Giovanna Caracciolo:

COLLECTED POEMS





Assembled by
Cynthia Hillman

The Italian Women Writers Project
The University of Chicago Library

Chicago
2008

OR che dee risonar mio rozzo canto Fra vaghe Ninfe, e nobili Pastori, Palpita il cor nel sen, sento i rossori, E di giusta vergogna il volto ammanto. Poichè basso è lo stil, nè merita il vanto Di spiegarsi tra Cigni, a cui gli onori Si devon sol de' più pregiati allori, Che mai nascesser là presso Arno, e Manto. Che farò dunque? a te, Febo, mi volgo, Nume gentil, tu porgi a questo petto Voce miglior di questa, ch'ora sciolgo. Tu assicura il timor, tu dà diletto A chi m'ascolta, onde con quel del volgo Non resti il canto mio vile, e negletto.

Crescimbeni, Giovanni Mario, L'Arcadia del Can. Gio. Mario Crescimbeni (Roma: per Antonio de' Rossi, 1708), p. 229.

This poem also appears in: Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 118.; Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716-1717), v. 5, p. 363.

Quando il core era mio, tranquille l'ore Godeva lo sempre con egual diletto; Non m'usciva sospir giammai del petto: Nè versava dagli occhi il pianto fuore. Non turbava i miei sogni ombra d'orrore; D'Amore, e sdegno non provava affetto; In me solo vivea, in me ristretto Cauto passai di verde etade il fiore. Vivo in altrui, or che non son più mio; Di me stesso non curo, e ben conosco Quanto da me diverso ora son'io. Torbida m'è la notte, il giorno fosco; Ardo, piango, sospiro, e provo oh Dio! Quando meno il dovrei, d'Amore il tosco.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716-1717), v. 5, p. 364.

Ecco già riede il fortuntato giorno, Che segnò di Filippo il gran natale; Ma non fa il primo al dì presente uguale, Se con fasti più chiari ei fa ritorno. Quello al nato fanciul sol vide intorno Del sangue Augusto lo splendor reale; Questo il vede impugnar brando fatale Di proprie glorie, e di trionfi adorno. Ma seguan pur gli anni felici il corso, L'un più dell'altro a lui sarà secondo, Finch'al suo piè curvi fortuna il dorso. In giovinetta età reso fecondo Di prole, e di vittorie, imporrà il morso A i più rimoti popolo del Mondo.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716-1717), v. 5, p. 364.

Occhi, il Sol vostro a voi non dà più lume; Non vi rischiara più, più non v'accende: Per altri non per voi fervido splende, E vuol, che fredda notte vi consume. Tempo fu, ma ben presto ebbe le piume, Che di voi si compiacque, or se ne offende; Rigido un picciol raggio vi contende, Cangiato affatto il solito costume. Ma non vi turbi già la sua incostanza, Siate clizie fedeli, e resti in voi Il pregio dell' amar senza speranza. Tra le tenebre vostre dite poi, Adorando la luce in rimembranza, Spunta l' Alba, esce il Sol, ma non per noi.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716-1717), v. 5, p. 365.

This poem also appears in: Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 174.

Torna, misero core, in questo seno; Riedi all'antico tuo fido soggiorno, Ove, se non avrai giorno sereno, Sarai sicuro almen da inganno, e scorno. Fuggi l'aspra prigion, fuggi il veleno Di quel petto crudel di frodi adorno; E se'l dolor ti sforza a venir meno, Morrai sì ben, mà senza lacci intorno. Vieni: ch'al tuo gran mal daranno aita Sdegno, Ragione, ed anche forse Amore, A chi tocca punir la fè tradita. Lascia ancor la memoria a te gradita; L'usata infedeltà ti sia d'orrore; E per più non amar ti serba in vita.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716-1717), v. 5, p. 365.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, Dell'istoria della volgar poesia (Venezia: L. Basegio, 1730-1731), v.2, p. 527-528.

D'Alessandro, e d'Augusto i vasti onori, Che tramandarono a noi l'antiche istorie Non van pari, o Signor, colle tue glorie: Solo di te son tue virtù maggiori. Vasto impero de' Regni, e non de' cuori, Degni reser già quei d'alte memorie; Ma che! presto la vita, e le vittorie Cederno al fato, ed agli altrui furori. Tu regni invitto al Mondo, e più nell'alme; Che de' popoli tuoi l'amor, la fede Fan ferma base al tuo sovrano Soglio; Ed or propizio il Cielo a te concede Del gran Nipote al tenero germoglio Ornar la culla di trionfi, e palme.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716-1717), v. 5, p. 366.

Opra è, Signor, del Ciel quel, che a noi scende, Alto conforto nell'angustie estreme. Egli Carlo ne tolse, e in un la speme Di pace, ma la pace in te ci rende. Egli, da cui ogni gran ben dipende, E di tutto quaggiù la cura preme, Ti fe nostro Monarca, e ti diè insieme La virtude, e il valor, che in te risplende. Or se t'arride il Cielo, e dà la sorte Di nuovi imperj,e d'altre glorie i segni, Seguili pur sotto sì belle scorte; Che nulla a terminare i gran disegni Manca, se già per farti e grande,e forte Ti dièil sangue Luigi, e Carlo i regni.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716-1717), v. 5, p. 366.

Non fu di morte lo spietato strale, Che al Mondo tolse la bell'alma altera, Dolce sonno la trasse all'alta sfera, A goder colà su gloria immortale. S' ella appena vestio manto mortale D' ogni pondo terren sciolta, e leggera, E tutta accesa di se pura, e vera Pur sempre visse a sè medesma eguale. Mal potea d' empia Parca il crudo telo. Mover ver lei in aspra usata forma, E addurre oltraggio in così nobil velo. Iddio prescrisse al suo partir la norma, Onde si lascia il Mondo, e ratta al Cielo Passa la bella Donna, e par che dorma.

Crescimbeni, Giovanni Mario, Rime degli Arcadi (Roma: per A. Rossi, 1716-1717), v. 5, p. 367.

This poem also appears in: Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 174.