Orsola Maria Poggiolini Troni:

COLLECTED POEMS





Assembled by
Cynthia Hillman

The Italian Women Writers Project


The University of Chicago Library

Chicago
2008

Era all'estremo in sulla balza Ebrea Il Dolor di GIESU ne'suoi tormenti; Onde cercò nel cuor nuovi alimenti, E il dolor di dolor così crescea: Quando il Gaudio, che in parte vi sedea, Trovò per discacciarlo alti argomenti; Visto lo stuol delle salvate Genti, Lieto verso il Dolor così dicea: Già muore il nostro Rè; come potrai Viver dappoi nello squarciato core? Prendi nuovo consiglio, o pur morrai. Io più grande di te, col mio Signore Al Ciel n'andrò; tu bella vita avrai, Entro il pentito cor del Paccatore.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 171.

This poem also appears in: Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 260.

TOlta a Soglio Regal pompa fastosa Fra l"Esperidi Sacre un dì, ridente Aprendo i sensi d'oro al Sol nascente, Sedea sovra de'Gigli inclinta Rosa. Amor, tenero Amor, colla vezzosa Mano volea rapirla; onde repente Disse il Fiore de'Campi alto, e possente, Di Gierico la Rosa oggi è mia Sposa. Pianse il Fanciullo, balbettando ardito, Ragion del piè materno ella è pur mia, Gliel'saprò dir: e poi si morse il dito. La Vaga, cui di sdegno il Cor bollia Cacciollo, indi ad unirsi al fior gradito, Venne Rosa Gentil Barbara Pia.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 172.

QUal or miro, Daliso, il tuo sembiante, Al confronto di cui men splende il Sole, Dico; dentro di se la Terrea mole Non racchiuse giammai vaghezza tante. Se i martir' di quest'Alma, a te distante; Vo' poi ridir, non so con quai parole, Ma per prova ben so, che non si suole, Dar tormento maggiore ad Alma amante. Quindi sovente il Cor dubbio ritiene, In contemplando tua beltè, che adoro, Se più sieno i contenti, o pur le pene; Se più vivo in amando, o se più moro; Poi decider non so, ma dir so bene, Che il penar per è gran ristoro.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 173.

MEntre sospesa un dì giva pensando, Come meglio potesse un nobil Core, Tributar suoi affetti a degno amore, E farsi eterno, immortalmente amando; Segui poi pensier rammemorando, Che ogni cosa quaggiù sen fugge, e muore, I Tesor', la Beltade, il vano Onore, Con quel di più, che suol seguirsi errando. Mentre con tal pensier passava l'Ore, Ecco il sonno m'ingombra i rai repente, E una Diva m'apparve in gran splendore: Tu se brami d'amar perfettamente, Disse, son la Virtù, sagrami il Core, E viverà il tuo nome eternamente.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 174.

PErchè mi sgrida ognor quel fier Montano, Montanoil genitor crudo, e spietato, Sorgo prima del Sol dal molle piano, Per ricondur le Pecorelle al Prato; Si parte il gregge mio; ma aspetta in vano La custodia fedel, che un sonno odiato, Disarmandomi gli occhi, e poi la mano, Me pone, e loro in infelice stato. Jeri appunto dormiva, e la più pura Diva delle Virtù col bel tesoro, Disse, vidi; nel suol l'Umo non mi cura. Paride il sa, se offese il mio Decoro. Allor, bella, gridai, è tua sventura, Che non fosse in mia man quel Pomo d'Oro.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 175.

Scherzo Pastorale OH se vedessi, Elpino, Il Celeste sembiante Del giè nato Bambino! So che ancor tu ne diverresti amante. Ebbi forte poc' anzi, D'esser con que'Pastori, Che andaro alla Capanna Dall'Angelo avvisati, Ov'egli giace, e il vidi, e anch'io con loro L'adorai, e gli offersi un Angellino, Quale l'altr'ieri mi donò il mio Avo, Più bianco della neve, A cui pure io volea tutto il mio bene. Ma ben ti giuro Elpino, Che all'adorato aspetto Del Dio fatt'Uom, deposi Come che vile, ogni mondano affetto.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 176.

CAPTIOLO DAl patrio albergo, a me già reso vile, Ove traggo solinga infausti i giorni, A te scrivo, Almerinda mia gentile. Dal dì, che tu prendesti altri soggiorni, Più soggiorno non ebbe in me il gioire, Nè gioriò già più se non ritorni. Al tuo partir io vidi scolorire/l> Del di la luce, e finche splendi altrove, Notte oscura di duol deggio soffrire. Soò qual Agna smarrita, a cui non giove Passeggiar verdi colli, e prati ameni, E cosa, onde s'allegri, in lor non trove. Deh ritornino un dì quei dì sereni, Che adducevano a me tue luci amate: Amata luce mia, torna: deh vieni. Torna, e vedrai l'Erbette ravvivate Liete lambire, i preziosi umori Se imperlan loro il sen tue luci grate. Torna, e vedrai su i leggiadratti Fiori Passeggiar molle il riso, e il vago Acanto L'aria riempir de'più soavi odori. I garruli augelletti udrai col canto Formar gli applausi ai tuo ritorno amato, Voleran' l'aure a carolarti accanto. L'Acque limpide assai più dell'ufato, Per tributarti i liquefatti argenti, T'incontreran col mormorio più grato. Non più all' Eco pietosa i miei lamenti S'udran ridir, che al tuo gradito arrivo, Farò l'aria suonar di lieti accenti. Torna: ma no, che il cor di senso privo Ah! fin or vaneggiò; trattienti, o bella, Che coll'alma ne carmi io già t'arrivo. Ecco dunque il mio Core a te, mia Stella, Che t'inchina divoto; or tu concedi L'onor du'tuoi comandi alla tua Ancella, Che in vita mi terran' finchè ne riedi.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 177-178.

This poem also appears in: Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 260-261.

Quand'io pensava al sovrumano e fero Vincer, che fe su l'Istro il prode, il Di Dio campione, e nel Romano impero (forte Di Bizanzio il terrore, e de la morte; Levossi in Ciel mia mente, over un'altero Stuolo di spiriti io vidi in aspra sorte: E vidi il gran Michele, il sol guerriero Tutti fugare a le tartaree porte. Vidi ancor l'Alma (e 'l memorar non erra) Del grand' Eugenio, colma ivi di zelo Starsi, mirando la tremenda guerra. Indi tornando entro il mortal mio velo Gridai: la tua vittoria Eugenio in terra Quella mi par, ch'ebbe Michele in Cielo.

Bondigli, Gioseffo, Componimenti degli accademici riformati de Cesena per le vittorie dell'armi Cesaree sopra de' turchi (Faenza: Per Gioseffantonio Archi, 1718), p. 131.