VERSI E LETTERE
DI
COSTANZA MONTI PERTICARI
E ODI
DI
ACHILLE MONTI,
CON PREPAZIONE DI F.-L. POLIDORI.

FIRENZE
FELICE LE MONNIER.
1850.

[1823]

Di questi fior la breve aura odorosa Mi dice in suo spirar: pensa, o meschina, Che presto, morta del gioir la rosa, Riman la spina. Edace il Tempo inesorabil dio Rapido fugge, e nel passar dissolve Ogni umana speranza: il segue oblio Che tutto involve. Laude che vale di vegliati carmi? Cercar dietro alle Muse illustre fama U' solo han pregio eccelse colpe ed armi, E stolta brama. Or chi l' arte m'insegna, ed il sentiero Per cui bella si fa la mortal vita? Chi di gloria perenne il certo e vero Calle mi addita? Tu che d'amor più assai che di natura Madre mi fosti ognor, tu di consiglio Deh mi soccorri, e non lasciarmi in dura Via di periglio! Vòlto il mio riso in pianto ha morte fera E reciso in sul verde ogni mia Voglia mi tenta disperata, e impera Al cor che geme. Ahi caro sposo, e qual crudo destino Te pria disciolse, e me legò qui in terra? Chi di seguirti al ciel ratto il cammino. Chi mi disserra? Amor di figlia ed il tuo chiaro nome, Che suona nel mio cor sì dolcemente, Niegan ch' io sciolga di sue gravi some L' alma repente. No, non ritrova il mio dolor conforto! Ma se pure è voler d' iniquo fato Che alle stanche mie vele amico porto Non sia ancor dato: Tu, Madre, afferma mia virtù smarrita. E faccia tua pietà forza a furtuna Che già m' incalza, e su quest' egra vita Rio nembo aduna. Che se a' caldi miei voti arride il cielo, Quest' almo sol del tuo bel nome adorno Per lungo corso a te senza alcun velo Farà ritorno.
1 Quest' Ode bellissima si è trovata senza titolo: forse porrebbe essere quella che dall' Autrice fu dedicata alla principessa di Galles, poichè di un' Ode offerta a questa principessa, e stampata in Pesaro, ci parla la chiara Ginevra Canonici Fachini nel suo Prospetto biografico delle donne italiane rinomate in letteratura dal secolo XIV fino a' nostri giorni. Pugna con Euro sull' Adriaca sponda Imperversando l' aquilone e rugge: Geme l' onda incitata e incalza l' onda Che rotta mugge. Piegansi oppresse sotto l' alte nevi Le antiche quercie su pe' gioghi alpini, E 'l sole obliquo ne rischiara brevi Del dì i confini. Pur finalmente dome cederanno Le brume il campo a' fiori ed alle spiche. E di pampini liete si faranno Le balze apriche. Cosi fuggon l' etadi: a noi dappresso Nel breve della vita angusto calle Vien chi ne incalza perchè sente anch' esso Altri a le spalle. Oh avventuroso chi le poste sante Tien di virtude, e nel cammin di bella Fama s' infiora, nè col volgo errante Mai s' affratella! Nè volgo è quello sol cui crudo il fato A durar condannò lunga fatica, O che fortuna in miserando stato S' ebbe nimica. Spregiata plebe è ognor cui non infiamma Disio di gloria nell' età futura, Nè mai del patrio amor sente la fiamma. O non la cura. O nati all' onta itali petti, o menti Schiave di cui solo viltà s' indonna, Voi barbare catene pazïenti, Voi l' ozio assonna. Che val che l' Alpe immane e il doppio mare Vi fosse schermo da' guerrier feroci? Armi, nome perdeste, e fin le care Native voci! Il vano grido della patria avita, L'ombre chiamar de'padri, e imbelle pianto, Ravvivan forse la virtù smarrita Nel core affranto? Vili! Col brando libertà si trova; È illustre gloria là dove è periglio: Pur liberi morire in tanta prova È bel consiglio!

CANZONETTA.

