lampada d' ottone irradia il suo volto, che, per effetto della luce, sembra contornato da un aureola come quello di un Angiolo. — ha gli occhi fissi sù di un libro d' orazioni che sta posato sopra un Leggìo — le mani tien giunte in atto di preghiera….. dopo brevi momenti però, la volontà è doma dal cruccio dell' animale mani cadonle sciolte sulle ginocchia, gli sguardi errano senza fissarsi in alcun loco — smaniosa sorge — apre la finestrella della pudica cameretta. — Un raggio di Luna imbianca la sommità della Torre detta del Cicino, che sorge rimpetto alle mura del Convento. — La Cella di Suor Costanza, posta in elevata situazione sul Cortile del Chiostro, guarda precisamente la Torre che con la sua severa architettura repubblicana si spicca svelta e gigante come un ombra fantastica disegnata nell' azzurro de' Cieli. — La Monaca appoggiata mestamente alla soglia, dilunga lo sguardo su quell' ammasso di pietre. —

Ecco la Torre delle mie case, dice sommessamente quasi parli ad alcuno, io son cresciuta all' ombra sua — là entro sonosi covati consigli di sangue, e maturate deliberazioni di strage!…. di là come Lupi dall' antro, sono usciti Fiorentini anelanti d' ira contro Fiorentini…. sù quelle pietre aguzzaronsi spade, per squarciar petti fraterni! là, congiure per immerger nel lutto la Patria!…. là grida echeggianti per incitare le vendette!…. imprecazioni contro teste coperte dai tetti vicini!…. ed io ho veduto, ho udito…. ho pregato pace…. ma invano!… perocchè la mia voce rompeasi senza suono e senza eco in que' cori di marmo. — Oh stolti! ohcrudi! nell' ora di un empio trionfo, i Donati hanno appese le armi dei vinti concittadini a quelle mura…. e han sorriso guardandole, ferocemente…. sopra vi stava sangue rappreso!!…… versato perchè?…… in una parola, in un segno, sta chiusa la cagione dell' odio nefando…. Neri! Bianchi!…. e non siete voi tutti Cristiani? e la croce non è il segno comune?…. ed una stessa Città non vi è Madre?…. Fratelli in Cristo, fratelli in Patria', vi aborrite, disperdete, massacrate a vicenda!!… Ed io, io poteva dunque, doveva più vivere fra tante nequizie?….. povera canna esposta all' impeto delle bufere, io sentiva troncarmisi le fibre…. i miei occhi vagheggianti la limpida purezza di cose celesti, dovean malgrado loro piegarsi sù schifose sozzure…. Oh! Se la voce di Piccarda avesse potuto ammollire quei cuori, se avesse potuto esser ascoltato il suo grido di pace e di misericordia, sare'ben io restata fra loro!…. se la mia mano nello stringersi a quella di un Frescobaldi avesse potuto riunire gli avversi partiti, e legare in ammistanza Cerchi e Donati, non avrei no, rifiutate le nozze, poichè Dio stesso avrebbemi inspirato di tormi alle sue, onde farmi adempiere una missione di pace…. ma esser pegno di alleanza fra i barbari perseguitatori d' altri feroci?…… dover riserrare nodi di scellerate unioni!… dovermi prostrare innanzi a un Ara profanata da giuramenti che ferman patti di sangue!… no! no! ben fuggii! — qui riparata, miro dal porto il pelago tempestoso che travolgermi e inabissarmi dovea ne' suoi vortici…. ma se pur quì fossi raggiunta!…. Se per salvarmi dalle loro persecuzioni non bastasse questa Tomba che scelsi!… oh! allora Dio mio, fate che si chiuda sopra di me quella, che nessuno potrà riaprire!

Un cupo romore nella Torre, un apparire, uno sparir di lumi attraverso le feritoje, un passar d' uomini che interposti fra esse e la luce, disegnano la propria ombra nelle mura del Convento che sta loro di contro, son prova sicura di notturno conciliabolo. — Qual nuova impresa si tenta? — Vieri de' Cerchi, sarà lo assalito, o lo assalitore? — preparansi forse ad asserragliare le vicine contrade? — Corso, capo dei Neri, è egli in armi?… Qual silenzio succede!…. egli è solenne come quello che precede la tempesta. — I lumi sono spariti…. la Luna è tramontata…. tutto è tenebrìa…….

Quattro colpi rimbombano alla porta del Convento — la Portinaja trabalza sorpresa nel suo letto…. porge attento l' orecchio…. ad ora sì tarda!!…… crede sognare. — Nuovi colpi più forti spargono lo stupore e l' agitazione in tutte le suore. — Piccarda sente un brivido gelato correrle la persona ……… que' colpi le son rintronati nell' imo del cuore — in ognun d' essi le è parso riconoscere uua voce che l' abbia chiamata…. la Portinaja si veste in fretta — corre alla porta, e tremante, domanda che si vuole ad ora sì indebita. —

Aprite, le rispondono, quì stà celata Piccarda Donati — i fratelli e lo sposo han diritto di riprendere la fuggitiva che da lungo si cerca — per non far tumulti, nè dar pubblica cagione di diceria, scegliemmo quest'ora — però, rendendoci tranquillamente la donna opererete da saggie. —

La Monaca trova appena forza per rispondere, = Vado per gli ordini della Madre Abbadessa =…. L'Abbadessa è sorta — ha riflettuto un momento — ha parlato con le anziane — ha deciso…. Povera Creatura inesperta! crede con blande parole mitigar l' ire di que' fieri, e con le ragioni mutare lo irremovibile proponimento di uomini avvezzi alla licenza e al dominio! — fidando nella santa inviolabilità di quel loco, ella nega dischiuder le Porte, e rifiuta render loro la Vergine già votita a Dio.

Tacite come spettri alcune figure scorrono rasente le mura del Chiostro e vi appoggiano delle scale di legno…. salgono!!… Intanto dall' interno del sacro luogo, si odono pietose cantilene — il silenzio che regna d' intorno, le rende più gravi e più melanconiche — oscillano nell' aere, e, come il sospiro della speranza, vi si dileguano lentamente. — La voce della Creatura sale più diretta al Creatore, quando il frastuono del Mondo non la rompe. Le Claustrali pregano nel coro, per implorare la Misericordia dell' Eterno, onde tenga lontano il pericolo di vedersi nuovamente assalite dalle burbanti richieste dei Donati e dei loro fautori. — Piccarda attonita e tremante — cerca un conforto nè sà trovarlo… Oh! ella conosce ben da vicino quegli uomini!…. Sà di che tempra sieno le loro determinazioni!…. Se Dio l' abbandona, in terra non ha scampo o refugio. — …. Udite!… un inceder di passi affrettati, fragorosi…. un romor d' armi ripercuotenti sul suolo…… un scricchiar d' usci divelti dai cardini…… un fracasso, una romba spaventevole…… La casa del Signore è profanata!!… la voce dell'uomo echeggia sotto volte che non l' hanno mai udita! — …. Un terrore, un ribrezzo, una desolazione, opprimono l'anima delle derelitte che non hanno difesa. — Il loro scompiglio è al colmo — come Colombe inseguite dagli sparvieri esse corrono, s' urtano, s'incontrano, si trascinano…. vedo lini fluttuanti, mani elevate, volti esprimenti la sorpresa e l' orrore. — la Badessa sola composta a grave maestà, sentendo l' importanza del suo carico, non si abbandona al terrore, e cerca calmare le sgomentate, chiamandole tutte intorno a sè. — Elleno la circondano, e alla ombra sua tutelare si credon secure e si riconfortano. — Piccarda genuflessa a suoi piedi, nasconde tremebonda, la bella testa fra le pieghe della di lei tunica, e abbraccia strettamente le sue ginocchia com' Ellera abbarbicantesi alla colonna che dèe sostenerla….. irrompe la piena — gli armati sono penetrati nel coro…. non più speranza!…. Corso Donati, compreso mal suo grado da un senso di reverenza, china gli occhi a terra ed esclama: —

— Madre non temete! — conosciamo i vostri diritti, e vi chiediamo perdono se la necessità sforzocci a violarli! siate certa che i nostri sguardi non si fermeranno sulle Vergini del Signore, a contaminarle. — Elleno ci son sacre! — Noi non vogliamo, non chiediamo che Piccarda. —

— Signore voi chiedete ciò che non possiamo accordarvi — Ella è di Dio!… —

— Prima fu mia! risponde un giovane di alta e svelta figura, folgorante di bellezza e di ardire. —

— Il bene della Patria, aggiunge un Donati, vuole che Piccarda torni al suo sposo. —

— Il bene della Patria! grida l' Abbadessa: oh sacro nome tu sei caduto ben basso se ti si fa servir di cagione ad empie azioni!… il bene della Patria! e quando mai lo conosceste, voi che ognora le lacerate il seno con gare nefande? —

— Non più Madre, non più!…. dov' è Piccarda! — ….

— Non la vedi tu oh Corso! quella che con atto sì bello stringesi alla Abbadessa non può esser che lei….. Oh mia fidanzata, vieni, sorgi! Torna al tuo sposo! — ….

— Uomo non mi toccare!…. Se la forza varrà a strapparmi di quì, almeno non sia la tua mano che si posi sopra di me! —

— Gesù! Gesù, Madre divina ajutatela!, mormorano le Vergini, mentre Corso, intollerante d'indugio, si piega, l' afferra sopra i fianchi, e la svelge dalle ginocchia della Abbadessa gridando: —

— Io tuo fratello, in nome e per volontà di tuo Padre, ti rendo allo sposo. —

— Ahimè fratello, urla Piccarda, tenendosi ancora con ambo le mani forte serrate a un lembo della tunica fra le cui pieghe dianzi celava il volto, fratello guarda a quello che fai! presto o tardi la bontà di Dio dà loco alla giustizia, e allora punisce!… lasciami nella sua casa ad intercederti il perdono dei mali che per te soffre Fiorenza!…. vedi, io non son nulla riguardo a me, ma per te forse potrò assai, perchè Dio può ascoltarmi…. egli ha cara la voce del debole che lo prega di cuore…. e io pregherò di cuore per te!… Oh! verrà dì, in cui forse sconfortato d'ogni umana speranza, vorrai avere una memoria soave fra tante d' orrore e di colpa!…. verrà l' ora in cui implorerai quella misericordia che ora mi neghi!…. rispetta almeno la Donna che si è consacrata a Dio, se non hai pietà della Sorella!… lasciami!… lasciami!… —

— Non odo vane ciancie di ribellata fanciulla — vieni!…

Ella si dibatte…. resiste…. invano l' Abbadessa tenta ancora salvarla!

— Fermatevi profanatore! gli Uomini imprecheranno al vostro delitto, e Dio vî rigetterà!….

— Gli Uomini tremano al mio cospetto e Dio sta coi forti! —

— Nò miserabile, Dio sta co' giusti!!

La porta del Convento si è schiusa — una frotta di giovani imbaldanziti ne esce… si richiude. — Fra le braccia di Colui che appellò fidanzata, Piccarda, stà un corpo quasi esanime — la testa ne cade sulla di lui spalla; grave come cosa morta — I lini e le bende che la coprivano ne sono caduti, se non che rimasti fissi in un punto al soggolo, strascicano per terra — le braccia penzolanti secondano i moti della persona del rapitore. —

— La sua fronte è gelata, dice egli, Corso coprila con le bende. —

— Stà quieto fra poco la coprirai con la ghirlanda da sposa, e la riscalderai col bacio maritale — affrettiamoci ora ad entrare al sicuro nelle mie case! —

Quanti ceri illuminano la cappella della Madonna nel Convento di S˙ Piero! Un odore d'incenso si diffonde, ed imbalsama l'aere. — Le suore dietro le cortine del Coro cantano le preci dei Defunti — la Turba dei Devoti circonda una bara…. oh vedete! vedete!… vi riposa Piccarda!! —

Povero Giglio della valle, mentre il tuo profumo esalavasi soave verso il cielo, ed eri carezzato dall' aura che ti passava d' intorno, l' uragano si è desto, e con l' urtò dell' ala tremenda ti ha tronco sullo stelo!….. Fiorenza, Fiorenza! prendi norma, e fa' senno! anche il tuo Fiore cadrà, lacerato dalle mani dilaniatrici degli stessi tuoi figli…. guardati, guardati!!…

Silenzio! — Si eleva una voce…. è quella di un Sacerdote che asperge l' Estinta di acque lustrali, benedice il Popolo, ed esclama:

— Suor Costanza è tornata per sempre ad abitare in quel Chiostro da cui una violenza feroce aveala strappata. — Dio vegliava sulla sua Vergine! — Il dì delle sue nozze con l' Uomo, che a forza volle farla sua, Ella avea pregato il Cristo e la sua divina Madre di salvarla, richiamandola a loro — la sua prece non cadde inesaudita. — Nell'ora in cui penetrò nella Camera Nuziale, ella era apparsa mirifica per bellezza, e folgorante per pompa di stoffe e di gemme. — Quando lo sposo dopo breve tempo seguivala, trovò steso sul talamo, un Cadavere, coperto delle lane Monastiche!…….. Sì, Colei che era stata divelta dal piè degli Altari, era salita ai piedi del Trono di Dio. — Gli Uomini ne avean voluto fare una Femmina — Dio ne ha fatta un Angiolo! — ciò che essi volean profanare, Egli lo ha sublimato! la sua modesta corona di Vergine, si è mutata in Cielo in una corona di stelle!….. Vedete! il gelido bacio della morte ha lasciato sulle sue labbra l' impronta di un beato sorriso….. in esso, Ella pregustò le supreme delizie. — Benedetto l'Eterno che rende vana la violenza dell' oppressore, e raccoglie nel proprio seno l' oppresso! Benedizione alla Creatura che in Lui si confida! —

— Benedizione! benedizione! grida la Turba commossa — Beata Costanza pregate per noi!….

E qui le donne, e i fanciulli, baciano la tunica e le mani della morta, e si urtano, e si spingono, e si affollano, per strappare un fiore o una foglia dalla sua Ghirlanda, per toccare con i loro Rosari il suo corpo e il suo feretro, per spiccare i lembi dei suoi veli e delle sue vesti, onde farne Reliquie.

