Teresa Zani:

COLLECTED POEMS





Assembled by
Cynthia Hillman

The Italian Women Writers Project


The University of Chicago Library

Chicago
2008

STa la capanna mia sovra di un Fonte, Che va tra sassi, e Cavallin s' appella, Che il Poggio al fianco, ed ha Bologna a fronte, Dov' io guido la fresca età novella. Mietisi a me fertil pianura, e il monte Mi si vendemmia, e ho folta greggia ancella, Onde vien, che molt' oro in man mi conte, Tratto dalla Città la Villanella. Vivo, alta invidia a stuol di Ninfe allora, Che mentre altra ricama, ed altra è vaga Di tesser bissi, ed altra il crin s' infiora; Canto la dolce, ed onorata piaga; Ma ciò, che val? se in agi tanti ancora Non valmi erba a salute, od arte maga.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 226.

This poem also appears in: Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 779; and Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 274.

DI quattro lustri, e come son disciolta Dai Genitori miei, che terra or sono, Posso a mia voglia, o saggia siasi, o stolta O pietade impetrare, o almen perdono. Piacemi la mia rete, a ch' io son colta, Garzon di viso ognor modesto, e prono, E chiamo il Ciel, che i giuramenti ascolta, Che s'ei sposa mi accetta, a lui mi dono. Che l' invidia dirà? fumosi, e chiari Avi ei non vanta al par di me; ma nacque Tal, che dovria di me vantarli al pari; E poi sacro ha l'ingegno; e poi dell' acque; Bee d'Elicona, e poi d'onesti, erari, Atti adorno m'apparve, e poi mi piacque.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 227.

This poem also appears in: Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 779; Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 274; Canzoni e poesie scelte dell'Ab. Frugoni, Manfredi, Bianconi e di altri moderni autori (Venezia: Antonio Zatti e Figli, 1791), p. 440; Ambrosoli, Francesco, ed., Sonetti di ogni secolo della nostra letteratura, con note (Milano: Branca e Dupuy, 1834), p.242; and Vannucci, Atto, ed., Storia del sonetto italiano corredata di cenni biografici e di note storiche, critiche e filologiche. (Prato: Tip. Guasti, 1839), p. 244.

Vetro fedel, che a me mi pingi incolta, Qual scesi or or da l'agitate piume, Co la parte legata, e parte sciolta Chioma, c'hai tu di consigliar costume. Non sembra a me, se verrà mai la volta, Che tale abbia vedermi il mio bel Nume, Allorchè seco in sacro laccio accolta, Del nuovo Sol raggiungeracci il lume, Che abbia a sprezzarla Sposa sua, ma lode Ne avrò, che dopo nostra amabil guerra La sua vittoria mi scolori il volto. Così, guerrier, che vinse altrui, più gode Nel mirarlo giacer sossopra in terra, Co l'armi infrante, e col pennon sconvolto.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 228.

This poem also appears in: Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 780.

O Padiglion, che d'immortal verdura L'odorifero lauro adorna, e ingombra, Sicchè sotto di te ricovro ha l'ombra, Quando d'altronde cacciata, è quì secura. Di guardo anche Linceo non v'è paura, Per chi nel folto tuo se stesso adombra; Pur se assistesse ai rami tuoi nud'ombra Dafne, e fosse, qual pria, ritrosa e dura; Compatica due Amanti assisi in questi Commodi verdi, e quì la prenda estremo O piacere, o stupor, che sian modesti; E tacer sappia il bel piacer, che scemo Saggian due Cor', fin dove puossi, onesti: Io certo, e il mio fedel lo taceremo.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 229.

FIori, che fate ridere il terreno, Nella stagion, che fa ridere i fiori, E quasi Iride pinta a più colori, Del suol verde mi fate un Ciel sereno; Siate pur d' altro petto ai molli avori Fregio, e d'altro crin d'or vaghezza, e freno; Nè vi dispiaccia, o miei diletti odori, Ch' io vi ricusi in ornamento al seno; Da che, quel tristo un bel mazzetto adorno Di voi rapimmi, e non gli fei ritegno; Ma intricata ne' veli al petto intorno, Fosse ardir, fosse caso, o fosse ingegno, Sbagliò sua mano, e n' ebbi sdegno, e scorno. Fu poi ver, che ne a vessi, e scorno, e sdegno?