Salve, o Vergine Maria, Salve o madre in ciel reina, Su la terra il guardo inchina, De' tuoi figli abbi pietà. Maria, salve. A' tuoi divoti Dà soccorso di consiglio Per lo sangue del tuo Figlio Che ne aprì la via del ciel. Tu di sol tutta vestita, Tu di stelle incoronata, Tu speranza, tu avvocata Del tuo popolo fedel. Salve, o Vergine Maria, Salve, o madre in ciel reina, Su la terra il guardo inchina, De' tuoi figli abbi pietà. Nel cammin di nostra vita Noi vaghiamo in notte bruna Senza face e senza luna Per un muto e lungo error. Ma il gran buio della via Il tuo lume ognor disgombra; Per te sempre a vincer l' ombra Manda il sole il suo splendor. Salve, o Vergine Maria, Salve, o madre in ciel reina, Su la terra il guardo inchina, De' tuoi figli abbi pietà. Noi per mare orrendo, infido Lassi erriam senza governo Fatti scherno a' venti, al verno, E dell' onde al flagellar: Ma tu ridi in orïente Mattutina amica stella. E ten vieni ogni procella Col tuo raggio a serenar. Salve, o Vergine Maria, Salve, o madre in ciel reina, Su la terra il guardo inchina, De' tuoi figli abbi pietà. Vergin pura e al mondo sola Ch' empi il ciel di tua bellezza. D' Eva il pianto in allegrezza Per te, Vergine, tornò. Eva stolta fu la spina, Tu, Maria, fosti la rosa, Tu figliuola, madre, e sposa Di Colui che tutto può. Salve, o Vergine Maria, Salve, o madre in ciel reina, Su la terra il guardo inchina, De' tuoi figli abbi pietà. Tu di David sei la torre D' ogni assalto vincitrice, Tu sei l' arca sì felice Che fè salvo il seme uman. Di giustizia alta colonna, Di valor leggiadro esempio; Di Colui se' fatta tempio Che ti fè con la sua man. Salve, o Vergine Maria, Salve, o madre in ciel reina, Su la terra il guardo inchina, De' tuoi figli abbi pietà. Deh soccorri a nostra guerra, Saldo scudo delle genti! Deh rischiara a noi le menti, Vivo sol di verità! Tu di fe, d' amor, di speme, Madre, infiamma i nostri cori: Se fur grandi i nostri errori, Sia maggior la tua pietà!
Sotto la selva amica Vivo pudica e sola, E il passeggier consola L' odor che chiudo in sen. E te somiglio, o casta, Leggiadra verginella, Che quanto se' più bella, Tanto ti mostri men. 2 Ecco i versi diretti da Costanza al padre, e scritti a Caraverio in Brianza nel giugno 1823, a' quali il grande Vincenzo rispose con l' Ode “Chieggon le Muse, o figlia, alma gioconda,” come già si è accennato nella vita della illustre poetessa. Poni, io dissi al mio cor, poni giù il peso De' lunghi affanni, e lieto Dèttami un carme che il gentil desio De' cari amici adempia, e insiem sia degno Dell' amato e cortese ospite mio. Così pregava, ahi lassa! e in dolorose Note nel suo segreto il cor rispose: Oh che dimandi, sventurata! Ancora, Ancor tre luci, e l' ora Dell' anno volgerà che la divina Del tuo perduto amore alma diletta Prese il volo del cielo, e là t' aspetta. E a questo dire in pianto Largo scorrente si converse il canto. Tu, del canto signor, dunque per me Ottieni, o padre, al mio tacer mercè; Che il labbro mio non può, se giusto miri, Altro dar che sospiri. 3 Di questa Canzone inedita ci ha fatto dono, in Ferrara, il dottor Cesare Monti, che la trasse da un manoscritto autografo della Costanza, cugina di lui. O miei caldi sospiri, e voi triste onde Cui preme acuto duol dagli occhi a forza. Ite a colei, che nel bel volto asconde Amor, che indi mi sforza E mi disface come brina al sole. A lei portate mie dolci parole Che acquistin fede all' ostinato affanno. Onde, com' ella suole, Del mio dolor si pasca e del mio danno. Ben potevi, crudele, alla mia vita, Che a sì debile filo ora s' attene, Porger di poche lagrimette aita, O conforto di spene. Ma stilla di pietà non scese ancora Da que' due lumi ove amor s' avvalora; Nè da que' labbri alcun pietoso accento Perchè è forza ch' io mora, Ch' altro schermo non trovo al mio tormento. Prima che giunga questa vita a riva Baciassi un riso almen su quella bocca Da cui tanta dolcezza si deriva, Ed onde Amor discocca “Gli eternamente dolorati strali!” Lo spirto che al partir già spiega l' ali, Ratto faria ritorno all' egra spoglia; E alle piaghe mortali Saria alfin pace, e all' amorosa voglia. Non l' avara di Pluto aspra consorte Me trarrebbe anzi tempo all' Ancheronte Ed alla cerchia delle inferne porte: Non or di Flegetonte Udirei la sonora onda bollente E il pianto eterno della morta gente. Ma della verde etate i dì fugaci Teco, soavemente, Trarrei fra dolci sdegni e care paci. Ma tu, crudel, cui la pietà non spetra, Non sai quanto Amor possa in gentil core. In cor che sia d'uom vivo e non di pietra: E al lasso egro amadore Quindi sì picciol don, perfida, neighi. Ma verrà forse (nè fian vani i prieghi! Che un di, commossa da tardo desio, Al mio sasso ti pieghi E dica: Oh vivo or fosse e fosse mio: Questo e i due seguenti Epigrammi furono tratti dalla Biblioteca di Lugo per opera del valente professore Giovan Francesco Rambelli da un nitido manoscrito originale.