Le immagini sonosi dileguate. — La mia fantasia si sopisce — il presente cancella le visioni del passato — rivedo la realtà! — Ecco la Tomba di mattoni, e lo scheletro che vi hanno trovato….. fosse egli quello di Suor Costanza, al secolo Piccarda Donati?…….. Oh! l' ala del Tempo è passata sulle memorie, e le ha travolte nell' oblio. — La putredine ha divorato quel corpo, per cui, giovani sfrenati ed ardenti si fecer sacrileghi!!………. Stolti, che date tanta importanza e tante cure alla vita guardate quelle ossa!…. e pensate!!!

Il cielo azzurro, velato in parte da qualche vapore, cominciava a tingersi in rosa; e gli estremi lembi dei nuvoletti vaganti, apparivan leggermente dorati. — Le zolle ed i fiori dei campi eran molli delle prime stille della rugiada, ed ancora gli uccellini nascosti fra i rami non avevano sciolto il volo, nè intuonato il canto che loro insegna natura, onde far plauso al ritorno dell' astro vivificatore. — Una brezza fresca, ma non pungente, agitava lieve lieve le cime degli alberi, che col ripercuotere delle foglie producevano un indistinto bisbiglio, il solo che si facesse udire in quell' ora di calma solenne. — L' ultime stelle perdevano il brillante scintillio dei loro raggi, e parevano cancellarsi gradatamente dalla volta che poc' anzi abbellivano della loro luce. Una valle amena spiegava le pompe della primavera — a manca d' un fiumicello sorgeva su piccola prominenza un villaggio, che dominava la strada che conduce ad Augusta. — Molte belle e pulite case palesavano il comodo e lieto stato di fortuna degli abitanti; ancora nessuno era desto, e solo qualche povero artigiano, con gli stromenti del suo mestiere sulle spalle, s'incamminava al lavoro, che dovea compire o intraprendere, lontano dal villaggio. Un giovine e bell' ufficiale che alla bianca uniforme, cinta a'fianchi dalla sciarpa gialla e nera, ben mostrava appartenere alle truppe Austriache, montava un cavallo, che, ad onta della stanchezza accelerava la corsa, perchè gli sproni del cavaliere gli facevano sentire ogni tanto, la premura che lo spingeva alla mèta del cammino. — Giunto in fondo al paese, sostò avanti una casetta di decente apparenza, e scese da cavallo.

Picchiò leggermente, e mentre attendeva che gli si aprisse la porta, non potè far di meno di notare un certo che di trasandato ed incolto, sì nella facciata dell' abitazione, che nel verziere che la circondava — Le piante non erano più rette ai pali o alle mura; i fiori erano rari e mal disposti; mancavano dei vetri alle finestre, era rotto il muricciolo che faceva sedile all' ingresso d' un piccolo viale: insomma, ovunque, appariva che i padroni non ne avevan più cura, nè predilezione. Fu interrotto nel corso de' suoi pensieri dallo schiudersi della porta, e dalla domanda che gli venne fatta da una bella e fresca fanciulla, sù ciò che lo conduceva, e di che cercava.

= Ida Wolff abita ancora qui? =

Sì signore.

= Ora son certo che dormirà, e non conviene destarla; ma entrerò in casa, mia buona ragazza, giacchè son venuto apposta per vederla, ed essendo suo cugino, posso prendermi l' arbitrio di riporre il mio cavallo, e di riposarmi, mentre attendo l' ora più congrua per presentarmele. =

= Oh non dorme nò la Signora; passi, passi, mi favorisca il suo nome, che intanto l' annunzierò, e le darò pronta risposta se può essere subito ricevuto.

= Carlo Wolff. =

Carlo ripose da sè stesso il cavallo, che ben conosceva ogni sito della casa, ed ivi pure trovò vuoto e deserto — Rammassò un po' di fieno che era in un canto, e gettatolo nella greppia, s' incamminò per salire al primo piano; ma da una stanza terrena uscì la voce armoniosa di sua cugina che diceva:

= Carlo! Oh lodato Dio! — non sono più sola! =

All'accento tremulo e penetrante con cui furono dette tali parole, egli sentì stringersi il core da un dubbio doloroso. Affrettò il passo, schiuse un uscio, e si gettò fra le braccia d' una giovane donna che stava seduta in ampia poltrona.

= Ida! Ida! mia cara, ecco il tuo amico. =

Ella volle alzarsi, ma non si resse sulle gambe vacillanti — ricadde — alzò però gli occhi al cielo, ed esclamò:

= Benedetto questo momento!! potrò piangere!… =

= Piangere, perchè? Ida?… dimmi…. tuo marito?… =

= Ah!!! =

Un urlo straziante, come se egli avesse posta la mano sopra una piaga profonda, era la sola risposta che aveva ottenuta… Guardò egli smarrito la ragazza di servizio, la quale asciugandosi gli occhi colla punta del grembiale, disse:

= Sempre così! povera signora! = ed uscì, lasciandoli soli.

Carlo si assise accanto alla giovine che inanimata e fredda, pareva non veder più colui che le era vicino. Dopo reiterate ed inutili domande, dopo lungo e non interrotto silenzio, Carlo, volendo pur rompere il ghiaccio di tale stato penoso, riprendeva a dire:

= Le vicende della guerra mi hanno impedito fino ad ora di ricevere notizie di te, cugina cara — e quanto me ne doleva! — oggi, appena posto il piede nel mio diletto villaggio, ho palpitato di gioja al pensiero di rivederti — mi si affollarono alla mente le memorie dei nostri primi anni — ti rivedeva confidente, secura, ingenua largirmi le affezioni di una tenera sorella — riandava coll' immaginazione sull'ora del tuo matrimonio con Federigo, e ti vedea bella e felice…. Ahimè ti ho trovata sola, piangente, affralita sotto il peso d' un immensa sciagura…. Oh Ida piangi sul seno del tuo fratello d' adozione: sfoga un dolore, che chiuso e solitario aumenta di forza, e lima il filo della tua vita…. piangi, piangi qui!…. =

E colle mani prendeva soavemente la testa dell' afflitta che cadeva pesante sul petto che le si parava a sostegno — Ella seguitava a tacere — grosse stille di lagrime uscivano lente lente da' suoi grand' occhi turchini, che fissi ed appannati non cercavano oggetto su cui posarsi; le vene rilevate, che le si intralciavano sulle tempie, pulsavano con violenza, e il viso bianco come la cera, si contraeva sovente sotto il potere d' uno spasimo morale, muto ed intenso. — Le labbra si muovevano a parole che non avevano suono, perchè la gola secca si rifiutava a spinger fuori dai suoi organi la voce, e le mani chiuse con forza e pigiate sul cuore, contrastavano coll'abbandono e lo sfinimento delle altre membra. —

= Ida, parlami, via? da un' ora che son qui teco, non ho potuto che strapparti un solo accento, dolce sì, perchè mi ha palesato il tuo gradimento nel rivedermi, ma accompagnato poi da un grido così straziante quando ti ho chiesto dove era tuo marito, che meglio era per me l' essere rimasto privo dell' udito, poichè egli mi ha narrata con tremenda eloquenza una storia di disperazione …. le circostanze, Ida mia, le particolarità ti domando!……… forse chi sà!… =

Così dicendo le baciava la fronte e le lisciava i capelli lucidi e biondi, che in ciocche mal disposte le cadevano sulle spalle e sul viso….

= Son due anni che non ti ho veduta! quanti avvenimenti! quante distanze ci han tenuti divisi!…….. io ho dritto a un compenso per sì acerba privazione — posso esigere da te confidenza — ricordati che mi amasti come sorella, e che tuo padre mi amava come figlio…. —

= Figlio!! figlio!! Chi me lo rende? Carlo! puoi tu riportarmelo? io te lo chiedo…. corri, corri, e se lo trovi, mi ti prostrerò innanzi adorandoti come Dio!… Ah! Dio non me l' ha reso finora! — e sì, che glielo ho chiesto con grida che mi pareva dovessero arrivare lassù………. perchè non mi ha sentita?….. Conducimi fuora, Carlo! all'aria aperta gli giungeranno forse più facilmente…. mi sentirà, ch?…. mi sentirà?…. oh dimmi, dimmi, che mi sentirà!….

E qui prorompevano le lagrime, e si scioglieva la tensione de'nervi, e l'anima agitata rendeva il moto e l' energia a quel corpo, che poc' anzi pareva impietrito.

= Oh Carlo! seguitava a dire la povera Ida, dopo aver narrato all' amico i primi casi avvenutile da che si erano separati, Federigo, l'uomo del mio cuore, aveva incontrata la morte, difendendo coll'armi, e da valoroso, il suo paese…. Io che viveva in un'ansia disperata, che vagava smaniosa in traccia di notizie, che leggeva sui pubblici fogli, col brivido e col raccapriccio della paura, la lista dei morti, e dei feriti, io seppi finalmente che in uno scontro decisivo, l'armi francesi, onnipotenti sotto gli ordini di questo terribile Napoleone, avevano sbaragliate le nostre truppe, e che il mio disgraziato marito, vittima del suo stesso valore, e del suo patriottismo, era caduto prigioniero, e che dopo due giorni era morto nel campo nemico…. Carlo! egli non morì fra le braccia della sua Ida, non udì gli estremi conforti pronunziati nella lingua che egli parlava…… nò!….. furono accenti stranieri!… morì fra nemici! — fra coloro, che egli aveva maledetti ed abborriti…. e ne dovè soffrire la pietà!! ed implorarne un favore!!!!… Il Chirurgo che lo assisteva, commosso alla dignitosa espressione del suo dolore, e all' ultima preghiera solenne di un moribondo, assentiva a prendere sopra di sè l' incarico di farmi sapere la sua morte, e inviarmi il suo portafoglio…. Potresti tu, Carlo, insegnarmi le parole che ci vorrebbero per spiegarti lo stato del mio cuore alla tremenda notizia?….. te ne sarei grata, che io di per me non ho potuto trovarle giammai…. io rimaneva scema della metà più cara di me… avrei voluto finire di morire…. riunirmi a lui nella tomba!… avevo però un bambino — Oh come bello!…. il figlio mio diletto! il parto delle mie viscere!….. dovevo, volevo vivere per lui….. era sì dolce cosa il vivere per amare e custodire quell' angelo, immagine viva di Federigo! — preziosa parte, che di lui mi restava, che mi legava ancora a lui!…. e…. non l' ho più sai!… Carlo, Carlo!… l' ho perduto!!… andiamo a cercarlo per carità! in nome dell' onor tuo, per la memoria di tua madre, vieni meco a cercarne…. avranno paura a negarlo a te… gli urli di una madre non li hanno mossi a pietà, provino ora l' ìra d' un soldato, d' un uomo valoroso!… oh si, sì, tu sarai il salvatore che Dio mi ha mandato!… non è vero?… non ti ha mandato Iddio per farmi rendere il mio amore, il mio bambino, il mio Giovanni?…. —

Così dicendo Ida era balzata in piedi, e con forza convulsa si era avvinta alla persona di suo cugino, e lo spingeva e trascinava verso la porta — Egli tentava indarno calmarne lo smanioso delirio, che la giovane sventurata raddoppiava di vigore, nell' opposizione appunto che ella trovava al suo desiderio….. —

= Ebbene lo cercheremo — tranquillizzati, amica mia — lo cercheremo…. dimmi dove…. =

= Dove?…… e lo so io forse? Se lo sapessi avrei bisogno di te per riprenderlo? Oh! lo avesse pure fra le mani Napoleone, glielo strapperei, così, così! =

E faceva l' atto di chi si avventa furioso, e nel lancio, e nell'impeto non trovando l' impedimento, che si fingeva pararsele contro, cadeva lunga distesa sul suolo. Carlo la sollevava prontamente, e tenendola fra le braccia, cercava con tenere carezze e con provide cure di rianimare le sue forze vitali, e ricondurre la mente traviata alla verità. — L' ambascia cedeva e si calmava il trasporto, per dar luogo a una più pacata malinconia.

= Carlo, io ti narrava poc' anzi le mie sciagure, non è vero? =

= Sì, buon' amica, tu mi dicevi di tuo figlio…. =

= Di mio figlio! lo senti, Carlo come è soave questo nome? egli mi percuote nelle orecchie come un armonia divina….. mi pare di sentirmi raddoppiare la vita…. mi sento elevare a un grado più nobile quando dico = mio figlio! = Credi tu che una regina senza figli possa essere altera del suo stato?…. nò, ella non ha saputo fare del suo sangue un essere…. Dio non le ha accordato parte del suo potere…. formare una creatura!! — Dire — è mia, mia, mia! — io la ho fatta, e nulla nel mondo si può dir mio, quanto un figlio!… una regina senza figli che ha ella di suo? nulla — che ha ella fatto da andar superba fra le altre donne?…. nulla…. io sì, avevo di che dirmi orgogliosa e felice!… benedette le donne che son madri!… e più quelle che non si sono lasciate rapire un figliuolo!… Dov' ero ìo quando lo perdei? Se io ero in questo mondo, mi pare impossibile che lo abbia potuto perdere!… e più mi pare impossibile che io non l' abbia saputo trovare, attratta dalla forza arcana che spinge una parte a riunirsi al suo tutto…. Senti veh Carlo, ti voglio dire come e perchè non ho più meco l' angelo mio.

