Gaetana Passerini:

MISCELLANEOUS POEMS





Assembled by
The Italian Women Writers Project


The University of Chicago Library

Chicago
2006

Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 215.

ECco, che il Sol ne riconduce il giorno, Nel quale il Mondo ebbe sì grave oltraggi Poichè morte oscurò quel chiaro raggio, Onde sen' giva alteramente adorno. Visibilmente ogn' uom vide d'intorno Quel dì, benchè nel più fiorito Maggio, Inaridirsi il suolo, e il suo viaggio Torcer Febo dal Ciel pien d'ira, e scorno. Troncar le Ninfe i leggiadretti balli, E si tolser dal crin quei, che l' ornaro Fiori persi, vermigli, azzurri, e gialli. Caso cotanto orribil lagrimaro, I Colli, i Monti, i Boschi, e l'ime Valli: O giorno più d' assenzio, e tosco amaro!

Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 215.

This poem also appears in: Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p. 405-406.

MEntre ridente il Sol dall' onde uscìa, E i Monti iva a ferir col primo raggio, E l' Augellin di ramo in ramo gia, Dolce cantando all' apparir di Maggio: Sì dolce, e soavissima armonìa Scioglieva Urania assiso a piè d'un Faggio, Che il Sole intento al suo cammino pria, Arrestò per udirlo, il suo viaggio. Fermossi attento, e curioso il Rio, Si libraron su l' ali in aria i venti, E di udirlo o gai Belva ebbe desìo. Ma chi potrà ridir, come contenti Linco, ed Olimpio, i miei germani, ed io Alla dolce armonìa stavamo intenti?

Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 216.

VEdesti il mio Agnellin ieri, o Licori, Come con quei bei nastri porporini Parea goder, pascendo erbette, e fiori, Che il mirassero ognor gli altri Agnellini? L' osservaro con me gli altri Pastori, Che alla mia mandra allora eran vicini, Ed io fin vi chiamai la bella Dori, Che là tessea ghirlande infra quei Pini; E sen' compiacque sì, che un dardo d' oro Volea per esso darmi, e un bel carcasso, Fatto di strano, e pellegrin lavoro: Ma le risposi; sì di senno casso Non ho il cervel; questo, ch'è il mio tesoro Per sì poca mercede io non ti lasso.

Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 216.

This poem also appears in: Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1034.

AUgellin, che a lento volo, Te ne vai dal Faggio al Pino, E ti godi solo solo Il tuo canto mattutino. Tu m'insegni il mio gran duolo A sfogare in sul mattino, Quando altrui cheta m'involo, Te non posso al mio destino. Deh! mi porta se tu puoi, Con la forza de' tuoi vanni Dagl' Esperj ai lidi Eoi. Porterai teco i miei danni, E saranno incarchi tuoi Le mie pene, e i miei affanni

Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 217.

This poem also appears in: Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p. 404.

STava un dì Clori soletta D' un bel Rivo in sulla sponda, Ammirando orgogliosetta Il suo bello entro quell' onda; Quand' un' Aura lascivetta Portò a lei di fronda, in fronda Una vaga violetta Su la crespa chioma bionda. Questo fiore, a gli altri fiori Disse allor di gioja pieno: Io morrò sul crine a Clori. Spero ancor morirle in seno; E voi intanto de' Pastori Sotto il piè verrete meno.

Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 217-218.

FRa l' erba molle, e i fiori, Un dì Filli, e Licori Tesi aveano più lacci, E insidiosi impacci, Per far cadere in quelli I trascurati Augelli, Ma il fanciullin di Gnido L' arciero Dio Cupido Stanco, quì per suo male, Venne a raccoglier l' Ale; Ed in un laccio teso Egli in cauto fu preso. Le vaghe Pastorelle Liete allor, quanto belle Gli svelsero le penne, Con cui volando ei venne, E poi vollero sciorlo, E in liberta riporlo, Per vender, come fare Ei voleva a volare. Allor quel fanciulletto Pien d' ira, e di dispetto Si vibrò lor nel seno Ratto più, che baleno, Poi disse lor: nel core Or conoscete Amore.

Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 218.

DI desiderio ardea La vezzosa Nicea, Di togliere un bel fiore Di pellegrino odore, Che in mezzo all' erba molle Stava sovra d' un colle; Onde il Gregge lasciato A pascolar nel Prato, Lieta, e veloce gìo, Seguendo il suo desìo, Ma in quell' istante un Lupo, Uscendo da un dirupo, Si prese un' Agnelletta, E via portolla in fretta.

Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 218-219.

This poem also appears in: Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p. 404-405.

VEspina desiosa, Di cogliere una Rosa, Fu da un Ape spietata In una man piagata Allor la semplicetta La ritirò con fretta; E credendo, che il fiore Desse a lei quel dolore, Prese tosto a sgridarlo Dell' aspra villania, Che seco usata avia: E per fargli onta, e scorno, Tanto cercò quel giorno, Che un Giglio ritrovando, E in quel luogo tornando, Con alta voce disse. Acciò la Rosa udisse: Ecco, che ho ritrovato Un più bel fior nel Prato, Che si è lasciato corre, E nel mio sen riporre; Or miralo quant' è Vie più gentil di te

Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 219.

This poem also appears in: Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p. 405.

SE il prato, il bosco, il vicin fonte, il rio Sapesser donde nasce il mio dolore, Il prato non avrebbe erbetta, o fiore, Che non piangesse meco al pianger mio. E si entrò il bosco a lagrimar giss' io, D' ogni belva vedrei pietà nel core Pietà, che al fonte, e al rio per lo stupore Arresterebbe il corso, e il mormorio, Ed udirei in questa parte, e il quella Dirmi il rio, dirmi il fonte il bosco, e il prato Piangi, che n' hai ben donde, o Pastorella E piangi sì, fin che al tuo pianto è dato Togliere un dì, dall' alma tua rubella La cagion del tuo pianto, il tuo peccato.

Crescimbeni, Giovanni Mario, L'istoria della volgar poesia scritta da Gio. Mario Crescimbeni (Venezia: L. Basegio, 1730-31), vol. 2, p. 526.

QUando con gli occhi della mente io miro, Come corre l'etade agile, e leve Verso la meta, ov'ella giunger deve, Oh come meco stessa allor m'adiro; E dico, lagrimando, or compie il giro Il quinto lustro di mia vita breve; Nè proveggo, per questo al lungo e greve Affanno del mio cor, per cui sospiro. Vorrei del Vulgo vil fuggir la sorte, Che senza gloria passa all'altra riva; E non vorrei morir con la mia morte. Ma se per me non posso, ed altri schiva Me vil suggetto alle sue rime accorte, Come fia mai, ch'oltre mia vita io viva?

Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felica Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), p. 156.

This poem also appears in: Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1033.

SIgnor, che nella desta, orror del Trace, Della fortuna d'Asia il crin tenete, E con voi la Vittoria, ove a voi piace, Compagna indivisibile traete: Dove di Costantin languendo giace L'alta Real Città, l'armi volgete: Colà scorta vi fia l'ombra fugace Dell'inimico Re, che vinto avete. Ivi il mostro crudel pallido, e afflitto, Che torvo mira le sue piaghe spesse, Cada per voi nel seggio suo trafitto. Allor vedransi in mille marmi impresse Queste note d'onore: Al Duce invitto, Ch'un impero sostenne, e l'altro oppresse.

Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felica Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), p. 157.

This poem also appears in: Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1033. and in Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p.401.

QUal cervetta gentil, ch'ora il desio La chiama al monte, ora l'appella al prato, Ed or la spinge ove gorgoglia il rio, Or dove il colle è di più fiori ornato; Ma s'egli avvien, che al Pastorel, che ordio Insidie a Belve, al palesi il fato: Ecco cangiarsi in disperato, e rio Il suo si lieto, il suo si dolce stato. Tal vid'io Verginella ir baldanzosa In libertade infinchè al Nume Arciero Santa semplicità la tenne ascosa. Ma scopertala alfin quel cieco e fiero Signor, che cessi omai d'esser ritrosa, E vuol; che provi suo crudele impero.

Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felica Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), p. 157.

This poem also appears in: Ambrosoli, Francesco, ed., Sonetti di ogni secolo della nostra letteratura, con note (Milano: Branca e Dupuy, 1834), p.237, Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1033. and in Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p.401.

SE in un prato vegg'io leggiadro fiore: Sembrami dir qui mi produsse Dio, E qui ringrazio ognor del viver mio, E della mia vaghezza il mio Fattore. Se d'atra selva io miro infra l'orrore Serpe strisciarsi velennoso e rio; Qui mi par, ch'egli dica: umile anch'io Quel Dio, che mi creò, lodo a tutt'ore. E 'l fronte, il rio, l'erbette, i tronchi, i sassi Sì sembran dire in lor muta favella, Ovunque volgo i traviati passi. Ahi! che sol questa, (e il Ciel lo soffre) è quella, Che dall'amor di Dio lontana stassi, Infida troppo, e cieca Pastorella.

Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felica Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), p. 158.

CHi ti da ajuto, oimè, chi ti consola; Priva di Linco tuo, del tuo diletto Misera Silvia sconsolata, e sola Senza il Germano, e senza core in petto? Per sì bella cagione a me s'invola Il cor, che indarno il suo ritorno aspetto? Poichè d'intorno innamorato ei vola, Là dove ha il fral di Linco mio ricetto. E in tanto morte incocca le quadrella, Fors' in pietà cangiato il suo rigore, E dice, or mori afflitta Pastorella; Ma veggendomi in sen servir di Core Dell'estinto German l'immagin bella, No, grida, viv Silvia al suo dolore.

Zappi, Giovanni Battista, Rime dell'avvocato Giovam Battista Felica Zappi, e di Faustina Maratti, sua consorte. (Venezia: F. Storti, 1752), p. 158-159.

This poem also appears in: Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1033-1034. and in Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p.402-403.

LEsbina semplicetta Se'n giva un dì soletta Per un erboso prato Di mille fiori ornato; E colto un vago fiore Di purpureo colore, Ratta se'n corse al monte, Ov'era un chiaro fonte,' Per seco consigliarsi Dove dovea adattarsi Quel leggiadro fioretto O sul crine, o nel petto; Ma visto allor nell'acque Un simil fior, le piaque Sì ch'il suo nella sponda Pose, e cercò nell'onda Se pur trovar potea L'altro, che visto avea, Ch'era l'immago istessa Del suo nell'acqua impressa: Oh quanto allor più bella Sembrò la Pastorella, Mostrando del suo core Con quel atto il candore, E la semplicità Che in Verginella stà.

Ronna, Antoine, ed., Parnaso italiano. Poeti Italiani Contemporanei Maggiori e Minori Preceduti da un Discorso preliminare intorno a Giuseppe Parini e il suo secolo Scritto da Cesare Cantù (Paris: Baudry, 1847), p. 1034.

This poem also appears in: Blasi, Jolanda de, ed., Antologia delle scrittrici italiane dalle origini al 1800 (Firenze: Nemi, 1930), p.403.

Su queste balze ove una capra appena Andria, tanto son esse erte e scoscese, In cima in cima il mio augellino ascese, Senza alterar la natural sua lena. Ma pur col suon di pastorale avena Non sì tosto da me chiamar s'intese, Che con veloce piè l'erta discese, E di cercarlo a me tolse la pena. Lieta a coglier vincastri allor n'andai Per intesser cestelle, e un serpe, o Dio! Non veduto da me col piè calcai. Tutta spaventato allor fra me diss'io: O quanto è ver che senza amaro mai Non ha un poco di dolce human desio!