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 230.

This poem also appears in: Gobbi, Agostino, ed., Scelta di sonetti, e canzoni de' più eccellenti rimatori d' ogni secolo, Quarta ed., con nuova aggiunta (Venezia: Lorenzo Baseggio, 1739), p. 780; and Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 275.

Tutta a voler de' genj miei mi guido, Ne' di Laura giammai le rime ho lette; Che ognor diviso il mio pensier si stette Fra la Gerusalemme, e il Pastor Fido. Quinci a Toripe a recitar mi affido, Le rime mie ch'io mi credea neglette, Ed Ei le accoglie, e poichè songli accette, Ridane ognun, ch'io già d'ognun mi rido. E, o sia perché da bocca mai più lieta, Nè da più dolci atti sinceri uscio Applaudio, ond'abbia a superbir poeta; O sia ch'ami le lodi uman desio; del cuor dell'uno il sen dell'altro è meta, Egli è me per amore, e lui son io.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 231.

La bianca Nine inzuccherar mi pare Le labbra tue, qualor ne parli, o canti; E perch&eactue; gli occhi ha del color del mare, E i capei di fin oro all'aura erranti. Or s'io son bruna, e se non ho crin pare, E con neri occhi a te mi veggo avanti, Come sia, che alle mie l'altrui tu vanti Bellezze opposte, e a te le mie sian care? Lodi due Volti; e l'ambidue lodarli L'un di essi inganna: or di noi due qual sia Quella, a cui finto, o veritier tu parli? Qual si sia, che tu frodi, e qual si sia, Che tu non frodi, e chi distingua? Oh tarli! Oh spine! Oh chiodi! Oh cruci! Oh gelosia!

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 232.

Con sovracciglio di superbia, e zelo Nisa in udir le rime mie borbotta, E par, che male, e con ribrezzo, inghiotta, Ch'io non mostri, cantando, Alma di gielo; E ch'ami, oltre uno spirto, un mortal velo, Da sante leggi a così amar condotta, E mi fa la Platonica, e la dotta; Ma il core ha in terra, ed ha la lingua in Cielo Poichè altro in volto, ed altro ha nel pensiero, Altro dice, altro fa; ne fera è in guisa Che sen dolga Filen, se seda ha il vero. Io canto quel, che il chiuso cuor divisa. Dove s'ha a camminar? per quel sentiero Che il Cielo addita, e la Natura, o Nisa.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 233.

All'Eminentiss. Cardinale Panfilio Legato di Bologna, anno 1692. Per la Visita dell'acque. SIgnor, che la serena amabil fronte, Chini all'acqua, che stagna, e morde il freno, Onde ignoto a Nettun si torce il Reno, Maravigliando ogn' altro fiume, al Fonte; Se, tua mercè, libero alfin dall' onte, Verserà l'Urna al Pò soggetto in seno, Che in Adria il guidi, e'l pian disgombri appieno Ch'or l'alghe, e i pesci suoi minaccia al monte; Vo statua porti io Verginella, a cui L' avite doti impinguerà il lavoro De' campi, or sotto l'acque incolti, e bui E sposo tal mi comprerò coll' oro, Che tua immago a baciar trarrem con nui De' Figli i Figli, e chi verrà da loro

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 234.

This poem also appears in: Bergalli Gozzi, Luisa, ed., Componimenti poetici delle piu illustri rimatrici d'ogni secolo (Venezia: Antonio Mora, 1726), pt. 2, p. 275.

Ira mi vien colla Natura allora Che troppo al sesso femminil contraria, Fra gli Augei, che aleggiando, arano l'aria Non divida egualmente il canto ancora. Se non diversa i vanni lor colora, Perchè poi ne' garriti appar si varia, Che non d&agave; all'Usignola, e alla Canaria, Come ai maschi lor' diè, Virt` canora? Io del sesso comun vo' far vendetta, Ond'Uom m'invidi, che'Erato m'insegni, Come guidar Sonetto, o Canzonetta. E sarem Noi, con tutti quanti i segni Di un Alma, al par della Virgil, perfetta, Felici, eterni, e non canori Ingegni?

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 235.