= Erano scorsi pochi giorni dal mio infortunio, quando corse la voce appressarsi i Francesi, e dirigersi sopra Vienna. Le menti erano prese da un terrore indistinto e confuso, sì, che pareva ingombrare l' anime più ardite e valenti di quel senso che avvilisce e toglie i mezzi ed i modi, onde cercare al danno un riparo. Io, sola, deserta d' ogni conforto e incoraggimento, fissa in un solo pensiero, quello cioè della salute e della conservazione del mio figlio, credei non trovarmi abbastanza sicura in questo villaggio — Mi persuasi che in popolosa città poteva essere il mio tesoro più tutelato e difeso…. in Augusta vi è tanta gente, diceva, tutti lo proteggeranno…. Vedi follia! perchè in lui io racchiudeva l' universo, e ogni delizia, andava credendo che ogni altro dovesse sentire come me la necessità di toglierlo ai perigli ed il desio di conservarlo. — Questo era delirio d' amore smisurato, lo conosco ben' ora, ma il trasporto del cuore affiacchiva in me il potere della ragione. Partii per Augusta…. Oh maleaugurato consiglio! foss' io morta prima di porre il piede fuori di queste soglie!! — Siccome non doveano essere che pochi giorni di permanenza, mi portai ad abitare in una locanda… Ecco dopo due dì, verso il tramonto, un moto, un confuso rumore, un andare, un venire di persone agitate, annunzia un avvenimento grande, inatteso, funesto… si dice che i Francesi attraverseranno Augusta — si rammenta tremando che essi ne hanno in odio gli abitanti, perchè sono stati nemici dei Bavari loro alleati…. si teme una vendetta…. il sacco, la strage….. Carlo! il ribrezzo e l' orrore che mi colse nel punto in cui fu gridato dalla moltitudine spaventata = Eccoli, eccoli sono entrati in città! = mi ripiglia ancora il core e le membra….. ancora sento arricciarmisi le chiome….. Oh vorrei essere dissennata affatto, per non rammentarmi quella sera, per credere che ella non sia mai stata…. sentimi, sentimi!…… col tremito della febbre dell' anima mi lanciai sulla culla di Giovanni…. egli dormiva placido, sorridente…. com' era bello, divino agli occhi miei! io non sapeva più d' esser viva che quando lo guardava; ogni suo respiro mi faceva sentire che ancora avevo un' esistenza…. A un tratto urli forsennati si alzano dalla contrada ove io abito…. un' onda di popolo irrompe correndo…. Donne, e fanciulli con grida desolate annunziano l'avvicinarsi delle armi nemiche, e chiedono soccorso, misericordia!… Io perdo il lume dell' intelletto, e non osservo se que' fuggenti sono realmente perseguitati e manomessi…. prendo in braccio l' addormentato bambino, che si desta piangendo — precipito le scale e fuggo, fuggo, fuggo…. dove? e lo seppi? e lo chiesi a me stessa?… Mi portava un impulso cieco, ma irresistibile…. Io non sapeva di correre, non vedeva la via, non sentiva sotto i piedi il terreno…. mi credevo trascinata, avvolta dal turbine…. fra le mie braccia, e il mio cuore stava la mia creatura…. ecco il solo punto in cui chiudeva tutta la potenza dell' anima, e della vita…. credo che il mio scopo fosse quello d' uscire di città…. vedevo de' lumi, e ne avevo paura, come se essi potessero tradirmi, e svelarmi ai nemici… mi abbassava e raggruppava in me stessa per nascondere il mio bambino, come se i Francesi non fossero entrati in Augusta che per cercare di lui, e per uccidervi lui!… Stanca ed anelante, mi sento presso a cadere nel mezzo d' una strada… il terrore del pericolo che sovrasta a mio figlio, se ciò accade, mi desta nella mente sconvolta l'idea di cercare un asilo…. vedo come in sogno una porta…. mi precipito dentro; il baleno dell' armi, il suono d' estranea favella mi colpiscono gli occhi, e gli orecchi!!… la mannaja, sul collo del condannato, deve essere meno fredda e tagliente dello spasimo che mi ferì il cuore e mi fece cadere tramortita, quando mi conobbi caduta fra le mani de' Francesi…. — Non so più cosa fosse di me…. una rimembranza confusa mi dice che vidi un soldato vestito in modo distinto — che io mi stringeva ai suoi ginocchi, che egli mi accennava a una turba dei suoi compagni, che egli mi porse una carta…. ma poi, poi, cosa avvenne??… una nebbia densa mi appannava la vista, e gli oggetti mi passavano davanti come ombre o fantasmi. — Un sordo mormorìo m' intronava le orecchie…. mi pareva di sentire in lontananza una romba cupa e prolungata che si rinnuovava ad intervalli…. poi un fruscìo…. quindi il monotono percuotere dei piedi ferrati dei cavalli, e il rimbalzare d' un carro che mi stordiva la testa, e indoloriva le membra intorpidite…. Non so quanto durasse quest' agonia…. Aprii gli occhi finalmente, e cercai di riordinare il filo delle mie idee…. era realmente sopra un carro da trasporto, al seguito d'una truppa numerosa…. per un moto di abitudine e d' istinto, stringo al seno le braccia…. Dio!!! mio figlio non vi è più!!!… Carlo! il mio angelo era…. dove? dove? dimmelo per pietà, o finisco d' impazire!… non lo sai neppure tu? Tutti stolti! tutti ciechi! nessuno ha veduto mio figlio!… Stai zitto!… non m' interrompere!… se non sai dirmi dove hanno portato Giovanni, non m' importa che tu parli…. sta attento, finchè mi resta fiato ti voglio dire cosa mi avvenne…. Io chiesi che mi fosse reso il mio tutto…. pregavo con ardore, con ineffabile angoscia…. chi si raccomanda per aver salvata la vita, mentre è sotto il pugnale che deve ferirlo, non può farlo coll' energìa, che io vi posi…. vi ha egli confronto fra il valore che si annette al proprio scampo, e quello che una madre appone al suo figlio? Se Napoleone avesse potuto per un solo minuto sentire l' ambascia di questo cuore dilaniato, avrebbe spogliato ogni orgoglio, obliato ogni ambizioso desìo di conquiste, per togliersi a quello stato d' ambascia e di tortura: sarebbe sceso dal trono se avesse dovuto ricercare un figliuolo…. sì, sì, ne sarebbe sceso per cederlo a chi glielo avesse ritrovato…. e per lui tante madri hanno pianto a lagrime di sangue! e per fargli scala a salire tant' alto si sono affastellati i corpi di tanti figli! ed egli non lo sa!… o non vi pensa!… e cammina sull' ossa! e distrugge gli esseri, che non ha il potere di formare!… Oh possa un giorno desiderare gli amplessi di un figlio, e non poterli avere!… non impreco su lui altro dolore!… sai tu, mio buon Carlo, che non mi fu dato ascolto?… che mi fu detto — Il Generale ci ha divisi in varii corpi — abbiamo l' ordine di marciare, e dovendo passare appunto dal villaggio dove voi avete detto avere casa e parenti, egli vi ha consegnata al colonnello con un salvacondotto acciò vi ci trasporti con sicurezza — …. Io voleva a tali parole tornare addietro a ricercare il mio bambino, chiedeva di lui, urlava per esser libera…. mi si disse essere gli ordini del Generale decisi, ed infrangibili…. essere partiti per linee divise i reggimenti francesi…. non sapersi dove, e con chi fosse rimasta quella creatura…. nell' eccesso del dolore, parvemi che le fibre del mio cervello si spezzassero — ricaddi in delirio — quando tornai in senno, mi trovai rimessa nella mia casa maritale…. mi assistevano gli amici, e i congiunti…. i convogli, l' armi, i soldati, i tumulti si erano dileguati come un sogno penoso…. ma una atroce realtà mi stava fissa come un coltello nel cuore…. mi figlio non era più meco!!!.

Era una bella sera, e le strade d' Augusta brulicavano di gente mossa, ed agitata da varii interessi, timori e curiosità.

L' esercito Francese riunito, era nuovamente giunto in quella città. — Un domandare ansioso di notizie e di casi, un mescolarsi d' esteri e di nazionali, il romore dei carri di trasporto e d' artiglieria, il distribuirsi delle vettovaglie e degli alloggi, i tumulti, le questioni, le risse, gli ordini e i contrordini che si partivano dalle autorità Francesi e Tedesche, la pressa dei subalterni nell' eseguirli, tutto si riuniva a formare scene piene di vita, e di quel moto straordinario che toglie del tutto la monotona calma ad una sorpresa città. Carlo, che vi era di guarnigione, avea condotto seco la cugina, per toglierla alla solitudine desolante del loco ove solea abitare, e per potere così adempíere agli obblighi del proprio stato, e secondare gl' impulsi del suo cuore che lo spingevano a cercare ogni mezzo per consolare l' amica della sua infanzia. — Ella lo aveva seguito, nè reluttante, nè volenterosa; che omai su ciò, che la riguardava direttamente, era divenuta indifferente del tutto. Albergava in casa d' oneste persone, che nell' ore in cui Carlo era obbligato a lasciarla per il servizio militare, le prodigavano ogni sorta d' attenzioni. Il giovane Ufficiale intanto, avea cercato novelle e informazioni rapporto alla perdita del fanciullo, accaduta cinque mesi prima, ma non ne aveva potuto avere alcun lume, sì che la madre sconsolata omai era fatta sicura della di lui morte. In quella sera ella stava sola chiusa nella sua stanza, nè si dava pensiero di ciò che fuori accadeva; e solo ogni tanto il passare di un carro, o il parlare alto di qualche Francese la faceva trasalire, ed una perturbazione dolorosa le scuoteva il cuore alle triste memorie, che tutto ciò le ridestava nella mente. Attendeva Carlo con impazienza, e con insolita vivezza di desiderio. — Erano scorse le ore di servizio, ed egli libero di sè si portava a visitarla. — Giunto vicino all' albergo, fu fermato da un Granatiere dell' esercito Francese, il cui volto però espressivo e marcato, i neri e fulgidi occhi, la bruna chioma ed il bruno color della pelle, non che l'accento sonoro, ben dimostravano essere egli Italiano. Con polite maniere gli chiese il favore d'insegnargli precisamente il luogo, ove era situato l' alloggio militare, che eragli stato assegnato, e di cui fecegli leggere il biglietto d'indirizzo.

= Non potevate dirigervi meglio che a me, o Signore; che appunto mi porto ora anch' io a quella casa ove abita persona che mi attiene, rispose Carlo, e intanto al lume di una bottega che gli era davanti, guardava la bella figura, e la simpatica fisonomia del Soldato Italiano, il quale poteva essere in su' i 28 anni. Egli portava sulle spalle una bisaccia di cuoio più grande dell' ordinario, e pareva averne una cura particolare. =

= Forse vi avrà dei denari suoi, o in consegna, suppose Carlo, nè pensò oltre. =

Arrivato dopo pochi momenti all' alloggio, vi entrò col Granatiere, il quale lo pregò, che omai compisse il favore, e lo presentasse agli ospiti suoi. — Aderì Carlo cortesemente, e dopo averlo fatto abboccare con essi, lo condusse nella camera, che gli era destinata, intrattenendosi seco, com' è naturale fra militari, di cose riguardanti la guerra, e dei luoghi per dove erano incamminati i Francesi. — Appena entrato nella stanza, il Granatiere si scinse la bisaccia, e delicatamente posatala sul letto, vi gettò dentro un' occhiata, e guardò sorridendo d' un certo suo modo misterioso Carlo, che rimase stupefatto, nel sentire uscire una voce infantile in tuono di lamento.

= Povero piccino mio, sei stanco eh, di star qui dentro? Vieni, vieni, mio caro amore, addirizza il tuo bel corpicino qui sul letto — e ciò dicendo tolse dalla bisaccia una creatura di forse un anno e mezzo, bella e fresca come una rosa — Vedete il mio piccolo tesoro? non lo cambierei con un sacco di Napoleoni!… ma purtroppo forse dovrò perderlo!……. Ah!….. = e sì dicendo lo baciava teneramente, e copriva coi folti e neri mostacchi tutta la faccia di quell' angioletto, che alzando le manine glie li tirava con vezzo infantile. =

= È vostro figlio? non ha più madre?… scusate se troppo m' avanzo — vedo d' essere indiscreto con tali domande; ma la vista di cotesto fanciullo desta un vivo interesse. =

= Indiscreto? eh niente affatto! che mal vi è a dimandarmi se è mio figlio? vorrei che lo fosse! se ha madre? Vorrei potergliela trovare…. =

= L'ha perduta? =

= Sì, caro mio — il caso è strano, ve lo dirò, perchè non ne fo un mistero. =

Carlo si pose tutto in orecchi ad udire, col cuore palpitante d' una incerta speranza.

