Aurora Sanseverino Gaetani:

MISCELLANEOUS POEMS





Assembled by
The Italian Women Writers Project


The University of Chicago Library

Chicago
2006

Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 185.

This poem also appears in: Crescimbeni, Giovanni Mario, L'istoria della volgar poesia scritta da Gio. Mario Crescimbeni (Venezia: L. Basegio, 1730-31), vol. 2, p. 519. and Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1029.

SFoga pur contro me, Cielo adirato, Quanto più sai tuo crudo, aspro furore, Che indarno tenti di fierezza armato Spegner favilla al mio cocente ardore. Puoi ben tormi, ch' io possa in su l' amato Volto nutrir questo affanato core; Ma sveller non puoi già dal manco lato Il dolce stral, con cui ferimmi Amore. Sia mi pur sorte rea, ognor più infesta; Viva pur l'alma in pianto, ed in cordoglio, Che il mio fermo desir ciò non arresta. Io son di vera fede immobil scoglio, Cui di continuo il vento, e il mar tempesta, Ma non si frange al lor feroce orgoglio.

Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 126.

Non così dopo lunga aspra tempesta Nocchier, spargendo gemiti, e querele, Se accoglie al porto le squarciate vele, Rasserena la fronte afflitta e mesta; Com'io dopo la guerra atra, e funesta Del mio antico Signore empio, e crudele, Lieta a voi corro, o selve, a voi fedele Albergo di riposo, e pace onesta. Che 'n voi porre in obblio miei gravi danni Spero, e col fiero duolo, onde mi sgaccio, La rea memoria de' passati affanni; E sciolto il cor da l'amoroso laccio, In dolce libertate i miei veri anni Scarca menar di sì gravoso impaccio.

Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 126.

Siccome a' raggi del sovran Pianeta Gira lo stelo ognor quel vago fiore, Che da lui prende il nome, e 'l bel colore, Con cui s'adorna la stagion più lieta; Così de' guardi miei l'unica meta E' quel leggiadro, angelico splendore, Di cui dipinse a Tirsi il volto Amore, Ove ogni suo desio quest'Alma acqueta. Ma qual di crudeltà mostro spietato Mi asconde il Sole, e vieta, che i miei lumi Pascere io possa in quel bel volto amato! Ah, che fiamma del Ciel t'arda, e consumi, Crudel, che turbi il mio tranquillo stato; L'ira volgan ver te ben tutti i Numi.

Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 127.

This poem also appears in: Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p. 382-383.

Ben son lungi da te, vago mio Nume Qual per mancanza di vitale umore Arida pianta, e qual senza vigore Palustre Augel con basse, e tarde piume, Ben son lungi da te, qual senza lume Notte piena di tenebre, e d'orrore, Ben son lungi da te, qual secco fiore, Cui soverchi calore arda, e consume. In te, mia vita, han posa i miei desiri; Or se da te tant'aria mi diparte, Qual pace troveran gli aspri martiri? Ahi! dunque è ben ragion, che in mille carte Sfoghi sue angoscie in lagrime, e sospiri Quest'Alma, che si strugge a parte a parte.

Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 127.

Deh qual destino or crudelmente vuole, Alma mia, che sì fredda e muta resti, E a tanta gioja stupida t'arresti, Troncando il varco a fiato, e a le parole? Le fiamme tue per Tirsi uniche, e sole, Perchè non scopri, e' tuoi martir funesti? E quella, che serbare a lui sapesti Intatta fede, e chiara più del sole? Ma poichè a tanto il tuo vigor non sale, Deh mostragli tu, Amor, le tante e tante Mie pene, e la ferita aspra, e mortale. E ch'io non pur sarò fida, e costante Finchè fia viva questa spoglia frale, Ma ancora nudo spirto, ed ombra errante.

Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 128.

Poichè a volger da me, Tirsi, le piante T'astringe del mio fato empio rigore, Che dopo così lunghe angosce, e tante, Rende del mio goder sì brevi l'ore: Ben chiuderà nel sen quest' alma amante Men dolce sì ma non men caldo amore, Che, qual scolpito in marmo, od in diamante, Porto il vago tuo volto in mezzo al core. Ma gli occhi resteranno orbati, e privi De la lor luce, e da l'acerbo affanno Saran conversi in lagrimosi rivi. Solo in parte scemar potria lor danno Tua bella immago, e riserbarli vivi Con finto sì, ma troppo dolce inganno.

Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 128.

This poem also appears in: Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felica Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), p. 145. and Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1029.

Che fai Alma? che pensi? avrà mai pace De' tuoi stanchi pensier l'acerba guerra, Che in dubbia lance il viver mio rinserra, Tra gielo ardente, e tra gelata face? S'io miro al ben, che sì m'aletta, e piace, Dico: chi di me più felice in terra? Ma il geloso tormento, che m'atterra, Ogni mia gioja poi turba, e disface. Così muovon tra lor fiera tempesta Contrarj venti, e 'l misero nocchiero S' aggira indarno in quella parte, e in questa. Oimè, ben corro io pur dubbio sentiero, E la speme or s'affretta, ed or s'arresta, E mi attrista egualmente il falso, e 'l vero.

Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 129.

Già dipingea con nuovi raggi il seno A la gran Madre il bel nascente giorno, E la dolce stagion di verno a scorno Molli fiori spargea senz'alcun freno: Empìn di grati accenti il Ciel sereno I canori augelletti intorno intorno, Dolce mel distillava il faggio, e l'orno, E di alta gioja il Mondo era ripieno: Quando, Donna gentil, l'alma Lucina Trasse del tuo bel seno il desiato Fanciul, ch'egual non feo l' idea divina. Mirollo il Sol di tanti fregi ornato, Quinci, disse, a ragion per lui s'inchina, Qual serva, e ancella la Fortuna, e 'l Fato.

Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1029.

Poveri fior! destra crudel vi coglie, V'espone al foco, e in un cristal vi chiude. Chi può veder le viölette ignude Disfarsi in onda, e incenerir le foglie? Al giglio e all'amaranto il crin si toglie Per compiacer voglie superbe e crude, E giunto appena aprile in gioventude, In lagrime odorose altrui si scioglie. Al tormento gentil di fiamma lieve, Lasciando va nel distillato argento La rosa il foco, il gelsomin la neve. Oh! di lusso crudel rio pensamento! Per far lascivo un crin, vuoi far più breve Quella vita che dura un sol momento.