Canzonetta O Bella Età dell'Oro! Non già perchè sedea sul Ciel Colui, Che di sua prole insanguinossi il dente: Non, perche i giorni sui Trasse Astrea fra la buona antiqua gente; Con stellate bilance, Presso Erigone bella, e la rivolta Coda dello Scorpion; Romanzi, e ciance: Roti al foco le lane, e tal novella Conti alle nuore sue la vecchierella. Ma perchè l'Alma umana, Parte del Divin Spirto, in membra allora Signoreggiava, ad obbedirla elette. O bella all'Uom l'aurora! A cui diè il primo sguardo, e in piè si stette; Tutto di se Signore, E di quanti animali Nel suol, nell'aria, e nel non falso umore O corsero, o nuotaro, o aperser ali. Fu allor, che uniti in testimon di fede L'Agnella, e il Lupo iro a lambirgli il piede. Dai beli, e dai mugiti, Dal ruggir, dal nitrire i motti apprese Delle docili fere, e degli armenti, E voi dal fischio intese, Voi, a voi succesivi ognor, serpenti. Intendea con quai note, Cantando il Rosignuolo, L'esca chiese, o l'amata; e a lui fur note Quelle della sua gioia, e del suo duolo, Mentre or co' cenni, or col parlar sonoro, Intender ei pur si facea da loro. Scritta leggea nell'erbe La lor virtù dall'immortal Natura, E spiegavanla i fiori in lui conversi: Il Carattere n'era, o la figura, O gli odor' varj, od i color' diversi. Porgea spontanei all'Uomo I dolci frutti, ond'era Carca la vite, e curvo il Fico, e il Pomo; Sì una stagion fu Autunno, e Primavera; Che con Morte giacean dal Braccio eterno Chiusi nell'avvenir l'Estate, e il Verno. Volle compagna, e l'ebbe Qual più vaga, e gentil voler potea, Nè si destò, che se la vide al fianco; Al fianco, ond'ella avea Dedotto il busto affusellato, e bianco. E il tumidetto in fuori Tornito petto, e il volto Imberbe, e molle, e gli scorrenti errori Del lunghissimo crine all'aura sciolto, E l'elevato lombo, e la sottile Voce, al bel labbro, ond'ella uscia, simile. Ma da cotanto altezza Di sapere, e d'onor, perchè Uom, scendesti A un cenno sol di femminuccia imbelle? Perchè l'ire celesti Non rinfacciarle, e le perdute stelle? Perchè non far che il Drago Sotto i tuoi piè si stempre? E perche le sue voci, e il girar vago Degli orbi suoi, non incantar per sempre? Che se un'Eva periva a morte esposta, Ti mancò per altr'Eva un'altra costa? Da cui scendesser Figli, Poscia Avi nostri, immacolati, e santi: Ch'or quanto è Terra a noi saria giardino; Ne i candidi ossi infranti Delle tempia fraterne avria Caino. O gita Età felice! Quando in amabil pace S'abbracciavano insieme il Piace, e il Lice, Dov'or pugnansi incontro il Lice, e il Piace Antro non si scerrebbe, ov'ir soletti Furtivi Amanti a ragionar d'affetti. E noi, Toripe, all'ombre Più frequentate allor sedendo insieme, Di chi passa all'Orecchio, e all'Occhio esposti, Dall'Alba, all'ora estreme Dei cari dì ci parleremmo accosti; Ne alcun diria: vè quelli; Tresca è d'amor fra loro. Chi non d'amar favelli Nella gaia amorosa Età dell'oro? O chi ne parli, ed altro finga? o tema Ch'altri l'ascolti in voce tronca, e scema? E o quai saremmo allora! Ira, o mio Ben, non ti verria con questi Veli, che or son dell'Onestà Custodi; Nè i maritali innesti, Legge allor di Natura, avrian tant'odj. Dove il pensier penetra, Ivi anche il guardo andria; Nè già in celle guardinghe, o all'ombra tetra, Ma in pieno giorno, in ogni Piazza, o Via, Presenti quei, ch'or co'nudati acciari Ne svenerian si gli abbracciati Altari. Ahi che un sol giorno, un giorno solo, in terra Durò la pianta, e già beata Etate; Ma il corso, oimè, de' nostri lunghi affanni Voglia il Ciel, che finisca in sei mill'anni.

Recanati, Giovanni Battista, Poesie italiane di rimatrici viventi, raccolte da Teleste Ciparissiano (Venezia: Per Sebastiano Coleti, 1716), p. 236-240.