= Cinque mesi fa, mentre passavano appunto da questa città le nostre truppe, ricevemmo ordine di separarci in varii corpi, e portarci su diverse linee — ne erano già alcuni partiti, ed io mi trovava presso a marciare, quando mi portai per comando del mio Colonnello ai posti avanzati, ove era il Generale Lecombre — eseguii la commissione, e vidi partire il Generale — mentre tornavo a raggiungere il mio corpo, che pur doveva incamminarsi al suo destino, odo, nel passare davanti una baracca, un fievole vagito — ne rimango colpito — cerco con gli occhi, e sopra un mucchio di bagagli veggo ravvolto fra panni un piccolo bambino di quattordici o quindici mesi, che stendeva le tenere braccia per essere raccolto, e pareva destarsi allora dal sonno, motivo forse per cui fino allora non aveva richiamata sopra di sè l' attenzione di nessuno. — Penetrato fino all' anima da un senso di viva tenerezza e pietà, lo prendo in braccio, e cerco informarmi a chi possa appartenere — nessuno sa dirmi nulla — finalmente una vivandiera mi dice, aver veduto una bella e giovane donna nella tenda del Generale, e avere udito i suoi pianti, e averle veduto baciare un bambino — che la curiosità l'avea spinta più presso l' entrata, ma che n' era stata respinta dalla sentinella, e solo avea potuto sapere da un'Ordinanza, che il Generale avea protetta la donna e datole un salvacondotto, onde fosse portata al luogo da lei indicato per sua dimora — che non avea potuto sapere nulla di più circostanziato, poichè nel moto prodotto dalla partenza, l'Ordinanza aveva lasciata in tronco la sua narrazione, ed ella era stata costretta a contentarsi del poco che aveva veduto e saputo — che congetturava però essere stata portata via la madre, forse malata o svenuta, ed essersi nel tumulto scordati di prendere il bambino. — Che fare? a chi darlo? con qual distaccamento si era partita la madre? a qual corpo appartenevano i soldati che l'avevano scortata? Io dovea partire — non poteva perdere un minuto di tempo senza infrangere i miei doveri, mancare all'appello, ed incorrere la taccia tremenda di disertore — Suonavano le trombe, s'avviavano le salmerie…. Mi decido — stringo al seno l' innocente creaturina che Dio mi aveva voluto affidare, e dico a me stesso — egli è mio come se sua madre fosse stata mia moglie — egli è mio finchè non trovi chi gli ha dato la vita, finchè il grido sincero d' un essere che lo riconosca non mi riveli a chi devo restituirlo. — Fermo nel mio proposto, ho portato sempre meco quest' angioletto — ho fatto questa larga bisaccia per portarlo più comodamente in sulle spalle in tempo di marcia — mi sono consacrato per lui alle più minuziose occupazioni — Ho preso consiglio dalle donne che seguono l' esercito del come doveva nudrirlo e custodirlo — Ho dormito accanto a lui, e l' ho vegliato come una nutrice; il dì della battaglia ho pregato Dio di non soccombere alla fortuna dell' armi, per non lasciarlo solo sulla terra privo d' appoggio e di protezione. — Avanti l' attacco facevo in poca distanza dal campo una buca in terra bastantemente fonda per contenervelo — lo celavo così ai pericoli, e gl' impedivo di smarrirsi — confidavo ad alcuni miei camerati il loco del suo refugio, perchè in caso di mia morte lo esponessero in vista, onde non volendo incaricarsene eglino, potesse incontrare nella misericordia di qualcuno, che si commovesse al vederlo così misero e derelitto, un appoggio novello. — Ma il cielo mi ha conservato finora, e non ha voluto che il povero Augusto sia da meno degli uccellini, privo cioè di chi lo tuteli, nudrisca e difenda. — Ora che son tornato quà, e che mi devo trattenere qualche giorno, voglio cercare, informarmi, per vedere se scopro la madre, o alcuno che m'indichi il suo nome, il suo stato, il loco ov'ella abita…. eppure, lo crederete? temo e palpito di trovarla. Dovrò renderlo questo caro bambino! staccarmene! perdere la dolce abitudine, che mi si è resa necessità, di custodirlo, averlo meco, vederlo crescere, svilupparsi come un bottone di rosa…. accarezzarmi, sorridermi con quel suo modo innocente e grazioso!…. Ahimè! mi si dividerà il cuore…. sua madre l'ha fatto, è vero — ma lo ha perduto!…. ed io l'ho trovato, raccolto, ajutato…. io ho dei dritti su di lui sacri e potenti quanto i suoi, chè, la mia tenerezza equilibra il loro peso nella bilancia della giustizia di Dio…. ma in quella degl'uomini?… Oh nò!… che dico!… devo cercare questa misera madre — chi sa quanto ha pianto! chi sa come le fu svelto dalle braccia…. non vi ebbe colpa nò! — ne son certo, poichè una madre non può perdere per non curanza le sue viscere …. devo renderlo, e lo renderò…. vedete? se è povera le ho preparati qui trenta luigi raccolti da'miei risparmii, e da una collètta che ho fatta coll' ajuto dei miei camerati, che da principio mi deridevano, e mi chiamavano il babbo dei trovatelli — ma poi hanno compreso quale è il dovere dell'uomo, e mi hanno applaudito, e secondato. — Oh Dio! l' idea di doverlo lasciare, di trovare suo padre!!… Oh se il padre me lo ritoglie ne avrò più cruccio!… ne sarò più geloso, che se devo renderlo alla madre…. Il padre! e che può avere egli fatto per Augusto, che io non abbia saputo fare con più rischio, e meglio di lui….? =

L' Italiano si curvò sul bambino nascondendo le lacrime che gli cadevano sul maschio ed abbronzito volto.

— Carlo respirava appena — mille idee e sensazioni diverse lo avean reso tacito ed attento — non aveva osato interrompere il racconto, benchè certo fin dal suo principio d' aver trovato il figlio d' Ida, per quell' intimo senso che spinge ad assaporare la voluttà soavissima di sentire sviluppare, e porre in luce con modi ingenui e leali, quei tratti di virtù che sublimano l' umana natura — non osava ora parlare per non dare il temuto dolore al prode e generoso Italiano — poteva ritardarglielo!… gli pareva una colpa, una profanazione, turbare e sconvolgere il Sacrario d' un affetto sì puro ed eroico! — togliergli con una parola, quel sentimento profondo di paternità che lo rendeva rispettabile agli occhi proprii ed altrui!… — mentre ondeggiava perplesso il bambino, che forse aveva fame, o si era indispettito di piccola gara col Granatiere, cominciò a piangere con voce chiara e squillente. — L' uscio della camera era aperto, passano pochi momenti, e si sente il rumore di un passo accelerato. — Un fantasma, che tale pareva una donna colle braccia tese, il corpo lanciato in avanti, gli occhi spalancati e roteanti nell' orbita, la bocca contratta, il petto anelante, si presenta come un guizzo di baleno alla porta — si ferma sospesa un istante — caccia un grido che oscilla come un metallo percosso, e rapida sì che umana previdenza non può impedirla, afferra il bambino — l' alza verso il lume, lo fissa, e fugge stringendolo al seno con delirio di gioja dicendo:

— È lui!!! —

Il Granatiere si percuote la fronte ed esclama atterrito:

— Sua madre!!!.

Sett'anni dopo sulle sponde del Lago di Como passeggiava un Ufficiale in ritiro — aveva una gamba di legno, ed era decorato della medaglia della Legion d'Onore — passava un braccio sotto quello di sua moglie, bella donna di 30 anni, dai biondi capelli, gli occhi azzurri, le guancie bianche e rosate — un vivace e robusto fanciullo di nove anni, standogli accanto da l' altra parte, gli toglieva in modo carezzevole il bastone colla gruccia, e prendendogli la mano se la poneva sulle spall dicendo:

= Qui, qui, babbo mio, appoggiati st tuo Giovanni! =

Sorrideva il buon Lombardo, e un lacrima di tenerezza gli spuntava sugl occhi:

= Ida mia, il nostro Giovanni è ui buono e bravo ragazzo…. vedi tu! se io non lo portavo nella bisaccia sulle spalle ora non avrei sù chi sostenere il peso de mio corpo mutilato =.

… ma vinse nel generoso petto il desiderio
di salvare i figliuoli, stimando
quanto fosse più grande il pericolo,
tanto dover esser la gloria maggiore
CAMMILLO PORZIO
Storia della Congiura dei Baroni
di Napoli.

Anche oggi, è prostrata sui gradini dell'altare dedicato a S˙ Leonardo! — Già son volte tre Lune da che lo sfortunato Marito languisce in quei ferri, che Re Ferdinando I ha ribaditi si forte, da non lasciar quasi speranza di poterli sciorre mai più. — Sono tre mesi che Mandella guardata dai Regi satelliti, palpita sul destino dei Figli!…. Miseri essi, ed infelicissima lci, ove il sospettoso Monarca, credesse scorgere infra i Baroni Napoletani nuove mire di rivolta! l'ira di lui potente, spazierebbe più vasta, e schianterebbe fin da radice, anche i deboli arboscelli, che nacquero ai piedi di quella pianta superba, che osò per un momento adombrare lo splendore della sua Corona, poichè, annientandoli, saria certo disperdere, fino all' ultimo seme di ribellione. Povera Mandella! tu sei rimasta sola, depositaria delle future speranze della casa de' Principi di Bisignano! Come Madre, puossi descrivere l' ansia angosciosa con cui guardi la testa de' Figli? immaginarlo sì, ma dirlo con parole non mai! — a ciò cred' io, saria d' uopo inventare una nuova favella, e ben fosse ella potente, dubito che resterebbe pur sempre minore del sentimento che ella dovesse esprimere — Come Donna e Signora di potente dominio, tu sai quanto importante è il tesoro che il destino ti diede in custodia!… Se a Dio non ti volgi, nel Mondo non hai speranza di ajuto!… e ben colui in che ponesti fidanza, già t'inspirò!!…

Napoli da occidente, lungo il lido del Mare, ha una contrada nominata Chiaja nel cui mezzo, dentro all' onde, è una Chiesetta dedicata a S˙ Leonardo, ove per un ponte da terra si varca. — Hassi questo santo in venerazione, per istimarsi ch' egli sia protettore dei Prigioni. Qual meraviglia dunque, se la Principessa frequenta quel Tempio, onde invocare dal Santo la Libertà del diletto Marito! — Potranno gli sgherri, che la sorvegliano onde torle ogni possibilità di fuga fuori del Regno, addebitarla di tale disegno, mentre passa i suoi giorni ai piè di un altare? — Per tre mesi non ha cangiata condotta giammai — la pietosa abitudine l' ha resa omai quasi immune d' ogni sospetto, sicchè spiarla, viene a tedio a coloro, e rallentan di zelo, quanto più monotona diviene la incombenza che loro è affidata.

L' Alba è sorta. — Scintilla il Mare nelle sue spume, quasi che render voglia un omaggio all' Astro illuminatore, riverberando i suoi raggi. — L' azzurro del Cielo, limpido e diafano come il dì della creazione, par sorrida alla terra beata cui fa coverchio, e come sposo che abbraccia la sua diletta, con le pure linee del sereno orizzonte accerchiandola, bacia le vette delle di lei verdeggianti colline. — Deserta è la riva, per l' ora mattutina, e per il sito disabitato e solingo. Una calma solenne, rende più sublime e più bella la Natura, sì, che non profanata dall' Umano tumulto, la diresti vergine ancora. — Dietro uno scoglio, distante un trar d'arco dalla Chiesetta, una barca peschereccia ondeggia a seconda del flutto, e stà legata a una punta sporgente del masso — più lunge biancheggia una vela…. ma come punto nello spazio, o come ala d' Aquila lanciata a volo inarrivabile. — Le ancelle di Mandella, raccolgon fioretti, e conchiglie per farne trastullo a di lei piccoli figli, che freschi come i bottoni delle rose con cui si adornano, fruiscono giulivi dell' aura mattutina, e bevono alla tazza della vita, ignari dell' amaro che sta celato nel di lei fondo. La nobile Matrona si è inoltrata sola, con due de' figli più grandicelli, nel Tempio. Anche oggi, si è prostrata ai piedi dell' altare di San Leonardo ove arde un cero votivo — Domani!………. Domani!!… o sepolta in un carcere, o libera come il pensiero!… Chi attese un istante decisivo, pericoloso, chi provò il tremore convulso delle membra, il brivido gelato, il fremito bollente, l' oscurarsi degli occhi, lo sfinimento del cuore, l' infiacchimento delle ginocchia, l' offuscarsi della mente, lo agonizzare dell' anima che lo procede, potrà solo comprendere la situazione angosciosa di quella misera Madre. — Forse, ella si apprese a un mal consiglio!… forse espone la vita dei figli!… se ella attendesse ancora?….. i tempi posson mutarsi — il partito oppresso risorgere — il Principe ricovrare, per benigna elemenza di Ferdinando, la libertà…. e se dunque fosse imprudenza l' azzardare una fuga!… Se fosse un risvegliare l' addormentato Leone?… Lassa! un sospetto, un momento mal calcolato, un tradimento, ponno ìnabissarla in un baratro di sventure! i figli perdersi per sua cagione!… gli Uomini e Dio chiedergliene conto, e dal fondo del carcere sorgere la voce del loro Padre ad imprecarla!… Ah sì! — per un'anima energica e forte, havvi bisogno di agire, però la presenza del pericolo non ha per essa terrori — l' affronta, combatte, e non vede che il trionfo…. ma l'ora in che lo attende, chiude un secolo di tormenti, e l' incertezza le è morte.

Bianca, come il marmo de'gradini su cui stà inginocchiata, Mandella prega…. ma il labbro scolorato non si muove — l' occhio non si eleva — cupa come il suo destino è la sua prece — uno sconforto indefinibile, ammorza la fiamma della fede che finora le arse nel cuore…. le pare che Dio, ed il suo intercessore la rigettino — smemorata del passato, ignara del futuro, impaurita del presente, ella è sotto l' influenza di uno di que' funesti momenti, in cui l' anima soggiogata come da un fascino, non sente le proprie forze, abbandona il governo delle molle vitali, e vacilla come face vicina ad estinguersi…. fin' anco la Religione e l'amore, non han voce per confortarla!!…. I Figliuoletti, mesti della mestizia Materna, repetono per abitudine le preghiere che loro furono insegnate: —

= Dio mio liberate il Babbo, e benedite noi miserelli! = mormora la Bambina….

Oh! quella voce soave è corsa come scintilla elettrica alle fibre del cuore di Mandella — ne ha stemperato il gelo, sciolto il torpore, resi i palpiti vitali…. una lagrima lucida e grossa le tremola sulle palpebre — alza gli occhi all'immagine di San Leonardo…. Un raggio di Sole penetra attraverso le vetrate a colori della cappella, e in lunga striscia, illuminando gli atomi roteanti, viene a posarsi sulle gemme della corona d' oro della Vergine, a' di cui piedi stà dipinto, in atteggiamento di adorazione, quel Santo — il raggio compenetrato da que' colori, e reverberato da quelle gemme, che scintillano come prismi, si veste de' colori dell'Iride e in larghi sprazi di luce irradia l' Immagine sacra, e l'adorna di un manto sfolgorante. — Mandella lo guarda estatica — trasalisce di gioja! —

= Oh Vergine confortatrice, esclama, tu ascoltasti l'intercessione del beato Leonardo! Madre di Gesù, ti sei ricordata i tuoi dolori, ed hai compassionato alli miei! mi hai inviato il segno di pace!… Iride benedetta, augurio felice, io ti saluto, e affido il destino de'miei figliuoli alla Regina degli Angeli! =

Sorge — non tituba più — un vivo rossore le invermiglia il volto dilicato, radiante di una divina speranza — con passo concitato esce fuor del sacrario — corre sul lido, e volgendosi ver lo scoglio, come donna che cerchi svago da un pensiero col canto, intuona la strofa di una peschereccia Canzone. —

« Della Marina il murmure Par che mi spinga addietro…. Pur dar fortuna impetro L' onda poter solcar! Dammi coraggio a correre Sopra il suo vasto impero, Poichè sovr' esso io spero Più lieti dì trovar! »

Non appena l' Eco ebbe ripercosse le ultime note di lei, una voce virile, lontana tanto però, che se ne intendessero distintamente gli accenti, seguitò sulla stessa cantilena.