Ad Antonio Canova inviandogli una corona d' alloro
nel giorno del suo nome

O ramuscel felice Di ben cresciuto alloro! Non sarà che tu fregi Le altere fronti a' prepotenti regi. Od il capo maligno Di chi tinse la terra di sanguigno Ma del Canova andrai Sul divin capo, e laude alta n' avrai. Come facessi all' auree chiome velo Del gran re delle Muse in mezzo il cielo.

L'absence diminue les médiocres passions et augmente les grandes, comme le vent èteint les hougies, et allume le feu.     La Rochefoucault.

Cede al soffiar de' venti La piccola facella, E la gran fiamma al ciel s' alza più bella. Tal muor per lontananza Entro vil petto amore, Ma cresce se s' apprende a gentil core.5 E singolare la similianza che ha questo epigramma con un madrigale dell' Ariosto che troviamo fra le sue rime, ed è il seguente:
Per gran vento che spire
Non si estingue, anzi più cresce il gran foco,
E spegne e fa sparire ogni aura il poco.
Quanto ha querra maggiore
Intorno in ogni luogo e in sulle porte,
Tanto più un grande amore
Si riposa nel core e fa più forte.
D' umile e bassa sorte,
Madonna, il vostro si potria ben dire.
Se le minaccie l' han fatto fuggire.

A Carolina di Brunswich Principessa di Galles. Per nozze stabilite sotto gli auspici di lei

Un'Elena già fu ch' ebbe importuno Al mal degno amor suo l' odio di Giuno. Ma oggi avvien che l' alma Dea s' asconda Sotto le tue sembianze, alma Reina. E pronuba s' inchina Al casti amor dell' ElenaNome della sposa, cioè della contessa Elena Cassi da Pesaro. seconda, Onde quant' aspra all' una, all' altra amica Emenda il danno della rabbia antica.7 Queste sono tutte le poesie di Costanza Monti Pertieari, di cui ci è stato possibile il far tesoro in questa prima edizione. Nè per usare di diligenze abbiamo potuto averne alcun altra, nè stimiamo sia facile il rinvenirne, perchè, come si accennò nella vita, l' Autrice scrisse pochissimo. Avremo assai caro se qualche gentile, a cui per ventura ne desse innazi qualche altra da noi ignorata, volesse farcene parte per accrescerne la nostra piccola, ma preziosa raccolta.