« Vieni! tranquillo il Mare Bacia amoroso il Lido — Spira buon vento, e fido La vela spingerà — Voghiam! Voghiam! disgombra L'ansia che il cor ti preme! Pensa al periglio e geme Solo chi ardir non ha. »

Al finir della strofa, già era apparsa alla vista la barchetta che in prima teneasi celata dietro lo scoglio. Batte le palme Mandella per impeto di gaudio irresistibile.

= A me i figliuoli, e le Ancelle! = grida.

Come Colomba che copre con l'ali la covata de' suoi tenerelli, ella si circonda de' pargoletti, e gli cela, stringendoli a se, con le ondeggianti pieghe del Velo, che secondo l' uso Napoletano adornale la testa, e che largo e disciolto, ora le discende fino ai piedi, circondandole la maestosa persona. Tende ancora l'orecchio — con la destra mano fa schermo agli occhi, che acutamente indagano per ogni lato, e con la manca accenna alle Ancelle l' ordine di starsi ferme a lei d'intorno — quindi,

= Donne, lor dice, volete voi essere mie consorelle di sorte? — io qui vi condussi, poichè sò quali sensi vi leghino a me, ed a miei figli — essi hanno d' uopo di molte cure, che io assorta in gravi e dolorose occupazioni, non posso lor prodigare come vorrei — spero condurmi a Roma…… assentite, seguirmici? =

= Madonna, saremo con voi in vita ed in morte = rispondono quelle amorose tutte in un tempo.

= Ben stà, e grazie ve ne rendo — Piccardo, Piccardo, accostati! =

La Barca scivola rapidamente sulla superficie dell' onde. — Un Uomo grande e vigoroso, dai neri capelli, dal color bruno pallido, in abito di pescatore, ne governa il corso, insieme ad un giovinetto di forme più delicate. —

= Paggio, prendi in braccio ad uno, ad uno i miei figli, e ponili sulle pelli, infondo alla barca…. Non lasciarli!… le mie donne, ed io sappiamo far di meno della tua aita — e tu mio fido scudiero, puoi assicurarmi che non ho nulla a temere da sorpresa nemica? =

= La mia testa o signora ve ne risponde. =

= Or vengo…. Napoli, in te lascio metà di me stessa! — parto per salvar l' altra!……. tornerò a ricercare il tesoro che mi celi — Dio protegga la mia partenza, e benedica al mio ritorno! Napoli patria mia, prenditi il bacio dell'addio!… =

Tace — scende nella barca, che tosto si spicca dal lido — Il Brigantino lontano, le muove incontro — si fa presso…. intanto un fischio prolungato ed acuto echeggia sul lido…. agili schifi volano sull'acque…. è tardi! — la barchetta inseguita, già sgombra del suo carico, è rimasta deserta in balia de' venti — potenza umana non vale a raggiungere la fuggitiva Mandella. — Gli Angeli, alla di cui Regina, Ella aveva affidato il suo scampo, ventilano con le Ali le vele del fortunato Vascello, che come saetta scoccata dall' arco, segue il suo corso, e giunge rapido in porto sicuro.

Io volgeva dal Canto-di-Nello, indirizzandomi verso la via che conduce in faccia al Liceo, ove stanno le sale d' Asilo infantile, dette di Candeli. Era accompagnata da un domestico, e la visita ad una mia parente ammalata, era lo scopo del mio cammino. Sopra gli scalini di una porta di misera casa, stava un Fanciullo di sette, o otto anni — lo squallore del volto macilento, le sucide vesti, le chiome irte e polverose, i modi bruschi e scioperati, le risa smodate, il turpe modo di esprimersi, la sconvenevole favella, palesavano chiaramente appartenere egli a quella sfortunata classe de' figli del popolo, abbandonati a se stessi, che il volgo fiorentino chiama indistintamente Ragazzacci. Appressandomi, vidi ch' ei prendevasi il crudo sollazzo di lanciare in aria per tutta la lunghezza di un filo, e ritirarlo indi a se, un infelice Passero che il caso aveali posto fra le mani. — Ricadeva sul suolo, e strideva l' augellino martoriato e spaurito — ma l' animo chiuso a pietà dell' ineducato fanciullo, non comprendea le ambasce di quel malearrivato, e prendea barbaro diletto in vedergli fare que' moti violenti, quasi che fossero venuti da corpo inanimato, mosso dall' impulso che ei davagli. Ahi! il cuore dell' Uomo è crudele per indole! il selvaggio feroce, e il bambino poco domato dall' educazione, sì, che ne prevalga l' istinto, ne fanno fede — i giuochi, e gli esercizii de' primi, i trastulli de' secondi, manifestano un trasporto brutale verso tutto che sa di strage e distruzione. — L' uomo è sitibondo di sangue per innato desio, e quanto più è presso allo stato di Natura, tanto più si insozza di crudeli appetiti. Una voce arcana, eco dell' armonia che ordina l' Universo, lo blandisce talora, e lo spinge a più mite operare, ma ove la educazione figlia primogenita del tempo, nata dal progresso e dallo sviluppamento dello spirito, che UNO sotto migliaja di forme ha passeggiato sui secoli, non venga a domarlo del tutto, egli vince l' ostacolo d' ogni soave ritegno di pietà, e ridendo strazia ed uccide. —

Così meditava meco stessa, mentre il ragazzaccio imperversava osservando la sua vittima, sfinita di forze, scemarli il gusto di vederla inalzarsi ad alto volo. — Io voleva già muovermi a strapparglìela di mano, quando un bambinello di età pari alla sua mi si mostrò di fronte. —

Le chiome avea nere, lucide, inanellate — un vestitino di Lino a scacchi bianchi e turchini, lindo quanto può dirsi, benchè stretto e rattoppato in qualche luogo, vestiva un corpicino svelto e composto a tutto il decoro della innocenza. — Un piccolo grembiale bianco eravi sovrapposto, e nelle tasche di quello, le manine della cara Creatura stavan nascose, come in ripostiglio capace di conservarne la nitidezza — il volto roseo, bianco, pulito, non avea traccia di patimento, e dagli occhi sereni, limpidi, securi, traspariva la intelligenza della mente, e la quiete di un' anima tutta candida e tranquilla. Però nell' appressarmivi, notai in lui un istantaneo, notabile cambiamento della fisionomia. Le piccole labbra porporine, si contrassero palesando un intimo senso di pena — gli occhi si volsero tristamente pietosi a un oggetto, ed il volto si atteggiò a un pensiero di smanioso desio. Parve volersi lanciare…. poi si ritenne…. titubò…. guardò la Donna che lo accompagnava…. poi, il fanciullo che strapazzava il passero — parea cercasse un ajuto in qualcuno — la Donna che era seco non lo intese, poichè le dilicate gradazioni dei colori di un sentimento gentile, sfuggono all' occhio inesperto del volgo — Il Bambino però si incontrò a caso ne' miei sguardi — forse per mistica attrazione di simpatia, vi attinse un conforto all' idea che lo dominava, e si volse risoluto e franco al piccolo manigoldo.

— Perchè strapazzi quell'uccellino, Dio non vuole! —

— Che c' entri tu monello! — l' altro rispose ruvidamente.

— Perchè c'entro, mio caro? perchè mi hanno insegnato che chi ama e non strapazza le bestie, ama poi ed ajuta in miglior modo gl' uomini che son tutti suoi fratelli! —

— Che fratelli! levati di lì, e non mi seccare! —

— Bambino scusami, non ti inquietare, ma voglio dirti che è male, male, male, il tormentare le bestioline — non sai che esse soffrono come noi! poverine! Dio le fece capaci di sentire come noi le impressioni di dolore e di piacere — e mi hanno insegnato che Gesù ci detta — un Passero costa un quattrino ma non cade in terra senza che Dio lo sappia — dimmi se alcuno ti battesse per terra, piangeresti eh? e piangerai credo, quando ti daranno le busse! non avresti tu allora piacere, che qualcheduno ti risparmiasse quelle percosse? Anche l' uccellino ti sarà grato se lo lasci in pace. —

— Eh! va via! chi ti dice queste giuccate! scioccone! il passerotto è fatto per divertirmi, e ne vo' fare quel che mi pare. —

— Che? disse il bambinello leggiadro, mentre una santa indignazione campeggiava su quel volto espressivo, che?… fatto per divertirti?… Che dici! tutti siamo opera di Dio — ogni creatura è fatta per essere utile all' altra per quanto puole, ma non già per farsi scambievolmente del male…. guarda! tu ammazzi chi non ti diede nè noja nè danno!… —

Il ragazzo scortese, quasi vinto dal fascino, chinò gli occhi sul passerotto e stette pensoso.

— Oh se avessi una crazia lo comprerei io! — disse l' Angioletto tutto melanconico, volgendosi alla donna che lo guardava commossa.

— Tieni un paolo mio bravo piccino — esclamai baciandolo in fronte.

Egli mi guardò senza ritrosa timidezza, e come già assuefatto a trattare con persone di grado elevato.

— Grazie Grazie, Signora mia…… tò bambino eccoti una crazia; dammi il passerottino! lo custodirò e lo guarirò io poverino! —

— Piglialo gua! — rispose l' altro, e mansuefatto stese la destra porgendoglielo.

Un raggio di quella gioja ineffabile, che supera ogni umana parola, e che sulla fronte de' bimbi brilla come cosa di celo, tanto è pura e soave, rise negl' occhi del piccolo missionario di carità, e,

— Caro, caro! gridò baciandolo leggermente, gli darò i minuzzolini di pane, e il panico…… e tu sai quando ne avrai un altro non lo strapazzare così! rammentati che Dio non vuole…. rispondimi mio caro! dimmi, promettimi che non lo strapazzerai —

— Nò, disse l' altro persuaso e convinto facendo il viso rosso, nò non lo strapazzerò. —

— Bravo, teini un bacio! addio Signora! grazie sa! — disse il piccino sorridendomi.

— Addio Angiolo mio! —

Egli si avviò, poi retrocesse e,

— Dica, si contenta che del paolo che mi ha dato prenda altre due crazie per darle a quel cieco là! guardi aggiunse con tuono sommesso, a modo di confidenza, è secco secco;…. ha fame lui!… io nò, perchè ho già tanto mangiato! —

— Dagliele pure carino! —

Egli corse, gettò i danari nel cappello del Povero, e proseguiva la via, ma io lo raggiunsi, e dandoli qualche altra monetuzza, aggiunsi:

— Tieni, anche queste, pel tuo buon cuore, Angelo mio! seguita sai, ad esser sempre così! —

— Oh sicuro e come si fa a non esser così? —

Egli disse ciò, con un accento di si sublime ingenuità, che una lacrima mi scese dal ciglio.

— Hai ragione esclamai, addio! ma prima dimmi dove hai mangiato? —

— Agli asili infantili, co' miei compagni. —

Me lo ero immaginata!!…. Dio benedica Te creatura adorabile, e le SALE D'ASILO!!!!



Villeggiavo insieme alla mia famiglia nella florida e nobile Terra di S˙ G˙ in Val-d'Arno. — Erano poche sere, che a prò di una Istituzione di Beneficenza, mio Fratello, mia Sorella, alcuni nostri amici ed io, avevamo rappresentate secondo che siamo usi di fare, per compiacere alle calde istanze del popolo, e dei capi dell'Istituto, alcune Tragiche produzioni, sul Teatro Comunale del Paese — andavo ripensando all' utile che l' introito di esse, avea potuto portare ai bisogni della languente umanità, e giovio in cor mio di aver influito a sollevarla in alcuno de' suoi tanti patimenti — l' ora segnava vicino il tramonto del sole — io ero appoggiata al balcone della mia Camera, sotto di cui lavoravano vari Artigiani — Io gli vedeva, senza però occuparmene, giacchè niuno di loro avea in sè tale particolarità individuale, da poter togliermi a quella tranquilla posa dell'anima, che si scuote soltanto quando una forte sensazione viene ad urtarla — ad un tratto però il mio sguardo è attirato come per magnetismo sopra un giovine legnajolo, che giungendo in quel momento si unisce ai suoi compagni, e si pone a battere il grosso della sua ascia, sopra una botte per congegnarvi le cerchia. Avea povere vesti, consistenti, in un paro di calzoni verdi sbiadati, retti da una cigna di cuojo serrata ai fianchi, e nella camicia aperta sul petto e rialzata sopra le braccia — pure, una tale indescrivibile straordinarità traspariva da'suoi modi, tanta era l' energia de' suoi gesti, che io ne rimasi attonita, come accade all'aspetto di cosa non volgare — La persona svelta e vigorosa, il largo petto, la piccola e ben proporzionata testa, il viso lungo, olivastro, gli occhi neri, fulgidi, animati, formavano di lui un modello di Tipo Italiano, non degenerato nè ammollito — si muovea brusco, rapido, incessante, con una disarmonia, che non disgustava ma sorprendeva — mentre io lo mirava attentissima, Io vedo prendere per il petto un uomo…. credei volesse attaccar briga…. nò — non voleva che cattivarsi la di lui attenzione!…. un suono gutturale, inarticolato esce dalle sue fauci, un avvicendamento di mimici atteggiamenti, dipinge il suo pensiero….. è un Muto!… Abbandonato all' istinto, ineducato affatto, egli ha però sentito il bisogno di scambiare con gli altri le sue idee, e ha parlato il linguaggio di tutti i tempi, di tutti gli Uomini, il GESTO, che indica l' oggetto, ed esprime il pensiero. — Quelli fra i Muti che si educano in alcuno di que'sorprendenti stabilimenti, che la umanità e la sapienza hanno creato, presentano alla mente di chi li vede, altre idèe, da quelle che può suscitarvi il Muto infelice che è cresciuto in mezzo alla società, senza che alcuno lo abbia preso a proteggere nella sua sventura — selvaggio in mezzo alla civilizzazione, sviluppa le sue facoltà per proprio impulso, e non aitato da alcun estrinseco potere, corre la vita simile a nave deserta, che spoglia di vele, solca le onde perigliose del mare.

Con profondo senso di pietà e di melanconia, io contemplava lo sventurato, che lavorava volenteroso, ed esercitava francamente quell' arte, che solo l' innato istinto d' imitazione aveali insegnata.

Ecco! — Egli alza gli occhi per caso — Mi vede…. mi fissa! — Come esprimere la forza di quello sguardo! — Un lampo di gioja selvaggia gli sfavillò nelle pupille, dilatate per la repentina commozione. — Un riso, dirò quasi feroce, gli schiuse le labbra, e mostrò intiere le due file de' bianchissimi denti — Corse rapido con la mano alla testa — si tolse il berretto, e lo agitò per aria, come segno di viva allegrezza — Mi accennò qualche cosa che io non compresi, poi si portò la mano al petto come per comprimere o esprimere un forte sentimento — gettò i soliti suoni gutturali, ma come oscillanti per interna agitazione — poi si volse ad alcuni che gli erano attorno, e con innocente fanciullesca franchezza mi accennò loro, ridendo sempre di quel suo riso indefinibile. Io lo salutai amichevolmente con la mano. — Allora sì, ch' ei proruppe in una gioja più violenta! Mi volsi ad una donna, che era affacciata alla finestra di una Casa posta rimpetto alla mia, e le domandai:

= Che tu sappia, mi conosce quel Muto? =

= Se la conosce? mi rispose, altro!! non sa Ella che egli non manca mai di venire a vederla recitare, e che poi il giorno dopo corre da tutti i suoi compagni, a raccontare a forza di cenni ciò che ella ha fatto! l'altra sera, vede, dopo che ell'ebbe recitata la Tragedia del suo Sig˙ Fratello, andò alla osteria di Cecchino, dove eran tanti del Paese, e li, contraffece tutti i suoi modi il meglio che poteva — si buttava in ginocchioni, si metteva le mani ne'capelli, incrociava le mani sul petto, si buttava in terra tutto di un pezzo come morto; accennava che ella aveva il vestito con lo strascico, le maniche larghe fino in terra, e le gioje in testa, e terminava col far capire che Ella faceva tanto tanto bene!… e sa! ora per otto o dieci giorni non pensa che a lei, e in tutto l'anno sogna l'ora che ella torni in Villa, per vederla recitare di nuovo — e piuttosto che non venirvi, se non avesse con che pagare il biglietto che ci vuole per entrare al Teartro, anderebbe ad accattare il denaro — ma non dubiti! non vi è pericolo! mette insieme i denari un anno avanti. =

— Oh quanta commovente, e sublime Poesìa, trovai in questo semplice racconto! Un essere che vive incompreso e incapace appena di comprendere per tutto un anno! — e che attende un ora sola heata, in cui l' unico linguaggio che gli sveli i misteri del cuore giunga a percuoterlo, come il tocco di un arpa al misero sepolto in un carcere! — Non è accento umano quello che vibra accordi ignoti per lui, poichè non gli scende alle orecchie! — è parola divina, poichè viene dallo spirito che parla all' anima sua, e lo svelle, come per magia, alla sua ignoranza, e alla sua solitudine. — Egli sente finalmente! — Egli trova la risposta a tutti i confusi sentimenti che lo agitarono, e che nessuno conobbe, e nessuno gli spiegò — Egli comprende la vita morale, intellettuale, tutta in un colpo e non per gradi…. Oh che mi saran' eglino omai gli applausi di un Udienza benevola, in confronto del plauso muto di un cuore, che palpiterà sorpreso e rapito di contro alla nuova luce che io gli disvelo? Che bramo di più in premio della mia fatica? Io ho saputo, che un in-felice a cui nessuna può volgere parola d' amore, vede negli occhi miei tradotto quel linguaggio che una voce arcana gli avrà mille volte susurrato nell' anima. — Per me egli ha compreso che il pianto ed il dolore sono il retaggio comune degli uomini, e che però non è egli solo, il maledetto dal destino! Dalle mie mosse, egli imparò a conoscere, tutto che di grandemente passionato, e terribile cova nel cuore della Creatura. —

Un Mondo ideale si è dischiuso al suo sguardo, e come il Cieco nato a cui cadono le cateratte, vede la magnificenza della intiera creazione spiegare le sue pompe in faccia alle attonite sue pupille, così il mio Muto posto dinante all' Arte mia, vede sgombrarsi le tenebre che gli avviluppavan la mente — il Sole della verità e dell' intelligenza sorgere caldo e vivificante, penetrarlo, circondarlo, e rinobilitare la sua degradata natura, sì, che di semplice animale, divenga Uomo. Ciò che per gli altri Muti accolti ne' collegi fà l' educazione, per questo, lo ha quasi del tutto fatto la declamazione…. Povero, oscuro, posto in Paese di provincia, egli non ha trovato che me, capace di scuoterlo dal suo letargo intellettuale. Ogni giorno fin dai primi anni si è affaticato invano a cercare delle risposte, a ciò ch' ei voleva sapere — i gesti abbozzati, dirò cosi delle persone del volgo, con cui convive, non potevano farli comprendere che assai confusamente le cose — mi pare che dovesse essere di lui, come avviene a noi, se troviamo un antica iscrizione mutilata, e eorrosa dal tempo — Qualchè sillaba, qualche principio o fine di parola, anche qualche parola intiera, ci danno luogo a pensare, a interpretare a supporre…. ma qual confusione!… quanta incertezza!… eppoi forse anche quel poco, non lo abbiamo capito che a rovescio! — Io ho data a questo povero Muto la chiave dell' Enimma — ei l' ha compresa — Egli avea veduto la vita come l' immagine nell' onda — fugace, indistinta, informe, sproporzionata — gli ho presentato ora invece uno specchio terso ed unito, ed ei vi ha vedute forme perfette, e compiute…. Ma perchè niuno de' miei compagni ha prodotta su lui tanta impressione com' io? — eppure sono declamatori distintissimi!… Oh! per Esso vuolci eccesso di forza e di energia — io sola, che forse per le anime colte e delicate apparisco trascendentale, io son quella, che meglio valgo a percuoterlo onde sviluppare le sue morali facoltà, io quella, che con più vigore, faccio vibrare le corde più profonde e suonore del di lui cuore.

Mentre facevo tali riflessioni, il Muto dietro mia inchiesta, piegavasi timidamente a contraffarmi in alcuno di quei modi Drammatici, e la plebe che stavali intorno rideva come se vedesse giocolare una scimmia ….

Un conturbamento, una sensazione dolorosa, inesplicabile, stringeami il cuore a tal vista. — una lagrima scorreami sulle guancie …. là dove filosofo, un altro Abate dell'Epee, avrebbe trovata causa di profonda meditazione, e forse materiali per aggiungere, alcun perfezionamento, o facilitazione ai metodi educatori per i muti, o idee sublimi sulle grandi risorse della natura anche abbandonata a se stessa, il Volgo trovava cagione di irridere un infelice, e farsene trastullo ….. Chi era in quel momento il più abbasso della scala morale? il Muto che espandea con rozza semplicità i suoi trasporti e i suoi sentimenti, o coloro che lo schernivano? — miseri essi, più di lui, ignoravano le sensazioni divine che in quel momento facean palpitare, in modi diversi, ma sublimi ambedue, il cuore del muto, ed il mio!! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Due Nazioni per santa tendenza di simpatia, si tendono la destra! — Una chiede, una porge — la fiducia della prima nell' altra, onora ambedue.

La Grecia, questa veneranda Maestra di Civiltà e di Sapere, nell'ora benedetta del suo risorgimento, sfuggita al giogo de'Barbari, si è voltata addietro per cercare i monumenti della sua gloria. — Ahimè! non le restavano che il suo Sole, il suo terreno coperto di ruine e di sangue, le pietre spezzate de'sepolcri, i frammenti delle statue, le macerie de'Templi, e la scintilla sacra che covava fra le ceneri de'trapassati, e nelle menti de'presenti. — Tutto era distrutto! — bisogna rifabbricare — la rediviva ha d'uopo di nuove vesti per coprire la sua nudità. — Colei che s'ebbe un paludamento di porpora e d'oro, oggi è coperta di cenci. — Le belle membra si addesiino d'ornamenti!… ove trovarne però? — Ella di per sè ora è impossibilitata a crearne…. tempo verrà che non avrà d'uopo d'aita — ma l'oggi, l'oggi!!.. Oh sì! La Madre derelitta si è rivolta alla Figlia. — Riversi questa parte dei tesori che la prima le diede in dote! — paghi il debito sacrosanto!

Italia! Italia! La Grecia ha inalzata la voce — Ti ha chiesto, i volumi, depositari delle magnanime idee, o de'forti e leggiadri pensieri de'tuoi figli — Ti ha chiesto ciò che le devi, poichè Ella quando tu la invocasti, non fù sorda nè avara a inviarti tutto ciò di che l' avevano i suoi fatta bella. — L' Atene Greca ha parlato — l' Atene d'Italia, Fiorenza, ha risposto con un grido d' assenso. — Ecco, il Principe generoso interprete dei voti del suo popolo schiude i Tabernacoli della Scienza — Le Biblioteche rigurgitano del deposito assegnato — quasi tutte le opere che ivi si trovano, son duplicate — forse che per l'affluenza degli studiosi queste duplicità crano necessarie…. che importa? — da banda l' egoismo! — noi troveremo sempre di che soddisfare in qualchè modo al bisogno — ma la Grecia è spogliata affatto di tutto — s'abbia dunque ciò di cui noi possiamo fare di meno! — Oh vedete!…. Ogni individuo secondo i mezzi propri imita il bellissimo esemplo del capo dello stato — versa nel tesoro comune il suo obolo, e lo impingua, poichè è la moltiplicità de' granelli quella che colma la misura. —

Fiorenza! Fiorenza! Dio e le Genti ti benediranno poichè non sei stata ingrata — è vero che hai compiuto un dovere….. ma tutti sanno ricordarsi il beneficio e compensarlo? —

Oh sublime spettacolo! Il Sole ha riattinto dalla terra che fecondò, i vapori vivificanti! … la messe ha fruttato e disfama lo spossato Cultore!… Grecia! il secolo decimonono ti rende più complete e dilatate le idee, che meno lucide e terse uscirono da Te ne' secoli che furono. Una lunga notte aveati fatta obliare la luce — essa ritorna adirradiarti e ti formerà nuova aureola di gloria. — Tu fosti simile al verme industrioso che appena compiuto il mirabile suo involucro cade intorpidito, e vi dimora qualche tempo come morto ed informe, finchè spezzati i legami e gli ostacoli che lo opprimono, farfalla bellissima si inalza a volo nell'aere, libando il miele da tutti i fiori, che li presentano innamorati il lor calice, e gode di tutte le gioje di una vita novella.

Grecia, Italia, abbracciatevi! il Cielo vi sorriderà più sereno — il Sole vi incoronerà di raggi più limpidi e fiammeggianti. — Le Nazioni vi guarderanno commosse, e l'Europa intiera testimone della sublime vostra alleanza, applaudirà con trasporto ed entusiasmo!!

Gettava gli occhi sulla Strenna Livornese, designata col titolo

« Viola del Pensiero »

L'apriva, e scorrendo l'indice, leggeva

« La donna Pietro Contrucci. »

Mossa da un vivo desio, correva alla pagina indicata, ove le parole del sommo da me tante volte ammirato, dovean certamente rapirmi con la consueta dolcezza, e muovermi alti e generosi moti nell' anima, siccome mai sempre erami avvenuto beandomi ne'suoi magnanimi e sublimi concetti; ma il mio cuore si trovò fin dal principio di tal lettera, contristato, dai modi severi ed amari con cui quell' uomo, d' altronde informato a tutta gentilezza, condannava il nostro secolo, e ne attribuiva il degradamento e la sventura alla abiezione delle Donne. Poscia crebbe in me lo stupore doloroso quando udii domandarli = Qual donna Italiana credi che rispondesse a questi quesiti semplicissimi, ed ovvii: quali sono le epoche, gli avvenimenti, gli uomini, le scoperte, le invenzioni, gli artisti, i poeti, i filosofi più illustri d'Italia? = e quando sentii che egli assicurava non esservi fra noi alcuna che sapesse ordire un concetto, come le Inglesi e le Francesi: e molte e molte altre cose le quali ivi stanno ad avvilire tutte le donne viventi d'Italia, e a fare arrossire di cruccio, anzi posso dire di sdegno, quelle, che con istudio e fatica hanno tentato elevarsi al livello onorifico che Dio, la natura, e la società hanno loro assegnato e accordato.

Io estimatrice vostra, o signore, e però doppiamente dolente del vil conto in cui ci tenete, oserò prima, sebbene ultima in meriti, in nome di tutte ribattere come meglio per me si possa, la vostra asserzione, e domandarvi se è possibile che ignoti vi sieno i nomi di una Massimina Fantastici Rosellini, che scrive aurei libri di educazione; e che, scrivendo ora « l' Amerigo Vespucci » mostra di aver forze bastanti per affrontare l' arduo cimento di comporre un Poema. Se, quello di una Saluzzo, autrice di bellissime poesie, e di un Poema intitolato Ipazia, in cui tutte le filosofiche opinioni sono discusse con rara erudizione e profondità di sapere. Se quello di una Ferruccio, capace di muovere ed esaltare i 'cuori più freddi, allorchè canta le sventure dei Polacchi, e la magnificenza dell'astro maggiore. Se quello di una Peppoli, autrice dell' opera « Sulle donne, e il loro potere nella civile società.» Se, quello di una Malvezzì, traduttrice di Cicerone. Se, infine, quelli già tanto famosi della Ottavia Masino-Borghese-Mombello, della Guacci, della Poggiolini, della Tommasini, della Vesi, della Moroni-Silorata, della Curti, della Vordoni, della Taddei, della Palli, della Folliero, della Paladini, della Orfei, dell' Agnesi, della Eufrosina del Carretto, della Joannini e di molte e molte altre, che per brevità, non per minoranza di pregi, tralascio di nominare. Queste donne saprebbero elleno rispondere agli ovvii e semplicissimi quesiti, a cui voi asserite, o signore, non esser femmina in Italia capace di dar replica? — Nessuna Italiana conosce dunque i nomi dei nostri grandi?… Oh, miserrime noi! eppure in questo momento ho sotto gli occhi la Strenna femminile di Torino, e vedo versi della Guacci in onore di Leopardi, e della Curti in omaggio di Romagnosi, e della Giampieri-Rossi mia Madre, in memoria di Petrarca. Nessuna conosce le donne celebri, da voi rammentate come esempi di gloria femminile? eppure io cantai, non con pretensione di valore poetico, ma per trasporto d' ammirazione e per isfogo di entusiasmo, le gesta di Cinzica de'Sismondi, e quelle della da voi citata Lucrezia Mazzanti. Nessuna, secondo il vostro dire, sa ordire un concetto? dunque molto meno comporre una lettera? Eppure oserei affermare che tutte, tranne le donne della plebe, sanno a'di d' oggi scriverne con tanta leggiadria e bellezza di frasi, e freschezza di stile, e altezza d' idee, da muovere invidia agli uomini, e da far trovare dilettevole un commercio epistolare il più semplice, sì che convenga esclamare: Eran ben da compiangersi i tempi in cui leggevasi come cosa unica e sorprendente le lettere della Sevignè! Oh! Voi accusate pure le donne viventi di abbandonare a mani mercenarie la loro prole, e strappare da quel petto che la natura riempì d' alimento, il bambino che deve suggerlo, e consigliate altamente di tor via questo abuso crudele…. ma vi è egli bisogno di consigliare ciò che omai è stato fatto? Qual'è la madre oggigiorno che non si vanti di allattare il suo figlio, e si sublimi e beatifichi nell'adempimento di così caro, e sacro dovere? Quale? Quelle sole che per mala conformazione, o fisica debolezza, o accidentale indisposizione sono obbligate di cedere alla imperiosa necessità, o quelle, che non belle di anima, nè di cuore, formano non una regola, ma un'eccezione al totale. Le più nobili, le più delicate, le più schive, si fanno un obbligo di allattare i loro nati; e tanto è invalso questo costume, che forse alcuna, non chiamata a farlo per intimo trasporto, lo fa per vezzo, per moda, o per entrare nel numero delle laudate.

Le preclare da voi nominate, vivevano forse in tempi in cui tutte le Donne erano in Italia d' animo forte, gentile, e di mente colta ed elevata? Forse il nome di Vittoria Colonna forma esso solo un'intera generazione d' Illustri? nò certo. Eravi un volgo di abiette, di insensibili, d'ignoranti, e di tanto più raro splendore brillava l' aureola delle distinte, in quanto che appunto il loro numero era più scarso: eppure voi, a quello che sembra, le nominate come prova che i tempi eran più belli, perchè le donne erano più illuminate …. or dunque se due o tre soli di questi nomi rendevan bello il secolo in cui rifulsero, che dovrebbesi a buon dritto dire del presente, in cui non le unità, ma le diecine dei nomi illustri femminili, adornano come gemme preziose la fronte ancor giovine del secolo decimonono? Voi non ne avete nominata pur Una!!! niuna era degna d' encomio e di distinzione! anzi, niuna conosce nemmeno le cose più ovvie, più semplici!!… ora in cui la femminuccia più misera sa leggere e scrivere e palpitar d' emozione alle narranze di antiche gesta, e alla memoria di un grande che abbia onorata la Patria!!!

Voi citate le Francesi e le Inglesi in nostra onta!… e che, non abbiamo noi, tranne la Stael e la Sand, nomi da opporre ai loro? — e che, le donne educate d'Italia, non parlo delle Illustri, non sapranno rispondere un biglietto gentile e ben composto, a quello di una galante Francese, o a quello di una girovaga Inglese? — e che, forse la generalità delle donne straniere è composta di tutte sapienti? Dovunque cred'io troverannosi le incolte e le indotte — basta che un tal numero in Italia ed altrove sia il minore…. Oh Contrucci! Se voi foste giusto con le trapassate, siatelo con le viventi! Se con le straniere, siatelo colle vostre sorelle d'Italia! L'uomo che con divini accenti parlava di MISERICORDIA, non umilii chi tenta elevarsi, non si copra gli occhi per non scorgere il vero, non sconforti le animose che adempiono la loro missione!… Oh no! nò! Sia misericordioso con le Italiane, e adopri la sua potente cloquenza a farle conoscere, onorare e laudare dagli uomini d' Italia e di altrove. — Il cuore della Donna nato per l' affetto, è schiuso sempre alla riconoscenza! Un coro di elette benedirà il vostro nome, se vi farete loro campione, invece che lor detrattore…. Non arrossite di avere errato! il disdirvi sarà una nuova prova della vostra virtù…. Oh! possa io aver trovato indulgenza presso Voi, per l' ardire con cui ho osato parlarvi! Pensate che il difendersi è dato ad ognuno; che io difesi la causa delle mie contemporanee e della verità; e però non temei di preseutarmi in faccia ad un uomo qual voi siete, elevato di mente, sublime di anima, intemerato di cuore. Non guardate ai modi, ma alla intenzione; non alla forma, ma alla idea. Il vostro giudizio pesa troppo nel pubblico, perchè io potessi rimanere fredda e muta vedendolo a noi sfavorevole….. ritiratelo dunque in nome di Dio! Sarà allora superba e felice di averne dato lo impulso, colei che piena di altissima stima e venerazione sincera, vanta segnarsi, e per sempre vostra

Ammiratrice Sincera
Isabella Rossi

Io ho letta nel N.° 6.° del vostro Giornale Il Vaglio, una lettera indirizzata alla coltissima giovinetta Francesca Delpino, nella quale fate onorevole menzione di me. Devo rendervene doppie grazie, poichè la soave perturbazione che sorge nell' animo di chiunque sente far easo di cosa sua, da nobile ed alto spirito, qual voi siete, si è unita in me a quella pure dolcissima di veder per vostro mezzo alleato ivi il mio nome a quello di Michel Giuseppe Canale, il quale, ad onta del non aver io mai avuta la ventura di conoscere di persona, pur conosco abbastanza di animo e di intelletto per tenermi a vanto di chiamarlo amico carissimo. — E per vero, è egli bisogno di contatto e di presenza, per avvicinarsi ed intendersi con le idèe? Lo spirito varca ogni spazio, e per lui non havvi nell'universo limite che lo ritenga. — Egli vola, e non si ferma che in grembo all'Incomprensibile. Ecco! ora il mio pensiero si lancia a voi, e vi saluta, e vi prega a voler dir per me parola di affetto alla gentile Fanciulla di sopra nominata. — Ditele che avrei ben io voluto saper prima il suo nome, per aggiungerlo al novero delle altre donne egregie ed illustri, che io fui lieta di nominare nella mia lettera In difesa delle donne Italiane. Ditele che io sono stata tutta gioiosa di sapere che esistono tante altre gemme, onde il serto d' Italia brilli di luce più viva, effondentesi in cerchio più largo! Ad ogni nome novello che io incontrava nella vostra cara lettera, io sentiva un nuovo palpito di emozione, che tenea luogo dell'amplesso ond'io avrei voluto cinger l'Eletta, che veniva a crescere la bellissima schiera! .. — Salve o fiori non del tutto ancora shocciati, che rendete olezzante di santo profumo questo maraviglioso giardino d'Europa! Salve! Oh che le rugiade del Cielo piovano sì benigne sopra le vostre teste leggiadre, da porgervi maggiore vigoria onde resistere all'urto delle tempeste della vita, e vi prolunghino la freschezza e la venustà, sì che ognuno ammirandovi, benedica la terra che vi diede alimento e sviluppo! Oh, amico, potessi io farvi leggere ben addentro il mio cuore! farvi vedere come, nelle più profonde latebre di lui arde un fuoco sacro alla patria di que' magnanimi che diradarono le tenebre dalle menti offuscate del medio evo — di que' grandi che mandati quaggiù da Dio a compiere un ministero sublime, non torsero l' orme dalla via assegnata, ma volenterosi si gettarono nell' arringo, e con la divina scintilla riaccesero la face che illuminar doveva il caos delle idèe, e fecero sorgere sull' orizzonte un nuovo sole, rigeneratore della spenta vita morale. Italiani! per voi l'Europa si eresse regina e maestra del mondo. Stranieri! dagli Italiani vi venne ogni dono, di cui oggi andate fastosi. Un Italiano vi aperse la via de' cieli, un altro Italiano vi ha regalato un nuovo mondo!… A noi le fatiche, a voi l' utile!… L' Italia sempre generosa non vi rimprovera le ricchezze e la possanza che le dovete. —

Terra del pensiero, centro dell' immaginazione, educatrice del genio, Ella si compiace delle memorie della sua gloria, e spaziandosi nelle delizie delle idèe, non sente la mancanza degli interessi terreni! — Siam cancellati dal numero delle nazioni?… Siam miseri?… ma non inviliti — Coraggio! — Finchè il nostro Sole ci avvalora e ci infiamma a sublimi concepimenti, noi sfidiamo il gelo della sventura! — Egli non potrà mai uccidere il germe procreatore, che ascoso in noi partorisee frutti divini.

Ma se finora martiri difenditori dell' onor vilipeso di questa veneranda matrona che ci è madre, furono solo per la maggior parte gli spiriti a cui toccò in sorte corpo virile, non sieno oggi da meno quelli che, benchè avvolti in membra delicate e femminee, tengono però dall' Eterno tanto che basti a mostrare, essere l' emanazione da cui provengono di pari forza e virtù. Donne! sentite la dignità di voi medesime. — In qualunque classe siate poste dal caso, potete esercitarvi onde essere utili con virtù cittadine. Donne! il secolo vi spinge. — Non restate reluttanti e paurose in addietro! non lasciate a qualcuna il fardello a portare! caricatevene tutte a vicenda! Così più presto saliremo alla mèta! .. Donne! sapete voi di quanta importanza sia l' ajuto vostro alla santa intrapresa? Sapete voi che lo stato morale di un popolo nasee e stà sulle labbra delle Madri? — Sapete voi che ogni virtù ha il suo seme nel seno delle Nutrici? — Sapete voi che ogni nobile incitamento, ogni eroico pensiero stà chiuso nell' amplesso della Vergine innamorata? — Sapete voi che ogni sforzo a superare gli ostacoli, a varcare le barriere dell' ingegno e della volontà, prende vita dallo sguardo pietosamente severo di una Sposa? Finchè voi sarete vaghe sol di ornamenti, di feste e di danze, finchè il vostro sorriso, come quello della sirena affascinerà falsamente lusinghiero gli uomini, che cercando in voi l' angelo troveranno il demone, Italia sarà l' ancella schernita di chi vorrà oltraggiarla, il trastullo dell' uom d' oltramonti, che verrà col sogghigno sul labbro a insultare le sacre sue ceneri, le sue maestose ruine!

Oh potesse la mia voce destare quelle che dormono, come la tromba dell' angelo che sveglierà i morti nel dì del risorgimento! Oh potessi mostrarvi tutte le piaghe che vergognose ed imputridite contaminano il corpo della Donna che fu regina del mondo! Non ritraete lo sguardo con ribrezzo!… fissatele!…. La tabe che ne gronda vuol essere tersa; il sangue che ne spiccia, rappreso! A voi, a voi l' opera santa! Mediche pictose sanatela, rendetele la primitiva venustà! Vincete il ritegno! qui la timidezza è colpevole, l'ozio delitto. Osate! ne sarete pagate ad usura! La benedizione di Dio e delle genti pioverà come manna sopra le vostre teste, e la coscienza vi farà superbire di voi stesse! Le Francesi, le Inglesi, hanno elleno la tempra dell'anima dalla vostra dissimile? Oh sì! purchè ne voleste far prova, ben sapreste voi quale più nobil mistura vi compone, e qual sangue più ardente, concitatore a grandi cose, bolle nelle vostre vene, calde come i nostri vulcani! Avanti! disprezzate gli scherni de'vostri depressori! — Mostratevi degne di occupare un seggio di onore, e sarete venerate. Oh potessi io viver tanto da veder voi mie dolci sorelle vincere le straniere! Molte delle vostre concittadine vi han dato luminosissimo esempio. Imitatele! Ora annoveriamo le centinaia; fate che possiamo annoverar le migliaia! Oh sorga quel giorno! Possa io salutarlo con l' ultimo sorriso. e nella gioia di una compita speranza morire!

Addio, Silorata! Perdonate l' esuberante espansione con cui ho vergata questa lettera. Ella è propria dell' indole mia bollentissima, nè so reprimerla.

Siavi prova d'amichevol fiducia l'aver io forse abusato del tempo che spendete in più utili cose. Prosperate, e credetemi

Fostra Dev. Aff. amica
Isabella Rossi

Ti ringrazio di cuore amico mio caro, del cortese pensiero che anche in questo anno t'ha mosso a inviarmi I'ALMANACCO ARETINO! Invero egli è un assai pregevole Libretto, ed invoglia a leggerlo chiunque abbia nell' anima generosi sentimenti e caldo desìo di arricchire la mente di utili cognizioni sulle cose Patrie. Non v'ha parte in questa nostra dilettissima e bella Italia, che non vanti tesori di arte, monumenti di scienza, e nomi benemeriti di famosi Concittadini. Arezzo a buon dritto può andar superba di possederne in gran copia, e ben stà che i suoi Figli illustrino ciò che Ella chiude di prezioso nel seno. Oreste Brizzi, Giovanni Dragomanni, G˙ Mancini, zelantissimi compilatori e chiarissimi scrittori, indrizzano il loro ingegno a così santo scopo, e simpatizzano così, con l'universale movimento del secolo, che tende ad incoraggiare i presenti con l' esempio dei trapassati, e a spingere la massa verso il perfezionamento sociale. Qual animo sì freddo non sentirà accendersi alla narranza di gesta onorevoli e gloriose? Chi non sentirà muoversi a pietà sulle sventure di un Grande, o a bella invidia onde imitarne le preclare virtù? Chi resterà impassibile all' incitamento di utili provvedimenti per l'utilità del Popolo e della Patria? Chi sarà spento affatto al sacro tocco del fuoco dell' entusiasmo, e non proverà un moto di ammirazione, in udendo descrivere con vivi colori i prodigi dell' arte e della sapienza?

Oh benedetti coloro che adempiono la loro missione! che ognuno porti il suo granello e la misura sarà colma! che ognuno porga il suo braccio, ed il carico benchè pesante sarà levato! Colui che si arretra, adducendo per scusa la sua fiacchezza, è un egoista. — Ognuno faccia ciò che può! il buon volere almeno gli terrà luogo di merito. I compilatori dell'Almanacco Aretino, sono fra quelli che hanno forze e volere. Lode a loro, e desio negli altri di imitarli! Nè muovano gli irrisori le labbra a un riso beffardo, perchè il Libro di cui si tratta è un Almanacco! perciò appunto, egli può essere stromento di grandissima utilità. Ciò che corre per le mani della plebe, è necessario che chiuda in sè germi di vita. L'industria, la morale, l' emulazione al bene oprare, sono i principj su cui si basano i fondamenti della grandezza di un popolo. Egli di per sè, non sa porne le pietre. — Ajutatelo dunque in ogni maniera a connetterle insieme con magistero! L' Almanacco, che in prima non presentava che l' annuo giro degli astri, mostri oggi il giro de'tempi, e lo sviluppamento delle umane facoltà, e, come il Sole di cui segna il viaggio, illumina il creato, così egli diffonda con le parole che in sè racchiude, un raggio vivificante che illumini le menti abbujate di quella classe, che per la sua povertà è costretta per lo più a rimanersi nell' ignoranza e nell' avvilimento, priva essendo di modi onde elevarsi alla dignità della Umana Natura. Nessun mezzo è piccolo per raggiunger l' intento, ed un Almanacco de'giorni d' oggi, considerato sotto un tale aspetto, può essere forse più utile di un Libro scritto soltanto per essere inteso dai Dotti. — L'universale coltura formerà l'universale benessere e la comune felicità.

Addio mio dilettissimo amico! abbimi sempre per colei che vanta segnarsi ora e per sempre tua

Amica vera
Isabella Rossi

Eccoti alcune mie idee, e schiarimenti su' libri di cui già ti mossi parola in altra mia lettera.

Ora che i tempi volgono assai migliori per il sesso a cui Natura affidava tanta parte di cure e d' influenza per il ben essere della Umanità e delle Nazioni, cosa utilissima e santa, parmi doversi appellare ogni ajuto ed impulso che sia dato a muovere la gran macchina rigeneratrice del già spento femminile potere. E bella ed utilissima opera pare a me quella cui diede mano Emanuelle Rossi di Genova, che zelantissimo dello splendore d' Italia e tenerissimo d' ogni utile che a lei ridondi, vagheggiò col pensiero la speranza di aggiungere lena alle Donne volenterose del bene, e porne desio nelle deboli e reluttanti, con intraprendere una raccolta di tutto ciò che riguarda d' appresso gli usi, i fatti, e le glorie femminili — e ben lo intitolò « Florilegio femminile » perocchè ivi si coglie ogni fiore il più scelto di soavitade e virtù, che solamente al sesso gentile, ove cammini in dritta via, è dato il far crescere e prosperare con tanta altezza di perfezione.

Filosofico e ad un tempo variato parmi l' ordine dell' Opera. — Ogni fascicolo ha la sua divisione in 5 rubriche che sono — Vite — Cenni storici — Fatti memorabili — Letteratura — Educazione. —

Nelle vite, il Rossi si è proposto di dare quelle che più potessero servire a far delle buone Madri, non omettendo però le gloriose gesta. Nei cenni storici, la storia della Donna, divisa in 18 parti circa, diciotto essendo i fascicoli di cui i volumi saranno composti. — Nei fatti memorabili, il meglio delle azioni notevoli femminili d' ogni nazione, e d' ogni tempo. — Nella letteratura, i più scelti componimenti donneschi, e questi esclusivamente Italiani. — Nella educazione, tutto ciò che di più bello scrissero specialmente gli antichi nostri, i quali invero possono lasciarci ben poco a desiderare dagli oltramontani.

Oh Amico caro, vorre' ben io poter gridare con forte voce! « Italiani non lasciate infruttuoso lo scopo dell' Emanuelle Rossi! Egli solo non può portare la soma — aitatelo! lasciate a lui le fatiche si, ma concorrete a darli i mezzi di condurla a fine, con acquistarla, altrimenti forse sarà costretto ad arrestarsi disanimato…. via! prodigate meno argento per soddisfare l' ambizione delle vostre figlie e delle vostre spose! — Spendete in cose più utili!… come? non negherete ad esse un fregio di gemme, un monile di perle, una vesta di stoffa o velluto, e sarete poi restii in acquistare un Libro, che svegliandole dal torpore dell'anima, lor faccia sentire a qual nobile missione son nate!… Italiane si tratta di voi! lasciate da banda qualchè gala o pompa puerile! un abito di meno e un Libro di più!! — Libro che vi sublimi e v' inciti! Forse non vi manca che il volere per esser pari alle Donne di cui ivi si ragiona, e a quelle che lì, depositarono il saggio dei loro talenti onde dar prova, che la Donna è gemma splendidissima che come prisma reflette in variati colori il lume dell' intelligenza divina!… Ma basta — Addio Dragomanni!… il consueto mio ardore trascinavami, e avresti potuto darmi taccia di esaltata.

Sta' sano! e credi che in ogni tempo sarò

L' Amica tua affezionat.
Isabella Rossi

A te, cui dolce cosa è raccorre per la via del sapere il buono ed il bello, e venerarlo ed amarlo come emanazione divina scesa ad accrescere lume al Serto d' Italia nostra, a te, cui sempre trovai all'unisono de' miei pensieri e delle mie emozioni, voglio ora render conto dell' effetto che in me ha prodotto la lettura del nuovo Romanzo Istorico:

« L' Italia nel secolo X » scritto dalla forte penna di Alessandro Bulgarini.

— Non sono appena due giorni che io possedo quel libro………. ed ecco, sotto l' influenza della commozione che l' anima mia ha ricevuta dal tocco possente delle cose e dell' idee che Egli ha saputo porre nel suo libro, vergo questa carta. — Sì, calda e palpitante ancora di questa, io voglio scriverti. — Per noi donne, il primo giudicio è sempre il più vero, poichè dotate di fino e squisito sentire, oscilliamo, dirò così, sotto la mano del genio che ci percuote, e rendiamo puro ed armonioso quel suono che Ei ci trasmette. — Non lasciamo che la gelida mano della riflessione ci freddi!… guai!!! Allora noi divenghiamo statue di marmo….

Ho letto di filo e con alta attenzione il primo volume e il principio del secondo, poi trascinata dal focoso impeto dell' indole mia, ho scorso il resto del Libro, e come Ape desiosa, ho succhiato il nettare dai più bei fiori che ivi sono sparsi. — Dio benedica Bulgarini, e gli assenta lunghi giorni a decoro d' Italia! Egli mi ha fatto sentire il brivido, il fremito, l'entusiasmo, il ribrezzo, la pietà, la tenerezza, l' amore! — Oh! quando uno scrittore ha tal potenza, io non cerco di più — Magica invero è la di lui Bacchetta! — Egli mi ha tratta a sua voglia, ne'Cimiteri, ne'Palagi, nelle Ròcche, nelle Reggie — mi ha avvolta fra gli orrori delle pugne, della peste, e de' massacri — mi ha guidata nella quiete grave dei Chiostri, e mi ha trascinata fra i tumulti de' Popoli sollevati. — Ho vedute quasi come vive, passarmi d' avanti l' ombre da lui evocate di Guerrieri e Donzelle, di Magnati e di Despoti, di Eroi e di Tiranni! Sù quelle pagine ho vissuto nei tempi che furono, e in poche ore ho sentita tutta un' esistenza! — Lo scopo è belloi caratteri veri, continuati, pennelleggiati con vivi colori — Candiano, Amadeo, Adalberto, Zannetta…. Oh Zanetta! Zannetta!! Tipo perfetto di adorabile donna! Pia, ma non fanatica o stolta — Pudica, ma amante — Coraggiosa, ferma, ma non fino all' esagerazione — Non Essere ideale, Creatura…. Leggi, leggi o Canale, e, come vero troverai quel lancio, che dal piè dell' Altare, la tragge dimentica di tutto, fra le braccia dell' amato, per succhiare in un suo bacio quella vita che le fugge, perchè straziata ed affranta da un cumulo d' inenarrabili angoscie!… al di là della luce che sfavilla negli occhi di Lui, per essa è buio profondo…. è nelle braccia di lui che ella racchiude il suo universo! — ogni Legge si tace, innanzi alla voce onnipossente dell' amore perocchè amore è figlio della natura. — Oh! se Zannetta in rivedere inaspettatamente il sospirato Adalberto, si fosse ritratta indietro con ipocrito pudore, non sarebbe stata una donna sensibile, bensì una scaltra dissimulatrice. Leggi amico caro, e trovati al paro di me con l' immaginazione alla scena della congiura, ai piè del letto di quella cara moribonda! La forza del sentimento da un lato, che distrugge il delicato organismo femminile — Dall'altra, questa stessa forza di sentimento, che spinge l' uomo a intraprendere prove di sorprendente eroismo — il giuramento di que'prodi fatto colle spade nude e forbite, sù quel muliebre corpo inanimato!… antitesi sublime! la esaltazione della robusta possanza, che sacramenta un giuro di sangue sulla debolezza prostrata! — l'ultimo sguardo di Adalberto a quel letto di morte!… ma vedi! la Patria e l' onore lo chiamano…. e invano l' amore e la pietè lo ritengono! Senti il clangore dell' ultima pugna! aggirati fra quegli amatori d' Italia gareggianti in egregie Virtù! — Vedi se la sacra scintilla del nostro Sole, scalda i loro nobili petti! — senti se la loro missione è alta!!…. Bulgarini ha posta la mano nei Sepolcri — ha cercati que' cadaveri che la storia avea dirò così, imbalsamati…. e col suo spiro vivificatore gli ha resuscitati. Vorrei poterti notare tutto l' effetto che su di me ha prodotto ogni scena racchiusa in quel magnifico Dramma del secolo X.

Non credere però che io mi lasci trasportare dall' entusiasmo, e che non scorga, secondo che puole il mio povero giudicio, le mende che in tutte opere umane, pur devono essere, imperocchè perfezione non esiste, che in ciò che viene da Dio. Ecco, io avrei desiderato, che la dicitura avesse avuta una tinta di vetustà, tale da adattarsi maggiormente al soggetto, ed ai modi di parlare di quelli Enti che ivi stanno a ragionare. — Non bisogna torre la patina alle antiche medaglie! — il lustro le fa apparire meno venerabili. — Per esempio, perchè chiamare « Biglietti » le tavolette che Candiano manda agli scellerati suoi complici per informarli dei suoi progetti! Senti tu! « Biglietto » suona tanto moderno che pare invito per danza, teatro, o accademia. Non stà a me il giudicare dello stile con cui scrive Bulgarini, ma repeto, che talora a cose che avean d' uopo di Cappa, egli ha messa la Giubba. — Poi, perchè non ha eglì un po' più decifrati, o impolpati, o schiariti alcuni fatti! Qual' è la vera base del ragionamento, che a Prete Martino impedisce di svelare la cospirazione degli empi satelliti di Candiano? — Se l' episodio del di lui incontro con i due gondolieri non dovea portare a nulla, nè influire nei successivi avvenimenti, perchè porvelo! tutto deve essere utile e condurre ad un fine. — Il pregio della concisione talvolta degenera in difetto se eccede, e però diffettoso io trovo, quel passare così di volo sulla tragica morte di Amadeo, di questo prode, generoso campione, che come gigante tiene un piede sull' Etna, l' altro sull' Alpi, e col vigore del pensiero rigeneratore, soggioga, persuade, incita, trascina!… Che pari all' Aquila, spaziante nell' azzurro de' Cieli, si agita nella vastità di un' arditissimo concepimento, e…. Ahimè egli cade per mano di un suo fratello di idee!…. e il fratello, e gli amici, passano senza fermarsi presso al suo cadavere…. eppure con esso cade l' Italia!! .. forse l'Autore ebbe uno scopo! .. forse credè più sublime il silenzio, che valevole la parola, su tanta sciagura… ma il lettore non giunge a comprendere, ciò che ei forse volle farli sentire, e deluso e scontento chiede un' emozione di più.

Queste poche cose io ti ho notate, perchè usa a dir sempre il vero, non potei negare a me stessa che esistessero — sono però macchie nel Sole, poichè dappertutto quell' opera ridonda di infinite bellezze, e fra le altre quella di un profumo di novità, che solletica e muove il desio di leggere rapidamente, per sodisfare la mente ansiosa di compenetrarsi nel vortice degli avvenimenti che le si paran d' avanti. — Nota dappoi il pregio delle grandi, magnifiche e precise comparazioni, come ad esempio quella del Vecchio Sanudo, che, pensando alle nefande azioni di Candiano suo figlio « parea l'immagine del Tempo che medita sospirando sul genio della distruzione che egli ha generato » — Seguita! e quanta abbondanza di espressioni roventi di amor patrio, quante energiche per virtù, quante robuste per scelleranza, onde far ombra alla luce, quante tenere, soavi, vere, incontrerai su quelle pagine! Quanta ricchezza di filosofiche riflessioni!…. Ma è tempo ch' io cessi.

Leggi e rispondimi — io ti ho parlato con tutta espansione, nella certezza che tu mi corrisponda egualmente — non credere però che io avessi mai nascosa la mia opinione neppure in faccia al più severo Tribunale di Critici — Essi diranno come hanno inteso il Romanzo di Bulgarini, io, ho detto come l' ho sentito.

Addio! Abbiti questa mia lettera come una nuova prova di stima e di amicizia. Prospera! e ricordati della tua

Amica vera
Isabella Rossi

Al Dott. Antonio Cino Rossi ed alla Elvira Giampieri-Rossi Dedica…. Pag. 1

Parte Prima

Le Donne Toscane Famose per Cittadine Virtù. Discorso……… « 7

Parte Seconda

La Madre Fiorentina. Racconto Storico Pag. 67

La Madre Bolognese. Cronaca Popolare « 79

Ossa e Pensieri « 109

La Madre e il Granatiere. Racconto Storico « 137

Mandella Principessa di Bisignano « 181

Due Fanciulli « 197

Il Muto « 209

Parte Terza

Per la Richiesta di Libri fatta dalla Grecia all' Italia onde formare la Biblioteca d' Atene « 225

Al Rev. ed Egregio Pietro Contrucci. Pag. 231

Al Prof. Pietro Bernabò Silorata « 243

Al Francesco Gherardi-Dragomanni « 253

Al Medesimo « 259

A Michel Giuseppe Canale « 265